1. Banca Nazionale del Lavoro
Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119
00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n. 159/2002
del 9/4/2002
Le opinioni espresse
non impegnano la
responsabilità
della banca.
Flussi annuali di investimenti diretti esteri in
alcune economie europee
(% del totale mondo; media 1990-2012)
8
7,6
7
6
5,5
5
4
3,2
3,5
3
2
1,6
1
0
Italia
Germania
Spagna
Francia
Regno Unito
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati UNCTAD
02
20 gennaio
2014
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa
tel. 0647028414
giovanni.ajassa@bnlmail.com
Negli ultimi venti anni, l’Italia è stata capace di attrarre ogni anno in media solo l’1,6%
del totale degli investimenti diretti esteri realizzati nel mondo, contro il 3,5% della
Spagna e il 5,5% della Francia. Nel nostro Paese, operano oltre 13mila imprese a
controllo estero. Impiegano circa il 7% degli addetti totali e realizzano risultati migliori
di quelle a controllo nazionale, grazie anche al maggior volume di investimenti
realizzati.
La mancanza di investimenti produttivi, che ha penalizzato l’economia italiana non
solo negli anni della crisi, trova spesso spiegazione in un sistema paese non in grado
di favorire adeguatamente l’attività d’impresa. I dati sulle imprese a controllo estero
residenti in Italia mostrano come un maggior volume di investimenti possa contribuire
ad ottenere risultati migliori per le imprese.
2. 20 gennaio 2014
Una lezione per crescere dalle imprese a controllo estero
P. Ciocca 06-47028431 – paolo.ciocca@bnlmail.com
Nel 2011, le imprese a controllo estero residenti In Italia erano oltre 13mila.
Impiegavano circa il 7% degli addetti totali, mostrando una dimensione media
maggiore di quella relativa al complesso del sistema imprenditoriale italiano.
Nel confronto con le imprese a controllo nazionale, quelle a controllo estero
realizzano una migliore performance, sia in termini di produttività sia in termini
di redditività. Questa considerazione trova conferma anche tenendo conto delle
differenze dimensionali rispetto alle aziende a controllo nazionale.
Nelle imprese a controllo estero, il valore aggiunto per addetto è pari a 81mila
euro, circa il doppio di quanto rilevato per il complesso delle imprese a controllo
nazionale. Limitando l’analisi alle grandi imprese, il valore aggiunto per addetto
di quelle a controllo estero è superiore di circa il 20% di quanto registrato in
quelle a controllo nazionale.
La maggiore produttività consente alle imprese a controllo estero di conseguire
migliori risultati in termini di redditività. Per le grandi imprese, il rapporto tra il
margine operativo lordo e il valore aggiunto è pari al 42%, 10 punti percentuali in
più di quanto realizzato dalle grandi imprese a controllo nazionale.
Le imprese a controllo estero si caratterizzano, inoltre, per un maggior volume di
investimenti, con un valore per addetto superiore agli 11mila euro, oltre il doppio
del dato relativo alle imprese a controllo nazionale.
Per tornare a crescere, l’economia italiana necessita di nuovi e ingenti
investimenti, per ricreare una capacità produttiva adeguata, che consenta di
recuperare rapidamente quanto perso negli ultimi sei anni. La mancanza di
investimenti produttivi, che ha penalizzato l’economia non solo negli anni della
crisi, trova spesso spiegazione in un sistema paese non in grado di favorire
adeguatamente l’attività d’impresa. Oltre queste criticità, sembra, però, esserci
anche un problema di mentalità nell’affrontare le scelte imprenditoriali e nel
determinare le modalità di investimento, sia in termini di ammontare delle risorse
che di tipologia di bene acquistato.
I dati sulle imprese a controllo estero residenti in Italia mostrano come un
maggior volume di investimenti nel capitale produttivo, nonostante le difficoltà
del contesto esterno, possa contribuire ad ottere risultati migliori in termini di
produttività e redditività.
