1. Alessandro Mendini
Milano, 1931
“Il mio lavoro probabilmente somiglia alla mia vita, è un lavoro
labirintico, una continua ricerca e un continuo andare e venire,
ritornare sui propri passi, lavorare per parti e ottenere risultati
attraverso degli spezzoni che un pò assomigliano all’abito di arlec-
chino.”
2. 1 Cenni biografici
Sognava di diventare un
Cosmesi Universale
Mendini è convinto che il progetto neomoderno deve essere come un pendolo,
cartoonist o forse un pittore, un continuo farsi e un continuo divenire tra il passato e il futuro. Mendini dedica
invece nel 1959 si laurea in ar- questi anni all’approfondimento della cultura del progetto, nel 1973 fonda “Radi-
chitettura. Poco dopo gli esordi cal Design”. Gli viene assegnato il Compasso d’Oro nel 1979, per le sue attività di
nello Studio Nizzoli, abbandona ricerca sulla progettazione. Nella sua weltaschaungh lo spazio sociale e abitato si
la progettazione architettonica definisce per stratificazioni di interventi non programmati, orchestrati in un meta-
per dedicarsi al giornalismo progetto che egli definisce nel 1982 un “progetto non progetto”, ermafrodito e in
specializzato in architettura e perenne movimento.
design. Ha spesso ripetuto di Poi, ad un certo punto,“con la direzione di riviste, c’è stato una specie di divorzio,
considerarsi un designer di uno stacco netto, ed è un lavoro che non farei più. Ad un certo punto ho avuto voglia di
riviste, considerando la rivista progettare davvero”. Nel 1979, Mendini entra nello Studio Alchimia - fondato nel ’73
come un oggetto di design in- da Alessandro Guerriero - che punta alla creazione di oggetti per puro piacere ar-
dustriale. Dirige la rivista Casa- tistico, con riferimenti alla cultura popolare e al kitsch in una sfida alla razionalità
bella (1970-76), nel 1977 fonda del progettare per inseguire il sogno alchemico: trasformare anche il materiale più
Modo, guidandola fino al 1979 povero in oggetti di valore, capaci di detonare passioni ed epifanie.
quando Giò Ponti gli consegna Nel 1982 vince con Alchimia un altro Compasso d’Oro per la realizzazione della
la direzione di “Domus”. Negli Ricerca sul decoro. Realizza oggetti, mobili, ambienti, pitture, installazioni, archi-
scritti pubblicati per Domus in tetture. Nel 1989 apre, con il fratello Francesco, l’Atelier Mendini a Milano.
questo periodo Mendini esalta
la “profondità della superfi- 1. Alessandro Mendini per Cleto Munari, la collezione Casa presentata
cialità”, la decorazione, in uno durante l’evento veronese “Abitare il tempo 2008”. Mobile venice, in legno
scenario culturale e oggettuale laccato.
fortemente indefinito e fram-
mentato. Appare infatti eviden- 2. Serie decorativa “Ollo”, Mendini con
te in questi anni l’esigenza di Studio Alchimia (1989)
3. Tavolo e sedie “Ollo”, Mendini con Studio
definire la propria identità e Alchimia per Abet Laminati (1980)
appartenenza sociale attraver-
so i consumi e lo spazio. Finita
l’epoca delle rivoluzioni radicali
e delle controculture, le identità
sono preconfezionate nel super-
market degli stili.
3. 2 Studio Alchimia
Decorazione, i mendinismi
“Nel regno del kitsch impera la ditta- Mendini fa parte di studio Alchimia, insieme con quei progettisti che si accostano
tura del cuore. I sentimenti suscitati alla produzione industriale rivalutando il mercato e i nuovi mezzi di produzione.
dal kitsch devono essere, ovviamente,
tali da poter essere condivisi da una
Con sguardo sereno sugli squilibri e i vortici della contemporaneità postmoder-
grande quantità di persone. Per questo na, consapevoli e disincantati, Mendini non insegue un’ideale rappresentazione
il kitsch non può dipendere da una di valori eterni. Piuttosto, preleva e valorizza i dettagli, i frammenti “organizzativi,
situazione insolita, ma è collegato alle umani, industriali, politici, culturali [...] per realizzare una produzione oggettuale
immagini fondamentali che le perso- e un arredo sensuali, capace di suscitare emozioni e trasmettere memorie. Avido
ne hanno inculcate nella memoria: la
figlia ingrata, il padre abbandonato,
ricercatore della cultura oggettuale italiana, s’impegna nella manutenzione e valo-
i bambini che corrono sul prato, la rizzazione del paesaggio naturale e culturale.
