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OVERLAPPING  DISCRETE  BOUNDARIES                             –     HO     CHI      MINH
CITY: 10°46′10″N 106°40′55″E




SULLE  RIVE           DEL     CANALE        NERO.       HO     CHI       MINH     CITY,
VIETNAM.

di Alessandro Carboni - 23.03.2010


Recententemente ho letto, che tra non molto, per la prima volta nella storia globale
del mondo, la maggioranza della popolazione mondiale vivrà nelle aree urbane [1].
Enorme, disarticolata, caotica e paradossale, Ho Chi Minh City è diventata il piu
grande polo urbano del sud del Vietnam. Nel 19° secolo, i coloni del Nord del Vietnam,
residenti nel Delta del Fiume Rosso descrivevano la futura città come un luogo in cui
era possibile trovare nuove opportunità di sviluppo e di prosperità: “Se lo desiderate,
andate a Gia-Dinh, la vita è facile, l’acqua è limpida e il riso bianco” [2]. Per entrare
nel cuore del problema, ho iniziato la mia ricerca, scavando strato dopo strato nelle
tracce, nei residui della storia, nel tessuto urbano e negli abitanti di Ho Chin Minh City.
Ho raccolto materiali e appunti, ho visitato musei, ho parlato con la gente, ho dormito
per strada al fine di costruire, frammento dopo frammento, una solida base di
conoscenze su cui costruire il mio lavoro. In un primo momento, è stato necessario
prendere in considerazione le tappe storiche dello sviluppo urbano del Vietnam degli
ultimi 50 anni.

Dopo mezzo secolo di cambiamenti epocali, tra cui l’indipendenza nel 1945 e le lunghe
guerre di resistenza, all’inizi degli anni ‘80 il Vietnam è entrato in un nuova fase
economica incentrata su una integrazione nel mercato globale. Entrambe
rappresentano due momenti cruciali dello sviluppo urbano di Ho Chi Minh e del
Vietnam.




ho chi minh city distretto 1 - foto alessandro carboni
Immediatamente dopo che ottenne l’indipendenza dal colonialismo francese, nel
decennio 1945-1954, il Vietnam entrò nella guerra di Indocina. Nel 1954, solo l’11 per
cento dell’intera popolazione viveva nelle due principali città, Hanoi e Saigon (l’attuale
Ho Chin Minh City). Tra il 1955 e il 1975 le caratteristiche urbane riflettevano, da un
lato i due diversi sistemi politici esistenti nel paese, dall’altro gli effetti devastanti delle
guerre. La combinazione di questi fattori aveva creato due tendenze urbane
paradossalmente opposte tra nord e sud.




muro - foto alessandro carboni
Nel nord, dopo quasi dieci anni di pace costruita su un modello socialista, il paese
dovette far fronte alla guerra contro Stati Uniti. Ciò portò all’evacuazione di massa dei
centri urbani. Nei primi anni ‘70 questo processo sfociò in una lenta e temporanea
deurbanizzazione. Nel Sud neocoloniale, allo sviluppo economico seguirono delle
guerre locali in parte provocate dall’esercito statunitense, che devastarono le periferie
e le zone rurali. In contrasto con il Nord, questi fattori portaro ad un processo di
urbanizzazione forzata. [3]




ho chi minh city distretto 1 - foto li chin sung
Entrambe le tendenze generarono uno sviluppo urbano abnorme che ebbe
ripercussioni importanti nei decenni successivi . A seguito del precedente decennio di
guerra, tra il 1975 e il 1985, ci fu una crisi socio-economica tra le più gravi della storia
del Vietnam. A partire dal 1986 fino al 1995 il rinnovamento fu rapido e senza
precedenti. In contrasto con la crisi degli ultimi 10 anni, questo fu il più animato,
nonché il più complicato dei periodi. Infatti dopo il 1986, al sesto congresso del Partito
comunista di Hanoi, i leader del paese finalmente presero seri provvedimenti per
fermare l’auto-distruzione ormai decennale che aveva toccato l’interno Vietnam.




