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U F F I C I O S T O R I C O D E L L A R. M A R I N A
LA MARINA ITALIANA
NELLA GRANDE GUERRA
VOLUME I
VIGILIA D’ ARMI SUL MARE
Dalla pace di Losanna alla Guerra Itaio-Austriaca
V A L L E C C H I - F I R E N Z E
LA MARI NA I T A L I A N A
NELLA GRANDE GUERRA
UFFICIO STORICO DELLA R. MARINA
LA MARINA ITALIANA
NELLA GRANDE GUERRA
VOLUME I.
VIGILIA D’ARMI SUL MARE
Dalla pace di Losanna alla Guerra Italo-Austriaca
V A L L E C C H I E D I T O R E F I R E N Z E
Il presente volume è stato compilato dal capitano di vascello
G. Almagià e dal capitano di corvetta A. Zoli.
I diritti di edizione e traduzione,
anche di semplici brani, sono riservati.
Firenze, 1935-XIII - Stab. Grafici A. Vallecchi, Viale dei Mille, 72.
P R E M E S S A
Già da parecchi anni l’ ufficio storico della
R. Marina ha descritto gli avvenimenti della nostra
guerra sul mare in una Cronistoria documentata
della guerra marittima italo-austriaca 1915-18.
È un’opera che consta di ben nove fascicoli
che riguardano la preparazione dei mezzi ed il loro
impiego; di dieci fascicoli che trattano dell’ im­
piego delle forze navali e delle operazioni relative,
e di sette altri fascicoli che trattano argomenti
speciali non contenuti nelle due precedenti colle­
zioni. Questi fascicoli, sia per il formato poco ma­
neggevole, che fu adottato in un primo tempo uni­
camente per consentire eventuali correzioni e mo­
difiche, sia per la limitata tiratura, non sono af­
fatto conosciuti dal pubblico, e poco noti sono agli
stessi nostri ufficiali.
È vero che gli ultimi volumi della serie speciale
intitolati Gli avvenimenti della guerra nei riflessi
della legislazione marittima, D’Annunzio combat­
tente al servizio della R. Marina, L’ attività della
R. Marina dalla guerra libica a quella italo-au-
siriaca, Il traffico marittimo, Le occupazioni adria-
tiche e I nostri sommergibili durante la guerra,
avendo avuto una forma più maneggevole ed una
più larga tiratura, sono stati diffusi con grcùrule
successo. Ma le richieste, da parte di ufficiali e di
privati, dei primi volumi pubblicati (ormai per
la maggior parte esauriti), i voti espressi da emi­
nenti personalità in vari congressi storici, hanno
indotto il nostro ufficio a procedere non ad una
pura e semplice ristampa dei fascicoli della cro­
nistoria, ma a porre mano ad una vera e propria
storia, che, valendosi di tutti gli elementi di archi­
vio già esistenti, di altri venuti alla luce, e dei
giudizi espressi in opere straniere che trattano
anche delle nostre operazioni, prenda il nome La
Marina italiana nella grande guerra.
L’opera consterà di diversi volumi. Il primo,
intitolato Vigilia d’ armi sul mare, tratta del pe­
riodo precedente al 24 maggio 1915, e vede ora
la luce. Gli altri seguiranno a breve scadenza.
Ion avendo preteso di fare opera perfetta,
Vufficio storico sarà grato a tutti coloro che fa­
ranno notare eventuali inesattezze od omissioni.
Il Capitano di Vascello
Capo dell’ufficio storico della R. Marina.
G u i d o A l m a c i à .
PARTE PRIMA
C a p it o l o I.
DALLA PACE DI LOSANNA
ALLA FINE DEL 1913
S o m m a r io :
La marina italiana alla fine della guerra italo-turca. — Le
«quadre internazionali a Costantinopoli. — Occupazione di Co­
stantinopoli da parte delle forze intemazionali, — Il caos alba­
nese. — Il rinnovamento della Triplice Alleanza. — Il fosco
orizzonte politico nel dicembre 1912. I « Giovani Turchi » e la
seconda guerra balcanica. — Valona. — La politica italiana in
Adriatico. — Le aspirazioni slave. — I serbi a Durazzo. — La
situazione militare albanese nei primi mesi del 1913. — Le prime
nubi italo-austriache per l’Albania. — L’assedio di Scutari. — La
flotta internazionale ad Antivari. — Il blocco del Montenegro. —
La capitolazione di Scutari. — Preparativi per l’occupazione di
Valona. — Mobilitazione parziale e dislocazione della flotta ita­
liana. — La politica austriaca in Albania. — L’occupazione inter­
nazionale di Scutari. — La delimitazione dei confini dello Stato
albanese. — L’orizzonte politico si rasserena. — La flotta nelle
basi. — Periodo di raccoglimento. — Costituzione delle forze
navali. — La flotta francese in Levante.
La guerra italo-turca aveva impegnato la quasi
totalità delle forze navali per oltre un anno in un
vasto' bacino di operazioni (che comprendeva tutto
il Mediterraneo orientale ed il Mar Rosso) di cui
— 10 —
il dominio assoluto era stato conquistato in grazia
ad una ininterrotta attività.
Le navi di linea, gli incrociatori, le siluranti
e i cacciatorpediniere rimasero costantemente in
mare, compiendo faticose crociere dal Tirreno al-
T Egeo, dalle coste inospitali della Libia ai mal­
fidi approdi del Mar Rosso e dell’ Oceano Indiano.
Per comprendere la mole dello sforzo compiuto
esaminiamo il numero delle unità che presero parte
attiva alla campagna di Libia:
36 navi da battaglia e incrociatori, 63 silu­
ranti, 22 navi sussidiarie, 8 incrociatori ausiliari,
17 cannoniere e navi minori. In totale 146 navi da
guerra.
Oltre a queste si ebbero, in servizio della Re­
gia Marina, ben 106 navi onerarie requisite, che
in unione alle precedenti costituirono un complesso
veramente notevole di 252 navi, armate di 1255
cannoni e che in un anno spararono 32056 colpi;
affondarono 13 unità da guerra avversarie, oltre
alle numerose unità da commercio affondate o cat-
turate.
Il personale del corpo reale equipaggi, che al-
l’ inizio della campagna contava un totale di 30 mila
uomini, raggiunse nel 1912 la cifra di 41 mila uo­
mini.
Dobbiamo infine ricordare che, mentre le ope­
razioni militari svolte dalle truppe del R. Esercito
ebbero carattere di guerra coloniale e non impe­
gnarono che una parte deH’esercito nazionale, le
— 11 —
operazioni navali dovettero essere condotte con
quei criteri che si richiedono ad una guerra tra po­
tenze marittime e resero di conseguenza necessa­
ria la mobilitazione e 1’ impiego totale delle forze
navali.
È facile comprendere quali furono gli effetti
della guerra libica nei riguardi della efficienza della
flotta.
Le continue crociere, le operazioni militari con­
tro le coste nemiche, gli scontri navali, gli sbar­
chi, le scorte ai convogli, diedero la possibilità al
personale di conseguire un grado realmente note­
vole di allenamento, tennero vivo l’entusiasmo e lo
spirito offensivo, aumentarono l’ esperienza e la
confidenza in ogni genere di attività navale.
In tutti i gradi, in tutte le categorie l’ affiata­
mento era perfetto, così che nel 1912 la marina
italiana si presentava come un complesso moral­
mente armonico e ottimo.
Il personale, che alla fine della guerra era stato
congedato, costituiva infine una magnifica riserva
di uomini di mare, e ne fu constatata la preziosa
preparazione quando, dopo breve tempo, essi ri­
presero il loro posto a bordo durante la grande
guerra.
Poco favorevole, invece, per la marina era il
bilancio nei riguardi del materiale.
L ’ intensa attività svolta era stata causa di un
inevitabile logorìo di macchinari, in modo par­
ticolare per quelli delicatissimi delle siluranti.
— 12 —
Buona p a r te delle spese del bilancio era stata
assorbita dalla necessità di acquisto del combusti­
bile consumato durante la guerra, a detrimento
delle normali riserve, delle costruzioni e del rin­
novamento del materiale in genere.
La pace di Losanna avrebbe dovuto quindi se­
gnare per la marina 1’ inizio di un periodo di rac­
coglimento e di riposo allo scopo di ridare ad un
materiale tanto costoso e delicato, quale era quello
della flotta, la sua completa efficienza.
* * H*
L’orizzonte politico europeo con lo scoppio
della guerra balcanica assumeva un aspetto quanto
mai nebuloso e gravido di avvenimenti.
Gli interessi nazionali, minacciati da continui
pericoli nella delicata situazione che si andava svi­
luppando in Europa, richiesero di nuovo l’ opera
della marina, che fu in tale maniera ancora chia­
mata a vigilare e a svolgere dalla fine del 1912
allo scoppio della guerra europea una notevole at­
tività, e questa a detrimento dell’ indispensabile
periodo di riposo di cui abbiamo indicato più 60-
pra la necessità.
È quanto mai interessante l’esame, sia pure
breve, degli avvenimenti a cui presero parte le
nostre navi da guerra, in seguito alla situazione
politica creatasi nell’ Oriente europeo alla fine
del 1912.
— 13 —
Il racconto dei fatti svoltisi dall’ ottobre 1912
al luglio 1914 può apparentemente esorbitare dallo
scopo della presente pubblicazione che si propone
dTillustrare l’opera della marina italiana nella
grande guerra.
Ma le operazioni, a cui parteciparono le no­
stre navi, ebbero un carattere così affine con l’at­
tività guerresca, da potere talora essere considerate
■come un seguito delle operazioni navali della guerra
libica ed apparire come i prodromi della grande
guerra.
Si può affermare, senza tema di dire inesat­
tezze, che talune nostre navi da guerra si misero
in assetto di combattimento nell’ ottobre del 1911
e mantennero tale assetto, entrando anche in azione
ed eseguendo operazioni guerresche, fino alla con­
clusione dell’ armistizio con l’Austria.
Non si può non ricordare quasi con commo­
zione il nome di talune di queste navi, oggi de­
molite, che portarono in tutto il Mediterraneo fie­
ramente spiegata la bandiera della Patria, prime
sempre ad essere inviate ove era necessario affer­
mare la volontà della giovane nazione italiana, de­
cisa a riprendere nelle grandi competizioni marit­
time il posto che la natura e la storia le avevano as­
segnato. ' »
Tale attività fu sovente esplicata a prezzo di
gravi sacrifizi da parte di comandanti, ufficiali ed
equipaggi che fecero miracoli di abnegazione e di
abilità per supplire alle deficienze del materiale,
— 14 —
derivate dall’ assoluta impossibilità di concedere
turni di lavoro, ricambi di macchinari, rettifiche
alle artiglierie, riparazione degli scafi.
Il compito così gravoso fu spesso sopportato da
talune unità, la cui perdita o il cui logorìo avreb­
bero meno diminuita la potenza navale della ma­
rina, perchè più antiquate e meno efficienti, ma
che appunto per tali ragioni più delle altre avreb­
bero dovuto ricevere una destinazione tranquilla
nella flotta di riserva, e trascorrere gli ultimi anni
della loro vita in un giusto riposo nella quiete delle
darsene militari.
Come non ricordare i nomi gloriosi della R. N.
Saint Bon, dell’Agordat, del Piemonte, tanto per
citare qualcuna delle unità che più sovente ritro­
veremo nelle pagine di questo volume?
La breve narrazione cronologica degli avveni­
menti a cui partecipò la marina dal 1912 al 1915,
varrà meglio di qualsiasi commento ad illustrare e
a far comprendere l’ importanza di tale intervento.
* # *
I preliminari di pace con la Turchia erano stati
firmati a Losanna il 15 ottobre 1912.
Non erano trascorsi che 20 giorni da tale data,
allorché la Turchia apriva gli stretti alle navi da
guerra neutrali, in seguito alla pressione esercitata
dai rappresentanti diplomatici delle varie nazioni,
di fronte al pericolo di gravi torbidi a Costantino­
— 15 —
poli, provocati dal timore che l’ esercito turco scon­
fitto dagli eserciti bulgari si riversasse in rotta di­
sordinata sulla città.
L ’ Italia provvide all’ immediato invio della co­
razzata Emanuele Filiberto, appartenente alla se­
conda squadra dislocata ancora in Egeo, e che, no­
nostante la necessità di svolgere i lavori annuali,
non aveva ancora potuto essere rimpatriata.
Il mattino del 9 novembre 1’ Emanuele Fili­
berto dava fondo all’ancora nel Bosforo.
La situazione politica può essere chiaramente
compresa da alcuni brani del rapporto che il co­
mandante di detta nave, capitano di vascello Mo­
rino, inviò a Roma subito dopo l’arrivo e che qui
in parte riproduciamo :
«Non appena espletate le prime formalità, dopo
avere preso la fonda, iniziai le visite di dovere e
mi recai anzitutto sulla nave francese Léon Gam­
betta a visitarvi il contrammiraglio Dartige du Four-
net che ha assunto la direzione dell’azione collet­
tiva delle navi estere per la protezione degli Eu­
ropei qui residenti.
« Nel pomeriggio dello stesso giorno mi recai a
far visita a S. E. l’ ambasciatore di Germania, che
per il ritardato arrivo del nostro incaricato d’af­
fari, conte Manzoni, conservava tuttora le funzioni
del rappresentante dell’ Italia, ed egli mi sinte­
tizzò la situazione accennandomi che il Gran Visir
aveva dichiarato non essere da escludersi che tutto
il mondo mussulmano qui residente — cioè una po­
— 16 —
polazione di 650.000 persone — stretto dal nemico
e perduta ogni via di scampo, prima di abbando­
nare la costa d’ Europa per rifugiarsi in Asia,
avrebbe forse sotto il cieco furore del fanatismo
riversato il suo odio sulla popolazione cristiana
(300.000 persone) non esitando ad abbandonarsi
al saccheggio ed ai massacri....
« Intanto la presenza a Costantinopoli delle navi
ha indubbiamente portato un senso di sollievo nella
popolazione europea e altresì in quella turca che
temeva disordini dalla plebe facinorosa mussul­
mana......».
Il giorno 11 novembre giungeva a Costantino­
poli la R. N. Coatit (comandante A. Cerbino).
Il giorno 13 si univa alle precedenti unità la
R. N. ospedale Re d’Italia.
Ricordiamo a tale proposito che il Re d’ Italia
suscitò l’ interesse di tutti i medici militari della
flotta internazionale che studiarono attentamente
le installazioni sanitarie di tale unità.
Contemporaneamente la marina italiana met­
teva a disposizione del comandante superiore della
flotta internazionale il piroscafo Luigino Accame
con 2000 tonnellate di carbone.
Da un successivo rapporto del comandante Mo­
rino, di cui diamo una riproduzione parziale, così
appare l’ opera svolta dalle forze internazionali:
« __ il mattino del 18 novembre 1912 alle ore 5
tutte le navi misero a terra i loro reparti di mr sinai.
Il Filiberto sbarcò una compagnia comandata da
- 1 7 -
un tenente di vascello ed una mitragliera, con un
totale di 5 ufficiali e 159 uomini, e il Coatit sbarcò
un plotone di 40 uomini comandato da un sot­
totenente di vascello. Le forze da sbarco del Fili­
berto furono accentrate in parte nelle scuole ita­
liane ed in parte nell’ ospedale italiano. Quelle del
Coatit, il cui compito si restringeva alla protezione
dell’ ambasciata e del consolato d’ Italia, furono ac­
cantonate in questi stessi edifici.
« In totale le navi estere hanno complessiva­
mente sbarcato 2639 uomini e la determinazione di
procedere allo sbarco di questa notevole forza fu
adottata in una riunione degli ambasciatori, il
giorno 17 corr., non già perchè l’ordine pubblico
minacciasse di essere turbato, bensì per una mi­
sura precauzionale onde all’oocorirenza i contin­
genti esteri si trovassero già nei settori loro asse­
gnati senza doverli raggiungere precipitosamente
ad improvviso segnale...».
Il giorno 19 è segnalato l’ arrivo della nave au-
siliaria Bosnia (comandante capitano di corvetta
Vaccaneo), che recava S. E. il marchese Garroni,
nostro ambasciatore, e il giorno successivo giunse
anche la corazzata B. Brin (comandante capitano di
vascello Arturo Resio), in modo che le nostre forze
navali comprendevano due corazzate, un esplora­
tore, una nave ospedale e due navi ausiliarie.
Il reparto da sbarco italiano, che prese parte
alla oc; azione di Costantinopoli, fu in totale di
400 uomini circa con 2 mitragliere.
2 — La marina italiana, ecc., Voi. I.
— 18 —
Il comando superiore delle forze italiane era
stato assunto dal capitano, di vascello A. Resio, co­
mandante della R. N. B. Brin.
* * *
Contemporaneamente agli avvenimenti in Le­
vante, si creava una nuova delicata situazione in
Albania, tale da richiamare subito l’ attenzione dei
governi di Roma e di Vienna solidali circa l’as­
setto politico albanese per accordi esistenti fin
dal 1898.
La minaccia greca e serba contro l’Albania,
indusse l’ Italia, d’accordo con l’Austria, a inco­
raggiare la costituzione di uno stato albanese, la
cui indipendenza fu proclamata il 12 novembre
1912 da un governo provvisorio presieduto da
Ismail Kemal IBey.
Pochi giorni dopo Turchia, Serbia e Montene­
gro, concludevano un armistizio, che però non fu
seguito dalla pace, ed a cui la Grecia rifiutò di par­
tecipare per avere mano libera nelle occupazioni
territoriali nell’ Epiro settentrionale, che costituiva
una delle sue ben note aspirazioni.
Infatti il 3 dicembre VAgenzia Stefani diramava
il seguente comunicato :
« Due cannoniere greche hanno bombardato la
città di Valona che non è fortificata.
«U no shrapnel è scoppiato fra il consolato ita­
liano e quello austro-ungarico.
— 19 —
« Ismail Kemal Bey, visto il panico della po­
polazione, ha inviato a bordo dei parlamentari, ai
quali il comandante greco ha risposto di avere or­
dine di bloccare la costa albanese quale territorio
turco e perciò ha detto di ritenere di avere agito
secondo il suo diritto. Disse che la città doveva ar­
rendersi alla Grecia che avrebbe trattato fraterna­
mente gli albanesi.
<cIsmail Kemal Bey ha diretto subito una pro­
testa telegrafica alle grandi potenze».
L’ azione della Grecia indusse i governi di Roma
e di Vienna a manifestare ad Atene che non pote­
vano approvare operazioni tendenti all’ occupa­
zione di Valona e Saseno.
¡E, poiché il momento politico assumeva una
gravità eccezionale, il 5 dicembre veniva rinnovata
tra l’Austria, Germania e Italia la Triplice Allean­
za con notevole anticipo sulla data di scadenza.
La proclamazione dell’ indipendenza albanese
era stata accettata dalle potenze della Triplice In­
tesa (sebbene con poca soddisfazione della Francia
e della Russia) nella speranza che tale soluzione
potesse evitare il seguito di più gravi complicazioni
balcaniche, che avrebbero trascinato qualcuna delle
potenze maggiori, e particolarmente l’Austria e la
Russia, ad un intervento universalmente giudicato
come il segnale inevitabile della tanto temuta con­
flagrazione europea.
Vari erano i sintomi del pericolo imminente.
Fino dal 15 novembre l’Austria aveva richia­
— 20 —
mato nelle sue basi tutte le navi dislocate in Egeo
e a Costantinopoli.
Il 10 dicembre, con intenzione ben chiara di
carattere politico, la squadra francese appariva al
largo di Ventimiglia e negli stessi giorni sommer­
gibili e siluranti francesi evoluivano ostentatamente
presso Pantelleria.
In considerazione di tali fatti, il ministro della
marina, per accordi presi col presidente del con­
siglio, emanava le disposizioni necessarie per ri­
chiamare nelle acque nazionali la seconda squadra,
che era ancora in Levante, e le rimanenti unità
dislocate all’estero, e informava i comandi navali
dell’ incertezza della situazione politica.
In tale periodo, ma solamente per breve tempo
come vedremo in seguito, la flotta fu riunita in
Italia, composta nella seguente maniera :
l a S q u a d r a . Corazzate : Regina Elena (insegna
del comandante in capo vice ammiraglio Viale);
Vittorio Emanuele; Napoli; Roma; incrociatore co­
razzato Pisa (insegna del comandante di divisione
contramm. Cito); Amalfi; S. Giorgio; S. Marco.
2a S q u a d r a . Corazzate : Regina Margherita (in­
segna del comandante in capo vice ammiraglio
M. Amero d’Aste Stella); B. Brin; E. Filiberto;
Saint Bon; incrociatore corazzato G. Garibaldi (in­
segna del comandante la 2a divisione contrammi­
raglio Patris); F. Ferruccio; 1 esploratore; 22 cac­
ciatorpediniere; 1 nave cisterna; 1 nave officina;
2 posamine.
— 21 —
I s p e t t o r a t o s i l u r a n t i . Incrociatore corazza­
to : V. Pisani (insegna del contramm. P. Thaon di
lievel); 4 squadriglie torpediniere alto mare (su
6 unità); 7 squadriglie torpediniere costiere (su
6 unità).
D i v i s i o n e n a v i s c u o l a . Corazzate: Re Um­
berto (insegna del contrammiraglio Y. Cerri); Si­
cilia; Sardegna; incrociatore corazzato Carlo Al­
berto; R. N. Lombardia, nave appoggio sommer­
gibili; 2 squadriglie sommergibili (su 6 unità).
Rimanevano tuttora fuori delle acque nazio­
nali : Coatit, Archimede e la nave ausiliaria Ba­
silia a Costantinopoli; i. c. Varese e c. t. Artigliere
e Bersagliere in Egeo; mentre in Libia stazionavano
per le operazioni militari contro i ribelli arabi 1’ i.
protetto Etruria, 1’ i. ausiliario Città di Siracusa,
la cannoniera Tobruk e 4 torpediniere a. in., e in
Cirenaica il vecchio incrociatore Bausan, la R. IN.
Misurata e 4 torpediniere a. m.
Nel Mar Rosso stazionavano le cannoniere Staf­
fetta, Volturno, Curtatone, Giuliana.
* * *
Similmente ai provvedimenti presi dalla marina
italiana, anche la marina austriaca attuava provve­
dimenti militari e si approntava per l’ eventuale
azione.
Oltre al richiamo, già accennato, delle navi da
guerra presenti a Costantinopoli, era stato nomi­
— 22 —
nato comandante in capo della flotta il vice ammi­
raglio Antonio Haus, con pieni ed eccezionali po­
teri; le classi in congedo, inclusavi quella del 1905,
erano state richiamate, e la flotta di riserva, com­
pletata di personale, assumeva la posizione di ar­
mamento.
Frattanto perduravano le trattative a Londra
per indurre la Turchia ad accettare la pace.
L’ azione diplomatica esercitata dalle potenze
maggiori con le dure condizioni imposte, ridestava
il fermento nel inondo mussulmano, e ne derivò
la necessità di una nuova dimostrazione navale nel
Bosforo, da parte delle potenze europee.
Mentre gli avvenimenti si seguivano di giorno
in giorno suscitando sempre più viva attenzione
nelle già turbate cancellerie europee, Enver IBey,
reduce dalla Libia, alla testa dei «Giovani Tur­
chi», rovesciava il governo del Gran Visir il gior­
no 23 gennaio 1913, e il 3 febbraio si riaprivano
le ostilità tra la Turchia e gli Stati balcanici.
Nei medesimi giorni lo scoppio di un moto an­
ticristiano nel Vilayet di Smirne provocava da parte
del nostro console la richiesta di una nave da guerra.
Così ancora una volta si manifestò indispensa­
bile per 1’ Italia l’ invio di numerose navi da guerra
nel travagliato Levante mediterraneo per la tutela
della bandiera nazionale e per la cooperazione con
le altre nazioni.
Fu quindi decisa la dislocazione a Costanti­
nopoli di una delle nostre divisioni più moderne.
— 23 —
L’ i. c. Pisa e 1’ i. c. S. Marco affondavano
l’ancora nel Bosforo il 9 febbraio, mentre l’esplo­
ratore Agordat e un c. t. giungevano a Smirne, in
attesa che 1* i. c. San Giorgio, che si preparava
a partire da Taranto, potesse sostituire VAgordat.
Sulla Pisa era alzata 1’ insegna del c. a. Cito co­
mandante della divisione, alla quale si era anche
aggiunta la R. N. Archimede, destinata a rimanere
come stazionaria nella capitale turca.
* * *
Alla necessità di vigilare da vicino gli avveni­
menti di Costantinopoli si aggiungeva per l’Italia,
sempre a mezzo della sua flotta, la convenienza di
un’ oculata sorveglianza per quanto avveniva nelle
coste orientali dell’Adriatico.
L’ importanza della posizione strategica marit­
tima di Valona e delle coste albanesi in genere aveva
attirato sempre l’ attenzione del nostro stato mag­
giore. Gli avvenimenti politici, che si svolgevano
in Albania, non potevano infatti lasciare indiffe­
renti nè l’Italia nè l’Austria.
Esisteva e vi abbiamo già accennato, una con­
venzione italo-austriaca la quale stabiliva fin dal
1900 che nn’ eventuale azione militare austriaca
verso Scutari, sarebbe stata compensata con il di­
ritto dell’ Italia ad occupare Valona. Infatti, men­
tre l’ Austria mirava ad aprirsi nei Balcani la strada
verso Salonicco per uno sbocco commerciale in Le-
— 24 —
vante, 1’ Italia tendeva ad assicurarsi il controllo
del canale di Otranto.
L ’azione dei due governi in Albania sotto la
turbolenta minaccia serbo-greca, doveva svolgersi
quindi in comune accordo, provocando inevitabil­
mente il malcontento, sia pure larvato, della Rus­
sia, che vedeva di buon occhio la tendenza slava
verso l’Adriatico, e quello più palese della Fran­
cia, che mirava a creare una minaccia greca al
nostro potere marittimo in Levante.
