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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus
DAL 2014
DAL 2014
LUGLIO 2014 Anno I Numero 2 edizione gratuita
/11 Fontanelle virtuali 3D
Antonello Buccella ci presenta i
suoi lavori di geomodellazione su
GE per L’Aquila che fanno rivivere
virtualmentelabellacittàabruzzese
/12 Cogenerazione
Continua il discorso sui vantaggi
offerti dalla cogenerazione e dalla
trigenerazione toccando anche i
principali parametri progettuali
/18 Community Showcase
Una galleria di immagini di quattro
talentuosi modellisti 3D che
vivificano la nostra Community e
G+...
22
La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati
La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per
data di fondazione e numero di iscritti
 BIM
 CAD
 CAD MEP
 FEM
 Linguaggi CAD
 Modellatori 3D
 Modellatori organici
 Post produzione
 Prog. edile
 Altro software
 Progettazione
 Portfolios
 A.N.T. Automotive
 Stampa 3D
 Concorsi
 Curiosità
33
IL VOLONTARIATO È L’U-
NICO LAVORO IL CUI STI-
PENDIO È FATTO DI EMO-
ZIONI, È LA DIMOSTRA-
ZIONE CHE IL DENARO
NON È L’UNICA MERCE DI
SCAMBIO MA UN ARTE-
FATTO CREATO DALL'ES-
SERE UMANO E ANTEPO-
STO A TUTTO, ANCHE AL
BENE COMUNE.
da www.pensieriparole.it
LA METTO IN CORNICE
44
eventuali & va
HOME
Direttore responsabile:
Salvio Giglio
Redazione:
Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Marco Garava-
glia
Segretaria di redazione:
Nunzia Nullo
Redazione bozze:
Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo
La fatica che si è accumulata
durante l'inverno comincia a
farsi sentire e questa edizio-
ne è stata meno ricca della
precedente... La filosofia di
questo numero è: "Vediamo
come viene accolto e affinia-
mo i bugs che saltano fuori!".
L'accoglienza è stata decisa-
mente buona ma di bugs ne
sono usciti a decine. :D
La cosa più impegnativa è
stata l'elaborazione di un
modello con SketchUp per
l'articolo sulle basi della pro-
gettazione in cui si vede uno
spaccato teorico di un cir-
cuito di trigenerazione ad
assorbimento.
Motivo di ulteriore super
lavoro è stata anche la pre-
parazione dei promo gratuiti
per gli amici della Comm. E
di G+ con lo scopo di fargli
un pizzico di pubblicità e
dare alla rivista un tocco più
professionale. L’idea di crea-
re degli account sui princi-
pali Social, G+ in primis, di-
venta sempre più consisten-
te tanto che a fine mese è
nata la pagina G+
“CADZINE.it” su cui rendere
disponibile la rivista ed
eventuali iniziative legate ad
essa e alla Redazione.
Diario di bordo
geometra
[ge·ò·me·tra] sostantivo maschile e femminile professionista abilitato ad eseguire misurazioni di t
lavori di costruzione di edifici civili di piccole dimensioni.
rubriche corsi & tutoriaPAG. 07 NEWS
PAG. 09 EDITORIALE di Marco Garavaglia
“Va dove ti porta il cuore...”
PAG. 10 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-
ZIONE di Salvio Giglio
“Tecnologie ecosostenibili ed innovative
per la produzione di elettricità: cogenera-
zione trigenerazione”. II PUNTATA
PAG. 16 COMMUNITY SHOWCASE
PAG. 18 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio
“Giorgetto Giugiaro”
PAG. 23 INTERVISTA di Salvio Giglio “Gian
Martin Corso”
PAG. 27 MATEMATICA di Marco Garavaglia
“Impacchettamento di sfere”
PAG. 30 MUSICA di Nicola Amalfitano
“Bach ed i numeri”
PAG. 35 NEW HARDWARE FOR CAD di Salvio
Giglio “Principi di funzionamento delle
stampanti 3D”. III PUNTATA
speciali
PAG. 43 ARCHITETTURA E MODELLAZIONE 3D di
Antonello Buccella “Fontanelle aquilane
virtuali su Google Earth”
PAG. 44 TREND PROGETTUALI di Salvio Giglio
“BIM, l’esempio di RhOME for denCity al
Solar Decathlon 2014”
PAG. 52 UMORISMO
PAG. 53 GIOCHI
LOW BATTERY
PAG. 50 CORSO DI BASE PER SKETCHUP
di Salvio Giglio “L’area di lavoro principa-
le”. II PUNTATA
55
arie
E PAGE
Cos’è CADZINE
è una rivista gratuita nata in
seno alla Community di
“AutoCAD, Rhino & Sket-
chUp designer” per informare &
formare disegnatori tecnici e
appassionati sul CAD ed i suoi
“derivati”.
La pubblicità
Le inserzioni pubblicitarie pre-
senti sono gratuite e sono create
e pubblicate a discrezione della
redazione.
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mettendo a disposizione di tutti
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scenze. Sarai il benvenuto!