distretto 8 - foto li chin sung
Con la nascita del movimento Doi Moi (rinnovamento) il Vietnam ha cominciato a
muoversi verso un’economia di mercato incentrata non più sull’agricoltura, ma quasi
esclusivamente sull’industria. Subito dopo il 1994, l’anno in cui gli Stati Uniti
revocarono l’embargo commerciale, Ho Chi Minh City diventò il simbolo della
ristrutturazione e rinnovamento del Vietnam. Anno dopo anno, la fame di capitalismo
portò ad una crescita senza precedenti. La stabilità finanziaria permise a grandi
multinazionali straniere di trasferire le loro attività commerciali nella città. Nel 1997 le
entrate di Ho Chi Minh City costituivano un terzo del PIL della nazione, e il reddito pro-
capite dei residenti della città era più del triplo rispetto a quello del resto del Vietnam.
Nei prossimi anni queste cifre saranno destinate ad aumentare. Un dato curioso e
altrettanto rilevante da considerare è legato ai milioni di emigrati che dopo il 1975
sono fuggiti dal Vietnam e che tutt’ora regolarmente inviano denaro ai parenti che si
sono lasciati alle spalle. Tale “assistenza” ammonta a più di 3 miliardi di euro l’anno,
molto più della quantità di aiuti internazionali che il Vietnam riceve da altre nazioni.




distretto 8 - foto li chin sung
A causa dei continui ribaltamenti storici della nazione avvenuti in cosi breve tempo, il
tessuto urbano di Ho Chi Minh City è cresciuto in modo caotico, disarticolato e in certi
casi ha irrimediabilmente distrutto il patrimonio storico e l’identità culturale della città.

Ad esempio, la vasta rete di corsi d’acqua, circa 1.500 km, era una volta motivo di
orgoglio per Ho Chi Minh e per tutto il Vietnam del Sud. I trasparenti corsi d’acqua che
i coloni del Nord del Vietnam un tempo invitavano a visitare, non solo legavano la città
con il delta del Mekong e le altre province circostanti, ma erano soprattutto necessari
per il drenaggio e la depurazione delle acque. Negli ultimi anni, con la fase di
rinnovamento e la conseguente crescita della città e della popolazione, i fiumi e canali
di Ho Chi Minh City si sono rapidamente degradati. Maleodoranti e fetidi, soffocati dai
rifiuti e intasati da baracche, i corsi d’acqua della città sono diventati neri.

La causa è l’urbanizzazione selvaggia di cui parla Nguyen Vinh, un ricercatore presso il
Saigon Institute for Development Studies, “I canali neri, sono la conseguenza della
schizofrenica pianificazione del territorio e le conseguenze sugli abitanti, sono visibili a
tutti”. Nel corso degli anni, l’urbanizzazione di Ho Chi Minh City ha costretto i poveri a
spostarsi continuamente nelle diverse aree e distretti della città, dal centro alla
periferia, dai canali alle aree meno sviluppate. ”Molti poveri sono diventati i migranti
nella propria città”, ha detto Nguyen Vinh in una conferenza tenuta la settimana
scorsa per annunciare l’inizio di un altro progetto di ricerca, questa volta sulla povertà
urbana.




kênh tàu hu black canal, distretto 8 - foto li chin sung




distretto 8 - foto li chin sung
Sono    arrivato ad Ho Chi Minh City, dopo circa una settimana passata a Singapore. [4]
Sono    arrivato in piena notte, nell’oscurità, dove la città si confonde con il buio. Gli
spazi   ampi sembrano molto piccoli, le forme i colori sono distorti. I piani si ribaltano e
tutto   diventa misterioso, a tratti silenzioso e impenetrabile come il nero delle strade
buie popolate da ombre che si allungano nei cunicoli della città. Ma già dalle prime ore
dell’alba, la città cambia volto. Le ombre si dissolvono nella luce!




distretto 8 - foto li chin sung




kênh tàu hu - canal, distretto 8 - foto li chin sung
Tutto è limpido, chiaro ed estrememente reale, crudo! Flussi di corpi, come sciami, si
muovono all’unisono nella griglia urbana. Le strade sono i nuovi canali di scorrimento
in cui i flussi si alternano, si incrociano e si scontrano continuamente. Non più bici e
fragili cappelli in paglia come un tempo, ma migliaia di scooter e motorbike e piloti che
vestono caschi restitenti a qualsiasi urto. Probabilmente in un futuro prossimo di
nuovo rinnovamento e sviluppo economico, scooter e motorbike verranno sostituiti da
luccicanti auto di nuove generazione.