Essendo ancora prematuro da parte italiana
l’ invio di una nave da guerra nell’ Albania setten­
trionale, considerata sfera d’ influenza austriaca,
vi fu inviato il piroscafo requisito Caprera con
1’ incarico, dopo aver sbarcato a Durazzo il nostro
console cav. Dolfini, di assicurare le comunicazioni
radiotelegrafiche tra il nostro consolato e 1’ Itali i.
A bordo di tale nave ausiliaria era anche im­
barcato in incognito un nostro osservatore, il te­
nente di vascello Torrigiani, con la missione di vi­
gilare sulla situazione.
Abbiamo già detto come il 27 novembre 1912
fosse proclamata l’indipendenza albanese; ciò non
ostante il giorno successivo a tale proclamazione le
truppe serbe occupavano Durazzo, Elbassan, Ti­
rana ed altri centri minori, e qualche giorno più
tardi, oltre ad eseguire il ricordato bombardamento
di Valona, le truppe greche sbarcavano a Saseno
e tagliavano il cavo telegrafico Otranto-Valona.
¡Perdurando dopo tali avvenimenti lo stato di
— 25 —
disordine, ma non essendo ancora avvenuto un de­
ciso intervento austriaco nella zona di Scutari,
r Italia si limitò ad un’ azione di assistenza tra le
popolazioni albanesi e le truppe serbe che avevano
occupato Durazzo.
Un intervento decisivo sarebbe stalo prematuro,
giacche le diplomazie lavoravano attivamente per
assicurare il mantenimento dell’ indipendenza al­
banese allo scopo di scongiurare un’azione au­
striaca. Tn speciale modo la Russia usava tutta la
sua influenza sui governi di Belgrado e Cettigne
per indurli a rinunciare al loro sogno di un porto
albanese sull’Adriatico.
Intanto il piroscafo requisito Caprera fu sosti­
tuito dal piroscafo requisito Cariddi, che rimase a
Durazzo continuando il servizio delle comunicazioni
r. t. e sbarcando materiale sanitario, che veniva
offerto, dall’ Italia, a mezzo del nostro console,
alle autorità serbe di occupazione per l’ assistenza
alle truppe e alle popolazioni civili. E poiché a Du­
razzo verso la fine di gennaio si era concentrata
una grande quantità di feriti e di ammalati del­
l’ esercito serbo, e la scarsità dei mezzi ospedalieri
e di trasporto facevano sorgere una situazione
quanto mai penosa e pericolosa dal punto di vista
sanitario, il governo italiano con atto veramente
generoso mise a disposizione delle autorità serbe
la R. N. ospedale Regina d’ Italia, che comandata
dal capitano di fregata Basso giunse a Durazzo il
giorno 8 febbraio,
— 26 —
Quanto preziosa sia stata l’opera di assistenza
prestata dalla R. Marina ai Serbi in tale occasione,
può facilmente essere compreso dalla lettura del
rappòrto del comandante della nave ospedale che
riproduciamo nella sua integrità:
«M i recavo subito dal R. Console cav. Dolfini,
per prendere gli opportuni accordi circa 1’ imbarco
degli ammalati e feriti.
« Mi recavo quindi dal governatore militare lo­
cale serbo, colonnello Bulich e con lui e i suoi
sanitari venne stabilito che l’imbarco avrebbe avuto
inizio l’ indomani 9 febbraio alle ore 6 del mat­
tino. Mi resi subito conto che più che feriti si
sarebbe trattato di ammalati essendo il concetto
delle autorità quello di sgombrare i locali adibiti
ad ospedali ed infermerie del massimo numero di
degenti per far posto ai feriti delle azioni pros­
sime e probabilmente risolutive della presa di
Scutari.
«Altro fatto che risultò lucidamente fu l’ av­
versione mostrata dai sanitari serbi a permettermi,
assieme ai medici, di visitare gli ospedali o locali
adibiti a tale uso.
« Gli ammalati vi erano ammucchiati in modo
indescrivibile e sotto una coperta stavano spesso
tre persone : il vitto scarsissimo, deplorevole la pu­
lizia, scarsi i rimedi, elevata la mortalità.
« Poco prima del tramonto una commissione di
medici serbi si presentava a bordo pregando a nome
del colonnello Bulich di andare, prima di sgom­
— 27 —
brare Durazzo, a raccogliere dei feriti a S. Gio­
vanni di Medua, ritornando poi a Durazzo per com­
pletarsi in ordine ai posti disponibili. Ciò non cor­
rispondeva alle istruzioni ricevute; pur tuttavia al­
l’ alba dell’ indomani, 9 febbraio, lasciavo Durazzo,
dirigendo a San Giovanni di Medua, dove giungevo
alle 8,30; imbarcavo in breve tempo 120 ammalali
e due ufficiali e ricevevo nel contempo la preghiera
di aspettare ancora altri ammalati che avrebbero
dovuto venire da Alessio.
«L e preghiere di trattenermi provenivano dal
colonnello Popovich, comandante supremo delle
forze operanti presso Durazzo (uno dei noti pro­
motori e forse autori dell’eccidio dei Reali di Ser­
bia) ma non mi fu possibile parlare con lui, nè
leggere un suo fonogramma.
«Questa indeterminatezza mi decise a stabilire
nettamente un limite ed informai che avrei atteso
fino alle otto dell’ indomani dopo di che sarei tor­
nato a Durazzo aggiungendo che qualora avessi
avuto a Durazzo una formale e chiara richiesta
del colonnello 'Bulich, non avrei avuto difficoltà a
ritornare a San Giovanni.
« Alle otto dell’ indomani nulla scorgendosi nè
avendo comunicazioni di sorta, partivo per Durazzo
ove giungevo alle ore 10. Si iniziava 1’ imbarco de­
gli ammalati e feriti e nella giornata se ne presero
circa 300. Al far della notte si interruppe il ser­
vizio e, poco dopo, la commissione solita si presentò
d’ordine del governatore ad informare che il go­
— 28 —
verno serbo aveva noleggiato un vaporetto greco,
ancorato a San Giovanni di Medua, per portare
quegli altri feriti che avrei dovuto prendere io se
fossero stati pronti (circa 500).
« L’ indomani alle 8 giungeva infatti il vapo­
retto ed iniziai l’ imbarco di una parte dei suoi am­
malati e feriti, se non che, ad un certo inomento,
venne un messo del colonnello Bulich a dirmi ch^
aveva cambiato idea e che gli sembrava più na­
turale darmi quelli di Durazzo, più trasportabili.
« Su questi cambiamenti io non ho avuto nulla
da eccepire. In fondo si capiva questo: che l’Au-
torità serba ha la fobìa più acuta delle eventuali
comunicazioni sulle ultime operazioni militari da
parte dei feriti, tende quindi a dare malati este­
nuati da un lungo periodo di sofferenze e degenza
in ospedali, anziché feriti recenti. Mi sono pie­
gato ad ogni cambiamento od esitazione dell’ auto­
rità serba, che era intendimento del nostro governo
di soccorrere nel miglior modo possibile.
«Invitai in quel giorno a colazione il colon­
nello (Bulich.
«Il brindisi del colonnello Bulich fu informato
tutto alla più viva gratitudine per il R. Governo
d’ Italia.
« La nave partì alle 18 di quel giorno (11 feb­
braio) per Salonicco. Il giorno 13 il vento scop­
piava con forza ciclonica e si avevano a bordo già
4 morti: nel reparto di chirurgia si stentava note»
volmente a medicare i feriti. Mi decisi pertanto ad
approdare nel pomeriggio a Nauplia.
« Vi giungevo poco prima del tramonto, e pre­
vie trattative con l’ autorità ellenica che fu corte­
sissima, sbarcavo e seppellivo coi dovuti onori i
morti.
« Proseguivo l’ indomani 14 per Salonicco ove
giungevo il 15 poco prima di mezzogiorno : nella
traversata erano morti altri due soldati. Lo sbarco
procedeva ordinatissimo, e rapido. Degli ammalati
e feriti, 749 presero posto su di un treno speciale
lungo la banchina, i rimanenti 12 gravissimi, si
tennero a bordo, per mandarli più tardi all’ospe­
dale ellenico.
«Anche a Salonicco numerosissimi furono i vi­
sitatori di tutte le nazionalità e grande, in ogni
ceto, di persone, l’ammirazione destata dall’organiz­
zazione della nostra nave ospedale. Sebbene la cosa
non abbia grande importanza, mi permetto segna­
lare che, avendo il giornale La Libertà, organo del
Governo ellenico, stampato a chiare lettere che :
« Le vapeur Regina d’ Italia a été affrètè par le
Gouvernement serbe pour le transport de ses ma-
lades et blesssés » e profondamente convinto che il
rappresentante serbo si sarebbe ben guardato di
smentire la sciocca notizia, mi affrettai a scrivere
io stesso al direttore della Liberté la seguente let­
tera (pubblicata poi dal giornale) :
— 30 —
«Monsieur le Directeur,
« Le navire hôpital de la Marine Royale Ita­
lienne Regina d’ Italia n ’a pas été affrété par le
Gouvernement serbe, comme votre journal de ce
matin en donne le nouvelle aux lecteurs, mais a été
gratuitement dan le sens le plus ample du mot mis
à la disposition du dit Gouvernement pour le tran­
sport des pauvres malades et blessés des forces ser­
bes engagés dans les opérations militaires d’Al­
banie.
« Je vous serai gré de vouloir bien rectifier en
ce sens la petite information de La Liberté à fin
que le pubblique des nationalités nombreuses habi­
tant cette ville ne tombe dans l’ erreur de croire
que l’ Italie permette l’affrètement de quelque unité
de sa flotte à une poissance étrangère ».
« Il concetto della gratuità del servizio fu, d’al­
tra parte, così ben capito da questi signori che essi
sbarcarono senza lasciare la tradizionale mancia ai
camerieri, ciò che fu per il personale di camera e
per il sottoscritto, oggetto di viva soddisfazione.
« S. ¡E. Yassilch, colonnello di stato maggiore
serbo, commissario, per quel governo a Salonicco,
venne personalmente a ringraziare dell’ opera pre­
stata dalla nave in favore del suo paese e si espresse
nei termini più lusinghieri e suonanti caldissima
riconoscenza e lasciò intendere che avrebbe uffi­
ciato il suo governo a chiedere al governo d’ Italia
di completare l’opera pietosa mandando un’altra
volta la nave a Durazzo ».
* * *
Nel mese di febbraio 1913 le condizioni poli­
tiche e militari dell’Albania subivano delle modi­
ficazioni in seguito alla ripresa delle ostilità, pro­
vocata dal fallimento delle trattative tra Stati bal­
canici e Turchia.
I residui dell’esercito turco, aiutati da bande
di volontari albanesi, si stavano riunendo e rior­
ganizzando per fronteggiare i Serbi presso Elbas-
san e contemporaneamente si preparavano a soste­
nere l’ attacco dei serbo-montenegrini che investi­
vano Scutari.
Nell’Albania meridionale continuava l’offensiva
greca che puntava specialmente su Janina.
Nonostante la comunità d’ intenti che legavano
Austria ed Italia nel vigilare sull’ indipendenza al­
banese, la prima tentava ostacolare per evidenti
ragioni di rivalità la nostra azione di propaganda
politica nella zona di Durazzo.
Vedremo in seguito come, malgrado l’ apparente
accordo, specialmente nelle alte sfere militari au­
striache si confidasse e sperasse di impedire la no­
stra espansione in Albania.
Ciò rendeva ancora più difficile l’opera dei no­
stri rappresentanti diplomatici e dei comandanti
— 32 —
di unità, che colà si trovavano in quel momento
così delicato.
Era allora dislocata nelle acque albanesi la R. N.
Ciclope (comandante tenente di vascello L. Man­
cini), che come nave talassografica, era tollerata
dalla suscettibilità austriaca e svolgeva una doppia
attività scientifica e politica, non senza dover su­
perare ostacoli con le autorità serbe probabilmente
sobillate da agenti austriaci.
A comprendere quanto fosse resa difficile l’opera
nostra, può servire di esempio l’ incidente che ri­
portiamo.
Il giorno dell’arrivo del Ciclope a Durazzo,
mentre il sottotenente di vascello Malusardi, uffi­
ciale in 2a, si recava a terra per la visita al console
italiano, ufficiali serbi al comando di truppe serbe
di occupazione lo trattennero, tentando di impe­
dirgli in un primo tempo di mettersi in comuni­
cazione col nostro rappresentante diplomatico. Il
fermo contegno del sottotenente di vascello Malu-
sardi e 1’ immediato intervento del nostro console
cav. De Faccendis, intimorirono l’ autorità serba,
che si affrettò a fare ampie scuse al comandante
della R. N. Ciclope, tenente di vascello Mancini, e
l’ incidente si risolse con piena soddisfazione ita­
liana.
Sempre in quei giorni tra gli avvenimenti note­
voli è da segnalare il bombardamento di Durazzo,
eseguito dall’ incrociatore turco Hamidié.
Il tenente di vascello Torrigiani, imbarcato sul
— 33
Cariddi nella rada di Durazzo, cosi riferisce il fatto
in un suo rapporto :
« Alle ore 9 del 12 marzo si avvistò uno scafo
da guerra che dirigeva verso Durazzo, ma fino al­
l’ ultimo momento non fu possibile distinguerlo
bene....
« Giunto in prossimità della boa accostò un poco
sulla dritta ed entrò in rada alzando solo allora la
bandiera turca e i segnali :
« D A F = sono in procinto di, G Y J = bom­
bardare, Y B L = truppa.
« Inviai immediatamente una lancia con un uf­
ficiale a terra ad avvisare il nostro console e a met­
tersi a sua disposizione, ma nel frattempo (9 ore
e 40 minuti) 1’ incrociatore turco che riconobbi es­
sere 1’ Hamidié aprì il fuoco con la batteria di si­
nistra contro l’accampamento serbo. Ultimata la
bordata girò con la prora in fuori e fece fuoco con
la batteria di dritta. I pezzi usati furono quelli di
medio calibro, i proiettili granate di ghisa, e la
distanza approssimativa da terra 4600 metri. Ulti­
mata questa seconda bordata alle ore 9 e 55 alzò il
segnale: Bandiera italiana, D J X = addio!, ed uscì
dalla rada dirigendo verso il Nord. Il totale dei
colpi sparati fu di 15 dei quali due caddero in pros­
simità o in mezzo alle tende dei soldati__ tre tende
furono incendiate__ ».
Un brano di un successivo rapporto ancora me­
glio può illustrare le difficoltà che incontrava l’opera
3 — La marina italiana, ecc., Voi. I.
- 34 -
delle nostre navi e può darci chiaramente un’ idea
della delicatissima situazione politica:
« ....dopo il bombardamento dell’Hamidié__
essendosi trovati dei frantumi di granata con sopra
incise parole con caratteri latini, venne detto che
era stata la nostra nazione (Italia) a rifornire la
nave turca di munizioni, che anzi il bombarda­
mento fu fatto, dietro nostra istigazione, che 1’ Ha­
midié venne chiamato per mezzo della R. T. del
Cariddi ed a conferma di tutto questo fu sobillata
r idea che il Ciclope era venuto in queste acque a
fare scandagli appunto per vedere se l’ incrociatore
turco avrebbe potuto entrare in rada.
« Queste dicerie trovarono, subito largo piede
non solo nella bassa popolazione e nei soldati, ma
presso un gran numero di ufficiali serbi.
« È mio personale convincimento che tali voci
tendenziose siano state fatte spargeve a bella posta
per rendere invisi gli Italiani (che invece special-
mente dopo la venuta della nave ospedale Regina
d' Italia erano assai ben visti) e far sorgere quindi
serie difficoltà all’esplicazione della nostra azione
politica e allo sviluppo di qualsiasi nostra influenza
sulle popolazioni albanesi.
« Così pure debbo riferire che pochi giorni or
sono ho saputo che l’ incidente occorso (29 dicem­
bre 1912) quando mi trovavo sul Caprera e cioè
dell’ intenzione di visitare la nave e dell’ imposta
sospensione delle comunicazioni con la terra, non
accadde per iniziativa del capitano di porto ma per
— 35 —
incitamento di persone molto in relazione con 1’ L
R. console austriaco, le quali misero sotto cattiva
luce la presenza di un bastimento italiano in que­
ste acque e convinsero le autorità portuarie che
erano in diritto di approfondire i motivi di tale
presenza con il visitare minutamente la nave ».
* * *
Nel mese di marzo si acuiva lo sforzo degli eser­
citi serbo-montenegrini per far cadere Scutari che
resisteva con tenace valore.
Ma la sorte di Scutari, non ancora decisa dalle
armi, era invece già stata decretata da parte dei
governi delle due Triplici, che, superata faticosa­
mente in novembre la prima crisi risoltasi con il
riconoscimento della indipendenza albanese, si
erano messi infine d’ accordo anche sulle più diffi­
cili questioni della definizione dei confini del nuovo
stato.
L’accordo fu dapprima per naufragare, perchè
la Francia appoggiava le mire greche su Valona, e
la Russia era favorevole alla cessione di Scutari e
Giacova alla Serbia e al Montenegro. Ma uno scam­
bio di lettere tra gli Imperatori di Russia e d’Au-
stria-Ungheria riuscì a conciliare le aspirazioni delle
due nazioni, che rappresentavano l’esponente delle
tendenze in contrasto nei due grandi raggruppa­
menti politici europei.
— 36 —
Con l’ acoordo del 13 marzo 1913 le potenze sta­
bilivano che Scutari dovesse rimanere all’Albania e
una successiva deliberazione della conferenza degli
ambasciatori del 22 marzo concretava un’ azione
comune contro il Montenegro per far cessare le
ostilità da parte delle armate serbo-montenegrine
che si accanivano nell’assedio di Scutari.
Fu naturalmente affidato all’Austria l’ incarico
dell’azione diplomatica a nome delle potenze, di
modo che il 23 marzo il ministro austro-ungarico
a Cettigne, presentò una nota al governo del Re Ni­
cola, chiedendo la cessazione delle ostilità intorno
a Scutari.
Nè tale nota nè una successiva del 28 marzo,
furono prese in considerazione dal governo monte­
negrino, che solo il 31 marzo rispose dichiarando
di non accettare la deliberazione delle potenze.
Si arrivò pertanto alla palese necessità di una
azione militare, consistente in una dimostrazione
navale delle potenze a mezzo di una squadra in­
ternazionale riunita davanti ad Antivari.
La flotta internazionale comandata dal vice am­
miraglio inglese Cecil Burney, risultò suddivisa in
3 divisioni, e composta dalle seguenti unità :
l a D iv i s io n e , comandata dal contrammiraglio
austriaco Njegovan :
Corazzate: Erzherzog Franz Ferdinand (Au­
stria); Radetzky (Austria); Zrinyi (Austria). Incro­
ciatore leggero Dartmouth (Inghilterra). 2 caccia­
torpediniere (1 inglese, 1 austriaco).
— 37 —
2* D i v i s i o n e , comandata dal comandante più
anziano delle forze italiane, capitano di vascello
Giorgi de Pons :
Corazzata, Ammiraglio Saint Bon (Italia). In­
crociatore leggero Aspern (Austria). Incrociatore
leggero Breslau (Germania). 1 cacciatorpediniere
austriaco.
3® D i v i s i o n e , alle dirette dipendenze del vice
ammiraglio inglese Cecil Burney, comandante su­
periore della squadra internazionale:
Corazzata King Edward VII (Inghilterra). In­
crociatore corazzato Edgard Quinet (Francia). In­
crociatore corazzato F. Ferruccio (Italia) (coman­
dante capitano di vascello Giorgi de Pons R.).
Con la data del 10 aprile l’ ammiraglio Burney
trasmise al governo di Cettigne la dichiarazione del
blocco alle coste montenegrine ed albanesi com­
prese fra Antivari e la foce del Drin, blocco che
in una successiva conferenza dei comandanti na­
vali, tenutasi il 22, fu esteso fino a Durazzo.
Mentre per effetto dell’ azione diplotnatica delle
potenze le truppe serbei che occupavano Durazzo si
preparavano ad evacuare l’Albania, le truppe mon­
tenegrine facevano l’ultimo sforzo contro Scutari,
che capitolava il 23 aprile.
Essad Pascià, che comandava le truppe tur­
che, si ritirava accampandosi presso Tirana con
circa 10 mila uomini.
Abbiamo già visto quale avrebbe dovuto in mas­
sima essere la situazione politica nell’Albania, se­
— 38 —
condo le intenzioni delle grandi potenze e possiamo
riassumerla nei seguenti termini : Costituzione di
un’Albania indipendente sotto un governo provvi­
sorio riconosciuto dalle grandi potenze e presieduto
da Ismail Kemal Bey, in attesa di una definitiva
costituzione della forma di governo.
I confini di tale stato non erano stati ancora
ben fissati, essendo tutt’ ora in discussione fra le
potenze protettrici la delimitazione delle frontiere.
In linea di massima, tuttavia, era stato con­
cretato che al Nord tali confini dovevano compren­
dere il Vilajet di Scutari, e giungere alla riva de­
stra della Boiana includendo S. Giovanni di Medua,
mentre i confini orientali erano ancora ben lon­
tani da una approssimata delineazione.
La situazione di fatto era ben differente.
Tra S. Giovanni di Medua e Durazzo erano di­
stribuiti circa 25.000 Serbi in procinto però di
concentrarsi a Durazzo per evacuare l’Albania in
conseguenza della pressione esercitata per via di­
plomatica dalla Russia.
Nei dintorni di Tirana e di Valona si accampa­
vano gli avanzi dell’ esercito turco comandati ri­
spettivamente da Essad Pascià e da Djavid Pascià,
mentre al Sud forze greche e bande di volontari
epiroti si spingevano fino a Santi Quaranta e Saseno.
Contemporaneamente il paese era infestato da
bande albanesi, che andavano sorgendo per aiutare
l'una o l’ altra delle varie parti in contrasto.
L ’attività della nostra marina non si limitava a
— 39 —
concorrere all’ azione della squadra internazionale
con le navi Saint Bon e Francesco Ferruccio, giac­
ché, mentre si svolgeva contro il Montenegro razio­
ne militare delle potenze, l’Austria e l’ Italia, di
comune accordo, organizzavano una spedizione sa­
nitaria di soccorso per la popolazione civile di Scu-
tari, che durante l’ assedio avrebbe da un momento
all’altro dovuto essere evacuata per non essere di
peso ai difensori turchi.
Naturalmente l’opera sanitaria delle Croci Rosse
italiana ed austriaca era appoggiata e sostenuta dai
rispettivi governi, che intendevano fare in tale
modo anche opera politica.
La spedizione di soccorso si riunì a Cattaro e
risultò composta di navi ausiliarie austriache e ita­
liane. L’ Italia contribuì con il piroscafo Cariddi,
sostituito in un secondo tempo dal piroscafo Pen-
ceta, e in seguito dal Città di Messina che giunse
a Cattaro il 14 aprile. Sul Città di Messina, come
comandante militare era imbarcato il tenente di
vascello Rota e come capo della missione sanitaria
il colonnello medico della R. Marina Rosati.
Contemporaneamente due piroscafi fluviali Ma-
falda e Jolanda, agli ordini del tenente di vascello
Michelagnoli, con provvista di viveri e medicinali,
venivano inviati a S. Giovanni di Medua, pronti
per risalire la iBoiana fino a Scutari.
Ma prima che la spedizione di soccorso par­
tisse da Cattaro, avvenne la caduta della città as­
sediata, e pertanto la spedizione rimase a disposi­
— 40 —
zione della squadra internazionale, che se ne servì,
quando, come vedremo in seguito, le Potenze de­
cisero l’occupazione della tanto contestata Scutari.
La ¡presenza del Città di Messina in una base
austriaca consentiva intanto all’ ufficio del capo di
6tato maggiore di vigilare attentamente le inten­
zioni dello stato maggiore austriaco, che meditava
da tempo un intervento militare in Albania.
I telegrammi inviati il 15 e il 21 aprile dal
Città di Messina e di cui riproduciamo qualche bra­
no, confermano questa asserzione:
« Numerosi gendarmi concentrati per passare in
Albania__
« Risultami propaganda austriaca in Albania in­
tensissima, senza limitazione spese, scopo prepa­
rarvi corrente favorevole mentre governo austro-
ungarico preparerebbe terreno perchè deputati re­
clamino urgentemente intervento. Due membri go­
verno Valona accompagnati ufficiali stato maggiore
austriaco in incognito diretti Trieste Vienna per as­
sicurare fedeltà 50.000 uomini pronti chiedere o
provocare intervento.... pronti primo ordine 120
mila uomini raggiungere confine austriaco monte­
negrino in 12 ore. Massimo concentramento truppe
a Spalato».
Oltre alla manifesta intenzione austriaca di agire
verso Durazzo, confermata dalle precise informa­
zioni contenute nel dispaccio segnalato, si aggiun­
geva un altro fattore che minacciava di turbare
l’ instabile equilibrio nell’ Adriatico meridionale,
— 41 —
rappresentato dalle aspirazioni greche sempre
vive.
Già da tempo l’ ufficio del capo di stato mag­
giore della marina aveva segnalato l’ importanza
di Valona e della costa dell’ Epiro e pertanto la
nostra azione si svolse in perfetta collaborazione
tra le autorità militari e il ministero degli esteri
per controbattere l’ azione francese, che tendeva
ad assicurare alla Grecia il pieno possesso del ca­
nale Nord di Corfù, con una favorevole delinea­
zione dei confini dell’Albania meridionale '.
Queste due minaccie concomitanti al Nord ed
al Sud dell’Albania, indussero il governo italiano
ad affrettare i preparativi per l’ occupazione di
Valona.
Che il momento fosse opportuno lo dimostra
il seguente rapporto telegrafico del capitano di
vascello Cerbino in data 6 marzo in missione se­
greta a Durazzo:
cc__ Djavid Pascià trovasi a 6 ore di marcia
da Valona con 25 mila uomini di cui solo 15 mila
sotto le armi.
