2. Perché?
Project management (parte IV)
I processi e la gestione della qualità
Master Management Infermieristico per le
Funzioni di Coordinamento
Tivoli, 2011
Mario Gentili
mario.gentili@mariogentili.it
3. La gestione dei processi
passaggio dal mercato del produttore a quello del consumatore
Con questa espressione si indica il
ribaltamento dei rapporti di forza, per cui se in
un primo momento le aziende spingevano
verso un consumo massificato, ora, con la
maggiore presa di coscienza dei consumatori,
sono questi ultimi a chiedere prodotti e servizi
sempre più personalizzati, influenzando la
produzione
gestire la propria attività per processi
4. “I processi … non sono immediatamente
visibili, non sono generalmente 'formalizzati’ e
non ‘hanno nomi’ ma … rappresentano ciò che
in azienda viene fatto” (Bernardi e Biazzo,
1995).
Questo approccio, quindi, non è il risultato di
una nuova “invenzione” (i processi esistono da
sempre), ma rappresenta solo un mezzo che
permette di porre in risalto una dimensione
dell’azienda che era stata “dimenticata”: la
dimensione orizzontale.
La dimensione orizzontale
5. La definizione di processo
Il processo è una sequenza di attività svolte
con modalità non predefinite e che, quindi,
verranno scelte di volta in volta dagli attori del
processo;
la procedura, invece, è una sequenza di
operazioni ben precise e definite (a volte
stabilite dalla norma) che non lasciano alcun
margine di discrezionalità agli operatori.
Nel processo sono da tenere in considerazione
i seguenti aspetti:
• La presenza di attività strutturate
scomponibili in operazioni elementari;
• La sequenza logico-temporale di tali
operazioni;
• La presenza di uno o più input che si
trasformano in output;
• La presenza di un cliente/mercato
destinatario del valore prodotto.
Cos’è un processo?
6. Earl e Khan (1994) individuano 4 tipi di
processo:
› core process, processi chiave centrali per il
funzionamento del business (ad es. lo sviluppo
del prodotto e la produzione);
› support process, processi di supporto ai
processi chiave (come quelli svolti dal settore
amministrativo o commerciale, ecc.);
› network process, processi che si estendono
oltre i confini dell’azienda, coinvolgendo
fornitori e clienti (logistica in entrata, logistica
in uscita, servizi periferici al cliente);
› management process, processi con cui
vengono pianificate, gestite e sviluppate le
risorse (la formazione dei settori operativi, lo
sviluppo della strategia, il dimensionamento
della capacità produttiva, ecc…).
I tipi di processo
7. Rappresentare un processo significa disegnare
in uno schema le relazioni sequenziali esistenti
tra le attività svolte, le persone coinvolte e le
informazioni che sono necessarie per il suo
espletamento (Biazzo, 1999).
Una rappresentazione dei processi per essere
esaustiva dovrebbe fornire, inoltre, indicazioni
delle seguenti dimensioni:
• i flussi informativi e fisici;
• la struttura delle singole attività (descrizioni
delle attività, input, output e vincoli);
• il rapporto struttura organizzativa/processo;
• le risorse utilizzate (supporti tecnologici e
profilo delle competenze degli attori
coinvolti);
• i parametri prestazionali di processo e di
prodotto/servizio (Oriani, 1995).
La rappresentazione dei processi
8. Esistono vari modi per poter rappresentare un
processo: uno molto utilizzato è il flowchart, in
cui attraverso una simbologia predefinita, si
disegna il flusso delle operazioni che, partendo
da un input specifico, sono necessarie per
realizzare l’intero processo.
Il flowchart
9. “Le tecniche di flowcharting sono di facile
comprensione e utilizzo ma presentano alcune
limitazioni:
• la descrizione di un processo complesso
può risultare assai difficile in quanto non
sono previste regole precise per la
rappresentazione a vari livelli di astrazione
e di dettaglio di un medesimo processo;
• i flowchart evidenziano le operazioni che
trasformano input in output. Input e output
vengono però spesso confusi con le frecce
che collegano le operazioni stesse, mentre
dovrebbero essere rappresentati con
simboli specifici; il problema è che molto
spesso input e output vengono omessi per
rendere meno complessa la lettura del
diagramma”.
(Bernardi e Biazzo 1996).