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E’ consentita la riproduzione di
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fonte e inviandoci la copia. La
pubblicazione è CopyLeft & Open
Access ;-)
Pensandoci bene
La necessità di una progettualità diversa
In un mondo in continuo cambiamento, il nostro Paese sembra saldamente ancorato alle
“tradizioni”: quelle peggiori! Se le nostre menti migliori (architetti, ingegneri, professori
e professionisti vari dell’area del design) non capiscono l’importanza di abbandonare i
vecchi schemi mentali, l’idea di essere sovrani incontrastati dei loro progetti, prime
donne a tutti i costi, in cambio delle nuove tendenze progettuali che prediligono, inve-
ce, la piena partecipazione di tutti alla fase progettuale, l’Italia rischia di vedersi ta-
gliata fuori dai grandi dibattiti culturali che animano i nostri giorni… e questo nono-
stante la Biennale di Venezia e la vittoria al Solar Decathlon in Francia. La cosa più
importante resta la necessità di insegnare la giusta innovazione almeno alle nuove
generazioni di progettisti che avranno la grana di far uscire il Paese dalla crisi.
terreni, rilievi catastali o anche alla progettazione, direzione e vigilanza dei
als
66
77
NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa
La eBIQE Concept è una bici-
cletta elettrica pensata per gli
utenti delle grandi aree metro-
politane che trovano nelle due
ruote un mezzo agevole ed
economico per spostarsi. Il suo
produttore è Qoros, un nuovo
marchio automobilistico inter-
nazionale che l’ha presentata
all’84° Salone di Ginevra. In
versione elettrica, sono dispo-
nibili le tre modalità di marcia:
Street, con punta massima di
25 km/h; Eco, per risparmiare
energia; Power, che permette
di toccare i 65 km/h. L'autono-
mia varia dagli 80 ai 120 km in
virtù della modalità seleziona-
ta, e necessita di circa 80 mi-
nuti di ricarica da una presa di
corrente standard. Il motore
elettrico eroga 60 Nm di coppia
e permette di raggiungere da
fermo i 25 km/h in 2 secondi e
i 65 km/h in 8,5 secondi. S.G.
La Biennale di Venezia ha aperto i
battenti il 7 giugno ed è alla XIV
edizione. Allasuaguida,quest’anno,
come direttore artistico c’è l’archi-
tetto olandese Rem Koolhaas che
da sempre si scaglia contro la mo-
dernità senza modernizzazione
nell’architettura che tende a creare
delle opere vuote, piatte, senza un
contenuto reale, figlie di un presun-
to linguaggio universale del tutto
privodiunapropriaidentità.Forseè
per questo che Koolhaas ha deciso
diindicare aicuratorideiPadiglioni
nazionali (passati da 55 a 65) un
temaunico(per laprimavoltanella
storia della Biennale), "Absorbing
Modernity: 1914-2014", e di offrire al
visitatore un punto di vista diverso,
partendo dai fondamentali dell’ar-
chitettura (da qui il nome della
mostra “Fundamentals”) e sezio-
nando, nel tempo e nello spazio, le
matrici fondamentali dell’architet-
tura: pareti, soffitti, pavimenti, fine-
stre, porte, balconi, facciate che
sarannoesposteinseriealPadiglio-
ne centrale. Nella conferenza stam-
pa di presentazione dell'esposizio-
ne veneziana l’architetto olandese
argomentacosìlasua sceltacircail
tema sull’identità nazionale: “Sotto
lapressionediguerre,regimipolitici
diversi, molteplici condizioni di
sviluppo, movimenti architettonici
nazionali e internazionali, talenti
individuali, amicizie, traiettorie
personalicasualiesviluppitecnolo-
gici, le architetture che un tempo
erano specifiche e locali sono di-
ventate intercambiabilieglobali”ed
aggiunge“l'identitànazionaledimo-
stra ancora una grande forza, vitali-
tàeresistenzaequestaèlascoperta
più interessante che ho fatto con
questa ricerca”. Koolhaas enfatizza
anche il rapporto strettissimo tra la
politica e l'architettura “che non si
potrebbe cogliere senza la dimen-
sione nazionale”. Ecco quindi per-
chè “la transizione verso ciò che
sembra essere un linguaggio archi-
tettonico universale è un processo
piùcomplessodiquantosolitamen-
te viene riconosciuto poiché coin-
volge incontrisignificativitracultu-
re, invenzioni tecniche e modalità
impercettibilidirestarenazionali”.
S.G
Su OpenOikos, lo
storico sito del
nostro amico Fabri-
zioPieri,continuala
ricerca di software
Open Source per il
CADdacontrappor-
re, giustamente, al
monopolio delle
software house
d’oltre oceano.
NanoCAD ha da
pochi mesi un’in-
terfaccia anche in
italiano proprio
grazie all’impegno di Fabrizio che ha
chiamato a raccolta gli amici della sua
Community WEB e da cui è partito il
lavoro di traduzio-
ne. NanoCAD offre
adesso tutte le
funzionalità di
costosi programmi
a pagamento ed in
più è costante-
mente aggiornato
e potenziato dalla
vasta comunità di
sviluppatori che
contribuiscono a
questo progetto
FOSS. Per provarlo
andate sul sito
www.openoikos.com
S.G.
