Oggi è possibile stimare che esistano e vengano
utilizzate alcune centinaia di piattaforme per
l'elearning diverse, tra proprietarie ed
opensource. Non c'è (ancora?) un monopolio come in altri settori. Ma cos'è che davvero distingue una
piattaforma da un'altra?
Evoluzione dei modelli di classificazione ed evoluzione delle piattaforme
1. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
Evoluzione dei modelli di
classificazione
ed evoluzione delle piattaforme
Stefano Penge
Maurizio Mazzoneschi
Morena Terraschi
Stefano Penge, Maurizio Mazzoneschi, Morena Terraschi - Lynx
2. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
Oggi è possibile stimare che esistano e vengano
utilizzate alcune centinaia di piattaforme per
l'elearning diverse, tra proprietarie ed
opensource
Non c'è (ancora?) un monopolio come in altri
settori
Ma cos'è che davvero distingue una
piattaforma da un'altra?
Quali modelli di categorizzazione possono
essere utilizzati per fare confronti (ed
eventualmente esprimere un giudizio), in questo
settore?
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E ancora: è davvero possibile arrivare a
definire alcuni (pochi) paradigmi nei quali
far rientrare tutte le piattaforme esistenti?
Si potrebbe argomentare che l'idea stessa di una
classificazione semplice è destinata al fallimento.
Probabilmente oggi tutti sarebbero concordi nel
riconoscere che ogni classificazione si scontra
con una realtà molto complessa e con un
percorso storico non lineare.
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Il cammino dei progettisti di piattaforme non è
stato lineare, ma su di esso hanno influito
molteplici fattori:
●
fattori tecnologici: la disponibilità di banda larga sempre più
ampia o l'affermarsi di versioni stabili di linguaggi potenti come Java
●
fattori sociologici: la disponibilità di giovani programmatori
competenti in linguaggi di scripting lato server o la diffusione del
paradigma dell'OpenSource
●
fattori commerciali: il crescere delle dimensioni complessive
dell'e-learning e la sua uscita dal mercato “captive”verso quello
aperto al singolo utente
●
fattori culturali: la crescita della generale “digital literacy” da
parte degli utenti, che oggi richiedono un livello di interazione
adeguato.
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Tuttavia in molti hanno cercato di
classificare le piattaforme esistenti.
Forse è normale, alla fine di un periodo di
crescita rapida e incontrollata, come
quella cui abbiamo assistito
Molte esperienze diverse sono state descritte
come "e-learning", o come "formazione a
distanza", a volte senza una chiara distinzione
tra l'uno e l'altra.
Di qui l'esigenza teorica di normalizzare il lessico,
di stabilire delle categorie e di confrontare i
diversi sistemi su una base comune.
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Sono stati utilizzati come base di
classificazione parametri diversi, che
risentivano:
- dell'impostazione degli autori
- del loro background scientifico
- del contesto storico in cui sono state
prodotte
.
E' venuto il momento di iniziare a studiare in
dettaglio l'evolversi nel tempo non tanto delle
piattaforme, quanto delle classificazioni e degli
modelli su cui sono basate; fare insomma una
"storia della storiografia" delle piattaforme.
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Come primo saggio di questo lavoro
storiografico proponiamo qui di suddividere le
classificazioni (e i modelli) in tre gruppi, in base
ai parametri che vengono considerati
fondamentali:
●
le tecnologie utilizzate;
●
la teoria pedagogica che li governa;
●
il contesto sociale di apprendimento che viene
reso possibile.
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1. Le tecnologie come chiave primaria
.
Il tentativo di creare un pedigree alla FaD ha
prodotto una classificazione piuttosto diffusa,
che è quella che distingue tra ambienti di I, II e
III generazione. Questa classificazione si basa
sulla diverse tecnologie utilizzate e
sull'interattività degli ambienti.
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9. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
1. Le tecnologie come chiave primaria
.
Si riconosce alla tecnologia un ruolo di traino
culturale, che semplificando, accelerando e
moltiplicando rende possibile mutamenti sul
piano pedagogico.
