3. Quale modello economico per il XXI
secolo? Miles e Snow
Miles e Snow (R. E. Miles, C. C. Snow, Twenty-first century
careers, in M. B. Arthur, D. M. Rousseau, (a cura di),The
Boundaryless Career: A New Employment Principle for a New
Organizational Era, Oxford, Oxford University Press, 1996,
pp.97-115) sostengono che:
- ogni tipo di organizzazione stabilisce competenze
essenziali (core competence), professioni necessarie,
struttura e governo delle carriere;
- nel XXI secolo l’organizzazione sarà minimale, pochi
imprenditori di se stessi, capaci di svolgere una molteplicità
di ruoli e iniziative.
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
4. Industria: quattro grandi ondate
Miles e Snow (in La carriera senza confine) individuano
quattro grandi ondate nella storia dell’industria:
1. Industrializzazione originaria
2. Fordismo. Dalla metà dell’Ottocento al 1970
3. Fine XX secolo: epoca postfordista
4. Inizio XXI secolo: impresa minima
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
5. Il fordismo.
Dalla metà dell’Ottocento al 1970
È il periodo classico, culminato nel fordismo.
I principi guida dell’impresa sono:
a. Produrre ogni cosa da sé
b. Migliorare attraverso progressivi ingrandimenti
c. Gestire il processo produttivo mediante regole
e procedure amministrative
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
6. Il postfordismo. Fine XX secolo
Comincia negli ultimi decenni del XX secolo.
I principi guida delle imprese sono:
- produrre solo ciò che si è capaci di fare al meglio
ed esternalizzare il resto;
- migliorare attraverso lo sviluppo di una rete
collaborativa di fornitori, clienti, partner;
- i lavoratori definiscono i progressi di carriera
assieme ai datori di lavoro.
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
7. XXI secolo: l’organizzazione minimale
È prevedibile ora la tendenza ad eliminare ogni tipo
di gerarchia.
Le imprese, in particolare quelle di servizi
professionali, avranno organizzazione minima, con
il solo compito di facilitare l’attività di piccoli
gruppi di professionisti-imprenditori.
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
8. XXI secolo: l’organizzazione minimale
Questi gruppi non dipenderanno da un capo, ma
coordineranno autonomamente il lavoro. Saranno
legati a mini-imprese, i cui principi guida saranno:
- essere capaci di fare ogni cosa, in ogni luogo,
in ogni tempo;
- migliorare grazie a un mix di competizione e
collaborazione;
- autogestirsi mediante l’incessante creazione di
conoscenza e affidamento di responsabilità (da
cui derivano fortissimi carichi di lavoro, fino a
15 ore giornaliere).
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
9. L’organizzazione di network
Una tipica impresa di 12-15
professionisti
Project manager
Cliente principale
(Es. Telecom Australia)
ALLEANZA ALLEANZA
INTERNA ESTERNA
Partner di Joint-venture
(Es. Toshiba)
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
11. L’Italia e il contesto economico mondiale
6
PIL Mondiale
PIL Area Euro
5
PIL Italia
4
3
% a/a
2
1
0
-1
Previsioni RPP 2008 dal 2007
-2
1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
12. L’economia italiana: sviluppi e prospettive
3,0
1,0
% a/a
-1,0
PIL var.% a/a Consumi privati
Investimenti fissi lordi Esportazioni nette
-3,0
1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010
Previsioni RPP 2008 dal 2007
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
14. Export performance (beni e servizi)
(1985=100)
14
140
120
Italy
France
100 Germany
United
Kingdom
80 USA
Japan
Total
60
OECD
40
85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06
Fonte: Economic Outlook n°76, OECD (2005)
15. Costi unitari del lavoro relativi
(1995=100)
15
160
140
120
100
80
60
86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04
Italy France Germany United Kingdom Spain USA Japan
Fonte: Economic Outlook n°76, OECD (2005)
16. Deflatori del PIL
(1990=100)
16
170
160
150
140
Italy
130 Euro-area
120 USA
United
110 Kingdom
Japan
100
90
80
90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05
Fonte: Economic Outlook n°76, OECD (2005)
17. Principali indicatori delle imprese manifatturiere
italiane per classi di addetti
17
70000
60000
50000
40000
30000
20000
10000
0
Valore aggiunto per Retribuzione lorda per Investimenti per
addetto dipendente addetto
1-9 10-19 20-99 100-249 250+
Fonte: ISTAT, Rapporto Annuale (2002)
18. Il rallentamento dell’economia italiana
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
PIL (DPEF, giugno 2007) 0,1 1,9 2,0 1,9 1,7 1,8 1,8
PIL (settembre 2007) 0,1 1,9 1,9 1,5 1,6 1,7 1,8
importazioni 0,5 4,3 1,8 2,5 3,1 3,3 3,4
consumi famiglie 0,6 1,5 2,0 1,8 1,8 1,8 1,8
spesa della PA e ISP 1,5 -0,3 1,6 0,3 0,0 0,0 0,0
investimenti -0,5 2,3 2,4 1,6 1,8 2,1 2,3
esportazioni -0,5 5,3 2,0 2,8 3,5 3,8 4,1
LAVORO
Tasso di disoccupazione 7,7 6,8 6,0 5,7 5,5 5,4 5,2
Tasso di occupazione 57,4 58,4 58,9 59,3 59,8 60,3 60,8
Tasso di crescita del PIL:
§ 2007 dal 2% all’1,9%
§ 2008 dall’1,9% all’1,5%
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
19. Il rallentamento tendenziale della crescita
(1950-2004)
Ritmo di crescita dell’economia italiana nel secondo dopoguerra
(tassi di variazione medi annui, prezzi costanti)
PIL in PPA PIL pro-capite Investim. Lordi
1950-73 5,6 4,9 6,6
1973-2004 2,1 1,9 1,4
1950-63 6,4 5,8 9,3
1963-73 4,4 3,8 3,4
1973-90 2,8 2,4 1,5
1990-2004 1,4 1,3 1,4
20. 1946 - 51 1951 - 63 1963 - 73 1973 - 92
Prodotto interno 8,4 5,4 4,8 2,7
lordo
Investimenti lordi 7,7 9,3 3,5 1,7
Esportazioni n. d. * 13,1 11,1 5,0
* Dato non disponibile
FonteISTAT. Per il periodo 1946 - 51 si tratta di stime approssimative. I dati del
1992 sono stime previsionali di fonte ministero del Bilancio e della Programmazione
economica e ministero del Tesoro (1992).
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
24. L’economia italiana nel XXI secolo
Le fragilità strutturali del sistema produttivo italiano:
Il rallentamento della produttività del lavoro.
