Tesi di laurea triennale: Rilevamento geologico dell'area di Tagliacozzo (AQ)
1. Indice
1. Introduzione..................................................................... 3
2. Studi precedenti............................................................... 5
3. Scopi del lavoro e metodologie impiegate ...................... 6
4. Dati analitici ..................................................................... 8
4.1. Stratigrafia ........................................................... 8
4.2. Descrizione dell’area rilevata............................. 18
4.3. Considerazioni sulla tettonica ............................ 20
5. Discussione..................................................................... 22
6. Conclusioni ..................................................................... 24
7. Ringraziamenti ............................................................... 25
8. Bibliografia ..................................................................... 26
2. 3
1. Introduzione
L’area rilevata è compresa nel F. 145 “Avezzano” della cartografia ufficiale alla
scala 1:100.000 e nel F. 367 “Tagliacozzo” della cartografia geologica alla scala
1:50.000 (Progetto CARG). Geograficamente fa parte della porzione meridionale
dei Monti Carseolani, ed è situata nel territorio comunale di Tagliacozzo in
provincia de L’Aquila. L’ area in esame è compresa tra il tratto di strada
provinciale, denominata via Cappadocia, che va dalla parte alta dell’abitato di
Tagliacozzo fino a circa 300m prima della frazione di Piccola Svizzera ad est, e dal
margine meridionale della località “Ara dei pali” ad ovest; nel suo insieme ha un
estensione di circa 2 Km2
(Fig. 1).
Nella suddetta area è stato effettuato un rilevamento geologico alla scala
1:10.000 con lo scopo di definirne l’assetto litologico e strutturale. Tale lavoro è
stato sintetizzato in un elaborato cartografico a cui vengono allegate le presenti
note esplicative.
Geologicamente l’intera struttura dei Monti Carseolani appartiene al più
ampio dominio di piattaforma carbonatica laziale-abruzzese, costituita da una
successione carbonatica, intervallata da una serie di lacune che interrompono la
continuità della sedimentazione: nell’area in oggetto risulta particolarmente
evidente una di queste lacune, durata per tutto il Paleogene, dal contatto
stratigrafico tra i calcari del Cretaceo superiore e le calcareniti dell’Aquitaniano.
La sedimentazione carbonatica viene interrotta alla fine del Miocene con la
deposizione della formazione emipelagica delle “Marne ad Orbulina” (Tortoniano
sup. – Messiniano p.p.), per poi concludersi nel Messiniano con la messa in posto
di potenti torbiditi, cui fanno seguito le fasi tettoniche che hanno portato
all’innalzamento della catena appenninica ed alla definitiva emersione dell’area.
3. 4
Fig.1 – Localizzazione geografica dell’area; nel riquadro a destra è evidenziata
l’area rilevata.
4. 5
2. Studi precedenti
L’area in esame, come tutto l’Appennino laziale-abruzzese, è stata oggetto di
numerosi studi a partire dai primi anni del Novecento. Ai fini di questo elaborato
sono stati consultati alcuni lavori compiuti negli ultimi tempi, a cominciare dal
foglio 367 “Tagliacozzo” alla scala 1:50.000 ad opera del Servizio Geologico
d’Italia, divenuto poi parte integrante del progetto CARG, per realizzare il quale
gli autori (COMPAGNONI et alii, 2005) hanno condotto, dalla seconda metà degli
anni Ottanta ai primi anni Novanta, un rilevamento geologico alla scala 1:25.000,
mettendo in risalto il complesso assetto strutturale di questa porzione
dell’Appennino centrale e ridefinendo alcune formazioni. Di poco successivo è il
lavoro di MONTONE & SALVINI (1993), i quali hanno svolto un rilevamento
geologico-strutturale di dettaglio alla scala 1:10.000 nell’area compresa tra i
rilievi di Colli di Monte Bove (Carsoli) a NW e Tagliacozzo a SE, descrivendo le
principali fasi tettoniche che hanno interessato la zona.
Di natura prettamente lito-biostratigrafica/sedimentologica sono invece i
lavori di BRANDANO (2002), dove viene descritto un livello a rodoliti all’interno
della formazione dei “Calcari a Briozoi e Litotamni” nell’area di Tagliacozzo, e di
CIVITELLI & BRANDANO (2005), dove entro la stessa formazione vengono definite 32
litofacies distribuite in 4 unità litostratigrafiche, proponendo per ognuna un
modello deposizionale.
