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DAAN
ROOSEGAARDE
Il designer che sogna un mondo interattivo
e sostenibile. Con il suo ultimo progetto
un anello libererà il cielo di Pechino
dallo smog entro il 2017.
CULTURE PER L’AMBIENTE
numero 0 | luglio 2015 | € 10,00
Poster
da eroi
Alcune delle migliori
campagne sociali
per l’ambiente. Perchè
anche l’advertising
può salvare il mondo.
competizione
ecologica
Un contest per
rivalorizzare le strutture
abbandonate nell’area
di Zeeburg, periferia
di Amsterdam.
avete capito
male
I più diffusi luoghi
comuni sulla
sostenibilità e quanto
c’è di vero (se c’è)
in ognuno.
POSTEITALIANESPA-SPED.A.P.-D.L.353/03ART.1,CM.1,DCNMIUK7,30£·B20,00€·F14,00€·D22,00€·CH32,00CHF·CH21,00F·USA11,14$
SOS | 3
Richard Buchanan, nel suo saggio “Wicked Problems in Design Thinking” del
2005, scriveva: “Non c’è ambito, nella vita contemporanea, in cui il design non
rappresenti una parte significativa per modellare l’esperienza umana”.
A pensarci bene è effettivamente così. Infatti, contrariamente a quanto cre-
dono in molti, soprattutto i non addetti ai lavori, il design non è solo una
questione di forme gradevoli o particolarmente stravaganti. È innanzitutto il
risultato di scelte funzionali, non esclusivamente legate al fattore estetico. È
design, ad esempio, quando il progettista modifica il profilo di una sedia per
renderla più ergonomica, o quando un graphic designer sceglie il corpo e il
carattere di un testo in funzione della sua leggibilità, così come è design ogni
volta che prendiamo delle decisioni in funzione di fattori esterni. Ogni scelta
che compiamo, in questo senso, ci rende dei designer e attraverso di essa
contribuiamo a progettare il nostro mondo, certo, alcuni in maniera più pro-
fessionale e consapevole di altri.
Ed è proprio di design che la nostra rivista vuole parlare, insieme al tema
della sostenibilità. Oggi, infatti, sarebbe impensabile considerare il design un
semplice strumento di abbellimento degli artefatti, una specie di bollino da
applicare, scollegato dall’ambiente e dai sui temi, come il cambiamento clima-
tico e lo sviluppo sostenibile.
Questi problemi, sempre più, ci impongono di rivedere la società che abbiamo
creato, le nostre abitudini, gli stili di vita. Il design può e deve rappresentare
il punto di partenza di questo cambiamento oltre a facilitare l’assunzione di
nuovi sistemi di valori. Tuttavia esso non può prescindere dall’impegno e dal-
le scelte delle persone, quindi oltre al lavoro del designer, il cui ruolo è appun-
to quello di proporre soluzioni e visioni del mondo alternative, è necessario
che i cittadini stessi collaborino alla progettazione di una società sostenibile.
Una co-progettazione, quindi, che sia capace di adattarsi e migliorare in con-
tinuazione in relazione al nostro mondo.
Le soluzioni poi, per citare ancora Buchanan, non si ritrovano nella semplice
implementazione dell’hardware ma devono interessare i processi di progetta-
zione dei diversi settori, oltre alle relazioni che intercorrono tra cultura, so-
cietà ed ambiente.
Dall’architettura alla comunicazione, ogni aspetto legato all’organizzazione
del nostro mondo può contribuire a trasformarlo. A partire da questo primo
numero a seguire vi parleremo di creatività, innovazione, riqualificazione, stili
di vita, strategie, tutto sotto il massimo comun denominatore dello sviluppo
sostenibile. Un racconto che lega bellezza e responsabilità ambientale.
Se i grandi cambiamenti nel mondo sono stati, nella maggior parte dei casi,
frutto delle scelte dell’uomo, a partire dal design, l’obiettivo è fare in modo
che le persone diventino sempre più dei co-designer che, compiendo scelte
migliori, progettino un mondo (ed un futuro) più sostenibile.
siamo tutti
designer
Rossella De Vico
Progetto grafico di:
Anna Cont
Rossella De Vico
Manuel Impellizzeri
Politecnico di Milano
a.a. 2014-2015
Facoltà di Design
Corso in Design della Comunicazione
Laboratorio di sistemi e artefatti complessi
Docenti
Mauro Panzeri
Pier Antonio Zanini
Cultore della materia
Marco Moro
Foto di copertina di:
Studio Roosegaarde
Caratteri tipografici
Simoncini Garamond Std
Helvetica Neue LT Std
Helvetica Neue
Stampato da:
Grafiche Mainard, Milano
Finito di stampare
Giugno 2015
Contatti
annacont27@gmail.com
rosselladevico@gmail.com
sabtagot@gmail.com
Questo elaborato è stato realizzato
a esclusivo scopo didattico.
11
22
43
70
59
CULTURE PER L’AMBIENTE
29
AVETE CAPITO MALE
Quali sono i più diffusi luoghi comuni
sulla sostenibilità e cosa c’è
(se c’è) di vero in ognuno.
GLI EDIFICI ROTANTI
CHE SEGUONO IL SOLE
Tra decine di grattacieli futuristici a Dubai,
ecco un progetto Made in Italy in fase di realizzazione.
35
UN PARADISO ECOSOSTENIBILE,
L’ENERGIA È GREEN AL 100%
La Costa Rica all’insegna delle rinnovabili.
Carbon free è possibile!
11
POSTERS DA EROI
Il potere di una buona campagna pubblicitaria
nella comunicazione dei temi sociali.
5108
LA FIBRA D’ARANCIo COME ISOLANTE
ACUSTICO
Migliora l’isolamento acustico degli edifici del 150%
ed è più resistente del cartongesso.
DAL GUSCIO DEI GAMBERI
LA PELLICOLA BIO PER ALIMENTI
Un modo alternativo per ottenere una pellicola per
alimenti completamente biodegradabile.
3804
IL TEATRO DI CARTONE
Un progetto con alti requisiti e bassi budget?
La soluzione sono i materiali riciclati
ed eco-sostenibili.
17
EOLICO SENZA TURBINE
LA NUOVA FRONTIERA COMINCIA DA QUI
I nuovi aerogeneratori dalle forme e caratteristiche
nuove.
52
ILLUMINARE L’AFRICA
Un progetto di speranza per liberare dalle lampade al
cherosene le abitazioni in Africa.
26
LA FOGLIA DI SETA
CHE PRODUCE OSSIGENO
La conquista dello spazio da parte dell’uomo
potrebbe non essere più un’utopia tra qualche anno.
59
LA COMPETIZIONE ECOLOGICA
Un contest per rivalorizzare le strutture abbondonate
nel distretto di Zeeburg, Amsterdam.
68
BUONO A SAPERSI!
Una rubrica su tutto ciò che non sappiamo e invece
dovremmo sapere.
PROFITTI E SOSTENIBILITÀ,
ISTRUZIONI PER L’USO
Come le aziende possono mantenere alti profitti
con standard ecologici ottimali.
4307
DAAN ROOSEGAARDE
UN MONDO INTERATTIVO E SOSTENIBILE
Tecnologia e sostenibilità, declinati sempre in
soluzioni suggestive e fuori dal comune
22
DALLA CELLULOSA ALL’OGGETTO
Un materiale innovativo: una bioplastica
totalmente atossica e formabile.
56
ECCO LO PNEUMATICO CHE GENERERÀ
ENERGIA ELETTRICA
In grado di trasformare il movimento della gomma in
energia elettrica grazie ai materiali che lo compongono.
27
I PANNELLI SOLARI DEL FUTURO
SARANNO SOTTILISSIMI E DI DESIGN
Tra un paio di decenni probabilmente il sole sarà la
fonte di energia di maggior diffusione e impostanza.
65
TIPS E STRATEGIE
PER LA SOSTENIBILITA’ IN UFFICIO
Sei utili consigli che puoi mettere in pratica dalla tua
scrivania.
70
CONTENITORI ECOLOGICI
Ecco 12 modi per trasportare ecologicamente ogni
cosa.
80
DAL CAFFè AL FUNGO
Il fondo di caffè non è più un rifiuto ma un nuovo
punto di partenza per creare nuovi prodotti.
SOmmario
6 | SOS
S
e oggi rinascesse, Leonardo pro-
babilmente andrebbe a vivere
a Dubai. È nella metropoli del
Golfo Persico che si concentrano i
progetti più incredibili del prossimo
futuro. A cavallo tra ingegneria, ar-
chitettura e ecologia. Dall'arcipelago
di isole a forma di mondo all'hotel
sottomarino ai grattacieli in continua
evoluzione, costruiti su terra strappa-
ta al deserto. Il tutto reso più facile
dalle tasche profonde dei signori del
petrolio e dal costo infimo della ma-
nodopera indiana, bengalese e afri-
cana. L'ideale per attizzare le braci
di un genio visionario. E proprio al
"Genio" per eccellenza si è ispira-
to il gruppo di architetti italiani che
ha progettato la prossima meraviglia
dello skyline della città.
Si chiamerà "Torre Da Vinci ", ma è
stata ribattezzata anche come "torre
rotante" o "architettura dinamica ".
Sarà presentata ufficialmente al pub-
blico a New York, ma i disegni e le
animazioni del progetto disponibili
sembrano usciti da un film di fan-
tascienza, di quelli con le macchine
volanti e il teletrasporto. Di che si
tratta? Un grattacielo di 68 piani, alto
313 metri che cambia forma e si muo-
ve come le spire di un serpente. Ogni
piano può ruotare singolarmente di
360° intorno a un asse centrale. Fare
colazione con l'alba e guardare il tra-
monto dalla stessa finestra.
Come sostenere questo movimento?
Tra un piano e l'altro, 8 turbine eoli-
che che provvedono a dare l' energia
necessaria ai 200 appartamenti pre-
gli EDIFICI ROTANTI
CHE SEGUONO IL SOLE
Negli ultimi decenni sono state realizzate a Dubai decine di edifici spettacolari ed
innovativi. Tra i progetti più particolari che non sono stati ancora realizzati c’è la
“Da Vinci Tower” opera dell’architetto David Fisher, italiano di origini israeliane.
FUTURO MADE IN ITALY
In alto: Render della “Torre Da Vinci”. Progettata
nel 2001, la torre prenderà vita a Dubai, luogo
ideale per la realizzazione di opere futuristiche,
grazie alla disponibilità economica del Paese e
del basso costo della manodopera locale.
(foto: archilovers.com)
SOS | 7
visti nell'edificio. E altre 40 che pro-
ducono abbastanza elettricità per il-
luminare altri cinque palazzi di simili
dimensioni. Assieme ai pannelli sola-
ri posizionati sul tetto dell’edificio. Il
totale dell’energia prodotta, secondo
i progettisti, sarà pari ad un valore
di circa sette milioni di dollari ogni
anno. Un grattacielo autosufficiente
dal punto di vista energetico, costru-
ito grazie al petrolio. Può bastare?
No, anche il processo di costruzio-
ne, secondo i piani, sarà innovativo:
"Sarà il primo grattacielo al mondo
pre-fabbricato", dicono gli architetti.
Il 90% dell'edificio sarà costruito in
fabbrica come un modulo indipen-
dente e poi attaccato alla struttura
centrale. Meno lavoratori necessari
sui cantieri, tempi (e infortuni) ri-
dotti. Il costo dell'intero progetto è
stimato sui 350 milioni di dollari. La
durata dei lavori, che dovrebbero ini-
ziare entro un mese, sarà di appena
22 mesi. Lo sviluppo immobiliare
del progetto, secondo il Wall Street
Journal è affidato alla Kriston Co.,
con base ad Atene e alla Circle Co.,
di proprietà dello sceicco Mejren bin
Sultan. Una torre “gemella” dovreb-
be sorgere in futuro anche a Mosca,
in Russia, sotto il marchio della Mi-
rax, una delle più importanti società
immobiliari russe.
Ma chi sono gli autori della torre Da
Vinci? Torniamo al celebrato genio
fiorentino, anche se d'importazione:
la squadra (Dynamic Architecture)
ha infatti sede nella culla del Rinasci-
mento. L'architetto a capo del pro-
getto si chiama David Fisher, 58 anni,
nato a Tel Aviv e cittadino italiano,
laureato a Firenze nel 1976. Questo
è il suo primo grattacielo.
Tra i suoi lavori passati, il "Bagno in-
telligente di Leonardo": una stanza
prefabbricata e altamente tecnolo-
gica per hotel e residence. Una vera
fissa quella dell’architetto, ex conso-
le italiano in Israele, per l’artista del
Rinascimento: “È stato il più grande
made in Italy della storia”, dice, rag-
giunto al telefono a New York. Ma
perché proprio a Dubai? “È la città
del futuro” risponde Fisher “un pro-
getto così poteva nascere solo lì”. E
in Italia? “Le condizioni sono più
difficili” dice Fisher, anche se poi
confessa di essere in contatto “con al
Dall’alto: Illustrazione della Torre. Il sistema che muove ogni piano è costituito da 8 turbine eoliche,
che oltre ad alimentare i fabbisogni energetici degli appartamenti presenti, permette di generare,
insieme ai pannelli fotovoltaici integrati sul tetto di ogni piano, oltre 190 milioni di kilowatt all’anno.
Pianta di alcuni dei 200 appartamenti che verranno a costituire la Torre Da Vinci.
(foto: archilovers.com)
GLI AUTORI DEL PROGETTO
8 | SOS
cuni leader italiani…” qualcosa in vi-
sta per l’Expo 2015? “Mi spiace, non
posso dirle niente”. Nel team che ha
creato la torre rotante hanno lavorato
con lui un gruppo di 15 persone, in
maggioranza italiani.
La parte ingegneristica è affidata a
Leslie Robertson, progettista della
struttura delle Twin Towers, distrut-
te l’11 settembre. A Dubai è già in
costruzione una “torre rotante”, ali-
mentata da pannelli solari, ma Fisher
non vuol sentire paragoni: “Lì è un ci-
lindro che compie un giro su sé stesso
nel lasso di tempo di una settimana”
mentre “la nostra torre cambia forma
e si autoalimenta, e gira più veloce”.
Sebbene più veloce, “gli spostamenti
– spiega Fisher – avranno una veloci-
tà molto lenta, così da non risultare
fastidiosi per gli inquilini della torre,
che non percepiranno il movimento...
ogni singola rotazione sarà di circa 90
minuti”. L’architetto fiorentino ha
dunque inaugurato un nuovo modo
di concepire l’architettura che cele-
bra il trionfo della dinamicità.
All’interno della torre girevole trove-
ranno spazio un albergo a sei stelle,
uffici e appartamenti di varie metra-
ture e, negli ultimi piani, cinque vil-
le da 1.500 mq cadauna. Ogni villa
avrà a disposizione un posto auto al
proprio piano servito da uno speciale
ascensore. La villa “Penthouse” avrà
sul tetto una piscina, un giardino e un
mejles. Per consentire di raggiungere
più velocemente la residenza, la Rota-
ting Tower sarà dotata di un eliporto
a scomparsa: “una piattaforma che, al
livello del sessantaquattresimo piano,
uscirà dal ‘guscio’ dell’edificio al mo-
mento dell’atterraggio dell’elicottero,
mantenendo così la totale dinamicità
architettonica della Torre”. “L’idea
alla base del progetto” dice Fisher
“è il tempo: vorrei che la torre dise-
gnasse la forma della vita così come
la modella il tempo. Questa torre non
sarà come l’ho disegnata io ma come
la disegnerà ogni giorno chi ci vive”.
Più prosaico Robertson: “La strut-
tura in realtà è abbastanza basica”
ha detto intervistato dal Wall Street
Journal , “sono come ciambelle che
girano intorno a un silos centrale”.
Ciambelle che costeranno cifre da ca-
pogiro, si parla già di 500 mila dollari
per un monolocale, ma la vendita non
è ancora cominciata.
Rossella De Vico, Manuel Impellizzeri
80 PIANI
420 METRI DI ALTEZZA
200 APPARTAMENTI
5 VILLE
1 ALBERGO A 6 STELLE
8 turbine eoliche
LA TORRE
PREVEDE:
SOS | 9
A
i più il termine “chitosano”
non dice assolutamente nul-
la, potrebbe essere tranquil-
lamente scambiato per il nome di
un vino o di qualche additivo per i
pasticcieri. Si tratta invece di uno
degli elementi studiati per tentare
di trovare una strada alternativa alla
plastica nel packaging degli alimenti,
di origine completamente naturale,
biodegradabile e dall’efficacia che
potrebbe addirittura superare quella
delle comuni pellicole da cucina. Dal
chitosano, elemento naturalmente
prodotto nel guscio di gamberi, gam-
beroni ed altri crostacei, guidati da
Itsaso Leceta, sono arrivati a conce-
pire una nuova tipologia di film che
abbia come base il particolare mate-
riale di scarto. Nel corso dello studio,
pubblicato sul numero di febbraio di
Postharvest Biology and Technology,
sono state prese ad esempio le carote,
la cui conservazione è stata messa a
confronto tra un packaging in plasti-
ca tradizionale ed uno a base di chito-
sano. Dai risultati ottenuti si è evinto
come il film a base di chitosano ab-
bia contribuito meglio della plastica
a conservare alcune proprietà delle
carote, ottenendone di conseguenza
una possibilità di conservazione più
lunga nel tempo. Il motivo della mag-
giore efficacia, come spiega lo stesso
Itsaso Leceta, è da ricercare nelle
proprietà antimicrobiche contenute
naturalmente nel chitosano, che ridu-
cendo la carica microbica permetto-
no agli alimenti protetti dal materiale
di mantenerne più a lungo e più ef-
ficacemente le proprietà. Questo fa
sì che il chitosano si riveli un alleato
per l’industria del cibo, si potrebbe-
ro proporre al consumatore cibi più
freschi e sicuri permettendo inoltre
al venditore di mantenerli più a lun-
go sul banco della vendita,
ma non è ancora tempo
per parlare di una eventua-
le commercializzazione della
pellicola ottenuta. Itsao Leceta
ci tiene a sottolineare come per il
futuro dell’industria alimentare sarà
difficile pensare di poter impegnare
un solo e unico e materiale; piuttosto
è convinto che la strada futura vivrà
di sinergia tra diversi polimeri da
studiare e far collaborare. Il chito-
sano stesso, al momento, per quanto
in laboratorio abbia dato risultati più
che soddisfacenti, non è ancora abba-
stanza conosciuto da poterne pensa-
re un approdo sul mercato in tempi
stretti; prima di arrivarci sarà infatti
necessario condurre altre ricerche
a più livelli, e prima di completare
tutti gli studi necessari per un’even-
tuale commercializzazione dovranno
passare molti vetrini, test sul campo e
calcoli economici.
Esso, però, resta comunque una buo-
na strada di partenza per liberare lo
scambio di cibo dal mare di plastica
non sempre smaltita a dovere dal
consumatore. Ad oggi, quando i ma-
teriali plastici finiscono nell’ambien-
te, la strada sicura che vanno a per-
correre finisce per intaccare anche la
catena alimentare umana, che rischia
di veder aggiunti a trote e salmoni
anche frammenti di plastica che non
possono essere definiti salutari.
Manuel Impellizzeri
Dal guscio dei gamberi la
pellicola bio per alimenti
Un gruppo di ricercatori dell’Università dei Paesi Baschi propone un
modo alternativo per ottenere una pellicola per alimenti completamente
biodegradabile.
biomateriali
Il chitosano è naturalmente presente nel
guscio di gamberi, gamberoni e altri crostacei.
Come spiega il responsabile della ricerca
Itsaso Leceta: “Questo non significa che non
inquini. In termini d’impatto ambientale, però,
è migliore delle normali pellicole in plastica:
la sua produzione dev’essere tuttavia ancora
ottimizzata. Una volta migliorato il processo,
l’impatto ambientale si ridurrà ulteriormente”.
10 | SOS
I
l vecchio modello di marketing,
centrato prevalentemente sulla
percezione del brand e sull’ap-
parenza, è entrato in crisi negli ulti-
mi anni a causa di una sempre mag-
giore resistenza e scetticismo da parte
dei consumatori, divenuti ormai più
disincantati e refrattari alle proposte
commerciali delle aziende. Inoltre,
si è andata a creare nella popolazio-
ne una più alta sensibilità ed atten-
zione verso le tematiche ambienta-
li, insieme alla consapevolezza del
ruolo fondamentale che essa gioca
nella definizione di un’economia di
mercato sostenibile e dell’importan-
za delle singole scelte d’acquisto. Le
aziende hanno dovuto, quindi, ade-
guare le loro strategie di marketing ai
nuovi interessi dei consumatori. Ma
ecologia e marketing sembrano due
concetti troppo distanti (quasi uno
l’opposto dell’altro), per poter esse-
re coniugati insieme: l’ecologia mira
alla riduzione e all’ottimizzazione dei
consumi mentre il marketing punta
principalmente a incentivare l’acqui-
sto dei prodotti in vendita. Nono-
stante ciò, le industrie sono riusci-
te ugualmente, certo a diversi livelli,
a conformare la propria offerta alle
aspettative dei loro stakeholder.
Conformando, ovviamente, anche il
tipo di comunicazione di questa of-
ferta. È diventata prassi abituale, per-
ciò, utilizzare marchi con il suffisso
“eco”, oppure definire un prodot-
to “eco-friendly” tout court, oppure
ancora utilizzare il verde come colo-
re dominante nei marchi. Il marke-
ting, infatti, è rappresentato anche
dalla pubblicità, che, tra l’altro, può
essere vista come un possibile punto
di contatto con il mondo dell’ecolo-
gia: essa, infatti, oltre a contribuire
alla mera vendita di prodotti e servi-
zi, propone anche nuovi stili di vita ai
consumatori. Che è quello che, gros-
somodo, propongono anche gli am-
bientalisti: l’assunzione di un lifestyle
che rispetti maggiormente l’ambiente
per limitare gli effetti dei cambiamen-
ti climatici. Per questo motivo il gre-
en marketing ha rappresentato negli
ultimi anni la soluzione alla crisi del
modello di vendita tradizionale. De-
finibile come l’insieme delle “attivi-
tà per generare e facilitare gli scambi
con lo scopo di soddisfare i bisogni
e i desideri umani con il minimo im-
profitti e sostenibilità,
istruzioni per l’uso
Attraverso le strategie del green marketing, le aziende possono mantenere alti
profitti soddisfacendo, allo stesso tempo, gli standard ecologici sempre più
importanti per i consumatori.
strategie
cosa dicono i consumatori
dei consumatori globali si dice disposto a
pagare di più per prodotti e servizi forniti
da aziende impegnate sotto il profilo
socio-ambientale.
dei consumatori è scettico
circa la veridicità dei green claim.
Propensione ad acquistare marche
socialmente responsabili nel mondo.
55%
80%
Fonte dati: Nielsen 2014, Global Survey on Corporate Social Responsibility
64%
63%
42% 40%
63%
SOS | 11
patto ambientale” (Stanton & Futrell,
1987), da una parte tiene conto del-
la crescente pressione dal basso eser-
citata dai consumatori e allo stesso
tempo non trascura il lato del profitto
economico.
Ma l’impegno del brand nell’adot-
tare una serie di regole ecologiche
auto-imposte deve essere oggettivo
e verificabile per poter conquistare
la fiducia dei clienti, e diventare un
principio guida il più possibile ade-
rente alla realtà dei fatti per tutte le
azioni collegate al marchio, non solo
una semplice proposta di vendita de-
clinata in modalità ecologica.
La comunicazione deve puntare a
costruire la credibilità ambientale
dell’azienda basandosi su trasparen-
za, integrità ed accuratezza; se man-
cano questi requisiti il brand rischia
non solo danni economici ma anche
e soprattutto di immagine legati al
cosiddetto “greenwashing”, quando
cioè si vantano ingiustificate virtù am-
bientali per creare un’immagine posi-
tiva delle proprie attività (o prodotti)
e distogliere l’attenzione da proprie
responsabilità nei confronti di impat-
ti ambientali negativi.
Infine, la campagna di comunicazio-
ne, per essere realmente efficace sul
medio-lungo termine e porti ad una
valorizzazione del marchio, deve at-
tenersi a cinque caratteristiche fonda-
mentali: essere intuitiva, combinare il
lato commerciale con quello tecno-
logico, sociale ed ambientale, essere
I 7 PECCATI DEL GREENWASHING
OVVERO COME SMASCHERARE LE FALSE VIRTù DEI BRAND
Nel 2010 Terrachoice,
un’agenzia americana di
marketing per la sostenibilità,
ha stilato un rapporto sul
fenomeno del greenwashing,
elencando i “peccati” più
comuni che le aziende
commettono quando si
vantano delle loro virtù
ambientali. Oltre a descriverli,
il rapporto ne misura la
frequenza tra più di 5000
prodotti analizzati in 34 punti
vendita in USA e Canada.
Si commette suggerendo che
un prodotto sia “green” sulla
base di un limitato insieme di
caratteristiche, ad esempio solo
rispetto ai materiali, senza porre
attenzione ad altri importanti
dettagli, come il processo di
produzione.