I punti di forza:
La capacità di innovare e la competitività internazionale
delle imprese italiane.
¨ L’economia contemporanea e la crisi internazionale
25. Cosa è accaduto
¨ Occorre guardare al passato recente se si vuole
comprendere ciò che sta avvenendo oggi.
¨ Negli ultimi anni una serie di cambiamenti (shock)
hanno mutato in modo radicale lo scenario
dell’economia mondiale e dell’economia italiana.
26. L’economia globale
¨ Shock a livello mondiale:
1. La globalizzazione. Non solo il mercato del lavoro
(immigrazione), ma anche i mercati dei beni e quelli
finanziari (prima la crisi dei titoli dotcom e oggi
quella dei mutui subprime).
2. La rivoluzione dell’information and communication
technology (ICT): cambia non solo cosa ma anche
come si produce, l’organizzazione dei processi
produttivi.
27. L’economia globale sotto stress
¨ In particolare, due shock hanno colpito tra il 2007 e
il 2008 l’economia mondiale:
1. La crisi dei mercati finanziari,
iniziata ad agosto 2007.
2. Shock ai prezzi delle materie prime e dell’energia,
ancora alti.
29. Cosa è avvenuto
in Europa …
¨ Shock che hanno cambiato le “regole del gioco” (le
istituzioni):
1. Politica monetaria. La perdita della sovranità
monetaria. BCE e entrata in vigore dell’euro dal
1999.
2. Politica fiscale. Vincoli stringenti imposti al bilancio
pubblico (Patto di Stabilità e Crescita)
(poco spazio per una politica fiscale espansiva)
30. … e in Italia
¨ I cambiamenti del mercato del lavoro. Nuove
forme per il contratto di lavoro (contratti atipici e
lavoro temporaneo).
¨ Vantaggi e svantaggi. Hanno permesso l’ingresso
sul mercato del lavoro di nuove forze e consentito
una crescita occupazionale senza precedenti. Ma
anche l’emergere di forme di lavoro precario.
31. Un problema strutturale:
la produttività del lavoro
¨ Nei decenni trascorsi la crescita italiana è stata
sostenuta poco dalla crescita occupazionale e molto
dall’aumento della produttività. Oggi invece
assistiamo ad un ribaltamento dei ruoli di queste
due variabili nel processo di crescita.
¨ Nel passato il tasso di crescita dell’occupazione era
basso mentre era alto quello della produttività del
lavoro; negli ultimi anni, viceversa, la crescita
dell’occupazione si è fatta vigorosa mentre si è
quasi azzerata la crescita della produttività.
32. Un problema strutturale:
la produttività del lavoro
¨ 1980-2006: La produttività del lavoro cresce ad un
ritmo dell’1.4 %. Da suddividere tra una crescita
media (1,7%) del Pil e dell’occupazione (0,3%).
¨ Due fasi. 1980-1995 : Crescita della produttività
del lavoro (2,2%), da ricondurre alla dinamica del
Pil(2%) e alla flessione registrata dell’occupazione
(-0,2%).
¨ 1996-2006: Forte rallentamento produttività del
lavoro (0,4%) per la ripresa dell’occupazione
(0,9%) e alla crescita più contenuta del Pil (1,3 %).
34. Perché la produttività rallenta
¨ Molte cause. Secondo alcuni l’entrata in vigore
dell’euro. Struttura produttiva (95% piccole
imprese). O il modello di specializzazione
produttiva italiano (made in Italy). Globalizzazione.
Oppure la scarsità di infrastrutture.
¨ Perché a partire dalla metà degli anni 90?
¨ Le riforme del mercato del lavoro.
35. Riforme del mercato del lavoro
¨ Liberalizzazione delle norme contrattuali per il
mercato del lavoro
¨ Nuovi occupati: forme di lavoro a tempo
determinato, contratti di lavoro atipici
¨ Riduzione dell’EPL (maggiore riduzione tra tutti i
paesi OECD) per il lavoro temporaneo
Più Flex Minor costo lavoro Più occup.
36. Cosa è avvenuto
¨ Maggiore flessibilità: le imprese verso l’occupazione a bassa
specializzazione
¨ Nessun incentivo all’adozione delle nuove tecnologie e delle
nuove forme di organizzazione della produzione (ICT)
¨ Senza liberalizzazioni nel mercato dei beni, investimento per
l’ampliamento produttivo piuttosto che per il cambiamento
¨ Risultato: una dinamica del Pil contenuta anche se
accompagnata da aumenti dell’occupazione
¨ La stasi della produttività inevitabile
37. Tasso
di
crescita
del
rapporto
capitale-‐lavoro.
Anni
1981-‐2006.
Fonte:
elaborazione
su
dati
Istat
6%
5% media
1981-‐1994:
3.4%
4%
3%
media
1995-‐2006:
1.2%
2%
1%
0%
1980 1985 1990 1995 2000 2005
-‐1%
38. Quello che abbiamo visto
1. Deterioramento del quadro macroeconomico
italiano.
2. Riduzione dei tassi di crescita del Pil e della
produzione industriale.
3. Caduta della produttività del lavoro e totale dei
fattori.
39. Una distinzione importante
¨ Questi andamenti riguardano tutta l’economia: il
sistema economico, può nascondere al proprio
interno andamenti contrastanti.
¨ Distinguiamo tra due settori:
1. Uno comprende le imprese la cui produzione è
rivolta alle esportazioni;
2. L’altro quelle che producono per l’interno.
40. Imprese che esportano
¨ Le imprese aperte al commercio internazionale:
forte domanda proveniente dall’estero in forte
espansione - economie emergenti come Brasile,
Russia, India e Cina (i paesi BRIC).
¨ Si sono profondamente ristrutturate e hanno
investito molto.
41. Cosa hanno fatto le imprese
che esportano
1. Trasformazione del modello di specializzazione
Dal made in Italy (beni di consumo per la casa e per
la persona), ai beni di investimento, come le
macchine e gli apparecchi meccanici (settori a
forte crescita della domanda mondiale).
42. Strategie adottate
2. Strategie per il made in Italy
Maggiore concorrenza a livello internazionale
(Cina, India)
Upgrading qualitativo
Spostamento verso l’alto della gamma qualitativa dei
prodotti esportati, prezzi più elevati
43. Strategie adottate
¨ Spostamento all’estero delle produzioni a più basso
valore aggiunto (quelle a più alta intensità di lavoro),
sfruttando forme di internazionalizzazione produttiva.
¨ Strategie di internazionalizzazione.