5. 6
3. Scopi del lavoro e metodologie impiegate
Il presente lavoro è stato realizzato con l’intento di creare un elaborato di
cartografia geologica che descriva l’area presa in considerazione, nelle sue
caratteristiche litologiche e strutturali. Il senso è stato quello di finalizzare un
corso di studi di durata triennale potendo mettere in pratica, mediante un
progetto di rilevamento geologico, diverse fra le conoscenze acquisite lungo
l’intero arco del corso di laurea.
Il lavoro è stato condotto mediante un rilevamento di terreno su base
topografica alla scala 1:10.000 e si è svolto nell’arco di circa due settimane.
Nella fase preliminare dei lavori l’area rilevata, che copre una superficie di
circa 2 km2
, è stata idealmente suddivisa in più settori in base a criteri logistici e
morfologici, all’interno di ognuno dei quali si è cercato di scegliere un percorso
che ne rappresentasse compiutamente i caratteri. Sono stati quindi definiti
cinque settori relativamente indipendenti (Fig. 2):
1. Costituito dalla parte nord-orientale dell’area e che comprende i rilievi
soprastanti l’abitato di Tagliacozzo con cime comprese tra i 950 m ed i
1000 m di quota;
2. Comprendente la parte occidentale dell’area, a S della località “Ara dei
Pali”;
3. Costituito dall’abitato di Tagliacozzo e dal fosso del fiume Imele;
4. Localizzato a SW dell’area rilevata, costituito dalla piana alluvionale
denominata “i Prati” e dai versanti circostanti;
5. Comprendente le pendici e l’altopiano nord-occidentale del Monte la
Difesa.
6. 7
Le litologie sono state identificate mediante la raccolta di campioni e l’analisi
degli stessi alla lente (10x), cercando di coglierne i principali caratteri tessiturali e
petrografici. Allo stesso modo è stato analizzato il contenuto fossilifero dei vari
campioni (non a livello specifico), elemento fortemente caratterizzante della
maggior parte delle formazioni (ad eccezione dei depositi torbiditici e recenti)
presenti nell’area da investigare. Oltre alle litologie è stato anche studiato
l’assetto strutturale delle formazioni, descrivendone la stratificazione e
misurandone le giaciture, con l’obiettivo di creare una fitta rete di dati che desse,
in buona approssimazione, una descrizione esauriente dell’area.
Gli spessori delle formazioni sono stati misurati direttamente, dove possibile,
oppure in modo indiretto dalla costruzione di opportune sezioni geologiche.
I nomi e le età delle formazioni sono stati ricavati dalla letteratura precedente
(CIVITELLI & BRANDANO, 2005; COMPAGNONI et alii, 2008).
Fig. 2 – Schema dei settori in cui è stata suddivisa l’area rilevata.
7. 8
4. Dati analitici
Qui di seguito verranno riportati i dati riguardanti la stratigrafia riconosciuta e
l’assetto tettonico. Sarà successivamente presentata una descrizione d’insieme
dell’area.
4.1. Stratigrafia
Calcari a Rudiste (Cretaceo sup.)
Questa formazione affiora esclusivamente nell’area circostante il fosso del
fiume Imele, il cui versante meridionale è costituito da una suggestiva parete
verticale dove la formazione è perfettamente esposta (Fig. 3), e lungo il tratto di
via Cappadocia che costeggia l’abitato di Tagliacozzo (Fig. 4), che in questa zona è
edificato interamente su di essa.
È costituita da calcari micritici nocciola, organizzati in strati ben definiti di
spessore variabile tra i 30 cm e i 50 cm. Il contenuto faunistico è rappresentato
essenzialmente da rudiste (radiolitidi e hippuritidi), sia in frammenti che in
posizione vitale (Figg. 5,6) e subordinatamente da foraminiferi bentonici e
ostracodi.
8. 9
Fig. 3 (pagina precedente) – Parete di Calcari a Rudiste soprastante la
sorgente del fiume Imele.
Fig. 4 – Affioramento di Calcari a Rudiste lungo via Cappadocia.
Figg. 5,6 – Particolare delle Rudiste caratterizzanti la formazione.