OMESSA
INFORMAZIONE
1
5 6 74
Ogni volta che si fanno
affermazioni sulla natura green
di un prodotto che non sono
sostenute da dati, informazioni
o evidenze facilmente verificabili
o da una certificazione
indipendente.
mancanza
di prove Si commette quando le
affermazioni sono così generiche
o imprecise che il loro reale
significato non è comprensibile
dal consumatore.
vaghezza
Quando le affermazioni
possono essere veritiere, ma
sono irrilevanto o non aiutano
il consumatore nella selezione
di prodotti ecologicamente
preferibili.
irrilevanza
Quando attraverso parole,
immagini o simboli un prodotto
da la falsa impressione del
patrocinio o della certificazione
da parte di un soggetto
indipendente, tipicamente
attraverso falsi marchi.
adorazione
di false
etichetteQuando, semplicemente, si
fanno affermazioni false, anche
se, fortunatamente oggi questo
“peccato” sembra essere meno
frequente.
raccontar
frottole
Si commette quando le
affermazioni possono essere
vere all’interno di una specifica
categoria di prodotti, ma tendono
a distrarre il consumatore dal
fatto che il consumo di quello
specifico prodotto ha di per sé un
grande impatto ambientale.
il minore
dei due mali
2 3
“Clean up
your act, not
your image!”
Questo è lo slogan che
compare sulla pagina creata
dall’organizzazione no profit
Greenpeace per smascherare i
brand che vantano ingiustificate
virtù ambientaliste.
Link di riferimento: www.
stopgreenwash.org
COMUNICARE L’IMPEGNO DEL
BRAND PER L’AMBIENTE
12 | SOS
Lo spot IKEA del 2012 dal titolo
“Your home+our planet = Our home” per la
campagna People&Planet, spiega l’impegno del
brand verso il rispetto dell’ambiente.
(foto: youtube.com)
innovativa, informativa e, soprattut-
to, invitante, sottolineando l’aspetto
positivo e l’appetibilità, non solo eco-
nomica, delle scelte verdi, liberan-
do, in questo modo, l’ambientalismo
dall’aura di scomodità e rinuncia che
ancora lo circonda.
Un esempio di brand in cui l’impe-
gno per la sostenibilità è sempre sta-
to molto alto e rap presenta tuttora
la linea guida per le sue strategie di
marketing è l’azienda svedese IKEA;
dalla produzione allo smaltimento,
passando per le emissioni di CO2 e le
fonti energetiche utilizzate, la società
si propone di “avere un impatto posi-
tivo sulle persone e sul pianeta”, come
riportato sul sito ufficiale. Questo a
partire dalle materie prime utilizza-
te: più del 40% del legno impiegato
è certificato dalla FSC, un’organizza-
zione internazionale non governativa,
indipendente e senza scopo di lucro
che promuove in tutto il mondo la ge-
stione di foreste secondo rigidi prin-
cipi ambientali, sociali ed economici.
Inoltre, IKEA è impegnata, attraver-
so una partnership con Il WWF, nella
lotta contro il disboscamento illegale,
per l’aumento delle foreste gestite re-
sponsabilmente, e per salvaguardare
la biodiversità. Per quanto riguarda
lo smaltimento dei rifiuti, l’azienda ri-
corre, oltre al riciclo dei materiali, an-
che a forme di recupero dei prodotti
difettati o danneggiati durante il tra-
sporto o l’esposizione, che altrimenti
andrebbero buttati, e ad un sistema
di scambio tra i clienti della merce
usata. Dal punto di vista ecologico,
invece, con il progetto internaziona-
le “IKEA goes renewable”, si impe-
gna a raggiungere il 100% di energia
acquistata e/o prodotta da fonti rin-
novabili entro il 2020. Queste sono
solo alcune delle caratteristiche green
descritte sul sito del brand che dimo-
strano come profitti e sviluppo soste-
nibile possano coesistere nella strate-
gia di marketing di una azienda e per
di più possano rappresentare il punto
di partenza per il suo successo.
Anche il pay-off è paradigmatico e
veicola perfettamente i valori di aper-
tura mentale, familiarità ed essenziali-
tà della brand identity: “Basta poco”.
Rossella De Vico
SOS | 13
POSTERS DA EROI
comunicazione visiva
Il potere di una buona campagna pubblicitaria nella comunicazione dei temi
sociali. Anche l’advertising può contribuire a salvare il pianeta attraverso
immagini forti o sottile ironia.
Lo storytelling o più semplicemente
la narrazione di storie, nonostante
l’attenzione che ha suscitato negli ul-
timi tempi, è una tecnica adottata in
comunicazione già prima della nasci-
ta della scrittura. Si basa sull’applica-
zione, nella comunicazione aziendale,
dei principi tipici del “racconto” e
sull’adozione delle tecniche relazio-
nali per coinvolgere il pubblico. Nella
“preistoria dell’uomo”, chi era consi-
derato abile come narratore, solita-
mente una persona molto influente
come il Sacerdote, il Giudice o il So-
vrano, acquisiva potere e rispetto da
parte dei membri del clan. Le prime
narrazioni sono servite a giustificare,
attraverso storie mitiche o epiche,
l’unione di persone o di clan diversi.
I racconti sono una parte integrante
della nostra cultura. Film, libri, mu-
sica, religioni, nuovi media e pubbli-
cità, sono solo alcuni degli ambiti nei
quali la narrazione svolge un ruolo
primario. La mente umana è abituata
dalla nascita all’ascolto e all’appren-
dimento di storie: attraverso le fiabe, i
bambini imparano determinati costu-
mi e apprendono i valori integranti
della cultura di appartenenza. Una
storia ben raccontata porta lo spetta-
tore all’immedesimazione totale e fa
crollare le sue difese emotive.
Ma la narrazione, prima ancora che
essere verbale, è avvenuta tramite le
immagini, sulle pareti delle caverne,
durante la Preistoria, quando gli uo-
mini non disponevano ancora di un
alfabeto e comunicavano attraverso i
versi. Lo storytelling visivo, d’altron-
de, era ed è tuttora il tipo di narra-
zione più immediata ed universale. A
volte un’immagine “parla” molto più
di un testo, poiché l’osservatore entra
direttamente nel mondo che essa crea,
senza doverlo prima immaginare. Ciò
è in grado di suscitare emozioni così
intense da avere effetti considerevoli
sulle opinioni e sui comportamenti.
È questo il motivo per cui molti
brand sviluppano le loro pubblicità
sul racconto di storie. A volte anche
brevissime, come quelle che si posso-
no “leggere” sui manifesti.
Di seguito, abbiamo voluto creare
una gallery con alcune delle migliori
campagne pubblicitarie degli ultimi
anni riguardanti le tematiche am-
bientali e la sostenibilità. In questo
caso, i caratteri di forza ed immedia-
tezza dell’immagine devono muovere
l’osservatore non a comprare qual-
cosa (semmai a non comprarlo), ma
innanzitutto ad assumere un diverso
stile di vita e a prendere coscienza
della situazione attuale.
Da Diesel al WWF, ogni brand assu-
me un diverso tone of voice: alcuni
puntano a sensibilizzare l’osservatore
emotivamente con immagini ad effet-
to, altri utilizzano un tono più ironi-
co, che fa sorridere ma anche riflet-
tere e soprattutto prendere coscienza
di quale è l’atteggiamento attuale
verso quel determinato problema
e quale in realtà dovrebbe essere. Il
messaggio di fondo però è lo stesso
per tutti: lo sviluppo sostenibile e il
rispetto dell’ambiente sono di mas-
sima importanza oggi e ognuno può
contribuire con le proprie azioni e le
proprie scelte a salvare il pianeta!
Rossella De Vico, Manuel Impellizzeri
14 | SOS
FERDI RIZKIYANTO
Ferdi Rizkiyanto, anche conosciuto come Pepey, è un
Graphic Designer Indonesiano nato a Jakarta. Molti lo
ricorderanno per una delle sue più celebri foto-mani-
polazioni che mette in luce i rischi del surriscaldamento
globale. I lavori realizzati da Ferdi sono mozzafiato e con
un’eccezionale cura per il dettaglio, risultando un pugno
dritto allo stomaco ad ogni loro osservatore.
I suoi inizi nel mondo del design risalgono al periodo del
college, quando suo fratello maggiore lo avvicinò ad Ado-
be Illustrator e Adobe Photoshop. Da lì sviluppò una pas-
sione per software per il 3D come Pose e Bryce.
Ferdi, consapevole della forza evocativa che può avere l’a-
dvertising e la grafica, servendosi delle sue straordinarie
capacità nel fotoritocco, ha l’ambizioso obiettivo di sensi-
bilizzare la popolazione mondiale a fermare ogni ulterio-
re danno provocato al nostro bellissimo pianeta, conscio
della situazione non facile in cui esso si trova. Di seguito
sono riportati alcuni dei suoi manifesti.
Nella pagina precedente: Campagna “Lungs” del WWF ad opera dell’agenzia TBWA di Parigi, Aprile 2008.
SOS | 15
DIESEL
Nell’immaginario collettivo il pubblicitario è un calcola-
tore attento al ritorno economico delle sue campagne e
la comunicazione un potente strumento nelle sue mani.
Di certo la comunicazione pubblicitaria non ha intenzio-
ne di diventare una paladina ecologista ma molte agenzie
di comunicazione ultimamente sono più sensibili ai temi
dell’ecologia e della salvaguardia del pianeta. In parte lo
fanno per un ritorno di immagine, senza dimenticare che
l’impatto che una campagna ha sul consumatore è mol-
to più efficace di un meeting di sensibilizzazione ad hoc.
Tanto più se la campagna in questione parla di un’azienda
che non ha bisogno di tante parole per farsi ascoltare.
“GLOBAL WARMING READY” è la campagna Diesel
che nel 2007 ha affrontato il problema del riscaldamento
globale. Chi veste Diesel è pronto per qualsiasi evenienza
ma con tono ironico è riuscita senza dubbio a puntare i
riflettori su un tema importante in modo originale ed ac-
cattivante.
16 | SOS
WWF
Come troviamo scritto all’interno del proprio sito ufficia-
le: “La Missione del WWF è costruire un futuro in cui
l’umanità possa vivere in armonia con la natura… Opera
per avviare processi di cambiamento che conducano a un
vivere sostenibile. Agisce con metodi innovativi capaci di
aggregare le migliori risorse culturali, sociali, economi-
che.” Ed è proprio per raggiungere gli obiettivi prefissa-
ti che il WWF negli anni attraverso grandi campagne ha
sensibilizzato e informato il grande pubblico sulla necessi-
tà di tutelare il patrimonio naturale e le risorse del nostro
Pianeta. Sempre di forte impatto, le immagini riescono a
comunicare integralmente il messaggio accompagnandosi
ad un payoff che raramente supera le tre parole.
Eccone alcune selezionate tra le migliori.
SOS | 17
18 | SOS
PLANT FOR
THE PLANET
La sede tedesca dell’agenzia Leagas Delaney ha deciso di
usare pochi elementi e una strategia ecologica per creare i
manifesti della campagna “Plant for the Planet” del 2007.
Su uno sfondo neutro, che potrebbe essere un semplice
foglio di carta, è posta una foglia con diversi tagli all’inter-
no. Il pay-off recita: “Every leaf traps CO2” (“ogni foglia
cattura CO2”). I tagli, formano di volta in volta immagini
diverse: un aeroplano, delle fabbriche, automobili, tutti
oggetti che rappresentano quasi dei simboli dell’inquina-
mento. “Intagliati” all’interno della foglia, sembrano ap-
punto esser stati rinchiusi al suo interno e il messaggio che
si trasmette visivamente rispecchia quello scritto sul ma-
nifesto: ogni foglia è in grado di assorbire le polveri sottili
prodotte da questi oggetti. Semplicità ed immediatezza
per comunicare l’importanza delle piante e di quanto esse
possano essere fondamentali per la salute dell’uomo e per
controllare i livelli di inquinamento.
SOS | 19
Eolico senza turbine
la nuova frontiera comincia da qui
N
egli ultimi anni si è assistito
ad una crescita esponenziale
della potenza eolica installata
e della produzione di energia elettri-
ca dal vento. Nel 2014, nel mondo c’è
stato un incremento del 44% circa
delle installazioni di impianti rispet-
to al 2013, raggiungendo una potenza
totale di 369,6 GW.
Questi numeri sono presto giustifica-
ti dai molteplici e noti punti di forza
degli impianti eolici: il primo e prin-
cipale è che il vento che ci permet-
te di generare energia è economico,
inesauribile, ampiamente distribuito
ed è una fonte rinnovabile che non
produce alcuna emissione inquinan-
te. Inoltre, rispetto a quella solare e
a quella geotermica, l’energia eolica
presenta il vantaggio di essere dispo-
nibile sotto forma meccanica e quindi
facilmente trasformabile in elettricità.
I generatori non producono sostanze
radioattive o chimiche inquinanti e
possono essere costruiti anche in un
solo anno; il loro funzionamento non
richiede alcun tipo di combustibile
o carburante. Inoltre, l’energia pro-
dotta da un aerogeneratore durante il
corso della sua vita media, e di conseg
novità rinnovabili
Gansu Wind Farm, il più grande parco eolico al
mondo. Situato nella provincia di Gansu, in Cina,
ha una capacità di 7,965 MW, ma il governo
cinese punta a raggiungere i 20000 MW entro il
2020, attraverso ulteriori installazioni di impianti.
(foto: chinaenergyviewpoint.com)
I tradizionali sistemi eolici sono da sempre al centro di dibattiti sui loro reali
vantaggi dal punto di vista ambientale, soprattutto rispetto all’impatto acustico
e visivo sul paesaggio. Diversi ricercatori hanno perciò sviluppato degli
aerogeneratori dalle forme e caratteristiche nuove.
20 | SOS
è circa 80 volte superiore a quella ne-
cessaria alla sua costruzione, manu-
tenzione, esercizio, smantellamento e
rottamazione.
Nonostante tutti questi vantaggi,
molti ritengono che i benefici forni-
ti siano insufficienti se paragonati ai
problemi connessi agli impianti.
Le criticità dei convenzionali sistemi
eolici, infatti, sono legate innanzitut-
to all’impatto visivo sull’ambiente di
queste enormi strutture dal design
non particolarmente gradevole (un
generatore eolico tradizionale infatti
ha un’altezza che varia dai 60 ai 100
m), e dall’inquinamento acustico pro-
dotto dalle turbine. Inoltre minac-
ciano la fauna selvatica e disturbano
segnali radio, segnali satellitari e tele-
visivi. Se per la maggior parte di que-
sti problemi la soluzione più semplice
è l’istallazione dei generatori eolici in
zone collinari distanti dai centri abi-
tati, restano però aperte le questio-
ni riguardanti l’avifauna e l’impatto
estetico con il paesaggio.
La ricerca, quindi, da alcuni anni ha
cominciato ad orientarsi verso siste-
mi eolici dalle forme completamente
nuove, a partire dall’assenza di pale.
Cina 31,1%
Stati Uniti 17,8%
Germania 10,6%
Spagna 6,2%
India 6,1%
Regno Unito 3,4%
Canada 2,6%
Francia 2,5%
Italia 2,3%
Brasile 1,6%
Resto del mondo 15,8%
Nel 2014 la potenza eolica
prodotta nel mondo è
stata quasi otto volte
maggiore di quella del 2004,
raggiungendo i 369,6 GW.
Dall’anno precedente c’è
stato un incremento del 44%
delle installazioni.
L’infografica mostra i
maggiori produttori di energia
eolica: Cina, Stati Uniti e
Germania detengono i primi
posti, producendo insieme
più della metà di tutta la
potenza globale.
QUANTA
ENERGIA
VIENE
PRODOTTA
DAL VENTO?
SOS | 21
In basso: il prototipo dell’Arbre à Vent, installato nel comune
di Pleumeur-Bodou, nel nord-ovest della Francia. (foto: arbre-a-vent.fr)
Al centro: dettaglio delle turbine: il rumore che producono è simile al
fruscio delle foglie, ciò ne permette l’installazione anche nei centri abitati.
(foto: toutvert.fr)
In alto: Jérôme Michaud-Larivière, ideatore dell’Arbre à Vent e fondatore di
New Wind, che produrrà questi nuovi sistemi eolici. (foto: arbre-a-vent.fr)
L’Arbre à Vent (Wind Tree, in in-
glese) è un esempio di questo nuovo
modo di progettare gli impianti eoli-
ci. Si tratta di un sistema dalla forma
di un albero di 11 metri di altezza, 8
di diametro e integrato da 72 foglie
artificiali; queste ultime sono le tur-
bine attraverso la cui rotazione si ge-
nera energia. Il suo ideatore, infatti,
ritiene che, progettando i sistemi eo-
lici a forma di albero, essi possano in-
tegrarsi meglio nel contesto urbano.
Ogni turbina, costituita da un asse
verticale e una forma conica, é in gra-
do di funzionare a partire da un lieve
vento di 2 m/s (4.4 mph) rispetto i
4/5 m/s dei sistemi tradizionali: ciò
appunto, permette il posizionamento
di questi “alberi” anche in aree non
estremamente ventilate. Inoltre, il ru-
more prodotto assomiglia al fruscio
delle foglie sugli alberi che si muovo-
no con la brezza del vento. Grazie a
ciò sarà possibile eliminare i proble-
mi di inquinamento acustico.
Il primo prototipo è stato realizzato
nel 2014 dalla NewWind. Il fondato-
re dell’azienda, Jérôme Michaud-La-
rivière, ha affermato che il Wind Tree
verrà messo in commercio nel 2016,
mentre nel 2015 ci sarà una pre-pro-
duzione in numero limitato di questi
alberi del vento.
l’albero del vento
22 | SOS
Render del parco eolico Windstalk, ambientato
nella periferia di Abu Dhabi, dove si prevede
sorgerà. L’effetto visivo prodotto è quello di un
enorme prato dai lunghi fili d’erba.
(foto: atelierdna.com)
55m
di altezza
30cm
giunto alla base
10m
diametro di base
struttura interna:
pila di dischi di ceramica
piezoelettrica.
luce a led:
l’intensità indica
l’energia prodotta
I “fili d’erba” eolici
di windstalk
Un altro prototipo è stato progetta-
to dalla società newyorkese Atelier
DNA per la città di Abu Dhabi e si
chiama Windstalk. Si tratta di 1200
pali in fibra di carbonio rinforzati da
resina, con un’altezza di 55 metri so-
stenuti da una base a forma cilindrica,
il cui raggio varia dai 10 ai 20 metri.
Ogni palo ha un giunto alla base di 30
cm, che come un capello si assottiglia
fino alla punta. I pali contengono una
pila di dischi di ceramica piezoelet-
trica che si deformano proporzional-
mente alla forza del vento. L’effetto
prodotto da questi dovrebbe imitare
l’oscillare dei fili d’erba al vento con
integrata sulla sommità una luce a led
che aumenterà e diminuirà d’intensi-
tà in rapporto all’energia prodotta.
La finalità del progetto è di costrui-
re un parco eolico per Masnar city, il
quartiere ecologico di Abu Dhabi a
impatto zero.
Il progetto non sta facendo parlare di
sé mezzo mondo solo per il design e
l'uso che se ne farà. I vantaggi pratici
rispetto all'eolico tradizionale, infat-
ti, sarebbero almeno tre: primo fra
tutti, anche in questo caso, l'assenza
dei rumori molesti tipici delle nor-
mali turbine eoliche, per cui Wind-
stalk potrebbe essere installato tanto
in aperta campagna quanto in città;
secondo, l'impatto visivo: i “capel-
li giganti” potrebbero risultare più
estetici delle “mega-pale-eoliche”;
infine, non ci sarebbero rischi per
l’avifauna poiché questi “fili d’erba”
sarebbero molto più facili da evitare
rispetto alle pale enormi dei sistemi
tradizionali.
SOS | 23
In alto: schema del funzionamento di Ewicon.
A sinistra: modello di Ewicon davanti alla Facoltà
di Ingegneria Elettronica della Delft University
of Technology, Paesi Bassi. Il sistema sfrutterà
le particelle cariche presenti nell’atmosfera
e trasportate dal vento per produrre energia
elettrica. (foto: ewi.tudelft.nl)
Energia eolica da
goccioline d’acqua
L’impianto ideato presso la Delft Uni-
versity of Thecnology, è ancora un
altro esempio d’innovazione tecno-
logica nel campo dei sistemi eolici. Il
nuovo modello di aereogeneratore si
chiama Ewicon (acronimo di Electro-
static Wind Energy Converter) e non
ha nulla dell’aspetto della tradizio-
nale turbina dato che si tratta di un
sistema senza parti in movimento,
capace di creare energia potenziale
sfruttando le particelle cariche, in
questo caso, goccioline d’acqua.
Il dispositivo, formato da un telaio
in acciaio, contiene tubi orizzontali
ognuno dei quali dispone di diversi
elettrodi con carica negativa e ugelli
che rilasciano nell’aria particelle di
acqua carica positivamente. Spostate
dal vento, le particelle cambiano la
tensione negli elettrodi del dispositi-
vo e creano una differenza di campo
elettrico; la corrente generata può,
quindi, essere poi trasmessa alla rete
elettrica. Questo processo si chiama
electrospraying ed è stato studiato
nel 1975 da Geoffrey Ingram Taylor:
quella dei ricercatori dell'Università
di Delft è una sua applicazione nel
campo delle rinnovabili. Secondo
gli sviluppatori Johan Smit e Dhira-
di Djairam, il sistema può essere fa-
cilmente installato a terra e in mare
aperto – proprio come le turbine
tradizionali. Ma i vantaggi di Ewicon
includono la possibilità di costruire
unità di forme e dimensioni diverse
e una minore manutenzione. Infatti
non avendo parti in movimento è to-
talmente assente il problema dell'u-
sura delle parti meccaniche. La pos-
sibilità di sfruttare l’energia presente
nell’atmosfera attraverso questo tipo
di apparecchiature avrebbe poi an-
che il grande vantaggio di eliminare
uno degli effetti collaterali delle pale
eoliche più contestato, ossia il rumo-
re, aprendo la strada quindi alle in-
stallazioni in centri abitati.
Rimangono, tuttavia, da risolvere an-
cora alcuni problemi. Ad esempio,
per caricare positivamente le parti-
celle d'acqua ci vuole un'energia di
partenza, per questo motivo le unità
sono dotate di una batteria. Un altro
limite potrebbero essere i Paesi dove
l’umidità dell’aria non è tanto eleva-
ta da poter azionare il processo di
electrospraying; infine la miscela che
ha prodotto i migliori risultati per ora
è in realtà composta da 30% di eta-
nolo e 70% di acqua demineralizzata.
Al momento il primo modello di
Ewicon è stato realizzato dallo studio
Mecanoo Architects ed è stato posto
di fronte alla facoltà di ingegneria
elettronica della Delft University of
Technology, ma la squadra di ricer-
catori sta cercando finanziamenti per
costruire un modello più grande, che
fornisca una maggiore quantità di
energia elettrica.
Rossella De Vico
come funziona Ewicon
1_dall’ugello vengono
spruzzate le particelle
con carica positiva
3_la differenza di campo
elettrico genera corrente
che viene raccolta
attraverso la batteria
2_spostate dal
vento, le particelle
cariche attraversano
il telaio con
elettrodi negativi
24 | SOS
SOS | 25
C
he cosa succederebbe se la plastica di oggi potesse
essere realizzata con materiali che non solo sono
sostenibili, ma anche non tossici? Oggi, le nostre
materie plastiche derivano dal petrolio: il che significa
che, non solo stiamo mettendo chimici tossici nella nostra
atmosfera, ma stiamo anche riempiendo il nostro ambien-
te con prodotti che non sono biodegradabili.
La soluzione? Esiste già e si chiama Zeoform. Si tratta di
un materiale riciclabile al 100%, perché formato da un
nuovo tipo di sostanza attraverso la quale è possibile so-
stituire in tutti gli utilizzi comuni la plastica.
Inoltre è perfetto anche nel settore dell’edilizia sosteni-
bile, per l’arredamento degli interni, per la creazione di
strumenti musicali e per la gioielleria.
La svolta è rappresentata da un particolare processo di
lavorazione brevettato che permette di adeguare la consi-
stenza del materiale in base alle esigenze di realizzazione.
Infatti, gli stessi produttori sottolineano come una delle
peculiarità di questo rivoluzionario materiale sia quella di
essere facilmente levigato, pressato, modellato o dipinto.
la plastica ecologica
Dalla cellulosa
all’oggetto
Un materiale innovativo:
una bioplastica totalmente
atossica e formabile.
Tamburi Conga creati da ZEO in ZEOFORM.
in materiale cellulosico riciclato
(foto: www.zeoform.com)
26 | SOS
Fig.1: Zeo Peanut Chair, sedia creata da ZEO.
Fig.2: Zeo Boomerang Bowls, ciotole create da ZEO.
Fig.3: esempi di modellazione e colorazione del materiale.
Fig.4: dettaglio del pattern applicabile al materiale.
(foto: www.zeoform.com)
Una tecnologia in grado di cambiare decisamente l’indu-
stria globale, in maniera molto simile a quanto fatto dalla
plastica nel periodo successivo alla Seconda guerra mon-
diale. Si tratta di un materiale eco-sostenibile e utilizzabi-
le ovunque nelle varie industrie per la produzione a ciclo
continuo di prodotti di consumo innovativi.
Secondo Zeoform, il loro prodotto è molto longevo e si
affida al solo processo naturale del legame a idrogenoche
avviene quando le fibre di cellulosa si legano all’acqua.
Non è necessaria nessuna colla o altro materiale, perchè il
legame creato è già resistente.
Zeoform è un materiale composto da fi-
bre di cellulosa e acqua.
Il processo converte le fibre di cellulosa
in un materiale per stampi resistente e
tecnologico in grado di essere impiegato
per molti di prodotti.
Atossico e biodegradabile, Zeoform tra-
sforma i rifiuti cellulosici in diverse for-
me funzionali.
Il materiale finito può essere plasmato quasi in tutto, e
può essere tagliato, lavorato, trapanato, avvitato, inchio-
dato e incollato con le stesse modalità del legno e dei suoi
composti. può anche essere colorato e tinteggiato, e rifini-
to in qualunque modo l’utente lo desideri.
