2. Ancora oggi in ogni continente esistono
popoli e gruppi tribali che vivono a
stretto contatto con la natura e praticano
forme di religione che perlopiù vengono
tramandate oralmente di generazione in
generazione. Hanno alle spalle modelli
culturali molto complessi che non
sempre risultano a noi comprensibili, in
quanto diversi dai nostri. Presso questi
popoli vi è un forte senso religioso che si
esprime attraverso riti, credenze, culti
particolari a seconda della propria
struttura sociale e dall’area geografica di
appartenenza.
3. Le religioni indigene o tribali trovano
ispirazione nel mondo naturale. Così il
sole è il loro simbolo, riconosciuto fin dai
tempi più antichi come un’importante
fonte di vita. Molti miti descrivono il caos
che susciterebbe la scomparsa del sole.
6. Gli etnologi hanno individuato alcuni
filoni di religiosità all’interno dei quali è
possibile situare la maggior parte delle
religioni tribali. Essi sono:
Animismo
Totemismo
Manismo
Feticismo
Sciamanesimo
7. L’animismo si ha quando si pensa che le
forze della natura non siano veri e propri
dei, ma semplici spiriti (le cui azioni vanno
influenzate attraverso riti magici), che
risiedono in luoghi, in oggetti, in animali, in
persone.
8. Il totemismo individua uno stretto rapporto
magico tra uomo e animale. Quando un
clan o una tribù pensa di essere
imparentato con una specie d’animale o si
crede legato a essa da vincoli spirituali, si
ritiene in dovere di riservare a questo
animale totem un trattamento particolare.
9. Il manismo è il culto degli antenati. Il
mistero della morte rappresenta per i popoli
tribali un mutamento della condizione
umana causato dall’intervento di altre forze.
Si crede perciò che il morto continui a
vivere in qualche modo e che sia in grado
di intervenire nelle vicende dei vivi: pertanto
lo si onora con sacrifici funebri, offerte
disposte sulle tombe… Il culto degli
antenati è spesso motivato dalla speranza
di ottenere dagli avi la conservazione o
l’aumento della fecondità dei campi, la
serenità del focolare e delle famiglie.
10. Il feticismo è il culto di un oggetto
materiale, il feticcio, che si pensa possieda
qualche potere magico o evocativo.
11. Lo sciamanesimo è una forma
di culto legata alla figura dello
sciamano, individuo cui viene
attribuito il compito di mettere in
comunicazione l’uomo con gli
esseri superiori e che viene
ritenuto in possesso di poteri
straordinari. Con i suoi riti
magico-religiosi, durante i quali
entra in quello stato di
semincoscienza chiamato
trance, egli viene ritenuto in
trance
grado di contrastare la potenza
avversa degli spiriti volgendola a
favore degli appartenenti al suo
gruppo. Viene ritenuto capace di
guarire e di curare, di procurare
sole e pioggia, di accompagnare
le anime nel mondo dei morti.
12. La vita religiosa dei popoli tribali si
esprime in modo suggestivo, con
canti e danze durante festività
particolari, con processioni di
maschere e rappresentazioni di
drammi cultuali. Numerose
cerimonie celebrano le vicende più
importanti della vita: la nascita, il
matrimonio, la morte o altre
importanti occasioni come
l’edificazione di una casa, la guerra
…
Particolare importanza rivestono
quei riti, detti riti di passaggio o
d’iniziazione, in cui gli adolescenti
devono affrontare varie prove per
dimostrare di essere diventati
uomini ed essere ammessi nella
comunità degli adulti.
13.
14. «Per chiarire la definizione di religioni
tradizionali, dette anche popolari o
indigene, dobbiamo pensare a tutte
quelle religioni che non hanno un
fondatore preciso ma appartengono
alla tradizione culturale stessa dei
popoli che le vivono. Si distinguono
vivono
dalle cosiddette "religioni storiche", che
hanno un loro fondatore, proprio per il
loro carattere impersonale. Non
esistono testi sacri o canoni giuridici.