9. 10
Calcareniti arancioni (Aquitaniano – Burdigaliano)
Si tratta di calcareniti bioclastiche ocracee caratterizzate dalla presenza di
granuli ossidati. Localmente possono presentare un grado di cementazione
diversa, passando da calcareniti compatte a materiale più friabile. La
stratificazione è rappresentata da banchi spessi anche più di un metro, percorsi
talvolta da fratture ondulate inclinate rispetto alla stratificazione di circa 50° (Fig.
7). La componente fossilifera è rappresentata essenzialmente da serpulidi
(Ditrupa), bivalvi (pectinidi) e placche di echinidi. Lo spessore rilevato di questa
formazione è di circa 10 m.
In quest’area la formazione è osservabile lungo via Cappadocia dove poggia in
paraconcordanza sui calcari del Cretaceo (Fig. 8). Tale limite è segnato da un
netto stacco morfologico.
Fig. 7 – Fratture presenti nella formazione.
10. 11
Fig. 8 – Limite tra i Calcari a Rudiste (CR) e le Calcareniti arancioni (CA) su via
Cappadocia (evidenziato dalla linea rossa).
Calcari a Briozoi e Litotamni (Burdigaliano sup. – Tortoniano)
Questa formazione affiora diffusamente in buona parte dell’area rilevata, ma
gli affioramenti più significativi si riscontrano seguendo il percorso di via
Cappadocia e sui rilievi soprastanti l’abitato di Tagliacozzo (Fig. 9).
La base è riconoscibile dal brusco cambio di litologia con la formazione
sottostante, difatti in questa porzione la successione si presenta come un calcare
grossolano bianco (tessitura tipo packstone o rudstone) con abbondanti colonie
di briozoi, per poi passare verso l’alto ad un calcare avana con maggior
contenuto di matrice fangosa (tessitura tipo wackestone), al cui interno possono
essere riconosciuti briozoi, bivalvi (pectinidi e ostreidi), (Fig. 10), e rodoliti. La
parte alta della successione è costituita da una calcarenite bioclastica (tessitura
tipo grainstone) marroncina che termina con una superfice che presenta i
caratteri di un hardground fosfatico: alla scala dell’affioramento questa
superficie ha un aspetto mammellonare, quasi sempre frastagliata da fratture
poligonali (Fig. 11).
CA
CR
11. 12
Nei solchi è presente un sedimento di riempimento marnoso; sono inoltre
presenti granuli fosfatici e ossidi, quasi a formare delle incrostazioni.
I calcari a Briozoi e Litotamni in affioramento si presentano quasi sempre
intensamente fratturati, caratteristica questa che rende talvolta difficile
riconoscerne la stratificazione; questa, dove presente, mostra strati con spessori
variabili dai 50 cm a più di un metro.
In tutta l’area la formazione risulta spessa non più di 100 m.
Fig. 9 – I Calcari a Briozoi e Litotamni presso l’abitato di Tagliacozzo.
12. 13
Fig. 10 – Impronta di pectinide nei Calcari a Briozoi e Litotamni.
Fig. 11 – L’hardground al tetto dei Calcari a Briozoi e Litotamni: sono ben
visibili le fratture poligonali.
13. 14
Marne ad Orbulina (Serravalliano p.p. – Messiniano p.p.)
La formazione delle Marne ad Orbulina è localizzata esclusivamente nella
parte occidentale dell’area, a S della località “Ara dei Pali”. Il limite con la
successione sottostante è evidente: si passa da una morfologia aspra e rocciosa
con una forte energia di rilievo ad una più dolce, dall’aspetto collinare e con una
costante copertura erbosa.
La litologia prevalente è costituita da marne e marne argillose grigiastre
finemente laminate. Nei primi livelli della successione sono riconoscibili ciottoli
calcareo-fosfatici immersi nel sedimento marnoso, probabilmente strappati alla
superficie sottostante (di cui si è parlato nel paragrafo precedente) in fase di
deposizione (Fig. 12). Al tetto della formazione è stata riscontrata la presenza di
sottili livelli o lenti di arenarie laminate, carattere che segna il graduale
passaggio alla formazione flyschoide soprastante (Fig. 13). Il contenuto faunistico
è costituito esclusivamente da foraminiferi planctonici. La stratificazione non è
sempre riconoscibile, ad eccezione della porzione superiore nella quale sono
presenti i livelli arenacei. Questa formazione risulta potente circa 30 m.