kênh tàu hu black canal, distretto 8 - foto li chin sung
Sono partito dal distretto 1, il quartiere centrale della città popolato in parte da
residenti e in parte da turisti. I turisti che visitano Ho Chi Minh City si possono
dividere in ultra settantenni in cerca di amore e sesso, backpackers australiani e
carovane di giapponesi. Pochi europei, a parte qualche studente francese in cerca di
autentico con la Lonely Planet in mano. Chiaramente, quest’area non sa di nulla. Ha il
solito sapore del cibo in scatola: “leggere attentamente le istruzioni e la data di
scadenza riporatata sul fondo della confezione”.




kênh tàu hu black canal, distretto 8 - foto li chin sung
Spostandosi dal distretto 1, la città è diversa, racconta se stessa e i muri trasudano di
storia. Tutta la storia urbana della città che avevo letto e studiato era scritta e visibile
nei muri. Segni, strati, scritte, frammenti si mostravano puri e chiari davanti a me
come segni. I corpi, le posture, le pieghe rappresentavano per me il vero patrimonio
urbano della città. Nessun megaposter pubblicitario appeso sopra i palazzi poteva
nascondere l’eleganza e la leggerezza dei movimenti dei corpi di Ho Chi Minh City.




I corpi in movimento, come moti disordinati di particelle, sembravano rispondere
perfettamente a quelle famose teorie del caos che dimostrano che esiste una certa
precisa armonia o un disegno nascosto anche nel disordine più totale. Mentre
continuavo a vagare nel flusso, leggevo, come se avessi un atlante aperto, la storia
della città. Passo dopo passo, riuscivo a trovare i fili, le corrispondenze tra la realtà
che avevo davanti ai miei occhi e i materiali che fino ad ora avevo studiato.

Per circa una settimana ho dedicato gran parte della mia ricerca al Kênh Tàu HU (Tofu
Canal), il canale che attraversa il distretto 8. Dato il suo colore nero, denso e
impenetrabile il canale è stato soprannominato Black Canal. Per arrivare al Distretto 8
ho attraversato un ponte, un grosso ponte in cemento armato. Lo sguardo scorre
lentamente lungo il canale pesantemente inquinato e sulla lunga distesa di baracche
che costeggiano le rive del fiume. Nonostante le condizioni di vita siano al limite
dell’umano, il canale sembra essere l’unica risorsa vitale per migliaia di persone. Nel
rumore assordande del flusso urbano, continuo lentamente il mio percorso; entro nel
centro del distretto 8. Mi trovavo nel distretto 8 perche mi interessava continuare la
mia lettura dello spazio urbano, trovare ulteriori corrispondenze ed espandere il mio
archivo progressivo. Nonostante cercassi di restare invisibile, o per lo meno di non
dare troppo nell’occhio, appena entrato nel distretto 8, sono diventato
immediatamente visibile. Forse perchè non ci sono tanti turisti in giro e soprattutto la
Lonely Planet non indica nessun trendy bar da queste parti. Di solito in queste aree
non si è ben visti. Ho imparato nel tempo che bisogna testare i tempi di attesa, capire
quanto tempo si può stare fermi in un punto, prima che qualcuno ti inviti ad andare
via. Avevo calcolato che bastavano pressapoco 10 secondi per incominciare ad
infastidire qualcuno del quartiere. Quindi le mie camminate erano lente, ma mai
troppo. Dopo alcuni giorni, ho trovato un certo ritmo, ho allenato lo sguardo e ho
affinato la mia presenza. Sono riuscito a parlare, discutere e infine a collaborare con
alcune persone residenti lungo le rive del canale.




kênh tàu hu black canal, distretto 8 - foto li chin sung
L’agglomerato di baracche in realtà è preciso e ben organizzato. Nulla è lasciato al
caso e tutto funziona quasi alla perfezione. Ci sono scuole, piccoli ristoranti e mercati.
Gli abitanti sono quasi tutti immigrati che arrivano dalle zone rurali limitrofe. Sono gli
stessi abitanti che raccontava Nguyen Vinh, il ricercatore del Saigon Institute for
Development Studies. I residenti negli anni sono aumentati, impossessandosi del
fiume e diventando parte integrante di esso. Le baracche sono delle palafitte, costruite
su dei pali in legno. Da vicino il fiume è molto scuro, lentissimo. Da qui era possibile
vedere persino l’anima sempre più nera. Non c’è segno alcuno di vita o di
vegetazione: né uccelli, né pesci, né piante. Tutti andati via. Arrivo ad un piccolo
tempio taoista. I fumi degli incensi creano una nube grigia molto densa, chiudo gli
occhi.