Non solo esportazione di beni e servizi, ma anche
acquisizione di accordi di collaborazione con partner
esteri, partecipazione al capitale di imprese estere,
delocalizzazione di molte fasi del processo produttivo
all’estero.
44. Le forme di internazionalizzazione
Nell’ambito internazionale, l’impresa può adottare diverse
forme di internazionalizzazione:
- l’internazionalizzazione commerciale
- l’internazionalizzazione produttiva
- l’internazionalizzazione degli approvvigionamenti
- l’internazionalizzazione della ricerca e sviluppo
- l’internazionalizzazione finanziaria
¨ L’economia contemporanea e la crisi internazionale
45. Il contesto di riferimento
45
¨ Il processo di spostamento dell’asse economico mondiale
verso l’Asia, che si è accelerato fortemente nel periodo
2002-2007, pone nuove domande sul processo di
posizionamento dell’economia italiana nelle dinamiche di
integrazione internazionale.
¨ La tradizionale attenzione politica e recenti discorsi strategici
dei governo italiano sottolineano il ruolo geopolitico acquisito
dai Paesi Terzi del Mediterraneo (PTM) in quanto passaggio
dei traffici tra l’Europa e le emergenti potenze asiatiche. In
questo scenario, l’Italia sarebbe posizionata in modo da trarne
particolare beneficio.
47. La mappatura delle province
italiane in base alle caratteristiche
del ciclo economico
La dinamica del PIL:
una economia “pro-ciclica”
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
47
48.
49.
50.
51.
52.
53.
54.
55.
56.
57.
58.
59.
60.
61. L’economia del mondo contemporaneo e il
processo di globalizzazione
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
63. La contrazione del mondo I
L’orizzonte si riduce
Anno Popolazione Tempo
(milioni) (anni)
1804 1,000
1927 2,000 123
1960 3,000 33
1974 4,000 14
1987 5,000 13
1999 6,000 12
64. La contrazione del mondo II
Anno Anni per penetrare nel
d’invenzione 25% del mercato
Elettricità per uso familiare
1873 46
Telefono
1875 35
Radio
1906 22
Televisione
1925 26
PC
1975 15
Tel. cellulare
1983 13
Internet
1991 7
65. La contrazione del mondo III
La diffusione delle tecnologie. Numero di anni
(dall’inizio a 50 milioni di utenti)
72. Countries’ Relative Political Riskiness
(Fonte: Griffin and Pustay, International Business, 4th ed., Prentice Hall, 2005)
73.
74.
75. La malnutrizione, un’altra dimensione della povertà.
Percentuale di bambini al di sotto dei 5 anni, sottopeso
76.
77. Il reddito pro capite nel secolo scorso; alcuni paesi
¨ Levels of real GDP/person ($1990 international)
1900 1950 1996
UK 4593 6847 17326
USA 4114 9617 23719
West Germany 3134 4281 19622
Brazil 704 1673 5346
China 652 537 2653
India 625 597 1643
Japan 1135 1873 19582
Russia 1218 2834 4120
Africa 500 830 1220
Crafts,1999
78. La crescita del reddito
¨ Growth of Gdp per capita (average annual percentage chages)
1500-1 1820-1900 1900-2000 1870-1900 1900-1950 1950-2000
820 - -
OECD 1,2 2,0 1,5 1,3 2,6
Non OECD O,4 1,6 0,7 0,7 2,4
Eastern O,7 1,2 0,8 1,3 1,2
Europe
Latin O,6 1,6 1,2 1,7 1,5
America
Asia O,2 1,8 0,5 0,1 3,5
Africa O,4 1,0 0,1 1,0 1,0
World 0,04 O,8 1,9 1,2 1,1 2,5
Fonte:Boltho, Toniolo(1999)
79. La crescita nelle economie pianificate
Tassi di crescita del reddito procapite
URSS Cina
1870-1913 O,9( solo 1870-1913 0,6
Russia)
1928-40 3,8 1913-36 0,8
1950-70 3,4 1950-70 2,9
Fonte: Boltho,Toniolo(1999)
80. Reddito pro-capite
Reddito pro-capite
25000 UK
USA
20000
WG
15000 Brasile
10000 Cina
India
5000
Giappone
0 Russia
1900 1950 1996 Africa
elaborazioni su Crafts (1999)
81. Tassi di crescita del reddito: i diversi paesi..
Tassi di crescita del reddito
10
8 1870-1913
6
) 1913-50
4 1950-73
1973-96
2
0
-2
e
a
a
a
le
a
A
G
UK
on
di
r ic
n
i
US
i
ss
W
as
Ci
In
pp
Af
Ru
Br
ia
G
elaborazioni su Crafts (1999
82. Tassi di crescita del reddito: i diversi periodi
Tassi di crescita del reddito
UK
10
USA
8
WG
6
Brasile
4 Cina
2 India
0 Giappone
-2 1870- 1913-50 1950-73 1973-96 Russia
1913 Africa
elaborazioni su Crafts (1999)
83. Catching up?
Divergenza nel reddito pro capite fino ai primi anni ’80,
modesta convergenza dopo.
Catching up in linving standards, 1820-1992
Coeff di
N di paesi
lnYi,t
t
1820-1900
Tutti i paesi 26 O,97* 6,8
Solo oecd 17 0,42 1,6
1900-1992
Tutti i paesi 47 0,17 1,2
Solo oecd 22 -0,74* -5,5
1900-1950
Tutti i paesi 47 0,31 1,6
Solo oecd 22 0,09 0,3
1950-1992
Tutti i paesi 133 0,12 0,6
Solo oecd 22 -1,43* -6.0
Nota:il segno negativo del coeff. Indica convergenza.
Fonte: Boltho Toniolo(1999 )
88. Dinamica: le esportazioni mondiali crescono più
rapidamente del PIL mondiale (1960-2000)
30
25
world exports (% GDP)
20
15
10
5
0
1960 1970 1980 1990 2000
89. Dinamica: il PIL mondiale cresce più rapidamente
della popolazione mondiale (1960-2000)
500
GDP
400
index (1960 = 100)
300
population
200
100
0
1960 1970 1980 1990 2000
90. Dinamica: il commercio mondiale cresce più
rapidamente della produzione mondiale
• Produzione mondiale • Commercio mondiale
• 1981-1990: 2.8% • 1981-1990: 4.5%
• 1992: 1.7% • 1992: 5.7%
• 1994: 2.9 % • 1994: 10.5%
• 1996: 3.2% • 1996: 5.5%
• 1998: 2.5% • 1998: 7 %
Fonte: ONU, 1998
91. Dazi doganali medi nei paesi industriali
50
40%
40
30
20 15%
10 4.5%
0
Dopoguerra anni 60 anni 90
Fonte: WTO
93. La crescita nel mondo (1950-1995)
Annual Average Growth Rate of GDP per Capita
Growth Ratio of GDP per Share of
capita at end to World Population, 1998
beginning
More developed 2.7 3.1 20
Less Developed: 2.5 2.9 80
China 3.8 5.0 21
India 2.2 2.5 17
Rest of Asia 3.7 4.6 21
Latin America 1.6 1.9 9
Northern Africa 2.1 2.4 2
Sub-Saharan Africa 0.5 1.2 11
Source: Richard Easterlin, “The Worldwide Standard of Living Since 1800”, Journal of
Economic Perspectives, 2000.