Dal 4 luglio di quest’anno all’8
febbraio 2015 il Museo d’arte
moderna e contemporanea di
Trento e Rovereto ospiterà la
mostra “Álvaro Siza. Inside the
human being” dedicata al cele-
bre architetto portoghese. Nel
1992 Siza ha vinto il premio
Pritzker, un importante ricono-
scimento internazionale di
architettura. Nel 2012 ha rice-
vuto dalla Biennale di Venezia
un Leone d’Oro alla carriera
con la seguente motivazione:
«...pare essere sempre davanti
a tutti, apparentemente non
toccato e non intimorito dalle
sfide pratiche e intellettuali
che pone a se stesso». S.G.
La mostra di Álva-
ro Siza a Rovereto
Una bici dal design
futuristico
Free ed in italiano: nanoCAD
Trimble presenta una bella ed utile
novità: il suo scanner 3D TANGO
dedicato al rilievo architettonico
che stando alle premesse dovrebbe
orarisultareestremamente sempli-
ficato: infatti, basta avviare l'appli-
cazione SketchUp Scan, che con-
sente agli utenti di TANGO di otte-
nere modelli di SketchUp creati
automaticamente e riprodotti as-
built, e poi cominciare a spaziare
perl’ambientedarilevarecoldispo-
sitivo di scansione acceso. TANGO
sfrutta la tecnica dell’odometria ed
haunanotevole profonditàdicam-
po visivo cosa che gli consente di
catturaresoloipuntipiùsignificati-
vidiunvano..Altroaspettoallettan-
te offerto da TANGO è il rilievo
attraverso le pareti denominato
Through-the-Wall, integrando le
capacità di monitoraggio spaziale
diTangoeilsupportodimappatura
condatigeospazialitaggati,modelli
informativi di costruzione ("BIM") e
altre fonti di dati del modello as-
built che descrivono l'infrastruttura
dell'edificio. S.G.
Scanner 3D per il ri-
lievo Trimble TANGO
I fondamenti dell’architettura
88
99
EDITORIALE
S
perimento, proprio nella
stesura del mio primo
editoriale, un forte senso
di responsabilità sia per-
ché si tratta, in sostanza, dell'anti-
camera formale di un'intera rivi-
sta, sia perché l'argomento di cui
parlo, e di cui si abusa molto negli
ultimi tempi, è di grande attualità:
i giovani, il loro futuro e le loro
aspettative! Nel precedente nume-
ro del Magazine, scrissi un articolo
sulle facoltà universitarie e, a
chiosa di tutto quel malloppo di
informazioni, diedi sibillino un
consiglio agli studenti che si ap-
prestano a decidere quale strada
intraprendere nel loro futu-
ro. Suggerì loro di non farsi guida-
re da una logica opportunistica e,
per così dire, "monetaria" ma di
guardare più ai loro veri interessi,
alla passione che li smuove e di
basare le loro decisioni solo ed
esclusivamente su questo. Recen-
temente, su un settimanale italia-
no di grande spessore, è appar-
so un articolo intitolato più o me-
no così: "Guida alle facoltà che ti
faranno guadagnare di più". Leg-
gendo il testo di quel bravo giorna-
lista, che aveva raccolto tutte quel-
le informazioni, mi ricordai imme-
diatamente della rovente estate
del 2003 quando la notizia princi-
pale riguardava i blackout energe-
tici dovuti al gran caldo.... all'epo-
ca la parola "crisi economica" fa-
ceva solo pensare ad un capitolo di
storia del 1929! Era anche l'anno in
cui stavo affrontando la prova di
maturità scientifica ed ero total-
mente immerso nei forma-
li dépliant universitari. Bene, in
quella occasione lessi un articolo
dal tono e contenuto vagamente
simile: "BOOM di 10.000 iscritti per
i test di ingresso al Politecnico di
Milano". Il succo della questione
era che lo studente interessato ad
una facoltà scientifica preferiva,
saggiamente, optare per una lau-
rea in ingegneria, fonte di perpe-
tuo lavoro e di guadagni stratosfe-
rici. Col senno di poi, avrei, oggi,
qualcosa da obiettare circa questa
questione. A distanza di 11 anni,
una pesantissima crisi finanziaria
ha messo in ginocchio l'Europa e
l'Italia che si sono ritrovate, di fat-
to, sostanzialmente incapaci di
reagire, con strumenti efficaci e
duraturi, in un'ottica a lungo ter-
mine! Gli stati dell'Eurozona non
hanno saputo fare squadra per su-
perare insieme le difficoltà, rele-
gando alla Germania il titolo di
"grande direttrice dei lavori" che
aveva sì un'economia stabile e in
crescita ma resa tale anche dai
sacrifici degli "stati del sud". Han-
no imposto pesanti vincoli struttu-
rali e di bilancio che ancora oggi
non danno i frutti sperati (e forse
non ne daranno mai, considerata
la situazione delle singole Nazio-
ni). A questo punto, quelle che, die-
ci e più anni or sono, erano consi-
derate "lauree forti" hanno comin-
ciato a vacillare sotto il peso di
una situazione che definirei criti-
ca. Il così detto "posto fisso" è di-