Pochi investimenti, sia nazionali sia esteri, frenano la crescita in Italia
Nel III trimestre del 2013, con il Pil solo in moderata flessione, si è sostanzialmente
interrotta la seconda recessione degli ultimi sei anni, che ha interessato nove trimestri
consecutivi ed ha portato il calo complessivo del prodotto in Italia ad oltre 9 punti
percentuali nel confronto con la prima parte del 2008. I dati degli ultimi mesi hanno
confermato come l’economia italiana continui a soffrire prevalentemente la debolezza
della domanda interna. Guardando oltre la moderata ripresa attesa per i prossimi mesi,
e cercando di immaginare con quale velocità l’economia italiana sarà in grado di
recuperare quanto perso negli ultimi sei anni, preoccupa in particolare il brusco calo
degli investimenti. Quasi 6 degli oltre 9 punti percentuali persi in termini di Pil sono
spiegati, infatti, dalla flessione degli investimenti, scesi di circa il 30% in sei anni.
Questa deludente performance, oltre ad essere il risultato del peggioramento delle
2
3. 20 gennaio 2014
contesto economico complessivo, che porta le imprese a rinviare le decisioni di spesa,
è anche la conseguenza della difficoltà del Paese di attrarre capitali dall’estero.
Nel 2012, gli investimenti diretti esteri in Italia sono stati pari a 9,6 miliardi di dollari.
Con solo lo 0,7% dei 1.350 miliardi di investimenti esteri realizzati nel mondo, l’Italia si
è posizionata al 32° posto nella classifica dei principali paesi beneficiari di capitali
dall’estero. Al primo posto troviamo gli Stati Uniti, che con 168 miliardi hanno attratto il
12,4% del totale, seguiti dalla Cina con 121 miliardi. La prima economia europea è il
Regno Unito, al 6° posto con 62 miliardi. Tra i primi venti paesi troviamo anche la
Spagna e la Francia, rispettivamente con 28 e 25 miliardi.
Flussi annuali di investimenti diretti
esteri in alcune economie europee
Stock di investimenti diretti esteri in
alcune economie europee
(% del totale mondo; media 1990-2012)
8
(% del Pil; anno 2012)
7,6
7
4
3,2
40
30
3,5
3
20
1,6
17,7
21,1
10
1
Italia
47,0
41,9
5,5
5
0
54,3
50
6
2
60
Germania
Spagna
Francia
Regno Unito
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati
UNCTAD
0
Italia
Germania
Francia
Spagna
Regno Unito
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati
UNCTAD
Sebbene il dato italiano del 2012 sia anche il risultato di una brusca flessione rispetto
ai 34 miliardi dell’anno precedente, la difficoltà del nostro Paese nell’attrarre capitali
dall’estero appare una criticità strutturale, piuttosto che un semplice problema di natura
congiunturale frutto della crisi. Negli ultimi venti anni, l’Italia è stata capace di attrarre
ogni anno in media solo l’1,6% del totale degli investimenti diretti esteri realizzati nel
mondo, contro il 3,2% della Germania, il 3,5% della Spagna e il 5,5% della Francia.
Nel 2012, il valore complessivo dello stock di investimenti esteri realizzati in Italia era
pari a 357 miliardi di dollari, quasi il triplo di quanto rilevato nel 2000 e oltre cinque
volte il dato del 1990. In termini di Pil, lo stock di investimenti esteri, pari all’11% nel
2000, si è avvicinato al 18% nel 2012. Nonostante l’aumento degli ultimi anni, si
rimane, però, su valori contenuti nel confronto internazionale. Il dato italiano appare
non lontano da quello tedesco (21%) e da quello americano (25%), mentre risulta pari
a meno della metà di quello francese (42%) e di quello spagnolo (47%).
Nel nostro Paese, il dibattito sulla necessità di favorire l’afflusso di capitali dall’estero si
sviluppa evidenziando, spesso, contraddizioni nelle conclusioni alle quali si giunge. Se
da un lato viene sottolineata l’importanza dei capitali esteri, anche al fine compensare
le difficoltà che interessano le imprese nazionali frenandone le decisioni di
investimento, la notizia dell’acquisto di una società italiana da parte di un investitore
straniero, anche qualora si tratti di un’azienda in evidente situazione di difficoltà, viene
spesso vissuta come la criticità di un sistema incapace di difendere il comparto
imprenditoriale nazionale. Per trovare il giusto equilibrio tra queste due diverse
3
4. 20 gennaio 2014
posizioni, utili informazioni possono essere tratte analizzando i dati sulle imprese
residenti in Italia a controllo estero pubblicati dall’Istat.