94. Miracoli e disastri della crescita
(1960-1990)
Annual Average Growth Rate of GDP per Worker 1960-1990
Miracles Growth Disasters Growth
Korea 6.1 Ghana -0.3
Botswana 5.9 Venezuala -0.5
Hong Kong 5.8 Mozambique -0.7
Taiwan 5.8 Nicaragua -0.7
Singapore 5.4 Mauritania -0.8
Japan 5.2 Zambia -0.8
Malta 4.8 Mali -1.0
Cyprus 4.4 Madagascar -1.3
Seychelles 4.4 Chad -1.7
Lesotho 4.4 Guyana -2.1
Note: Figures for Botswana and Malta based on 1960-1989.
Source: Jonathan Temple, “The New Growth Evidence”, Journal of Economic Literature,
1999.
97. La globalizzazione (I)
L’apertura dei mercati è stata caratterizzata da una grande crescita del commercio.
Evoluzione del commercio come % del PIL.
70
60
50
percent
40
30
20
10
0
70
73
76
79
82
85
88
91
94
97
00
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
20
year
98. La globalizzazione (II)
L’aumento è generalizzato...
80
70
60
Percentage trade in GDP
50 Brazil
China
40 Germany
India
Italy
30
Mexico
Spain
20
United States
10
0
75
77
79
81
83
85
87
89
91
93
95
97
99
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
99. La globalizzazione (III)
…e ha luogo fondamentalmente nelle manifatture.
250
200
Index 1990 = 100
150
Agriculture
Manufacturing
100
50
0
1970
1973
1976
1979
1982
1985
1988
1991
1994
1997
2000
year
100. La globalizzazione (IV)
Relazione tra commercio agricultura e industria.
2
1,8
1,6
1,4
1,2
Brazil
Ratio
1 China
Germany
0,8 India
Italy
0,6 Mexico
Spain
0,4 USA
0,2
0
80
82
84
86
88
90
92
94
96
98
00
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
20
Year
101. Le origini e l’evoluzione della globalizzazione
102. Una rassegna sintetica dei tassi di crescita
World US UK Jap
1820- 0.6 1.3 1.2 0.1
1870
1870- 1.3 1.8 1.0 1.4
1913
1913- 0.9 1.6 0.8 0.9
1950
1950- 2.9 2.4 2.5 8.0
1973
1973- 1.2 1.4 1.4 3.0
1992
105. L’economia dei paesi emergenti
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
106. I “PAESI IN TRANSIZIONE”
Insieme di stati ex comunisti dell’Est europeo:
q paesi che hanno avviato la transizione
q paesi che hanno una transizione bloccata
q la Russia
Differenze: aree di antica industrializzazione, precedente al regime
comunista (Repubblica Ceca, regioni polacche) e aree rurali (Romania,
Bulgaria)
Caratteri comuni: sforzo di dialogo con l’occidente europeo (costituito
da stati regioni)
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
107. I “PAESI CHE HANNO AVVIATO LA
TRANSIZIONE”
Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Estonia,
Lettonia e Lituania
Caratteri comuni:
q sforzo di dialogo con l’occidente europeo e specialmente con la
Germania
q ristrutturazione delle industrie (meccanica, alimentare)
q bassa inflazione con poche eccezioni
q elevati investimenti esteri
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
108. LA TRANSIZIONE BLOCCATA NELLA PENISOLA
BALCANICA
Limiti alla transizione verso un’economia di mercato:
q mancanza di una preesistente base industriale
q presenza di un settore agricolo con eccessi di m.o. e bassa
redditività
q instabilità politica e conflitti etnici
Vantaggi verso la transizione:
Ø basso costo della m.o. che attrae investimenti esteri
Ø governi tolleranti verso le industrie inquinanti
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
109. RUSSIA
Caratteri:
Ø ricchezza di risorse minerarie, agricole ed
energetiche
Ø riconversione dell’apparato industriale militare
Ø opportunità di sviluppo per il settore della
microelettronica e dell’informatica
Limiti:
v limitato mercato interno
v spinte politiche non definitivamente equilibrate
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
110. MEDIO ORIENTE
(ARABIA SAUDITA, BAHREIN, EMIRATI ARABI, IRAN, IRAQ, KUWAIT,
OMAN, QATAR)
Ø ricchezza di risorse energetiche
Ø gli oleodotti accrescono l’importanza dei luoghi
Ø area di accoglienza di immigrati pachistani, indiani, filippini
Non è solo l’economia a determinare l’importanza di un’area
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
111. Tigri Asiatiche
(Hong Kong, Taiwan, Singapore, Corea del Sud)
Caratteri:
Ø accelerata crescita economica ma recente rallentamento
Ø crescita provocata dall’apertura ai mercati e dal peso delle industrie
tecnologicamente avanzate volte alle esportazioni
Ø forti investimenti esteri
Ø modello dirigistico delle economie nazionali che rassicura gli investitori
Ø basso costo della mo
Ø crisi finanziaria per il forte indebitamento delle imprese industriali e per il
coinvolgimento delle banche, oltre che per le rivendicazioni sinda.
Ø passaggio nel 1997 di Hong Kong alla Cina e pressione cinese anche per il
passaggio di Taiwan
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
112. Tigri Asiatiche
(Hong Kong, Taiwan, Singapore, Corea del Sud)
Caratteri:
Ø accelerato sviluppo ma recente rallentamento
Ø sviluppo provocato dall’apertura ai mercati e dal peso delle industrie
tecnologicamente avanzate volte alle esportazioni
Ø forti investimenti esteri
Ø modello dirigistico delle economie nazionali che rassicura gli investitori
Ø basso costo della mo
Ø crisi finanziaria per il forte indebitamento delle imprese industriali e per il
coinvolgimento delle banche, oltre che per le rivendicazioni sinda.