«Largo approvvigionamento di viveri Valona
trasportato da piroscafi del Lloyd austriaco. Ser-
1 Per chi voglia meglio esaminare le fasi dell’azione diploma­
tica nel periodo marzo-aprile, riportiamo nell’appendice alcuni
documenti che non inseriamo nel testo per non interrompere la
narrazione di carattere militare, essendo questo lo scopo princi­
pale della presente pubblicazione. Appendice documenti nn. 1, 2,
4, 5, 6, 7, 8 e 9.
— 42 —
vizio sbarco e trasporto viveri dalla spiaggia al
campo eseguito da regolari turchi è lento.... per­
ciò pontile e spiaggia sono ingombri.
« Console afferma Turchi possedere trenta mi­
tragliatrici, parecchi cannoni da campagna. Dja-
vid Pascià impulsivo è ritenuto capace azione ir­
riflessiva perciò non è da escludere possibilità che
di sua iniziativa si opponga alla nostra azione. Si
trova accampato a Fieri e volendo potrebbe avan­
zare non mancandogli ripieghi per guadare Voiussa
appena ridottasi perchè attualmente in piena.
(( Per questa ragione non ritengo consigliabile
sbarco meno di 10 mila uomini per fare di Valona
base navale.
« Sponda meridionale Voiussa da essere presa
come limite Nord mettendo presidio nello stesso
tempo altura Kanina, attualmente non difesa, co­
me limite meridionale.
« Essad Pascià trovasi Tirana con 10 mila re­
golari avendo licenziato riserva. Distaccamento 500
volontari greci si trova Kimara.... Il grosso
si trova a Tepeleni, due compagnie di regolari greci
si trovano a 10 ore da Valona, ad un’ ora di mar­
cia dal passo Lunetz dominante comunicazione Va­
lona con Albania meridionale. Se dobbiamo ese­
guire sbarco Valona conviene non perdere tempo
e approfittare attuale buona disposizione popola­
zione e.favorevole situazione militare per noi».
Da parte della marina i preparativi eseguiti per
Fazione su Valona furono i seguenti:
— 43 —
Il 1° maggio fu emanato l’ordine di richiamo
degli equipaggi dalla licenza e si costituirono le
commissioni d’ imbarco a Brindisi, Bari, Taran­
to, Palermo, Messina, Catania, Napoli.
La l a divisione della l a squadra (ammiraglio
Viale) che si trovava frazionata tra l’ Egeo e la
Libia, fu concentrata ad Augusta e tenuta pronta
in 6 ore. A Messina fu dislocata la divisione delle
navi scuola (contrammiraglio Cerri) (RR. NN. Re
Umberto, Sicilia e Sardegna).
Le unità della 2a divisione della l a squadra
(RR. NN. Pisa, S. Marco) furono richiamate da
Costantinopoli e concentrate in Egeo per vigilare
hi flotta greca ed impedirne un’eventuale azione.
L’Amalfi invece venne dislocata in Sicilia, mentre
per la protezione dei nostri interessi in Turchia
veniva colà inviata VEtruria.
Carlo Alberto, Palinuro e Miseno furono in­
viate in Libia.
La 2* divisione della 2* squadra (ammiraglio
Patris) (RR. NN. Garibaldi, Ferruccio, Varese)
era dislocata neirAdriatico meridionale, ove era
anche la Saint Bon che con la Ferrucccio parteci­
pava al blocco del Montenegro.
L t ferma decisione italiana ed i palesi prepa­
rativi L.‘ti dalla nostra marina per 1’ intervento
a Valona m dificarono la situazione politica in Al­
bania. Il momento in esame va considerato at­
tentamente, perché è proprio in tale periodo che
gli interessi deH’Austr*.i e dell’ Italia, che fino al
— 44 —
inaggio 1913 erano andati d’accordo, cominciarono
ad essere in contrasto.
Le convenzioni esistenti potevano solo ritar­
dare l’urto inevitabile.
Per comprendere la situazione occorrerebbe il­
lustrare ampiamente le divergenze tra la politica
navale nostra e quella austriaca e ciò non può es­
sere consentito in questa pubblicazione, che ha
carattere puramente di cronistoria. Un piccolo cen­
no sembra tuttavia necessario e qualche brano del
primo volume del Sokol La guerra marittima del­
l'Austria Ungheria 1914-18 che il nostro ufficio sto­
rico ha tradotto e divulgato, potrà essere sufficiente
per delineare quali erano le ragioni del contrasto
e sopratutto quali erano le direttrici della politica
austriaca che vedeva una minaccia imperialistica
in ogni nostra azione intesa ad assicurarsi una po­
sizione sostenibile in Adriatico.
Parlando della politica navale austriaca così si
esprime il Sokol :
(( Questo mare (l’Adriatico) era piuttosto il
ponte attraverso il quale l’ Italia, spinta dalla ne­
cessità di terra e dalla brama di potenza, avrebbe
potuto portarsi nella penisola balcanica. Quivi si
presentavano favorevoli prospettive economiche,
quivi gli Italiani potevano dirigere correnti emi­
gratorie senza allontanarsi eccessivamente dalla ma­
dre patria. Quivi il Montenegro attendeva i suoi
protettóri e i suoi finanziatori, strettamente legati
ad esso da vincoli dinastici e politici. Sulle sponde
di quel mare si trovava Valona che in unione ai
porti italiani di Bari e di ¡Brindisi poteva sbarrare
10 sbocco dell’Austria-Ungheria dall’Adriatico verso
11 libero traffico mondiale.
cc Così era fatale che le direttrici lungo le quali
si sviluppava l’ espansione italiana dovessero in ul­
tima analisi attraversare quelle della monarchia da­
nubiana. Ma l’Adriatico era geograficamente troppo
ristretto per poter offrire alle due grandi potenze
che ad esso si affacciavano un campo di estensione
sufficiente per il loro accrescimento economico e
demografico__
« Anche l’Albania, la quale costituiva il punto
geografico di intersezione delle reciproche direttrici
di avanzata, divenne contemporaneamente un fo­
colaio di contrasti politici, ma, tenendo conto della
loro amicizia, sigillata da un trattato, le due grandi
potenze dovevano accuratamente evitare di trarre
le estreme conseguenze della loro lotta per il pre­
dominio culturale ed economico in Albania ed a
Valona. L’appello alle armi non si trasformò in
realtà, sebbene esso fosse patrocinato in Austria-
Ungheria dalla influente opinione di Conrad von
Hotzendorff ed in Italia da uomini politici diri­
genti.
« Le aspirazioni dell’ Italia al possesso di Valona
implicavano per la monarchia danubiana una mi­
naccia, la quale non poteva essere scongiurata, nè
per mezzo dei trattati relativi all’Albania, con­
clusi col Regno d’ Italia (1897-1901), nè per mezzo
— 46 —
della sua fiducia nella fedeltà dell’ Italia alla Tri­
plice; ma solo quando Valona fosse diventata uu
¡porto austro-ungarico....
« La politica austro-ungarica nei riguardi del­
l'Albania si irrigidì nel tentativo passivo di mante­
nere lontani dalle coste albanesi gli altri rivali posto
che la monarchia non si sentiva abbastanza forte per
impossessarsi di Valona. Con i trattati conclusi con
T Italia, l’Austria-Ungheria si era dimostrata con­
senziente a spartire le proprie aspirazioni su Va­
lona con il suo vicino, il quale vedeva in questa
posizione strategico-marittima un possibile rim­
piazzo per Biserta. Ogni possibilità di assicu­
rare con mezzi politici il collegamento fra le
coste austro-ungariche ed il Mediterraneo parve
così svanita.
« Nè questa situazione di fatto risultò modifi­
cata in nulla dalla circostanza che, nel dicembre
1912, la Conferenza degli ambasciatori di Lon­
dra riconobbe 1’ indipendenza dell’Albania allo
scopo di impedire l’ accesso al mare ai Serbi ed
alle aspirazioni espansionistiche russe, che si na­
scondevano dietro la Serbia....
«La direttrice, scelta dalla Russia per attuare
le sue mire espansive verso il Mediterraneo, che
sboccava sulle coste adriatiche, tagliava la strada
che la conferenza di Berlino aveva assegnato alla
monarchia danubiana per l’avanzata verso Salo­
nicco. Questo porto aveva acquistato un’ impor­
tanza tanto, più grande per l’Austria-Ungheria in
— 47 -
quanto che la reazione politica dell’ Italia in Adria­
tico aveva impedito l’occupazione di Valona ».
È palese pertanto quanto vaste fossero le aspi­
razioni dell’Austria, che era in accordo con noi
nell’arrestare l’avanzata degli Slavi fino all’Adria­
tico e nel desiderare la neutralizzazione del canale
Nord di Corfù, ma nello stesso, tempo non vedeva
di buon occhio la nostra collaborazione in Albania
che giudicava dannosa e contraria ai suoi interessi
tendenti al possesso non solo di Durazzo ma anche
di Valona e di tutta l’Albania.
Come vedremo in seguito, il contrasto non fu
risolto che con la guerra e la costa albanese di­
venne uno dei teatri della lotta delle marine ita­
liana ed austriaca.
Come lo stesso storico austriaco riconosce, la
minacciata azione italiana fece desistere l’Austria
dall’occupazione militare di Scutari e Durazzo.
A tale decisione contribuì anche il fatto che nel
frattempo il Montenegro, per effetto delle pres­
sioni russe anche più gravi di quelle contenute
nella nota del 10 aprile che riproduciamo in ap­
pendice (documento n. 10), cedette al volere delle
potenze, mentre l’ azione greca in Epiro veniva
fatta sospendere dalla Francia in attesa di una de­
limitazione dei confini meridionali albanesi che
l’ Italia imponeva con l’ azione diplomatica e mi­
litare già illustrata.
Non ostante la rivalità latente tra 1’ Italia e
l’Austria, l’ azione comune svolta dalle due po­
— 48 —
tenze alleate, valse a tenere lontani Slavi e Greci
dell’Albania &impedì che la riva orientale del ca­
nale di Otranto cadesse in potere di una grande
nazione per mezzo di uno Stato satellite.
L’ azione diplomatica italo-austriaca svolta nel
maggio non fu, come vedremo in seguito, l’ultimo
bagliore di luce della morente Triplice Alleanza.
Ancora una volta prima che le rispettive ed in­
transigenti aspirazioni sul controllo dell’Adriatico
rendessero inconciliabile l’ urto di interessi tra le
nostre necessità di sicurezza militare e la politica
dell’ impero austro-ungarico, le due diplomazie e
le due marine da guerra collaborarono per la tutela
dell’Albania e sopratutto per impedire l’ accesso
in Adriatico ad altre potenze.
Ma inevitabilmente, allontanati gli altri com­
petitori la partita doveva risolversi in modo irre­
vocabile tra le due potenze rimaste in lotta per un
dominio che non poteva ammettere rivali, e l’Adria­
tico doveva fatalmente divenire il pomo della di­
scordia. Non per nulla venti e più secoli di storia
insegnano che tale mare è troppo piccolo per ap­
partenere a due padroni.
Ritorniamo pertanto a seguire gli avvenimenti
albanesi che nel loro tempestoso se pur breve svol­
gimento richiesero continua, vigile, laboriosa e ta­
lora pericolosa l’azione delle navi armate della
patria.
Mentre il grosso della flotta lasciava la dislo­
cazione assunta per l’eventuale azione guerresca e
— 49 —
si distribuiva nelle varie basi per il necessario pe­
riodo di lavori e di esercitazioni, la divisione Ga­
ribaldi che abbiamo segnalato in Adriatico pronta
a effettuare 1’ impresa di Valona, si dislocava in
Albania per partecipare in modo più appariscente
e decisivo all’ azione internazionale, come si con­
veniva all’ Italia, potenza particolarmente interes­
sata nelle cose albanesi. E pertanto dal maggio 1913
al luglio 1914 il peso maggiore delle operazioni
navali fu sopportato in grande parte dalle marine
italiana ed austriaca e cioè fino a quando lo scop­
pio della guerra europea lasciò indisturbata l’ Ita­
lia di portare a compimento l’occupazione di Va­
lona da tanto tempo meditata, mentre l’Austria era
costretta a lasciare il campo libero essendo la flotta
austriaca chiamata a difendere la corona degli
Asburgo.
Riprendiamo in esame le operazioni svolte dalla
flotta internazionale.
In seguito alle decisioni prese dal Montenegro
di accettare quanto le potenze avevano stabilito re­
lativamente a Scutari, la conferenza degli amba­
sciatori diede ordine all’ ammiraglio inglese di pro­
cedere aU’oceupazione della città con le forze da
sbarco delle navi nominando una commissione
composta di ufficiali delle varie potenze che a nome
di queste assicurassero il temporaneo governo della
città.
Il primo provvedimento fu quello di assicurare
1’ invio di soccorsi sanitari e di mezzi di sostenta-
4 — La marina italiana, ecc., Voi. I.
— 50 —
mento alla popolazione stremata dal lungo assedio.
E perciò la spedizione italo-austriaca già pronta a
Cattaro ebbe ordine di recarsi alle foci della
Boiana.
Il Citta di Messina ed il piroscafo austriaco Me-
tcovich, giunti il giorno 7, trasbordarono tutto il
materiale sui due piroscafi fluviali italiani Mafalda
e Jolanda che, in unione al piccolo piroscafo flu­
viale austriaco Scutari, passata la barra del fiume
il giorno successivo, risalirono la Boiana diretti a
Scutari con il loro carico di medicinali e di molte
tonnellate di viveri, e con il personale sanitario.
Lo stesso giorno era giunta la R. N. Garibaldi
già preceduta dalla Farese, cosicché la 2a divisione
della 2a squadra ( Garibaldi, Varese e Ferruccio)
trovavasi riunita al comando del contrammiraglio
Patris, che da quel momento rappresentò l’ Italia
nella commissione internazionale.
Questa risultò così composta :
vice ammiraglio Cecil Burney, comandante
superiore e comandante le forze inglesi;
contrammiraglio Patris Giovanni, comandan­
te la divisione italiana;
contrammiraglio Njegovan M., comandante
la divisione austriaca;
capitano di vascello Laugier, comandante
1’ incrociatore corazzato francese Ernest Rénan ;
capitano di fregata V. Klitzing, comandante
1’ incrociatore germanico Breslau.
Le forze di occupazione furono costituite da un
- SI —
contingente diviso in quattro gruppi composti in
parti eguali di marinai delle quattro nazioni pre­
senti.
Il distaccamento italiano comandato dal capi­
tano di fregata Ciano Arturo e costituito a sua
volta da 4 sezioni risultò composto come segue:
sezione A, uomini 50, RR. NN. Garibaldi e
Ferruccio ;
sezione 6 , uomini 50, R. N. Garibaldi;
sezione C, uomini 50, R. N. Ferruccio;
sezione D, uomini 50, R. N. Varese.
Il trasporto del corpo di spedizione fu eseguilo
il 14 maggio sempre servendosi dei due piroscafi
italiani e di quello austriaco.
L’ opera della commissione internazionale si ini­
ziò il 15 maggio e fu opera complessa di carattere
militare, civile, politico e umanitario. Qualche
brano dei rapporti del contrammiraglio Patris po­
trà darcene un’ idea :
« 15 maggio. Alle 10 si riuniscono i membri
della commissione con 1’ intervento di tutti i con­
soli e dei componenti il municipio.
« Si prendono parecchie disposizioni riguar­
danti l’ andamento dei vari servizi della città (pu­
lizia, illuminazione delle strade, ecc. concessione
della pesca nel lago di Scutari per un canone an­
nuo fisso di 400.000 lire, ecc. riscossione entrate
doganali e telegrafiche, ecc.).
« Di non breve discussione ha formato oggetto
il rimpatrio di circa 900 militari convalescenti tur­
— 52 —
chi che ancora restano negli ospedali e della mag­
gior parte degli impiegati turchi con le loro fa­
miglie. Si è deciso di inviarli a Brindisi usufruendo
dei due vapori (Città di Messina e Metcovich) che
trovansi alla Boiana a disposizione della Croce
Rossa per farli poi proseguire per Costantinopoli
con le coincidenze del Lloyd austriaco e dei Ser­
vizi marittimi italiani.
« Altre decisioni prese :
«Aggregare un ufficiale al municipio che, per
desiderio degli stessi consiglieri comunali, è stalo
scelto di nazionalità italiana '.
« Istituzione di una commissione sanitaria,
stante le condizioni igieniche della città.
« Essa è composta da due medici italiani, uno
austriaco, due albanesi (uno cristiano ed uno mus­
sulmano). Per i rifornimenti, i movimenti e per
le altre varie necessità delle truppe è assolutamente
necessario un mezzo comodo, capace, veloce (quali
sono le cannoniere lagunari italiane) per percor­
rere le 25 miglia che separano Scutari dal mare.
« L’ ammiraglio inglese oggi alla conferenza me
ne fece personale richiesta e contro ogni mia aspet­
tativa, incontrò anche l’aggradimento dell’ammi­
raglio austriaco.
« 17 maggio. La commissione ha preso le se­
guenti deliberazioni :
1 Tenente di vascello Parisio Perrotti, sostituito poi il 4 giù-
gno 1913 dal tenente di vascello Perricone.
— 53 —
1) ha autorizzato la Banca ottomana ad apri­
re un conto corrente di lire 25 mila a favore del
municipio di Scutari. I buoni di prelevamento do­
vranno essere controfirmati dall’ ammiraglio in­
glese;
2) è stata deliberata 1’ istituzione di una gen­
darmeria per il servizio di polizia della città. Essa
sarà composta di militari inglesi ma vi saranno adi­
biti due marinai italiani che sappiano l’ albanese e
1’ inglese;
3) si è autorizzato che si proceda alla vac­
cinazione dei cittadini stante il vaiolo che serpeg­
gia nella città.
ce19-20 maggio. Si è proceduto alla costituzione
di una Corte suprema di giustizia e di un Tribu­
nale giudiziario ordinario. La prima composta di :
« Flag captain Heaton Ellis ;
(( Capitano di fregata Ciano Alessandro;
« Korvetten kapitan Welsersheim;
si riunirà quando lo crederà necessario e giudi­
cherà dei reati gravi e delle infrazioni alle leggi
militari. TI secondo presieduto dal capitano di fre­
gata francese Ardnell si unirà tutti i giorni per i
reati comuni....
«S i discute la formazione di una capitaneria
di porto a Scutari, l’ ammiraglio austriaco propone
di mettervi a capo l’ufficiale italiano addetto al mu­
nicipio, sostituendolo in tale carica con un ufficiale
austriaco. Faccio subito notare apertamente come
tale cambio sia poco opportuno. L ’ ammiraglio Bur-
— 34 —
ney propone, in vista delle insistenze austriache,
che si metta un ufficiale a capo della capitaneria e
che questi sia austriaco.
« Una rappresentanza dei cittadini notabili del­
la città viene ad esprimere i profondi ringrazia­
menti della cittadinanza per l’ opera delle grandi
potenze....
« La Città di Messina è pronta a partire e di­
sponibile per il trasporto degli ammalati e delle
famiglie turche ma la partenza di tutta questa gen­
te è ora ostacolata dal fatto che non ricevendo più
paghe dal governo da sei mesi hanno contratto
debiti.
« Senza risposta sono finora rimaste le richie­
ste fatte al governo turco. Intanto le missioni sa­
nitarie italiana ed austriaca continuano a distri­
buire ogni giorno a tutti questi turchi i soccorsi
necessari al loro sostentamento».
Alle forze navali dislocate in Albania era stata
anche aggiunta la cannoniera fluviale Marniera,
i! cui attivo concorso fu prezioso nello svolgimento
delle operazioni di trasporto da Scutari al mare.
Tra gli assillanti problemi, che nei primi giorni
tennero occupata la commissione degli ammiragli,
era anche quello dello sgombero dairAlbania del­
le truppe turche.
L’ evacuazione ed il trasporto di tali truppe fu
compiuto servendosi in gran parte dell’opera della
marina italiana.
La viva ed efficace descrizione che nei suoi rap­
— 55 —
porti ci ha lasciato l’ammiraglio Patris, merita an­
che in questo caso di essere riprodotta per non to­
gliere nulla all’ interesse della narrazione :
« 30 maggio. Quest’ oggi sono finalmente partiti
da Scutari i 700 Turchi. L’organizzazione di que­
sta partenza è costata non lievi fatiche. La natu­
rale indolenza, lo stato di abbandono in cui tutta
questa gente era stata lasciata, il nessun interesse
dei medici turchi, hanno obbligalo i nostri ufficiali
a supplire a tutto. Fino all’ultimo momento non
si potè sapere esattamente quanti convalescenti
avrebbero potuto comminare e quanti no, e il nu­
mero di questi ultimi riferito essere 70 risultò al­
l’ atto pratico più del doppio e fra essi vi erano
molti che più che il nome di convalescenti meri­
tavano quello di resti umani per orribili mutila­
zioni a cui erano stati sottoposti. Tutta questa gen­
te offriva in complesso uno spettacolo assai peno­
so. Sia quelli che potevano camminare, quanto gli
altri in carrozza o sui carri furono fatti partire
dalle 5 e mezzo in poi a grappi dall’ospedale—
scortati a dritta e sinistra da plotoni dei distacca­
menti internazionali.
«La cannoniera lagunare Marghera. quella au­
striaca Salamander 1 e il piroscafo Scutari messi a
1 Poco dopo l’arrivo della cannoniera Marghera giunsero qui
per cura dell’amniiraglio Njegovan, senza alcun preavviso, una
cannoniera austriaca (Salamander) ed una specie di piccolo tender.
La Salamander pesca m. 1,50 e poco meno il tender. Le acque
— 56 —
disposizione dell’ammiraglio Njegovan erano siati
precedentemente fatti ormeggiare con la prua al
ponte di Scutari sicché tutto l’ imbarco poté com­
piersi con grande rapidità. La ripartizione fu
presso a poco la seguente: Scutari 320; Salaman­
der 120; Marghera 220; sulle due maone a rimor­
chio, 60 destinati ad imbarcare sul cacciatorpedi­
niere italiano che li avrebbe trasportati <t Durazzo.
La spedizione partì alle 8 da Scutari, a mezzo­
giorno il Lanciere partiva per Durazzo, alle 14 la
Citta di Messina e il Cariddi 1 per Costantinopoli
avendo rispettivamente a bordo 60, 450 e 250 per­
sone».
Nello stesso periodo di tempo la corazzata Na­
poli e i cacciatorpediniere Lanciere e Carabiniere
stazionavano nelle acque di Durazzo e di Valona.
L’ occupazione militare di Scutari fu mantenuta per
circa 2 mesi con i soliti reparti di marinai sbarcati
dalle navi.
del fiume per contro, abbassano rapidamente e la navigazione da
Oboti a Scutari, già difficile per la forte corrente, diventa im­
possibile per scafi a forte pescaggio. Per far cooperare le navi
austriache al servizio internazionale ho aderito alla richiesta del­
l'ammiraglio Njegovan che la Salamander limiti il servizio fra le
foci e Oboti e il Marghera farà servizio da Oboti a Scutari.
1 Dal rapporto del tenente di vacello Torrigiani, comandante
militare del Cariddi: « Durante la traversata morirono 2 turchi....
il primo trascorse 24 ore dal decesso constatato dagli ufficiali me­
dici ottomani presenti, ebbe sepoltura in mare all’altezza dell* isola
di Strati, il cadavere del secondo fu invece sbarcato al villaggio
di Dardanelli.... ».
— 57 —
Verso la fine di luglio tali reparti furono sosti­
tuiti da contingenti di truppe degli eserciti delle
potenze.
L’ opera svolta nei mesi di occupazione è ben
descritta nel rapporto del comandante Ciano, che
riproduciamo per il particolare interesse che ha tale
documento :
« La città all’ arrivo delle truppe internazionali
mancava di tutto; gli uomini ed i bambini vesti­
vano abiti logori e stracciati; il loro aspetto era
quello di persone sofferenti e sotto 1’ incubo del
terrore; pochissime le donne. La città rigurgitava
di truppe montenegrine che occupavano con le loro
famiglie le caserme e gli edifici pubblici, devastati
dagli albanesi nell’ intervallo di tempo interceduto
fra l’uscita dei Turchi e la presa della città da
parte del Montenegro. Sporcizie e pestifere esala­
zioni dappertutto. Le strade ridotte in pessime
condizioni a causa della guerra ed impraticabili
dalle recenti pioggie, prive quasi del tutto d’ illu­
minazione, ingombre di cannoni, munizioni e di
carriaggi militari.
(c I principali edifici, chiese, moschee, caserme
e moltissime case coi tetti e le mura rovinate.
« Oggi, dopo solo tre mesi di governo delle forze
internazionali, la città ed i dintorni liberati dalla
presenza del nemico; sgombrati da tutta la enorme
quantità di materiale guerresco abbandonato dai
Turchi e preda di guerra del Montenegro, risanati
con la sepoltura e l’ incenerimento dei cadaveri,
— 58 —
delle carogne e di rilevanti quantità di luridi e pe­
stiferi indumenti personali e letterecci, liberati da
cani idrofobi che sembravano iene, presentano un
aspetto ridentissimo.
«: I mercati sono abbondantemente provvisti, le
strade pulite e relativamente bene illuminate; molti
edifici riparati, le caserme rese abitabili, i campi
dei dintorni coltivati; l’ordine, la giustizia, l’am­
ministrazione civica ristabiliti; la libertà d’ azione
e religione, la tranquillità delle famiglie assicu­
rate; i commerci ripresi; ritornato e forse accre­
sciuto il benessere della popolazione— ecco in
poche parole il benefico effetto che la città di Scu-
tari ha tratto in soli tre mesi di occupazione in­
ternazionale, mercè la quale ha potuto dimenti­
care gli orrori della dominazione turca, quelli de­
rivanti dalle continue insurrezioni tanto crudel­
mente represse, dal lungo assedio e dal metodico
giornaliero bombardamento al quale da mesi la cit­
tà era stata sottoposta.