Alla base, la mitologia ottocentesca del
progresso inarrestabile
("le magnifiche sorti e progressive")
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10. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
1. Le tecnologie come chiave primaria
.
Si fonda su un'ipotesi epistemologica "evolutiva":
che le generazioni più recenti superino le
precedenti, e anzi derivino da quelle.
Ma non sempre è evidente questa trasposizione
da una scala temporale ad una scala di valore:
la terza generazione non è sempre migliore
della seconda,
e la seconda della prima.
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2. La teoria pedagogica di riferimento
.
Alcuni studiosi hanno invece provato a leggere
le differenze tra gli ambienti come effetti
secondari dell'impostazione pedagogica e
psicologica, o più generalmente culturale, dei
loro progettisti
Galliani individua per esempio tre paradigmi
dominanti nella storia della didattica:
1.razionalista-informazionista
2.sistemico-interazionista
3.costruttivista-sociale
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2. La teoria pedagogica di riferimento
.
Da ogni paradigma è possibile derivare una
tipologia di sistema:
●
Sistemi trasmissivi, basati su una teoria
pedagogica comportamentista
●
Sistemi interazionisti, basati su una teoria
cognitivista
●
Sistemi aperti, basati su una teoria costruttivista-
sociale
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2. La teoria pedagogica di riferimento
Questa impostazione vede le piattaforme
letteralmente come applicazioni, cioè come
realizzazioni di un idea pedagogica preesistente
Tende a ignorare i condizionamenti (sia negativi,
sia positivi) che sono posti dagli "informatici".
Rischia di ritrovarsi sempre come teoria
ricostruttiva, a posteriori, e mai come teoria
produttiva, in grado di indicare la strada per
nuovi modelli di e-learning.
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3. L'approccio socio-comunicativo
Alcuni studiosi hanno cercato di ricondurre l'e-
learning all'interno del contesto sociale in cui
viene utilizzato, analizzando i ruoli e i rapporti tra
le persone che li ricoprono.
Jonassen, ad esempio, individua tre modi di
usare la tecnologia: distributivo, interattivo e
collaborativo. Questi modi sono il prodotto di
una scelta rispetto a due serie di parametri:
- il centro dell'attività
- gli obiettivi didattici
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3. L'approccio socio-comunicativo
Una semplice classificazione di questo tipo si .
basa sui rapporti tra gli utenti:
- uno a molti (diffusione)
- uno a uno (personalizzazione)
- molti a molti (condivisione).
Questa classificazione non è storica, ma cerca di
riconoscere modalità diverse anche all'interno
di un unico progetto formativo.
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3. L'approccio socio-comunicativo
Tecnologie diverse possono convivere all'interno.
di un organismo in formazione, per scopi diversi
oppure rivolti a utenti diversi. Per esempio, si
potrebbero utilizzare:
- la videoconferenza (per la diffusione)
- materiali di auto-apprendimento digitale e
strumenti di comunicazione asincroni (per la
personalizzazione)
- una piattaforma che gestisca la comunicazione
e supporti la collaborazione tra gli studenti (per la
condivisione)
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4. Un modello dinamico
Tutti questi modelli risentono della guerra delle
“due culture”, del dualismo
tecnologico/umanestico tipico dei nostri anni.
Non è una sorpresa: nell'e-learning l'opposizione
tra mezzi e fini emerge continuamente.
Tuttavia, trattandosi di "mezzi digitali", cioè
inscindibilmente legati con la manipolazione
della conoscenza, una rappresentazione così
chiaramente dualistica non funziona.
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18. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
Alcuni anni fa, nel contesto di un manuale sulla
media education*, alcuni di noi tentavano di
schematizzare non tanto i media in se stessi,
quanto il rapporto che un utente può instaurare
con un medium.
Nel seguito del testo cercavamo di derivare da questa
analisi la successiva disamina delle applicazioni (buone
o cattive) educative dei vari media.