Ø passaggio nel 1997 di Hong Kong alla Cina e pressione cinese anche per il
passaggio di Taiwan
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
113. Corea del Sud
Ø nel dopoguerra dall’economia agricola si passa a quella industriale
grazie a un forte e pervasivo intervento dello stato
Ø lo stato offre a privati finanziamenti, incentivi fiscali, commesse
pubbliche e protezioni doganali
Ø presenza degli chaebol, grandi imprese oligopolistiche
Ø mo non sindacalizzata e a basso costo, che oggi rivendica un ruolo non
solo come lavoratori ma anche come consumatori
Taiwan
Nonostante l’interscambio con la Cina sia elevato questo stato rischia di
diventare una regione cinese, ricca ma dipendente
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
114. Cina
Ø la transizione verso un’economia di mercato comporta la
liquidazione di moltissime imprese pubbliche col rischio di
reazioni sociali
Ø Vi sono diverse realtà: quella industriale del Nord-Est
(tessile, siderurgico, trasporti); quella costiera più dinamica
del Centro-Sud (Hong Kong e Shanghai) dove si hanno molti
investimenti esteri; quella continentale ancora agricola;
quella di Taiwan.
Ø la quota di popolazione dedita all’agricoltura è ancora
molto elevata
Ø il reddito pro capite è molto basso da non sorreggere un
buon mercato interno, ma è prevedibile una sua espansione
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
115. Indonesia
Ø gigante demografico con una struttura industriale debole che
soffre le congiunture avverse
Ø forti esportazioni di prodotti manifatturieri, nonostante il
peso dell’occupazione agricola
Filippine
v industria nascente rivolta al mercato interno
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
116. India
Ø gigante demografico che emerge come mercato piuttosto che come produttore,
tranne per le zone di Bombay e di Bangalore
Ø molti dei suoi abitanti vivono al di sotto della sogli di povertà
Ø la maggior parte della popolazione è dedita all’agricoltura
Brasile
v il Sud-Est e l’area di San Paolo sono le più vivaci
v il Nord-Est è povero
v dallo sfruttamento delle risorse agricole –minerarie (canna da zucchero, oro,
diamanti, caffè) si è passati ad una solida base industriale (trasporti e componentistica)
grazie agli investimenti esteri
v immense aree a verde a rischio di degrado
v le aree urbane presentano caratteristiche comuni nell’America Latina: espansione del
settore finanziario, dei servizi e di alcune imprese a scapito di altri settori
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
117. I PAESI IN VIA DI SVILUPPO (PVS)
Negli anni ‘90:
q ritmi di crescita superiori ai paesi industrializzati
q sfruttamento della divisione internazionale del lavoro
q offerta di mo a basso costo
Alcune aree restano escluse dalla ripresa economica:
ü l’Africa (eccetto Egitto e pochi altri stati)
ü buona parte dell’America Latina (eccetto quei paesi aderenti ad accordi commerciali:
il Messico al NAFTA (con Canada e USA); Argentina Uruguay Paraguay Brasile e Cile al
Mercosur)
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
118. LE STRATEGIE DEI PVS
In passato:
q modelli di sviluppo protezionistici
q richiesta di aiuti internazionali
q stabilizzazione dei prezzi delle materie prime
q attacchi alle multinazionali ritenute predatrici di risorse
Oggi:
Ø apertura dei mercati alla globalizzazione
Ø accoglimento di capitali esteri
Ø attrazione di imprese transnazionali
Ø maggior peso del ruolo del privato rispetto al pubblico
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
119. LE STRATEGIE DEI PVS PER DIVENIRE PIÙ
COMPETITIVI
v riduzione esasperata dei salari al limite di provocare disordini sociali
v riduzione delle tasse per le imprese estere
v riduzione dello stato sociale
v riduzione dei controlli ambientali
Ma questi paesi devono fare i conti con l’economia finanziaria globale
che provoca crisi valutarie e speculazioni
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
120. EFFETTI DELLA GLOBALIZZAZIONE
v sul commercio dei beni di consumo
v sul mercato dei capitali
v nonostante i flussi di emigranti il mercato del lavoro è meno
globalizzabile
v aumenta la disoccupazione con poche eccezioni mondiali, perché
si incorpora più tecnica e capitale che lavoro nel prodotto
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
121. LE STRATEGIE DEI PAESI INDUSTRIALIZZATI
v deregulation esasperata dei mercati dei capitali e dei beni
v deregulation del mercato del lavoro per aumentarne la flessibilità
v assoluto rilievo del settore privato
ma nell’Europa Occidentale si tenta di
q conservare lo stato sociale
q tutelare il lavoratore e le figure più deboli
Si delinea una contrapposizione tra l’economia americana e un’economia
“alternativa” (prevalentemente europea) per l’egemonia mondiale, a cui
non saranno estranei i pvs anche per l’incognita demografica (in India e
Cina)
Prof. Carmelo Maria Porto 121
122. Dinamismo di crescita dei paesi industriali
rispetto a quelli in via di sviluppo
OCDE
EMCs
Fonte: IMF
123. La crescita della produzione manifatturiera nei paesi di
nuova industrializzazione (1963-2002)
a 1994; b 1995; c 1996; d 1998
Fonte: Dicken (1998, Table 2.3; 2003, Table 3.6); UNIDO, www.unido.org/geostat; World Bank (2004), World
Development Indicators 04, The World Bank, Washington, Table 4.1.
124. OCSE e PVS: quote di commercio, popolazione e PIL
80
70
60
50
OECD
40 LDCs
30
20
10
0
Trade Population GDP
Fonte: IMF/WEO
125. Commercio internazionale - PVS
I paesi che si sono aperti al commercio estero sono quelli che hanno
avuto le performance migliori
Rapporto apertura/crescita
126. Ratios di apertura del commercio (XGS/GDP%)
350% France= 25%
Brazil= 16%
India= 14%
300%
USA= 9%
250%
200%
150%
100%
50%
0%
China Hongkong Singapour Taiwan Korea Malaysia Philippines Thailand Indonesia
127. I nuovi globalizzatori: crescita del PIL
pro capite al procedere dell’integrazione
6%
Cina
Corea del Sud
Hong Kong
5.0%
India
Singapore
4% Taiwan
3.5%
2.9%
2%
1.4%
0%
1960s 1970s 1980s 1990s
129. Il PIL pro capite in quattro paesi (1820-2000)
Fonte: A. Maddison, Monitoring the World Economy 1820-1992, Paris, Organization for Economic Cooperation and
Development, 1995
131. L’inatteso recupero asiatico
Produzione industriale dei paesi ¨ Uno degli aspetti cruciali
emergenti della prima parte del
decennio deè rappresentata
15.0
dalla forza del ciclo delle
12.0 economie asiatiche.