«A tale opera altamente civile l’ Italia ha effica­
cemente concorso senza riguardo a sacrifici finan­
ziari, accrescendo la sua influenza in questa regio­
ne; e il distaccamento della R. Marina__ vi ha
contribuito con tutte le energie delle quali dispo­
neva, lasciando il miglior ricordo di sè nella po­
polazione, e riuscendo ad attirarsi la simpatia delle
autorità estere che hanno avuto ancora una volta
occasione di ammirare la disciplina, lo spirito di
sacrificio, l’operosità e 1’ intelligenza dei nostri ma­
— 59 —
rinai, in uno alla perfetta organizzazione dei no­
stri reparti da sbarco— ». «
Il 25 luglio il nostro reparto di marinai fu so­
stituito con un battaglione del R. Esercito. Nei
medesimi giorni si costituiva una commissione per
la delimitazione dei confini albanesi.
La commissione di controllo degli ammiragli
cessò di funzionare il 15 ottobre e cedette il governo
della città alla sottocommissione composta dagli uf­
ficiali comandanti dei corpi di spedizione e dei con­
soli delle potenze, e alla fine di agosto la divisione
Garibaldi potè rimpatriare essendosi ormai sciolta
la flotta internazionale.
L’ ammiraglio Patris aveva alzato la sua insegna
sul Dandolo destinato a rimanere stazionario in Al­
bania insieme con la R. N. Iride (comandante ca­
pitano di corvetta 0. Ruta) dislocata a Valona.
L’Austria lasciò a sua volta nelle acque alba­
nesi 1’ incrociatore St. Georg sostituito poi dal-
VAspern, e a Valona una unità minore (cannoniera
o cacciatorpediniere).
La questione del confine meridionale fu risolta
conformemente alle proposte italo-austriache, as­
segnando cioè all’ Albania il litorale orientale del
canale di Corfù fino a S. E. di Punta Stylos, il
canale fu dichiarato zona neutralizzata e la Grecia
fu invitata a sgombrare entro il 31 dicembre la
zona occupata, tra cui Saseno e Santi Quaranta.
Le tergiversazioni greche tuttavia fecero rite­
nere necessaria anche in questa occasione un’ azione
— 60 —
coercitiva esplicata in comune dalle flotte italiana
ed austriaca e le duef marine si prepararono allo
scopo.
Ma tale azione fu evitata in seguito al soprav­
venuto sgombro dell’Albania meridionale da parte
dei Greci.
Così si chiude, per quanto riguarda l’attività
navale nell’Albania settentrionale, il faticoso an­
no 1913.
Vedremo in seguito come la questione albanese
dovesse assumere nuovamente capitale importanza
nel 1914 e richiedere un nuovo intervento.
* * *
La situazione politica europea, che si era man­
tenuta quanto mai oscura fino al maggio 1913 così
da mostrarci nel teatro del Mediterraneo le flotte
inglese, francese, italiana ed austriaca sempre
pronte ad entrare in azione, si andò rischiarando
nel mese di luglio e agosto.
Dall’ agosto al novembre, la flotta italiana potè
usufruire di un relativo periodo di raccoglimento
e provvedere alle complesse operazioni indispen­
sabili per il mantenimento in efficienza delle navi
e per l’ allenamento del personale.
Nell’ agosto furono svolte le gare di tiro in Sar­
degna, alle quali assistette S. M. il Re imbarcato
sulla R. N. Dante Alighieri recentemente entrata a
far parte della squadra.
— 61 —
Tale riunione non potè essere completa, per­
chè vi mancava la 1Jdivisione della 2“ squadra, che
per necessità politiche dovette rimanere dislocata
in Egeo.
L’Amalfi era recentemente rimpatriata da Stoc­
colma, ove aveva scortata la R. N. Trinacria nel
viaggio compiuto dalle LL. MM..
I mesi di agosto, settembre e ottobre trascorsero
nello svolgimento delle normali esercitazioni e ne­
gli arsenali per l’ esecuzione dei lavori annuali.
La dislocazione e la costituzione della flotta pre­
vista per il novembre avrebbero dovuto essere quel­
le proposte dalla lettera inviata dal capo di stato
maggiore al ministro della marina in data 20 ago­
sto dal golfo Aranci e che riproduciamo parzial­
mente :
« Spezia e Genova:
« Prima squadra (vice ammiraglio Amero d’Aste
Stella).
cc Prima divisione (vice ammiraglio Amero
d’Aste Stella).
« Dante Alighieri (nave ammiraglia), G. Cesare
(in allestimento), Leonardo da Vinci (in allesti­
mento a Genova), Nino Bixio (in allestimento a Na­
poli), squadriglia cacciatorpediniere tipo Animoso.
« Adriatico :
cc Seconda divisione (contrammiraglio Trifari).
ccG. Garibaldi (nave ammiraglia), Varese (iu
lavori a Venezia), Ferruccio, Coalit, Agordat, squa­
driglia cacciatorpediniere tipo Artigliere.
« Tirreno:
« Terza divisione (navi scuola) (contrammira­
glio Cutinelli).
« B. Brin (nave ammiraglia), Regina Margheri­
ta, E. Filiberto, S. Marco, Carlo Alberto, Liguria,
Miseno, Palinuro. Aggregata alla prima squadra :
Eridano (cisterna).
« Riviera ligure:
« Seconda squadra (S. A. R. vice ammiraglio
Luigi di Savoia).
« Prima divisione (S. A. R. vice ammiraglio Lui­
gi di Savoia).
« Regina Elena (nave ammiraglia), Vittorio
Emanuele, Roma, Napoli, Quarto, squadriglia cac­
ciatorpediniere tipo Impavido.
« Egeo e Jonio:
« Seconda divisione (contrammiraglio Cagni).
« S. Giorgio (nave ammiraglia), Amalfi, Pisa,
Marsala, squadriglia cacciatorpediniere tipo Cara­
biniere. Aggregata alla seconda squadra: Vulcano
(nave officina), Tevere (cisterna).
« Maddalena e Gaeta:
« Ispettorato delle siluranti (contrammiraglio
Corsi).
— 62 —
— 63 —
6 squadriglie di cacciatorpediniere tipo Nem­
bo e Strale, 5 squadriglie di torpediniere alto mare
e 7 squadriglie di torpediniere costiere.
<( I sommergibili costituiti in 4 squadriglie e
la loro nave appoggio Lombardia.
Tale dislocazione però non fu attuata comple­
tamente per la sopraggiunta necessità d’ inviare la
divisione Regina Elena al comando di S. A. R. il
Duca degli Abruzzi in Asia Minore, dove si era re­
cata a scopo dimostrativo una parte notevole della
fiotta francese (documenti 11-12). Ed il 17 novem­
bre nelle acque di Rodi la squadra italiana e quella
francese composta di 6 corazzate ebbero occasione
di incontrarsi e di scambiarsi i prescritti saluti.
La fine dell’anno 1913 trovò la marina italiana
pronta ad intraprendere qualsiasi operazione cbe
le necessità politiche avessero richiesto.
C a p i t o l o II.
LE OPERAZIONI NAVALI IN LIBIA
DOPO LA PACE ITALO-TURCA
So m m a r io :
Le condizioni politico-militari della Libia dopo la cessazione
delle ostiiltà con la Turchia. — La guerriglia coloniale. — Le
speranze turche. — Il contrabbando costiero. — I presidi sulla co­
sta ed i loro collegamenti. — Le forze navali dislocate in Libia.
— Prime azioni contro nuclei ribelli in Cirenaica. — Azioni del
Bausan e dttWElruria. — Bombardamento ed occupazione di Sirte.
— Imbarco dei regolari turchi. — Le azioni nei dintorni di Ben-
gasi nel gennaio 1913. — Il trasporto dei regolari turchi a Beirut.
• La .situazione in Cirenaica. — I preparativi per l’azione di
Tolmetta. — Operazioni delle torpediniere nei dintorni di To-
biuk. —•Costituzione del corpo destinato ad occupare il Merg. —
Dislocazione della prima divisione della prima squadra. — Co­
stituzione del convoglio. — L’ imbarco del corpo di spedizione.
— Il concentramento a Tobruk. — Lo sbarco dei marinai. — Le
difficoltà dello sbarco. — La crisi della testa di sbarco. — La
notte dall’ 11 al 12 aprile. — Le operazioni nei giorni successivi.
—- Le artiglierie delle navi in azione. — Le operazioni interrotte
dalla mareggiata. — Fine dèlio sbarco — Avanzata e occupa­
zione del Merg. — Epilogo. —- Sbarco ad Apollonia. — La divi­
sione navi scuola in Cirenaica. —■Azione della Sicilia. — La mi­
gliorata situazione militare alla fine del luglio 1913. La parteci­
pazione delle navi alle operazioni ne] settore di Tobruk.
5 — La marina italiana, ecc., Voi. I.
— 66 —
Le pagine che precedono, nelle quali abbiamo
cercato di riassumere brevemente gli avvenimenti
dell’anno 1913 ed i loro riflessi inevitabili sulla no­
stra politica navale, hanno illustrato il contributo
dato dalla marina nella lotta che, pur non avendo
ancora assunto un carattere di guerra, esisteva tutta
via tra le varie grandi Potenze per assicurarsi una
posizione predominante nei Balcani e nell’oriente
europeo.
L’ opera svolta da importanti frazioni della flotta
in Levante, in Albania, in Egeo, sebbene incruen­
ta, aveva avuto alcuni momenti veramente dram­
matici; talvolta il successo diplomatico fu conse­
guito con la presenza e l’appoggio delle navi, che
risposero costantemente all’appello della patria,
pronte ogni giorno, ogni ora, ogni istante a passare
dall’ azione rappresentativa all’azione guerresca.
La marina, nell’ anno 1913, svolse nel modo più
completo il compito importantissimo e delicato di
essere la collaboratrice della diplomazia ed insieme
lo strumento e l’arma sempre pronta con cui la
nazione potè svolgere la sua politica navale.
I tangibili risultati ottenuti con l’ attiva parte­
cipazione delle forze navali agli avvenimenti po­
litici, compensarono la marina delle rudi fatiche
sopportate.
Ma nell’ anno 1913, contemporaneamente all’at­
tività che abbiamo riassunta brevemente, la ma­
rina fu chiamata a svolgere un altro compito che,
pur potendo sembrare di secondaria importanza, ri­
— 67 —
chiese l’intervento di numerose unità ed assorbì no­
tevole quantità di mezzi e di uomini. Intendiamo
parlare delle operazioni militari sulle coste della
Libia.
Il doppio aspetto della guerra libica, che fu
guerra tra potenze europee e nello stesso tempo
guerra coloniale, lasciò, nonostante la pace con­
clusa con la Turchia, lo strascico inevitabile di tutte
le guerre coloniali.
L ’avita avversione dell’arabo per l’infedele, gli
interessi di confraternite religiose, 1’ industria del
contrabbando delle armi, gli interessi commerciali
e politici di altre potenze, contribuirono a tener
viva la guerriglia coloniale.
Alcuni nuclei di regolari turchi rimasti nel-
1’ interno avevano costituite ed organizzate, inqua­
drandole, numerose bande irregolari, che agivano
per conto di alcuni dei più influenti capi della Se-
nussia, perchè questa confraternita religiosa-poli­
tica pretendeva di succedere alla Turchia nel go­
verno di alcune zone della Libia.
Inoltre la Turchia, che si era adattata ad accet­
tare la pace con l’ Italia spintavi in parte dalla ne­
cessità di difendersi dall’assalto dei confederati
balcanici, aveva sempre interesse a tener viva la
ribellione araba contro di noi, nella lontana spe­
ranza che ulteriori gravi avvenimenti politici le of­
frissero l’ occasione, approfittando del parapiglia di
una conflagrazione che tutti presentivano vicina,
di riprendersi la Libia.
— 68 —
Alla fine del 1912 la nostra occupazione si li­
mitava al possesso effettivo dei soli centri più im­
portanti della lunga costa libica. Non solo la no­
stra occupazione militare non aveva ancora potuto
svilupparsi in profondità, ma rimanevano ancora
molti punti della costa inospitale ed idrografica­
mente poco nota in mano a nuclei di ribelli arabo­
turchi, che minacciavano da vicino o impedivano
le comunicazioni tra i vari centri da noi occupati.
Alcuni punti della costa nelle mani dei ribelli rap­
presentavano anche dei discreti rifugi per piccoli
piroscafi o velieri, e poiché ad essi facevano anche
capo alcune delle più battute vie carovaniere che
li univano all’ interno, tali punti davano la possi­
bilità ai ribelli di svolgere un regolare traffico col
mare. Questo traffico inevitabilmente aumentava
la possibilità di resistenza e di vita, sia col riforni­
mento di armi, sia col commercio carovaniero.
Da questa premessa risultano ben chiari quali
dovevano essere e quali furono effettivamente i com­
piti della marina, e precisamente: operazioni mi­
litari in appoggio alle truppe di occupazione, blocco
delle zone costiere ancora nelle mani dei ribelli
e vigilanza delle linee di comunicazione lungo il
mare. Tali operazioni furono svolte in linea di
massima sia da vecchie navi di scarsa efficienza
guerresca, sia da unità aventi caratteristiche parti­
colarmente adatte alle esigenze del servizio colo­
niale; oltre a queste forze furono impiegate alcune
squadriglie di siluranti meno moderne.
— 69 —
Si potè in tale modo quasi sempre non dimi­
nuire sensibilmente l’efficienza del grosso della
flotta metropolitana, già sufficientemente assorbita
da altri gravi compiti; ma alcune delle operazioni
svolte in Libia (ad esempio l’ occupazione di Tol-
metta) assunsero un aspetto ed una importanza così
notevole da richiedere la partecipazione di grosse
frazioni della flotta da battaglia.
La narrazione cronologica delle operazioni mi­
litari svolte in Libia, dopo la conclusione della
pace con la Turchia, richiederebbe, di per sè stes­
sa, più di un capitolo; ma, poiché la narrazione ha
il puro scopo di mettere in evidenza le condizioni
in cui si trovò la marina allo scoppio della grande
guerra europea, riteniamo sufficiente ricordare sol­
tanto alcune delle più importanti operazioni mili­
tari, che faremo precedere da un brevissimo cenno
sulla situazione militare in Libia alla conclusione
della pace italo-turca, in quanto le operazioni na­
vali che seguirono erano necessariamente in stretta
relazione con l’ attività militare terrestre del corpo
di occupazione.
La breve durata della guerra non aveva an­
cora consentito alle nostre truppe di poter avan­
zare in profondità verso il Sud; perciò come già si
è detto più sopra, la nostra occupazione militare
si limitò alla fascia costiera, eccetto che nella zona
di Tripoli, ove si potè raggiungere con una certa
vapidità l’ altipiano del Oarian.
Ma anche l’ occupazione costiera era frammen­
— 70 —
taria per ragioni evidenti. La mancanza di strade
tra i vari punti importanti della costa non consen­
tiva d’ irradiare spedizioni di truppe dai maggiori
centri di occupazione. D’altra parte le occupazioni
non potevano essere fatte subito per via di mare,
giacche l’ assenza di buoni approdi, rendendo diffi­
coltose le comunicazioni marittime, rischiava di
rendere precaria la situazione delle teste di sbarco
o dei presidi isolati, la cui entità non poteva assu­
mere proporzioni molto notevoli senza l’ appoggio
di una base, dato che le risorse del luogo erano
insufficienti a garantire le più modeste condizioni
di vita per la mancanza di acqua e di viveri.
L’ occupazione della costa doveva quindi essere
eseguita con molta cautela e con mezzi navali e
terrestri di una certa importanza al fine di assicu­
rarne la continuità e non esporre le nostre truppe
a pericolosi ed inutili insuccessi.
Alla fine del 1912 la nostra situazione militare
in Libia era la seguente:
Il nucleo maggiore del nostro corpo di occupa­
zione presidiava Tripoli ed i dintorni, mentre
alcune colonne avanzate si erano già spinte a Sud
verso il Garian.
A ponente di Tripoli la costa era occupata fino
a Zuara e ben presidiata, mentre a levante i pre­
sidi di Homs e Misurata assicuravano il fianco
orientale della zona di espansione militare.
La situazione nel complesso era buona e con­
sentiva Io svolgimento di eventuali operazioni verso
— 71 —
1’ interno. Quindi fu qui meno necessaria l’ opera
della marina.
La zona desertica della Sirte era invece ancora
completamente fuori del nostro controllo, tutt’ora
percorsa da nuclei di ribelli arabi armati, e sepa­
rava completamente la zona occupata della Tripo-
litania dai nostri presidi della Cirenaica.
Anche la situazione militare in Cirenaica non
era molto buona, data la particolare configurazione
montuosa di tale regione, la mancanza di carova­
niere tra i punti della costa sia pure relativamente
vicini, le minori risorse del suolo, la vicinanza del
focolaio della ribellione rappresentato dai Senussi
e infine la particolare sistemazione del confine egi­
ziano, che facilitava il rifornimento dei ribelli sia
per il materiale sia per gli uomini.
La nostra occupazione in Cirenaica si riduceva
pertanto alle città principali, limitandosi a presi­
diarle in un raggio molto breve, che si arrestava alla
cinta dei fortini intorno alle oasi di Bengasi e Der-
na ed intorno alla rada di Tobruk.
Le operazioni navali in Cirenaica e nella Sirte
ebbero quindi un maggiore sviluppo di quelle svol­
le nelle acque della costa vicina a Tripoli e richie­
sero talora l’ impiego delle forze metropolitane per
effettuare sbarchi notevoli che permettessero un’ul-
leriore estensione delle operazioni militari terrestri.
Alla fine della guerra con la Turchia il grosso
della flotta composto dalla prima e seconda squa­
dra da battaglia aveva lasciato la costa della Libia
— 72 —
in parte per rimpatriare ed in parte per partecipa­
re agli avvenimenti di Costantinopoli.
Erano rimaste in Tripolitania la R. N. Carlo
Alberto con 1’ insegna! del comando superiore (ca­
pitano di vascello Triangi), la R. N. Partenope ed
alcune torpediniere e navi minori ; in Cirenaica :
la R. N. Bausan con 1’ insegna del comandante
superiore capitano di vascello Bertetti, una squa­
driglia di torpediniere a. m. ed alcune cannoniere.
Alla fine del 1912 la R. N. Bausan rimpatriò
per eseguire il turno di lavori ed alcune speciali si­
stemazioni per una successiva permanenza in co­
lonia e particolarmente per essere provvista di
un apparato distillatore.
I] comando superiore in Cirenaica fu assunto
per breve tempo dalla R. N. Carlo Alberto, che
a sua volta rimpatriò in novembre sostituita dalla
R. N. Etruria battente l’ insegna del comandante
superiore, capitano di fregata Arturo Ravenna, e
che nel mese di novembre si dislocò a Tobruk.
In tale mese non vi furono notevoli avvenimenti
militari; le torpediniere, che mantenevano la linea
di vigilanza, eseguirono le consuete crociere, fatte
spesso segno al fuoco dei ribelli, quando si avvi­
cinavano alla costa.
Sempre nel mese di novembre giunse in Cire­
naica il ministro delle colonie, che visitò con 1’ in­
crociatore ausiliario Città di Siracusa i vari punti
della costa fino al golfo di Solum.
— 73 —
Una delle prime azioni di una certa importanza
si verificò nel mese di dicembre e fu svolta dal
c. t. Strale (comandante capitano di corvetta Gui­
do Milanesi) che bombardò efficacemente il giorno
1° di dicembre un raggruppamento nemico a Bu-
Kalifa a 15 miglia a Sud di Bengasi, distruggendo
varie opere in muratura nelle quali i ribelli si erano
trincerati.
Un successivo bombardamento dello Strale il
3 dicembre disperse in una località vicina a Bu Ka-
lifa altri nuclei ribelli.
Verso la metà del mese ritornò in Cirenaica la
R. N. Bausan, che sostituì 1’ Etruria nel comando
superiore navale, e quest’ultima nave si dislocò a
sua volta a Tripoli, conservando l’insegna del co­
mandante superiore in Tripolitania.
Alla fine di dicembre vi fu un periodo di mag­
giore attività navale, sia in Cirenaica per la recru­
descenza del contrabbando, sia nella Sirte, ove era
necessario estendere le nostre occupazioni. E per­
tanto entrarono in azione così il Bausan come
l’’Etruria.
Il Natale 1912 ed il Capo d’anno 1913 non fu­
rono davvero giorni d’ozio per il personale della
marina dislocato in Libia. La R. N. Etruria, giunta
a Tripoli il 24 dicembre, si rifornì rapidamente
di carbone e dopo una breve sosta ripartì per Sir­
te, ove era già stata preceduta dalla nave ausiliaria
Sannio avente a bordo la spedizione destinata alla
— 74 —
occupazione di tale località composta di un reparto
di ascari libici e di una banda libica di 200 uomini
inquadrati da ufficiali italiani.
A Sirte, ove VEtruria giunse il giorno 28, si era­
no concentrati circa 200 regolari turchi, che senza
resistenza furono imbarcati sul Sannio; ma rima­
sero a terra nuclei numerosi di ribelli risoluti ad
opporsi ad un nostro sbarco.
L ’occupaz'ione di Sirte dovette essere perciò
fatta di viva forza. I ribelli avevano abbandonato
l’ abitato di Sirte, ma si erano trincerati nelle dune
circostanti. Durante la notte dal 29 al 30 1'‘Etruria
eseguì dei tiri di preparazione, e nella mattina del
30, dopo un breve ed intenso bombardamento con
i piccoli e medi calibri, che inflisse perdite sensi­
bili ai ribelli (una quarantina tra morti e feriti),
gli uomini della banda libica sbarcarono ed occupa­
rono il castello. Le nostre forze erano condotte dal
capitano di S. M. Hercolani, destinato a rimanere
a Sirte come residente. In appoggio a queste forze
VEtruria inviò a terra un reparto da sbarco di 30
marinai con un pezzo da 75 comandato dal S. T.
di V. Sansone, mentre sempre con personale del-
l’Etruria veniva installata una stazione di segnali.
Anche nelle notti del 30 e del 31 dicehibre e
del 1° gennaio 1913 la nostra difesa, attaccata dai
ribelli, fu sostenuta col fuoco del pezzo da sbarco
e delle artiglierie della nave, che fece anche con­
tinuo servizio di scoperta e di vigilanza con i proiet­
tori. Durante le ore diurne si provvide allo sbarco
— 75 —
Hai Sannio del materiale occorrente per costituire
e rafforzare la base.
La situazione accennò a stabilizzarsi verso il
giorno 2 gennaio, ed il Sannio ripartì per Tripoli
per sbarcarvi le truppe regolari turche ed imbar­
carvi i rinforzi richiesti dal residente per consoli­
dare la occupazione. L'Etruria rimase alla fonda
sul posto per sostenere le forze sbarcate.
I giorni 3, 4, 5 gennaio trascorsero tranquilli,
mentre a Sirte affluì un’ altra colonna di regolari
turchi, proveniente dal Fezzan, comandata da un
maggiore, che fu imbarcata sul Sannio ritornato da
Tripoli.
Col Sannio erano anche giunti a Sirte i rinforzi
composti di 2 compagnie eritree, una batteria li­
bica, una stazione R. T ., materiali e viveri, così
che il reparto da sbarco dell’ Etruria potè ritor­
nare a bordo.
II mattino del 7, dato che ormai la nostra oc­
cupazione era assicurata e le condizioni del mare
rendevano difficile la permanenza delle navi sulla
'’•osta aperta. 1’ Etruria, seguita poco dopo dal San-
nio, ritornò a Tripoli.
Mentre si svolgevano tali awenihienti a Sirte,
anche le navi dislocate in Cirenaica non rimanevano
inattive. Il 1° gennaio 1913 le ridotte a N. E. di
Bengasi venivano attaccate da bande arabe che fu­
rono respinte con forti perdite; anche le nostre
truppe ebbero sei morti ed undici feriti.
Il comando del corpo d’ occupazione decise per-
— 76 —
tanto di far bombardare le oasi di Zeiana e Sidi
Kalifa nei pressi di Bengasi, dalle quali proveni­
vano i nuclei ribelli che avevano eseguito l’attacco.
Il Bausan lasciò Bengasi il giorno 2 e con un
intenso fuoco dei cannoni da 152 e dei piccoli ca­
libri distrusse gli abitati delle due oasi. Altra pic­
cola azione fu svolta dalla torpediniera Orsa (co­
mandante capitano di corvetta V. Bianchi), che,
mentre navigava vicino alla costa in prossimità del­
l’ abitato di Marsa Susa, fu fatta segno a scariche
di fucileria dei ribelli annidati dietro le case, sulle
quali essi avevano alzata la bandiera turca. La tor­
pediniera rispose con le artiglierie demolendo al­
cuni abitati.
Un’ azione simile fu compiuta il giorno 10 gen­
naio dalla torpediniera Orione (comandante tenen­
te di vascello A. Ledà) mentre la R. N. Misurala
(comandante tenente di vascello F. Arese) nei primi
di gennaio eseguiva un’ importante ricognizione
della costa fino a Solum, ove il posto turco di con­
fine era tuttora in armi.
Particolarmente gravoso era in Cirenaica il ser­
vizio di vigilanza contro il contrabbando di armi
alimentato da piccoli piroscafi e velieri, la cui par­
tenza veniva segnalata dalle nostre autorità conso­
lari residenti nei porti del Levante. Cosicché le
nostre poche unità erano costrette a tenere conti­
nuamente il mare in condizioni particolarmente
sfavorevoli, dovute alla stagione invernale, alla
mancanza di punti di approdo ed alle offese
— 77 —
dei ribelli quando cercavano un ridosso sotto la
costa.
L’ opera della marina in tale periodo non può
essere dimenticata senza far torto a coloro che mo­
destamente e in silenzio sopportarono il peso delle
faticose crociere spesso in lotta cogli elementi, con
i ribelli e con le difficoltà dovute alla scarsità dei
mezzi.