Il flowchart
11. Una seconda raffigurazione è basata sul
modello della catena del valore, la quale
rappresenta la successione delle fasi di cui si
compone l’intero processo in maniera più
compatta e completa.
La catena del valore
12. In questo schema di processo sono indicati:
• l’input e l’output dell’intero processo;
• le diverse fasi, intese come blocchi di
attività che devono necessariamente essere
realizzati in sequenza, in quanto l’output di
una fase è l’input della fase successiva; e
per ciascuna fase:
• l’input e l’output;
• i tempi previsti per la realizzazione
• tutte le attività che caratterizzano
ciascuna fase;
• le risorse umane coinvolte: il
responsabile di fase e le altre risorse
distinte per competenze;
• i fattori di qualità;
• gli indicatori per la misurazione delle
performance e gli standard di
riferimento.
La catena del valore
15. Il service blueprint permette una descrizione
quantitativa degli elementi critici del servizio,
quali il tempo, le risorse, la sequenza logica
delle azioni.
Esso, inoltre, consente di specificare sia le
azioni e gli eventi che avvengono in front
office, sia quelli che non sono visibili al cliente
(back office), ma che sono fondamentali per la
realizzazione del servizio.
Il service bluprint
17. I diagrammi di flusso interfunzionali
consentono di indicare le relazioni tra un
processo aziendale e le unità funzionali che ne
sono responsabili.
Il diagramma interfunzionale, che permette di
scomporre il processo in fasi e singole attività e
decisioni da prendere, attribuirle alle funzioni
e ai ruoli che intervengono nelle diverse fasi
del processo e identificare la sequenza logica
delle stesse attività.
Il flusso interfunzionale
18. La rappresentazione dei processi attraverso il
diagramma interfunzionale permette di
indicare:
• le fasi del processo, in orizzontale;
• le funzioni aziendali, in verticale;
• le attività, all’interno di rettangoli e tra loro
collegate da frecce direzionali;
• le decisioni da compiere, all’interno di
rombi, dai quali si dipanano percorsi
alternativi in relazione alla decisione presa;
• gli strumenti utilizzati (ad esempio, i
documenti, i fogli di lavoro, i software, etc).
Il flusso interfunzionale
20. Per ciascuna fase del processo, rappresentato
secondo una o più delle modalità
precedentemente indicate è possibile
predisporre una scheda di analisi che evidenzi:
• il soggetto responsabile e gli attori coinvolti,
• le attività realizzate,
• i tempi di realizzazione,
• le eventuali criticità.
L’analisi dei processi
22. misurare tutte le performance aziendali,
soprattutto nel caso delle aziende di servizi
pubblici, è il punto di partenza per iniziare un
miglioramento continuo dei processi,
attraverso interventi, tra loro correlati, di
ridisegno e/o reingegnerizzazione del
processo.
Questi interventi possono riguardare tutte le
sue componenti (flussi operativi, risorse
umane, tecnologie) e possono essere
classificati in due categorie fondamentali
(Pierantozzi, 1999):
1. il Business Process Improvement (BPI),
ovvero il miglioramento graduale dei
processi aziendali;
2. il Business Process Reengineering (BPR),
ovvero il ripensamento radicale dei
processi aziendali.
Miglioramento dei processi
23. Il primo approccio (BPI) parte da un’analisi
minuziosa dell’esistente, individua le aree di
inefficienza ed elabora interventi specifici
finalizzati ad apportare alcune modifiche alla
struttura del processo, senza alterarne gli
elementi essenziali.
Il secondo approccio (BPR) concentra
l’attenzione sulla possibilità di ridisegnare un
processo completamente diverso, che in un
certo senso rivoluziona il vecchio modo di
lavorare definendo una sequenza di fasi, e
relative attività, più efficiente (Hammer e
Champy, 1994).
BPI vs BPR
24. BPR e BPI: aspetti comuni
BPI e BPR presentano delle caratteristiche
comuni (Pierantozzi, 1999):
• orientamento al cliente: la creazione di
valore per il cliente rappresenta in entrambi
i casi una condizione necessaria per creare
valore a livello di azienda (Guatri, 1991).