9.0
¨ Si ricordi che nel ’97-’98 tutto
il sud est asiatico era stato
6.0 investito da una grave crisi.
3.0 ¨ La chiave di volta sta
nell’abbattimento delle
0.0
barriere commerciali e
-3.0 nell’ingresso della Cina nel
Wto.
-6.0
98 00 02 04 06 ¨ Con l’ascesa del gigante
var % tendenziali
cinese il termine
GLOBALIZZAZIONE acquisisce
un diverso significato.
131
132. La crescita dei paesi emergenti sposta
gli equilibri della crescita globale
Il Pil mondiale Il Pil mondiale
6 Emergenti Economie avanzate
9
5
8
4
7
6
3 5
2 4
3
1 2
1
0
80 85 90 95 00 05 0
80 85 90 95 00 05
Var. % medie annue
Var. % medie annue
132
133. L’ascesa della Cina
Le quote di mercato
Giappone Stati Uniti
¨ Crescita del Pil intorno al 10 per cento.
Germania Cina
¨ Forte crescita della produttività
14.0
¨ Spostamento della popolazione dalle
campagne verso la città
12.0 (industrializzazione)
¨ Alto tasso di risparmio (politiche di
10.0 abbassamento della natalità).
¨ Forte avanzo delle partite correnti
8.0 ¨ La Cina gioca un ruolo centrale quale
assemblatore dei manufatti prodotti in
6.0
tutto il sud est asiatico
¨ Il Giappone rafforza la competitività
cinese svolgendo un ruolo di fornitore
4.0
di tecnologia.
2.0
98 99 00 01 02 03 04 05 06 07
Esportazioni in dollari in % del commercio mondiale, 133
m.m di 12 termini
134. La politica del cambio dei paesi
asiatici
¨ L’avanzo delle partite correnti cinesi
Riserve valutarie
(ma non solo) genera spinte per un
Cina Giappone apprezzamento delle loro valute sul
1500 dollaro. Queste vengono contrastate
dalle autorità monetarie cinesi che
1200 mantengono una politica di cambio
(quasi) fisso sul dollaro.
900 ¨ E’ questo un caso abbastanza
peculiare. Di solito è la valuta di
600 riferimento ad apprezzarsi.
¨ La fragilità del sistema bancario
300 domestico e il bisogno di sostenere lo
sviluppo export-led del
0
manifatturiero hanno spinto le
97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 autorità cinesi a contrastare
Mld di dollari l’indebolimento del dollaro tramite
un forte aumento delle riserve.
134
135. Lo yen debole, i carry trades e la politica
anti-deflazione della Bank of Japan
BA SIC D ISCO UNT & LOA N RA TE - MIDDLE R ATE
7 FR OM 7/12/90 TO 7/12/07 MON TH LY
Cambio reale bilaterale yen dollaro Cambio yen dollaro
6 160
110
150
5 100
140
4 90 130
80 120
3
70 110
2
100
60
1 90
50
90 92 94 96 98 00 02 04 06 80
0
90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 1990 1994 1998 2002 20
basato sui prezzi al consumo, Indice gen '07 = 100
Sour c D AT ASTR EA M
e:
135
136. Il boom del petrolio e dei prezzi delle
materie prime
¨ La crescita dei paesi
emergenti si è tradotta in un
Prezzo del petrolio forte impulso alla domanda
150 di materie prime.
¨ I prezzi delle materie prime
120 sono cresciuto molto nel
corso degli ultimi anni
90 ¨ La delocalizzazione ha
aumentato l’elasticità della
domanda di petrolio rispetto
60
alla crescita del prodotto
globale.
media '74-'85 media '86 - '05
30
¨ Si pone un problema di
sostenibilità ambientale
0
dello sviluppo asiatico
70 75 80 85 90 95 00 05
Quotazioni in dollari; 136
137. Petrolio: prezzo nominale e reale
Prezzo reale del petrolio
160
140
120
100
80
media '74-'85
60
40
media '86 - '04
20
0
70 75 80 85 90 95 00 05
Quotazioni in dollari, deflazionate con l'indice dei prezzi al consumo Usa e livello medio dei due sottoperiodi
137
138. Il prezzo del petrolio: fondamentali e
finanza
¨ Il trend degli ultimi anni
¤ Effetto finanziario – le materie prime entrano nei portafogli
degli hedge funds
¤ Mismatch domanda (effetto Cina) – offerta (bassi
investimenti d’inizio decennio)
¨ Le tendenze dei prossimi anni
¤ Dal punto di vista dei fondamentali di domanda-offerta i
prezzi dovrebbero restare elevati
¤ Dal punto di vista del peso della finanza, è finita la fase
liquidità abbondante e a buon mercato e questo porterà a
minore pressione dei fondi sui mercati delle commodities
138
139. Non c’è pressione dal lato dell’offerta
Produzione mondiale di petrolio
¨ Ritardi negli investimenti –
75000
elasticità dell’offerta ai prezzi
70000
65000
60000
95 97 99 01 03 05 07
mgl di barili al giorno
139
140. Si è ridotta la capacità di suasion
da parte dei paesi occidentali
Usa - Quota sulla produzione Russia -Quota sulla produzione
mondiale di greggio mondiale di greggio
12.0 14.0
11.0 13.0
10.0 12.0
9.0 11.0
8.0 10.0
7.0 9.0
6.0 8.0
95 97 99 01 03 05 07 95 97 99 01 03 05 07
140
141. Nel lungo periodo la domanda cinese
crescerà ancora molto
Consumi di petrolio Consumi pro-capite di petrolio
120.0 120
100.0 100
80.0 80
60.0 60
40.0 40
20.0 20
0.0 0
Cina Usa Giap Ger Fra ita Cina Usa Giap Ger Fra ita
Indice Usa = 100 Indice Usa = 100
141
142. Lo spostamento del baricentro economico del Mondo
Previsione della distribuzione della produzione mondiale nel 2010
143. La crescita di CINA e INDIA puo’
¨ mettere a dura prova settori non marginali del nostro sistema produttivo
(es. tessile, calzaturiero);
¨ diventare, però, la grande opportunità per il sistema logistico – portuale
italiano;
¨ far rinascere il Mediterraneo che potrebbe trasformarsi nell’epicentro di
controllo dei traffici e della logistica europea.