Nel periodo dalla fine della guerra libica al gen­
naio 1913 erano intanto affluiti a Tripoli i contin­
genti superstiti dell’esercito ottomano, che aveva
combattuto con il nostro corpo di occupazione. Da­
ta 1’ impossibilità per i Turchi di fare ritorno in
patria attraverso l’Africa, nelle trattative di pace
tra noi e la Turchia era stato stabilito che la ma­
rina italiana avrebbe provveduto al rimpatrio di
tali truppe.
La questione rese necessarie alcune delicate
trattative col governo ellenico, perchè, essendo la
Turchia in guerra con la Grecia, occorreva tutelare
i Turchi fino al loro sbarco, ma nello stesso tempo
non venire meno ai nostri doveri di neutralità verso
la Grecia.
D’ accordo col governo di Atene e consenziente
la Turchia, fu prescelto come punto di sbarco il
porto di Beirut, che, data la lontananza dal fronte
balcanico, era quello che meglio si prestava a ri­
tardare notevolmente un eventuale trasporto alla
linea del fuoco dei contingenti turchi già in Libia
(documento n. 13).
Uff. Storico Regia Marina - La Marina italiana nella Grande Guerra. Vol.1 - Dalla pace di Losanna alla Guerra italo-austriaca (1935)
Uff. Storico Regia Marina - La Marina italiana nella Grande Guerra. Vol.1 - Dalla pace di Losanna alla Guerra italo-austriaca (1935)
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Uff. Storico Regia Marina - La Marina italiana nella Grande Guerra. Vol.1 - Dalla pace di Losanna alla Guerra italo-austriaca (1935)

  • 1. _ ■ J M I «ppi« :...iillilli
  • 2.
  • 3.
  • 4.
  • 5. U F F I C I O S T O R I C O D E L L A R. M A R I N A LA MARINA ITALIANA NELLA GRANDE GUERRA VOLUME I VIGILIA D’ ARMI SUL MARE Dalla pace di Losanna alla Guerra Itaio-Austriaca V A L L E C C H I - F I R E N Z E
  • 6.
  • 7. LA MARI NA I T A L I A N A NELLA GRANDE GUERRA
  • 8.
  • 9. UFFICIO STORICO DELLA R. MARINA LA MARINA ITALIANA NELLA GRANDE GUERRA VOLUME I. VIGILIA D’ARMI SUL MARE Dalla pace di Losanna alla Guerra Italo-Austriaca V A L L E C C H I E D I T O R E F I R E N Z E
  • 10. Il presente volume è stato compilato dal capitano di vascello G. Almagià e dal capitano di corvetta A. Zoli. I diritti di edizione e traduzione, anche di semplici brani, sono riservati. Firenze, 1935-XIII - Stab. Grafici A. Vallecchi, Viale dei Mille, 72.
  • 11. P R E M E S S A Già da parecchi anni l’ ufficio storico della R. Marina ha descritto gli avvenimenti della nostra guerra sul mare in una Cronistoria documentata della guerra marittima italo-austriaca 1915-18. È un’opera che consta di ben nove fascicoli che riguardano la preparazione dei mezzi ed il loro impiego; di dieci fascicoli che trattano dell’ im­ piego delle forze navali e delle operazioni relative, e di sette altri fascicoli che trattano argomenti speciali non contenuti nelle due precedenti colle­ zioni. Questi fascicoli, sia per il formato poco ma­ neggevole, che fu adottato in un primo tempo uni­ camente per consentire eventuali correzioni e mo­ difiche, sia per la limitata tiratura, non sono af­ fatto conosciuti dal pubblico, e poco noti sono agli stessi nostri ufficiali. È vero che gli ultimi volumi della serie speciale intitolati Gli avvenimenti della guerra nei riflessi della legislazione marittima, D’Annunzio combat­ tente al servizio della R. Marina, L’ attività della R. Marina dalla guerra libica a quella italo-au-
  • 12. siriaca, Il traffico marittimo, Le occupazioni adria- tiche e I nostri sommergibili durante la guerra, avendo avuto una forma più maneggevole ed una più larga tiratura, sono stati diffusi con grcùrule successo. Ma le richieste, da parte di ufficiali e di privati, dei primi volumi pubblicati (ormai per la maggior parte esauriti), i voti espressi da emi­ nenti personalità in vari congressi storici, hanno indotto il nostro ufficio a procedere non ad una pura e semplice ristampa dei fascicoli della cro­ nistoria, ma a porre mano ad una vera e propria storia, che, valendosi di tutti gli elementi di archi­ vio già esistenti, di altri venuti alla luce, e dei giudizi espressi in opere straniere che trattano anche delle nostre operazioni, prenda il nome La Marina italiana nella grande guerra. L’opera consterà di diversi volumi. Il primo, intitolato Vigilia d’ armi sul mare, tratta del pe­ riodo precedente al 24 maggio 1915, e vede ora la luce. Gli altri seguiranno a breve scadenza. Ion avendo preteso di fare opera perfetta, Vufficio storico sarà grato a tutti coloro che fa­ ranno notare eventuali inesattezze od omissioni. Il Capitano di Vascello Capo dell’ufficio storico della R. Marina. G u i d o A l m a c i à .
  • 14.
  • 15. C a p it o l o I. DALLA PACE DI LOSANNA ALLA FINE DEL 1913 S o m m a r io : La marina italiana alla fine della guerra italo-turca. — Le «quadre internazionali a Costantinopoli. — Occupazione di Co­ stantinopoli da parte delle forze intemazionali, — Il caos alba­ nese. — Il rinnovamento della Triplice Alleanza. — Il fosco orizzonte politico nel dicembre 1912. I « Giovani Turchi » e la seconda guerra balcanica. — Valona. — La politica italiana in Adriatico. — Le aspirazioni slave. — I serbi a Durazzo. — La situazione militare albanese nei primi mesi del 1913. — Le prime nubi italo-austriache per l’Albania. — L’assedio di Scutari. — La flotta internazionale ad Antivari. — Il blocco del Montenegro. — La capitolazione di Scutari. — Preparativi per l’occupazione di Valona. — Mobilitazione parziale e dislocazione della flotta ita­ liana. — La politica austriaca in Albania. — L’occupazione inter­ nazionale di Scutari. — La delimitazione dei confini dello Stato albanese. — L’orizzonte politico si rasserena. — La flotta nelle basi. — Periodo di raccoglimento. — Costituzione delle forze navali. — La flotta francese in Levante. La guerra italo-turca aveva impegnato la quasi totalità delle forze navali per oltre un anno in un vasto' bacino di operazioni (che comprendeva tutto il Mediterraneo orientale ed il Mar Rosso) di cui
  • 16. — 10 — il dominio assoluto era stato conquistato in grazia ad una ininterrotta attività. Le navi di linea, gli incrociatori, le siluranti e i cacciatorpediniere rimasero costantemente in mare, compiendo faticose crociere dal Tirreno al- T Egeo, dalle coste inospitali della Libia ai mal­ fidi approdi del Mar Rosso e dell’ Oceano Indiano. Per comprendere la mole dello sforzo compiuto esaminiamo il numero delle unità che presero parte attiva alla campagna di Libia: 36 navi da battaglia e incrociatori, 63 silu­ ranti, 22 navi sussidiarie, 8 incrociatori ausiliari, 17 cannoniere e navi minori. In totale 146 navi da guerra. Oltre a queste si ebbero, in servizio della Re­ gia Marina, ben 106 navi onerarie requisite, che in unione alle precedenti costituirono un complesso veramente notevole di 252 navi, armate di 1255 cannoni e che in un anno spararono 32056 colpi; affondarono 13 unità da guerra avversarie, oltre alle numerose unità da commercio affondate o cat- turate. Il personale del corpo reale equipaggi, che al- l’ inizio della campagna contava un totale di 30 mila uomini, raggiunse nel 1912 la cifra di 41 mila uo­ mini. Dobbiamo infine ricordare che, mentre le ope­ razioni militari svolte dalle truppe del R. Esercito ebbero carattere di guerra coloniale e non impe­ gnarono che una parte deH’esercito nazionale, le
  • 17. — 11 — operazioni navali dovettero essere condotte con quei criteri che si richiedono ad una guerra tra po­ tenze marittime e resero di conseguenza necessa­ ria la mobilitazione e 1’ impiego totale delle forze navali. È facile comprendere quali furono gli effetti della guerra libica nei riguardi della efficienza della flotta. Le continue crociere, le operazioni militari con­ tro le coste nemiche, gli scontri navali, gli sbar­ chi, le scorte ai convogli, diedero la possibilità al personale di conseguire un grado realmente note­ vole di allenamento, tennero vivo l’entusiasmo e lo spirito offensivo, aumentarono l’ esperienza e la confidenza in ogni genere di attività navale. In tutti i gradi, in tutte le categorie l’ affiata­ mento era perfetto, così che nel 1912 la marina italiana si presentava come un complesso moral­ mente armonico e ottimo. Il personale, che alla fine della guerra era stato congedato, costituiva infine una magnifica riserva di uomini di mare, e ne fu constatata la preziosa preparazione quando, dopo breve tempo, essi ri­ presero il loro posto a bordo durante la grande guerra. Poco favorevole, invece, per la marina era il bilancio nei riguardi del materiale. L ’ intensa attività svolta era stata causa di un inevitabile logorìo di macchinari, in modo par­ ticolare per quelli delicatissimi delle siluranti.
  • 18. — 12 — Buona p a r te delle spese del bilancio era stata assorbita dalla necessità di acquisto del combusti­ bile consumato durante la guerra, a detrimento delle normali riserve, delle costruzioni e del rin­ novamento del materiale in genere. La pace di Losanna avrebbe dovuto quindi se­ gnare per la marina 1’ inizio di un periodo di rac­ coglimento e di riposo allo scopo di ridare ad un materiale tanto costoso e delicato, quale era quello della flotta, la sua completa efficienza. * * H* L’orizzonte politico europeo con lo scoppio della guerra balcanica assumeva un aspetto quanto mai nebuloso e gravido di avvenimenti. Gli interessi nazionali, minacciati da continui pericoli nella delicata situazione che si andava svi­ luppando in Europa, richiesero di nuovo l’ opera della marina, che fu in tale maniera ancora chia­ mata a vigilare e a svolgere dalla fine del 1912 allo scoppio della guerra europea una notevole at­ tività, e questa a detrimento dell’ indispensabile periodo di riposo di cui abbiamo indicato più 60- pra la necessità. È quanto mai interessante l’esame, sia pure breve, degli avvenimenti a cui presero parte le nostre navi da guerra, in seguito alla situazione politica creatasi nell’ Oriente europeo alla fine del 1912.
  • 19. — 13 — Il racconto dei fatti svoltisi dall’ ottobre 1912 al luglio 1914 può apparentemente esorbitare dallo scopo della presente pubblicazione che si propone dTillustrare l’opera della marina italiana nella grande guerra. Ma le operazioni, a cui parteciparono le no­ stre navi, ebbero un carattere così affine con l’at­ tività guerresca, da potere talora essere considerate ■come un seguito delle operazioni navali della guerra libica ed apparire come i prodromi della grande guerra. Si può affermare, senza tema di dire inesat­ tezze, che talune nostre navi da guerra si misero in assetto di combattimento nell’ ottobre del 1911 e mantennero tale assetto, entrando anche in azione ed eseguendo operazioni guerresche, fino alla con­ clusione dell’ armistizio con l’Austria. Non si può non ricordare quasi con commo­ zione il nome di talune di queste navi, oggi de­ molite, che portarono in tutto il Mediterraneo fie­ ramente spiegata la bandiera della Patria, prime sempre ad essere inviate ove era necessario affer­ mare la volontà della giovane nazione italiana, de­ cisa a riprendere nelle grandi competizioni marit­ time il posto che la natura e la storia le avevano as­ segnato. ' » Tale attività fu sovente esplicata a prezzo di gravi sacrifizi da parte di comandanti, ufficiali ed equipaggi che fecero miracoli di abnegazione e di abilità per supplire alle deficienze del materiale,
  • 20. — 14 — derivate dall’ assoluta impossibilità di concedere turni di lavoro, ricambi di macchinari, rettifiche alle artiglierie, riparazione degli scafi. Il compito così gravoso fu spesso sopportato da talune unità, la cui perdita o il cui logorìo avreb­ bero meno diminuita la potenza navale della ma­ rina, perchè più antiquate e meno efficienti, ma che appunto per tali ragioni più delle altre avreb­ bero dovuto ricevere una destinazione tranquilla nella flotta di riserva, e trascorrere gli ultimi anni della loro vita in un giusto riposo nella quiete delle darsene militari. Come non ricordare i nomi gloriosi della R. N. Saint Bon, dell’Agordat, del Piemonte, tanto per citare qualcuna delle unità che più sovente ritro­ veremo nelle pagine di questo volume? La breve narrazione cronologica degli avveni­ menti a cui partecipò la marina dal 1912 al 1915, varrà meglio di qualsiasi commento ad illustrare e a far comprendere l’ importanza di tale intervento. * # * I preliminari di pace con la Turchia erano stati firmati a Losanna il 15 ottobre 1912. Non erano trascorsi che 20 giorni da tale data, allorché la Turchia apriva gli stretti alle navi da guerra neutrali, in seguito alla pressione esercitata dai rappresentanti diplomatici delle varie nazioni, di fronte al pericolo di gravi torbidi a Costantino­
  • 21. — 15 — poli, provocati dal timore che l’ esercito turco scon­ fitto dagli eserciti bulgari si riversasse in rotta di­ sordinata sulla città. L ’ Italia provvide all’ immediato invio della co­ razzata Emanuele Filiberto, appartenente alla se­ conda squadra dislocata ancora in Egeo, e che, no­ nostante la necessità di svolgere i lavori annuali, non aveva ancora potuto essere rimpatriata. Il mattino del 9 novembre 1’ Emanuele Fili­ berto dava fondo all’ancora nel Bosforo. La situazione politica può essere chiaramente compresa da alcuni brani del rapporto che il co­ mandante di detta nave, capitano di vascello Mo­ rino, inviò a Roma subito dopo l’arrivo e che qui in parte riproduciamo : «Non appena espletate le prime formalità, dopo avere preso la fonda, iniziai le visite di dovere e mi recai anzitutto sulla nave francese Léon Gam­ betta a visitarvi il contrammiraglio Dartige du Four- net che ha assunto la direzione dell’azione collet­ tiva delle navi estere per la protezione degli Eu­ ropei qui residenti. « Nel pomeriggio dello stesso giorno mi recai a far visita a S. E. l’ ambasciatore di Germania, che per il ritardato arrivo del nostro incaricato d’af­ fari, conte Manzoni, conservava tuttora le funzioni del rappresentante dell’ Italia, ed egli mi sinte­ tizzò la situazione accennandomi che il Gran Visir aveva dichiarato non essere da escludersi che tutto il mondo mussulmano qui residente — cioè una po­
  • 22. — 16 — polazione di 650.000 persone — stretto dal nemico e perduta ogni via di scampo, prima di abbando­ nare la costa d’ Europa per rifugiarsi in Asia, avrebbe forse sotto il cieco furore del fanatismo riversato il suo odio sulla popolazione cristiana (300.000 persone) non esitando ad abbandonarsi al saccheggio ed ai massacri.... « Intanto la presenza a Costantinopoli delle navi ha indubbiamente portato un senso di sollievo nella popolazione europea e altresì in quella turca che temeva disordini dalla plebe facinorosa mussul­ mana......». Il giorno 11 novembre giungeva a Costantino­ poli la R. N. Coatit (comandante A. Cerbino). Il giorno 13 si univa alle precedenti unità la R. N. ospedale Re d’Italia. Ricordiamo a tale proposito che il Re d’ Italia suscitò l’ interesse di tutti i medici militari della flotta internazionale che studiarono attentamente le installazioni sanitarie di tale unità. Contemporaneamente la marina italiana met­ teva a disposizione del comandante superiore della flotta internazionale il piroscafo Luigino Accame con 2000 tonnellate di carbone. Da un successivo rapporto del comandante Mo­ rino, di cui diamo una riproduzione parziale, così appare l’ opera svolta dalle forze internazionali: « __ il mattino del 18 novembre 1912 alle ore 5 tutte le navi misero a terra i loro reparti di mr sinai. Il Filiberto sbarcò una compagnia comandata da
  • 23. - 1 7 - un tenente di vascello ed una mitragliera, con un totale di 5 ufficiali e 159 uomini, e il Coatit sbarcò un plotone di 40 uomini comandato da un sot­ totenente di vascello. Le forze da sbarco del Fili­ berto furono accentrate in parte nelle scuole ita­ liane ed in parte nell’ ospedale italiano. Quelle del Coatit, il cui compito si restringeva alla protezione dell’ ambasciata e del consolato d’ Italia, furono ac­ cantonate in questi stessi edifici. « In totale le navi estere hanno complessiva­ mente sbarcato 2639 uomini e la determinazione di procedere allo sbarco di questa notevole forza fu adottata in una riunione degli ambasciatori, il giorno 17 corr., non già perchè l’ordine pubblico minacciasse di essere turbato, bensì per una mi­ sura precauzionale onde all’oocorirenza i contin­ genti esteri si trovassero già nei settori loro asse­ gnati senza doverli raggiungere precipitosamente ad improvviso segnale...». Il giorno 19 è segnalato l’ arrivo della nave au- siliaria Bosnia (comandante capitano di corvetta Vaccaneo), che recava S. E. il marchese Garroni, nostro ambasciatore, e il giorno successivo giunse anche la corazzata B. Brin (comandante capitano di vascello Arturo Resio), in modo che le nostre forze navali comprendevano due corazzate, un esplora­ tore, una nave ospedale e due navi ausiliarie. Il reparto da sbarco italiano, che prese parte alla oc; azione di Costantinopoli, fu in totale di 400 uomini circa con 2 mitragliere. 2 — La marina italiana, ecc., Voi. I.
  • 24. — 18 — Il comando superiore delle forze italiane era stato assunto dal capitano, di vascello A. Resio, co­ mandante della R. N. B. Brin. * * * Contemporaneamente agli avvenimenti in Le­ vante, si creava una nuova delicata situazione in Albania, tale da richiamare subito l’ attenzione dei governi di Roma e di Vienna solidali circa l’as­ setto politico albanese per accordi esistenti fin dal 1898. La minaccia greca e serba contro l’Albania, indusse l’ Italia, d’accordo con l’Austria, a inco­ raggiare la costituzione di uno stato albanese, la cui indipendenza fu proclamata il 12 novembre 1912 da un governo provvisorio presieduto da Ismail Kemal IBey. Pochi giorni dopo Turchia, Serbia e Montene­ gro, concludevano un armistizio, che però non fu seguito dalla pace, ed a cui la Grecia rifiutò di par­ tecipare per avere mano libera nelle occupazioni territoriali nell’ Epiro settentrionale, che costituiva una delle sue ben note aspirazioni. Infatti il 3 dicembre VAgenzia Stefani diramava il seguente comunicato : « Due cannoniere greche hanno bombardato la città di Valona che non è fortificata. «U no shrapnel è scoppiato fra il consolato ita­ liano e quello austro-ungarico.
  • 25. — 19 — « Ismail Kemal Bey, visto il panico della po­ polazione, ha inviato a bordo dei parlamentari, ai quali il comandante greco ha risposto di avere or­ dine di bloccare la costa albanese quale territorio turco e perciò ha detto di ritenere di avere agito secondo il suo diritto. Disse che la città doveva ar­ rendersi alla Grecia che avrebbe trattato fraterna­ mente gli albanesi. <cIsmail Kemal Bey ha diretto subito una pro­ testa telegrafica alle grandi potenze». L’ azione della Grecia indusse i governi di Roma e di Vienna a manifestare ad Atene che non pote­ vano approvare operazioni tendenti all’ occupa­ zione di Valona e Saseno. ¡E, poiché il momento politico assumeva una gravità eccezionale, il 5 dicembre veniva rinnovata tra l’Austria, Germania e Italia la Triplice Allean­ za con notevole anticipo sulla data di scadenza. La proclamazione dell’ indipendenza albanese era stata accettata dalle potenze della Triplice In­ tesa (sebbene con poca soddisfazione della Francia e della Russia) nella speranza che tale soluzione potesse evitare il seguito di più gravi complicazioni balcaniche, che avrebbero trascinato qualcuna delle potenze maggiori, e particolarmente l’Austria e la Russia, ad un intervento universalmente giudicato come il segnale inevitabile della tanto temuta con­ flagrazione europea. Vari erano i sintomi del pericolo imminente. Fino dal 15 novembre l’Austria aveva richia­
  • 26. — 20 — mato nelle sue basi tutte le navi dislocate in Egeo e a Costantinopoli. Il 10 dicembre, con intenzione ben chiara di carattere politico, la squadra francese appariva al largo di Ventimiglia e negli stessi giorni sommer­ gibili e siluranti francesi evoluivano ostentatamente presso Pantelleria. In considerazione di tali fatti, il ministro della marina, per accordi presi col presidente del con­ siglio, emanava le disposizioni necessarie per ri­ chiamare nelle acque nazionali la seconda squadra, che era ancora in Levante, e le rimanenti unità dislocate all’estero, e informava i comandi navali dell’ incertezza della situazione politica. In tale periodo, ma solamente per breve tempo come vedremo in seguito, la flotta fu riunita in Italia, composta nella seguente maniera : l a S q u a d r a . Corazzate : Regina Elena (insegna del comandante in capo vice ammiraglio Viale); Vittorio Emanuele; Napoli; Roma; incrociatore co­ razzato Pisa (insegna del comandante di divisione contramm. Cito); Amalfi; S. Giorgio; S. Marco. 2a S q u a d r a . Corazzate : Regina Margherita (in­ segna del comandante in capo vice ammiraglio M. Amero d’Aste Stella); B. Brin; E. Filiberto; Saint Bon; incrociatore corazzato G. Garibaldi (in­ segna del comandante la 2a divisione contrammi­ raglio Patris); F. Ferruccio; 1 esploratore; 22 cac­ ciatorpediniere; 1 nave cisterna; 1 nave officina; 2 posamine.
  • 27. — 21 — I s p e t t o r a t o s i l u r a n t i . Incrociatore corazza­ to : V. Pisani (insegna del contramm. P. Thaon di lievel); 4 squadriglie torpediniere alto mare (su 6 unità); 7 squadriglie torpediniere costiere (su 6 unità). D i v i s i o n e n a v i s c u o l a . Corazzate: Re Um­ berto (insegna del contrammiraglio Y. Cerri); Si­ cilia; Sardegna; incrociatore corazzato Carlo Al­ berto; R. N. Lombardia, nave appoggio sommer­ gibili; 2 squadriglie sommergibili (su 6 unità). Rimanevano tuttora fuori delle acque nazio­ nali : Coatit, Archimede e la nave ausiliaria Ba­ silia a Costantinopoli; i. c. Varese e c. t. Artigliere e Bersagliere in Egeo; mentre in Libia stazionavano per le operazioni militari contro i ribelli arabi 1’ i. protetto Etruria, 1’ i. ausiliario Città di Siracusa, la cannoniera Tobruk e 4 torpediniere a. in., e in Cirenaica il vecchio incrociatore Bausan, la R. IN. Misurata e 4 torpediniere a. m. Nel Mar Rosso stazionavano le cannoniere Staf­ fetta, Volturno, Curtatone, Giuliana. * * * Similmente ai provvedimenti presi dalla marina italiana, anche la marina austriaca attuava provve­ dimenti militari e si approntava per l’ eventuale azione. Oltre al richiamo, già accennato, delle navi da guerra presenti a Costantinopoli, era stato nomi­
  • 28. — 22 — nato comandante in capo della flotta il vice ammi­ raglio Antonio Haus, con pieni ed eccezionali po­ teri; le classi in congedo, inclusavi quella del 1905, erano state richiamate, e la flotta di riserva, com­ pletata di personale, assumeva la posizione di ar­ mamento. Frattanto perduravano le trattative a Londra per indurre la Turchia ad accettare la pace. L’ azione diplomatica esercitata dalle potenze maggiori con le dure condizioni imposte, ridestava il fermento nel inondo mussulmano, e ne derivò la necessità di una nuova dimostrazione navale nel Bosforo, da parte delle potenze europee. Mentre gli avvenimenti si seguivano di giorno in giorno suscitando sempre più viva attenzione nelle già turbate cancellerie europee, Enver IBey, reduce dalla Libia, alla testa dei «Giovani Tur­ chi», rovesciava il governo del Gran Visir il gior­ no 23 gennaio 1913, e il 3 febbraio si riaprivano le ostilità tra la Turchia e gli Stati balcanici. Nei medesimi giorni lo scoppio di un moto an­ ticristiano nel Vilayet di Smirne provocava da parte del nostro console la richiesta di una nave da guerra. Così ancora una volta si manifestò indispensa­ bile per 1’ Italia l’ invio di numerose navi da guerra nel travagliato Levante mediterraneo per la tutela della bandiera nazionale e per la cooperazione con le altre nazioni. Fu quindi decisa la dislocazione a Costanti­ nopoli di una delle nostre divisioni più moderne.