Improvvisamente vengo svegliato da un signore e mi mostra la sua gamba, una
protesi in plastica. Mi dice che ha fatto la guerra, era un vietcong. Mi chiede una foto
con suo figlio. Saluto e continuo a camminare nei vicoli stretti. I muri sono ricoperti di
scritte fatte a mano. Passo dopo passo, intravedo, da dalle piccole finestre sui lati,
delle piccole sartorie in cui lavorano delle donne. Mi guardano e sorridono. Nei giorni
successivi ho continuato a trascorre gran parte del mio tempo nel distretto 8. Mentre
affinavo le mie tecniche di camuflage, prendevo coscenza del fattore tempo, che non
passava mai. Il fiume, come un orologio, nella sua estrema oscurità e lentezza era
sempre più immobile. Ogni tanto proiettavo il mio sguardo oltre le sponde del fiume,
verso gli altri distretti e notavo come in realtà tutto intorno ci fosse una vibrante
mobilità e trasformazione. Da qui osservavo i palazzi in costruzione del distretto 2,
l’Area Urbana Phu My Hung e ancora il nuovo centro della città che verrà costruito nel
distretto 7. Il fiume, nero, lento e denso come il catrame, diventava la metafora del
tempo e di un luogo in cui il passato si sovrappone al presente e il futuro, presente e
veloce come non mai in altre aree della città, stenta ad arrivare.




tra i vari distretti durante "long now" - foto li chin sun
Negli ultimi giorni della residenza ad Ho Chi Minh City, ho voluto concludere il mio
breve percorso di ricerca con una azione urbana ispirata agli studi e alla mia
esperienza nella città e nel distretto 8. La mia azione urbana consisteva nell’utilizzare
l’intera città come materiale, come base di lavoro su cui intervenire.




Pensavo a qualcosa di enorme, ad un processo lungo, ad un lavoro su larga scala. Ho
preso una mappa di Ho Chi Minh City e ho incominciato a disegnare dei percorsi
urbani, che ricordassero i flussi urbani che avevo visto nel centro della città. Volevo
lasciare un messaggio, una scritta che al tempo stesso avesse un senso per la citta e i
suoi abitanti. Seguendo le strade della mappa, ho incominciato a tracciare delle
lettere. Ho scritto “LONG NOW”. La frase voleva indicare un idea di tempo esteso, un
presente lungo, quasi immobile. Lo stessa immobilità che avevo intravisto lungo le
rive de canale. Per poter scrivere questa frase nella città avevo bisogno di un mezzo
veloce in grado percorrere in breve tempo l’azione. Durante le mie esplorazioni nel
distretto 8, avevo conosciuto alcuni signori che si guadagnavano da vivere facendo i
tassisti con le motociclette. Decisi di chiedere ad alcuni di loro di farmi da autista e
aiutarmi nell’impresa. Per scrivere la mia frase nella città, ho utilizzato un data logger
Gps che mi permetteva di tracciare il mio spostamento in città. La mattina del giorno
seguente io e il mio autista abbiamo attraversato distretto dopo distretto, la città da
un capo all’altro. Ci sono volute quasi 3 ore e per compiere la scritta lunga circa
35km.

[1] Nel 2007 le Nazioni Unite hanno stimato che entro il 2011 il mondo raggiungerà
“un’invisibile tappa epocale. Per la prima volta nella storia dell’umanità, più della metà
delle sue popolazioni umane, 3,3 miliardi di persone, vivranno in aree urbane”, UNFPA
(2007).

[2] Ho Chi Minh City nasce nell’area del delta del Mekong e sulle rive del fiume
Saigon, in un paese originariamente chiamato Gia Dinh. Già dal 18 ° secolo, Gia Dinh
divenne noto in tutta la regione come centro commerciale e di scambio di merci tra
cinesi, malesi, olandesi e navi portoghesi.

[3] Dati raccolti dal National Institute of Urban and Regional Planning.