Alcune informazioni sulle imprese a controllo estero residenti in Italia
Le imprese a controllo estero residenti in Italia, con l’esclusione delle attività finanziarie
e assicurative, erano 13.527 nel 2011, rappresentando solo lo 0,3% delle oltre 4 milioni
di aziende italiane e generando un fatturato prossimo ai 500 miliardi di euro, con quasi
100 miliardi di valore aggiunto prodotto. Gli Stati Uniti sono il paese che ha mostrato
negli anni un maggiore interesse per le nostre aziende, con 2.250 imprese controllate,
che impiegano quasi 270mila addetti, seguiti dalla Germania, con circa 2mila imprese,
e dalla Francia, con 1.814 aziende.
Le imprese a controllo estero residenti
in Italia per settore merceologico
Le imprese a controllo estero residenti
in Italia per paese controllante
(% fatturato totale imprese controllo estero; anno
2011)
(numero imprese; anno 2011)
Alimentare
3%
Altri servizi
5%
Tessile e abbigliamento
1%
2.500
Prod. petroliferi
5%
Chimica
4%
2.000
Farmaceutica
4%
Attività profess. e
scient.
2%
Gomma, plastica e min.
non metall.
3%
Metalli
4%
Elettronica
1%
Informazione e comun.
7%
Trasporto e
magazzinaggio
4%
Apparecchiature
Macchinari elettriche
2%
5%
Austria
Giappone
Lussemburgo
Spagna
Paesi Bassi
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Regno Unito
Altre attività
manifatturiere
2%
Svizzera
Altre attività indutriali
5%
0
Francia
Costruzioni
1%
500
Germania
Comm. Ingrosso, dett. e
rip. auto
39%
1.000
Stati Uniti
Mezzi di trasporto
3%
1.500
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Con quasi 1,2 milioni di addetti, le imprese a controllo estero impiegavano nel 2011
circa il 7% della forza lavoro complessiva, mostrando una dimensione media maggiore
di quella relativa alle imprese a controllo nazionale, rispettivamente 88,6 e 3,5 addetti
per impresa.
Circa un quinto delle imprese a controllo estero opera nel comparto manifatturiero, un
peso pari a più del doppio di quello relativo al totale delle aziende residenti in Italia,
mentre i servizi assorbono oltre il 70% del totale. Il manifatturiero genera il 36% del
fatturato complessivamente prodotto dalle imprese a controllo estero. A livello
settoriale, emerge una forte concentrazione nel comparto farmaceutico, in quello dei
macchinari, in quello dei prodotti petroliferi e in quello dei prodotti chimici. Questi
quattro settori, con circa 85 miliardi di euro, assorbono quasi la metà del fatturato
complessivamente ottenuto dalle imprese a controllo estero operanti in Italia nel
comparto manifatturiero, un peso pari a quasi il doppio di quello che gli stessi settori
registrano se rapportati al totale delle imprese residenti.
Il commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli è il comparto con il
maggior numero di imprese controllate dall’estero, quasi 4mila pari a circa il 30% del
totale. Il farmaceutico è, però, il settore con la maggiore concentrazione di imprese
estere: un’azienda su cinque operante in questo comparto è, infatti, controllata da
soggetti non residenti in Italia, con una quota di valore aggiunto che supera il 60%.
Percentuali significative si registrano anche nei prodotti petroliferi e nei prodotti chimici,
4
5. 20 gennaio 2014
con circa il 5% delle imprese e oltre il 40% del valore aggiunto prodotto da aziende a
controllo estero, mentre negli autoveicoli si scende a circa il 25%, un valore,
comunque, rilevante.
Imprese a controllo estero più redditizie, grazie ad una maggiore produttività
Nel confronto con le imprese a controllo nazionale, quelle a controllo estero realizzano
una migliore performance, sia in termini di produttività sia in termini di redditività.
Questa considerazione trova conferma anche tenendo conto delle differenze
dimensionali rispetto alle aziende a controllo nazionale.