Il materiale è innatamente resistente all’acqua e al fuoco
e può essere anche migliorato sotto questi profili interve-
nendo in minima parte sugli ingredienti. Il prodotto può
essere utilizzato per qualunque cosa, da componenti per
auto a carta, stampi, mobili e addirittura strumenti musi-
cali - le possibilità sono infinite.
Anna Cont
fig. 2
fig. 1
SOS | 27
Caratteristiche
Completamente colorato
Caratteristiche a sbalzo su misura
Visivamente paragonabile alle principali superfici naturali
Alto rapporto forza-peso
Isolazione acustica
Isolazione termica
Resistente al fuoco
Lavorabile come il legno (Trapanatura, molatura, taglio e
fresatura)
Senza formaldeide
Atossico
Ecologico
Rifiuto biodegradabile
Benefici
Bassa manutenzione
Valore aggiunto personalizzato
Riduce i costi di costruzione
Riduce i costi strutturali
Riduce l’inquinamento acustico
Riduce i costi energetici
Resistenza al fuoco maggiore
Nessuna nuova tecnica produttiva necessaria
Sicuro per il lavoro
Sicuro per te, sicuro per l’ambiente
Aumenta il Green Rating
Riduce i costi per lo smaltimento dei rifiuti
• composto di cellulosa e acqua - e nient’altro
• non contiene materiali chimici, colle, leganti, sintetici -
sessuna tossina di alcun tipo
• converte le fibre di scarto (carta, tessuto, piante)
• converte le fibre rinnovabili
• dal raccolto alla produzione - efficiente a livello idrico
ed energetico
• dal riciclaggio alla produzione - efficiente a livello idri-
co ed energetico
• i materiali si possono riciclare / riutilizzare indefinita-
mente
• completamente biodegradabile - restituisce la cellulosa
alla terra!
alcune informazioni utili
il materiale
Le caratteristiche di questo materiale rivoluzionario che ha ridefinito l’idea di
“sostenibile” nella costruzione di oggetti e i suoi benefici durante il suo ciclo vitale.
• certificato da un Laboratorio sulla Cellulosa ricono-
sciuto globalmente (in attesa)
• alto indice Life Cycle Assesment (LCA) dei prodotti
ZEOFORM
• bassa impronta di carbonio
• basso impatto ambientale
• strategia del marchio influenza l’audience mondiale
• contribuisce al PIL delle nazioni - crea lavoro dalle
campagne fino a scala industriale
• economie in crescita con espansione a livello globale
• prezzaggio più competitivo al diminuire delle risorse
tradizionali
fig. 4
fig. 3
28 | SOS
La conquista dello spazio da parte dell’uomo potrebbe non essere più un’utopia
tra qualche anno. Il maggiore problema alla sua realizzazione, la mancanza di
ossigeno per i lunghi viaggi interstellari, potrebbe essere risolto dall’invenzione di
un neolaureato alla Royal Collage of Art di Londra, Julian Melchiorri.
I
l giovane ha messo a punto una
foglia sintetica capace di attuare
la fotosintesi clorofilliana, assor-
bendo, quindi, anidride carbonica e
producendo ossigeno, proprio come
una vera foglia. “Le piante non cre-
scono in assenza di gravità,” spiega
Melchiorri, “al momento la NASA
sta conducendo ricerche sui diversi
modi di produrre ossigeno, quello
di cui si ha più bisogno durante le
lunghe missioni. Questo materiale
potrebbe consentirci di esplorare lo
spazio molto più di quanto possiamo
fare ora”. Il progetto è stato svilup-
pato durante il corso di Innovation
Design Engineering in collaborazio-
ne con la Tufts University di Boston
e consiste in un congegno modulare
fatto da un materiale biologico com-
posto quasi totalmente da cloroplasti
sospesi in una matrice di proteine
della seta. La Silk Leaf ha questa
capacità di fotosintesi grazie ai clo-
roplasti; per permettere la reazione
sono necessarie luce e acqua. L’ac-
qua, attraverso l’osmosi, rimuoverà
anche i residui chimici e gli zuccheri,
che potrebbero essere utilizzati per
generare energia.
Tra le possibili applicazioni ipotizza-
te da Melchiorri, oltre a quella legata
la foglia di seta che
produce ossigeno
alla NASA, vi è una serie di paralumi
che generano ossigeno mentre le luci
sono accese. Inoltre, la foglia biolo-
gica artificiale potrebbe essere im-
piegata anche nel settore della bio-
architettura, ad esempio realizzando
grandi lastre di questo materiale e
applicandolo sulle pareti esterne
degli edifici in modo che esso otti-
mizzi la qualità dell’aria delle città
e agisca come un depuratore. Mel-
chiorri ritiene che qualora questa fo-
glia artificiale venisse utilizzata come
materiale, specialmente nelle aree
maggiormente urbanizzate e con po-
chi spazi verdi, potrebbe ridurre no-
tevolmente la quantità di biossido di
carbonio, l’inquinamento ambientale
e di conseguenza migliorare anche la
salute dell’uomo.
Nonostante si tratti di un’interessan-
te creazione, alcuni scienziati restano
dubbiosi sulle sue reali applicazioni
in campo aerospaziale. Per il momen-
to, infatti, il progetto è ancora in fase
di sperimentazione; inoltre, secondo
il dottor Wim Vermaas dell’Arizona
State University’s Center for Bioener-
gy and Photosynthesis, la vita di un
cloroplasto isolato è necessariamente
di breve durata, per cui si ritiene che
non potrebbe sopravvivere abbastan-
za a lungo da essere utile durante
un’intera missione spaziale.
Silk Leaf, perciò, rimane ancora un
progetto più concettuale che pratico,
ma certamente è un’invenzione im-
portante che traccia un’altra possibi-
le strada per la ricerca spaziale.
Manuel Impellizzeri
Prototipo di Silk Leaf, la foglia artificiale a base di proteine della seta che riesce a produrre ossigeno.
Questa caratteristica permette di ipotizzarne un futuro uso nel campo della ricerca aerospaziale.
(foto: julianmelchiorri.com)
esplorazione dello spazio
SOS | 29
L
a ricerca nel campo delle rin-
novabili si sta dedicando allo
studio di nuovi materiali e nuo-
vi metodi di produzione dei pannelli
solari; quelli tradizionali, infatti, co-
stituiti da silicio, hanno un alto livello
di efficienza ma bassa flessibilità, per
cui possono essere realizzati solo in
determinate forme e per determina-
ti scopi. Pertanto già da alcuni anni
sono stati sviluppati pannelli compo-
sti da materiali organici, cioè da com-
plessi molecolari a base di carbonio.
Si è visto che il loro uso permette di
ottenere la massima efficienza anche
con la luce diffusa e non solo diretta,
eliminando, di conseguenza, la ne-
cessità di inclinarli in direzione del
sole e permettendo anche l’installa-
zione in verticale, così da ridurre al
minimo i problemi legati allo studio
degli ingombri e del reciproco om-
breggiamento, tipici dei sistemi tra-
dizionali.
Ampi studi sono stati fatti, inoltre,
sullo spessore di questi pannelli e
l’ultima scoperta del VTT Techni-
cal Research Centre of Finland sem-
bra aprire la strada ad un’infinità di
nuove applicazioni. Gli scienziati fin-
landesi hanno sviluppato un nuovo
metodo di fabbricazione: il processo
vede i pannelli solari organici prodot-
ti in massa attraverso un sistema roll-
to-roll in cui un livello viene stampa-
to con la tecnica della serigrafia e altri
due strati di plastica con la rotocalco-
grafia. I livelli funzionali sono stam-
pati tra le lamine di plastica e infine
incapsulati con un film protettivo. La
stampante messa a punto dall’équipe
In una conferenza del 2013 per la TED, Elon Musk, fondatore di PayPal, Tesla
Motors e SpaceX, parlando di energie rinnovabili e tecnologie del futuro, affermò
di essere certo che tra vent’anni la maggiore fonte di energia sarà quella solare.
E, visti i progressi nel campo del fotovoltaico, probabilmente aveva ragione.
del VTT è in grado di produrre 100
metri di film fotovoltaico al minuto;
la fattibilità del metodo è stato veri-
ficato dai ricercatori stampando celle
fotovoltaiche a forma di foglia. La su-
perfice attiva di una foglia è di 0.0144
m2 per uno spessore di appena 0.2
mm e include elementi decorativi,
elettrodi e celle solari polimeriche.
Per comporre un pannello di un me-
tro quadrato occorrono 200 foglie.
Al momento, tuttavia, l’efficienza
di questa nuova tecnologia è ancora
più bassa dei pannelli tradizionali al
silicio, e anche rispetto alla vita utile
del prodotto si raggiungono solo i 15
anni, contro i 20 dei fotogene
Il film fotovoltaico flessibile e sottile sviluppato
al VTT, in Finlandia. Le sue caratteristiche ne
permetteranno l’applicazione, oltre che nel
campo della bioedilizia, ad esempio per facciate
e vetrate, anche su oggetti di uso comune.
(foto: vttresearch.com)
I pannelli solari del futuro
saranno sottilissimi e di design
futuro rinnovabile
30 | SOS
Anche in Sicilia, nel 2013, è stato
sviluppato un tipo di fotovoltaico
organico attraverso il progetto
Sagro, con l’obiettivo di realizzare
celle solari rese fotosensibili grazie
ad alcuni pigmenti naturali ottenuti
dal frutto simbolo dell’isola. In
particolare le celle erano dotate
di coloranti naturali, ricavati dai
pigmenti di scarto dei prodotti
vegetali e dagli agrumi, con l’ossido
di titanio come catalizzatore per le
particelle inquinanti.
UNA SPREMUTA
FOTOVOLTAICA
Nel 2013, in un’intervista con
Chris Anderson, curatore di
TED, Elon Musk (nella foto),
parlando delle sue aziende
Tesla, SpaceX e SolarCity,
ha espresso le sue speranze
sul futuro dell’energia
fotovoltaica. “Sono sicuro
che il solare batterà ogni altra
fonte di energia, incluso il gas
naturale”, ha affermato tra
gli applausi , aggiungendo:
“Devrà essere così
necessariamente, in realtà.
Altrimenti, ci troveremo ad
affrontare grossi problemi.”
Musk è il CEO di SolarCity,
una compagnia nata nel
dicembre 2012 tutta votata
alla progettazione, produzione
e diffusione di sistemi
energetici basati sul sole. La
strategia che adotta è quella
di contribuire alle spese iniziali
per l’installazione dei sistemi
fotovoltaici noleggiandoli per
20 anni. In questo modo, i
consumatori hanno un doppio
risparmio: nel momento
dell’acquisto ed installazione
dei pannelli (quello più oneroso
dal punto di vista economico)
e rispetto alle bollette di luce
e gas. “Questo diventa un
grande vantaggio e il risultato
finale sarà che in 20 anni il
fotovoltaico fornirà più energia
che ogni altra fonte”.
E Musk ha investito veramente
tanto nella sua azienda e
nel suo progetto, tanto che
due anni fa, ha fatto una
scommessa con “un amico il
cui nome rimarrà anonimo”,
che la sua previsione si
realizzerà nel giro di due
decadi. Gli mancano 18 anni
per avere successo.
il solare è l’energia
del futuro
per la produzione di energia, quan-
to da schermo assorbitore della luce
diffusa per poi liberarla e diventare
sorgente di illuminazione. Ancora, il
film potrebbe rivestire piccoli oggetti
elettronici o sensori per auto-alimen-
tarli o funzionare come sistema di
trasferimento dati nei dispositivi wi-
reless, con le celle fotovoltaiche che
fungerebbero da ricevitore.
Insomma le potenzialità di questa
nuova tecnologia sembrano vera-
mente infinite e ognuna di esse apre
la strada a scenari futuristici. Il team
di scienziati del VTT è fiducioso che
nei prossimi 3 anni l’industria del
fotovoltaico organico conoscerà una
crescita record e tuttavia sta lavoran-
do anche a dei pannelli solari inor-
ganici fatti di perovskite, 5 volte più
efficienti di quelli organici e 10 volte
meno costosi.
Rossella De Vico
ratori attuali. Questi svantaggi, però,
sono compensati dalla possibilità di
produrre energia in condizioni meno
restrittive, oltre che dalle loro carat-
teristiche di flessibilità, leggerezza,
economicità e dal fatto che possono
essere riciclati una volta terminata la
loro funzione.
Secondo i ricercatori del VTT, poi, il
sottilissimo film fotovoltaico si pre-
sterebbe ad essere applicato a mol-
tissimi oggetti, sia in ambienti esterni
che interni. Dalle facciate degli edi-
fici, ai tetti dei mezzi di trasporto o
ai cartelloni pubblicitari fino all’in-
terior design, dove diventerebbe un
elemento decorativo e allo stesso
tempo funzionale. I pannelli orga-
nici potrebbero dare vita a superfici
vetrate “intelligenti” in grado di in-
teragire con l’ambiente, attraverso la
tecnologia OLED e fotovoltacromi-
ca, operando, a seconda delle neces-
sità, tanto da pannello fotovoltaico
SOS | 31
AVETE CAPITO MALE
Quali sono i più diffusi luoghi comuni sulla sostenibilità
e cosa c’è (se c’è) di vero in ognuno.
MITI DA SFATARE
32 | SOS
Q
uando una parola diventa mol-
to popolare, si inizia a sentir-
la ovunque, in ogni sorta di
contesti vagamente correlati (o non
correlati affatto). Questo può signi-
ficare due cose: o la parola è diven-
tata un clichè senza senso, oppure ha
un reale peso concettuale. “Green”
(o, ancora peggio, “going green”, ri-
spettare l’ambiente in italiano”) cade
esattamente nella prima categoria.
Ma il concetto di “sostenibile”, che
all’inizio evoca un simile vago senso
di virtù ambientale, in realtà appartie-
ne alla seconda. è vero, voi lo sentite
usato per tutto, dalle auto all’agricol-
tura, all’economia. Ma questo perché
il concetto di sostenibilità è di base
così semplice che si applica legitti-
mamente a tutti questi campi e anche
ad altri. Nonostante la sua semplici-
tà, comunque, sostenibilità è un con-
cetto che le persone hanno impiegato
un po’ a comprendere. Per aiutare, la
rivista Scientific American, nel 2009,
ha consultato diversi esperti sul tema
per scoprire quali luoghi comuni in-
contravano più frequentemente. Il ri-
sultato è stato questa classifica di 10
miti sulla sostenibilità.
E dopo questa introduzione non stu-
pisce che il primo mito da sfatare sia:
nessuno sa esattamente cosa significhi
realmente “sostenibilità”. Questo non
è neanche lontanamente vero. A detta
di tutti, il moderno senso della paro-
la è entrato nel lessico nel 1987 con
la pubblicazione da parte della Com-
missione mondiale sull’Ambiente e
lo Sviluppo del rapporto Brundtland,
(conosciuto anche come “Our Com-
mon Future”). Quel rapporto defini-
va la sostenibilità come “uno svilup-
po che soddisfi i bisogni del presente
senza compromettere la possibilità
delle generazioni future di soddisfa-
re i propri”. O, come nelle formule
che i bambini delle elementari impa-
rano a memoria: “Non prendere più
della giusta parte.” Da notare che la
definizione non dice nulla sul rispet-
to dell’ambiente, anche se le parole
“sostenibile” e “sostenibilità” vengo-
no pronunciate maggiormente dagli
ambientalisti. E questo porta al se-
condo mito: la sostenibilità riguarda
solo l’ambiente. Anche il movimen-
to per la sostenibilità stesso è nato lo
stesso anno del rapporto Brundtland.
Originariamente il suo focus era tro-
vare un modo per cui le nazioni pove-
re potessero raggiungere il livello di
quelle ricche in termini di standard
di vita. L’obiettivo era di dare ai paesi
svantaggiati un migliore accesso alle
risorse naturali, incluse acqua, ener-
gia e cibo – le quali vengono tutte, in
un modo o nell’altro, dall’ambiente.
“L’economia” dice Anthony Cortese,
fondatore e presidente dell’organizza-
zione per l’educazione alla sostenibi-
lità Second Nature, “è un accessorio
completamente controllato dalla bio-
sfera. La biosfera produce tutto quel-
lo che rende la vita possibile, assimila
i nostri scarti o li converte di nuovo in
qualcosa che possiamo usare.” Se tan-
ti di noi usano le risorse in maniera
inefficiente o generano scarti troppo
velocemente che l’ambiente non rie-
sce ad assorbire e trattare, le future
generazioni ovviamente non saranno
in grado di soddisfare i loro bisogni.
“Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente
senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare
i propri”. Questa è la definizione di sostenibilità descritta nel rapporto
Brundtland del 1987 rilasciato dalla Commissione mondiale sull’ambiente e
lo sviluppo. Nella foto, l’allora presidente Gro Harlem Brundtland, da cui il
rapporto prese il nome. (foto: fastcoexist.com)
il rapporto Brundtland
sulla sostenibilità
SOS | 33
Paul Hawken, l’autore ed imprendi-
tore che ha aiutato a fondare il mo-
vimento per la sostenibilità, ha affer-
mato: “Abbiamo un tipo di economia
dove rubiamo il futuro, lo vendiamo
nel presente e lo chiamiamo prodot-
to interno lordo. Se le persone conti-
nuano a immettere CO2 nell’aria, per
esempio, non necessariamente termi-
neremo le risorse a disposizione (è
ancora pieno di carbone sotto terra),
ma provocheremo un cambiamento
irreversibile nel clima che potrebbe
molto probabilmente causare enormi
problemi alle future generazioni. Lo
stesso, ovviamente, vale per i velenosi
sottoprodotti, diversi dalla CO2, cre-
ati da molte attività umane, da quelle
manifatture a quelle minerarie, dalla
produzione di energia all’agricoltura,
che vengono scaricate nei campi, nei
ruscelli, negli oceani e nell’atmosfera.
Per non parlare poi di concetti intan-
gibili come la bellezza della natura e il
valore delle terre incontaminate.
“Nello stato brado è racchiusa la con-
servazione del mondo” scrisse Henry
David Thoreau e il movimento per i
parchi nazionali cominciato negli Sta-
ti Uniti alla fine del 19esimo secolo e
diffusosi poi internazionalmente nac-
que da quella idea. In breve, poiché
l’evoluzione dell’uomo avvenne in
un mondo non tecnologico, proba-
bilmente per essere felici necessitia-
mo di una qualche forma di connes-
sione con la natura. Questo concetto
sembra non facilmente spiegabile dal
punto di vista scientifico, tuttavia,
Nancy Gabriel, del Sustainability In-
stitute in Hartland, Vermont, ha spie-
gato “se guardi alla società occiden-
tale, hai un alto tasso di depressione,
isolamento, e alienazione tra le perso-
ne. Io penso che riconnettere gli uo-
mini alla terra è un’importante modo
di ristabilire il livello base di felicità.”
E questo principio, attraverso il mo-
vimento per i parchi nazionali, ha at-
traversato città e stati in giro per gli
US, fermandosi specialmente nelle
aree altamente urbanizzate per pre-
servare gli spazi verdi.
A ciò si ricollega il terzo luogo co-
mune: “Sostenibile” è un sinonimo
di “green”. Nonostante ci sia una lie-
ve sovrapposizione tra i due termini,
“green” è usato per indicare una pre-
ferenza per il naturale piuttosto che
per l’artificiale. Con circa 6 miliardi
di persone sul pianeta oggi e altri 3
miliardi che si aspettano per la metà
del secolo, la società non può spera-
re di dare loro confortevoli standard
di vita senza una pesante dipendenza
dalla tecnologia. Auto elettriche, tur-
bine eoliche e celle solari sono l’anti-
tesi del naturale – ma permettono alle
Il parco Yosemite fu il cuore del nascente
movimento americano per i parchi nazionali,
a metà del 1800. I suoi membri chiedevano la
salvaguardia di questi luoghi affermando che
gli uomini possono essere felici solo quando
sono a contatto con la natura.
(foto: yosemitepark.com)
Il movimento per i parchi
nazionali e il legame
con la natura
sostenibile vs “green”
34 | SOS
persone di spostarsi, di riscaldare le
loro case e cucinare il loro cibo con
risorse rinnovabili (o, almeno, con
una minima parte di risorse non rin-
novabili) e emettendo meno sostan-
ze chimiche nocive. Da questo punto
di vista anche il nucleare può essere
visto come una risorsa sostenibile,
anche se non così automaticamente.
Infatti, a differenza delle altre fon-
ti di energia alternative, è stato ed è
fortemente criticato dagli ambienta-
listi, soprattutto per il problema del-
lo smaltimento delle scorie. Ma i re-
attori nucleari sono anche una fonte
di energia altamente efficiente, che
non emettono gas inquinanti e che
dovrebbero essere progettati per ge-
nerare il minimo rifiuto ed essere es-
senzialmente a prova di fusione del
nocciolo. Questo è il motivo per cui
Patrick Moore, uno dei primi membri
di Greenpeace, è diventato un soste-
nitore del nucleare e perché molti al-
tri ambientalisti stanno cominciando,
anche se molto spesso con riluttanza,
a considerare l’idea di accettare il nu-
cleare. Ovviamente, chiamarlo green
sarebbe una forzatura, ma chiamarlo
sostenibile un pò meno.
Mito 4: “è tutto riguardante il rici-
clo”. “L’ho sentito un sacco”, dice
Shana Weber, manager della sosteni-
bilità alla Princeton University, “per
alcuni motivi, riciclare era il messag-
gio maggiore che veniva fuori dal
movimento ambientalista nei primi
anni 70.” E naturalmente, riciclare è
importante: riusare metalli, carta, le-
gno e plastiche piuttosto che buttarle
riduce la necessità di estrarre nuove
materie prime dal suolo, dalle foreste
e dai depositi di combustibile fossi-
le. L’uso più efficiente di potenzial-
mente tutto rappresenta un passo in
avanti nella direzione della sosteni-
bilità. Ma questo è solo un pezzo del
puzzle. Se credi di vivere in maniera
sostenibile solo perché ricicli, è me-
glio che ti ricredi. Mito 5: “la soste-
nibilità è troppo costosa”. Questo
è probabilmente il più grande falso
luogo comune. Infatti è vero solo sui
brevi periodi e in determinate circo-
stanze, ma non di certo a lungo ter-
mine. La verità sta nel fatto che se hai
già, sul posto, un sistema non soste-
nibile (una fabbrica o un sistema di
trasporti, per esempio, o lampadine
a incandescenza nella tua casa, o un
Hummer nel tuo vialetto di ingres-
so) devi spendere del denaro in an-
ticipo per passare ad una tecnologia
più sostenibile, che però ti consentirà
di risparmiare in futuro. In generale,
poi, i governi e le compagnie possono
intraprendere questo cammino mol-
to più facilmente di quanto possano
fare i singoli individui.
Mito 6: “Sostenibilità significa abbas-
sare i nostri standard di vita”.
Falso. Vivere in maniera sostenibile
non significa che dobbiamo fare di
più con meno ma, sostanzialmente
rivedere il modo in cui utilizziamo
quello che abbiamo. Come Hawken
argomenta, “una volta che comin-
ciamo ad organizzarci ed innovare
con il giusto atteggiamento mentale
le svolte sono straordinarie. Esse ci
permetteranno di raggiungere livelli
estremamente alti di produzione di
risorse, una grande prosperità, stabi-
lità e sicurezza”. Quindi, al contrario
di quanto dice il luogo comune, l’in-
novazione che parte dalla sostenibili-
tà può essere un potente motore per
lo sviluppo economico.
In alto: manifesto “Earth Day” di Robert
Leydenfrost (1970). Il 22 aprile 1970 si celebrò
il primo Earth Day (Giornata della Terra). Fu
l’avvio del moderno movimento ambientalista
statunitense.
(foto: enviroethics.org)
il riciclo
fig. 1
SOS | 35
Mito 7: “La strada più veloce e più ef-
ficiente per la sostenibilità è rappre-
sentata dalle scelte dei consumatori
e dall’attivismo della gente comune,
non dall’intervento del governo”.
Le azioni dei cittadini sono utili e so-
stanzialmente necessarie, ma l’attua-
zione di alcune riforme, come quel-
le per tenere a freno le emissioni di
CO2, possono avvenire velocemen-
te solo se le autorità centrali si im-
pegnano a fare in modo che questo
accada. Questo è il motivo per cui
le detrazioni fiscali, gli standard di
basso consumo obbligatori e cose di
questo tipo sono abbastanza inevita-
bili. Nondimeno, questa conclusio-
ne, ovviamente, non soddisfa i puristi
del libero mercato, ma questo per-
ché nella maggior parte dei casi essi
operano sulla convinzione che l’uso
improprio di risorse e la distruzio-
ne dell’ambiente non abbiano costi,
il che è stato dimostrato essere falso.
Se gli effetti del cambiamento clima-
tico diventassero irreversibili, tutti i
settori economici, prima o dopo, ne
risentirebbero, e quindi anche le ta-
sche dei grandi imprenditori. Questi
ultimi argomentano che i consuma-
tori verranno spinti ad un compor-
tamento più sostenibile solo quando,
con l’eccessivo sfruttamento delle ri-
sorse naturali, i prodotti subiranno
un innalzamento dei prezzi. Vero ab-
bastanza, ma la transizione potreb-
be essere dolorosa se non addirittu-
ra distruttiva. Ad esempio, la ragione
principale della crisi che ha interessa-
to le case automobilistiche americane
è che hanno dipeso per troppo tempo
dalla vendita di SUV dagli alti pro-
fitti, ma anche dagli elevati consumi.
