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Come abbiamo visto, Kant sostiene che:
i PRINCIPI MORALI - a differenza di altri principi
pratici - sono LEGGI UNIVERSALI di valore
assoluto, valide per tutti gli esseri umani in quanto esseri
dotati di ragione.


                 Nella terminologia di Kant:
LE LEGGI MORALI SONO “IMPERATIVI CATEGORICI”
La filosofia morale di Kant
      si contrappone al relativismo etico



per “relativismo etico” intendiamo una qualunque filosofia o concezione che
affermi la variabilità dei giudizi morali in relazione alle diverse opinioni degli
individui, in relazione alle diverse società e culture, in relazione alle diverse epoche
storiche, ecc.
Kant difende una forma moderna e originale
          di universalismo etico.




    Perché “moderna” e perché “originale”?
Prima di Kant i filosofi che avevavo soste-
nuto l’universalismo etico lo avevano fatto
sulla base di argomentazioni ontologiche e
metafisiche.


  Per esempio gli Stoici, i quali affermavano che la Legge
  Morale coincide con il Logos eterno, con la Legge di Natura.
  Oppure i filosofi medievali, che riconducevano sia l’ordine
  della natura che l’ordine morale ad un comandamento divino.
L’universalismo etico di Kant non è fondato sulla
conoscenza dell’Ordine e delle Leggi di Natura.
Per Kant la conoscenza della natura è limitata al mondo
fenomenico, cioè alle leggi della meccanica (la fisica
moderna di Galilei e Newton), e quindi non ha nulla da
dirci sul piano morale.
Conoscere scientificamente la fisica o l’astronomia non
significa più conoscere il disegno divino o i fini
complessivi dell’universo.


Kant separa la Legge Morale dalla dimensione
  della scienza e della natura fenomenica.
Ma se non è una legge naturale o divina, come
è possibile che la Legge Morale sia universale?

La risposta di Kant è che l’universalità dei principi morali
discende dalla universalità della Ragione, dal fatto che tutti
gli esseri razionali condividono gli stessi “principi a
priori” e quindi, usando la Ragione, sono tutti in grado di
comprendere gli obblighi che meritano un incondizionato
rispetto.
(Questa fiducia nell’universalità della Ragione
riflette, ovviamente, l’appartenza di Kant alla cultura e
all’epoca dell’Illuminismo.)
La Legge Morale è un comando (a priori) della Ragione




   “La ragion pura è per sé sola pratica, e dà all’uomo una legge
            universale che noi chiamiamo legge morale”
La Legge Morale è un comando (a priori) della Ragione
     La Legge Morale è un comando (a priori) della




  A priori significa che vale sempre e comunque,
  indipendentemente dal variare delle circostanze, degli
  individui, dei tempi, dei luoghi.
La Legge Morale è un comando (a priori) della Ragione
     La Legge Morale è un comando (a priori) della




  Comando significa che è un obbligo che si impone alla
  coscienza morale degli individui (anche quando
  decidano di non rispettarlo).
La Legge Morale è un comando (a priori) della Ragione



  Ragione per Kant vale solo in senso trascendentale,
  non ontologico, e quindi si riferisce ad una dimensione
  esclusivamente umana. (Trascendentale = forme a priori
  della mente umana.)
  Attenzione: quest’ultimo punto è importantissimo! Kant
  non dice che la Legge Morale è un comando della Natura
  o di Dio. La Morale è autonoma , non ha a che fare né
  con la conoscenza della natura (scienza o metafisica), né
  con i comandamenti religiosi.
Riassumiamo...
da quanto sin qui detto derivano quattro indicazioni
La fondazione della morale in Kant non
è né ontologica, né religiosa, bensì
trascendentale (cioè coincide con un
apriori della ragione pratica, facoltà
universale della mente umana).




                                         1
2   I principi morali non sono
    “istinti” o “sentimenti” più o
    meno spontanei: per Kant sentimenti e
    istinti variano a seconda degli individui
    e a seconda delle circostanze, e quindi
    non possono assicurare l’universalità
    della morale. La coscienza morale è
    quella che ascolta e comprende
    razionalmente i propri doveri, non
    quella che si fa condurre dai
    sentimenti e dagli istinti.
    (Su questo punto l’impostazione kantiana è
    vicina allo Stoicismo.)
La moralità per Kant consiste nella
                                          3
disponibilità della Volontà a seguire i
comandi della Ragione, a sottomettersi
ad un dovere razionalmente
compreso, sacrificando, se necessario,
sentimenti, istinti, interessi,
opportunità (i quali dipendono dal
variare delle circostanze).
Per noi esseri umani la moralità si
    presenta sempre come un “dovere”,
    come una “costrizione”, non come una
    tendenza spontanea.