[4] Ho Chi Minh City è la quarta tappa del progetto Overlapping Discrete Boundaries. I
miei collaboratori sono Dickson Dee, musicista di Hong Kong e Liang Guo Jian,
calligrafo e documentarista cinese.

www.alessandrocarboni.org

www.overlappingdiscretecityboundaries.com

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I confini e le tessiture umane di Kuala Lumpur

  • 1. OVERLAPPING DISCRETE BOUNDARIES – HO CHI MINH CITY: 10°46′10″N 106°40′55″E SULLE RIVE DEL CANALE NERO. HO CHI MINH CITY, VIETNAM. di Alessandro Carboni - 23.03.2010 Recententemente ho letto, che tra non molto, per la prima volta nella storia globale del mondo, la maggioranza della popolazione mondiale vivrà nelle aree urbane [1]. Enorme, disarticolata, caotica e paradossale, Ho Chi Minh City è diventata il piu grande polo urbano del sud del Vietnam. Nel 19° secolo, i coloni del Nord del Vietnam, residenti nel Delta del Fiume Rosso descrivevano la futura città come un luogo in cui era possibile trovare nuove opportunità di sviluppo e di prosperità: “Se lo desiderate, andate a Gia-Dinh, la vita è facile, l’acqua è limpida e il riso bianco” [2]. Per entrare nel cuore del problema, ho iniziato la mia ricerca, scavando strato dopo strato nelle tracce, nei residui della storia, nel tessuto urbano e negli abitanti di Ho Chin Minh City. Ho raccolto materiali e appunti, ho visitato musei, ho parlato con la gente, ho dormito per strada al fine di costruire, frammento dopo frammento, una solida base di conoscenze su cui costruire il mio lavoro. In un primo momento, è stato necessario prendere in considerazione le tappe storiche dello sviluppo urbano del Vietnam degli ultimi 50 anni. Dopo mezzo secolo di cambiamenti epocali, tra cui l’indipendenza nel 1945 e le lunghe guerre di resistenza, all’inizi degli anni ‘80 il Vietnam è entrato in un nuova fase economica incentrata su una integrazione nel mercato globale. Entrambe
  • 2. rappresentano due momenti cruciali dello sviluppo urbano di Ho Chi Minh e del Vietnam. ho chi minh city distretto 1 - foto alessandro carboni Immediatamente dopo che ottenne l’indipendenza dal colonialismo francese, nel decennio 1945-1954, il Vietnam entrò nella guerra di Indocina. Nel 1954, solo l’11 per cento dell’intera popolazione viveva nelle due principali città, Hanoi e Saigon (l’attuale Ho Chin Minh City). Tra il 1955 e il 1975 le caratteristiche urbane riflettevano, da un lato i due diversi sistemi politici esistenti nel paese, dall’altro gli effetti devastanti delle guerre. La combinazione di questi fattori aveva creato due tendenze urbane paradossalmente opposte tra nord e sud. muro - foto alessandro carboni Nel nord, dopo quasi dieci anni di pace costruita su un modello socialista, il paese dovette far fronte alla guerra contro Stati Uniti. Ciò portò all’evacuazione di massa dei
  • 3. centri urbani. Nei primi anni ‘70 questo processo sfociò in una lenta e temporanea deurbanizzazione. Nel Sud neocoloniale, allo sviluppo economico seguirono delle guerre locali in parte provocate dall’esercito statunitense, che devastarono le periferie e le zone rurali. In contrasto con il Nord, questi fattori portaro ad un processo di urbanizzazione forzata. [3] ho chi minh city distretto 1 - foto li chin sung Entrambe le tendenze generarono uno sviluppo urbano abnorme che ebbe ripercussioni importanti nei decenni successivi . A seguito del precedente decennio di guerra, tra il 1975 e il 1985, ci fu una crisi socio-economica tra le più gravi della storia del Vietnam. A partire dal 1986 fino al 1995 il rinnovamento fu rapido e senza precedenti. In contrasto con la crisi degli ultimi 10 anni, questo fu il più animato, nonché il più complicato dei periodi. Infatti dopo il 1986, al sesto congresso del Partito comunista di Hanoi, i leader del paese finalmente presero seri provvedimenti per fermare l’auto-distruzione ormai decennale che aveva toccato l’interno Vietnam. distretto 8 - foto li chin sung