Quando il prezzo del petrolio è salito
di colpo, il mercato dei macchinoni è
precipitato (il prezzo dei carburanti
si è poi abbassato a causa della cri-
si economica mondiale, che comun-
que non ha aiutato il settore automo-
bilistico). Ancora, l’innalzamento dei
prezzi ha sempre avuto l’effetto di sti-
molare di nuovo la ricerca per l’eo-
lico, il fotovoltaico e le altre energie
rinnovabili, e se non si considera la
crisi economica come stimolo mag-
giore, si può dire che le case automo-
bilistiche si sono impegnate a creare
veicoli più efficienti e ad impiegare
Fig. 1: la copertina della prima versione di
“Walden ovvero Vita nei Boschi”, un’opera di
Henry David Thoreau, pubblicata nel 1854. Il
libro racconta lo sforzo dell’autore nel cercare
un rapporto intimo con la natura e insieme
ritrovare se stesso in una società che non
rappresentava ai suoi occhi i veri valori da
seguire, ma solo l’utile mercantile.
(foto: wikipedia.org)
Fig. 2 “Sostenibilità” non è sempre sinonimo
di “green” e “naturale”. Le auto elettriche,
ad esempio, non sono di certo naturali, ma
rappresentano un’alternativa ecologica per il
settore dei trasporti. Nella foto in alto, la Renault
Zoe, elettrica, presentata al Salone di Ginevra
2015. (foto: alvolante.it)
le riforme governative
fig. 2
36 | SOS
risorse energetiche sostenibili.
Ma questo risultato può riflettere un
altro mito.
Mito 8 :“una nuova tecnologia è sem-
pre la risposta”. Non necessariamen-
te. Alcune volte metodi già esistenti
possono dar vita a un modello crea-
tivo di business. Ad esempio, tutte le
app che si basano sulla sharing eco-
nomy si sono diffuse tramite internet
ma il meccanismo su cui si fondano
è estremamente antico (lo scambio e
il baratto hanno rappresentato le pri-
me forme di economia). Attraverso le
applicazioni per smartphone gli user
semplicemente riescono ad entrare
più facilmente in contatto e dare vita
appunto a questa rete di condivisio-
ne.
Mito 9: “la sostenibilità è in definiti-
va un problema della popolazione”.
Questo rappresenta più che altro una
falsa soluzione. Ogni problema am-
bientale è in ultima analisi un proble-
ma della popolazione. Se essa fosse
di solo 100 milioni, sicuramente noi
avremmo difficoltà a generare abba-
stanza rifiuti per sopraffare il sistema
di auto-pulizia della natura.
Potremmo tranquillamente scaricare
tutta la nostra immondizia in una di-
scarica in qualche area remota e nes-
suno se ne accorgerebbe. Le nazioni
unite prevedono che nel 2050 il pia-
neta ospitarà altri 2,6 miliardi di per-
sone, e già alla popolazione corrente
di circa 7 miliardi stiamo utilizzando
le risorse a livelli insostenibili.
Tuttavia, non c’è modo di ridurre la
popolazione in maniera significativa
senza calpestare i diritti umani o im-
porre il controllo delle nascite come
ha fatto il governo cinese; per questo
la soluzione non è da ricercare nel
numero di persone che abitano sulla
Terra ma piuttosto su come minimiz-
zare lo spreco di risorse e la produ-
zione di rifiuti.
Mito 10: “una volta che capisci come
funziona, puoi applicare facilmente il
concetto di sostenibilità”. Ciò non è
completamente vero. Molto spesso,
una scelta che sembra sostenibile, ad
un esame più attento si scopre essere
problematica. Probabilmente l’esem-
pio più pregnante è la corsa alla pro-
duzione di etanolo dal mais per farne
carburante. Il granturco èuna risorsa
rinnovabile, dopotutto: lo si può col-
tivare e raccogliere in un ciclo poten-
zialmente infinito. Quindi sostituire
la benzina con l’etanolo prodotto dal
mais sembra una grande idea.
Fino a quando fai un’analisi metico-
losa e ti accorgi dell’uso intensivo di
energia che la coltivazione, la raccolta
del mais e la sua conversione richie-
dono. Inoltre, trasformare il grantur-
co per utilizzarlo come carburante
significa meno mais per la popolazio-
ne e il bestiame, il che comporta un
aumento del prezzo del cibo. Questa
conseguenza porta a sfruttare terre
incolte, causando una maggiore emis-
sione di biossido di carbonio nell’at-
mosfera. Solo dopo alcune decadi, i
vantaggi energetici provenienti dal
bio-etanolo rimetteranno insieme ciò
che è stato distrutto con la perdita di
una foresta. Ma fino ad allora, il cam-
biamento climatico avrà progredito
così tanto che questo non potrà aiu-
tarci.
In definitiva non si può realmente di-
chiarare nessuna pratica “sostenibi-
le” fino a quando non se ne fa un’a-
nalisi completa del ciclo di vita e dei
suoi costi ambientali poiché l’ammi-
revole obiettivo di vivere in maniera
sostenibile richiede tante e continue
valutazioni di ogni minimo aspetto.
Rossella De Vico
Molti ritengono che il problema della sostenibilità sia dovuto al numero
elevato di abitanti sul pianeta Terra.
A sinistra, un manifesto del 1987 per il controllo delle nascite in Cina. Il
testo recita “Meno nascite, migliori nascite, per sviluppare vigorosamente
la Cina”.
(foto: chineseposters.net)
MAGGIORI PRODUTTORI
DI BIOETANOLO NEL 2011.
Stati Uniti
13900
5573,24
554,76
1199,31
Brasile
UE
Cina
Fonte dati: "Industry Statistics: World Fuel Ethanol Production".
Renewable Fuels Association. 2011.
scelte davvero sostenibili
SOS | 37
un paradiso
ecosostenibile,
l’energia è green al100%
Il 2015 della Costa Rica è all’insegna delle rinnovabili. In tre mesi per il
suo fabbisogno di corrente non sono state prodotte emissioni né utilizzati
combustibili fossili.
carbon free è possibile
L
a fornitura di energia elettrica
della Costa Rica non ha bru-
ciato alcun combustibile fos-
sile quest’anno. La nazione di quasi
4,9 milioni di abitanti è andata avanti
per 75 giorni grazie esclusivamente
ad energia rinnovabile, obiettivo che
molte nazioni più ricche – inclusi e in
special modo gli Stati Uniti – possono
solamente sognare. Come ha fatto la
Costa Rica a raggiungere questo tra-
guardo? La risposta consiste in inve-
stimenti su piccole infrastrutture e un
contributo da un alleato improbabile:
il cambiamento climatico.
Così come il Paraguay, la Colombia, il
Brasile, e molti altri Stati dell’America
Latina, la Costa Rica trae la maggior
parte della sua energia – circa l’80%
– da impianti idroelettrici. Arginare
fiumi ha, indubbiamente, anche delle
conseguenze ambientali,
Il governo della Costa Rica ha approvato un
progetto da 958 milioni di dollari incentrato sullo
sviluppo dell’energia geotermica, considerata
la chiave per dire addio ai combustibili
fossili e diventare il primo paese al mondo
completamente a ‘Zero Emissioni’.
38 | SOS
L’80% dell’energia della Costa Rica è
tratta da impianti idroelettrici.
ma l’energia prodotta dagli impianti
energetici risultanti è libera da CO2.
L’energia idrica, inoltre, è più affida-
bile e facile da portare su scala indu-
striale rispetto alle tecnologie solari
e eoliche. Dunque in questo senso,
il risultato ottenuto dalla Costa Rica
nei 75 giorni potrebbe essere impres-
sionante, ma non sorprende, afferma
Juan Roberto Paredes, un esperto di
energia rinnovabile alla Banca Intera-
mericana per lo sviluppo.
In media, la base di sviluppo energe-
tico della nazione era già circa al 90%
rinnovabile, rendendola la seconda
nazione più rinnovabile nell’America
Latina (superata solamente dal Para-
guay, che riceve quasi la totalità della
sua energia da un’unica diga).
Affidarsi all’energia idrica ti costringe
però a stare alla mercé degli elemen-
ti – differenti da quelli solari o eoli-
ci. La forza dell’energia elettrica è la
pioggia. Meno pioggia significa meno
acqua all’interno delle dighe, cosa che
si traduce velocemente in meno ener-
gia a disposizione. Solamente lo scor-
so anno, la Costa Rica ha dichiarato
stato di emergenza nel nord ovest del
paese perché il bacino dell’El Niño si
è prosciugato, ed è venuto a mancare
l’apporto dell’acqua alla rete elettrica
della nazione, costringendo la forni-
tura a passare ad alcuni generatori
diesel. (In questo momento il Brasile
sta patendo una situazione critica si-
mile, a causa di una disastrosa siccità
che sta danneggiando molte delle reti
elettriche che alimentano San Paolo e
il resto del sud est della nazione). Ma
quest’anno, le quattro reti elettriche
più grandi della Costa Rica hanno
stranamente goduto di forti precipi-
tazioni – fino ad adesso.
Ed è a questo punto che interviene il
cambiamento climatico. Quasi la to-
talità dei modelli climatici predicono
che “uno degli effetti sul cambiamen-
to climatico sarà una concentrazione
di forti rovesci, e, di conseguenza, lun-
ghi periodi di siccità,” spiega Walter
Vergara, un esperto in cambiamenti
del clima focalizzato sull’America La-
tina all’Istituto di Ricerca Mondiale.
Soprattutto in nazioni come la Costa
Rica, più piogge cadranno in meno
tempo. Cosa grandiosa per gli im-
pianti idroelettrici, ma terribile se si
pensa a inondazioni e frane. Inoltre,
forti precipitazioni adesso possono si-
SOS | 39
gnificare siccità a seguire. “Solamente
El Niño e la Niña possono rivelarci
per quanto a lungo non necessitere-
mo di carbon fossile per produrre
elettricità,” ha dichiarato Julio Mata,
un esperto di energia all’Università
della Costa Rica.
Tutto ciò dovrebbe significare che
una volta finite le piogge, la Costa
Rica dovrà servirsi nuovamente di ge-
neratori diesel? Non necessariamen-
te, ha affermato Vergara. La nazio-
ne ha un altro generatore di energia
pulita a disposizione: i vulcani – sei
attivi e un’altra dozzina di vulcani
inattivi, che vuol dire fonti di calore
geotermico e energia. L’energia Ge-
otermica dà un contributo del 15%
alla rete energetica della Costa Rica,
e la sua fetta di torta sembra inten-
zionata ad aumentare non appena il
governo attuerà ulteriori investimenti
alla causa.
Questa è una fonte di energia forte-
mente affidabile, poiché non soggetta
a nessuna delle fluttuazioni dovute
ai cambiamenti nelle precipitazioni,
radiazioni solari, o prezzi del carbu-
rante che flagellano gli altri metodi.
L’energia geotermica offre alla Costa
Rica una via per compensare ai buchi
dell’energia idroelettrica attraverso
un’altra energia rinnovabile, piut-
tosto che doversi affidare al com-
bustibile fossile al prossimo stato di
allerta. Mata sostiene che la nazione
potrebbe addirittura integrare più
energia se fossero permessi impian-
ti geotermici nei parchi nazionali o
nelle aree protette, che coprono un
quarto delle terre della Costa Rica
e ospitano all’interno molti dei suoi
vulcani.
È vero che non tutte le nazioni hanno
fiumi da poter arginare, vulcani da
poter sfruttare, o un governo con così
forte impegno verso l’ambientalismo.
Per molteplici ragioni, la Costa Rica
ha avuto un notevole vantaggio ini-
ziale nella gara verso un futuro libero
dal combustibile fossile, ma sta dan-
do dimostrazione al resto del mondo
cosa è disposta a fare per raggiungere
questo obiettivo.
Manuel Impellizzeri
Nella pagina precedente: il Vulcano Arenal, uno
dei vulcani attivi della nazione.
(foto: aventurevolcans.com)
In questa pagina: diga ad arco che si trova a nord
del Parco Nazionale Tapanti, a sud-est est di
Cartago in Cartago Province in Costa Rica. Ha
una capacità installata di 102 MW, con tre unità
di 34 MW ciascuna.
(foto: thecostaricanews.com/)
IL PIANO B
40 | SOS
I
l World Stage Design è una mani-
festazione internazionale che rag-
gruppa performance dal mondo
del teatro, dell’opera e della danza,
sotto il segno del design, attraverso
spettacoli, mostre ed installazioni ne-
gli spazi teatrali e non. È un evento
che si svolge ogni quattro anni: parti-
to da Toronto nel 2005, si è poi spo-
stato a Seoul nel 2009. Il 2013 è stata
la volta di Cardiff dove questo festi-
val multiforme ha attirato migliaia di
visitatori da tutto il mondo.
La parola d’ordine di quest’ultima
edizione è stata “sostenibilità”.
Infatti, il programma degli eventi era
ricco di dibattiti, spettacoli e work-
shop su questo argomento e su come
esso si inserisca nel mondo dell’arte.
Naturalmente, anche il luogo che ha
ospitato questa manifestazione sa-
rebbe dovuto essere eco-sostenibile,
per cui gli organizzatori hanno deci-
so di indire una competizione per il
progetto del teatro temporaneo del
WSD 2013. Ian Evans, direttore tec-
nico del festival, ha descritto così il
contest: “Un progetto impegnativo.
Avevamo richiesto una sede che fosse
eco-friendly, potesse ospitare fino a
150 posti a sedere, adatta a spettacoli
di vario tipo e che si potesse autoco-
struire, tutto per una spesa inferiore
alle 20.000 sterline”.
Una bella sfida, insomma, soprattut-
to a causa del budget così “ristretto”.
Ma si sa: la necessità aguzza l’ingegno
e le proposte dei progettisti sono sta-
te ugualmente numerose.
Continua Ian Evans: “Alcuni hanno
avuto approcci estremamente origi-
nali e i materiali utilizzati sono stati
dei più disparati, includendo balle
di fieno, scatole di cartone e casse da
imballaggi”.
Uno di questi progetti originali, ap-
punto, è stato quello dello Studio
Andrew Todd, team di architetti con
Un progetto con alti requisiti e bassi budget? La soluzione sono i materiali
riciclati ed eco-sostenibili.
quando LA NECESSITà AGUZZA L’INGEGNO
Il teatro
di cartone
SOS | 41
sede a Parigi. Forse la loro idea è nata
ponendosi più o meno questa do-
manda: cosa farebbe un bambino che
volesse una macchinina giocattolo
ma non avesse i soldi per comprarla?
Semplice: ne costruirebbe un model-
lino di cartone!
Ed è questo quello che hanno deciso
di fare gli architetti parigini: proget-
tare un teatro di cartone.
“Il brief da Cardiff prevedeva un bu-
dget così basso, quasi ridicolo, che
non potevamo resistere alla sfida di
vedere se un progetto di quel tipo
fosse realmente fattibile” ha spiegato
Todd. “Riguardo alla forma, abbiamo
preferito la semplicità con la pianta
del teatro circolare, ma per rientra-
re nel budget – e per dare agli attori
qualcosa un po’ più significativo di
un semplice tendone abbellito – ab-
biamo deciso di essere creativi riguar-
do ai suoi materiali. La risposta? Car-
ta riciclata!”
Una delle sue caratteristiche princi-
pali, infatti, è l’abbondanza, tant’è
vero che moltissime aziende si occu-
pano della raccolta e del riciclo del-
la carta; per cui se ne può trovare in
grandi quantità pressoché ovunque e
per una spesa quasi pari a zero. Inol-
tre, una volta finito il suo impiego,
può essere rivenduta di nuovo per
essere ri-riciclata, abbattendone così
i costi. Ma la scelta del team di An-
drew Todd, si ricollegava anche alla
loro filosofia anticonformista sull’uso
dei materiali:
“In questo progetto, volevamo mo-
strare che gli edifici non devono ne-
cessariamente essere di cemento o
pietra, possono anche essere fatti di
spazzatura o di scarti!” ha affermato
Todd. Bisogna, cioè cambiare la per-
cezione che si ha di alcuni materiali,
guardare in maniera diversa quello
che il mondo offre e, sfruttandone le
caratteristiche, ipotizzarne un uso in
contesti totalmente nuovi.
La scelta dello studio è ricaduta per-
ciò su due tipologie di carta ricicla-
ta: i grandi blocchi densi di cartone,
utili per l’isolamento sia termico che
acustico, utilizzati per il muro inter-
no dietro il palco, in modo da creare
un fondale semplice e dall’acustica
buona, e, per il resto della struttura,
le balle fatte di vecchie riviste e pagi
Fig.1: render della platea e del
palcoscenico del Paper Theatre.
Fig.2: render della struttura esterna, in
bambù e con il rivestimento in carta
riciclata, ed ambientazione.
(foto: studioandrewtodd.com)
Lo studio Andrew Todd, a Parigi, si
occupa di architettura e scenografia
dal 2004, con una particolare enfasi
sugli spazi per le arti performative.
Il titolare dello studio è noto per la
sua particolare propensione all’eco-
sostenibilità. Sul loro sito si legge:
“…la materia degli edifici deve
essere viva come le attività che gli
uomini vi svolgono al suo interno,
tanto che essi ne possano sentire le
potenzialità. Questo è uno dei motivi
per cui usiamo così tanto il legno
(oltre al suo ovvio valore ecologico):
ognuno può, in teoria, riadattarlo”.
GLI ARCHITETTI
DEL TEATRO
DI CARTONE
la proposta dello studio
andrew todd
fig. 1
fig. 2
42 | SOS
A lato: le fasi di costruzione del Paper Theatre.
Per il progetto era richiesto che l’edificio potes-
se autocostruirsi. Si tratta cioè di una struttura
modulare che chiunque può realizzare. Nei
render, dall’alto, la costruzione dello scheletro
di bambù, poi delle pareti di cartone riciclato,
la copertura con il vecchio telone da circo ed
infine il teatro completo.
(foto: studioandrewtodd.com)
ne di giornali, interessanti per il loro
aspetto e per il legame simbolico che
esse hanno con un luogo come il tea-
tro, dedicato all’apprezzamento delle
parole. Il bambù, invece, è stato im-
piegato per lo “scheletro” del teatro;
rispetto all’acciaio, infatti, è otto vol-
te più leggero e richiede delle sempli-
ci fascette di plastica per le giunture.
Infine, il tetto è stato realizzato con
un tendone da circo riciclato, tagliato
in modo da creare un doppio strato
con al centro altra carta riciclata per
garantire l’isolamento.
Alla fine, come descritto anche dagli
stessi architetti, con il loro progetto
essi hanno proposto un teatro “inti-
mo – e tuttavia grande – dalla forma
circolare e con 135 posti a sedere,
fatto quasi totalmente di materia-
li riciclati e riciclabili”. Le balle di
carta, che componevano i muri della
struttura, sarebbero state rivendute
per lo stesso prezzo all’azienda che le
aveva fornite, così come tutti gli altri
materiali, mentre i macchinari per la
costruzione sarebbero stati presi in
prestito. In questo modo il budget
stimato per la realizzazione del teatro
era di poco al di sopra delle 10.000
sterline.
Si potrebbe pensare, a questo punto,
che quelli dello studio Andrew Todd
siano riusciti a vincere la sfida del
brief per il concorso del WSD 2013,
ottenendo l’appalto per il progetto
del teatro temporaneo del festival.
La giuria, però, ha scelto un’altra
proposta, quella degli americani Tim
Lai e Brad Steinmetz. Il loro Willow
Theatre presentava un’impalcatura
industriale come struttura portante
e lunghe strisce di quel tessuto bian-
co tipico delle serre, come elementi
il vincitore del contest
SOS | 43
World
Stage
Design
2017
La prossima edizione si svolgerà a Taipei nel 2017, presso la
Theatre Technology Association and Taipei National Universi-
ty of the Arts, dove si prevede un alto numero di visitatori, tra
cui esperti del teatro e rappresentanti di più di 50 nazioni.
L’evento si svolgerà dal 1 al 9 luglio e avrà come tema la
“Trasformazione”. Inoltre, includerà anche lo Scenofest, una
serie di workshops, presentazioni, performance e dibattiti sui
temi del design e del teatro, in cui professionisti e apprendi-
sti potranno scambiarsi idee, discutere e collaborare.
Link di riferimento: wsd2013.com
decorativi dei muri, un pò a ricorda-
re, appunto un salice piangente (in
inglese “willow”). Secondo i proget-
tisti, “le sue caratteristiche di legge-
rezza e semitrasparenza rendevano il
tessuto ideale per creare un ambiente
unico in una struttura temporanea”.
L’interno, compreso il pavimento e
le sedute in legno, erano ugualmente
ottenuti da materiali di scarto o presi
in prestito da altri settori e sarebbero
stati riciclati o riutilizzati altrove alla
fine del festival. Ian Evans ha giustifi-
cato la scelta per il carattere innovati-
vo del progetto e per la sua adattabi-
lità alle diverse possibilità di utilizzo.
Nonostante la sconfitta, lo studio An-
drew Todd e il loro Paper Theatre
rappresentano un esempio di come,
attraverso un’idea semplicissima, la
creatività e l’attenzione all’ambiente
possano cambiare totalmente la per-
cezione che abbiamo delle cose, in
particolare di ciò che ritenevamo or-
mai inutile, e dei suoi possibili impie-
ghi, oltre a dimostrare, una volta di
più, che l’eco-sostenibilità conviene
anche dal punto di vista economico.
Rossella De Vico
Nonostante il suo carattere innovativo, il pro-
getto degli architetti parigini non ha convinto i
giudici del contest per il WSD2013. Nella foto, il
progetto vincitore, il Willow Theatre.
(foto: wsd2013.com)
44 | SOS
SOS | 45
Il designer Daan Roosegaarde fotografato sulla “Van Gogh Path” in occasione della sua inaugurazione.
(foto: studioroosegaarde.net)
DAAN ROOSEGAARDE
UN MONDO INTERATTIVO E SOSTENIBILE
design d’autore
Tecnologia e sostenibilità, declinati sempre in soluzioni suggestive
e fuori dal comune, sono i tratti distintivi del lavoro del designer
olandese. L’ultimo progetto che sta sviluppando, prevede che un
anello libererà il cielo di Pechino dallo smog entro il 2017.
46 | SOS
P
oesia, sostenibilità, tecnologia
e genio. Il lavoro di Daan Ro-
osegaarde potrebbe essere sin-
tetizzato in queste quattro parole. I
suoi progetti, infatti, hanno sempre
un carattere incantato e avveniristi-
co allo stesso tempo, oltre a presenta-
re delle soluzioni estremamente ori-
ginali, quasi come se egli guardasse
costantemente il mondo con occhi
nuovi, senza porre limiti o scartare
nessuna delle possibilità che esso of-
fre. Una “filosofia” che lo ha portato,
soprattutto all’inizio della sua carrie-
ra a sentirsi dire molti “Sì, ma…” di
fronte alle sue idee, percepite un po’
troppo “sui generis”. Così, nel 2007,
insieme con il suo studio, Roosegaar-
de realizzò, in maniera provocatoria,
la ‘Yes, but’ Chair, una sedia interatti-
va che dà una breve ma intensa scos-
sa a chi, stando seduto, pronuncia
queste due parole appunto, obiettan-
do la fattibilità di un nuovo progetto.
Il messaggio era ed è semplice: “Cre-
ate! Concretizzate quello che avete
immaginato!”. E Roosegaarde è, in-
nanzitutto un “maker”, un artigiano.
La diffidenza e le critiche iniziali, in-
fatti, lo ha portato a non attendere
che gli altri dimostrino interesse per
le sue idee, “autorizzandolo” a svi-
lupparle. Egli commissiona il lavoro
per se stesso, realizzandone un proto-
tipo funzionante, per mostrare da su-
bito ai dubbiosi la fattibilità dei suoi
progetti, e, una volta stabilito il target
di riferimento attende che le parti in-
teressate si mettano in contatto.
D’altronde il suo obiettivo, come
lui stesso ha affermato, è quello di
“prototipare un mondo nuovo”, di-
segnando l’aspetto che assumeranno
nel futuro le nostre infrastrutture e
il paesaggio urbano, e come interagi-
remo con essi. Assicurandosi anche,
passo dopo passo, che il risultato sia
stupendo. Come la pista ciclabile rea-
lizzata per la città di Neunen, in Olan-
da. “Il sindaco mi chiese di riattivare
uno spazio abitato in cui non c’era
nulla da vedere e per questo poso”
ha spiegato, “così ho deciso di realiz-
zare qualcosa che potesse diventare
un’attrazione”. Inoltrandosi nel par-
co, infatti, sembra di entrare in una
foresta incantata: un sentiero di luci,
lungo 700 km, indica la strada illumi-
nandosi tramite una polvere fotolu-
minescente che si carica con la luce
solare durante il giorno liberandola
anche per 10 ore durante la notte. La
sostanza è stata utilizzata per colorare
le pietre del percorso e l’effetto che
si ha è quello di pedalare sopra una
scia di stelle. E non a caso, dato che
Roosegaarde si è ispirato volutamen-
te all’opera di Van Gogh “La notte
stellata”: il percorso ciclabile, inau-
gurato lo scorso 13 novembre, è sta-
to progettato proprio come un omag-
gio all’artista in occasione del “Van
Gogh 2015 International Theme
Year” dedicato ai 125 anni dalla sua
scomparsa, il cui anniversario ricor-
rerà il 29 luglio prossimo. Il proget-
to collega due mulini e aggiunge un
nuovo tratto alla pista ciclabile lunga
335 chilometri che si snoda nella re-
gione del Brabante del nord, unendo
la casa di famiglia in cui nacque Van
Gogh al paese di Nuenen, appunto,
dove trascorse buona parte della sua
vita e dove, nel 1885, dipinse il suo
primo capolavoro, “I Mangiatoriw
di Patate”. Continua il designer: “Mi
interessava generare un paesaggio del
futuro seguendo però un principio di
base: riportare alla vita il patrimonio
culturale del luogo. Oggi quel parco
è molto noto e frequentato: è come
attraversare in bicicletta un dipinto
dell’artista olandese”.