ventato un oggetto vintage: piace
fondamentalmente a tutti ma è
troppo raro e troppo caro per po-
terselo permettere. Non a caso, il
famoso "BOOM del 2003" ha sfor-
nato un gran numero di ingegneri
e tecnici specializzati che l'indu-
stria italiana non è più in grado di
assorbire, stretta tra tasse cre-
scenti e calo sistematico della do-
manda. Il risultato? Giovani e non
che lasciano il nostro Paese alla
volta dell'estero, con la speranza
che queste nazioni siano capaci di
assorbirli e di sfruttare al meglio la
loro potenzialità. C'è da domandar-
si se questa sia effettivamente
l'ambizione di tutti o piuttosto una
scelta puramente obbligata. In un
sistema economico che tutti po-
tremmo definire precario, ha sen-
so chiedersi quale sia la facoltà
universitaria che consente un in-
serimento immediato nel mondo
del lavoro e con alti guadagni eco-
nomici? Ha senso basare il proprio
futuro su una logica puramente
pecuniaria? Lascio al lettore la ri-
sposta a questo quesito e mi limito
a rivolgere un appello ai giovani
che stanno leggendo questo edito-
riale: pianificate il vostro futuro
sulla base delle vostre passioni e
dei vostri veri interessi e lasciate
in secondo, anzi terzo (ancora me-
glio) piano tutte le speculazioni di
economisti ed esperti del lavoro di
turno. Non abbiate paura di sce-
gliere facoltà come Filosofia o Sto-
ria solo perché qualche "saccente"
economista vi dice che esse non
hanno sbocchi lavorativi; se senti-
te che quella è la vostra strada,
allora PERCORRETELA! Il futuro è
incerto, aleatorio. La vostra passione no.
Coltivarla sarà il modo migliore di fare
strada nella vita e di essere veramente
realizzati!Vorrei chiudere questo bre-
veeditoriale, fortemente sentito ve lo
assicuro, con un ringraziamento a Salvio
Giglio, un amico carissimo e padre della
community ARS(Autocad, Rhino e
Scketchupdesigners)ediquestameravi-
gliosa rivista, per tutto l'aiuto che mi ha
fornito nell'avventurarmi su Google Plus,
un Socialcheè anche straordinario stru-
mentodi divulgazione scientifica. CAD-
ZINE è una costola della community
ARS cheaccoglieprofessionistie tecnici
da tutto il mondo in un ambiente dina-
mico, aperto a tutti e dall'elevato conte-
nuto di competenze ed eccellenze... e
questo Magazine non poteva che essere
il suo Manifesto! I miei migliori auguri
dunque a tutti noi che stiamo intrapren-
dendo questa avventura che, sono certo,
sarà longeva e piena di soddisfazioni e
riconoscimenti.
di Marco Garavaglia
Va dove ti porta il cuore...
1010
BASI PER IL DISEGNO
C
redo che ogni progettista
di esperienza si sia tro-
vato, nell’arco della sua
carriera professionale,
almeno una volta dinanzi ad un
dilemma nell’elaborazione di un
progetto: cimentarsi nell’applica-
zione di nuove tecnologie, che pro-
mettono 1000 vantaggi ma di cui si
sa poco o nulla, o andare sul sicuro
affidandosi a prodotti e soluzioni
classiche di cui si conosce tutto?
In quest’ultimo caso, è inutile dire
che è tutto più semplice: si è con-
fortati da una vasta casistica pree-
sistente e da normative e prodotti
che offrono soluzioni diversificate
e specifiche, riducendo così il la-
voro di progettazione ad un ade-
guamento di queste alle esigenze
del committente. Le cose cambia-
no radicalmente quando ci si trova
innanzi a delle novità tecnologi-
che di cui, nonostante la rete, si
hanno poche notizie, semmai
espresse in un’altra lingua, il cui
studio da solo richiede un tempo
troppo lungo per risultare allettan-
te per qualunque progettista, spe-
cialmente in tempi come questi in
cui la velocità è tutto, altrimenti si
scopre il fianco alla concorrenza.
Oltretutto si deve trovare anche il
tempo per istruire e convincere la
committenza circa la validità di
quella soluzione, dal momento che
le sue aspettative riguardano, nel-
la maggioranza dei casi, la sicu-
rezza, l’efficienza, la frequenza di
manutenzione ma soprattutto il
costo e la durata. Come dargli torto
se noi stessi pretendiamo tutto ciò
quando acquistiamo un qualunque
prodotto? Sulle energie rinnovabili
e sulle tecnologie energetiche in-
novative la disinformazione regna
sovrana, almeno sui media tradi-
zionali, e il grande pubblico a sten-
to conosce i pannelli solari e le
turbine eoliche, figuriamoci la tri-
generazione. Tutto ciò è in buona
parte dovuto alla mancanza di un
piano energetico nazionale serio
che miri realmente a ridurre la
dipendenza dell’Italia dai Paesi
produttori di combustibili e a crea-
re nell’utenza un concreto senso
del risparmio per il bene comune.