patria tradita, il ricordo del primo Mendini rivendica la superiorità della decorazione; infatti attraverso il decoro il
amore. Il kitsch fa spuntare, una dietro progettista si emancipa dai vincoli e dai cliché tecnici e funzionalisti ed è libero di
l’altra, due lacrime di commozione. La allestire lo spazio costruendo la scena che meglio si adatta al proprio corpo semio-
prima lacrima dice: Come sono belli i
bambini che corrono sul prato! La se-
tico. Il suo progetto è “un sistema di segni intrecciati fra loro, e sviluppati all’infinito
conda lacrima dice: Com’è bello essere su oggetti, case, arredi e superfici. Alfabeti visivi, segni, colori, immagini, elementi
commossi insieme a tutta l’umanità decorativi, sempre simili ma sempre diversi, in un movimento continuo e senza
alla vista dei bambini che corrono sul fine, nel grande e nel piccolo, a due e a tre dimensioni”. Con un brillante sampling
prato.” (da “L’insostenibile leggerezza e mixing, per dirla con Polhemus, Mendini ricerca i segni grafici, pre-linguistici
dell’essere”, Milan Kundera)
(ancora non vincolati all’obbligo di uno specifico senso); li unisce a formare alfa-
beti, che sono veri e propri linguaggi visivi. In quanto linguaggi, ognuno di questi
sistemi espressivi è un gioco chiuso in sé e corrisponde a regole precise. “Il destino
indicherà loro una funzione”.
Alessandro Mendini per Alessi Casa: cavatappi serie “Him&Her”, a destra alcuni schizzi. Mendini per Swatch Poltrona “Proust”, 1976 Mendini per Byblos Casa, 2009
4. 3 Never ending italian design
Il Couturier dell’architettura
Dal contro design alle nuove utopie: non solo spinta in avanti, innovare implica
“E’ così gradevole occuparsi di qualco-
sa che si sa fare a metà, che nessuno anche cambiamento, trasformazioni continue. Il progetto che si caratterizza solo
dovrebbe biasimare il dilettante ostinato per la spinta in avanti e la rottura con la tradizione rischia di scadere ed essere
a esercitare un’arte che non imparerà
mai, né l’artista se, voglioso di vagare sorpassato già mentre lo si esegue. Il progettista che rincorre la stabilità e l’attua-
in un campo vicino al suo, varca i limiti lità della propria esecuzione rischia di provare l’intensa frustrazione della caducità
della propria arte.” inevitabile.
(da Le affinità elettive, J. W. Goethe) “E’ per questo che cerco di pensare all’architettura così come uno stilista pensa a un
vestito, e che considero il vestito come la più piccola architettura, il più piccolo e vir-
Mendini ha una personalità tuosistico spazio costruito attorno alla persona, intimamente aderente al suo corpo: un
poliedrica, inserisce il proprio abitacolo libero e cangiante all’infinito secondo l’anarchico gioco del decoro.”
pensiero progettuale nella cul- Lo spazio abitato, che sia lo spazio domestico delle banalità quotidiane o lo spazio
tura d’impresa. Collabora con urbano delle relazioni sociali, è infatti un “magazzino di tensioni, di ideali, di reli-
Alessi, Abet Laminati, Byblos, quie, di programmi”. Come le quinte di un teatro in cui si avvicendano personaggi e
Zanotta. Realizza insieme a De oggetti salienti, lo spazio è per Mendini una scena mistica. Se allestita con eccesso
Lucchi e a Sottsass il Groninger di zelo progettuale e ricerca di virtuosismi stilistici, tale scena rischia di diventare
Museum, museo d’arte moder- una prigione funzionalista o un totem esotico.
na olendese. Curatore di mo-
stre retrospettive e protagonista
in Triennale. Transdisciplinare
per vocazione, Mendini rifiuta le
discipline all’interno delle pro-
prie regole. Anzi, l’abbattimento
dei clichè organizzativi e tecnici
è alla base della sua ricerca di
de-specializzazione: il designer
è ora scultore, ora architetto,
pittore, grafico, o altro ancora.
In alto: Groninger Museum, interni. Il progetto di restauro e restiling radicale di tutto il complesso architettonico del mu-
Adotta un metodo di progetta-
zione partecipato e condiviso in seo fu affidato dall’allora direttore Frans Haks ad Alessandro e Francesco Mendini, nel 1994. Il museo si compone di padi-
cui si mescolano e si stratifica- glioni separati, ed è basato sull’idea di formare una sorta di acropoli della cultura che rappresenti il patchwork delle arti
no interventi artigianali, indu- e delle architetture del mondo. Per questo le forme e i contenuti di questa architettura sono ibride, “mescolano immagini,
striali, informatici, tecnici. volumi, colori, materiali, autori, epoche e mezzi espressivi [...] in modo da mostrare le opere d’arte in spazi architettonici attivi e
Alessandro Mendini, Cartier Column 2009
non neutrali”. Un secondo re-styling ad opera di Mendini e altri architetti ospiti è stato realizzato dopo 15 anni.
5. Alessandro Mendini
Bibliografia e sitografia
- B. Finessi, “Mendini”, CORRAINI (2009)
- L. Parmesani (a cura di), “Alessandro Mendini. Gli scritti”, SKIRA
(2004)
- A. Mendini, “Cosmesi Universale” in supplemento a Domus, n. 617
(1981).
- A. Mendini, “Manifesto di Alchimia” (1984)
- A. Mendini, “Nuovo uomo decorativo”, Bauwelt (1986)
- P. Navone, B. Orlandini, “Architettura radicale”,
Documenti di Casabella, G. Milani, Milano 1974
realised by Sara Mantenuto