  • 29. — 23 — L’ i. c. Pisa e 1’ i. c. S. Marco affondavano l’ancora nel Bosforo il 9 febbraio, mentre l’esplo­ ratore Agordat e un c. t. giungevano a Smirne, in attesa che 1* i. c. San Giorgio, che si preparava a partire da Taranto, potesse sostituire VAgordat. Sulla Pisa era alzata 1’ insegna del c. a. Cito co­ mandante della divisione, alla quale si era anche aggiunta la R. N. Archimede, destinata a rimanere come stazionaria nella capitale turca. * * * Alla necessità di vigilare da vicino gli avveni­ menti di Costantinopoli si aggiungeva per l’Italia, sempre a mezzo della sua flotta, la convenienza di un’ oculata sorveglianza per quanto avveniva nelle coste orientali dell’Adriatico. L’ importanza della posizione strategica marit­ tima di Valona e delle coste albanesi in genere aveva attirato sempre l’ attenzione del nostro stato mag­ giore. Gli avvenimenti politici, che si svolgevano in Albania, non potevano infatti lasciare indiffe­ renti nè l’Italia nè l’Austria. Esisteva e vi abbiamo già accennato, una con­ venzione italo-austriaca la quale stabiliva fin dal 1900 che nn’ eventuale azione militare austriaca verso Scutari, sarebbe stata compensata con il di­ ritto dell’ Italia ad occupare Valona. Infatti, men­ tre l’ Austria mirava ad aprirsi nei Balcani la strada verso Salonicco per uno sbocco commerciale in Le-
  • 30. — 24 — vante, 1’ Italia tendeva ad assicurarsi il controllo del canale di Otranto. L ’azione dei due governi in Albania sotto la turbolenta minaccia serbo-greca, doveva svolgersi quindi in comune accordo, provocando inevitabil­ mente il malcontento, sia pure larvato, della Rus­ sia, che vedeva di buon occhio la tendenza slava verso l’Adriatico, e quello più palese della Fran­ cia, che mirava a creare una minaccia greca al nostro potere marittimo in Levante. Essendo ancora prematuro da parte italiana l’ invio di una nave da guerra nell’ Albania setten­ trionale, considerata sfera d’ influenza austriaca, vi fu inviato il piroscafo requisito Caprera con 1’ incarico, dopo aver sbarcato a Durazzo il nostro console cav. Dolfini, di assicurare le comunicazioni radiotelegrafiche tra il nostro consolato e 1’ Itali i. A bordo di tale nave ausiliaria era anche im­ barcato in incognito un nostro osservatore, il te­ nente di vascello Torrigiani, con la missione di vi­ gilare sulla situazione. Abbiamo già detto come il 27 novembre 1912 fosse proclamata l’indipendenza albanese; ciò non ostante il giorno successivo a tale proclamazione le truppe serbe occupavano Durazzo, Elbassan, Ti­ rana ed altri centri minori, e qualche giorno più tardi, oltre ad eseguire il ricordato bombardamento di Valona, le truppe greche sbarcavano a Saseno e tagliavano il cavo telegrafico Otranto-Valona. ¡Perdurando dopo tali avvenimenti lo stato di
  • 31. — 25 — disordine, ma non essendo ancora avvenuto un de­ ciso intervento austriaco nella zona di Scutari, r Italia si limitò ad un’ azione di assistenza tra le popolazioni albanesi e le truppe serbe che avevano occupato Durazzo. Un intervento decisivo sarebbe stalo prematuro, giacche le diplomazie lavoravano attivamente per assicurare il mantenimento dell’ indipendenza al­ banese allo scopo di scongiurare un’azione au­ striaca. Tn speciale modo la Russia usava tutta la sua influenza sui governi di Belgrado e Cettigne per indurli a rinunciare al loro sogno di un porto albanese sull’Adriatico. Intanto il piroscafo requisito Caprera fu sosti­ tuito dal piroscafo requisito Cariddi, che rimase a Durazzo continuando il servizio delle comunicazioni r. t. e sbarcando materiale sanitario, che veniva offerto, dall’ Italia, a mezzo del nostro console, alle autorità serbe di occupazione per l’ assistenza alle truppe e alle popolazioni civili. E poiché a Du­ razzo verso la fine di gennaio si era concentrata una grande quantità di feriti e di ammalati del­ l’ esercito serbo, e la scarsità dei mezzi ospedalieri e di trasporto facevano sorgere una situazione quanto mai penosa e pericolosa dal punto di vista sanitario, il governo italiano con atto veramente generoso mise a disposizione delle autorità serbe la R. N. ospedale Regina d’ Italia, che comandata dal capitano di fregata Basso giunse a Durazzo il giorno 8 febbraio,
  • 32. — 26 — Quanto preziosa sia stata l’opera di assistenza prestata dalla R. Marina ai Serbi in tale occasione, può facilmente essere compreso dalla lettura del rappòrto del comandante della nave ospedale che riproduciamo nella sua integrità: «M i recavo subito dal R. Console cav. Dolfini, per prendere gli opportuni accordi circa 1’ imbarco degli ammalati e feriti. « Mi recavo quindi dal governatore militare lo­ cale serbo, colonnello Bulich e con lui e i suoi sanitari venne stabilito che l’imbarco avrebbe avuto inizio l’ indomani 9 febbraio alle ore 6 del mat­ tino. Mi resi subito conto che più che feriti si sarebbe trattato di ammalati essendo il concetto delle autorità quello di sgombrare i locali adibiti ad ospedali ed infermerie del massimo numero di degenti per far posto ai feriti delle azioni pros­ sime e probabilmente risolutive della presa di Scutari. «Altro fatto che risultò lucidamente fu l’ av­ versione mostrata dai sanitari serbi a permettermi, assieme ai medici, di visitare gli ospedali o locali adibiti a tale uso. « Gli ammalati vi erano ammucchiati in modo indescrivibile e sotto una coperta stavano spesso tre persone : il vitto scarsissimo, deplorevole la pu­ lizia, scarsi i rimedi, elevata la mortalità. « Poco prima del tramonto una commissione di medici serbi si presentava a bordo pregando a nome del colonnello Bulich di andare, prima di sgom­
  • 33. — 27 — brare Durazzo, a raccogliere dei feriti a S. Gio­ vanni di Medua, ritornando poi a Durazzo per com­ pletarsi in ordine ai posti disponibili. Ciò non cor­ rispondeva alle istruzioni ricevute; pur tuttavia al­ l’ alba dell’ indomani, 9 febbraio, lasciavo Durazzo, dirigendo a San Giovanni di Medua, dove giungevo alle 8,30; imbarcavo in breve tempo 120 ammalali e due ufficiali e ricevevo nel contempo la preghiera di aspettare ancora altri ammalati che avrebbero dovuto venire da Alessio. «L e preghiere di trattenermi provenivano dal colonnello Popovich, comandante supremo delle forze operanti presso Durazzo (uno dei noti pro­ motori e forse autori dell’eccidio dei Reali di Ser­ bia) ma non mi fu possibile parlare con lui, nè leggere un suo fonogramma. «Questa indeterminatezza mi decise a stabilire nettamente un limite ed informai che avrei atteso fino alle otto dell’ indomani dopo di che sarei tor­ nato a Durazzo aggiungendo che qualora avessi avuto a Durazzo una formale e chiara richiesta del colonnello 'Bulich, non avrei avuto difficoltà a ritornare a San Giovanni. « Alle otto dell’ indomani nulla scorgendosi nè avendo comunicazioni di sorta, partivo per Durazzo ove giungevo alle ore 10. Si iniziava 1’ imbarco de­ gli ammalati e feriti e nella giornata se ne presero circa 300. Al far della notte si interruppe il ser­ vizio e, poco dopo, la commissione solita si presentò d’ordine del governatore ad informare che il go­
  • 34. — 28 — verno serbo aveva noleggiato un vaporetto greco, ancorato a San Giovanni di Medua, per portare quegli altri feriti che avrei dovuto prendere io se fossero stati pronti (circa 500). « L’ indomani alle 8 giungeva infatti il vapo­ retto ed iniziai l’ imbarco di una parte dei suoi am­ malati e feriti, se non che, ad un certo inomento, venne un messo del colonnello Bulich a dirmi ch^ aveva cambiato idea e che gli sembrava più na­ turale darmi quelli di Durazzo, più trasportabili. « Su questi cambiamenti io non ho avuto nulla da eccepire. In fondo si capiva questo: che l’Au- torità serba ha la fobìa più acuta delle eventuali comunicazioni sulle ultime operazioni militari da parte dei feriti, tende quindi a dare malati este­ nuati da un lungo periodo di sofferenze e degenza in ospedali, anziché feriti recenti. Mi sono pie­ gato ad ogni cambiamento od esitazione dell’ auto­ rità serba, che era intendimento del nostro governo di soccorrere nel miglior modo possibile. «Invitai in quel giorno a colazione il colon­ nello (Bulich. «Il brindisi del colonnello Bulich fu informato tutto alla più viva gratitudine per il R. Governo d’ Italia. « La nave partì alle 18 di quel giorno (11 feb­ braio) per Salonicco. Il giorno 13 il vento scop­ piava con forza ciclonica e si avevano a bordo già 4 morti: nel reparto di chirurgia si stentava note»
  • 35. volmente a medicare i feriti. Mi decisi pertanto ad approdare nel pomeriggio a Nauplia. « Vi giungevo poco prima del tramonto, e pre­ vie trattative con l’ autorità ellenica che fu corte­ sissima, sbarcavo e seppellivo coi dovuti onori i morti. « Proseguivo l’ indomani 14 per Salonicco ove giungevo il 15 poco prima di mezzogiorno : nella traversata erano morti altri due soldati. Lo sbarco procedeva ordinatissimo, e rapido. Degli ammalati e feriti, 749 presero posto su di un treno speciale lungo la banchina, i rimanenti 12 gravissimi, si tennero a bordo, per mandarli più tardi all’ospe­ dale ellenico. «Anche a Salonicco numerosissimi furono i vi­ sitatori di tutte le nazionalità e grande, in ogni ceto, di persone, l’ammirazione destata dall’organiz­ zazione della nostra nave ospedale. Sebbene la cosa non abbia grande importanza, mi permetto segna­ lare che, avendo il giornale La Libertà, organo del Governo ellenico, stampato a chiare lettere che : « Le vapeur Regina d’ Italia a été affrètè par le Gouvernement serbe pour le transport de ses ma- lades et blesssés » e profondamente convinto che il rappresentante serbo si sarebbe ben guardato di smentire la sciocca notizia, mi affrettai a scrivere io stesso al direttore della Liberté la seguente let­ tera (pubblicata poi dal giornale) :
  • 36. — 30 — «Monsieur le Directeur, « Le navire hôpital de la Marine Royale Ita­ lienne Regina d’ Italia n ’a pas été affrété par le Gouvernement serbe, comme votre journal de ce matin en donne le nouvelle aux lecteurs, mais a été gratuitement dan le sens le plus ample du mot mis à la disposition du dit Gouvernement pour le tran­ sport des pauvres malades et blessés des forces ser­ bes engagés dans les opérations militaires d’Al­ banie. « Je vous serai gré de vouloir bien rectifier en ce sens la petite information de La Liberté à fin que le pubblique des nationalités nombreuses habi­ tant cette ville ne tombe dans l’ erreur de croire que l’ Italie permette l’affrètement de quelque unité de sa flotte à une poissance étrangère ». « Il concetto della gratuità del servizio fu, d’al­ tra parte, così ben capito da questi signori che essi sbarcarono senza lasciare la tradizionale mancia ai camerieri, ciò che fu per il personale di camera e per il sottoscritto, oggetto di viva soddisfazione. « S. ¡E. Yassilch, colonnello di stato maggiore serbo, commissario, per quel governo a Salonicco, venne personalmente a ringraziare dell’ opera pre­ stata dalla nave in favore del suo paese e si espresse nei termini più lusinghieri e suonanti caldissima riconoscenza e lasciò intendere che avrebbe uffi­ ciato il suo governo a chiedere al governo d’ Italia
  • 37. di completare l’opera pietosa mandando un’altra volta la nave a Durazzo ». * * * Nel mese di febbraio 1913 le condizioni poli­ tiche e militari dell’Albania subivano delle modi­ ficazioni in seguito alla ripresa delle ostilità, pro­ vocata dal fallimento delle trattative tra Stati bal­ canici e Turchia. I residui dell’esercito turco, aiutati da bande di volontari albanesi, si stavano riunendo e rior­ ganizzando per fronteggiare i Serbi presso Elbas- san e contemporaneamente si preparavano a soste­ nere l’ attacco dei serbo-montenegrini che investi­ vano Scutari. Nell’Albania meridionale continuava l’offensiva greca che puntava specialmente su Janina. Nonostante la comunità d’ intenti che legavano Austria ed Italia nel vigilare sull’ indipendenza al­ banese, la prima tentava ostacolare per evidenti ragioni di rivalità la nostra azione di propaganda politica nella zona di Durazzo. Vedremo in seguito come, malgrado l’ apparente accordo, specialmente nelle alte sfere militari au­ striache si confidasse e sperasse di impedire la no­ stra espansione in Albania. Ciò rendeva ancora più difficile l’opera dei no­ stri rappresentanti diplomatici e dei comandanti
  • 38. — 32 — di unità, che colà si trovavano in quel momento così delicato. Era allora dislocata nelle acque albanesi la R. N. Ciclope (comandante tenente di vascello L. Man­ cini), che come nave talassografica, era tollerata dalla suscettibilità austriaca e svolgeva una doppia attività scientifica e politica, non senza dover su­ perare ostacoli con le autorità serbe probabilmente sobillate da agenti austriaci. A comprendere quanto fosse resa difficile l’opera nostra, può servire di esempio l’ incidente che ri­ portiamo. Il giorno dell’arrivo del Ciclope a Durazzo, mentre il sottotenente di vascello Malusardi, uffi­ ciale in 2a, si recava a terra per la visita al console italiano, ufficiali serbi al comando di truppe serbe di occupazione lo trattennero, tentando di impe­ dirgli in un primo tempo di mettersi in comuni­ cazione col nostro rappresentante diplomatico. Il fermo contegno del sottotenente di vascello Malu- sardi e 1’ immediato intervento del nostro console cav. De Faccendis, intimorirono l’ autorità serba, che si affrettò a fare ampie scuse al comandante della R. N. Ciclope, tenente di vascello Mancini, e l’ incidente si risolse con piena soddisfazione ita­ liana. Sempre in quei giorni tra gli avvenimenti note­ voli è da segnalare il bombardamento di Durazzo, eseguito dall’ incrociatore turco Hamidié. Il tenente di vascello Torrigiani, imbarcato sul
  • 39. — 33 Cariddi nella rada di Durazzo, cosi riferisce il fatto in un suo rapporto : « Alle ore 9 del 12 marzo si avvistò uno scafo da guerra che dirigeva verso Durazzo, ma fino al­ l’ ultimo momento non fu possibile distinguerlo bene.... « Giunto in prossimità della boa accostò un poco sulla dritta ed entrò in rada alzando solo allora la bandiera turca e i segnali : « D A F = sono in procinto di, G Y J = bom­ bardare, Y B L = truppa. « Inviai immediatamente una lancia con un uf­ ficiale a terra ad avvisare il nostro console e a met­ tersi a sua disposizione, ma nel frattempo (9 ore e 40 minuti) 1’ incrociatore turco che riconobbi es­ sere 1’ Hamidié aprì il fuoco con la batteria di si­ nistra contro l’accampamento serbo. Ultimata la bordata girò con la prora in fuori e fece fuoco con la batteria di dritta. I pezzi usati furono quelli di medio calibro, i proiettili granate di ghisa, e la distanza approssimativa da terra 4600 metri. Ulti­ mata questa seconda bordata alle ore 9 e 55 alzò il segnale: Bandiera italiana, D J X = addio!, ed uscì dalla rada dirigendo verso il Nord. Il totale dei colpi sparati fu di 15 dei quali due caddero in pros­ simità o in mezzo alle tende dei soldati__ tre tende furono incendiate__ ». Un brano di un successivo rapporto ancora me­ glio può illustrare le difficoltà che incontrava l’opera 3 — La marina italiana, ecc., Voi. I.
  • 40. - 34 - delle nostre navi e può darci chiaramente un’ idea della delicatissima situazione politica: « ....dopo il bombardamento dell’Hamidié__ essendosi trovati dei frantumi di granata con sopra incise parole con caratteri latini, venne detto che era stata la nostra nazione (Italia) a rifornire la nave turca di munizioni, che anzi il bombarda­ mento fu fatto, dietro nostra istigazione, che 1’ Ha­ midié venne chiamato per mezzo della R. T. del Cariddi ed a conferma di tutto questo fu sobillata r idea che il Ciclope era venuto in queste acque a fare scandagli appunto per vedere se l’ incrociatore turco avrebbe potuto entrare in rada. « Queste dicerie trovarono, subito largo piede non solo nella bassa popolazione e nei soldati, ma presso un gran numero di ufficiali serbi. « È mio personale convincimento che tali voci tendenziose siano state fatte spargeve a bella posta per rendere invisi gli Italiani (che invece special- mente dopo la venuta della nave ospedale Regina d' Italia erano assai ben visti) e far sorgere quindi serie difficoltà all’esplicazione della nostra azione politica e allo sviluppo di qualsiasi nostra influenza sulle popolazioni albanesi. « Così pure debbo riferire che pochi giorni or sono ho saputo che l’ incidente occorso (29 dicem­ bre 1912) quando mi trovavo sul Caprera e cioè dell’ intenzione di visitare la nave e dell’ imposta sospensione delle comunicazioni con la terra, non accadde per iniziativa del capitano di porto ma per
  • 41. — 35 — incitamento di persone molto in relazione con 1’ L R. console austriaco, le quali misero sotto cattiva luce la presenza di un bastimento italiano in que­ ste acque e convinsero le autorità portuarie che erano in diritto di approfondire i motivi di tale presenza con il visitare minutamente la nave ». * * * Nel mese di marzo si acuiva lo sforzo degli eser­ citi serbo-montenegrini per far cadere Scutari che resisteva con tenace valore. Ma la sorte di Scutari, non ancora decisa dalle armi, era invece già stata decretata da parte dei governi delle due Triplici, che, superata faticosa­ mente in novembre la prima crisi risoltasi con il riconoscimento della indipendenza albanese, si erano messi infine d’ accordo anche sulle più diffi­ cili questioni della definizione dei confini del nuovo stato. L’accordo fu dapprima per naufragare, perchè la Francia appoggiava le mire greche su Valona, e la Russia era favorevole alla cessione di Scutari e Giacova alla Serbia e al Montenegro. Ma uno scam­ bio di lettere tra gli Imperatori di Russia e d’Au- stria-Ungheria riuscì a conciliare le aspirazioni delle due nazioni, che rappresentavano l’esponente delle tendenze in contrasto nei due grandi raggruppa­ menti politici europei.
  • 42. — 36 — Con l’ acoordo del 13 marzo 1913 le potenze sta­ bilivano che Scutari dovesse rimanere all’Albania e una successiva deliberazione della conferenza degli ambasciatori del 22 marzo concretava un’ azione comune contro il Montenegro per far cessare le ostilità da parte delle armate serbo-montenegrine che si accanivano nell’assedio di Scutari. Fu naturalmente affidato all’Austria l’ incarico dell’azione diplomatica a nome delle potenze, di modo che il 23 marzo il ministro austro-ungarico a Cettigne, presentò una nota al governo del Re Ni­ cola, chiedendo la cessazione delle ostilità intorno a Scutari. Nè tale nota nè una successiva del 28 marzo, furono prese in considerazione dal governo monte­ negrino, che solo il 31 marzo rispose dichiarando di non accettare la deliberazione delle potenze. Si arrivò pertanto alla palese necessità di una azione militare, consistente in una dimostrazione navale delle potenze a mezzo di una squadra in­ ternazionale riunita davanti ad Antivari. La flotta internazionale comandata dal vice am­ miraglio inglese Cecil Burney, risultò suddivisa in 3 divisioni, e composta dalle seguenti unità : l a D iv i s io n e , comandata dal contrammiraglio austriaco Njegovan : Corazzate: Erzherzog Franz Ferdinand (Au­ stria); Radetzky (Austria); Zrinyi (Austria). Incro­ ciatore leggero Dartmouth (Inghilterra). 2 caccia­ torpediniere (1 inglese, 1 austriaco).
  • 43. — 37 — 2* D i v i s i o n e , comandata dal comandante più anziano delle forze italiane, capitano di vascello Giorgi de Pons : Corazzata, Ammiraglio Saint Bon (Italia). In­ crociatore leggero Aspern (Austria). Incrociatore leggero Breslau (Germania). 1 cacciatorpediniere austriaco. 3® D i v i s i o n e , alle dirette dipendenze del vice ammiraglio inglese Cecil Burney, comandante su­ periore della squadra internazionale: Corazzata King Edward VII (Inghilterra). In­ crociatore corazzato Edgard Quinet (Francia). In­ crociatore corazzato F. Ferruccio (Italia) (coman­ dante capitano di vascello Giorgi de Pons R.). Con la data del 10 aprile l’ ammiraglio Burney trasmise al governo di Cettigne la dichiarazione del blocco alle coste montenegrine ed albanesi com­ prese fra Antivari e la foce del Drin, blocco che in una successiva conferenza dei comandanti na­ vali, tenutasi il 22, fu esteso fino a Durazzo. Mentre per effetto dell’ azione diplotnatica delle potenze le truppe serbei che occupavano Durazzo si preparavano ad evacuare l’Albania, le truppe mon­ tenegrine facevano l’ultimo sforzo contro Scutari, che capitolava il 23 aprile. Essad Pascià, che comandava le truppe tur­ che, si ritirava accampandosi presso Tirana con circa 10 mila uomini. Abbiamo già visto quale avrebbe dovuto in mas­ sima essere la situazione politica nell’Albania, se­
  • 44. — 38 — condo le intenzioni delle grandi potenze e possiamo riassumerla nei seguenti termini : Costituzione di un’Albania indipendente sotto un governo provvi­ sorio riconosciuto dalle grandi potenze e presieduto da Ismail Kemal Bey, in attesa di una definitiva costituzione della forma di governo. I confini di tale stato non erano stati ancora ben fissati, essendo tutt’ ora in discussione fra le potenze protettrici la delimitazione delle frontiere. In linea di massima, tuttavia, era stato con­ cretato che al Nord tali confini dovevano compren­ dere il Vilajet di Scutari, e giungere alla riva de­ stra della Boiana includendo S. Giovanni di Medua, mentre i confini orientali erano ancora ben lon­ tani da una approssimata delineazione. La situazione di fatto era ben differente. Tra S. Giovanni di Medua e Durazzo erano di­ stribuiti circa 25.000 Serbi in procinto però di concentrarsi a Durazzo per evacuare l’Albania in conseguenza della pressione esercitata per via di­ plomatica dalla Russia. Nei dintorni di Tirana e di Valona si accampa­ vano gli avanzi dell’ esercito turco comandati ri­ spettivamente da Essad Pascià e da Djavid Pascià, mentre al Sud forze greche e bande di volontari epiroti si spingevano fino a Santi Quaranta e Saseno. Contemporaneamente il paese era infestato da bande albanesi, che andavano sorgendo per aiutare l'una o l’ altra delle varie parti in contrasto. L ’attività della nostra marina non si limitava a
  • 45. — 39 — concorrere all’ azione della squadra internazionale con le navi Saint Bon e Francesco Ferruccio, giac­ ché, mentre si svolgeva contro il Montenegro razio­ ne militare delle potenze, l’Austria e l’ Italia, di comune accordo, organizzavano una spedizione sa­ nitaria di soccorso per la popolazione civile di Scu- tari, che durante l’ assedio avrebbe da un momento all’altro dovuto essere evacuata per non essere di peso ai difensori turchi. Naturalmente l’opera sanitaria delle Croci Rosse italiana ed austriaca era appoggiata e sostenuta dai rispettivi governi, che intendevano fare in tale modo anche opera politica. La spedizione di soccorso si riunì a Cattaro e risultò composta di navi ausiliarie austriache e ita­ liane. L’ Italia contribuì con il piroscafo Cariddi, sostituito in un secondo tempo dal piroscafo Pen- ceta, e in seguito dal Città di Messina che giunse a Cattaro il 14 aprile. Sul Città di Messina, come comandante militare era imbarcato il tenente di vascello Rota e come capo della missione sanitaria il colonnello medico della R. Marina Rosati. Contemporaneamente due piroscafi fluviali Ma- falda e Jolanda, agli ordini del tenente di vascello Michelagnoli, con provvista di viveri e medicinali, venivano inviati a S. Giovanni di Medua, pronti per risalire la iBoiana fino a Scutari. Ma prima che la spedizione di soccorso par­ tisse da Cattaro, avvenne la caduta della città as­ sediata, e pertanto la spedizione rimase a disposi­
  • 46. — 40 — zione della squadra internazionale, che se ne servì, quando, come vedremo in seguito, le Potenze de­ cisero l’occupazione della tanto contestata Scutari. La ¡presenza del Città di Messina in una base austriaca consentiva intanto all’ ufficio del capo di 6tato maggiore di vigilare attentamente le inten­ zioni dello stato maggiore austriaco, che meditava da tempo un intervento militare in Albania. I telegrammi inviati il 15 e il 21 aprile dal Città di Messina e di cui riproduciamo qualche bra­ no, confermano questa asserzione: « Numerosi gendarmi concentrati per passare in Albania__ « Risultami propaganda austriaca in Albania in­ tensissima, senza limitazione spese, scopo prepa­ rarvi corrente favorevole mentre governo austro- ungarico preparerebbe terreno perchè deputati re­ clamino urgentemente intervento. Due membri go­ verno Valona accompagnati ufficiali stato maggiore austriaco in incognito diretti Trieste Vienna per as­ sicurare fedeltà 50.000 uomini pronti chiedere o provocare intervento.... pronti primo ordine 120 mila uomini raggiungere confine austriaco monte­ negrino in 12 ore. Massimo concentramento truppe a Spalato». Oltre alla manifesta intenzione austriaca di agire verso Durazzo, confermata dalle precise informa­ zioni contenute nel dispaccio segnalato, si aggiun­ geva un altro fattore che minacciava di turbare l’ instabile equilibrio nell’ Adriatico meridionale,
  • 47. — 41 — rappresentato dalle aspirazioni greche sempre vive. Già da tempo l’ ufficio del capo di stato mag­ giore della marina aveva segnalato l’ importanza di Valona e della costa dell’ Epiro e pertanto la nostra azione si svolse in perfetta collaborazione tra le autorità militari e il ministero degli esteri per controbattere l’ azione francese, che tendeva ad assicurare alla Grecia il pieno possesso del ca­ nale Nord di Corfù, con una favorevole delinea­ zione dei confini dell’Albania meridionale '. Queste due minaccie concomitanti al Nord ed al Sud dell’Albania, indussero il governo italiano ad affrettare i preparativi per l’ occupazione di Valona. Che il momento fosse opportuno lo dimostra il seguente rapporto telegrafico del capitano di vascello Cerbino in data 6 marzo in missione se­ greta a Durazzo: cc__ Djavid Pascià trovasi a 6 ore di marcia da Valona con 25 mila uomini di cui solo 15 mila sotto le armi. «Largo approvvigionamento di viveri Valona trasportato da piroscafi del Lloyd austriaco. Ser- 1 Per chi voglia meglio esaminare le fasi dell’azione diploma­ tica nel periodo marzo-aprile, riportiamo nell’appendice alcuni documenti che non inseriamo nel testo per non interrompere la narrazione di carattere militare, essendo questo lo scopo princi­ pale della presente pubblicazione. Appendice documenti nn. 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8 e 9.