Proprio mentre scrivo questo arti-
colo, un amico di G+, laureando in
ingegneria alla Federico II di Na-
poli, denuncia un vistoso spreco di
risorse nella sua facoltà in cui si
mantiene accesa l’aria condizio-
II puntata
di Salvio Giglio
Tecnologie ecosostenibili ed innovative per la produ-
zione di elettricità: cogenerazione e trigenerazione
Fig. 1, gli sprechi negli edifici pubblici: luci accese anche in piena notte alla facoltà di Lettere dell'Università La Sa-
pienza di Roma
1111
E LA PROGETTAZIONE
nata a palla in decine di aule vuo-
te… Malauniversità? Probabilmen-
te si ma non è questa la sede giu-
sta per affrontare e risolvere que-
ste pazzie che, tra l’altro, fornisco-
no anche il beffardo alibi della
mancanza di fondi a chi
“amministra” e “gestisce” queste
strutture!
La trigenerazione mignon
Riprendiamo il discorso sulla tri-
generazione medio piccola, con
motore primo endotermico di tipo
automobilistico con alimentazione
a gas, che offre una bella soluzione
alle esigenze della committenza
specialmente in campo alberghie-
ro, ospedaliero, scolastico, residen-
ziale e navale. Questa tecnologia,
che può rendere le utenze autono-
me e in alcuni casi addirittura for-
nitrici di energia elettrica, in altri
Paesi (USA, Giappone e Cina in
primis) sta fornendo un contributo
notevole nello sviluppo di una
nuova tendenza progettuale per
l’impiantistica di grande scala,
non solo elettrica, che vede di
buon occhio una strutturazione
della distribuzione dei servizi ba-
sata su una griglia energetica fun-
zionale a cui contribuiscono una
serie di unità di produzioni locali,
a prescindere dalla taglia, in grado
di cedere energia elettrica e termi-
ca a speciali centri di immagazzi-
namento, in luogo delle vecchie
centrali elettriche. Questo sistema
è chiamato generazione diffusa o
u–grids e garantisce sia un netto
abbassamento del fabbisogno dei
combustibili tradizionali, poiché
integra anche fonti energetiche
rinnovabili, sia una riduzione di
emissioni nocive nell’atmosfera.
Ecco perché i sistemi di trigenera-
zione, opportunamente abbinati al
solare, all’eolico e al geotermico,
assumono un notevole interesse
per determinate commesse.
Nonostante queste bellissime pre-
messe, tali tecnologie sono ancora
una novità per il nostro Paese in
cui non hanno ancora conosciuto
un pieno sviluppo normativo ed
industrializzato, tant'è vero
che non esistono attualmente sul
mercato sistemi integrati di trige-
nerazione. Per realizzare un im-
pianto trigenerativo o trasformare
un impianto tradizionale o uno
cogenerativo in uno trigenerativo
(perdonate il gioco di parole) è ne-
cessario associare al gruppo elet-
trogeno opportuni scambiatori e
una pompa di calore ad assorbi-
mento e bisogna farlo prestando la
massima attenzione allo studio
dell’abbinamento migliore (in ter-
mini di temperature e portate) tra
tutti i componenti dell’impianto.
Ecco perché non basta un sempli-
ce bilancio energetico per ottenere
un progetto “ad hoc”: un accoppia-
mento sbagliato tra gli apparati,
infatti, causa un effetto domino
sulle prestazioni energetiche glo-
bali del sistema, sforando pesante-
mente rispetto alle “promesse”
progettuali in termini energetici
Fig. 2, bilancio energetico nei sistemi di cogenerazione e trigenerazione
1212
ed economici. Attualmente, men-
tre aspettiamo una prima applica-
zione della filosofia u-grids e un
incentivo reale da parte della PA
all’adozione delle green technolo-
gies, ai progettisti conviene consi-
gliare la committenza circa un
sistema di trigenerazione solo in
casi molto specifici e dopo una
scrupolosa analisi preliminare. Ad
esempio, vale la pena di conside-
rare un sistema del genere quando
ci si trova innanzi alla stesura di
un elaborato per la climatizzazio-
ne ex novo di un edificio ove è già
installato un cogeneratore che,
oltre alla produzione di energia
elettrica, nel periodo invernale, ha
anche la mansione di provvedere
al riscaldamento dello stabile. In
questo caso, nei mesi più caldi, il
cogeneratore non produce anzi è
necessario fermarlo o farlo funzio-
nare dissipando il calore prodotto
con uno spreco di energia termica
e un danno ambientale non indif-
ferente! Dopo un’attenta raccolta
di dati sull’impianto si può quindi
pensare ad un sistema bypassato
che nei mesi estivi mandi le calo-
rie del cogeneratore ad una pompa
di calore ad assorbimento che
impiegherebbe proficuamente
questo calore per produrre freddo.