*Maragliano, Martini, Penge (a cura di), I media e la
formazione, Carocci, Roma, 1996
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Venivano individuate tre modalità di rapporto tra
un soggetto e l'ambiente/medium:
- la modalità monodimensionale, in cui il soggetto è
posto in un ambiente e ne riceve gli stimoli in maniera
indifferenziata
- la modalità bidimensionale, in cui dal flusso
indifferenziato vengono selezionati contenuti significativi
per il soggetto
- la modalità tridimensionale, in cui il soggetto a sua volta
introduce modifiche nell'ambiente.
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20. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
Per estensione, oggi vogliamo applicare quel
modello all'e-learning.
Vogliamo differenziare tra:
1. piattaforme monodimensionali, centrate sui
contenuti da trasmettere e ricevere
2. piattaforme bidimensionali, basate sulla
selezione e ricostruzione dei contenuti da parte
del soggetto
3. piattaforme tridimensionali, aperte
all'interazione e alla modifica dell'ambiente da
parte del soggetto
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21. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
Naturalmente questa divisione non è migliore
delle altre...
Queste modalità corrispondono a i modelli di Galliani o ai
modi di Jonassen, e servono più da indicatori che da
vere categorie. Oggi nessuna piattaforma rientra in uno
solo dei paradigmi.
Ma soprattutto, in astratto, una piattaforma
tridimensionale non è migliore di una monodimensionale.
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22. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
Ci sembra più interessante vedere questo
modello in una prospettiva dinamica:
Potremmo cioè parlare di fase mono-, bi- e
tridimensionale, anche all'interno di una stessa
piattaforma.
Invece che classificare si tratterebbe di studiare il
processo dinamico di ogni piattaforma, la sua "storia"
(dalla sua progettazione alla sua ultima revisione) e il suo
modificarsi quotidiano.
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Alla base di questa impostazione c'è una
concezione dell'apprendimento attiva (Dewey)
Un soggetto che apprende non si limita a acquisire
conoscenze.
L'apprendimento è un processo nel quale un soggetto
acquisisce progressivamente il controllo dell'ambiente.
Da una fase iniziale passiva, di osservazione, in cui
l'ambiente è dominante fissa le regole dell'interazione, si
passa a fasi in cui è il soggetto a inserire nuovi elementi,
fino a modificare le regole stesse dell'ambiente che gli
cede il controllo.
Apprendere è anche modificare il contesto.
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Allo stesso tempo, e inversamente, la piattaforma che
inizialmente domina la scena e impone i suoi linguaggi e
le sue regole cede progressivamente il controllo al
soggetto e gli/le consente di assumere l'iniziativa sempre
più autonomamente.
Se inizialmente offre solo materiali in lettura (mono-)
richiedendo poche scelte, e magari non permette
modifiche alla sequenza di presentazione (bi-),
progressivamente rilascia questi vincoli e si presenta
sempre più flessibile e personalizzabile (tri-dimensionale).
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In altre parole, è un ambiente educativo è un
ambiente esplicitamente progettato per cedere
il controllo al soggetto
Un ambiente per l'apprendimento online “evoluto” non è
semplicemente una piattaforma aperta, collaborativa
etc, ma è una piattaforma progettata e costruita in
funzione della sua possibile modifica da parte dei
soggetti che la usano
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Un altro modo per definire una piattaforma di
questo tipo è "aperta".
In questa categoria allargata di apertura vanno discusse
sia la questione del codice (open source) che quella dei
materiali didattici (open content) che quella dell'usabilità
e accessibilità (open interface).
Alla luce di quanto detto sopra, "aperta" non significa
vuota e in attesa di contenuti ma disponibile -
progressivamente - alla modifica, da parte di tutti gli
utenti, a diversi livelli.
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29. Congresso SIE-L – Firenze 9/11/05
Questo approccio ci consente non solo di
valutare piattaforme esistenti, ma anche di
progettarne e costruirne di nuove.
ADA (Ambiente digitale per l'Apprendimento) è il nostro
tentativo – che dura ormai da cinque anni - di applicare
questo approccio in maniera consistente costruendo
una piattaforma di e-learning open*.
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Stefano Penge steve@lynxlab.com
Maurizio Mazzoneschi graffio@lynxlab.com
Morena Terraschi morena@lynxlab.com
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