  • 48. — 42 — vizio sbarco e trasporto viveri dalla spiaggia al campo eseguito da regolari turchi è lento.... per­ ciò pontile e spiaggia sono ingombri. « Console afferma Turchi possedere trenta mi­ tragliatrici, parecchi cannoni da campagna. Dja- vid Pascià impulsivo è ritenuto capace azione ir­ riflessiva perciò non è da escludere possibilità che di sua iniziativa si opponga alla nostra azione. Si trova accampato a Fieri e volendo potrebbe avan­ zare non mancandogli ripieghi per guadare Voiussa appena ridottasi perchè attualmente in piena. (( Per questa ragione non ritengo consigliabile sbarco meno di 10 mila uomini per fare di Valona base navale. « Sponda meridionale Voiussa da essere presa come limite Nord mettendo presidio nello stesso tempo altura Kanina, attualmente non difesa, co­ me limite meridionale. « Essad Pascià trovasi Tirana con 10 mila re­ golari avendo licenziato riserva. Distaccamento 500 volontari greci si trova Kimara.... Il grosso si trova a Tepeleni, due compagnie di regolari greci si trovano a 10 ore da Valona, ad un’ ora di mar­ cia dal passo Lunetz dominante comunicazione Va­ lona con Albania meridionale. Se dobbiamo ese­ guire sbarco Valona conviene non perdere tempo e approfittare attuale buona disposizione popola­ zione e.favorevole situazione militare per noi». Da parte della marina i preparativi eseguiti per Fazione su Valona furono i seguenti:
  • 49. — 43 — Il 1° maggio fu emanato l’ordine di richiamo degli equipaggi dalla licenza e si costituirono le commissioni d’ imbarco a Brindisi, Bari, Taran­ to, Palermo, Messina, Catania, Napoli. La l a divisione della l a squadra (ammiraglio Viale) che si trovava frazionata tra l’ Egeo e la Libia, fu concentrata ad Augusta e tenuta pronta in 6 ore. A Messina fu dislocata la divisione delle navi scuola (contrammiraglio Cerri) (RR. NN. Re Umberto, Sicilia e Sardegna). Le unità della 2a divisione della l a squadra (RR. NN. Pisa, S. Marco) furono richiamate da Costantinopoli e concentrate in Egeo per vigilare hi flotta greca ed impedirne un’eventuale azione. L’Amalfi invece venne dislocata in Sicilia, mentre per la protezione dei nostri interessi in Turchia veniva colà inviata VEtruria. Carlo Alberto, Palinuro e Miseno furono in­ viate in Libia. La 2* divisione della 2* squadra (ammiraglio Patris) (RR. NN. Garibaldi, Ferruccio, Varese) era dislocata neirAdriatico meridionale, ove era anche la Saint Bon che con la Ferrucccio parteci­ pava al blocco del Montenegro. L t ferma decisione italiana ed i palesi prepa­ rativi L.‘ti dalla nostra marina per 1’ intervento a Valona m dificarono la situazione politica in Al­ bania. Il momento in esame va considerato at­ tentamente, perché è proprio in tale periodo che gli interessi deH’Austr*.i e dell’ Italia, che fino al
  • 50. — 44 — inaggio 1913 erano andati d’accordo, cominciarono ad essere in contrasto. Le convenzioni esistenti potevano solo ritar­ dare l’urto inevitabile. Per comprendere la situazione occorrerebbe il­ lustrare ampiamente le divergenze tra la politica navale nostra e quella austriaca e ciò non può es­ sere consentito in questa pubblicazione, che ha carattere puramente di cronistoria. Un piccolo cen­ no sembra tuttavia necessario e qualche brano del primo volume del Sokol La guerra marittima del­ l'Austria Ungheria 1914-18 che il nostro ufficio sto­ rico ha tradotto e divulgato, potrà essere sufficiente per delineare quali erano le ragioni del contrasto e sopratutto quali erano le direttrici della politica austriaca che vedeva una minaccia imperialistica in ogni nostra azione intesa ad assicurarsi una po­ sizione sostenibile in Adriatico. Parlando della politica navale austriaca così si esprime il Sokol : (( Questo mare (l’Adriatico) era piuttosto il ponte attraverso il quale l’ Italia, spinta dalla ne­ cessità di terra e dalla brama di potenza, avrebbe potuto portarsi nella penisola balcanica. Quivi si presentavano favorevoli prospettive economiche, quivi gli Italiani potevano dirigere correnti emi­ gratorie senza allontanarsi eccessivamente dalla ma­ dre patria. Quivi il Montenegro attendeva i suoi protettóri e i suoi finanziatori, strettamente legati ad esso da vincoli dinastici e politici. Sulle sponde
  • 51. di quel mare si trovava Valona che in unione ai porti italiani di Bari e di ¡Brindisi poteva sbarrare 10 sbocco dell’Austria-Ungheria dall’Adriatico verso 11 libero traffico mondiale. cc Così era fatale che le direttrici lungo le quali si sviluppava l’ espansione italiana dovessero in ul­ tima analisi attraversare quelle della monarchia da­ nubiana. Ma l’Adriatico era geograficamente troppo ristretto per poter offrire alle due grandi potenze che ad esso si affacciavano un campo di estensione sufficiente per il loro accrescimento economico e demografico__ « Anche l’Albania, la quale costituiva il punto geografico di intersezione delle reciproche direttrici di avanzata, divenne contemporaneamente un fo­ colaio di contrasti politici, ma, tenendo conto della loro amicizia, sigillata da un trattato, le due grandi potenze dovevano accuratamente evitare di trarre le estreme conseguenze della loro lotta per il pre­ dominio culturale ed economico in Albania ed a Valona. L’appello alle armi non si trasformò in realtà, sebbene esso fosse patrocinato in Austria- Ungheria dalla influente opinione di Conrad von Hotzendorff ed in Italia da uomini politici diri­ genti. « Le aspirazioni dell’ Italia al possesso di Valona implicavano per la monarchia danubiana una mi­ naccia, la quale non poteva essere scongiurata, nè per mezzo dei trattati relativi all’Albania, con­ clusi col Regno d’ Italia (1897-1901), nè per mezzo
  • 52. — 46 — della sua fiducia nella fedeltà dell’ Italia alla Tri­ plice; ma solo quando Valona fosse diventata uu ¡porto austro-ungarico.... « La politica austro-ungarica nei riguardi del­ l'Albania si irrigidì nel tentativo passivo di mante­ nere lontani dalle coste albanesi gli altri rivali posto che la monarchia non si sentiva abbastanza forte per impossessarsi di Valona. Con i trattati conclusi con T Italia, l’Austria-Ungheria si era dimostrata con­ senziente a spartire le proprie aspirazioni su Va­ lona con il suo vicino, il quale vedeva in questa posizione strategico-marittima un possibile rim­ piazzo per Biserta. Ogni possibilità di assicu­ rare con mezzi politici il collegamento fra le coste austro-ungariche ed il Mediterraneo parve così svanita. « Nè questa situazione di fatto risultò modifi­ cata in nulla dalla circostanza che, nel dicembre 1912, la Conferenza degli ambasciatori di Lon­ dra riconobbe 1’ indipendenza dell’Albania allo scopo di impedire l’ accesso al mare ai Serbi ed alle aspirazioni espansionistiche russe, che si na­ scondevano dietro la Serbia.... «La direttrice, scelta dalla Russia per attuare le sue mire espansive verso il Mediterraneo, che sboccava sulle coste adriatiche, tagliava la strada che la conferenza di Berlino aveva assegnato alla monarchia danubiana per l’avanzata verso Salo­ nicco. Questo porto aveva acquistato un’ impor­ tanza tanto, più grande per l’Austria-Ungheria in
  • 53. — 47 - quanto che la reazione politica dell’ Italia in Adria­ tico aveva impedito l’occupazione di Valona ». È palese pertanto quanto vaste fossero le aspi­ razioni dell’Austria, che era in accordo con noi nell’arrestare l’avanzata degli Slavi fino all’Adria­ tico e nel desiderare la neutralizzazione del canale Nord di Corfù, ma nello stesso, tempo non vedeva di buon occhio la nostra collaborazione in Albania che giudicava dannosa e contraria ai suoi interessi tendenti al possesso non solo di Durazzo ma anche di Valona e di tutta l’Albania. Come vedremo in seguito, il contrasto non fu risolto che con la guerra e la costa albanese di­ venne uno dei teatri della lotta delle marine ita­ liana ed austriaca. Come lo stesso storico austriaco riconosce, la minacciata azione italiana fece desistere l’Austria dall’occupazione militare di Scutari e Durazzo. A tale decisione contribuì anche il fatto che nel frattempo il Montenegro, per effetto delle pres­ sioni russe anche più gravi di quelle contenute nella nota del 10 aprile che riproduciamo in ap­ pendice (documento n. 10), cedette al volere delle potenze, mentre l’ azione greca in Epiro veniva fatta sospendere dalla Francia in attesa di una de­ limitazione dei confini meridionali albanesi che l’ Italia imponeva con l’ azione diplomatica e mi­ litare già illustrata. Non ostante la rivalità latente tra 1’ Italia e l’Austria, l’ azione comune svolta dalle due po­
  • 54. — 48 — tenze alleate, valse a tenere lontani Slavi e Greci dell’Albania &impedì che la riva orientale del ca­ nale di Otranto cadesse in potere di una grande nazione per mezzo di uno Stato satellite. L’ azione diplomatica italo-austriaca svolta nel maggio non fu, come vedremo in seguito, l’ultimo bagliore di luce della morente Triplice Alleanza. Ancora una volta prima che le rispettive ed in­ transigenti aspirazioni sul controllo dell’Adriatico rendessero inconciliabile l’ urto di interessi tra le nostre necessità di sicurezza militare e la politica dell’ impero austro-ungarico, le due diplomazie e le due marine da guerra collaborarono per la tutela dell’Albania e sopratutto per impedire l’ accesso in Adriatico ad altre potenze. Ma inevitabilmente, allontanati gli altri com­ petitori la partita doveva risolversi in modo irre­ vocabile tra le due potenze rimaste in lotta per un dominio che non poteva ammettere rivali, e l’Adria­ tico doveva fatalmente divenire il pomo della di­ scordia. Non per nulla venti e più secoli di storia insegnano che tale mare è troppo piccolo per ap­ partenere a due padroni. Ritorniamo pertanto a seguire gli avvenimenti albanesi che nel loro tempestoso se pur breve svol­ gimento richiesero continua, vigile, laboriosa e ta­ lora pericolosa l’azione delle navi armate della patria. Mentre il grosso della flotta lasciava la dislo­ cazione assunta per l’eventuale azione guerresca e
  • 55. — 49 — si distribuiva nelle varie basi per il necessario pe­ riodo di lavori e di esercitazioni, la divisione Ga­ ribaldi che abbiamo segnalato in Adriatico pronta a effettuare 1’ impresa di Valona, si dislocava in Albania per partecipare in modo più appariscente e decisivo all’ azione internazionale, come si con­ veniva all’ Italia, potenza particolarmente interes­ sata nelle cose albanesi. E pertanto dal maggio 1913 al luglio 1914 il peso maggiore delle operazioni navali fu sopportato in grande parte dalle marine italiana ed austriaca e cioè fino a quando lo scop­ pio della guerra europea lasciò indisturbata l’ Ita­ lia di portare a compimento l’occupazione di Va­ lona da tanto tempo meditata, mentre l’Austria era costretta a lasciare il campo libero essendo la flotta austriaca chiamata a difendere la corona degli Asburgo. Riprendiamo in esame le operazioni svolte dalla flotta internazionale. In seguito alle decisioni prese dal Montenegro di accettare quanto le potenze avevano stabilito re­ lativamente a Scutari, la conferenza degli amba­ sciatori diede ordine all’ ammiraglio inglese di pro­ cedere aU’oceupazione della città con le forze da sbarco delle navi nominando una commissione composta di ufficiali delle varie potenze che a nome di queste assicurassero il temporaneo governo della città. Il primo provvedimento fu quello di assicurare 1’ invio di soccorsi sanitari e di mezzi di sostenta- 4 — La marina italiana, ecc., Voi. I.
  • 56. — 50 — mento alla popolazione stremata dal lungo assedio. E perciò la spedizione italo-austriaca già pronta a Cattaro ebbe ordine di recarsi alle foci della Boiana. Il Citta di Messina ed il piroscafo austriaco Me- tcovich, giunti il giorno 7, trasbordarono tutto il materiale sui due piroscafi fluviali italiani Mafalda e Jolanda che, in unione al piccolo piroscafo flu­ viale austriaco Scutari, passata la barra del fiume il giorno successivo, risalirono la Boiana diretti a Scutari con il loro carico di medicinali e di molte tonnellate di viveri, e con il personale sanitario. Lo stesso giorno era giunta la R. N. Garibaldi già preceduta dalla Farese, cosicché la 2a divisione della 2a squadra ( Garibaldi, Varese e Ferruccio) trovavasi riunita al comando del contrammiraglio Patris, che da quel momento rappresentò l’ Italia nella commissione internazionale. Questa risultò così composta : vice ammiraglio Cecil Burney, comandante superiore e comandante le forze inglesi; contrammiraglio Patris Giovanni, comandan­ te la divisione italiana; contrammiraglio Njegovan M., comandante la divisione austriaca; capitano di vascello Laugier, comandante 1’ incrociatore corazzato francese Ernest Rénan ; capitano di fregata V. Klitzing, comandante 1’ incrociatore germanico Breslau. Le forze di occupazione furono costituite da un
  • 57. - SI — contingente diviso in quattro gruppi composti in parti eguali di marinai delle quattro nazioni pre­ senti. Il distaccamento italiano comandato dal capi­ tano di fregata Ciano Arturo e costituito a sua volta da 4 sezioni risultò composto come segue: sezione A, uomini 50, RR. NN. Garibaldi e Ferruccio ; sezione 6 , uomini 50, R. N. Garibaldi; sezione C, uomini 50, R. N. Ferruccio; sezione D, uomini 50, R. N. Varese. Il trasporto del corpo di spedizione fu eseguilo il 14 maggio sempre servendosi dei due piroscafi italiani e di quello austriaco. L’ opera della commissione internazionale si ini­ ziò il 15 maggio e fu opera complessa di carattere militare, civile, politico e umanitario. Qualche brano dei rapporti del contrammiraglio Patris po­ trà darcene un’ idea : « 15 maggio. Alle 10 si riuniscono i membri della commissione con 1’ intervento di tutti i con­ soli e dei componenti il municipio. « Si prendono parecchie disposizioni riguar­ danti l’ andamento dei vari servizi della città (pu­ lizia, illuminazione delle strade, ecc. concessione della pesca nel lago di Scutari per un canone an­ nuo fisso di 400.000 lire, ecc. riscossione entrate doganali e telegrafiche, ecc.). « Di non breve discussione ha formato oggetto il rimpatrio di circa 900 militari convalescenti tur­
  • 58. — 52 — chi che ancora restano negli ospedali e della mag­ gior parte degli impiegati turchi con le loro fa­ miglie. Si è deciso di inviarli a Brindisi usufruendo dei due vapori (Città di Messina e Metcovich) che trovansi alla Boiana a disposizione della Croce Rossa per farli poi proseguire per Costantinopoli con le coincidenze del Lloyd austriaco e dei Ser­ vizi marittimi italiani. « Altre decisioni prese : «Aggregare un ufficiale al municipio che, per desiderio degli stessi consiglieri comunali, è stalo scelto di nazionalità italiana '. « Istituzione di una commissione sanitaria, stante le condizioni igieniche della città. « Essa è composta da due medici italiani, uno austriaco, due albanesi (uno cristiano ed uno mus­ sulmano). Per i rifornimenti, i movimenti e per le altre varie necessità delle truppe è assolutamente necessario un mezzo comodo, capace, veloce (quali sono le cannoniere lagunari italiane) per percor­ rere le 25 miglia che separano Scutari dal mare. « L’ ammiraglio inglese oggi alla conferenza me ne fece personale richiesta e contro ogni mia aspet­ tativa, incontrò anche l’aggradimento dell’ammi­ raglio austriaco. « 17 maggio. La commissione ha preso le se­ guenti deliberazioni : 1 Tenente di vascello Parisio Perrotti, sostituito poi il 4 giù- gno 1913 dal tenente di vascello Perricone.
  • 59. — 53 — 1) ha autorizzato la Banca ottomana ad apri­ re un conto corrente di lire 25 mila a favore del municipio di Scutari. I buoni di prelevamento do­ vranno essere controfirmati dall’ ammiraglio in­ glese; 2) è stata deliberata 1’ istituzione di una gen­ darmeria per il servizio di polizia della città. Essa sarà composta di militari inglesi ma vi saranno adi­ biti due marinai italiani che sappiano l’ albanese e 1’ inglese; 3) si è autorizzato che si proceda alla vac­ cinazione dei cittadini stante il vaiolo che serpeg­ gia nella città. ce19-20 maggio. Si è proceduto alla costituzione di una Corte suprema di giustizia e di un Tribu­ nale giudiziario ordinario. La prima composta di : « Flag captain Heaton Ellis ; (( Capitano di fregata Ciano Alessandro; « Korvetten kapitan Welsersheim; si riunirà quando lo crederà necessario e giudi­ cherà dei reati gravi e delle infrazioni alle leggi militari. TI secondo presieduto dal capitano di fre­ gata francese Ardnell si unirà tutti i giorni per i reati comuni.... «S i discute la formazione di una capitaneria di porto a Scutari, l’ ammiraglio austriaco propone di mettervi a capo l’ufficiale italiano addetto al mu­ nicipio, sostituendolo in tale carica con un ufficiale austriaco. Faccio subito notare apertamente come tale cambio sia poco opportuno. L ’ ammiraglio Bur-
  • 60. — 34 — ney propone, in vista delle insistenze austriache, che si metta un ufficiale a capo della capitaneria e che questi sia austriaco. « Una rappresentanza dei cittadini notabili del­ la città viene ad esprimere i profondi ringrazia­ menti della cittadinanza per l’ opera delle grandi potenze.... « La Città di Messina è pronta a partire e di­ sponibile per il trasporto degli ammalati e delle famiglie turche ma la partenza di tutta questa gen­ te è ora ostacolata dal fatto che non ricevendo più paghe dal governo da sei mesi hanno contratto debiti. « Senza risposta sono finora rimaste le richie­ ste fatte al governo turco. Intanto le missioni sa­ nitarie italiana ed austriaca continuano a distri­ buire ogni giorno a tutti questi turchi i soccorsi necessari al loro sostentamento». Alle forze navali dislocate in Albania era stata anche aggiunta la cannoniera fluviale Marniera, i! cui attivo concorso fu prezioso nello svolgimento delle operazioni di trasporto da Scutari al mare. Tra gli assillanti problemi, che nei primi giorni tennero occupata la commissione degli ammiragli, era anche quello dello sgombero dairAlbania del­ le truppe turche. L’ evacuazione ed il trasporto di tali truppe fu compiuto servendosi in gran parte dell’opera della marina italiana. La viva ed efficace descrizione che nei suoi rap­
  • 61. — 55 — porti ci ha lasciato l’ammiraglio Patris, merita an­ che in questo caso di essere riprodotta per non to­ gliere nulla all’ interesse della narrazione : « 30 maggio. Quest’ oggi sono finalmente partiti da Scutari i 700 Turchi. L’organizzazione di que­ sta partenza è costata non lievi fatiche. La natu­ rale indolenza, lo stato di abbandono in cui tutta questa gente era stata lasciata, il nessun interesse dei medici turchi, hanno obbligalo i nostri ufficiali a supplire a tutto. Fino all’ultimo momento non si potè sapere esattamente quanti convalescenti avrebbero potuto comminare e quanti no, e il nu­ mero di questi ultimi riferito essere 70 risultò al­ l’ atto pratico più del doppio e fra essi vi erano molti che più che il nome di convalescenti meri­ tavano quello di resti umani per orribili mutila­ zioni a cui erano stati sottoposti. Tutta questa gen­ te offriva in complesso uno spettacolo assai peno­ so. Sia quelli che potevano camminare, quanto gli altri in carrozza o sui carri furono fatti partire dalle 5 e mezzo in poi a grappi dall’ospedale— scortati a dritta e sinistra da plotoni dei distacca­ menti internazionali. «La cannoniera lagunare Marghera. quella au­ striaca Salamander 1 e il piroscafo Scutari messi a 1 Poco dopo l’arrivo della cannoniera Marghera giunsero qui per cura dell’amniiraglio Njegovan, senza alcun preavviso, una cannoniera austriaca (Salamander) ed una specie di piccolo tender. La Salamander pesca m. 1,50 e poco meno il tender. Le acque
  • 62. — 56 — disposizione dell’ammiraglio Njegovan erano siati precedentemente fatti ormeggiare con la prua al ponte di Scutari sicché tutto l’ imbarco poté com­ piersi con grande rapidità. La ripartizione fu presso a poco la seguente: Scutari 320; Salaman­ der 120; Marghera 220; sulle due maone a rimor­ chio, 60 destinati ad imbarcare sul cacciatorpedi­ niere italiano che li avrebbe trasportati <t Durazzo. La spedizione partì alle 8 da Scutari, a mezzo­ giorno il Lanciere partiva per Durazzo, alle 14 la Citta di Messina e il Cariddi 1 per Costantinopoli avendo rispettivamente a bordo 60, 450 e 250 per­ sone». Nello stesso periodo di tempo la corazzata Na­ poli e i cacciatorpediniere Lanciere e Carabiniere stazionavano nelle acque di Durazzo e di Valona. L’ occupazione militare di Scutari fu mantenuta per circa 2 mesi con i soliti reparti di marinai sbarcati dalle navi. del fiume per contro, abbassano rapidamente e la navigazione da Oboti a Scutari, già difficile per la forte corrente, diventa im­ possibile per scafi a forte pescaggio. Per far cooperare le navi austriache al servizio internazionale ho aderito alla richiesta del­ l'ammiraglio Njegovan che la Salamander limiti il servizio fra le foci e Oboti e il Marghera farà servizio da Oboti a Scutari. 1 Dal rapporto del tenente di vacello Torrigiani, comandante militare del Cariddi: « Durante la traversata morirono 2 turchi.... il primo trascorse 24 ore dal decesso constatato dagli ufficiali me­ dici ottomani presenti, ebbe sepoltura in mare all’altezza dell* isola di Strati, il cadavere del secondo fu invece sbarcato al villaggio di Dardanelli.... ».