In definitiva, ciò che fa la differen-
za tra cogenerazione e trigenera-
zione è proprio la pompa e gli
scambiatori di calore… Se la com-
mittenza offre un budget adegua-
to, ed è sinceramente convinta
dalla bontà dei sistemi di trigene-
razione, conviene orientarsi verso
questo tipo di soluzione, in quanto
i vantaggi economici ed ecologi
sono enormi e il costo dell’impian-
to si ammortizza nell’arco di poco
tempo. Si consideri, ad esempio,
una struttura alberghiera medio
piccola come un agriturismo, a cui
è annessa anche un’attività zoo-
tecnica e agricola con la conse-
guente produzione di biomasse,
semmai ubicata in una zona rura-
le che spesso è interessata da
blackout elettrici… Un sistema
stand alone di trigenerazione, ade-
guatamente supportato da un si-
stema di pannelli solari elettrici e
per l’acqua calda, e da un sistema
di sonde geotermiche, potrebbe
non solo far risparmiare una bella
cifra ai proprietari ma farli diven-
tare, addirittura, fornitori di ener-
gia elettrica per il gestore elettrico
operante in zona! Lo stesso discor-
so vale anche nel caso in cui si
interviene su impianti preesisten-
ti in cui è già presente un gruppo
elettrogeno tradizionale o un co-
generatore; l’idea di integrare un
sistema a pompa di calore, oppor-
tunamente calcolato, o di sostitui-
re il vecchio gruppo con un siste-
ma di trigenerazione, sembra in
ogni caso la scelta vincente. La
trigenerazione diventa poi un
must nella nautica da diporto di
lusso e in campo navale civile,
militare e commerciale, dal mo-
mento che queste imbarcazioni
hanno bisogno di tantissima elet-
tricità, calore e freddo e hanno a
bordo degli apparati motore che
producono alte temperature. Uno
yacht avrebbe un impatto ecologi-
co nettamente inferiore e dei costi
di gestione più contenuti con l’a-
dozione di questo sistema rispetto
ai vecchi, rumorosi e fumosi grup-
pi elettrogeni! Un buon progetto
dovrebbe anzitutto valutare in che
modo è possibile sfruttare profi-
cuamente le temperature prodotte
dal motore primo durante il suo
funzionamento per azionare il ge-
neratore elettrico. Si consideri che
un motore a scoppio, nel contesto
di una progettazione del genere,
offre tre diversi gradienti di tem-
BASI PER IL DISEGNO
Fig. 3, schema funzionale semplificato di un impianto di cogenerazione
1313
peratura così suddivisibili:
 Bassa Temperatura, o BT,
(60/70°C) originata dall’olio lu-
brificante;
 Media Temperatura, o MT,
(85/90°C) determinata dall’ac-
qua di raffreddamento o inter-
cooler;
 Alta Temperatura, o AT,
(180/200°C) generata dai gas di
scarico.
Per usufruire di queste preziose
risorse termiche si ricorre, anzi-
tutto, a degli scambiatori di calore
o Heat excanger in cui si genera lo
scambio termico tra due fluidi. Gli
schemi di Fig. 3 e Fig. 4 mostrano
l’installazione ideale degli scam-
biatori per intercettare tutti e tre
gradienti di calore prodotti dal co-
generatore di cui vi parlavo prima.
Un secondo componente, esterno
al sistema trigenerativo vero e
proprio, è il bollitore per Acqua
Calda Sanitaria (ACS) che, in luogo
di una resistenza elettrica o di al-
tre sorgenti a “consumo”, attraver-
so una serpentina in cui passa il
liquido termovettore, impiega il
calore del fluido proveniente dagli
scambiatori di calore. In alcuni
casi, come nelle applicazioni na-
vali, il tubo dei gas di scarico del
motore può essere anche convo-
gliato ad un bollitore simile
all’ACS che cede l’elevata tempe-
ratura all’acqua da riscaldare at-
traverso un fascio di tubi termi-
nante in due camere di raccolta e
percorso dai gas di scarico. Culmi-
na l’impianto di trigenerazione la
Pompa di Calore ad assorbimento,
o PdC, preposta al raffreddamento
dei locali. La particolarità del ciclo
utilizzato nelle macchine ad as-
sorbimento, come abbiamo visto
nella scorsa puntata, consiste
nell’ottimizzazione dello sfrutta-
mento di energia termica, all’inter-
no del ciclo stesso, grazie alla rea-
zione d’assorbimento tra il refrige-
rante e l’assorbente. Questa carat-
teristica consente di ridurre il fab-
bisogno energetico della macchi-
na, riducendo i consumi di combu-
stibile e rendendo l’efficienza di
essa quasi indipendente dalla
temperatura della fonte rinnovabi-
le d’energia (aria, acqua o terreno).
