1. Il commercio equo e solidale
Il commercio equo e solidale è una forma di commercio che sostiene aspetti importanti nella società come la giustizia
sociale, lo sviluppo sostenibile, il rispetto per l'ambiente e per le persone. Garantisce un prezzo equo (che basti per il
sostentamento del produttore e della sua famiglia), la dignità nel lavoro (ambiente sano e assenza di sfruttamento), la
sostenibilità ambientale (metodi di lavoro non inquinanti e basati su pratiche naturali) e la trasparenza (il consumatore è
pienamente informato su dove viene portato il denaro che spende).
Nasce come alternativa al commercio tradizionale circa 50 anni fa da un progetto iniziato da un prete olandese in missione
in Messico per stare con gli Indios. Egli notò che lì era presente moltissima disparità economica e sociale, infatti il caffè
coltivato dalla popolazione locale veniva venduto a prezzi bassissimi ai Coiotes, così chiamati in Messico, i quali li
rivendevano alle multinazionali a costi molto più alti. Quindi i produttori guadagnavano molto meno di quello che gli
sarebbe dovuto spettare. Inoltre a volte i Coiotes proponevano di dare agli Indios, in cambio di caffè, dell'alcool e questo
creava ulteriori problemi.
Questo prete olandese, allora, resosi conto della situazione, decise di cominciare il primo progetto chiamato Uciri, con altri
suoi amici in Olanda. Grazie a questo progetto i contadini lavoravano in modo naturale, sano e con orari di lavoro accettabili,
era garantito l'inutilizzo del lavoro minorile, i luoghi di lavoro dovevano essere igienici e il prezzo doveva essere equo. Questi
sono ancora oggi i criteri del commercio equo e solidale che vengono controllati ogni anno.
2. I prodotti che interessano il commercio equo e solidale comprendono vari settori:
•ALIMENTARE= sono per lo più i prodotti "coloniali" quali il caffè, il tè, il cacao e lo zucchero. In secondo piano ci sono poi il
miele, la quinoa, l'amaranto, l'orzo, la frutta secca e le spezie;
•ABBIGLIAMENTO e ACCESSORI= pantaloni, camicie, gonne, sandali, guanti, berretti e sciarpe;
•GIOCATTOLI= uno dei più famosi è l'ecogioco, realizzato con tante palline di mais che, una volta bagnate, possono essere
assemblate per costruire castelli e luoghi incantati;
•Nella cittadina di Monterotondo è presente una bottega del commercio equo e solidale chiamata Mondotondo, che fa
parte della cooperativa sociale “Pangea- Niente Troppo” nata 20 anni fa a Roma. I soci delle botteghe del commercio equo e
solidale lavorano in cooperative i cui guadagni vengono poi reinvestiti per avviare un nuovo progetto o aprire nuove
botteghe. Il nome di questa bottega è nato da un'idea di un volontario a cui piacciono i giochi di parole e che ha pensato a
"tondo" perchè la bottega si trova a Monterotondo e "mondo" anche per il fatto che entrando nel negozio si fa un po' il giro
del mondo vedendo tutti i prodotti esposti.
Ognuno di noi può fare qualcosa per aiutare il commercio equo e solidale:
spostare i propri consumi, quindi acquistare prodotti primari come cioccolato, caffè, orzo, riso in botteghe come quella di
Mondotondo;
promuovere il commercio equo e solidale e le botteghe che collaborano con esso;
fare il volontario;
Le organizzazioni italiane per il commercio equo e solidale sono l'Associazione Botteghe del Mondo, l'Agices e la Fairtrade
Italia. La principale è, però, Altromercato, fondato nel 1988 che lavora ogni giorno per sostenere questo tipo di commercio.
Le organizzazioni internazionali sono invece la WFTO (l'organizzazione mondiale del commercio equo e solidale), la EFTA
(associazione europea del commercio equo e solidale), la NEWS! (rete europea della botteghe del mondo) e FINE
(federazione internazionale del commercio alternativo).
Da poco si è conclusa la campagna di raccolta fondi in favore della Cooperativa Manduvirà, in Paraguay, per aiutare la
costruzione del primo zuccherificio di proprietà dei produttori locali.
3. Questa vignetta, infine, rappresenta quanto possano essere tirchie le persone e ci fa capire che il
commercio equo e solidale serve tantissimo. Infatti qui il produttore si sente derubato per cinque
centesimi ottenuti in cambio di un casco di banane, mentre il consumatore pensa addirittura che sia
troppo e, con un gesto di presunta generosità, gli concede di tenere anche il resto.