Fig. 12 – Ciottoli calcareo-fosfatici alla base delle Marne ad Orbulina.
14. 15
Fig. 13 – Livelli arenacei al tetto delle Marne ad Orbulina.
Flysch arenaceo-pelitico (Messiniano p.p.)
Il passaggio dalle marne al flysch è ancora una volta messo in risalto da una
evidenza morfologica, difatti dalla morfologia sopra citata vi è una ripresa del
rilievo con una copertura vegetale di tipo arbustivo.
Questi depositi sono costituiti da alternanze di torbiditi arenacee organizzate
in banchi spessi più di un metro, all’interno dei quali possono riconoscersi strati
in cui la sequenza di Bouma non è interamente rappresentata ad eccezione
dell’intervallo Ta e parte del Tb. Mineralogicamente le arenarie sono costituite da
granuli di quarzo, feldspati e miche (biotite e muscovite), immersi in una matrice
argillosa grigiastra.
Un elemento caratterizzante di questi depositi è costituito dalla presenza di
cogoli, dovuti ad una diagenesi differenziale del sedimento (Fig. 14).
Questa formazione può essere osservata nella parte occidentale dell’area in
continuità con la sottostante formazione delle Marne ad Orbulina.
15. 16
Fig. 14 – Affioramento di flysch in località “Ara dei Pali”, sono ben visibili i
cogoli.
16. 17
DEPOSITI RECENTI
Depositi eluviali e terre rosse
Accumuli di depositi eluviali sono stati riscontrati sui rilievi a N di Tagliacozzo.
Sono presenti essenzialmente in fasce d’accumulo a ridosso di doline e sono
costituiti da ciottoli centimetrici di calcare risultanti dall’attività carsica.
Nei fondi delle doline sono stati inoltre individuati esigui spessori di depositi
tipo terre rosse.
Detrito di falda
Un discreto accumulo di detrito è stato individuato nella porzione occidentale
dell’area investigata, posto ai piedi del versante che costituisce lo stacco
morfologico tra la formazione delle Marne ad Orbulina ed il Flysch arenaceo-
pelitico, in modo tale da occultarne il limite stratigrafico; tale accumulo è
composto dal clasti arenacei di dimensioni variabili, da qualche centimetro fino a
30 cm, immersi in una matrice terroso-sabbiosa.
Depositi alluvionali
Questo tipo di deposito è localizzato quasi esclusivamente nella piana
alluvionale di località “i Prati” nella parte sud-occidentale dell’area rilevata ed è
costituito da ciottoli di calcare arrotondati, di dimensioni centimetriche, immersi
in una matrice sabbiosa. Oltre a questi sono stati cartografati come tali anche i
depositi del fiume Imele, costituiti da clasti di calcare sia di età cretacica che
miocenica, situati nel fosso alla base dell’abitato di Tagliacozzo.
17. 18
4.2. Descrizione dell’area rilevata
Come già detto in precedenza, l’area investigata è stata per comodità
suddivisa in un totale di cinque settori geo-morfologicamente omogenei.
Il settore nord-orientale è costituito prevalentemente dai rilievi a N del paese
di Tagliacozzo, a quote comprese tra i 950 ed i 1000 metri. In quest’area
affiorano esclusivamente i calcari miocenici con giaciture variabili: da E verso W
si passa da strati immergenti a NNE con inclinazioni comprese tra i 10° e i 20°,
seguiti da strati orizzontali o sub-orizzontali, per poi passare a strati immergenti a
SW-WSW con inclinazioni comprese tra i 6° ei 18°. La zona presenta inoltre
numerosi piccoli fossi e depressioni carsiche dove si posso identificare accumuli
di depositi eluviali e, al fondo di quest’ultime, esigui spessori di terre rosse.
Il settore occidentale comprende la porzione meridionale della località “Ara
dei Pali”. In questa zona la litologia predominante è quella terrigena riferibile alla
formazione delle Marne ad Orbulina, tranne che al margine occidentale dell’area
dove affiorano i litotipi arenacei del flysch. Rispetto al settore precedente il trend
della stratificazione cambia. Difatti dalle giaciture sopraindicate si passa a strati
immergenti a S con pendenze dai 7° ai 20°.