La pista ciclabile che si auto-illumina,
riprende un altro progetto di Roose-
gaarde, sviluppato poco tempo prima
sempre in Olanda.
La pista ciclabile stellata
ispirata a Van Gogh
SOS | 47
In alto: “Van Gogh Path”, la pista ciclabile
che brilla di luce propria grazie a una vernice
fotosensibile che assorbe la luce solare durante
il giorno liberandola al buio.
(foto: studioroosegaarde.net)
A destra: “La notte stellata”, un olio su tela
realizzato da Vincent Van Gogh nel 1889
e conservato al MoMA di New York. Daan
Roosegaarde ha deciso di ispirarsi a questa
opera per il progetto della pista ciclabile di
Nuenen, intitolata appunto “Van Gogh Path”.
(foto: wikipedia.org)
48 | SOS
Si tratta delle Smart Highways, le
strade intelligenti, in cui si coniugano
le ultime tecnologie con i concetti di
sostenibilità, sicurezza e percezione.
Molto è stato scritto ed ipotizzato, sin
dagli anni 80, circa questo tipo di in-
frastrutture, ma fino ad ora il focus
di ingegneri e designer è sempre sta-
to su quali funzioni o caratteristiche
avessero dovuto avere le auto. Daan
Roosegaarde, insieme al suo studio e
con la cooperazione dell’azienda co-
struttrice Heijmans, ha deciso di af-
frontare la questione da un punto di
vista più ampio, lavorando sull’am-
biente, in particolare il manto strada-
le. “Nel 2007 ero interessato alle in-
stallazioni in spazi pubblici, ora sono
più orientato all’aumento di scala:
autostrade, parchi, città…” affer-
ma. Alcune delle idee, al momento
restano ancora dei prototipi, come la
“dynamic paint”, le “dynamic lines”
e le corsie preferenziali elettriche (ri-
spettivamente, un sistema di simbo-
li che compaiono sul manto stradale
per comunicare le condizioni dell’a-
sfalto, anche in relazione alla tempe-
ratura e al meteo, la segnaletica oriz-
zontale dinamica, che adatta le linee
della carreggiata in base al traffico e
infine delle corsie dove le auto elet-
Le strade interattive
del futuro
In alto: Roosegaarde e il direttore di Heijmans,
l’azienda costruttrice con la cui collaborazione
sono state realizzare le Smart Highways.
In basso: i delimitatori di carreggiata delle
Smart Highways. Attraverso una vernice
fotoluminescente, si caricano di luce durante il
giorno e illuminano la strada durante la notte.
(foto: studioroosegaarde.net)
triche potranno ricaricarsi semplice-
mente viaggiandoci sopra). Sono, in-
vece, installati e funzionanti sul tratto
N329, nella città di Oss, gli indicatori
di carreggiata che, come per la pista
ciclabile, tramite una vernice foto-
sensibile, brillano di luce propria di
notte, liberando quella assorbita nel
corso del giorno. Ma il progetto non
rappresenta solamente una soluzione
sostenibile ed economicamente van-
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  • 1. DAAN ROOSEGAARDE Il designer che sogna un mondo interattivo e sostenibile. Con il suo ultimo progetto un anello libererà il cielo di Pechino dallo smog entro il 2017. CULTURE PER L’AMBIENTE numero 0 | luglio 2015 | € 10,00 Poster da eroi Alcune delle migliori campagne sociali per l’ambiente. Perchè anche l’advertising può salvare il mondo. competizione ecologica Un contest per rivalorizzare le strutture abbandonate nell’area di Zeeburg, periferia di Amsterdam. avete capito male I più diffusi luoghi comuni sulla sostenibilità e quanto c’è di vero (se c’è) in ognuno. POSTEITALIANESPA-SPED.A.P.-D.L.353/03ART.1,CM.1,DCNMIUK7,30£·B20,00€·F14,00€·D22,00€·CH32,00CHF·CH21,00F·USA11,14$
  • 2.
  • 3. SOS | 3 Richard Buchanan, nel suo saggio “Wicked Problems in Design Thinking” del 2005, scriveva: “Non c’è ambito, nella vita contemporanea, in cui il design non rappresenti una parte significativa per modellare l’esperienza umana”. A pensarci bene è effettivamente così. Infatti, contrariamente a quanto cre- dono in molti, soprattutto i non addetti ai lavori, il design non è solo una questione di forme gradevoli o particolarmente stravaganti. È innanzitutto il risultato di scelte funzionali, non esclusivamente legate al fattore estetico. È design, ad esempio, quando il progettista modifica il profilo di una sedia per renderla più ergonomica, o quando un graphic designer sceglie il corpo e il carattere di un testo in funzione della sua leggibilità, così come è design ogni volta che prendiamo delle decisioni in funzione di fattori esterni. Ogni scelta che compiamo, in questo senso, ci rende dei designer e attraverso di essa contribuiamo a progettare il nostro mondo, certo, alcuni in maniera più pro- fessionale e consapevole di altri. Ed è proprio di design che la nostra rivista vuole parlare, insieme al tema della sostenibilità. Oggi, infatti, sarebbe impensabile considerare il design un semplice strumento di abbellimento degli artefatti, una specie di bollino da applicare, scollegato dall’ambiente e dai sui temi, come il cambiamento clima- tico e lo sviluppo sostenibile. Questi problemi, sempre più, ci impongono di rivedere la società che abbiamo creato, le nostre abitudini, gli stili di vita. Il design può e deve rappresentare il punto di partenza di questo cambiamento oltre a facilitare l’assunzione di nuovi sistemi di valori. Tuttavia esso non può prescindere dall’impegno e dal- le scelte delle persone, quindi oltre al lavoro del designer, il cui ruolo è appun- to quello di proporre soluzioni e visioni del mondo alternative, è necessario che i cittadini stessi collaborino alla progettazione di una società sostenibile. Una co-progettazione, quindi, che sia capace di adattarsi e migliorare in con- tinuazione in relazione al nostro mondo. Le soluzioni poi, per citare ancora Buchanan, non si ritrovano nella semplice implementazione dell’hardware ma devono interessare i processi di progetta- zione dei diversi settori, oltre alle relazioni che intercorrono tra cultura, so- cietà ed ambiente. Dall’architettura alla comunicazione, ogni aspetto legato all’organizzazione del nostro mondo può contribuire a trasformarlo. A partire da questo primo numero a seguire vi parleremo di creatività, innovazione, riqualificazione, stili di vita, strategie, tutto sotto il massimo comun denominatore dello sviluppo sostenibile. Un racconto che lega bellezza e responsabilità ambientale. Se i grandi cambiamenti nel mondo sono stati, nella maggior parte dei casi, frutto delle scelte dell’uomo, a partire dal design, l’obiettivo è fare in modo che le persone diventino sempre più dei co-designer che, compiendo scelte migliori, progettino un mondo (ed un futuro) più sostenibile. siamo tutti designer Rossella De Vico
  • 4. Progetto grafico di: Anna Cont Rossella De Vico Manuel Impellizzeri Politecnico di Milano a.a. 2014-2015 Facoltà di Design Corso in Design della Comunicazione Laboratorio di sistemi e artefatti complessi Docenti Mauro Panzeri Pier Antonio Zanini Cultore della materia Marco Moro Foto di copertina di: Studio Roosegaarde Caratteri tipografici Simoncini Garamond Std Helvetica Neue LT Std Helvetica Neue Stampato da: Grafiche Mainard, Milano Finito di stampare Giugno 2015 Contatti annacont27@gmail.com rosselladevico@gmail.com sabtagot@gmail.com Questo elaborato è stato realizzato a esclusivo scopo didattico. 11 22 43 70 59 CULTURE PER L’AMBIENTE
  • 5. 29 AVETE CAPITO MALE Quali sono i più diffusi luoghi comuni sulla sostenibilità e cosa c’è (se c’è) di vero in ognuno. GLI EDIFICI ROTANTI CHE SEGUONO IL SOLE Tra decine di grattacieli futuristici a Dubai, ecco un progetto Made in Italy in fase di realizzazione. 35 UN PARADISO ECOSOSTENIBILE, L’ENERGIA È GREEN AL 100% La Costa Rica all’insegna delle rinnovabili. Carbon free è possibile! 11 POSTERS DA EROI Il potere di una buona campagna pubblicitaria nella comunicazione dei temi sociali. 5108 LA FIBRA D’ARANCIo COME ISOLANTE ACUSTICO Migliora l’isolamento acustico degli edifici del 150% ed è più resistente del cartongesso. DAL GUSCIO DEI GAMBERI LA PELLICOLA BIO PER ALIMENTI Un modo alternativo per ottenere una pellicola per alimenti completamente biodegradabile. 3804 IL TEATRO DI CARTONE Un progetto con alti requisiti e bassi budget? La soluzione sono i materiali riciclati ed eco-sostenibili. 17 EOLICO SENZA TURBINE LA NUOVA FRONTIERA COMINCIA DA QUI I nuovi aerogeneratori dalle forme e caratteristiche nuove. 52 ILLUMINARE L’AFRICA Un progetto di speranza per liberare dalle lampade al cherosene le abitazioni in Africa. 26 LA FOGLIA DI SETA CHE PRODUCE OSSIGENO La conquista dello spazio da parte dell’uomo potrebbe non essere più un’utopia tra qualche anno. 59 LA COMPETIZIONE ECOLOGICA Un contest per rivalorizzare le strutture abbondonate nel distretto di Zeeburg, Amsterdam. 68 BUONO A SAPERSI! Una rubrica su tutto ciò che non sappiamo e invece dovremmo sapere. PROFITTI E SOSTENIBILITÀ, ISTRUZIONI PER L’USO Come le aziende possono mantenere alti profitti con standard ecologici ottimali. 4307 DAAN ROOSEGAARDE UN MONDO INTERATTIVO E SOSTENIBILE Tecnologia e sostenibilità, declinati sempre in soluzioni suggestive e fuori dal comune 22 DALLA CELLULOSA ALL’OGGETTO Un materiale innovativo: una bioplastica totalmente atossica e formabile. 56 ECCO LO PNEUMATICO CHE GENERERÀ ENERGIA ELETTRICA In grado di trasformare il movimento della gomma in energia elettrica grazie ai materiali che lo compongono. 27 I PANNELLI SOLARI DEL FUTURO SARANNO SOTTILISSIMI E DI DESIGN Tra un paio di decenni probabilmente il sole sarà la fonte di energia di maggior diffusione e impostanza. 65 TIPS E STRATEGIE PER LA SOSTENIBILITA’ IN UFFICIO Sei utili consigli che puoi mettere in pratica dalla tua scrivania. 70 CONTENITORI ECOLOGICI Ecco 12 modi per trasportare ecologicamente ogni cosa. 80 DAL CAFFè AL FUNGO Il fondo di caffè non è più un rifiuto ma un nuovo punto di partenza per creare nuovi prodotti. SOmmario
  • 6. 6 | SOS S e oggi rinascesse, Leonardo pro- babilmente andrebbe a vivere a Dubai. È nella metropoli del Golfo Persico che si concentrano i progetti più incredibili del prossimo futuro. A cavallo tra ingegneria, ar- chitettura e ecologia. Dall'arcipelago di isole a forma di mondo all'hotel sottomarino ai grattacieli in continua evoluzione, costruiti su terra strappa- ta al deserto. Il tutto reso più facile dalle tasche profonde dei signori del petrolio e dal costo infimo della ma- nodopera indiana, bengalese e afri- cana. L'ideale per attizzare le braci di un genio visionario. E proprio al "Genio" per eccellenza si è ispira- to il gruppo di architetti italiani che ha progettato la prossima meraviglia dello skyline della città. Si chiamerà "Torre Da Vinci ", ma è stata ribattezzata anche come "torre rotante" o "architettura dinamica ". Sarà presentata ufficialmente al pub- blico a New York, ma i disegni e le animazioni del progetto disponibili sembrano usciti da un film di fan- tascienza, di quelli con le macchine volanti e il teletrasporto. Di che si tratta? Un grattacielo di 68 piani, alto 313 metri che cambia forma e si muo- ve come le spire di un serpente. Ogni piano può ruotare singolarmente di 360° intorno a un asse centrale. Fare colazione con l'alba e guardare il tra- monto dalla stessa finestra. Come sostenere questo movimento? Tra un piano e l'altro, 8 turbine eoli- che che provvedono a dare l' energia necessaria ai 200 appartamenti pre- gli EDIFICI ROTANTI CHE SEGUONO IL SOLE Negli ultimi decenni sono state realizzate a Dubai decine di edifici spettacolari ed innovativi. Tra i progetti più particolari che non sono stati ancora realizzati c’è la “Da Vinci Tower” opera dell’architetto David Fisher, italiano di origini israeliane. FUTURO MADE IN ITALY In alto: Render della “Torre Da Vinci”. Progettata nel 2001, la torre prenderà vita a Dubai, luogo ideale per la realizzazione di opere futuristiche, grazie alla disponibilità economica del Paese e del basso costo della manodopera locale. (foto: archilovers.com)
  • 7. SOS | 7 visti nell'edificio. E altre 40 che pro- ducono abbastanza elettricità per il- luminare altri cinque palazzi di simili dimensioni. Assieme ai pannelli sola- ri posizionati sul tetto dell’edificio. Il totale dell’energia prodotta, secondo i progettisti, sarà pari ad un valore di circa sette milioni di dollari ogni anno. Un grattacielo autosufficiente dal punto di vista energetico, costru- ito grazie al petrolio. Può bastare? No, anche il processo di costruzio- ne, secondo i piani, sarà innovativo: "Sarà il primo grattacielo al mondo pre-fabbricato", dicono gli architetti. Il 90% dell'edificio sarà costruito in fabbrica come un modulo indipen- dente e poi attaccato alla struttura centrale. Meno lavoratori necessari sui cantieri, tempi (e infortuni) ri- dotti. Il costo dell'intero progetto è stimato sui 350 milioni di dollari. La durata dei lavori, che dovrebbero ini- ziare entro un mese, sarà di appena 22 mesi. Lo sviluppo immobiliare del progetto, secondo il Wall Street Journal è affidato alla Kriston Co., con base ad Atene e alla Circle Co., di proprietà dello sceicco Mejren bin Sultan. Una torre “gemella” dovreb- be sorgere in futuro anche a Mosca, in Russia, sotto il marchio della Mi- rax, una delle più importanti società immobiliari russe. Ma chi sono gli autori della torre Da Vinci? Torniamo al celebrato genio fiorentino, anche se d'importazione: la squadra (Dynamic Architecture) ha infatti sede nella culla del Rinasci- mento. L'architetto a capo del pro- getto si chiama David Fisher, 58 anni, nato a Tel Aviv e cittadino italiano, laureato a Firenze nel 1976. Questo è il suo primo grattacielo. Tra i suoi lavori passati, il "Bagno in- telligente di Leonardo": una stanza prefabbricata e altamente tecnolo- gica per hotel e residence. Una vera fissa quella dell’architetto, ex conso- le italiano in Israele, per l’artista del Rinascimento: “È stato il più grande made in Italy della storia”, dice, rag- giunto al telefono a New York. Ma perché proprio a Dubai? “È la città del futuro” risponde Fisher “un pro- getto così poteva nascere solo lì”. E in Italia? “Le condizioni sono più difficili” dice Fisher, anche se poi confessa di essere in contatto “con al Dall’alto: Illustrazione della Torre. Il sistema che muove ogni piano è costituito da 8 turbine eoliche, che oltre ad alimentare i fabbisogni energetici degli appartamenti presenti, permette di generare, insieme ai pannelli fotovoltaici integrati sul tetto di ogni piano, oltre 190 milioni di kilowatt all’anno. Pianta di alcuni dei 200 appartamenti che verranno a costituire la Torre Da Vinci. (foto: archilovers.com) GLI AUTORI DEL PROGETTO
  • 8. 8 | SOS cuni leader italiani…” qualcosa in vi- sta per l’Expo 2015? “Mi spiace, non posso dirle niente”. Nel team che ha creato la torre rotante hanno lavorato con lui un gruppo di 15 persone, in maggioranza italiani. La parte ingegneristica è affidata a Leslie Robertson, progettista della struttura delle Twin Towers, distrut- te l’11 settembre. A Dubai è già in costruzione una “torre rotante”, ali- mentata da pannelli solari, ma Fisher non vuol sentire paragoni: “Lì è un ci- lindro che compie un giro su sé stesso nel lasso di tempo di una settimana” mentre “la nostra torre cambia forma e si autoalimenta, e gira più veloce”. Sebbene più veloce, “gli spostamenti – spiega Fisher – avranno una veloci- tà molto lenta, così da non risultare fastidiosi per gli inquilini della torre, che non percepiranno il movimento... ogni singola rotazione sarà di circa 90 minuti”. L’architetto fiorentino ha dunque inaugurato un nuovo modo di concepire l’architettura che cele- bra il trionfo della dinamicità. All’interno della torre girevole trove- ranno spazio un albergo a sei stelle, uffici e appartamenti di varie metra- ture e, negli ultimi piani, cinque vil- le da 1.500 mq cadauna. Ogni villa avrà a disposizione un posto auto al proprio piano servito da uno speciale ascensore. La villa “Penthouse” avrà sul tetto una piscina, un giardino e un mejles. Per consentire di raggiungere più velocemente la residenza, la Rota- ting Tower sarà dotata di un eliporto a scomparsa: “una piattaforma che, al livello del sessantaquattresimo piano, uscirà dal ‘guscio’ dell’edificio al mo- mento dell’atterraggio dell’elicottero, mantenendo così la totale dinamicità architettonica della Torre”. “L’idea alla base del progetto” dice Fisher “è il tempo: vorrei che la torre dise- gnasse la forma della vita così come la modella il tempo. Questa torre non sarà come l’ho disegnata io ma come la disegnerà ogni giorno chi ci vive”. Più prosaico Robertson: “La strut- tura in realtà è abbastanza basica” ha detto intervistato dal Wall Street Journal , “sono come ciambelle che girano intorno a un silos centrale”. Ciambelle che costeranno cifre da ca- pogiro, si parla già di 500 mila dollari per un monolocale, ma la vendita non è ancora cominciata. Rossella De Vico, Manuel Impellizzeri 80 PIANI 420 METRI DI ALTEZZA 200 APPARTAMENTI 5 VILLE 1 ALBERGO A 6 STELLE 8 turbine eoliche LA TORRE PREVEDE:
  • 9. SOS | 9 A i più il termine “chitosano” non dice assolutamente nul- la, potrebbe essere tranquil- lamente scambiato per il nome di un vino o di qualche additivo per i pasticcieri. Si tratta invece di uno degli elementi studiati per tentare di trovare una strada alternativa alla plastica nel packaging degli alimenti, di origine completamente naturale, biodegradabile e dall’efficacia che potrebbe addirittura superare quella delle comuni pellicole da cucina. Dal chitosano, elemento naturalmente prodotto nel guscio di gamberi, gam- beroni ed altri crostacei, guidati da Itsaso Leceta, sono arrivati a conce- pire una nuova tipologia di film che abbia come base il particolare mate- riale di scarto. Nel corso dello studio, pubblicato sul numero di febbraio di Postharvest Biology and Technology, sono state prese ad esempio le carote, la cui conservazione è stata messa a confronto tra un packaging in plasti- ca tradizionale ed uno a base di chito- sano. Dai risultati ottenuti si è evinto come il film a base di chitosano ab- bia contribuito meglio della plastica a conservare alcune proprietà delle carote, ottenendone di conseguenza una possibilità di conservazione più lunga nel tempo. Il motivo della mag- giore efficacia, come spiega lo stesso Itsaso Leceta, è da ricercare nelle proprietà antimicrobiche contenute naturalmente nel chitosano, che ridu- cendo la carica microbica permetto- no agli alimenti protetti dal materiale di mantenerne più a lungo e più ef- ficacemente le proprietà. Questo fa sì che il chitosano si riveli un alleato per l’industria del cibo, si potrebbe- ro proporre al consumatore cibi più freschi e sicuri permettendo inoltre al venditore di mantenerli più a lun- go sul banco della vendita, ma non è ancora tempo per parlare di una eventua- le commercializzazione della pellicola ottenuta. Itsao Leceta ci tiene a sottolineare come per il futuro dell’industria alimentare sarà difficile pensare di poter impegnare un solo e unico e materiale; piuttosto è convinto che la strada futura vivrà di sinergia tra diversi polimeri da studiare e far collaborare. Il chito- sano stesso, al momento, per quanto in laboratorio abbia dato risultati più che soddisfacenti, non è ancora abba- stanza conosciuto da poterne pensa- re un approdo sul mercato in tempi stretti; prima di arrivarci sarà infatti necessario condurre altre ricerche a più livelli, e prima di completare tutti gli studi necessari per un’even- tuale commercializzazione dovranno passare molti vetrini, test sul campo e calcoli economici. Esso, però, resta comunque una buo- na strada di partenza per liberare lo scambio di cibo dal mare di plastica non sempre smaltita a dovere dal consumatore. Ad oggi, quando i ma- teriali plastici finiscono nell’ambien- te, la strada sicura che vanno a per- correre finisce per intaccare anche la catena alimentare umana, che rischia di veder aggiunti a trote e salmoni anche frammenti di plastica che non possono essere definiti salutari. Manuel Impellizzeri Dal guscio dei gamberi la pellicola bio per alimenti Un gruppo di ricercatori dell’Università dei Paesi Baschi propone un modo alternativo per ottenere una pellicola per alimenti completamente biodegradabile. biomateriali Il chitosano è naturalmente presente nel guscio di gamberi, gamberoni e altri crostacei. Come spiega il responsabile della ricerca Itsaso Leceta: “Questo non significa che non inquini. In termini d’impatto ambientale, però, è migliore delle normali pellicole in plastica: la sua produzione dev’essere tuttavia ancora ottimizzata. Una volta migliorato il processo, l’impatto ambientale si ridurrà ulteriormente”.