Le PdC GAHP (Gas Absorption
Heat Pumps) sono direttamente
derivate dal ciclo GAX (Gas Ab-
sorption heat eXchanger). Queste
macchine non necessitano della
compressione, come nei classici
condizionatori elettrici ispirati al
ciclo teorico di Carnot, poiché esso
viene sostituito dalle fasi di gene-
razione e assorbimento. Ricordere-
te che la fase di generazione con-
siste nella separazione, mediante
evaporazione, dell’ammoniaca
dall’acqua, attraverso l’apporto di
una sorgente termica, ed è prece-
duta da una serie di scambi termi-
ci di pre-riscaldamento della solu-
zione in ingresso nel generatore. Il
fluido refrigerante, dopo la genera-
zione, subisce prima una conden-
sazione e poi un’evaporazione che
termina con il suo assorbimento e
un forte sviluppo di calore. Una
reazione chimica esotermica, do-
vuta alle caratteristiche chimico
fisiche dei due composti utilizzati
e dalle proprietà del processo che
regola la loro miscela, realizza la
fase d’assorbimento. Passiamo
adesso a stabilire quali sono le
“mosse” giuste che un progettista
deve compiere per offrire al com-
mittente una risposta adeguata-
mente funzionale, efficiente e con-
veniente:
1) Raccogliere i dati di tutta l’area
interessata dal suo intervento, in
termini di quadrature e volume-
trie, attraverso una campagna di
rilievo degli ambienti o mediante
E LA PROGETTAZIONE
Fig. 4, schema funzionale semplificato di un impianto di trigenerazione
1414
BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE
delle planimetrie già esistenti e
aggiornate allo stato reale dello
stabile.
2) Verificare, in condizioni reali di
esercizio, la prestazione energeti-
ca di eventuali impianti preesi-
stenti, se si tratta di un loro ade-
guamento o espansione.
3) Verificare se la zona di inter-
vento offre valide sorgenti di
energia rinnovabile (aria, acqua,
terra) e se queste rappresentano
realmente un valido apporto ener-
getico all’impianto.
4) In base alle richieste della com-
mittenza, scegliere i componenti
necessari per l’allestimento ed
elaborarne il dimensionamento e
le membrature che costituiranno
l’impianto stesso in base a poten-
za, kW e portate.
Il progettista, inoltre, deve preve-
dere le condizioni estreme di eser-
cizio senza sforare in inutili sovra-
dimensionamenti o sottodimen-
sionamenti: nel primo caso si veri-
ficano, infatti, frequenti problemi
di marcia a regime ridottissimo e
prestazione minima in condizio-
ni di esigenze massime; il secondo
caso manda in tilt i sistemi al pri-
mo sovraccarico! Si ricordi sempre
che la prestazione energetica, in
termini di potenza massima, è
indipendente dalle condizioni cli-
matiche locali. Si parte dall’indi-
viduazione della taglia più ade-
guata per il cogeneratore, in fun-
zione del fabbisogno di potenza
termica necessaria per l’acqua cal-
da sanitaria, per il riscaldamento e
per la richiesta di potenza frigori-
fera, in grado di ottimizzare il nu-
mero di ore di funzionamento quo-
tidiano, sia nella stagione inverna-
le che nel periodo estivo, verifi-
cando che gli ingombri siano com-
patibili con gli spazi a disposizio-
ne. Successivamente si vagliano
le diverse configurazioni impianti-
stiche (accoppiamento motore a
combustione interna / assorbitore)
e si richiedono i relativi preventivi
di fornitura i cui dati dovrebbero
confluire in una tabella come quel-
la riportata in Tab. 1. Dopo un’at-
tenta analisi delle soluzioni com-
merciali, si determina la struttura
impiantistica più consona e capa-
ce di garantire una corretta inte-
grazione tra i componenti, per por-
tata e temperatura, in grado di
soddisfare le esigenze energetiche
dell’intervento; dopo di che si arri-
va alla scelta del motore e del
gruppo frigo. Solo a questo punto, at-
traverso, le schede tecniche del cogene-
ratoreedelgruppofrigo,èpossibilestabi-
lire un bilancio energetico abbastanza
verosimile e che più si avvicini alle con-
dizioni nominali di portata e temperatu-
rastabilitenelprogettodimassima.Altro
parametro progettuale estremamente
significativo è l’ubicazione del gruppo di
cogenerazione e dell’assorbitore, dal mo-
mento che il rumore dell’impianto non
deve assolutamente recare disturbo nel
caso in cui esso alimenti strutture non
industriali.
Continua
Fig. 5, schema 3D sul principio di funzionamento di un apparato di trigenerazione medio grande. Nella torre di distillazione
avviene il processo di trasformazione caldo/freddo per assorbimento che si basa sull’utilizzo del calore prodotto dal motore
primo (e di altre eventuali fonti termiche) dallo scioglimento diunsoluto inun solvente che,ciclicamente, è concentrato e diluito.