• sponsorship dell’alta direzione: è compito
dell’alta direzione creare un clima
favorevole all’iniziativa attraverso azioni di
comunicazione interna, incontri personali
con i gruppi di lavoro, l’utilizzo di sistemi di
incentivazione adeguati ed una sua
partecipazione attiva per la rimozione degli
ostacoli durante tutto il processo di
cambiamento.
BPI vs BPR
25. • interventi sulle variabili organizzative:
entrambi i processi di cambiamento
richiedono una ridefinizione dei livelli
gerarchici caratterizzata da un maggior
grado di delega attribuita ai livelli inferiori e,
conseguentemente, di responsabilità sui
risultati raggiunti e di autonomia nel loro
raggiungimento. Inoltre, la definizione degli
obiettivi da raggiungere deve essere chiara
ed i responsabili del loro conseguimento
devono, possibilmente, essere coinvolti ed
ascoltati prima della loro definizione.
• interventi sulla tecnologia: tali interventi
riguardano soprattutto le tecnologie per il
trattamento delle informazioni, la cui
possibilità di applicazione rappresenta
spesso uno stimolo all’introduzione degli
stessi progetti di cambiamento.
BPI vs BPR
26. BPR e BPI: aspetti comuni
• adozione di metodologie e strumenti di misurazione:
questo consente di valutare la situazione di partenza,
definire gli obiettivi da raggiungere, misurare i risultati
conseguiti, fare confronti con le prestazioni dei
concorrenti.
• ricorso a progetti pilota: le modalità di funzionamento del
nuovo processo vengono in entrambi i casi sperimentate su
una parte del processo stesso oppure in una realtà
aziendale circoscritta, al fine di testare la validità del
progetto e di verificarne l’impatto sull’organizzazione.
• adozione del lavoro di gruppo: l’attuazione di interventi sia
di miglioramento che di ridisegno dei processi, richiede la
creazione di team di lavoro interfunzionale che si avvalga
di diverse competenze. La necessità di apprendere e
condividere le grandi potenzialità del lavoro di gruppo è
una delle caratteristiche specifiche dell’adozione della
gestione per processi.
BPI vs BPR
27. Adottare il BPI o il BPR implica procedere ad
uno snellimento dell’agire aziendale: vengono
infatti rimosse tutte quelle operazioni inutili o
troppo lunghe che impediscono di soddisfare
adeguatamente il cliente.
Tale approccio prende il nome di lean
production (produzione snella) e, per quanto
nato negli USA all’inizio degli anni ’90, si ispira
alla filosofia produttiva giapponese, che tende
ad evitare gli sprechi e a rendere il più lineare
e semplice possibile la produzione.
La lean production
28. La lean production si basa su 5 princìpi:
1. Value: definire il valore, ossia realizzare qualcosa che ha davvero
valore per il cliente
2. Value stream: identificare il flusso di valore che fluisce verso il
cliente come un fiume che si arricchisce di attività che aggiungono
valore, classificabili in tre categorie:
› Attività che creano e aggiungono valore. Tutte quelle attività che
si trasformano in caratteristiche del prodotto o del servizio di cui
il cliente apprezza il beneficio e per cui è disposto a pagare, se il
prodotto o il servizio è posto sul mercato. La strategia, in questi
casi, è di perfezionare tali attività con il miglioramento.
› Attività che non creano valore ma necessarie. Tutte quelle
attività che non sono eliminabili con gli attuali sistemi di sviluppo
prodotto, gestione ordini e produzione o a causa di alcune norme.
La strategia più opportuna è di mettere in discussione il fatto che
tali attività siano proprio necessarie e di semplificare i processi
per poi eliminarle.
› Attività che non creano valore e non necessarie. La strategia è di
eliminarle subito.
La lean production
29. 3. Flow: fare scorrere il flusso, cioè eliminare
ogni ostacolo o interruzione al flusso di valore,
ad esempio le scorte intermedie o le code
d’attesa.
4. Pull: il flusso deve essere “richiamato” dal
cliente, l’azienda deve essere capace di
progettare, programmare, produrre e
consegnare solo quello che il cliente vuole nel
momento in cui lo vuole.
5. Perfection: non accontentarsi dei risultati
ottenuti dalla razionalizzazione dei flussi ma
ricercare il miglioramento continuo passando
ad occuparsi di aspetti trascurati e dei dettagli
che ancora possono essere perfezionati.
La lean production