  • 10. 10 | SOS I l vecchio modello di marketing, centrato prevalentemente sulla percezione del brand e sull’ap- parenza, è entrato in crisi negli ulti- mi anni a causa di una sempre mag- giore resistenza e scetticismo da parte dei consumatori, divenuti ormai più disincantati e refrattari alle proposte commerciali delle aziende. Inoltre, si è andata a creare nella popolazio- ne una più alta sensibilità ed atten- zione verso le tematiche ambienta- li, insieme alla consapevolezza del ruolo fondamentale che essa gioca nella definizione di un’economia di mercato sostenibile e dell’importan- za delle singole scelte d’acquisto. Le aziende hanno dovuto, quindi, ade- guare le loro strategie di marketing ai nuovi interessi dei consumatori. Ma ecologia e marketing sembrano due concetti troppo distanti (quasi uno l’opposto dell’altro), per poter esse- re coniugati insieme: l’ecologia mira alla riduzione e all’ottimizzazione dei consumi mentre il marketing punta principalmente a incentivare l’acqui- sto dei prodotti in vendita. Nono- stante ciò, le industrie sono riusci- te ugualmente, certo a diversi livelli, a conformare la propria offerta alle aspettative dei loro stakeholder. Conformando, ovviamente, anche il tipo di comunicazione di questa of- ferta. È diventata prassi abituale, per- ciò, utilizzare marchi con il suffisso “eco”, oppure definire un prodot- to “eco-friendly” tout court, oppure ancora utilizzare il verde come colo- re dominante nei marchi. Il marke- ting, infatti, è rappresentato anche dalla pubblicità, che, tra l’altro, può essere vista come un possibile punto di contatto con il mondo dell’ecolo- gia: essa, infatti, oltre a contribuire alla mera vendita di prodotti e servi- zi, propone anche nuovi stili di vita ai consumatori. Che è quello che, gros- somodo, propongono anche gli am- bientalisti: l’assunzione di un lifestyle che rispetti maggiormente l’ambiente per limitare gli effetti dei cambiamen- ti climatici. Per questo motivo il gre- en marketing ha rappresentato negli ultimi anni la soluzione alla crisi del modello di vendita tradizionale. De- finibile come l’insieme delle “attivi- tà per generare e facilitare gli scambi con lo scopo di soddisfare i bisogni e i desideri umani con il minimo im- profitti e sostenibilità, istruzioni per l’uso Attraverso le strategie del green marketing, le aziende possono mantenere alti profitti soddisfacendo, allo stesso tempo, gli standard ecologici sempre più importanti per i consumatori. strategie cosa dicono i consumatori dei consumatori globali si dice disposto a pagare di più per prodotti e servizi forniti da aziende impegnate sotto il profilo socio-ambientale. dei consumatori è scettico circa la veridicità dei green claim. Propensione ad acquistare marche socialmente responsabili nel mondo. 55% 80% Fonte dati: Nielsen 2014, Global Survey on Corporate Social Responsibility 64% 63% 42% 40% 63%
  • 11. SOS | 11 patto ambientale” (Stanton & Futrell, 1987), da una parte tiene conto del- la crescente pressione dal basso eser- citata dai consumatori e allo stesso tempo non trascura il lato del profitto economico. Ma l’impegno del brand nell’adot- tare una serie di regole ecologiche auto-imposte deve essere oggettivo e verificabile per poter conquistare la fiducia dei clienti, e diventare un principio guida il più possibile ade- rente alla realtà dei fatti per tutte le azioni collegate al marchio, non solo una semplice proposta di vendita de- clinata in modalità ecologica. La comunicazione deve puntare a costruire la credibilità ambientale dell’azienda basandosi su trasparen- za, integrità ed accuratezza; se man- cano questi requisiti il brand rischia non solo danni economici ma anche e soprattutto di immagine legati al cosiddetto “greenwashing”, quando cioè si vantano ingiustificate virtù am- bientali per creare un’immagine posi- tiva delle proprie attività (o prodotti) e distogliere l’attenzione da proprie responsabilità nei confronti di impat- ti ambientali negativi. Infine, la campagna di comunicazio- ne, per essere realmente efficace sul medio-lungo termine e porti ad una valorizzazione del marchio, deve at- tenersi a cinque caratteristiche fonda- mentali: essere intuitiva, combinare il lato commerciale con quello tecno- logico, sociale ed ambientale, essere I 7 PECCATI DEL GREENWASHING OVVERO COME SMASCHERARE LE FALSE VIRTù DEI BRAND Nel 2010 Terrachoice, un’agenzia americana di marketing per la sostenibilità, ha stilato un rapporto sul fenomeno del greenwashing, elencando i “peccati” più comuni che le aziende commettono quando si vantano delle loro virtù ambientali. Oltre a descriverli, il rapporto ne misura la frequenza tra più di 5000 prodotti analizzati in 34 punti vendita in USA e Canada. Si commette suggerendo che un prodotto sia “green” sulla base di un limitato insieme di caratteristiche, ad esempio solo rispetto ai materiali, senza porre attenzione ad altri importanti dettagli, come il processo di produzione. OMESSA INFORMAZIONE 1 5 6 74 Ogni volta che si fanno affermazioni sulla natura green di un prodotto che non sono sostenute da dati, informazioni o evidenze facilmente verificabili o da una certificazione indipendente. mancanza di prove Si commette quando le affermazioni sono così generiche o imprecise che il loro reale significato non è comprensibile dal consumatore. vaghezza Quando le affermazioni possono essere veritiere, ma sono irrilevanto o non aiutano il consumatore nella selezione di prodotti ecologicamente preferibili. irrilevanza Quando attraverso parole, immagini o simboli un prodotto da la falsa impressione del patrocinio o della certificazione da parte di un soggetto indipendente, tipicamente attraverso falsi marchi. adorazione di false etichetteQuando, semplicemente, si fanno affermazioni false, anche se, fortunatamente oggi questo “peccato” sembra essere meno frequente. raccontar frottole Si commette quando le affermazioni possono essere vere all’interno di una specifica categoria di prodotti, ma tendono a distrarre il consumatore dal fatto che il consumo di quello specifico prodotto ha di per sé un grande impatto ambientale. il minore dei due mali 2 3 “Clean up your act, not your image!” Questo è lo slogan che compare sulla pagina creata dall’organizzazione no profit Greenpeace per smascherare i brand che vantano ingiustificate virtù ambientaliste. Link di riferimento: www. stopgreenwash.org COMUNICARE L’IMPEGNO DEL BRAND PER L’AMBIENTE
  • 12. 12 | SOS Lo spot IKEA del 2012 dal titolo “Your home+our planet = Our home” per la campagna People&Planet, spiega l’impegno del brand verso il rispetto dell’ambiente. (foto: youtube.com) innovativa, informativa e, soprattut- to, invitante, sottolineando l’aspetto positivo e l’appetibilità, non solo eco- nomica, delle scelte verdi, liberan- do, in questo modo, l’ambientalismo dall’aura di scomodità e rinuncia che ancora lo circonda. Un esempio di brand in cui l’impe- gno per la sostenibilità è sempre sta- to molto alto e rap presenta tuttora la linea guida per le sue strategie di marketing è l’azienda svedese IKEA; dalla produzione allo smaltimento, passando per le emissioni di CO2 e le fonti energetiche utilizzate, la società si propone di “avere un impatto posi- tivo sulle persone e sul pianeta”, come riportato sul sito ufficiale. Questo a partire dalle materie prime utilizza- te: più del 40% del legno impiegato è certificato dalla FSC, un’organizza- zione internazionale non governativa, indipendente e senza scopo di lucro che promuove in tutto il mondo la ge- stione di foreste secondo rigidi prin- cipi ambientali, sociali ed economici. Inoltre, IKEA è impegnata, attraver- so una partnership con Il WWF, nella lotta contro il disboscamento illegale, per l’aumento delle foreste gestite re- sponsabilmente, e per salvaguardare la biodiversità. Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, l’azienda ri- corre, oltre al riciclo dei materiali, an- che a forme di recupero dei prodotti difettati o danneggiati durante il tra- sporto o l’esposizione, che altrimenti andrebbero buttati, e ad un sistema di scambio tra i clienti della merce usata. Dal punto di vista ecologico, invece, con il progetto internaziona- le “IKEA goes renewable”, si impe- gna a raggiungere il 100% di energia acquistata e/o prodotta da fonti rin- novabili entro il 2020. Queste sono solo alcune delle caratteristiche green descritte sul sito del brand che dimo- strano come profitti e sviluppo soste- nibile possano coesistere nella strate- gia di marketing di una azienda e per di più possano rappresentare il punto di partenza per il suo successo. Anche il pay-off è paradigmatico e veicola perfettamente i valori di aper- tura mentale, familiarità ed essenziali- tà della brand identity: “Basta poco”. Rossella De Vico
  • 13. SOS | 13 POSTERS DA EROI comunicazione visiva Il potere di una buona campagna pubblicitaria nella comunicazione dei temi sociali. Anche l’advertising può contribuire a salvare il pianeta attraverso immagini forti o sottile ironia. Lo storytelling o più semplicemente la narrazione di storie, nonostante l’attenzione che ha suscitato negli ul- timi tempi, è una tecnica adottata in comunicazione già prima della nasci- ta della scrittura. Si basa sull’applica- zione, nella comunicazione aziendale, dei principi tipici del “racconto” e sull’adozione delle tecniche relazio- nali per coinvolgere il pubblico. Nella “preistoria dell’uomo”, chi era consi- derato abile come narratore, solita- mente una persona molto influente come il Sacerdote, il Giudice o il So- vrano, acquisiva potere e rispetto da parte dei membri del clan. Le prime narrazioni sono servite a giustificare, attraverso storie mitiche o epiche, l’unione di persone o di clan diversi. I racconti sono una parte integrante della nostra cultura. Film, libri, mu- sica, religioni, nuovi media e pubbli- cità, sono solo alcuni degli ambiti nei quali la narrazione svolge un ruolo primario. La mente umana è abituata dalla nascita all’ascolto e all’appren- dimento di storie: attraverso le fiabe, i bambini imparano determinati costu- mi e apprendono i valori integranti della cultura di appartenenza. Una storia ben raccontata porta lo spetta- tore all’immedesimazione totale e fa crollare le sue difese emotive. Ma la narrazione, prima ancora che essere verbale, è avvenuta tramite le immagini, sulle pareti delle caverne, durante la Preistoria, quando gli uo- mini non disponevano ancora di un alfabeto e comunicavano attraverso i versi. Lo storytelling visivo, d’altron- de, era ed è tuttora il tipo di narra- zione più immediata ed universale. A volte un’immagine “parla” molto più di un testo, poiché l’osservatore entra direttamente nel mondo che essa crea, senza doverlo prima immaginare. Ciò è in grado di suscitare emozioni così intense da avere effetti considerevoli sulle opinioni e sui comportamenti. È questo il motivo per cui molti brand sviluppano le loro pubblicità sul racconto di storie. A volte anche brevissime, come quelle che si posso- no “leggere” sui manifesti. Di seguito, abbiamo voluto creare una gallery con alcune delle migliori campagne pubblicitarie degli ultimi anni riguardanti le tematiche am- bientali e la sostenibilità. In questo caso, i caratteri di forza ed immedia- tezza dell’immagine devono muovere l’osservatore non a comprare qual- cosa (semmai a non comprarlo), ma innanzitutto ad assumere un diverso stile di vita e a prendere coscienza della situazione attuale. Da Diesel al WWF, ogni brand assu- me un diverso tone of voice: alcuni puntano a sensibilizzare l’osservatore emotivamente con immagini ad effet- to, altri utilizzano un tono più ironi- co, che fa sorridere ma anche riflet- tere e soprattutto prendere coscienza di quale è l’atteggiamento attuale verso quel determinato problema e quale in realtà dovrebbe essere. Il messaggio di fondo però è lo stesso per tutti: lo sviluppo sostenibile e il rispetto dell’ambiente sono di mas- sima importanza oggi e ognuno può contribuire con le proprie azioni e le proprie scelte a salvare il pianeta! Rossella De Vico, Manuel Impellizzeri
  • 14. 14 | SOS FERDI RIZKIYANTO Ferdi Rizkiyanto, anche conosciuto come Pepey, è un Graphic Designer Indonesiano nato a Jakarta. Molti lo ricorderanno per una delle sue più celebri foto-mani- polazioni che mette in luce i rischi del surriscaldamento globale. I lavori realizzati da Ferdi sono mozzafiato e con un’eccezionale cura per il dettaglio, risultando un pugno dritto allo stomaco ad ogni loro osservatore. I suoi inizi nel mondo del design risalgono al periodo del college, quando suo fratello maggiore lo avvicinò ad Ado- be Illustrator e Adobe Photoshop. Da lì sviluppò una pas- sione per software per il 3D come Pose e Bryce. Ferdi, consapevole della forza evocativa che può avere l’a- dvertising e la grafica, servendosi delle sue straordinarie capacità nel fotoritocco, ha l’ambizioso obiettivo di sensi- bilizzare la popolazione mondiale a fermare ogni ulterio- re danno provocato al nostro bellissimo pianeta, conscio della situazione non facile in cui esso si trova. Di seguito sono riportati alcuni dei suoi manifesti. Nella pagina precedente: Campagna “Lungs” del WWF ad opera dell’agenzia TBWA di Parigi, Aprile 2008.
  • 15. SOS | 15 DIESEL Nell’immaginario collettivo il pubblicitario è un calcola- tore attento al ritorno economico delle sue campagne e la comunicazione un potente strumento nelle sue mani. Di certo la comunicazione pubblicitaria non ha intenzio- ne di diventare una paladina ecologista ma molte agenzie di comunicazione ultimamente sono più sensibili ai temi dell’ecologia e della salvaguardia del pianeta. In parte lo fanno per un ritorno di immagine, senza dimenticare che l’impatto che una campagna ha sul consumatore è mol- to più efficace di un meeting di sensibilizzazione ad hoc. Tanto più se la campagna in questione parla di un’azienda che non ha bisogno di tante parole per farsi ascoltare. “GLOBAL WARMING READY” è la campagna Diesel che nel 2007 ha affrontato il problema del riscaldamento globale. Chi veste Diesel è pronto per qualsiasi evenienza ma con tono ironico è riuscita senza dubbio a puntare i riflettori su un tema importante in modo originale ed ac- cattivante.
  • 16. 16 | SOS WWF Come troviamo scritto all’interno del proprio sito ufficia- le: “La Missione del WWF è costruire un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura… Opera per avviare processi di cambiamento che conducano a un vivere sostenibile. Agisce con metodi innovativi capaci di aggregare le migliori risorse culturali, sociali, economi- che.” Ed è proprio per raggiungere gli obiettivi prefissa- ti che il WWF negli anni attraverso grandi campagne ha sensibilizzato e informato il grande pubblico sulla necessi- tà di tutelare il patrimonio naturale e le risorse del nostro Pianeta. Sempre di forte impatto, le immagini riescono a comunicare integralmente il messaggio accompagnandosi ad un payoff che raramente supera le tre parole. Eccone alcune selezionate tra le migliori.
  • 18. 18 | SOS PLANT FOR THE PLANET La sede tedesca dell’agenzia Leagas Delaney ha deciso di usare pochi elementi e una strategia ecologica per creare i manifesti della campagna “Plant for the Planet” del 2007. Su uno sfondo neutro, che potrebbe essere un semplice foglio di carta, è posta una foglia con diversi tagli all’inter- no. Il pay-off recita: “Every leaf traps CO2” (“ogni foglia cattura CO2”). I tagli, formano di volta in volta immagini diverse: un aeroplano, delle fabbriche, automobili, tutti oggetti che rappresentano quasi dei simboli dell’inquina- mento. “Intagliati” all’interno della foglia, sembrano ap- punto esser stati rinchiusi al suo interno e il messaggio che si trasmette visivamente rispecchia quello scritto sul ma- nifesto: ogni foglia è in grado di assorbire le polveri sottili prodotte da questi oggetti. Semplicità ed immediatezza per comunicare l’importanza delle piante e di quanto esse possano essere fondamentali per la salute dell’uomo e per controllare i livelli di inquinamento.
  • 19. SOS | 19 Eolico senza turbine la nuova frontiera comincia da qui N egli ultimi anni si è assistito ad una crescita esponenziale della potenza eolica installata e della produzione di energia elettri- ca dal vento. Nel 2014, nel mondo c’è stato un incremento del 44% circa delle installazioni di impianti rispet- to al 2013, raggiungendo una potenza totale di 369,6 GW. Questi numeri sono presto giustifica- ti dai molteplici e noti punti di forza degli impianti eolici: il primo e prin- cipale è che il vento che ci permet- te di generare energia è economico, inesauribile, ampiamente distribuito ed è una fonte rinnovabile che non produce alcuna emissione inquinan- te. Inoltre, rispetto a quella solare e a quella geotermica, l’energia eolica presenta il vantaggio di essere dispo- nibile sotto forma meccanica e quindi facilmente trasformabile in elettricità. I generatori non producono sostanze radioattive o chimiche inquinanti e possono essere costruiti anche in un solo anno; il loro funzionamento non richiede alcun tipo di combustibile o carburante. Inoltre, l’energia pro- dotta da un aerogeneratore durante il corso della sua vita media, e di conseg novità rinnovabili Gansu Wind Farm, il più grande parco eolico al mondo. Situato nella provincia di Gansu, in Cina, ha una capacità di 7,965 MW, ma il governo cinese punta a raggiungere i 20000 MW entro il 2020, attraverso ulteriori installazioni di impianti. (foto: chinaenergyviewpoint.com) I tradizionali sistemi eolici sono da sempre al centro di dibattiti sui loro reali vantaggi dal punto di vista ambientale, soprattutto rispetto all’impatto acustico e visivo sul paesaggio. Diversi ricercatori hanno perciò sviluppato degli aerogeneratori dalle forme e caratteristiche nuove.
  • 20. 20 | SOS è circa 80 volte superiore a quella ne- cessaria alla sua costruzione, manu- tenzione, esercizio, smantellamento e rottamazione. Nonostante tutti questi vantaggi, molti ritengono che i benefici forni- ti siano insufficienti se paragonati ai problemi connessi agli impianti. Le criticità dei convenzionali sistemi eolici, infatti, sono legate innanzitut- to all’impatto visivo sull’ambiente di queste enormi strutture dal design non particolarmente gradevole (un generatore eolico tradizionale infatti ha un’altezza che varia dai 60 ai 100 m), e dall’inquinamento acustico pro- dotto dalle turbine. Inoltre minac- ciano la fauna selvatica e disturbano segnali radio, segnali satellitari e tele- visivi. Se per la maggior parte di que- sti problemi la soluzione più semplice è l’istallazione dei generatori eolici in zone collinari distanti dai centri abi- tati, restano però aperte le questio- ni riguardanti l’avifauna e l’impatto estetico con il paesaggio. La ricerca, quindi, da alcuni anni ha cominciato ad orientarsi verso siste- mi eolici dalle forme completamente nuove, a partire dall’assenza di pale. Cina 31,1% Stati Uniti 17,8% Germania 10,6% Spagna 6,2% India 6,1% Regno Unito 3,4% Canada 2,6% Francia 2,5% Italia 2,3% Brasile 1,6% Resto del mondo 15,8% Nel 2014 la potenza eolica prodotta nel mondo è stata quasi otto volte maggiore di quella del 2004, raggiungendo i 369,6 GW. Dall’anno precedente c’è stato un incremento del 44% delle installazioni. L’infografica mostra i maggiori produttori di energia eolica: Cina, Stati Uniti e Germania detengono i primi posti, producendo insieme più della metà di tutta la potenza globale. QUANTA ENERGIA VIENE PRODOTTA DAL VENTO?
  • 21. SOS | 21 In basso: il prototipo dell’Arbre à Vent, installato nel comune di Pleumeur-Bodou, nel nord-ovest della Francia. (foto: arbre-a-vent.fr) Al centro: dettaglio delle turbine: il rumore che producono è simile al fruscio delle foglie, ciò ne permette l’installazione anche nei centri abitati. (foto: toutvert.fr) In alto: Jérôme Michaud-Larivière, ideatore dell’Arbre à Vent e fondatore di New Wind, che produrrà questi nuovi sistemi eolici. (foto: arbre-a-vent.fr) L’Arbre à Vent (Wind Tree, in in- glese) è un esempio di questo nuovo modo di progettare gli impianti eoli- ci. Si tratta di un sistema dalla forma di un albero di 11 metri di altezza, 8 di diametro e integrato da 72 foglie artificiali; queste ultime sono le tur- bine attraverso la cui rotazione si ge- nera energia. Il suo ideatore, infatti, ritiene che, progettando i sistemi eo- lici a forma di albero, essi possano in- tegrarsi meglio nel contesto urbano. Ogni turbina, costituita da un asse verticale e una forma conica, é in gra- do di funzionare a partire da un lieve vento di 2 m/s (4.4 mph) rispetto i 4/5 m/s dei sistemi tradizionali: ciò appunto, permette il posizionamento di questi “alberi” anche in aree non estremamente ventilate. Inoltre, il ru- more prodotto assomiglia al fruscio delle foglie sugli alberi che si muovo- no con la brezza del vento. Grazie a ciò sarà possibile eliminare i proble- mi di inquinamento acustico. Il primo prototipo è stato realizzato nel 2014 dalla NewWind. Il fondato- re dell’azienda, Jérôme Michaud-La- rivière, ha affermato che il Wind Tree verrà messo in commercio nel 2016, mentre nel 2015 ci sarà una pre-pro- duzione in numero limitato di questi alberi del vento. l’albero del vento
  • 22. 22 | SOS Render del parco eolico Windstalk, ambientato nella periferia di Abu Dhabi, dove si prevede sorgerà. L’effetto visivo prodotto è quello di un enorme prato dai lunghi fili d’erba. (foto: atelierdna.com) 55m di altezza 30cm giunto alla base 10m diametro di base struttura interna: pila di dischi di ceramica piezoelettrica. luce a led: l’intensità indica l’energia prodotta I “fili d’erba” eolici di windstalk Un altro prototipo è stato progetta- to dalla società newyorkese Atelier DNA per la città di Abu Dhabi e si chiama Windstalk. Si tratta di 1200 pali in fibra di carbonio rinforzati da resina, con un’altezza di 55 metri so- stenuti da una base a forma cilindrica, il cui raggio varia dai 10 ai 20 metri. Ogni palo ha un giunto alla base di 30 cm, che come un capello si assottiglia fino alla punta. I pali contengono una pila di dischi di ceramica piezoelet- trica che si deformano proporzional- mente alla forza del vento. L’effetto prodotto da questi dovrebbe imitare l’oscillare dei fili d’erba al vento con integrata sulla sommità una luce a led che aumenterà e diminuirà d’intensi- tà in rapporto all’energia prodotta. La finalità del progetto è di costrui- re un parco eolico per Masnar city, il quartiere ecologico di Abu Dhabi a impatto zero. Il progetto non sta facendo parlare di sé mezzo mondo solo per il design e l'uso che se ne farà. I vantaggi pratici rispetto all'eolico tradizionale, infat- ti, sarebbero almeno tre: primo fra tutti, anche in questo caso, l'assenza dei rumori molesti tipici delle nor- mali turbine eoliche, per cui Wind- stalk potrebbe essere installato tanto in aperta campagna quanto in città; secondo, l'impatto visivo: i “capel- li giganti” potrebbero risultare più estetici delle “mega-pale-eoliche”; infine, non ci sarebbero rischi per l’avifauna poiché questi “fili d’erba” sarebbero molto più facili da evitare rispetto alle pale enormi dei sistemi tradizionali.