  • 4. Con la nascita del movimento Doi Moi (rinnovamento) il Vietnam ha cominciato a muoversi verso un’economia di mercato incentrata non più sull’agricoltura, ma quasi esclusivamente sull’industria. Subito dopo il 1994, l’anno in cui gli Stati Uniti revocarono l’embargo commerciale, Ho Chi Minh City diventò il simbolo della ristrutturazione e rinnovamento del Vietnam. Anno dopo anno, la fame di capitalismo portò ad una crescita senza precedenti. La stabilità finanziaria permise a grandi multinazionali straniere di trasferire le loro attività commerciali nella città. Nel 1997 le entrate di Ho Chi Minh City costituivano un terzo del PIL della nazione, e il reddito pro- capite dei residenti della città era più del triplo rispetto a quello del resto del Vietnam. Nei prossimi anni queste cifre saranno destinate ad aumentare. Un dato curioso e altrettanto rilevante da considerare è legato ai milioni di emigrati che dopo il 1975 sono fuggiti dal Vietnam e che tutt’ora regolarmente inviano denaro ai parenti che si sono lasciati alle spalle. Tale “assistenza” ammonta a più di 3 miliardi di euro l’anno, molto più della quantità di aiuti internazionali che il Vietnam riceve da altre nazioni. distretto 8 - foto li chin sung A causa dei continui ribaltamenti storici della nazione avvenuti in cosi breve tempo, il tessuto urbano di Ho Chi Minh City è cresciuto in modo caotico, disarticolato e in certi casi ha irrimediabilmente distrutto il patrimonio storico e l’identità culturale della città. Ad esempio, la vasta rete di corsi d’acqua, circa 1.500 km, era una volta motivo di orgoglio per Ho Chi Minh e per tutto il Vietnam del Sud. I trasparenti corsi d’acqua che i coloni del Nord del Vietnam un tempo invitavano a visitare, non solo legavano la città con il delta del Mekong e le altre province circostanti, ma erano soprattutto necessari per il drenaggio e la depurazione delle acque. Negli ultimi anni, con la fase di rinnovamento e la conseguente crescita della città e della popolazione, i fiumi e canali di Ho Chi Minh City si sono rapidamente degradati. Maleodoranti e fetidi, soffocati dai rifiuti e intasati da baracche, i corsi d’acqua della città sono diventati neri. La causa è l’urbanizzazione selvaggia di cui parla Nguyen Vinh, un ricercatore presso il Saigon Institute for Development Studies, “I canali neri, sono la conseguenza della
  • 5. schizofrenica pianificazione del territorio e le conseguenze sugli abitanti, sono visibili a tutti”. Nel corso degli anni, l’urbanizzazione di Ho Chi Minh City ha costretto i poveri a spostarsi continuamente nelle diverse aree e distretti della città, dal centro alla periferia, dai canali alle aree meno sviluppate. ”Molti poveri sono diventati i migranti nella propria città”, ha detto Nguyen Vinh in una conferenza tenuta la settimana scorsa per annunciare l’inizio di un altro progetto di ricerca, questa volta sulla povertà urbana. kênh tàu hu black canal, distretto 8 - foto li chin sung distretto 8 - foto li chin sung Sono arrivato ad Ho Chi Minh City, dopo circa una settimana passata a Singapore. [4] Sono arrivato in piena notte, nell’oscurità, dove la città si confonde con il buio. Gli spazi ampi sembrano molto piccoli, le forme i colori sono distorti. I piani si ribaltano e tutto diventa misterioso, a tratti silenzioso e impenetrabile come il nero delle strade
  • 6. buie popolate da ombre che si allungano nei cunicoli della città. Ma già dalle prime ore dell’alba, la città cambia volto. Le ombre si dissolvono nella luce! distretto 8 - foto li chin sung kênh tàu hu - canal, distretto 8 - foto li chin sung Tutto è limpido, chiaro ed estrememente reale, crudo! Flussi di corpi, come sciami, si muovono all’unisono nella griglia urbana. Le strade sono i nuovi canali di scorrimento in cui i flussi si alternano, si incrociano e si scontrano continuamente. Non più bici e