4
Alludendo alla concezione della legge morale come un dovere
severo e categorico, si usa spesso a proposito di Kant (ma
anche degli Stoici) la definizione di rigorismo etico.
Il fatto è che per Kant la nostra volontà è sempre inclinata a
seguire sentimenti, istinti, interessi, opportunità, è sempre
naturalmente (e legittimamente) tesa alla ricerca della felicità,
e deve reprimere queste tendenze spontanee per convincersi
a seguire i comandi della ragione.
Possiamo dirlo in un altro modo (un pochino più romantico):
in Kant la moralità umana è sempre legata ad una lotta
interiore, ad un impegno rigoroso, ad uno sforzo.
Un’altra caratteristica della morale kantiana che viene
reputata fondamentale è il formalismo.

Abbiamo visto che la Legge Morale è un comando della
Ragione Pratica.

Ma che cosa comanda la Ragione? Quali sono i princìpi morali
che essa ci chiama a rispettare?

La risposta di Kant è che il valore morale delle nostre azioni
risiede esclusivamente nella forma del ragionamento (il
principio pratico) che guida la volontà e le scelte di
comportamento.

Nessuna azione è “buona” o “giusta” in sé.
“Buona” o “giusta” è solo la Volontà ...
La moralità non è una proprietà delle azioni, dei com-
portamenti, delle situazioni oggettive.

‣ il Bene non è uno “stato di cose” (un’Idea platonica o un
    ordinamento della natura);
‣   il Bene non consiste nella conformità ad un imperativo
    “oggettivo”, per esempio sociale, giuridico, religioso;
‣   il Bene non risiede nelle caratteristiche esteriori
    (fenomeniche) delle azioni;
‣   il Bene non riguarda gli obiettivi che si intende raggiungere
    (per cui un’azione sarebbe “buona” o “cattiva” a seconda
    delle conseguenze, e la morale consisterebbe, come per
    Epicuro, in un calcolo dei vantaggi e svantaggi prevedibili).