Il settore centro-orientale dell’area è occupato dall’abitato di Tagliacozzo e dal
tratto di via Cappadocia che lo costeggia. I limiti settentrionale e meridionale di
questa zona sono costituiti da due pareti verticali sulle quali campeggiano i
ruderi del castello di Tagliacozzo a nord, e la croce di Altolaterra a sud. La parte
centrale di questa zona è solcata dall’incisione da cui si origina il fiume Imele.
Le litologie che costituiscono questo settore sono quelle carbonatiche dei
Calcari a Rudiste e delle Calacareniti arancioni.
Lungo il tratto di via Cappadocia l’andamento sia dei calcari che delle
calcareniti soprastanti, non si discosta da quello rilevato per i Calcari a Briozoi e
Litotamni nel settore settentrionale, se non per un leggero cambio d’immersione
degli verso W con pendenze comprese tra i 10° e i 15°.
18. 19
Nel fosso sottostante il paese, nei pressi della sorgente del fiume Imele, gli
strati di calcare cretacico si presentano perfettamente orizzontali (Fig. 3).
I settori meridionali comprendono la piana alluvionale di località “i Prati” e le
pendici nord-occidentali del Monte la Difesa. In questa zona la litologia è
costituita essenzialmente dai Calcari a Briozoi e Litotamni, oltre che dai depositi
alluvionali circoscritti nella piana che si estende ad W di via Cappadocia. Le
giaciture sono all’incirca concordi con il resto dell’area, con immersioni che
vanno circa a W-WSW e pendenze che non superano i 20°.
19. 20
4.3. Considerazioni sulla tettonica
L’area rilevata non appare interessata da grossi disturbi tettonici. Gli unici
elementi degni di nota sono costituiti da due piani di faglia ad alto angolo a
probabile cinematica diretta, con direzione circa NW-SE, che dislocano la
successione miocenica con rigetti di circa un metro; la prima è visibile al limite
meridionale dell’area, circa 200 metri a E di via Cappadocia, la seconda è invece
localizzata a S della località “Ara dei Pali”, a 100 metri circa verso E dal contatto
stratigrafico dei Calcari a Briozoi e Litotamni con le Marne ad Orbulina (Fig. 15);
su entrambi i piani sono presenti set di strie a diverso andamento. Ambedue gli
elementi non sono seguibili lateralmente se non per un centinaio di metri, ed
inoltre non sono state riscontrate evidenze intermedie che possano permettere
una correlazione tra di essi.
Si segnalano inoltre una serie di piccole faglie che dislocano l’hardground
fosfatico al tetto dei Calcari a Briozoi e Litotamni, con rigetti da centimetrici a
decimetrici, probabilmente dovuti a fenomeni distensivi sin-sedimentari dato che
non proseguono nelle formazioni sovrastanti.
L’area rilevata comprende la zona assiale di una piega antiforme che coinvolge
l’intera successione, facente parte della dorsale carseolana.
20. 21
Fig. 15 – Faglia diretta che disloca l’hardground (HG) in località “Ara dei Pali”.
21. 22
5. Discussione
Dall’analisi dell’area è emerso come questa porzione dell’Appennino centrale
abbia subito una complessa ed eterogenea evoluzione nel corso del tempo
geologico.
I sedimenti più antichi di quest’area sono rappresentati dai Calcari a Rudiste
del Cretaceo superiore, i quali lasciano intendere un sistema deposizionale
riferibile ad una piattaforma carbonatica tropicale, dove gli organismi costruttori
di reef erano costituiti dalle rudiste; l’elevata percentuale di matrice fangosa e la
presenza di fauna bentonica fanno pensare ad un ambiente di laguna interna.