La produttività delle grandi imprese in
Italia
(250 addetti e oltre; valore aggiunto per addetto;
migliaia di euro; anno 2011)
Produttività e costo del lavoro nelle
imprese a controllo estero residenti in
Italia
(migliaia di euro; anno 2011)
160
160
140
140
120
120
100
100
74
61
80
60
80
60
Farmaceutica
Alimentare
Chimica
Prod. petroliferi
Altri mezzi di trasporto
Macchinari
Elettronica
Totale
VA per addetto
App. elettriche
Commercio e rip. auto
Autoveicoli
Mobili
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Legno
Controllo nazionale
Alloggio e ristorazione
Farmaceutica
Chimica
Altri mezzi di trasporto
Macchinari
Elettronica
App. elettriche
Carta
Controllo estero
Totale
Tessile
Autoveicoli
Costruzioni
Commercio e rip. auto
0
Stampa
20
0
Abbigliamento e pelle
40
20
Alloggio e ristorazione
40
Costo del lavoro per dipendente
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Nelle imprese a controllo estero quasi 1,2 milioni di addetti producono 97 miliardi di
euro di valore aggiunto. Ogni singolo addetto è, dunque, in grado di generare 81 mila
euro di valore aggiunto. Guardando al complesso delle imprese a controllo nazionale,
si scende a 40 mila euro. Limitando l’analisi alle grandi imprese, quelle con più di 250
addetti, la distanza si riduce, ma rimane, comunque, ampia. Ognuno degli 871mila
addetti delle 812 grandi imprese a controllo estero residenti in Italia produce in media
74mila euro di valore aggiunto; nelle grandi imprese a controllo nazionale ci si ferma a
60mila, quasi il 20% in meno. Questa maggiore produttività è il risultato di andamenti
differenti a livello settoriale. Le imprese a controllo estero conseguono risultati
particolarmente brillanti nel comparto della chimica, in quello della farmaceutica, in
quello dei macchinari, in quello dei mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli e in
quello dei prodotti alimentari.
Grazie anche a questa maggiore produttività, le imprese a controllo estero sono in
grado di corrispondere retribuzioni più elevate. Il costo del lavoro per dipendente è
uguale in media a 46mila euro, quasi il 10% in più di quanto si registra nel totale delle
grandi imprese residenti in Italia. La differenza sale ad oltre il 30% considerando il
complesso delle aziende. Guardando il dettaglio settoriale per le sole imprese a
controllo estero, emerge come il costo del lavoro più elevato venga, nella maggior
parte dei casi, rilevato nei comparti con la più alta produttività.
Questa maggiore produttività consente alle imprese a controllo estero di conseguire
anche migliori risultati in termini di redditività, misurata dall’incidenza del margine
operativo lordo sul valore aggiunto. Una redditività pari al 43% per le imprese a
5
6. 20 gennaio 2014
controllo estero si confronta con il 20% di quelle a controllo nazionale. Una distanza,
che, anche limitando il confronto alle sole grandi aziende, rimane significativa,
mantenendosi oltre i 10 punti.
Imprese a controllo estero: migliori risultati grazie a più investimenti
Alcuni elementi che caratterizzano le imprese a controllo estero, differenziandole da
quelle a controllo nazionale, aiutano a comprendere i motivi alla base della migliore
performance.
Gli investimenti per addetto nelle
imprese italiane
Investimenti e produttività nelle imprese
a controllo estero residenti in Italia
(migliaia di euro; anno 2011)
(migliaia di euro; anno 2011)
160
18
140
16
120
Imprese residenti (250 addetti e oltre)
14
12
100
Imprese residenti a controllo estero
10
80
8
60
Imprese residenti (50-249 addetti)
6
40
4
Farmaceutica
Alimentare
Chimica
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
VA per addetto (sc. sn.)
Altri mezzi di trasporto
14
Macchinari
12
Elettronica
10
App. elettriche
8
Commercio e rip. auto
6
Tessile
4
Autoveicoli
2
Abbigliamento e pelle
0
Mobili
Imprese residenti (0-9 addetti)
0
Legno
Imprese residenti (10-19 addetti)
2
0
Alloggio e ristorazione
20
Imprese residenti (20-49 addetti)
Investimenti per addetto (sc. ds.)