  • 23. SOS | 23 In alto: schema del funzionamento di Ewicon. A sinistra: modello di Ewicon davanti alla Facoltà di Ingegneria Elettronica della Delft University of Technology, Paesi Bassi. Il sistema sfrutterà le particelle cariche presenti nell’atmosfera e trasportate dal vento per produrre energia elettrica. (foto: ewi.tudelft.nl) Energia eolica da goccioline d’acqua L’impianto ideato presso la Delft Uni- versity of Thecnology, è ancora un altro esempio d’innovazione tecno- logica nel campo dei sistemi eolici. Il nuovo modello di aereogeneratore si chiama Ewicon (acronimo di Electro- static Wind Energy Converter) e non ha nulla dell’aspetto della tradizio- nale turbina dato che si tratta di un sistema senza parti in movimento, capace di creare energia potenziale sfruttando le particelle cariche, in questo caso, goccioline d’acqua. Il dispositivo, formato da un telaio in acciaio, contiene tubi orizzontali ognuno dei quali dispone di diversi elettrodi con carica negativa e ugelli che rilasciano nell’aria particelle di acqua carica positivamente. Spostate dal vento, le particelle cambiano la tensione negli elettrodi del dispositi- vo e creano una differenza di campo elettrico; la corrente generata può, quindi, essere poi trasmessa alla rete elettrica. Questo processo si chiama electrospraying ed è stato studiato nel 1975 da Geoffrey Ingram Taylor: quella dei ricercatori dell'Università di Delft è una sua applicazione nel campo delle rinnovabili. Secondo gli sviluppatori Johan Smit e Dhira- di Djairam, il sistema può essere fa- cilmente installato a terra e in mare aperto – proprio come le turbine tradizionali. Ma i vantaggi di Ewicon includono la possibilità di costruire unità di forme e dimensioni diverse e una minore manutenzione. Infatti non avendo parti in movimento è to- talmente assente il problema dell'u- sura delle parti meccaniche. La pos- sibilità di sfruttare l’energia presente nell’atmosfera attraverso questo tipo di apparecchiature avrebbe poi an- che il grande vantaggio di eliminare uno degli effetti collaterali delle pale eoliche più contestato, ossia il rumo- re, aprendo la strada quindi alle in- stallazioni in centri abitati. Rimangono, tuttavia, da risolvere an- cora alcuni problemi. Ad esempio, per caricare positivamente le parti- celle d'acqua ci vuole un'energia di partenza, per questo motivo le unità sono dotate di una batteria. Un altro limite potrebbero essere i Paesi dove l’umidità dell’aria non è tanto eleva- ta da poter azionare il processo di electrospraying; infine la miscela che ha prodotto i migliori risultati per ora è in realtà composta da 30% di eta- nolo e 70% di acqua demineralizzata. Al momento il primo modello di Ewicon è stato realizzato dallo studio Mecanoo Architects ed è stato posto di fronte alla facoltà di ingegneria elettronica della Delft University of Technology, ma la squadra di ricer- catori sta cercando finanziamenti per costruire un modello più grande, che fornisca una maggiore quantità di energia elettrica. Rossella De Vico come funziona Ewicon 1_dall’ugello vengono spruzzate le particelle con carica positiva 3_la differenza di campo elettrico genera corrente che viene raccolta attraverso la batteria 2_spostate dal vento, le particelle cariche attraversano il telaio con elettrodi negativi
  • 25. SOS | 25 C he cosa succederebbe se la plastica di oggi potesse essere realizzata con materiali che non solo sono sostenibili, ma anche non tossici? Oggi, le nostre materie plastiche derivano dal petrolio: il che significa che, non solo stiamo mettendo chimici tossici nella nostra atmosfera, ma stiamo anche riempiendo il nostro ambien- te con prodotti che non sono biodegradabili. La soluzione? Esiste già e si chiama Zeoform. Si tratta di un materiale riciclabile al 100%, perché formato da un nuovo tipo di sostanza attraverso la quale è possibile so- stituire in tutti gli utilizzi comuni la plastica. Inoltre è perfetto anche nel settore dell’edilizia sosteni- bile, per l’arredamento degli interni, per la creazione di strumenti musicali e per la gioielleria. La svolta è rappresentata da un particolare processo di lavorazione brevettato che permette di adeguare la consi- stenza del materiale in base alle esigenze di realizzazione. Infatti, gli stessi produttori sottolineano come una delle peculiarità di questo rivoluzionario materiale sia quella di essere facilmente levigato, pressato, modellato o dipinto. la plastica ecologica Dalla cellulosa all’oggetto Un materiale innovativo: una bioplastica totalmente atossica e formabile. Tamburi Conga creati da ZEO in ZEOFORM. in materiale cellulosico riciclato (foto: www.zeoform.com)
  • 26. 26 | SOS Fig.1: Zeo Peanut Chair, sedia creata da ZEO. Fig.2: Zeo Boomerang Bowls, ciotole create da ZEO. Fig.3: esempi di modellazione e colorazione del materiale. Fig.4: dettaglio del pattern applicabile al materiale. (foto: www.zeoform.com) Una tecnologia in grado di cambiare decisamente l’indu- stria globale, in maniera molto simile a quanto fatto dalla plastica nel periodo successivo alla Seconda guerra mon- diale. Si tratta di un materiale eco-sostenibile e utilizzabi- le ovunque nelle varie industrie per la produzione a ciclo continuo di prodotti di consumo innovativi. Secondo Zeoform, il loro prodotto è molto longevo e si affida al solo processo naturale del legame a idrogenoche avviene quando le fibre di cellulosa si legano all’acqua. Non è necessaria nessuna colla o altro materiale, perchè il legame creato è già resistente. Zeoform è un materiale composto da fi- bre di cellulosa e acqua. Il processo converte le fibre di cellulosa in un materiale per stampi resistente e tecnologico in grado di essere impiegato per molti di prodotti. Atossico e biodegradabile, Zeoform tra- sforma i rifiuti cellulosici in diverse for- me funzionali. Il materiale finito può essere plasmato quasi in tutto, e può essere tagliato, lavorato, trapanato, avvitato, inchio- dato e incollato con le stesse modalità del legno e dei suoi composti. può anche essere colorato e tinteggiato, e rifini- to in qualunque modo l’utente lo desideri. Il materiale è innatamente resistente all’acqua e al fuoco e può essere anche migliorato sotto questi profili interve- nendo in minima parte sugli ingredienti. Il prodotto può essere utilizzato per qualunque cosa, da componenti per auto a carta, stampi, mobili e addirittura strumenti musi- cali - le possibilità sono infinite. Anna Cont fig. 2 fig. 1
  • 27. SOS | 27 Caratteristiche Completamente colorato Caratteristiche a sbalzo su misura Visivamente paragonabile alle principali superfici naturali Alto rapporto forza-peso Isolazione acustica Isolazione termica Resistente al fuoco Lavorabile come il legno (Trapanatura, molatura, taglio e fresatura) Senza formaldeide Atossico Ecologico Rifiuto biodegradabile Benefici Bassa manutenzione Valore aggiunto personalizzato Riduce i costi di costruzione Riduce i costi strutturali Riduce l’inquinamento acustico Riduce i costi energetici Resistenza al fuoco maggiore Nessuna nuova tecnica produttiva necessaria Sicuro per il lavoro Sicuro per te, sicuro per l’ambiente Aumenta il Green Rating Riduce i costi per lo smaltimento dei rifiuti • composto di cellulosa e acqua - e nient’altro • non contiene materiali chimici, colle, leganti, sintetici - sessuna tossina di alcun tipo • converte le fibre di scarto (carta, tessuto, piante) • converte le fibre rinnovabili • dal raccolto alla produzione - efficiente a livello idrico ed energetico • dal riciclaggio alla produzione - efficiente a livello idri- co ed energetico • i materiali si possono riciclare / riutilizzare indefinita- mente • completamente biodegradabile - restituisce la cellulosa alla terra! alcune informazioni utili il materiale Le caratteristiche di questo materiale rivoluzionario che ha ridefinito l’idea di “sostenibile” nella costruzione di oggetti e i suoi benefici durante il suo ciclo vitale. • certificato da un Laboratorio sulla Cellulosa ricono- sciuto globalmente (in attesa) • alto indice Life Cycle Assesment (LCA) dei prodotti ZEOFORM • bassa impronta di carbonio • basso impatto ambientale • strategia del marchio influenza l’audience mondiale • contribuisce al PIL delle nazioni - crea lavoro dalle campagne fino a scala industriale • economie in crescita con espansione a livello globale • prezzaggio più competitivo al diminuire delle risorse tradizionali fig. 4 fig. 3
  • 28. 28 | SOS La conquista dello spazio da parte dell’uomo potrebbe non essere più un’utopia tra qualche anno. Il maggiore problema alla sua realizzazione, la mancanza di ossigeno per i lunghi viaggi interstellari, potrebbe essere risolto dall’invenzione di un neolaureato alla Royal Collage of Art di Londra, Julian Melchiorri. I l giovane ha messo a punto una foglia sintetica capace di attuare la fotosintesi clorofilliana, assor- bendo, quindi, anidride carbonica e producendo ossigeno, proprio come una vera foglia. “Le piante non cre- scono in assenza di gravità,” spiega Melchiorri, “al momento la NASA sta conducendo ricerche sui diversi modi di produrre ossigeno, quello di cui si ha più bisogno durante le lunghe missioni. Questo materiale potrebbe consentirci di esplorare lo spazio molto più di quanto possiamo fare ora”. Il progetto è stato svilup- pato durante il corso di Innovation Design Engineering in collaborazio- ne con la Tufts University di Boston e consiste in un congegno modulare fatto da un materiale biologico com- posto quasi totalmente da cloroplasti sospesi in una matrice di proteine della seta. La Silk Leaf ha questa capacità di fotosintesi grazie ai clo- roplasti; per permettere la reazione sono necessarie luce e acqua. L’ac- qua, attraverso l’osmosi, rimuoverà anche i residui chimici e gli zuccheri, che potrebbero essere utilizzati per generare energia. Tra le possibili applicazioni ipotizza- te da Melchiorri, oltre a quella legata la foglia di seta che produce ossigeno alla NASA, vi è una serie di paralumi che generano ossigeno mentre le luci sono accese. Inoltre, la foglia biolo- gica artificiale potrebbe essere im- piegata anche nel settore della bio- architettura, ad esempio realizzando grandi lastre di questo materiale e applicandolo sulle pareti esterne degli edifici in modo che esso otti- mizzi la qualità dell’aria delle città e agisca come un depuratore. Mel- chiorri ritiene che qualora questa fo- glia artificiale venisse utilizzata come materiale, specialmente nelle aree maggiormente urbanizzate e con po- chi spazi verdi, potrebbe ridurre no- tevolmente la quantità di biossido di carbonio, l’inquinamento ambientale e di conseguenza migliorare anche la salute dell’uomo. Nonostante si tratti di un’interessan- te creazione, alcuni scienziati restano dubbiosi sulle sue reali applicazioni in campo aerospaziale. Per il momen- to, infatti, il progetto è ancora in fase di sperimentazione; inoltre, secondo il dottor Wim Vermaas dell’Arizona State University’s Center for Bioener- gy and Photosynthesis, la vita di un cloroplasto isolato è necessariamente di breve durata, per cui si ritiene che non potrebbe sopravvivere abbastan- za a lungo da essere utile durante un’intera missione spaziale. Silk Leaf, perciò, rimane ancora un progetto più concettuale che pratico, ma certamente è un’invenzione im- portante che traccia un’altra possibi- le strada per la ricerca spaziale. Manuel Impellizzeri Prototipo di Silk Leaf, la foglia artificiale a base di proteine della seta che riesce a produrre ossigeno. Questa caratteristica permette di ipotizzarne un futuro uso nel campo della ricerca aerospaziale. (foto: julianmelchiorri.com) esplorazione dello spazio
  • 29. SOS | 29 L a ricerca nel campo delle rin- novabili si sta dedicando allo studio di nuovi materiali e nuo- vi metodi di produzione dei pannelli solari; quelli tradizionali, infatti, co- stituiti da silicio, hanno un alto livello di efficienza ma bassa flessibilità, per cui possono essere realizzati solo in determinate forme e per determina- ti scopi. Pertanto già da alcuni anni sono stati sviluppati pannelli compo- sti da materiali organici, cioè da com- plessi molecolari a base di carbonio. Si è visto che il loro uso permette di ottenere la massima efficienza anche con la luce diffusa e non solo diretta, eliminando, di conseguenza, la ne- cessità di inclinarli in direzione del sole e permettendo anche l’installa- zione in verticale, così da ridurre al minimo i problemi legati allo studio degli ingombri e del reciproco om- breggiamento, tipici dei sistemi tra- dizionali. Ampi studi sono stati fatti, inoltre, sullo spessore di questi pannelli e l’ultima scoperta del VTT Techni- cal Research Centre of Finland sem- bra aprire la strada ad un’infinità di nuove applicazioni. Gli scienziati fin- landesi hanno sviluppato un nuovo metodo di fabbricazione: il processo vede i pannelli solari organici prodot- ti in massa attraverso un sistema roll- to-roll in cui un livello viene stampa- to con la tecnica della serigrafia e altri due strati di plastica con la rotocalco- grafia. I livelli funzionali sono stam- pati tra le lamine di plastica e infine incapsulati con un film protettivo. La stampante messa a punto dall’équipe In una conferenza del 2013 per la TED, Elon Musk, fondatore di PayPal, Tesla Motors e SpaceX, parlando di energie rinnovabili e tecnologie del futuro, affermò di essere certo che tra vent’anni la maggiore fonte di energia sarà quella solare. E, visti i progressi nel campo del fotovoltaico, probabilmente aveva ragione. del VTT è in grado di produrre 100 metri di film fotovoltaico al minuto; la fattibilità del metodo è stato veri- ficato dai ricercatori stampando celle fotovoltaiche a forma di foglia. La su- perfice attiva di una foglia è di 0.0144 m2 per uno spessore di appena 0.2 mm e include elementi decorativi, elettrodi e celle solari polimeriche. Per comporre un pannello di un me- tro quadrato occorrono 200 foglie. Al momento, tuttavia, l’efficienza di questa nuova tecnologia è ancora più bassa dei pannelli tradizionali al silicio, e anche rispetto alla vita utile del prodotto si raggiungono solo i 15 anni, contro i 20 dei fotogene Il film fotovoltaico flessibile e sottile sviluppato al VTT, in Finlandia. Le sue caratteristiche ne permetteranno l’applicazione, oltre che nel campo della bioedilizia, ad esempio per facciate e vetrate, anche su oggetti di uso comune. (foto: vttresearch.com) I pannelli solari del futuro saranno sottilissimi e di design futuro rinnovabile
  • 30. 30 | SOS Anche in Sicilia, nel 2013, è stato sviluppato un tipo di fotovoltaico organico attraverso il progetto Sagro, con l’obiettivo di realizzare celle solari rese fotosensibili grazie ad alcuni pigmenti naturali ottenuti dal frutto simbolo dell’isola. In particolare le celle erano dotate di coloranti naturali, ricavati dai pigmenti di scarto dei prodotti vegetali e dagli agrumi, con l’ossido di titanio come catalizzatore per le particelle inquinanti. UNA SPREMUTA FOTOVOLTAICA Nel 2013, in un’intervista con Chris Anderson, curatore di TED, Elon Musk (nella foto), parlando delle sue aziende Tesla, SpaceX e SolarCity, ha espresso le sue speranze sul futuro dell’energia fotovoltaica. “Sono sicuro che il solare batterà ogni altra fonte di energia, incluso il gas naturale”, ha affermato tra gli applausi , aggiungendo: “Devrà essere così necessariamente, in realtà. Altrimenti, ci troveremo ad affrontare grossi problemi.” Musk è il CEO di SolarCity, una compagnia nata nel dicembre 2012 tutta votata alla progettazione, produzione e diffusione di sistemi energetici basati sul sole. La strategia che adotta è quella di contribuire alle spese iniziali per l’installazione dei sistemi fotovoltaici noleggiandoli per 20 anni. In questo modo, i consumatori hanno un doppio risparmio: nel momento dell’acquisto ed installazione dei pannelli (quello più oneroso dal punto di vista economico) e rispetto alle bollette di luce e gas. “Questo diventa un grande vantaggio e il risultato finale sarà che in 20 anni il fotovoltaico fornirà più energia che ogni altra fonte”. E Musk ha investito veramente tanto nella sua azienda e nel suo progetto, tanto che due anni fa, ha fatto una scommessa con “un amico il cui nome rimarrà anonimo”, che la sua previsione si realizzerà nel giro di due decadi. Gli mancano 18 anni per avere successo. il solare è l’energia del futuro per la produzione di energia, quan- to da schermo assorbitore della luce diffusa per poi liberarla e diventare sorgente di illuminazione. Ancora, il film potrebbe rivestire piccoli oggetti elettronici o sensori per auto-alimen- tarli o funzionare come sistema di trasferimento dati nei dispositivi wi- reless, con le celle fotovoltaiche che fungerebbero da ricevitore. Insomma le potenzialità di questa nuova tecnologia sembrano vera- mente infinite e ognuna di esse apre la strada a scenari futuristici. Il team di scienziati del VTT è fiducioso che nei prossimi 3 anni l’industria del fotovoltaico organico conoscerà una crescita record e tuttavia sta lavoran- do anche a dei pannelli solari inor- ganici fatti di perovskite, 5 volte più efficienti di quelli organici e 10 volte meno costosi. Rossella De Vico ratori attuali. Questi svantaggi, però, sono compensati dalla possibilità di produrre energia in condizioni meno restrittive, oltre che dalle loro carat- teristiche di flessibilità, leggerezza, economicità e dal fatto che possono essere riciclati una volta terminata la loro funzione. Secondo i ricercatori del VTT, poi, il sottilissimo film fotovoltaico si pre- sterebbe ad essere applicato a mol- tissimi oggetti, sia in ambienti esterni che interni. Dalle facciate degli edi- fici, ai tetti dei mezzi di trasporto o ai cartelloni pubblicitari fino all’in- terior design, dove diventerebbe un elemento decorativo e allo stesso tempo funzionale. I pannelli orga- nici potrebbero dare vita a superfici vetrate “intelligenti” in grado di in- teragire con l’ambiente, attraverso la tecnologia OLED e fotovoltacromi- ca, operando, a seconda delle neces- sità, tanto da pannello fotovoltaico
  • 31. SOS | 31 AVETE CAPITO MALE Quali sono i più diffusi luoghi comuni sulla sostenibilità e cosa c’è (se c’è) di vero in ognuno. MITI DA SFATARE
  • 32. 32 | SOS Q uando una parola diventa mol- to popolare, si inizia a sentir- la ovunque, in ogni sorta di contesti vagamente correlati (o non correlati affatto). Questo può signi- ficare due cose: o la parola è diven- tata un clichè senza senso, oppure ha un reale peso concettuale. “Green” (o, ancora peggio, “going green”, ri- spettare l’ambiente in italiano”) cade esattamente nella prima categoria. Ma il concetto di “sostenibile”, che all’inizio evoca un simile vago senso di virtù ambientale, in realtà appartie- ne alla seconda. è vero, voi lo sentite usato per tutto, dalle auto all’agricol- tura, all’economia. Ma questo perché il concetto di sostenibilità è di base così semplice che si applica legitti- mamente a tutti questi campi e anche ad altri. Nonostante la sua semplici- tà, comunque, sostenibilità è un con- cetto che le persone hanno impiegato un po’ a comprendere. Per aiutare, la rivista Scientific American, nel 2009, ha consultato diversi esperti sul tema per scoprire quali luoghi comuni in- contravano più frequentemente. Il ri- sultato è stato questa classifica di 10 miti sulla sostenibilità. E dopo questa introduzione non stu- pisce che il primo mito da sfatare sia: nessuno sa esattamente cosa significhi realmente “sostenibilità”. Questo non è neanche lontanamente vero. A detta di tutti, il moderno senso della paro- la è entrato nel lessico nel 1987 con la pubblicazione da parte della Com- missione mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo del rapporto Brundtland, (conosciuto anche come “Our Com- mon Future”). Quel rapporto defini- va la sostenibilità come “uno svilup- po che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfa- re i propri”. O, come nelle formule che i bambini delle elementari impa- rano a memoria: “Non prendere più della giusta parte.” Da notare che la definizione non dice nulla sul rispet- to dell’ambiente, anche se le parole “sostenibile” e “sostenibilità” vengo- no pronunciate maggiormente dagli ambientalisti. E questo porta al se- condo mito: la sostenibilità riguarda solo l’ambiente. Anche il movimen- to per la sostenibilità stesso è nato lo stesso anno del rapporto Brundtland. Originariamente il suo focus era tro- vare un modo per cui le nazioni pove- re potessero raggiungere il livello di quelle ricche in termini di standard di vita. L’obiettivo era di dare ai paesi svantaggiati un migliore accesso alle risorse naturali, incluse acqua, ener- gia e cibo – le quali vengono tutte, in un modo o nell’altro, dall’ambiente. “L’economia” dice Anthony Cortese, fondatore e presidente dell’organizza- zione per l’educazione alla sostenibi- lità Second Nature, “è un accessorio completamente controllato dalla bio- sfera. La biosfera produce tutto quel- lo che rende la vita possibile, assimila i nostri scarti o li converte di nuovo in qualcosa che possiamo usare.” Se tan- ti di noi usano le risorse in maniera inefficiente o generano scarti troppo velocemente che l’ambiente non rie- sce ad assorbire e trattare, le future generazioni ovviamente non saranno in grado di soddisfare i loro bisogni. “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Questa è la definizione di sostenibilità descritta nel rapporto Brundtland del 1987 rilasciato dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo. Nella foto, l’allora presidente Gro Harlem Brundtland, da cui il rapporto prese il nome. (foto: fastcoexist.com) il rapporto Brundtland sulla sostenibilità
  • 33. SOS | 33 Paul Hawken, l’autore ed imprendi- tore che ha aiutato a fondare il mo- vimento per la sostenibilità, ha affer- mato: “Abbiamo un tipo di economia dove rubiamo il futuro, lo vendiamo nel presente e lo chiamiamo prodot- to interno lordo. Se le persone conti- nuano a immettere CO2 nell’aria, per esempio, non necessariamente termi- neremo le risorse a disposizione (è ancora pieno di carbone sotto terra), ma provocheremo un cambiamento irreversibile nel clima che potrebbe molto probabilmente causare enormi problemi alle future generazioni. Lo stesso, ovviamente, vale per i velenosi sottoprodotti, diversi dalla CO2, cre- ati da molte attività umane, da quelle manifatture a quelle minerarie, dalla produzione di energia all’agricoltura, che vengono scaricate nei campi, nei ruscelli, negli oceani e nell’atmosfera. Per non parlare poi di concetti intan- gibili come la bellezza della natura e il valore delle terre incontaminate. “Nello stato brado è racchiusa la con- servazione del mondo” scrisse Henry David Thoreau e il movimento per i parchi nazionali cominciato negli Sta- ti Uniti alla fine del 19esimo secolo e diffusosi poi internazionalmente nac- que da quella idea. In breve, poiché l’evoluzione dell’uomo avvenne in un mondo non tecnologico, proba- bilmente per essere felici necessitia- mo di una qualche forma di connes- sione con la natura. Questo concetto sembra non facilmente spiegabile dal punto di vista scientifico, tuttavia, Nancy Gabriel, del Sustainability In- stitute in Hartland, Vermont, ha spie- gato “se guardi alla società occiden- tale, hai un alto tasso di depressione, isolamento, e alienazione tra le perso- ne. Io penso che riconnettere gli uo- mini alla terra è un’importante modo di ristabilire il livello base di felicità.” E questo principio, attraverso il mo- vimento per i parchi nazionali, ha at- traversato città e stati in giro per gli US, fermandosi specialmente nelle aree altamente urbanizzate per pre- servare gli spazi verdi. A ciò si ricollega il terzo luogo co- mune: “Sostenibile” è un sinonimo di “green”. Nonostante ci sia una lie- ve sovrapposizione tra i due termini, “green” è usato per indicare una pre- ferenza per il naturale piuttosto che per l’artificiale. Con circa 6 miliardi di persone sul pianeta oggi e altri 3 miliardi che si aspettano per la metà del secolo, la società non può spera- re di dare loro confortevoli standard di vita senza una pesante dipendenza dalla tecnologia. Auto elettriche, tur- bine eoliche e celle solari sono l’anti- tesi del naturale – ma permettono alle Il parco Yosemite fu il cuore del nascente movimento americano per i parchi nazionali, a metà del 1800. I suoi membri chiedevano la salvaguardia di questi luoghi affermando che gli uomini possono essere felici solo quando sono a contatto con la natura. (foto: yosemitepark.com) Il movimento per i parchi nazionali e il legame con la natura sostenibile vs “green”
  • 34. 34 | SOS persone di spostarsi, di riscaldare le loro case e cucinare il loro cibo con risorse rinnovabili (o, almeno, con una minima parte di risorse non rin- novabili) e emettendo meno sostan- ze chimiche nocive. Da questo punto di vista anche il nucleare può essere visto come una risorsa sostenibile, anche se non così automaticamente. Infatti, a differenza delle altre fon- ti di energia alternative, è stato ed è fortemente criticato dagli ambienta- listi, soprattutto per il problema del- lo smaltimento delle scorie. Ma i re- attori nucleari sono anche una fonte di energia altamente efficiente, che non emettono gas inquinanti e che dovrebbero essere progettati per ge- nerare il minimo rifiuto ed essere es- senzialmente a prova di fusione del nocciolo. Questo è il motivo per cui Patrick Moore, uno dei primi membri di Greenpeace, è diventato un soste- nitore del nucleare e perché molti al- tri ambientalisti stanno cominciando, anche se molto spesso con riluttanza, a considerare l’idea di accettare il nu- cleare. Ovviamente, chiamarlo green sarebbe una forzatura, ma chiamarlo sostenibile un pò meno. Mito 4: “è tutto riguardante il rici- clo”. “L’ho sentito un sacco”, dice Shana Weber, manager della sosteni- bilità alla Princeton University, “per alcuni motivi, riciclare era il messag- gio maggiore che veniva fuori dal movimento ambientalista nei primi anni 70.” E naturalmente, riciclare è importante: riusare metalli, carta, le- gno e plastiche piuttosto che buttarle riduce la necessità di estrarre nuove materie prime dal suolo, dalle foreste e dai depositi di combustibile fossi- le. L’uso più efficiente di potenzial- mente tutto rappresenta un passo in avanti nella direzione della sosteni- bilità. Ma questo è solo un pezzo del puzzle. Se credi di vivere in maniera sostenibile solo perché ricicli, è me- glio che ti ricredi. Mito 5: “la soste- nibilità è troppo costosa”. Questo è probabilmente il più grande falso luogo comune. Infatti è vero solo sui brevi periodi e in determinate circo- stanze, ma non di certo a lungo ter- mine. La verità sta nel fatto che se hai già, sul posto, un sistema non soste- nibile (una fabbrica o un sistema di trasporti, per esempio, o lampadine a incandescenza nella tua casa, o un Hummer nel tuo vialetto di ingres- so) devi spendere del denaro in an- ticipo per passare ad una tecnologia più sostenibile, che però ti consentirà di risparmiare in futuro. In generale, poi, i governi e le compagnie possono intraprendere questo cammino mol- to più facilmente di quanto possano fare i singoli individui. Mito 6: “Sostenibilità significa abbas- sare i nostri standard di vita”. Falso. Vivere in maniera sostenibile non significa che dobbiamo fare di più con meno ma, sostanzialmente rivedere il modo in cui utilizziamo quello che abbiamo. Come Hawken argomenta, “una volta che comin- ciamo ad organizzarci ed innovare con il giusto atteggiamento mentale le svolte sono straordinarie. Esse ci permetteranno di raggiungere livelli estremamente alti di produzione di risorse, una grande prosperità, stabi- lità e sicurezza”. Quindi, al contrario di quanto dice il luogo comune, l’in- novazione che parte dalla sostenibili- tà può essere un potente motore per lo sviluppo economico. In alto: manifesto “Earth Day” di Robert Leydenfrost (1970). Il 22 aprile 1970 si celebrò il primo Earth Day (Giornata della Terra). Fu l’avvio del moderno movimento ambientalista statunitense. (foto: enviroethics.org) il riciclo fig. 1
  • 35. SOS | 35 Mito 7: “La strada più veloce e più ef- ficiente per la sostenibilità è rappre- sentata dalle scelte dei consumatori e dall’attivismo della gente comune, non dall’intervento del governo”. Le azioni dei cittadini sono utili e so- stanzialmente necessarie, ma l’attua- zione di alcune riforme, come quel- le per tenere a freno le emissioni di CO2, possono avvenire velocemen- te solo se le autorità centrali si im- pegnano a fare in modo che questo accada. Questo è il motivo per cui le detrazioni fiscali, gli standard di basso consumo obbligatori e cose di questo tipo sono abbastanza inevita- bili. Nondimeno, questa conclusio- ne, ovviamente, non soddisfa i puristi del libero mercato, ma questo per- ché nella maggior parte dei casi essi operano sulla convinzione che l’uso improprio di risorse e la distruzio- ne dell’ambiente non abbiano costi, il che è stato dimostrato essere falso. Se gli effetti del cambiamento clima- tico diventassero irreversibili, tutti i settori economici, prima o dopo, ne risentirebbero, e quindi anche le ta- sche dei grandi imprenditori. Questi ultimi argomentano che i consuma- tori verranno spinti ad un compor- tamento più sostenibile solo quando, con l’eccessivo sfruttamento delle ri- sorse naturali, i prodotti subiranno un innalzamento dei prezzi. Vero ab- bastanza, ma la transizione potreb- be essere dolorosa se non addirittu- ra distruttiva. Ad esempio, la ragione principale della crisi che ha interessa- to le case automobilistiche americane è che hanno dipeso per troppo tempo dalla vendita di SUV dagli alti pro- fitti, ma anche dagli elevati consumi. Quando il prezzo del petrolio è salito di colpo, il mercato dei macchinoni è precipitato (il prezzo dei carburanti si è poi abbassato a causa della cri- si economica mondiale, che comun- que non ha aiutato il settore automo- bilistico). Ancora, l’innalzamento dei prezzi ha sempre avuto l’effetto di sti- molare di nuovo la ricerca per l’eo- lico, il fotovoltaico e le altre energie rinnovabili, e se non si considera la crisi economica come stimolo mag- giore, si può dire che le case automo- bilistiche si sono impegnate a creare veicoli più efficienti e ad impiegare Fig. 1: la copertina della prima versione di “Walden ovvero Vita nei Boschi”, un’opera di Henry David Thoreau, pubblicata nel 1854. Il libro racconta lo sforzo dell’autore nel cercare un rapporto intimo con la natura e insieme ritrovare se stesso in una società che non rappresentava ai suoi occhi i veri valori da seguire, ma solo l’utile mercantile. (foto: wikipedia.org) Fig. 2 “Sostenibilità” non è sempre sinonimo di “green” e “naturale”. Le auto elettriche, ad esempio, non sono di certo naturali, ma rappresentano un’alternativa ecologica per il settore dei trasporti. Nella foto in alto, la Renault Zoe, elettrica, presentata al Salone di Ginevra 2015. (foto: alvolante.it) le riforme governative fig. 2
  • 36. 36 | SOS risorse energetiche sostenibili. Ma questo risultato può riflettere un altro mito. Mito 8 :“una nuova tecnologia è sem- pre la risposta”. Non necessariamen- te. Alcune volte metodi già esistenti possono dar vita a un modello crea- tivo di business. Ad esempio, tutte le app che si basano sulla sharing eco- nomy si sono diffuse tramite internet ma il meccanismo su cui si fondano è estremamente antico (lo scambio e il baratto hanno rappresentato le pri- me forme di economia). Attraverso le applicazioni per smartphone gli user semplicemente riescono ad entrare più facilmente in contatto e dare vita appunto a questa rete di condivisio- ne. Mito 9: “la sostenibilità è in definiti- va un problema della popolazione”. Questo rappresenta più che altro una falsa soluzione. Ogni problema am- bientale è in ultima analisi un proble- ma della popolazione. Se essa fosse di solo 100 milioni, sicuramente noi avremmo difficoltà a generare abba- stanza rifiuti per sopraffare il sistema di auto-pulizia della natura. Potremmo tranquillamente scaricare tutta la nostra immondizia in una di- scarica in qualche area remota e nes- suno se ne accorgerebbe. Le nazioni unite prevedono che nel 2050 il pia- neta ospitarà altri 2,6 miliardi di per- sone, e già alla popolazione corrente di circa 7 miliardi stiamo utilizzando le risorse a livelli insostenibili. Tuttavia, non c’è modo di ridurre la popolazione in maniera significativa senza calpestare i diritti umani o im- porre il controllo delle nascite come ha fatto il governo cinese; per questo la soluzione non è da ricercare nel numero di persone che abitano sulla Terra ma piuttosto su come minimiz- zare lo spreco di risorse e la produ- zione di rifiuti. Mito 10: “una volta che capisci come funziona, puoi applicare facilmente il concetto di sostenibilità”. Ciò non è completamente vero. Molto spesso, una scelta che sembra sostenibile, ad un esame più attento si scopre essere problematica. Probabilmente l’esem- pio più pregnante è la corsa alla pro- duzione di etanolo dal mais per farne carburante. Il granturco èuna risorsa rinnovabile, dopotutto: lo si può col- tivare e raccogliere in un ciclo poten- zialmente infinito. Quindi sostituire la benzina con l’etanolo prodotto dal mais sembra una grande idea. Fino a quando fai un’analisi metico- losa e ti accorgi dell’uso intensivo di energia che la coltivazione, la raccolta del mais e la sua conversione richie- dono. Inoltre, trasformare il grantur- co per utilizzarlo come carburante significa meno mais per la popolazio- ne e il bestiame, il che comporta un aumento del prezzo del cibo. Questa conseguenza porta a sfruttare terre incolte, causando una maggiore emis- sione di biossido di carbonio nell’at- mosfera. Solo dopo alcune decadi, i vantaggi energetici provenienti dal bio-etanolo rimetteranno insieme ciò che è stato distrutto con la perdita di una foresta. Ma fino ad allora, il cam- biamento climatico avrà progredito così tanto che questo non potrà aiu- tarci. In definitiva non si può realmente di- chiarare nessuna pratica “sostenibi- le” fino a quando non se ne fa un’a- nalisi completa del ciclo di vita e dei suoi costi ambientali poiché l’ammi- revole obiettivo di vivere in maniera sostenibile richiede tante e continue valutazioni di ogni minimo aspetto. Rossella De Vico Molti ritengono che il problema della sostenibilità sia dovuto al numero elevato di abitanti sul pianeta Terra. A sinistra, un manifesto del 1987 per il controllo delle nascite in Cina. Il testo recita “Meno nascite, migliori nascite, per sviluppare vigorosamente la Cina”. (foto: chineseposters.net) MAGGIORI PRODUTTORI DI BIOETANOLO NEL 2011. Stati Uniti 13900 5573,24 554,76 1199,31 Brasile UE Cina Fonte dati: "Industry Statistics: World Fuel Ethanol Production". Renewable Fuels Association. 2011. scelte davvero sostenibili
  • 37. SOS | 37 un paradiso ecosostenibile, l’energia è green al100% Il 2015 della Costa Rica è all’insegna delle rinnovabili. In tre mesi per il suo fabbisogno di corrente non sono state prodotte emissioni né utilizzati combustibili fossili. carbon free è possibile L a fornitura di energia elettrica della Costa Rica non ha bru- ciato alcun combustibile fos- sile quest’anno. La nazione di quasi 4,9 milioni di abitanti è andata avanti per 75 giorni grazie esclusivamente ad energia rinnovabile, obiettivo che molte nazioni più ricche – inclusi e in special modo gli Stati Uniti – possono solamente sognare. Come ha fatto la Costa Rica a raggiungere questo tra- guardo? La risposta consiste in inve- stimenti su piccole infrastrutture e un contributo da un alleato improbabile: il cambiamento climatico. Così come il Paraguay, la Colombia, il Brasile, e molti altri Stati dell’America Latina, la Costa Rica trae la maggior parte della sua energia – circa l’80% – da impianti idroelettrici. Arginare fiumi ha, indubbiamente, anche delle conseguenze ambientali, Il governo della Costa Rica ha approvato un progetto da 958 milioni di dollari incentrato sullo sviluppo dell’energia geotermica, considerata la chiave per dire addio ai combustibili fossili e diventare il primo paese al mondo completamente a ‘Zero Emissioni’.