144. Maggiori detentori esteri di titoli del Tesoro
americano
Hong Kong
Lussemburgo
Paesi caraibici sedi di ist finanz
Brasile
Paesi esportatori di petrolio
Regno Unito
Cina
Giappone
0 100 200 300 400 500 600 700
miliardi di dollari a settembre 2007
144
145. L’avvicendamento dei leader globali
US leadership
Dutch decline
British
empire
Northern Italy Netherlands
Belgium
1500 1600 1750 1820 1900
Fonte: A. Maddison
146. La crisi finanziaria (ed economica)
internazionale
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
147. ECONOMIA MONDIALE
la peggiore crisi dal dopoguerra
Ø All’origine squilibri macroeconomici (Cina, Usa, sovrabbondanza di
risparmio, liquidità); nel precipitare degli eventi, la correzione di
questa lontana causa si è “persa”; l’uscita dalla recessione non sarà il
ritorno a un periodo di stabilità; vecchi e nuovi squilibri da cui
rientrare (eccessi di liquidità e peggioramento finanze pubbliche)
Ø Nuove priorità: normalizzare mercati finanziari, stimolare la
domanda aggregata; obiettivi interrelati
Ø Misure comuni per realizzare gli obiettivi di normalizzazione creditizio/finanziaria e
sostegno domanda aggregata
Ø Normalizzazione finanziaria, condizione necessaria per assicurare l’efficacia delle
misure di sostegno della domanda
Ø Grandfather’s recession (fine ‘800-inizio ‘900), con due differenze:
globalizzazione più intensa di allora; politica economica consapevole
dell’importanza di agire contro il ciclo negativo
Ø Dimensione internazionale della crisi richiede politiche quanto più
collettive e concertate tra i principali attori
148. Una economia è considerata in “declino” quando assistiamo ad
una diminuzione del tasso di crescita potenziale.
Per misurare il “declino” o lo “sviluppo” dobbiamo analizzare:
- la dinamica del PIL;
- le dinamiche della produttività del lavoro (rapporto tra il
prodotto e il numero di lavoratori impiegati nella produzione);
- le quote di mercato delle esportazioni.
Il permanere in uno stato di declino è una situazione molto più
grave di quella congiunturale.
L’economia contemporanea e la crisi internazionale
149. Ricorrenza delle crisi
Le crisi ci sono sempre state: non ci può essere economia di mercato senza le crisi. I capitalismi
e i sistemi finanziari sono instabili …
149
• I Bardi e i Peruzzi fallirono tra il 1343 e il 1346 perché Eduardo
III non ripagò i suoi debiti
• I fallimenti delle banche in Italia e negli USA nell’Ottocento (cfr.
la prossima slide!) e all’inizio del Novecento
• Le crisi bancarie durante la Grande Depressione degli anni
Trenta, in USA, Italia (la nascita dell’IRI), Germania, Austria
• Dal 1945 al 1970 fase di stabilità bancaria, ma le crisi sono
esplose successivamente
151. Ricorrenza delle crisi
151
Secondo la WB, da fine anni settanta al 2002 ci sono state
117 crisi bancarie sistemiche in 93 paesi e 51 crisi minori, in
45 paesi.
Alcuni esempi (molto diversi tra loro):
¨ saving and loans americane (anni Ottanta)
¨ banche scandinave (primi anni Novanta)
¨ sistema bancario meridionale italiano (metà anni ‘90)
¨ Giappone e altre banche asiatiche (anni ’90)
152. Ricorrenza delle crisi
152
Caratteristiche delle crisi (Reinhart e Rogoff)
Prima delle crisi: crescita dei prestiti bancari, ovvero
¨
dei debiti delle imprese, aumento dei prezzi delle azioni
e delle case (evidenza di herd behavior e di
“esuberanza irrazionale”/Shiller)
¨ Quando scoppia la crisi: brusca decelerazione dei
prestiti, caduta della Borsa e dei prezzi delle case
¨ Le difficoltà di famiglie e imprese a loro volta si
ripercuotono sulle banche
153. Ricorrenza delle crisi
153
Fattori che ricorrono nella crisi di oggi:
- indebitamento eccessivo: non delle imprese!, delle famiglie
- cfr. paper Jappelli
- crollo dei prezzi di Borsa in tutto il mondo (-49% in Italia
nel 2008)
- crollo dei prezzi delle case in alcuni paesi, dopo anni di
forte crescita
- fallimenti e salvataggi pubblici delle banche (Northern
Rock, Bearn Stearns, Lehman Brothers, AIG etc.)
154. Le novità della crisi in corso
154
A metà 2007 uno shock cambia le opportunità di profitto in un settore
dell’economia: aumentano le insolvenze sui mutui subprime,
ma dare la colpa della crisi ai mutui subprime è come dare la colpa della
I^ guerra mondiale all’attentato di Sarajevo
C’erano squilibri di fondo negli USA (Roubini e altri)
¨ Triplo deficit – pubblico, di bilancia commerciale e delle famiglie –
finanziato dal resto del mondo
¨ Dopo il 2000 tassi di interesse bassi hanno alimentato la domanda di
prestiti. I politici hanno favorito l’accesso al credito delle famiglie
(l’obiettivo di “una casa per tutti”), contribuendo all’abbassamento delle
regole
¨ L’aumento eccessivo del credito è stato favorito dalla crescita dei prezzi
delle case, aumentando la disponibilità di garanzie per le banche
155. Le novità della crisi in corso
155
L’intepretazione di Roubini era in buona parte giusta, ma ci
aspettavamo un aggiustamento diverso (come insegnano i
manuali di macro e molti casi del passato):
svalutazione del dollaro, riequilibrio commerciale americano,
inflazione in crescita, aumento da parte della FED dei tassi di
interesse, decelerazione ordinata del credito e del debito delle
famiglie, riduzione contenuta dei prezzi delle case
Insomma si pensava:
a una classico ciclo negativo americano, con ripercussioni sugli
altri paesi via commercio internazionale (minori esportazioni
negli USA), senza crolli delle banche, salvataggi pubblici,
ricapitalizzazioni, garanzie pubbliche …
157. Le novità della crisi in corso
157
C’erano squilibri di fondo nell’economia mondiale,
ma quattro novità li hanno trasformati in una
recessione mondiale (cfr. Blanchard, 2008;
Brunnermeier, 2008; Gorton, 2008).
Possiamo chiamarli meccanismi propagatori o
amplificatori della crisi
158. Le novità della crisi in corso
158
Novità 1: la crisi dell’interbancario
Dall’agosto del 2007 le banche non si prestano fondi o lo fanno a
prezzi elevati. L’interbancario era da anni diventato un canale di
finanziamento indispensabile per banche con difficoltà di raccolta retail
Due spiegazioni del blocco dell’interbancario
a) percezione di un elevato rischio di controparte
b) paura che la liquidità possa servire in futuro alla banca offerente
Sull’interbancario è in atto un run alla Diamond e Dybvig: tutti
domandano liquidità (cfr. Rochet)
Le banche centrali hanno ampliato l’offerta di liquidità, rendendo più
favorevoli le condizioni di accesso per il sistema bancario: la situazione
è oggi migliorata.