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Le imprese a controllo estero effettuano un volume di investimenti maggiore di quello
riscontrabile nel complesso delle aziende. Nel 2011, le oltre 13mila imprese
considerate hanno realizzato quasi 14 miliardi di euro di nuovi investimenti, si tratta di
11,4mila euro per ciascun addetto. Un valore pari ad oltre il doppio di quello relativo
alle imprese a controllo nazionale. Anche in questo caso, le conclusioni alle quali si
giunge non vengono modificate in maniera significativa considerando le differenze
dimensionali. Un valore di investimenti per addetto superiore agli 11mila euro può
essere trovato tra le imprese residenti in Italia solo considerando le grandi imprese. Per
le medie, quelle con un numero di addetti compreso tra 50 e 249 unità,
raggruppamento al quale dovrebbe essere confrontato l’insieme delle imprese a
controllo estero data una dimensione media di 88 addetti, si scende, infatti, ben al di
sotto dei 10mila euro di investimento per addetto. Limitando l’analisi alle sole imprese a
controllo estero emerge, inoltre, come i maggiori investimenti si accompagnino spesso
a migliori risultati in termini di produttività. Questo è il caso del settore della
farmaceutica, come pure di quello alimentare e di quello chimico. Viceversa, in
comparti come quello dell’alloggio e ristorazione e quello dei mobili, valori contenuti di
investimenti si accompagnano a bassi livelli di produttività.
Ad un maggior volume di investimenti le imprese a controllo estero affiancano anche
un livello più elevato di spesa in ricerca. Con oltre 2mila euro per addetto si
posizionano, infatti, su valori pari a più del doppio di quelli relativi alle imprese a
controllo nazionale.
Un ultimo aspetto merita di essere sottolineato. Le imprese a controllo estero
beneficiano di una maggiore propensione all’esportazione, risultato anche
dell’inserimento in un gruppo internazionale. Nel 2011, le oltre 13mila imprese a
6
7. 20 gennaio 2014
controllo estero hanno venduto fuori dall’Italia merci e servizi per un valore
complessivo leggermente superiore a 90 miliardi di euro, dei quali quasi 40 relativi ad
operazioni intra-gruppo. Focalizzando l’attenzione sul comparto manifatturiero, le
esportazioni hanno rappresentato oltre il 40% del fatturato complessivo. Si tratta di un
valore 10 punti percentuali più alto di quello relativo al complesso delle imprese
residenti in Italia. Anche limitando il confronto alle sole imprese medio-grandi viene
confermata la maggiore propensione all’export di quelle a controllo estero.
Alcune riflessioni conclusive
Per tornare a crescere l’economia italiana ha necessità di nuovi e ingenti investimenti.
Solo ricreando una capacità produttiva adeguata, si potrà aspirare a recuperare
rapidamente quanto perso in termini di ricchezza prodotta.
Sulla mancanza di investimenti e sulla difficoltà nell’attrarre capitali dall’estero, oltre ad
una situazione congiunturale non favorevole, pesa un sistema paese non in grado di
favorire adeguatamente l’attività d’impresa. Il rapporto Doing Business della Banca
Mondiale mostra con chiarezza questa problematica. Nell’edizione per il 2014, l’Italia si
posiziona al 65° posto su 189 paesi per le regolamentazioni che agevolano o limitano
l’attività d’impresa. La classifica è guidata da Singapore, seguita da Hong Kong, con gli
Stati Uniti al 4° posto. Tra i paesi europei, la Spagna si posiziona al 52°, la Francia al
38° e la Germania al 21°. Di particolare interesse alcuni degli aspetti utilizzati per
giungere alla valutazione complessiva. L’Italia soffre prima di tutto l’inefficienza del
sistema giudiziario: sono necessari quasi 1.200 giorni per concludere un procedimento
per ottenere l’adempimento delle clausole contrattuali. In Spagna sono sufficienti poco
più di 500 giorni, in Francia e Germania si scende sotto i 400. Un freno all’attività
d’impresa viene anche dalla normativa fiscale. Un’azienda italiana deve destinare 269
ore ogni anno alle procedure previste per il pagamento delle tasse. In Germania ne
sono sufficienti 218, in Francia ci si ferma a 132.
Nel corso degli anni, queste criticità, oltre ad aver frenato la realizzazione di nuovi
investimenti, sembrano aver guidato le decisioni di spesa delle imprese, indirizzandone
l’allocazione delle risorse e favorendo una ricomposizione del capitale investito tra le
diverse tipologie di beni: è aumentato il peso dell’immobiliare, in particolare case e
uffici, mentre si è ridotto quello dei macchinari e dei mezzi di trasporto. Questo
spostamento di risorse al di fuori del comparto produttivo ha determinato una riduzione
della capacità del Paese di creare ricchezza, processo iniziato già negli anni precedenti
la crisi. Nel 2000 per produrre un euro di Pil erano sufficienti 5 euro di capitali investiti;
nel 2007 ne servivano 5,6, nel 2012 si è saliti a 6,6. In dodici anni la capacità del
sistema produttivo italiano di creare ricchezza si è ridotta di quasi un terzo.