  • 63. — 57 — Verso la fine di luglio tali reparti furono sosti­ tuiti da contingenti di truppe degli eserciti delle potenze. L’ opera svolta nei mesi di occupazione è ben descritta nel rapporto del comandante Ciano, che riproduciamo per il particolare interesse che ha tale documento : « La città all’ arrivo delle truppe internazionali mancava di tutto; gli uomini ed i bambini vesti­ vano abiti logori e stracciati; il loro aspetto era quello di persone sofferenti e sotto 1’ incubo del terrore; pochissime le donne. La città rigurgitava di truppe montenegrine che occupavano con le loro famiglie le caserme e gli edifici pubblici, devastati dagli albanesi nell’ intervallo di tempo interceduto fra l’uscita dei Turchi e la presa della città da parte del Montenegro. Sporcizie e pestifere esala­ zioni dappertutto. Le strade ridotte in pessime condizioni a causa della guerra ed impraticabili dalle recenti pioggie, prive quasi del tutto d’ illu­ minazione, ingombre di cannoni, munizioni e di carriaggi militari. (c I principali edifici, chiese, moschee, caserme e moltissime case coi tetti e le mura rovinate. « Oggi, dopo solo tre mesi di governo delle forze internazionali, la città ed i dintorni liberati dalla presenza del nemico; sgombrati da tutta la enorme quantità di materiale guerresco abbandonato dai Turchi e preda di guerra del Montenegro, risanati con la sepoltura e l’ incenerimento dei cadaveri,
  • 64. — 58 — delle carogne e di rilevanti quantità di luridi e pe­ stiferi indumenti personali e letterecci, liberati da cani idrofobi che sembravano iene, presentano un aspetto ridentissimo. «: I mercati sono abbondantemente provvisti, le strade pulite e relativamente bene illuminate; molti edifici riparati, le caserme rese abitabili, i campi dei dintorni coltivati; l’ordine, la giustizia, l’am­ ministrazione civica ristabiliti; la libertà d’ azione e religione, la tranquillità delle famiglie assicu­ rate; i commerci ripresi; ritornato e forse accre­ sciuto il benessere della popolazione— ecco in poche parole il benefico effetto che la città di Scu- tari ha tratto in soli tre mesi di occupazione in­ ternazionale, mercè la quale ha potuto dimenti­ care gli orrori della dominazione turca, quelli de­ rivanti dalle continue insurrezioni tanto crudel­ mente represse, dal lungo assedio e dal metodico giornaliero bombardamento al quale da mesi la cit­ tà era stata sottoposta. «A tale opera altamente civile l’ Italia ha effica­ cemente concorso senza riguardo a sacrifici finan­ ziari, accrescendo la sua influenza in questa regio­ ne; e il distaccamento della R. Marina__ vi ha contribuito con tutte le energie delle quali dispo­ neva, lasciando il miglior ricordo di sè nella po­ polazione, e riuscendo ad attirarsi la simpatia delle autorità estere che hanno avuto ancora una volta occasione di ammirare la disciplina, lo spirito di sacrificio, l’operosità e 1’ intelligenza dei nostri ma­
  • 65. — 59 — rinai, in uno alla perfetta organizzazione dei no­ stri reparti da sbarco— ». « Il 25 luglio il nostro reparto di marinai fu so­ stituito con un battaglione del R. Esercito. Nei medesimi giorni si costituiva una commissione per la delimitazione dei confini albanesi. La commissione di controllo degli ammiragli cessò di funzionare il 15 ottobre e cedette il governo della città alla sottocommissione composta dagli uf­ ficiali comandanti dei corpi di spedizione e dei con­ soli delle potenze, e alla fine di agosto la divisione Garibaldi potè rimpatriare essendosi ormai sciolta la flotta internazionale. L’ ammiraglio Patris aveva alzato la sua insegna sul Dandolo destinato a rimanere stazionario in Al­ bania insieme con la R. N. Iride (comandante ca­ pitano di corvetta 0. Ruta) dislocata a Valona. L’Austria lasciò a sua volta nelle acque alba­ nesi 1’ incrociatore St. Georg sostituito poi dal- VAspern, e a Valona una unità minore (cannoniera o cacciatorpediniere). La questione del confine meridionale fu risolta conformemente alle proposte italo-austriache, as­ segnando cioè all’ Albania il litorale orientale del canale di Corfù fino a S. E. di Punta Stylos, il canale fu dichiarato zona neutralizzata e la Grecia fu invitata a sgombrare entro il 31 dicembre la zona occupata, tra cui Saseno e Santi Quaranta. Le tergiversazioni greche tuttavia fecero rite­ nere necessaria anche in questa occasione un’ azione
  • 66. — 60 — coercitiva esplicata in comune dalle flotte italiana ed austriaca e le duef marine si prepararono allo scopo. Ma tale azione fu evitata in seguito al soprav­ venuto sgombro dell’Albania meridionale da parte dei Greci. Così si chiude, per quanto riguarda l’attività navale nell’Albania settentrionale, il faticoso an­ no 1913. Vedremo in seguito come la questione albanese dovesse assumere nuovamente capitale importanza nel 1914 e richiedere un nuovo intervento. * * * La situazione politica europea, che si era man­ tenuta quanto mai oscura fino al maggio 1913 così da mostrarci nel teatro del Mediterraneo le flotte inglese, francese, italiana ed austriaca sempre pronte ad entrare in azione, si andò rischiarando nel mese di luglio e agosto. Dall’ agosto al novembre, la flotta italiana potè usufruire di un relativo periodo di raccoglimento e provvedere alle complesse operazioni indispen­ sabili per il mantenimento in efficienza delle navi e per l’ allenamento del personale. Nell’ agosto furono svolte le gare di tiro in Sar­ degna, alle quali assistette S. M. il Re imbarcato sulla R. N. Dante Alighieri recentemente entrata a far parte della squadra.
  • 67. — 61 — Tale riunione non potè essere completa, per­ chè vi mancava la 1Jdivisione della 2“ squadra, che per necessità politiche dovette rimanere dislocata in Egeo. L’Amalfi era recentemente rimpatriata da Stoc­ colma, ove aveva scortata la R. N. Trinacria nel viaggio compiuto dalle LL. MM.. I mesi di agosto, settembre e ottobre trascorsero nello svolgimento delle normali esercitazioni e ne­ gli arsenali per l’ esecuzione dei lavori annuali. La dislocazione e la costituzione della flotta pre­ vista per il novembre avrebbero dovuto essere quel­ le proposte dalla lettera inviata dal capo di stato maggiore al ministro della marina in data 20 ago­ sto dal golfo Aranci e che riproduciamo parzial­ mente : « Spezia e Genova: « Prima squadra (vice ammiraglio Amero d’Aste Stella). cc Prima divisione (vice ammiraglio Amero d’Aste Stella). « Dante Alighieri (nave ammiraglia), G. Cesare (in allestimento), Leonardo da Vinci (in allesti­ mento a Genova), Nino Bixio (in allestimento a Na­ poli), squadriglia cacciatorpediniere tipo Animoso. « Adriatico : cc Seconda divisione (contrammiraglio Trifari). ccG. Garibaldi (nave ammiraglia), Varese (iu
  • 68. lavori a Venezia), Ferruccio, Coalit, Agordat, squa­ driglia cacciatorpediniere tipo Artigliere. « Tirreno: « Terza divisione (navi scuola) (contrammira­ glio Cutinelli). « B. Brin (nave ammiraglia), Regina Margheri­ ta, E. Filiberto, S. Marco, Carlo Alberto, Liguria, Miseno, Palinuro. Aggregata alla prima squadra : Eridano (cisterna). « Riviera ligure: « Seconda squadra (S. A. R. vice ammiraglio Luigi di Savoia). « Prima divisione (S. A. R. vice ammiraglio Lui­ gi di Savoia). « Regina Elena (nave ammiraglia), Vittorio Emanuele, Roma, Napoli, Quarto, squadriglia cac­ ciatorpediniere tipo Impavido. « Egeo e Jonio: « Seconda divisione (contrammiraglio Cagni). « S. Giorgio (nave ammiraglia), Amalfi, Pisa, Marsala, squadriglia cacciatorpediniere tipo Cara­ biniere. Aggregata alla seconda squadra: Vulcano (nave officina), Tevere (cisterna). « Maddalena e Gaeta: « Ispettorato delle siluranti (contrammiraglio Corsi). — 62 —
  • 69. — 63 — 6 squadriglie di cacciatorpediniere tipo Nem­ bo e Strale, 5 squadriglie di torpediniere alto mare e 7 squadriglie di torpediniere costiere. <( I sommergibili costituiti in 4 squadriglie e la loro nave appoggio Lombardia. Tale dislocazione però non fu attuata comple­ tamente per la sopraggiunta necessità d’ inviare la divisione Regina Elena al comando di S. A. R. il Duca degli Abruzzi in Asia Minore, dove si era re­ cata a scopo dimostrativo una parte notevole della fiotta francese (documenti 11-12). Ed il 17 novem­ bre nelle acque di Rodi la squadra italiana e quella francese composta di 6 corazzate ebbero occasione di incontrarsi e di scambiarsi i prescritti saluti. La fine dell’anno 1913 trovò la marina italiana pronta ad intraprendere qualsiasi operazione cbe le necessità politiche avessero richiesto.
  • 70.
  • 71. C a p i t o l o II. LE OPERAZIONI NAVALI IN LIBIA DOPO LA PACE ITALO-TURCA So m m a r io : Le condizioni politico-militari della Libia dopo la cessazione delle ostiiltà con la Turchia. — La guerriglia coloniale. — Le speranze turche. — Il contrabbando costiero. — I presidi sulla co­ sta ed i loro collegamenti. — Le forze navali dislocate in Libia. — Prime azioni contro nuclei ribelli in Cirenaica. — Azioni del Bausan e dttWElruria. — Bombardamento ed occupazione di Sirte. — Imbarco dei regolari turchi. — Le azioni nei dintorni di Ben- gasi nel gennaio 1913. — Il trasporto dei regolari turchi a Beirut. • La .situazione in Cirenaica. — I preparativi per l’azione di Tolmetta. — Operazioni delle torpediniere nei dintorni di To- biuk. —•Costituzione del corpo destinato ad occupare il Merg. — Dislocazione della prima divisione della prima squadra. — Co­ stituzione del convoglio. — L’ imbarco del corpo di spedizione. — Il concentramento a Tobruk. — Lo sbarco dei marinai. — Le difficoltà dello sbarco. — La crisi della testa di sbarco. — La notte dall’ 11 al 12 aprile. — Le operazioni nei giorni successivi. —- Le artiglierie delle navi in azione. — Le operazioni interrotte dalla mareggiata. — Fine dèlio sbarco — Avanzata e occupa­ zione del Merg. — Epilogo. —- Sbarco ad Apollonia. — La divi­ sione navi scuola in Cirenaica. —■Azione della Sicilia. — La mi­ gliorata situazione militare alla fine del luglio 1913. La parteci­ pazione delle navi alle operazioni ne] settore di Tobruk. 5 — La marina italiana, ecc., Voi. I.
  • 72. — 66 — Le pagine che precedono, nelle quali abbiamo cercato di riassumere brevemente gli avvenimenti dell’anno 1913 ed i loro riflessi inevitabili sulla no­ stra politica navale, hanno illustrato il contributo dato dalla marina nella lotta che, pur non avendo ancora assunto un carattere di guerra, esisteva tutta via tra le varie grandi Potenze per assicurarsi una posizione predominante nei Balcani e nell’oriente europeo. L’ opera svolta da importanti frazioni della flotta in Levante, in Albania, in Egeo, sebbene incruen­ ta, aveva avuto alcuni momenti veramente dram­ matici; talvolta il successo diplomatico fu conse­ guito con la presenza e l’appoggio delle navi, che risposero costantemente all’appello della patria, pronte ogni giorno, ogni ora, ogni istante a passare dall’ azione rappresentativa all’azione guerresca. La marina, nell’ anno 1913, svolse nel modo più completo il compito importantissimo e delicato di essere la collaboratrice della diplomazia ed insieme lo strumento e l’arma sempre pronta con cui la nazione potè svolgere la sua politica navale. I tangibili risultati ottenuti con l’ attiva parte­ cipazione delle forze navali agli avvenimenti po­ litici, compensarono la marina delle rudi fatiche sopportate. Ma nell’ anno 1913, contemporaneamente all’at­ tività che abbiamo riassunta brevemente, la ma­ rina fu chiamata a svolgere un altro compito che, pur potendo sembrare di secondaria importanza, ri­
  • 73. — 67 — chiese l’intervento di numerose unità ed assorbì no­ tevole quantità di mezzi e di uomini. Intendiamo parlare delle operazioni militari sulle coste della Libia. Il doppio aspetto della guerra libica, che fu guerra tra potenze europee e nello stesso tempo guerra coloniale, lasciò, nonostante la pace con­ clusa con la Turchia, lo strascico inevitabile di tutte le guerre coloniali. L ’avita avversione dell’arabo per l’infedele, gli interessi di confraternite religiose, 1’ industria del contrabbando delle armi, gli interessi commerciali e politici di altre potenze, contribuirono a tener viva la guerriglia coloniale. Alcuni nuclei di regolari turchi rimasti nel- 1’ interno avevano costituite ed organizzate, inqua­ drandole, numerose bande irregolari, che agivano per conto di alcuni dei più influenti capi della Se- nussia, perchè questa confraternita religiosa-poli­ tica pretendeva di succedere alla Turchia nel go­ verno di alcune zone della Libia. Inoltre la Turchia, che si era adattata ad accet­ tare la pace con l’ Italia spintavi in parte dalla ne­ cessità di difendersi dall’assalto dei confederati balcanici, aveva sempre interesse a tener viva la ribellione araba contro di noi, nella lontana spe­ ranza che ulteriori gravi avvenimenti politici le of­ frissero l’ occasione, approfittando del parapiglia di una conflagrazione che tutti presentivano vicina, di riprendersi la Libia.
  • 74. — 68 — Alla fine del 1912 la nostra occupazione si li­ mitava al possesso effettivo dei soli centri più im­ portanti della lunga costa libica. Non solo la no­ stra occupazione militare non aveva ancora potuto svilupparsi in profondità, ma rimanevano ancora molti punti della costa inospitale ed idrografica­ mente poco nota in mano a nuclei di ribelli arabo­ turchi, che minacciavano da vicino o impedivano le comunicazioni tra i vari centri da noi occupati. Alcuni punti della costa nelle mani dei ribelli rap­ presentavano anche dei discreti rifugi per piccoli piroscafi o velieri, e poiché ad essi facevano anche capo alcune delle più battute vie carovaniere che li univano all’ interno, tali punti davano la possi­ bilità ai ribelli di svolgere un regolare traffico col mare. Questo traffico inevitabilmente aumentava la possibilità di resistenza e di vita, sia col riforni­ mento di armi, sia col commercio carovaniero. Da questa premessa risultano ben chiari quali dovevano essere e quali furono effettivamente i com­ piti della marina, e precisamente: operazioni mi­ litari in appoggio alle truppe di occupazione, blocco delle zone costiere ancora nelle mani dei ribelli e vigilanza delle linee di comunicazione lungo il mare. Tali operazioni furono svolte in linea di massima sia da vecchie navi di scarsa efficienza guerresca, sia da unità aventi caratteristiche parti­ colarmente adatte alle esigenze del servizio colo­ niale; oltre a queste forze furono impiegate alcune squadriglie di siluranti meno moderne.
  • 75. — 69 — Si potè in tale modo quasi sempre non dimi­ nuire sensibilmente l’efficienza del grosso della flotta metropolitana, già sufficientemente assorbita da altri gravi compiti; ma alcune delle operazioni svolte in Libia (ad esempio l’ occupazione di Tol- metta) assunsero un aspetto ed una importanza così notevole da richiedere la partecipazione di grosse frazioni della flotta da battaglia. La narrazione cronologica delle operazioni mi­ litari svolte in Libia, dopo la conclusione della pace con la Turchia, richiederebbe, di per sè stes­ sa, più di un capitolo; ma, poiché la narrazione ha il puro scopo di mettere in evidenza le condizioni in cui si trovò la marina allo scoppio della grande guerra europea, riteniamo sufficiente ricordare sol­ tanto alcune delle più importanti operazioni mili­ tari, che faremo precedere da un brevissimo cenno sulla situazione militare in Libia alla conclusione della pace italo-turca, in quanto le operazioni na­ vali che seguirono erano necessariamente in stretta relazione con l’ attività militare terrestre del corpo di occupazione. La breve durata della guerra non aveva an­ cora consentito alle nostre truppe di poter avan­ zare in profondità verso il Sud; perciò come già si è detto più sopra, la nostra occupazione militare si limitò alla fascia costiera, eccetto che nella zona di Tripoli, ove si potè raggiungere con una certa vapidità l’ altipiano del Oarian. Ma anche l’ occupazione costiera era frammen­
  • 76. — 70 — taria per ragioni evidenti. La mancanza di strade tra i vari punti importanti della costa non consen­ tiva d’ irradiare spedizioni di truppe dai maggiori centri di occupazione. D’altra parte le occupazioni non potevano essere fatte subito per via di mare, giacche l’ assenza di buoni approdi, rendendo diffi­ coltose le comunicazioni marittime, rischiava di rendere precaria la situazione delle teste di sbarco o dei presidi isolati, la cui entità non poteva assu­ mere proporzioni molto notevoli senza l’ appoggio di una base, dato che le risorse del luogo erano insufficienti a garantire le più modeste condizioni di vita per la mancanza di acqua e di viveri. L’ occupazione della costa doveva quindi essere eseguita con molta cautela e con mezzi navali e terrestri di una certa importanza al fine di assicu­ rarne la continuità e non esporre le nostre truppe a pericolosi ed inutili insuccessi. Alla fine del 1912 la nostra situazione militare in Libia era la seguente: Il nucleo maggiore del nostro corpo di occupa­ zione presidiava Tripoli ed i dintorni, mentre alcune colonne avanzate si erano già spinte a Sud verso il Garian. A ponente di Tripoli la costa era occupata fino a Zuara e ben presidiata, mentre a levante i pre­ sidi di Homs e Misurata assicuravano il fianco orientale della zona di espansione militare. La situazione nel complesso era buona e con­ sentiva Io svolgimento di eventuali operazioni verso
  • 77. — 71 — 1’ interno. Quindi fu qui meno necessaria l’ opera della marina. La zona desertica della Sirte era invece ancora completamente fuori del nostro controllo, tutt’ora percorsa da nuclei di ribelli arabi armati, e sepa­ rava completamente la zona occupata della Tripo- litania dai nostri presidi della Cirenaica. Anche la situazione militare in Cirenaica non era molto buona, data la particolare configurazione montuosa di tale regione, la mancanza di carova­ niere tra i punti della costa sia pure relativamente vicini, le minori risorse del suolo, la vicinanza del focolaio della ribellione rappresentato dai Senussi e infine la particolare sistemazione del confine egi­ ziano, che facilitava il rifornimento dei ribelli sia per il materiale sia per gli uomini. La nostra occupazione in Cirenaica si riduceva pertanto alle città principali, limitandosi a presi­ diarle in un raggio molto breve, che si arrestava alla cinta dei fortini intorno alle oasi di Bengasi e Der- na ed intorno alla rada di Tobruk. Le operazioni navali in Cirenaica e nella Sirte ebbero quindi un maggiore sviluppo di quelle svol­ le nelle acque della costa vicina a Tripoli e richie­ sero talora l’ impiego delle forze metropolitane per effettuare sbarchi notevoli che permettessero un’ul- leriore estensione delle operazioni militari terrestri. Alla fine della guerra con la Turchia il grosso della flotta composto dalla prima e seconda squa­ dra da battaglia aveva lasciato la costa della Libia
  • 78. — 72 — in parte per rimpatriare ed in parte per partecipa­ re agli avvenimenti di Costantinopoli. Erano rimaste in Tripolitania la R. N. Carlo Alberto con 1’ insegna! del comando superiore (ca­ pitano di vascello Triangi), la R. N. Partenope ed alcune torpediniere e navi minori ; in Cirenaica : la R. N. Bausan con 1’ insegna del comandante superiore capitano di vascello Bertetti, una squa­ driglia di torpediniere a. m. ed alcune cannoniere. Alla fine del 1912 la R. N. Bausan rimpatriò per eseguire il turno di lavori ed alcune speciali si­ stemazioni per una successiva permanenza in co­ lonia e particolarmente per essere provvista di un apparato distillatore. I] comando superiore in Cirenaica fu assunto per breve tempo dalla R. N. Carlo Alberto, che a sua volta rimpatriò in novembre sostituita dalla R. N. Etruria battente l’ insegna del comandante superiore, capitano di fregata Arturo Ravenna, e che nel mese di novembre si dislocò a Tobruk. In tale mese non vi furono notevoli avvenimenti militari; le torpediniere, che mantenevano la linea di vigilanza, eseguirono le consuete crociere, fatte spesso segno al fuoco dei ribelli, quando si avvi­ cinavano alla costa. Sempre nel mese di novembre giunse in Cire­ naica il ministro delle colonie, che visitò con 1’ in­ crociatore ausiliario Città di Siracusa i vari punti della costa fino al golfo di Solum.
  • 79. — 73 — Una delle prime azioni di una certa importanza si verificò nel mese di dicembre e fu svolta dal c. t. Strale (comandante capitano di corvetta Gui­ do Milanesi) che bombardò efficacemente il giorno 1° di dicembre un raggruppamento nemico a Bu- Kalifa a 15 miglia a Sud di Bengasi, distruggendo varie opere in muratura nelle quali i ribelli si erano trincerati. Un successivo bombardamento dello Strale il 3 dicembre disperse in una località vicina a Bu Ka- lifa altri nuclei ribelli. Verso la metà del mese ritornò in Cirenaica la R. N. Bausan, che sostituì 1’ Etruria nel comando superiore navale, e quest’ultima nave si dislocò a sua volta a Tripoli, conservando l’insegna del co­ mandante superiore in Tripolitania. Alla fine di dicembre vi fu un periodo di mag­ giore attività navale, sia in Cirenaica per la recru­ descenza del contrabbando, sia nella Sirte, ove era necessario estendere le nostre occupazioni. E per­ tanto entrarono in azione così il Bausan come l’’Etruria. Il Natale 1912 ed il Capo d’anno 1913 non fu­ rono davvero giorni d’ozio per il personale della marina dislocato in Libia. La R. N. Etruria, giunta a Tripoli il 24 dicembre, si rifornì rapidamente di carbone e dopo una breve sosta ripartì per Sir­ te, ove era già stata preceduta dalla nave ausiliaria Sannio avente a bordo la spedizione destinata alla
  • 80. — 74 — occupazione di tale località composta di un reparto di ascari libici e di una banda libica di 200 uomini inquadrati da ufficiali italiani. A Sirte, ove VEtruria giunse il giorno 28, si era­ no concentrati circa 200 regolari turchi, che senza resistenza furono imbarcati sul Sannio; ma rima­ sero a terra nuclei numerosi di ribelli risoluti ad opporsi ad un nostro sbarco. L ’occupaz'ione di Sirte dovette essere perciò fatta di viva forza. I ribelli avevano abbandonato l’ abitato di Sirte, ma si erano trincerati nelle dune circostanti. Durante la notte dal 29 al 30 1'‘Etruria eseguì dei tiri di preparazione, e nella mattina del 30, dopo un breve ed intenso bombardamento con i piccoli e medi calibri, che inflisse perdite sensi­ bili ai ribelli (una quarantina tra morti e feriti), gli uomini della banda libica sbarcarono ed occupa­ rono il castello. Le nostre forze erano condotte dal capitano di S. M. Hercolani, destinato a rimanere a Sirte come residente. In appoggio a queste forze VEtruria inviò a terra un reparto da sbarco di 30 marinai con un pezzo da 75 comandato dal S. T. di V. Sansone, mentre sempre con personale del- l’Etruria veniva installata una stazione di segnali. Anche nelle notti del 30 e del 31 dicehibre e del 1° gennaio 1913 la nostra difesa, attaccata dai ribelli, fu sostenuta col fuoco del pezzo da sbarco e delle artiglierie della nave, che fece anche con­ tinuo servizio di scoperta e di vigilanza con i proiet­ tori. Durante le ore diurne si provvide allo sbarco
  • 81. — 75 — Hai Sannio del materiale occorrente per costituire e rafforzare la base. La situazione accennò a stabilizzarsi verso il giorno 2 gennaio, ed il Sannio ripartì per Tripoli per sbarcarvi le truppe regolari turche ed imbar­ carvi i rinforzi richiesti dal residente per consoli­ dare la occupazione. L'Etruria rimase alla fonda sul posto per sostenere le forze sbarcate. I giorni 3, 4, 5 gennaio trascorsero tranquilli, mentre a Sirte affluì un’ altra colonna di regolari turchi, proveniente dal Fezzan, comandata da un maggiore, che fu imbarcata sul Sannio ritornato da Tripoli. Col Sannio erano anche giunti a Sirte i rinforzi composti di 2 compagnie eritree, una batteria li­ bica, una stazione R. T ., materiali e viveri, così che il reparto da sbarco dell’ Etruria potè ritor­ nare a bordo. II mattino del 7, dato che ormai la nostra oc­ cupazione era assicurata e le condizioni del mare rendevano difficile la permanenza delle navi sulla '’•osta aperta. 1’ Etruria, seguita poco dopo dal San- nio, ritornò a Tripoli. Mentre si svolgevano tali awenihienti a Sirte, anche le navi dislocate in Cirenaica non rimanevano inattive. Il 1° gennaio 1913 le ridotte a N. E. di Bengasi venivano attaccate da bande arabe che fu­ rono respinte con forti perdite; anche le nostre truppe ebbero sei morti ed undici feriti. Il comando del corpo d’ occupazione decise per-
  • 82. — 76 — tanto di far bombardare le oasi di Zeiana e Sidi Kalifa nei pressi di Bengasi, dalle quali proveni­ vano i nuclei ribelli che avevano eseguito l’attacco. Il Bausan lasciò Bengasi il giorno 2 e con un intenso fuoco dei cannoni da 152 e dei piccoli ca­ libri distrusse gli abitati delle due oasi. Altra pic­ cola azione fu svolta dalla torpediniera Orsa (co­ mandante capitano di corvetta V. Bianchi), che, mentre navigava vicino alla costa in prossimità del­ l’ abitato di Marsa Susa, fu fatta segno a scariche di fucileria dei ribelli annidati dietro le case, sulle quali essi avevano alzata la bandiera turca. La tor­ pediniera rispose con le artiglierie demolendo al­ cuni abitati. Un’ azione simile fu compiuta il giorno 10 gen­ naio dalla torpediniera Orione (comandante tenen­ te di vascello A. Ledà) mentre la R. N. Misurala (comandante tenente di vascello F. Arese) nei primi di gennaio eseguiva un’ importante ricognizione della costa fino a Solum, ove il posto turco di con­ fine era tuttora in armi. Particolarmente gravoso era in Cirenaica il ser­ vizio di vigilanza contro il contrabbando di armi alimentato da piccoli piroscafi e velieri, la cui par­ tenza veniva segnalata dalle nostre autorità conso­ lari residenti nei porti del Levante. Cosicché le nostre poche unità erano costrette a tenere conti­ nuamente il mare in condizioni particolarmente sfavorevoli, dovute alla stagione invernale, alla mancanza di punti di approdo ed alle offese
  • 83. — 77 — dei ribelli quando cercavano un ridosso sotto la costa. L’ opera della marina in tale periodo non può essere dimenticata senza far torto a coloro che mo­ destamente e in silenzio sopportarono il peso delle faticose crociere spesso in lotta cogli elementi, con i ribelli e con le difficoltà dovute alla scarsità dei mezzi. Nel periodo dalla fine della guerra libica al gen­ naio 1913 erano intanto affluiti a Tripoli i contin­ genti superstiti dell’esercito ottomano, che aveva combattuto con il nostro corpo di occupazione. Da­ ta 1’ impossibilità per i Turchi di fare ritorno in patria attraverso l’Africa, nelle trattative di pace tra noi e la Turchia era stato stabilito che la ma­ rina italiana avrebbe provveduto al rimpatrio di tali truppe. La questione rese necessarie alcune delicate trattative col governo ellenico, perchè, essendo la Turchia in guerra con la Grecia, occorreva tutelare i Turchi fino al loro sbarco, ma nello stesso tempo non venire meno ai nostri doveri di neutralità verso la Grecia. D’ accordo col governo di Atene e consenziente la Turchia, fu prescelto come punto di sbarco il porto di Beirut, che, data la lontananza dal fronte balcanico, era quello che meglio si prestava a ri­ tardare notevolmente un eventuale trasporto alla linea del fuoco dei contingenti turchi già in Libia (documento n. 13).