Sono anche dette "tribali" proprio perché
sono vissute da un dato popolo in un
preciso contesto geografico, non hanno
carattere universale, non prevedono
nessuna diffusione oltre i confini della
propria realtà etnica e tribale. Quindi, in
realtà, la religione tradizionale
consiste nel modo con cui un popolo,
quel popolo, si rapporta a Dio».1
15. «E' improprio chiamarle animiste, perché l'animismo è un concetto applicato dagli
antropologi e dagli etnologi che hanno studiato queste popolazioni, ma non c'entra
con la loro coscienza religiosa. Le religioni hanno una visione più ampia e
complessa, costruita sui miti fondatori di quelle singole tribù e popoli e non
possiamo ridurle a visioni animiste. Certamente in Africa esiste anche l'animismo e
la stregoneria ma questi sono altre cose rispetto alle religioni tradizionali. Nessun
appartenente alle religioni tradizionali può fondare un'altra religione, il fondatore
della religione è Dio. Dio parla la lingua di quei popoli e ha insegnato non solo la
lingua ma anche il luogo dove si può parlare con Lui». 1
16. «Il luogo sacro sostituisce il Libro rivelato e
non può essere costruito dall'uomo: la
natura è un Libro sacro aperto e quindi il
Luogo sacro potrà essere, a seconda dei
casi, una montagna, un lago o una foresta
e solo lì si potrà parlare con Dio». 1
17. «Il secondo testo sacro è la tradizione, il
popolo produce cultura. Non si trasferisce
nessuna cultura senza una visione mistica.
Non è possibile raccontare a un altro o,
comunque, non sarebbe di alcuna utilità
parlare del proprio rapporto con Dio in
quanto si tratta di una cosa personale e
diversa per ognuno. Questo definisce il
carattere non apostolico della religione,
non c'è missione. I ragazzi partecipano al
culto senza che vi sia una dottrina.
L'ateismo non è possibile, è del tutto fuori
dalla logica del pensiero. E comunque, se
qualche straniero che si trasferisce in
Africa affermasse di non credere in Dio,
non godrebbe né dell'amicizia né della
fiducia da parte dei locali.
Si può parlare con Dio ma non di Dio. E
come si parla con Dio? Con la danza, con
la musica, con i sacrifici, con le preghiere.
Non essendoci alcuna dottrina, è un
sistema religioso che non si può modificare
né riformare». 1
18. «Gli antenati sono il terzo Testo sacro e possiamo
paragonarli, per il loro ruolo di mediatori, ai santi del
Cattolicesimo. Il culto è rigorosamente pubblico con la
partecipazione attiva di tutti, ognuno aggiunge qualcosa e
non c'è mai niente di predefinito. (Questo ha rappresentato
una grossa difficoltà per il Vaticano che, durante l'incontro
di Assisi, desiderava avere in anticipo i testi dei discorsi
dei vari capi religiosi. Non riuscivano a credere che il
rappresentante africano non potesse scrivere in anticipo
quanto avrebbe poi detto. Alla fine il capo africano ha dato
qualcosa di scritto ma ha aggiunto che certamente
avrebbe detto qualche altra cosa adatta al momento. E
così è successo)». 1
19. «Il rispetto e la reverenza nei confronti di Dio sono
tali da influenzare anche l'arte: l'arte africana è così
brutta, così poco raffinata perché non si deve
neanche provare a fare qualcosa che sia migliore di
quello che ha fatto Dio in natura. In Africa tutti
seguono le religioni tradizionali, non è pensabile
convertirsi. Certo, Cristianesimo e Islam parlano di
qualche successo (in generale come risposta ad
aiuti economici) ma, in realtà, si tratta di etichette
aggiunte a quella che è un'identità, un'appartenenza
cui non si può rinunciare». 1
1
Sintesi di una lezione sulle religioni tribali africane, tenuta dal Professor Martin Nkafu Nkemnia, nativo del Camerun e docente
presso le Facoltà Pontificie Lateranense e Gregoriana.