La lunghezza dei processi, il peso della burocrazia, l’assenza di infrastrutture adeguate
senza dubbio rendono complessa l’attività d’impresa, penalizzando le decisioni di
investimento. Oltre le criticità del sistema paese, sembra, però, esserci anche un
problema di mentalità nell’affrontare le scelte imprenditoriali e nel determinare le
modalità di investimento, con riferimento sia all’ammontare delle risorse sia alla
tipologia di bene acquistato.
I dati sulle imprese a controllo estero residenti in Italia mostrano come un maggior
volume di investimenti nel capitale produttivo, nonostante le difficoltà del contesto
esterno, possa contribuire ad ottenere risultati migliori in termini di produttività e
redditività.
7
8. 20 gennaio 2014
Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori
Indice Itraxx Eu Financial
Indice Vix
400
60
350
300
50
250
40
200
30
150
100
20
Index Itraxx EU Financial Sector
50
gen-14
set-13
nov-13
lug-13
mag-13
gen-13
mar-13
set-12
nov-12
lug-12
mag-12
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set-11
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0
mar-11
gen-14
set-13
nov-13
lug-13
mag-13
gen-13
mar-13
set-12
nov-12
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gen-12
mar-12
set-11
nov-11
lug-11
mag-11
gen-11
10
mar-11
0
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
I premi al rischio passano da 83 a 84 pb.
L’indice Vix nell’ultima settimana scende
sotto quota 13.
Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent
Prezzo dell’oro
(Usd per barile)
(Usd l’oncia)
2.000
130
1,5
1.900
125
1,45
1.800
1,4
1.700
nov-13
gen-14
set-13
lug-13
mar-13
mag-13
dic-13
nov-12
lug-13
gen-13
feb-13
set-12
set-12
lug-12
apr-12
1.200
mar-12
nov-11
1,15
1.300
mag-12
giu-11
1,2
Cambio euro/dollaro sc.ds.
nov-11
90
gen-11
Brent scala sin.(in Usd)
gen-12
95
1.400
set-11
1,25
100
1.500
lug-11
1,3
105
1.600
mar-11
1,35
110
mag-11
115
gen-11
120
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
Il tasso di cambio €/$ a 1,36. Il petrolio di qualità
Brent quota $108 al barile.
Il prezzo dell’oro rimane sotto i 1.300 dollari
l’oncia.
8
9. 20 gennaio 2014
Borsa italiana: indice Ftse Mib
Tassi dei benchmark decennali:
differenziale con la Germania
(punti base)
24.000
1.400
22.000
1.200
1.000
20.000
800
18.000
600
400
16.000
14.000
12.000
gen-11
0
giu-11
nov-11
apr-12
set-12
feb-13
lug-13
gen-11
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mar-12
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nov-12
dic-12
gen-13
feb-13
mar-13
apr-13
mag-13
giu-13
lug-13
ago-13
set-13
ott-13
nov-13
dic-13
gen-14
200
Italia
dic-13
Spagna
Irlanda
Portogallo
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: elab. Servizio Studi BNL su dati Thomson
Reuters
Il Ftse Mib sale oltre quota 19.000.
I differenziali con il Bund sono pari a 348 pb
per il Portogallo, 141 pb per l’Irlanda, 195 pb
per la Spagna e 206 pb per l’Italia.
Indice Baltic Dry
Euribor 3 mesi
(val. %)
12.000
6
10.000
5
8.000
4
Fonte: Thomson Reuters
set-13
set-12
gen-13
mag-13
set-11
Fonte: Thomson Reuters
L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana
continua a scendere sotto quota 2.000.
gen-12
mag-12
set-10
gen-11
mag-11
set-09
gen-10
mag-10
set-08
gen-09
mag-09
0
set-07
0
gen-08
mag-08
1
set-06
2
2.000
gen-07
mag-07
3
4.000
gen-08
apr-08
lug-08
ott-08
gen-09
apr-09
lug-09
ott-09
gen-10
apr-10
lug-10
ott-10
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6.000
L’euribor 3m sale a 0,30%.
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNLGruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP
Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in
questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato
divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere
considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come
un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.
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