  • 7. fragili cappelli in paglia come un tempo, ma migliaia di scooter e motorbike e piloti che vestono caschi restitenti a qualsiasi urto. Probabilmente in un futuro prossimo di nuovo rinnovamento e sviluppo economico, scooter e motorbike verranno sostituiti da luccicanti auto di nuove generazione. kênh tàu hu black canal, distretto 8 - foto li chin sung Sono partito dal distretto 1, il quartiere centrale della città popolato in parte da residenti e in parte da turisti. I turisti che visitano Ho Chi Minh City si possono dividere in ultra settantenni in cerca di amore e sesso, backpackers australiani e carovane di giapponesi. Pochi europei, a parte qualche studente francese in cerca di autentico con la Lonely Planet in mano. Chiaramente, quest’area non sa di nulla. Ha il solito sapore del cibo in scatola: “leggere attentamente le istruzioni e la data di scadenza riporatata sul fondo della confezione”. kênh tàu hu black canal, distretto 8 - foto li chin sung
  • 8. Spostandosi dal distretto 1, la città è diversa, racconta se stessa e i muri trasudano di storia. Tutta la storia urbana della città che avevo letto e studiato era scritta e visibile nei muri. Segni, strati, scritte, frammenti si mostravano puri e chiari davanti a me come segni. I corpi, le posture, le pieghe rappresentavano per me il vero patrimonio urbano della città. Nessun megaposter pubblicitario appeso sopra i palazzi poteva nascondere l’eleganza e la leggerezza dei movimenti dei corpi di Ho Chi Minh City. I corpi in movimento, come moti disordinati di particelle, sembravano rispondere perfettamente a quelle famose teorie del caos che dimostrano che esiste una certa precisa armonia o un disegno nascosto anche nel disordine più totale. Mentre continuavo a vagare nel flusso, leggevo, come se avessi un atlante aperto, la storia della città. Passo dopo passo, riuscivo a trovare i fili, le corrispondenze tra la realtà che avevo davanti ai miei occhi e i materiali che fino ad ora avevo studiato. Per circa una settimana ho dedicato gran parte della mia ricerca al Kênh Tàu HU (Tofu Canal), il canale che attraversa il distretto 8. Dato il suo colore nero, denso e impenetrabile il canale è stato soprannominato Black Canal. Per arrivare al Distretto 8 ho attraversato un ponte, un grosso ponte in cemento armato. Lo sguardo scorre lentamente lungo il canale pesantemente inquinato e sulla lunga distesa di baracche che costeggiano le rive del fiume. Nonostante le condizioni di vita siano al limite dell’umano, il canale sembra essere l’unica risorsa vitale per migliaia di persone. Nel rumore assordande del flusso urbano, continuo lentamente il mio percorso; entro nel centro del distretto 8. Mi trovavo nel distretto 8 perche mi interessava continuare la mia lettura dello spazio urbano, trovare ulteriori corrispondenze ed espandere il mio archivo progressivo. Nonostante cercassi di restare invisibile, o per lo meno di non dare troppo nell’occhio, appena entrato nel distretto 8, sono diventato immediatamente visibile. Forse perchè non ci sono tanti turisti in giro e soprattutto la Lonely Planet non indica nessun trendy bar da queste parti. Di solito in queste aree
  • 9. non si è ben visti. Ho imparato nel tempo che bisogna testare i tempi di attesa, capire quanto tempo si può stare fermi in un punto, prima che qualcuno ti inviti ad andare via. Avevo calcolato che bastavano pressapoco 10 secondi per incominciare ad infastidire qualcuno del quartiere. Quindi le mie camminate erano lente, ma mai troppo. Dopo alcuni giorni, ho trovato un certo ritmo, ho allenato lo sguardo e ho affinato la mia presenza. Sono riuscito a parlare, discutere e infine a collaborare con alcune persone residenti lungo le rive del canale. kênh tàu hu black canal, distretto 8 - foto li chin sung L’agglomerato di baracche in realtà è preciso e ben organizzato. Nulla è lasciato al caso e tutto funziona quasi alla perfezione. Ci sono scuole, piccoli ristoranti e mercati. Gli abitanti sono quasi tutti immigrati che arrivano dalle zone rurali limitrofe. Sono gli stessi abitanti che raccontava Nguyen Vinh, il ricercatore del Saigon Institute for Development Studies. I residenti negli anni sono aumentati, impossessandosi del fiume e diventando parte integrante di esso. Le baracche sono delle palafitte, costruite su dei pali in legno. Da vicino il fiume è molto scuro, lentissimo. Da qui era possibile vedere persino l’anima sempre