Jacopo Barozzi da Vignola (1507–1573), pittore di formazione e architetto di «mestiere», ha lasciato —oltre ad un cospicuo patrimonio architettonico interprete del maturo linguaggio Rinascimentale, ricco di una precisa grammatica e una rigorosa sintassi costruttiva e formale— un’opera di gran pregio anche per la «scienza meccanica». Come il linguaggio vitruviano della firmitas, più o meno ricco e raffinato, riprende i temi della meccanica antica —pre-galileiana, aristotelica e archimedea—, dove i princìpi elementari e le macchine semplici sono gli strumenti indispensabili per la comprensione del vasto mondo della meccanica applicata alle costruzioni, così il linguaggio architettonico di Vignola si spoglia di quell’apparato formale che contraddistingue la trattatistica Rinascimentale, per rendere parimenti «puri» e scevri da elementi complessi i canoni e le regole del buon costruire.
Jacopo Barozzi da Vignola (1507–1573), pittore di formazione e architetto di «mestiere», ha lasciato —oltre ad un cospicuo patrimonio architettonico interprete del maturo linguaggio Rinascimentale, ricco di una precisa grammatica e una rigorosa sintassi costruttiva e formale— un’opera di gran pregio anche per la «scienza meccanica». Come il linguaggio vitruviano della firmitas, più o meno ricco e raffinato, riprende i temi della meccanica antica —pre-galileiana, aristotelica e archimedea—, dove i princìpi elementari e le macchine semplici sono gli strumenti indispensabili per la comprensione del vasto mondo della meccanica applicata alle costruzioni, così il linguaggio architettonico di Vignola si spoglia di quell’apparato formale che contraddistingue la trattatistica Rinascimentale, per rendere parimenti «puri» e scevri da elementi complessi i canoni e le regole del buon costruire.