159. Le novità della crisi in corso
159
Novità 2: è la globalizzazione, bellezza!
L’impatto sistemico è analogo solo alla crisi degli anni Trenta
Dagli anni settanta le crisi bancarie (cfr. la slide precedente)
avevano avuto effetti sistemici in un paese, ma senza spillovers
su altri paesi. Forse le uniche eccezioni sono state le crisi
bancarie asiatiche, con esternalità da un paese all’altro, legate
anche al canale del cambio
Le difficoltà contemporanee di banche americane, inglesi,
tedesche etc. sono una novità assoluta
Un effetto panico ha investito i titoli bancari, coinvolgendo i
titoli degli altri settori e facendo crollare le Borse
160. Le novità della crisi in corso
160
Novità 3: cartolarizzazioni
L’aumento delle insolvenze sui mutui subprime, in
corrispondenza della diminuzione dei prezzi delle case, è
stato il detonatore della crisi
I mutui erano stati cartolarizzati. Società veicolo avevano
acquisito i mutui, emettendo obbligazioni (asset backed
securities). A loro volta le ABS erano state cartolarizzate,
dando luogo a nuove passività, ad esempio collateralized
debt obligations (CDOs), moltiplicando i titoli con rating
AAA in circolazione
161. Le novità della crisi in corso
161
Novità 3: le cartolarizzazioni (segue)
Dal 2007 il mercato ha perso fiducia negli strumenti
finanziari legati alle cartolarizzazioni: sono titoli
con rating elevati ma da mesi impossibili da
liquidare
La diversificazione del rischio in teoria raggiunta
con le cartolarizzazioni si è rivelata illusoria
(Rajan): spesso il rischio continuava a gravare sulle
banche
162. Le novità della crisi in corso
162
Novità 4: soffrono di più le banche di investimento
¨ Sono in particolare difficoltà le banche di investimento: negli USA
quelle sopravvissute hanno chiesto di diventare banche commerciali
¨ Le banche di investimento erano poco regolamentate
¨ L’ipotesi era che le loro attività, diversamente dai prestiti bancari,
potessero essere sempre dismesse e che le loro passività (carta
commerciale, obbligazioni a breve termine) potessero essere sempre
raccolte sul mercato
¨ L’indebitamento delle banche di investimento era molto elevato:
Adrian e Shin: correlazione tra leverage e prezzi asset. C’erano
banche con attivi pari a 50 volte il patrimonio.
163. Perché le banche italiane soffrono meno?
163
I. Il sistema bancario è meno internazionalizzato di quello di altri
paesi
II. L’innovazione finanziaria è in Italia meno diffusa che negli Usa o
UK (no MEW)
III.Le banche italiane sono più prudenti e le attività di banca di
investimento sono limitate: maggiore importanza del margine di
interesse nel c/e
IV. Le fonti di raccolta bancaria sono stabili
V. Il diritto italiano è più rigido di quello anglosassone: ciò spiega
anche il punto (ii).
VI. La vigilanza ha agito prontamente (chi parla è in evidente conflitto
di interesse …); non c’è un sistema bancario ombra
VII.L’indebitamento delle famiglie è contenuto e i prezzi delle case
sono cresciuti meno che in altri paesi
164. La congiuntura creditizia
164
Il tasso di crescita dei prestiti bancari sta
decelerando …
… a causa di fattori di offerta e di domanda
Il rallentamento è più forte per i prestiti alle
famiglie, in particolare per i mutui per acquisto
abitazioni, che venivano da anni di forte crescita, e
minore per i prestiti alle imprese
Una buona notizia: negli ultimi mesi i tassi di
interesse bancari sui prestiti sono diminuiti, a
seguito delle riduzioni dei tassi ufficiali.
165. La congiuntura creditizia
165
Prestiti bancari ai residenti in Italia
(variazioni percentuali sui 12 mesi)
16 16
14 14
12 12
10 10
8 8
6 6
4 4
Totale "altri residenti": corretto per l'effetto delle cartolarizzazioni (dal 2004)
2 Totale "altri residenti": non corretto per l'effetto delle cartolarizzazioni 2
Famiglie: non corretto per l'effetto delle cartolarizzazioni
0 0
Società non finanziarie: non corretto per l'effetto delle cartolarizzazioni
-2 -2
2003 2004 2005 2006 2007 2008
166. La congiuntura creditizia
166
Tassi di interesse bancari sui prestiti in euro: nuove operazioni
(valori percentuali)
11 11
10 10
9 9
Famiglie: per acquisto abitazioni (TAEG)
8 8
Famiglie: credito al consumo (TAEG)
7 Società non finanziarie (totale)
7
6 6
5 5
4 4
3 3
2 2
2003 2004 2005 2006 2007 2008
167. Questioni per la discussione
167
Che deve fare la regolamentazione?
Che legami ci sono tra ciclo finanziario ed
economia reale?
Occorre intervenire sulla remunerazione dei managers?
I vari capitalismi daranno risposte diverse alla crisi?
Ci sono tendenze comuni?
170. Le ultime notizie sulla crisi
La Banca centrale europea rileva un «grave rallentamento» dell'attività
economica, sia a livello globale sia nell'area euro, che ha trovato conferme
nei dati delle indagini preliminari dei primi mesi del 2009. Tanto che i tecnici
della Bce hanno effettuato una revisione al ribasso molto marcata sulle loro
previsioni per l'economia dell'Unione monetaria: per quest'anno si attendono
una recessione del Pil che si attesterà tra il 3,2 e il 2,2 per cento. Per il 2010
prevedono una «ripresa graduale» con un andamento del Pil tra il meno 0,7 o
e il più 0,7 per cento. Previsioni riferite dal presidente della Bce, Jean-Claude
Trichet, durante la conferenza stampa a seguito del consiglio direttivo.
Nettamente riviste al ribasso anche le stime sull'inflazione: i tecnici della Bce
prevedono quest'anno una crescita media dei prezzi al consumo nell'area
euro che si limiterà tra lo 0,1 e lo 0,7 per cento, ha proseguito Trichet. Per il
2010 tra lo 0,6 e l'1,4 per cento. Peraltro il numero uno della Bce ha avvertito
che «non è escluso che l'inflazione segni livelli negativi» nel corso dei
prossimi mesi.
L’economia contemporanea e la crisi internazionale