più nera. Non c’è segno alcuno di vita o di vegetazione: né uccelli, né pesci, né piante. Tutti andati via. Arrivo ad un piccolo tempio taoista. I fumi degli incensi creano una nube grigia molto densa, chiudo gli occhi. Improvvisamente vengo svegliato da un signore e mi mostra la sua gamba, una protesi in plastica. Mi dice che ha fatto la guerra, era un vietcong. Mi chiede una foto con suo figlio. Saluto e continuo a camminare nei vicoli stretti. I muri sono ricoperti di scritte fatte a mano. Passo dopo passo, intravedo, da dalle piccole finestre sui lati, delle piccole sartorie in cui lavorano delle donne. Mi guardano e sorridono. Nei giorni successivi ho continuato a trascorre gran parte del mio tempo nel distretto 8. Mentre affinavo le mie tecniche di camuflage, prendevo coscenza del fattore tempo, che non passava mai. Il fiume, come un orologio, nella sua estrema oscurità e lentezza era sempre più immobile. Ogni tanto proiettavo il mio sguardo oltre le sponde del fiume, verso gli altri distretti e notavo come in realtà tutto intorno ci fosse una vibrante
  • 10. mobilità e trasformazione. Da qui osservavo i palazzi in costruzione del distretto 2, l’Area Urbana Phu My Hung e ancora il nuovo centro della città che verrà costruito nel distretto 7. Il fiume, nero, lento e denso come il catrame, diventava la metafora del tempo e di un luogo in cui il passato si sovrappone al presente e il futuro, presente e veloce come non mai in altre aree della città, stenta ad arrivare. tra i vari distretti durante "long now" - foto li chin sun Negli ultimi giorni della residenza ad Ho Chi Minh City, ho voluto concludere il mio breve percorso di ricerca con una azione urbana ispirata agli studi e alla mia esperienza nella città e nel distretto 8. La mia azione urbana consisteva nell’utilizzare l’intera città come materiale, come base di lavoro su cui intervenire. Pensavo a qualcosa di enorme, ad un processo lungo, ad un lavoro su larga scala. Ho preso una mappa di Ho Chi Minh City e ho incominciato a disegnare dei percorsi
  • 11. urbani, che ricordassero i flussi urbani che avevo visto nel centro della città. Volevo lasciare un messaggio, una scritta che al tempo stesso avesse un senso per la citta e i suoi abitanti. Seguendo le strade della mappa, ho incominciato a tracciare delle lettere. Ho scritto “LONG NOW”. La frase voleva indicare un idea di tempo esteso, un presente lungo, quasi immobile. Lo stessa immobilità che avevo intravisto lungo le rive de canale. Per poter scrivere questa frase nella città avevo bisogno di un mezzo veloce in grado percorrere in breve tempo l’azione. Durante le mie esplorazioni nel distretto 8, avevo conosciuto alcuni signori che si guadagnavano da vivere facendo i tassisti con le motociclette. Decisi di chiedere ad alcuni di loro di farmi da autista e aiutarmi nell’impresa. Per scrivere la mia frase nella città, ho utilizzato un data logger Gps che mi permetteva di tracciare il mio spostamento in città. La mattina del giorno seguente io e il mio autista abbiamo attraversato distretto dopo distretto, la città da un capo all’altro. Ci sono volute quasi 3 ore e per compiere la scritta lunga circa 35km. [1] Nel 2007 le Nazioni Unite hanno stimato che entro il 2011 il mondo raggiungerà “un’invisibile tappa epocale. Per la prima volta nella storia dell’umanità, più della metà delle sue popolazioni umane, 3,3 miliardi di persone, vivranno in aree urbane”, UNFPA (2007). [2] Ho Chi Minh City nasce nell’area del delta del Mekong e sulle rive del fiume Saigon, in un paese originariamente chiamato Gia Dinh. Già dal 18 ° secolo, Gia Dinh divenne noto in tutta la regione come centro commerciale e di scambio di merci tra cinesi, malesi, olandesi e navi portoghesi. [3] Dati raccolti dal National Institute of Urban and Regional Planning. [4] Ho Chi Minh City è la quarta tappa del progetto Overlapping Discrete Boundaries. I miei collaboratori sono Dickson Dee, musicista di Hong Kong e Liang Guo Jian, calligrafo e documentarista cinese. www.alessandrocarboni.org www.overlappingdiscretecityboundaries.com