La completa assenza di sedimenti paleogenici è generalmente ascritta ad
un’emersione generale dell’area. Solo a partire dal Miocene (Aquitaniano), grazie
ad una trasgressione marina, si ha una ripresa della sedimentazione carbonatica
ad opera di una fauna prevalentemente bentonica, fino a giungere nel Miocene
medio all’instaurarsi di un complesso sistema di rampa carbonatica (CIVITELLI &
BRANDANO, 2005; CARMINATI et alii, 2007), popolata principalmente da molluschi,
briozoi ed alghe rosse. Tra il Miocene medio ed il Miocene superiore si assiste ad
un annegamento della rampa carbonatica. Tale fenomeno, unito al basso tasso di
sedimentazione e, probabilmente, ad un cospicuo ricircolo di nutrienti, è la causa
della formazione dell’hardground fosfatico (CORDA, 1990). A seguito
dell’aumento relativo del livello del mare, si passa da una sedimentazione
carbonatica ad una emipelagica, alimentata da notevoli apporti terrigeni. Alla
fine del Miocene (Messiniano) la deposizione marnosa viene interrotta dalla
messa in posto di flussi gravitativi torbiditici a componente silicoclastica,
probabilmente derivanti dallo smantellamento della catena alpina.
Successivamente l’intera zona viene coinvolta in un processo di tettonica
compressiva est-vergente, evento alla base dell’innalzamento della catena
appenninica; questo può spiegare anche le variazioni nell’andamento della
stratificazione. In una catena a falde di ricoprimento come quella appenninica, è
comune che la successione al tetto di un sovrascorrimento assuma una
22. 23
geometria antiforme. Da questi presupposti l’anticlinale di Tagliacozzo è stata
interpretata come zona prossimale di un fronte di sovrascorrimento, dove la
successione osservata è posta al tetto. Il cambio di immersione da E verso W, nel
settore occidentale dell’area rilevata, è stato invece interpretato come una
progressiva inversione dell’inclinazione dovuta probabilmente al fatto che qui la
stessa successione viene a trovarsi a sua volta al letto di un altro fronte di
sovrascorrimento precedente e più interno. È da precisare che entrambe le
strutture tettoniche di cui si è parlato sono state soltanto ipotizzate sulla base
delle geometrie misurate in superficie, in quanto non ne è stata riscontrata
nessuna evidenza diretta nell’area investigata.
23. 24
6. Conclusioni
Il lavoro svolto sull’area ha permesso di riconoscere una tipica successione
stratigrafica riferibile al dominio della piattaforma carbonatica laziale-abruzzese,
costituita da calcari di piattaforma del Cretaceo superiore e calcari in facies di
rampa carbonatica miocenici, separati da una lacuna durata per tutto il
Paleogene. Ai calcari fanno seguito emipelagiti e successivamente torbiditi
(Miocene superiore). Il limite tra i calcari miocenici e la formazione marnosa
soprastante è marcato dalla presenza di un hardground fosfatico dislocato da
piccole fratture probabilmente sin-sedimentarie con rigetti centimetrici.
L’assetto generale dell’area è caratterizzato da un’anticlinale con l’asse
localizzato nella porzione nord-orientale ed avente direzione circa NW-SE, i cui
fianchi presentano una lieve inclinazione (tra i 10° e i 20°). Il fianco sinistro di
questa piega, proseguendo verso il settore occidentale, presenta un cambio di
giacitura, assumendo un’inclinazione verso i settori meridionali.
24. 25
7. Ringraziamenti
Ringrazio il Prof. Massimo Santantonio per la pazienza e la professionalità con
la quale mi ha seguito durante la realizzazione di questo lavoro e Simone Fabbi
per l’aiuto tecnico fornitomi. Ringrazio inoltre il mio amico e collega Giacomo
Nodjoumi, al quale si devono tutte le foto, per avermi seguito ed aiutato durante
il rilevamento. Un caloroso ringraziamento va alla signora Bianca per avermi
concesso un alloggio presso Tagliacozzo ed a Camilla per la revisione del lavoro
ed il sostegno morale che ha saputo fornirmi. Un grazie anche a tutti gli amici e
colleghi con i quali ho condiviso questa mia esperienza universitaria.
Infine, ma non per ultimo, il ringraziamento più grande va ai miei genitori,
senza il loro sostegno ed i loro sacrifici non credo che sarei potuto giungere fino
a questo punto.
25. 26
8. Bibliografia
BRANDANO M. (2002) – La Formazione dei «Calcari a Briozoi e Litotamni» nell’area
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COMPAGNONI B., D’ANDREA M., GALLUZZO F., GIOVAGNOLI M.C., LEMBO P., MOLINARI
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