  • 38. 38 | SOS L’80% dell’energia della Costa Rica è tratta da impianti idroelettrici. ma l’energia prodotta dagli impianti energetici risultanti è libera da CO2. L’energia idrica, inoltre, è più affida- bile e facile da portare su scala indu- striale rispetto alle tecnologie solari e eoliche. Dunque in questo senso, il risultato ottenuto dalla Costa Rica nei 75 giorni potrebbe essere impres- sionante, ma non sorprende, afferma Juan Roberto Paredes, un esperto di energia rinnovabile alla Banca Intera- mericana per lo sviluppo. In media, la base di sviluppo energe- tico della nazione era già circa al 90% rinnovabile, rendendola la seconda nazione più rinnovabile nell’America Latina (superata solamente dal Para- guay, che riceve quasi la totalità della sua energia da un’unica diga). Affidarsi all’energia idrica ti costringe però a stare alla mercé degli elemen- ti – differenti da quelli solari o eoli- ci. La forza dell’energia elettrica è la pioggia. Meno pioggia significa meno acqua all’interno delle dighe, cosa che si traduce velocemente in meno ener- gia a disposizione. Solamente lo scor- so anno, la Costa Rica ha dichiarato stato di emergenza nel nord ovest del paese perché il bacino dell’El Niño si è prosciugato, ed è venuto a mancare l’apporto dell’acqua alla rete elettrica della nazione, costringendo la forni- tura a passare ad alcuni generatori diesel. (In questo momento il Brasile sta patendo una situazione critica si- mile, a causa di una disastrosa siccità che sta danneggiando molte delle reti elettriche che alimentano San Paolo e il resto del sud est della nazione). Ma quest’anno, le quattro reti elettriche più grandi della Costa Rica hanno stranamente goduto di forti precipi- tazioni – fino ad adesso. Ed è a questo punto che interviene il cambiamento climatico. Quasi la to- talità dei modelli climatici predicono che “uno degli effetti sul cambiamen- to climatico sarà una concentrazione di forti rovesci, e, di conseguenza, lun- ghi periodi di siccità,” spiega Walter Vergara, un esperto in cambiamenti del clima focalizzato sull’America La- tina all’Istituto di Ricerca Mondiale. Soprattutto in nazioni come la Costa Rica, più piogge cadranno in meno tempo. Cosa grandiosa per gli im- pianti idroelettrici, ma terribile se si pensa a inondazioni e frane. Inoltre, forti precipitazioni adesso possono si-
  • 39. SOS | 39 gnificare siccità a seguire. “Solamente El Niño e la Niña possono rivelarci per quanto a lungo non necessitere- mo di carbon fossile per produrre elettricità,” ha dichiarato Julio Mata, un esperto di energia all’Università della Costa Rica. Tutto ciò dovrebbe significare che una volta finite le piogge, la Costa Rica dovrà servirsi nuovamente di ge- neratori diesel? Non necessariamen- te, ha affermato Vergara. La nazio- ne ha un altro generatore di energia pulita a disposizione: i vulcani – sei attivi e un’altra dozzina di vulcani inattivi, che vuol dire fonti di calore geotermico e energia. L’energia Ge- otermica dà un contributo del 15% alla rete energetica della Costa Rica, e la sua fetta di torta sembra inten- zionata ad aumentare non appena il governo attuerà ulteriori investimenti alla causa. Questa è una fonte di energia forte- mente affidabile, poiché non soggetta a nessuna delle fluttuazioni dovute ai cambiamenti nelle precipitazioni, radiazioni solari, o prezzi del carbu- rante che flagellano gli altri metodi. L’energia geotermica offre alla Costa Rica una via per compensare ai buchi dell’energia idroelettrica attraverso un’altra energia rinnovabile, piut- tosto che doversi affidare al com- bustibile fossile al prossimo stato di allerta. Mata sostiene che la nazione potrebbe addirittura integrare più energia se fossero permessi impian- ti geotermici nei parchi nazionali o nelle aree protette, che coprono un quarto delle terre della Costa Rica e ospitano all’interno molti dei suoi vulcani. È vero che non tutte le nazioni hanno fiumi da poter arginare, vulcani da poter sfruttare, o un governo con così forte impegno verso l’ambientalismo. Per molteplici ragioni, la Costa Rica ha avuto un notevole vantaggio ini- ziale nella gara verso un futuro libero dal combustibile fossile, ma sta dan- do dimostrazione al resto del mondo cosa è disposta a fare per raggiungere questo obiettivo. Manuel Impellizzeri Nella pagina precedente: il Vulcano Arenal, uno dei vulcani attivi della nazione. (foto: aventurevolcans.com) In questa pagina: diga ad arco che si trova a nord del Parco Nazionale Tapanti, a sud-est est di Cartago in Cartago Province in Costa Rica. Ha una capacità installata di 102 MW, con tre unità di 34 MW ciascuna. (foto: thecostaricanews.com/) IL PIANO B
  • 40. 40 | SOS I l World Stage Design è una mani- festazione internazionale che rag- gruppa performance dal mondo del teatro, dell’opera e della danza, sotto il segno del design, attraverso spettacoli, mostre ed installazioni ne- gli spazi teatrali e non. È un evento che si svolge ogni quattro anni: parti- to da Toronto nel 2005, si è poi spo- stato a Seoul nel 2009. Il 2013 è stata la volta di Cardiff dove questo festi- val multiforme ha attirato migliaia di visitatori da tutto il mondo. La parola d’ordine di quest’ultima edizione è stata “sostenibilità”. Infatti, il programma degli eventi era ricco di dibattiti, spettacoli e work- shop su questo argomento e su come esso si inserisca nel mondo dell’arte. Naturalmente, anche il luogo che ha ospitato questa manifestazione sa- rebbe dovuto essere eco-sostenibile, per cui gli organizzatori hanno deci- so di indire una competizione per il progetto del teatro temporaneo del WSD 2013. Ian Evans, direttore tec- nico del festival, ha descritto così il contest: “Un progetto impegnativo. Avevamo richiesto una sede che fosse eco-friendly, potesse ospitare fino a 150 posti a sedere, adatta a spettacoli di vario tipo e che si potesse autoco- struire, tutto per una spesa inferiore alle 20.000 sterline”. Una bella sfida, insomma, soprattut- to a causa del budget così “ristretto”. Ma si sa: la necessità aguzza l’ingegno e le proposte dei progettisti sono sta- te ugualmente numerose. Continua Ian Evans: “Alcuni hanno avuto approcci estremamente origi- nali e i materiali utilizzati sono stati dei più disparati, includendo balle di fieno, scatole di cartone e casse da imballaggi”. Uno di questi progetti originali, ap- punto, è stato quello dello Studio Andrew Todd, team di architetti con Un progetto con alti requisiti e bassi budget? La soluzione sono i materiali riciclati ed eco-sostenibili. quando LA NECESSITà AGUZZA L’INGEGNO Il teatro di cartone
  • 41. SOS | 41 sede a Parigi. Forse la loro idea è nata ponendosi più o meno questa do- manda: cosa farebbe un bambino che volesse una macchinina giocattolo ma non avesse i soldi per comprarla? Semplice: ne costruirebbe un model- lino di cartone! Ed è questo quello che hanno deciso di fare gli architetti parigini: proget- tare un teatro di cartone. “Il brief da Cardiff prevedeva un bu- dget così basso, quasi ridicolo, che non potevamo resistere alla sfida di vedere se un progetto di quel tipo fosse realmente fattibile” ha spiegato Todd. “Riguardo alla forma, abbiamo preferito la semplicità con la pianta del teatro circolare, ma per rientra- re nel budget – e per dare agli attori qualcosa un po’ più significativo di un semplice tendone abbellito – ab- biamo deciso di essere creativi riguar- do ai suoi materiali. La risposta? Car- ta riciclata!” Una delle sue caratteristiche princi- pali, infatti, è l’abbondanza, tant’è vero che moltissime aziende si occu- pano della raccolta e del riciclo del- la carta; per cui se ne può trovare in grandi quantità pressoché ovunque e per una spesa quasi pari a zero. Inol- tre, una volta finito il suo impiego, può essere rivenduta di nuovo per essere ri-riciclata, abbattendone così i costi. Ma la scelta del team di An- drew Todd, si ricollegava anche alla loro filosofia anticonformista sull’uso dei materiali: “In questo progetto, volevamo mo- strare che gli edifici non devono ne- cessariamente essere di cemento o pietra, possono anche essere fatti di spazzatura o di scarti!” ha affermato Todd. Bisogna, cioè cambiare la per- cezione che si ha di alcuni materiali, guardare in maniera diversa quello che il mondo offre e, sfruttandone le caratteristiche, ipotizzarne un uso in contesti totalmente nuovi. La scelta dello studio è ricaduta per- ciò su due tipologie di carta ricicla- ta: i grandi blocchi densi di cartone, utili per l’isolamento sia termico che acustico, utilizzati per il muro inter- no dietro il palco, in modo da creare un fondale semplice e dall’acustica buona, e, per il resto della struttura, le balle fatte di vecchie riviste e pagi Fig.1: render della platea e del palcoscenico del Paper Theatre. Fig.2: render della struttura esterna, in bambù e con il rivestimento in carta riciclata, ed ambientazione. (foto: studioandrewtodd.com) Lo studio Andrew Todd, a Parigi, si occupa di architettura e scenografia dal 2004, con una particolare enfasi sugli spazi per le arti performative. Il titolare dello studio è noto per la sua particolare propensione all’eco- sostenibilità. Sul loro sito si legge: “…la materia degli edifici deve essere viva come le attività che gli uomini vi svolgono al suo interno, tanto che essi ne possano sentire le potenzialità. Questo è uno dei motivi per cui usiamo così tanto il legno (oltre al suo ovvio valore ecologico): ognuno può, in teoria, riadattarlo”. GLI ARCHITETTI DEL TEATRO DI CARTONE la proposta dello studio andrew todd fig. 1 fig. 2
  • 42. 42 | SOS A lato: le fasi di costruzione del Paper Theatre. Per il progetto era richiesto che l’edificio potes- se autocostruirsi. Si tratta cioè di una struttura modulare che chiunque può realizzare. Nei render, dall’alto, la costruzione dello scheletro di bambù, poi delle pareti di cartone riciclato, la copertura con il vecchio telone da circo ed infine il teatro completo. (foto: studioandrewtodd.com) ne di giornali, interessanti per il loro aspetto e per il legame simbolico che esse hanno con un luogo come il tea- tro, dedicato all’apprezzamento delle parole. Il bambù, invece, è stato im- piegato per lo “scheletro” del teatro; rispetto all’acciaio, infatti, è otto vol- te più leggero e richiede delle sempli- ci fascette di plastica per le giunture. Infine, il tetto è stato realizzato con un tendone da circo riciclato, tagliato in modo da creare un doppio strato con al centro altra carta riciclata per garantire l’isolamento. Alla fine, come descritto anche dagli stessi architetti, con il loro progetto essi hanno proposto un teatro “inti- mo – e tuttavia grande – dalla forma circolare e con 135 posti a sedere, fatto quasi totalmente di materia- li riciclati e riciclabili”. Le balle di carta, che componevano i muri della struttura, sarebbero state rivendute per lo stesso prezzo all’azienda che le aveva fornite, così come tutti gli altri materiali, mentre i macchinari per la costruzione sarebbero stati presi in prestito. In questo modo il budget stimato per la realizzazione del teatro era di poco al di sopra delle 10.000 sterline. Si potrebbe pensare, a questo punto, che quelli dello studio Andrew Todd siano riusciti a vincere la sfida del brief per il concorso del WSD 2013, ottenendo l’appalto per il progetto del teatro temporaneo del festival. La giuria, però, ha scelto un’altra proposta, quella degli americani Tim Lai e Brad Steinmetz. Il loro Willow Theatre presentava un’impalcatura industriale come struttura portante e lunghe strisce di quel tessuto bian- co tipico delle serre, come elementi il vincitore del contest
  • 43. SOS | 43 World Stage Design 2017 La prossima edizione si svolgerà a Taipei nel 2017, presso la Theatre Technology Association and Taipei National Universi- ty of the Arts, dove si prevede un alto numero di visitatori, tra cui esperti del teatro e rappresentanti di più di 50 nazioni. L’evento si svolgerà dal 1 al 9 luglio e avrà come tema la “Trasformazione”. Inoltre, includerà anche lo Scenofest, una serie di workshops, presentazioni, performance e dibattiti sui temi del design e del teatro, in cui professionisti e apprendi- sti potranno scambiarsi idee, discutere e collaborare. Link di riferimento: wsd2013.com decorativi dei muri, un pò a ricorda- re, appunto un salice piangente (in inglese “willow”). Secondo i proget- tisti, “le sue caratteristiche di legge- rezza e semitrasparenza rendevano il tessuto ideale per creare un ambiente unico in una struttura temporanea”. L’interno, compreso il pavimento e le sedute in legno, erano ugualmente ottenuti da materiali di scarto o presi in prestito da altri settori e sarebbero stati riciclati o riutilizzati altrove alla fine del festival. Ian Evans ha giustifi- cato la scelta per il carattere innovati- vo del progetto e per la sua adattabi- lità alle diverse possibilità di utilizzo. Nonostante la sconfitta, lo studio An- drew Todd e il loro Paper Theatre rappresentano un esempio di come, attraverso un’idea semplicissima, la creatività e l’attenzione all’ambiente possano cambiare totalmente la per- cezione che abbiamo delle cose, in particolare di ciò che ritenevamo or- mai inutile, e dei suoi possibili impie- ghi, oltre a dimostrare, una volta di più, che l’eco-sostenibilità conviene anche dal punto di vista economico. Rossella De Vico Nonostante il suo carattere innovativo, il pro- getto degli architetti parigini non ha convinto i giudici del contest per il WSD2013. Nella foto, il progetto vincitore, il Willow Theatre. (foto: wsd2013.com)
  • 45. SOS | 45 Il designer Daan Roosegaarde fotografato sulla “Van Gogh Path” in occasione della sua inaugurazione. (foto: studioroosegaarde.net) DAAN ROOSEGAARDE UN MONDO INTERATTIVO E SOSTENIBILE design d’autore Tecnologia e sostenibilità, declinati sempre in soluzioni suggestive e fuori dal comune, sono i tratti distintivi del lavoro del designer olandese. L’ultimo progetto che sta sviluppando, prevede che un anello libererà il cielo di Pechino dallo smog entro il 2017.
  • 46. 46 | SOS P oesia, sostenibilità, tecnologia e genio. Il lavoro di Daan Ro- osegaarde potrebbe essere sin- tetizzato in queste quattro parole. I suoi progetti, infatti, hanno sempre un carattere incantato e avveniristi- co allo stesso tempo, oltre a presenta- re delle soluzioni estremamente ori- ginali, quasi come se egli guardasse costantemente il mondo con occhi nuovi, senza porre limiti o scartare nessuna delle possibilità che esso of- fre. Una “filosofia” che lo ha portato, soprattutto all’inizio della sua carrie- ra a sentirsi dire molti “Sì, ma…” di fronte alle sue idee, percepite un po’ troppo “sui generis”. Così, nel 2007, insieme con il suo studio, Roosegaar- de realizzò, in maniera provocatoria, la ‘Yes, but’ Chair, una sedia interatti- va che dà una breve ma intensa scos- sa a chi, stando seduto, pronuncia queste due parole appunto, obiettan- do la fattibilità di un nuovo progetto. Il messaggio era ed è semplice: “Cre- ate! Concretizzate quello che avete immaginato!”. E Roosegaarde è, in- nanzitutto un “maker”, un artigiano. La diffidenza e le critiche iniziali, in- fatti, lo ha portato a non attendere che gli altri dimostrino interesse per le sue idee, “autorizzandolo” a svi- lupparle. Egli commissiona il lavoro per se stesso, realizzandone un proto- tipo funzionante, per mostrare da su- bito ai dubbiosi la fattibilità dei suoi progetti, e, una volta stabilito il target di riferimento attende che le parti in- teressate si mettano in contatto. D’altronde il suo obiettivo, come lui stesso ha affermato, è quello di “prototipare un mondo nuovo”, di- segnando l’aspetto che assumeranno nel futuro le nostre infrastrutture e il paesaggio urbano, e come interagi- remo con essi. Assicurandosi anche, passo dopo passo, che il risultato sia stupendo. Come la pista ciclabile rea- lizzata per la città di Neunen, in Olan- da. “Il sindaco mi chiese di riattivare uno spazio abitato in cui non c’era nulla da vedere e per questo poso” ha spiegato, “così ho deciso di realiz- zare qualcosa che potesse diventare un’attrazione”. Inoltrandosi nel par- co, infatti, sembra di entrare in una foresta incantata: un sentiero di luci, lungo 700 km, indica la strada illumi- nandosi tramite una polvere fotolu- minescente che si carica con la luce solare durante il giorno liberandola anche per 10 ore durante la notte. La sostanza è stata utilizzata per colorare le pietre del percorso e l’effetto che si ha è quello di pedalare sopra una scia di stelle. E non a caso, dato che Roosegaarde si è ispirato volutamen- te all’opera di Van Gogh “La notte stellata”: il percorso ciclabile, inau- gurato lo scorso 13 novembre, è sta- to progettato proprio come un omag- gio all’artista in occasione del “Van Gogh 2015 International Theme Year” dedicato ai 125 anni dalla sua scomparsa, il cui anniversario ricor- rerà il 29 luglio prossimo. Il proget- to collega due mulini e aggiunge un nuovo tratto alla pista ciclabile lunga 335 chilometri che si snoda nella re- gione del Brabante del nord, unendo la casa di famiglia in cui nacque Van Gogh al paese di Nuenen, appunto, dove trascorse buona parte della sua vita e dove, nel 1885, dipinse il suo primo capolavoro, “I Mangiatoriw di Patate”. Continua il designer: “Mi interessava generare un paesaggio del futuro seguendo però un principio di base: riportare alla vita il patrimonio culturale del luogo. Oggi quel parco è molto noto e frequentato: è come attraversare in bicicletta un dipinto dell’artista olandese”. La pista ciclabile che si auto-illumina, riprende un altro progetto di Roose- gaarde, sviluppato poco tempo prima sempre in Olanda. La pista ciclabile stellata ispirata a Van Gogh
  • 47. SOS | 47 In alto: “Van Gogh Path”, la pista ciclabile che brilla di luce propria grazie a una vernice fotosensibile che assorbe la luce solare durante il giorno liberandola al buio. (foto: studioroosegaarde.net) A destra: “La notte stellata”, un olio su tela realizzato da Vincent Van Gogh nel 1889 e conservato al MoMA di New York. Daan Roosegaarde ha deciso di ispirarsi a questa opera per il progetto della pista ciclabile di Nuenen, intitolata appunto “Van Gogh Path”. (foto: wikipedia.org)
  • 48. 48 | SOS Si tratta delle Smart Highways, le strade intelligenti, in cui si coniugano le ultime tecnologie con i concetti di sostenibilità, sicurezza e percezione. Molto è stato scritto ed ipotizzato, sin dagli anni 80, circa questo tipo di in- frastrutture, ma fino ad ora il focus di ingegneri e designer è sempre sta- to su quali funzioni o caratteristiche avessero dovuto avere le auto. Daan Roosegaarde, insieme al suo studio e con la cooperazione dell’azienda co- struttrice Heijmans, ha deciso di af- frontare la questione da un punto di vista più ampio, lavorando sull’am- biente, in particolare il manto strada- le. “Nel 2007 ero interessato alle in- stallazioni in spazi pubblici, ora sono più orientato all’aumento di scala: autostrade, parchi, città…” affer- ma. Alcune delle idee, al momento restano ancora dei prototipi, come la “dynamic paint”, le “dynamic lines” e le corsie preferenziali elettriche (ri- spettivamente, un sistema di simbo- li che compaiono sul manto stradale per comunicare le condizioni dell’a- sfalto, anche in relazione alla tempe- ratura e al meteo, la segnaletica oriz- zontale dinamica, che adatta le linee della carreggiata in base al traffico e infine delle corsie dove le auto elet- Le strade interattive del futuro In alto: Roosegaarde e il direttore di Heijmans, l’azienda costruttrice con la cui collaborazione sono state realizzare le Smart Highways. In basso: i delimitatori di carreggiata delle Smart Highways. Attraverso una vernice fotoluminescente, si caricano di luce durante il giorno e illuminano la strada durante la notte. (foto: studioroosegaarde.net) triche potranno ricaricarsi semplice- mente viaggiandoci sopra). Sono, in- vece, installati e funzionanti sul tratto N329, nella città di Oss, gli indicatori di carreggiata che, come per la pista ciclabile, tramite una vernice foto- sensibile, brillano di luce propria di notte, liberando quella assorbita nel corso del giorno. Ma il progetto non rappresenta solamente una soluzione sostenibile ed economicamente van-