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Kant - Ragione Pratica

  • 1.
  • 2. Come abbiamo visto, Kant sostiene che: i PRINCIPI MORALI - a differenza di altri principi pratici - sono LEGGI UNIVERSALI di valore assoluto, valide per tutti gli esseri umani in quanto esseri dotati di ragione. Nella terminologia di Kant: LE LEGGI MORALI SONO “IMPERATIVI CATEGORICI”
  • 3. La filosofia morale di Kant si contrappone al relativismo etico per “relativismo etico” intendiamo una qualunque filosofia o concezione che affermi la variabilità dei giudizi morali in relazione alle diverse opinioni degli individui, in relazione alle diverse società e culture, in relazione alle diverse epoche storiche, ecc.
  • 4. Kant difende una forma moderna e originale di universalismo etico. Perché “moderna” e perché “originale”?
  • 5. Prima di Kant i filosofi che avevavo soste- nuto l’universalismo etico lo avevano fatto sulla base di argomentazioni ontologiche e metafisiche. Per esempio gli Stoici, i quali affermavano che la Legge Morale coincide con il Logos eterno, con la Legge di Natura. Oppure i filosofi medievali, che riconducevano sia l’ordine della natura che l’ordine morale ad un comandamento divino.
  • 6. L’universalismo etico di Kant non è fondato sulla conoscenza dell’Ordine e delle Leggi di Natura. Per Kant la conoscenza della natura è limitata al mondo fenomenico, cioè alle leggi della meccanica (la fisica moderna di Galilei e Newton), e quindi non ha nulla da dirci sul piano morale. Conoscere scientificamente la fisica o l’astronomia non significa più conoscere il disegno divino o i fini complessivi dell’universo. Kant separa la Legge Morale dalla dimensione della scienza e della natura fenomenica.
  • 7. Ma se non è una legge naturale o divina, come è possibile che la Legge Morale sia universale? La risposta di Kant è che l’universalità dei principi morali discende dalla universalità della Ragione, dal fatto che tutti gli esseri razionali condividono gli stessi “principi a priori” e quindi, usando la Ragione, sono tutti in grado di comprendere gli obblighi che meritano un incondizionato rispetto. (Questa fiducia nell’universalità della Ragione riflette, ovviamente, l’appartenza di Kant alla cultura e all’epoca dell’Illuminismo.)
  • 8. La Legge Morale è un comando (a priori) della Ragione “La ragion pura è per sé sola pratica, e dà all’uomo una legge universale che noi chiamiamo legge morale”
  • 9. La Legge Morale è un comando (a priori) della Ragione La Legge Morale è un comando (a priori) della A priori significa che vale sempre e comunque, indipendentemente dal variare delle circostanze, degli individui, dei tempi, dei luoghi.
  • 10. La Legge Morale è un comando (a priori) della Ragione La Legge Morale è un comando (a priori) della Comando significa che è un obbligo che si impone alla coscienza morale degli individui (anche quando decidano di non rispettarlo).
  • 11. La Legge Morale è un comando (a priori) della Ragione Ragione per Kant vale solo in senso trascendentale, non ontologico, e quindi si riferisce ad una dimensione esclusivamente umana. (Trascendentale = forme a priori della mente umana.) Attenzione: quest’ultimo punto è importantissimo! Kant non dice che la Legge Morale è un comando della Natura o di Dio. La Morale è autonoma , non ha a che fare né con la conoscenza della natura (scienza o metafisica), né con i comandamenti religiosi.
  • 12. Riassumiamo... da quanto sin qui detto derivano quattro indicazioni
  • 13. La fondazione della morale in Kant non è né ontologica, né religiosa, bensì trascendentale (cioè coincide con un apriori della ragione pratica, facoltà universale della mente umana). 1
  • 14. 2 I principi morali non sono “istinti” o “sentimenti” più o meno spontanei: per Kant sentimenti e istinti variano a seconda degli individui e a seconda delle circostanze, e quindi non possono assicurare l’universalità della morale. La coscienza morale è quella che ascolta e comprende razionalmente i propri doveri, non quella che si fa condurre dai sentimenti e dagli istinti. (Su questo punto l’impostazione kantiana è vicina allo Stoicismo.)
  • 15. La moralità per Kant consiste nella 3 disponibilità della Volontà a seguire i comandi della Ragione, a sottomettersi ad un dovere razionalmente compreso, sacrificando, se necessario, sentimenti, istinti, interessi, opportunità (i quali dipendono dal variare delle circostanze).
  • 16. Per noi esseri umani la moralità si presenta sempre come un “dovere”, come una “costrizione”, non come una tendenza spontanea. 4
  • 17. Alludendo alla concezione della legge morale come un dovere severo e categorico, si usa spesso a proposito di Kant (ma anche degli Stoici) la definizione di rigorismo etico. Il fatto è che per Kant la nostra volontà è sempre inclinata a seguire sentimenti, istinti, interessi, opportunità, è sempre naturalmente (e legittimamente) tesa alla ricerca della felicità, e deve reprimere queste tendenze spontanee per convincersi a seguire i comandi della ragione. Possiamo dirlo in un altro modo (un pochino più romantico): in Kant la moralità umana è sempre legata ad una lotta interiore, ad un impegno rigoroso, ad uno sforzo.
  • 18. Un’altra caratteristica della morale kantiana che viene reputata fondamentale è il formalismo. Abbiamo visto che la Legge Morale è un comando della Ragione Pratica. Ma che cosa comanda la Ragione? Quali sono i princìpi morali che essa ci chiama a rispettare? La risposta di Kant è che il valore morale delle nostre azioni risiede esclusivamente nella forma del ragionamento (il principio pratico) che guida la volontà e le scelte di comportamento. Nessuna azione è “buona” o “giusta” in sé. “Buona” o “giusta” è solo la Volontà ...
  • 19. La moralità non è una proprietà delle azioni, dei com- portamenti, delle situazioni oggettive. ‣ il Bene non è uno “stato di cose” (un’Idea platonica o un ordinamento della natura); ‣ il Bene non consiste nella conformità ad un imperativo “oggettivo”, per esempio sociale, giuridico, religioso; ‣ il Bene non risiede nelle caratteristiche esteriori (fenomeniche) delle azioni; ‣ il Bene non riguarda gli obiettivi che si intende raggiungere (per cui un’azione sarebbe “buona” o “cattiva” a seconda delle conseguenze, e la morale consisterebbe, come per Epicuro, in un calcolo dei vantaggi e svantaggi prevedibili).

Editor's Notes

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