Tab. 1, raccolta dati macchina fondamentali per individuare il cogeneratore più adatto al progetto
Questo modello è disponibi-
le gratuitamente nella Gal-
leria Immagini 3D di Trimble
SketchUp al seguente link:
https://3dwarehouse.sketch
up.com/social/model.html?
id=uf699d3d3-950f-4f83-
9e2e-080393f6d9b4
1515
1616
COMMUNITY
Radu Macovei
geom.macoveiradu@gmail.com
NEG car
Google Plus profile
1717
Y SHOWCASE
Fabrizio Cimò
fabrizio.cimo@facebook.com
Peter Peterle
1818
N
ell’immaginario collet-
tivo il nome di Giugiaro
è associato a vetture da
sogno ed oggetti pre-
ziosi che portano in giro per il
mondo il nostro Made in Italy. In
questa puntata ho voluto parlare di
un designer di automobili perché
in Community ci sono molti giova-
ni promettenti nell’automotive co-
me Lorenzo Caddeo e Gontrand
Nyung e, considerando che Giugia-
ro ha cominciato a lavorare come
designer a soli 17 anni in FIAT, mi
sembrava il personaggio più con-
sono per loro. Le realizzazioni di
Giugiaro si sono sempre distinte
per la pulizia formale, la morbidez-
za del tratto senza rinunciare alla
sportività e alla funzionalità. Gior-
gio Giugiaro nasce nell’operoso
Piemonte a Garessio (CN) nell’ago-
sto del 1938. Il nonno Luigi affre-
scava chiese mentre il padre, Ma-
rio, alternava le decorazioni sacre
alla pittura ad olio. Giorgetto era
cresciuto con le arti figurative an-
che se al design industriale, come
professione, ci giungerà per un
incontro che, come vedremo, gli
cambierà la vita! Ancora adole-
scente, si trasferisce a Torino dove
coltiva la sua passione per la crea-
zione grafica frequen-
tando di giorno il liceo
artistico, e di sera, un
corso per disegno tecni-
co. Questo periodo di
formazione scolastica
avrà un ruolo fonda-
mentale nella sua vita
che riuscirà a fondere
con la sua innata creati-
vità. A fare la fortuna di
Giorgio, nel 1955, è una
mostra scolastica di fine
anno del Corso di Figu-
rinistica con le "opere"
degli allievi: infatti, le
sue caricature di auto-
mobili colpiscono Dante
Giacosa, direttore tecni-
co della FIAT. Giacosa va
oltre la caricatura e vede
il talento del giovane
designer. A settembre
1955, Giugiaro entra alla
Fiat, all'Ufficio Studi Stilistici Vet-
ture Speciali diretto da Fabio Luigi
Rapi. Quattro anni dopo, decide di
passare al Centro Stile Bertone co-
me responsabile sotto lo sguardo
benevolo di Nuccio Bertone che lo
tratterà come un figlio, guidandolo
e consigliandolo per quei sei in-
tensissimi anni che vedono venire
alla luce creazioni che oggi fanno
parte della storia dell’automotive
sportivo e di serie: Alfa Romeo
2000/2600 Sprint del 1960; Aston
Martin DB4 GT Jet, Maserati 5000
GT e la BMW 3200 CS del 1961; Fer-
rari 250 GT e Iso Rivolta 300/340
GT del 1962; Chevrolet Corvair Te-
studo e A.R. Giulia GT del 1963; A.R.
Canguro del 1964; Fiat 850 spider e
Mazda Luce 1500/1800 del 1965; il
coupé Fiat Dino del 1967. Nel no-
vembre 1965, Giugiaro entra alla
Carrozzeria Ghia come direttore
del Centro Stile e del Reparto Pro-
totipi dove elabora la Maserati
Ghibli e la De Tomaso Mangusta
che sono presentate al Salone
dell'Auto di Torino del 1966. Tra i
prototipi oggetto di ricerca vanno
ricordati: Fiat 850 Vanessa e Isuzu
117 coupé del 1966; Oldsmobile
Tornado Thor e la Iso Rivolta Fidia
del 1967. Il desiderio di indipen-
denza spinge Giugiaro a fondare
l’Italdesign nel 1968 anche se con-
tinua da outsider la sua collabora-
zione con Ghia. Italdesign sarà una
società di servizi per l'industria
automobilistica in cui Giugiaro
farà confluire tutte le sue espe-
rienze professionali. Oltre 200 mo-
delli sono stati elaborati da questo
particolare centro studi e succes-
sivamente prodotti in serie mentre
molti altri ancora sono stati realiz-
zati, segretamente, per le principa-
li case automobilistiche mondiali.
Tra le vetture più significative: le
Maserati Bora, Merak e Quattro-
porte, le A.R. Alfasud, Alfetta GT/
GTV, Alfasud Sprint e Lotus Esprit
(1971-1976); le Hyundai Pony, Stel-
lar, Pony Excel, Presto e Sonata,
Audi 80 4000, BMW M1, De Lorean
DMC 12, le Isuzu Piazza, Gemini-
Spectrum e Gemini, Saab 9000
Turbo 16 (1974- 1988); le Seat Ibiza,
prima e seconda serie, le Renault
21 e 19 (1984/1993); Malaga, Toledo,
Cordoba e Cordoba coupé, Chrysler
Eagle Premier, ZCZ Florida, Subaru
SVX e Lexus GS 300 (1985-1995); le
Daewoo Lanos 2 e 3 volumi, Legan-
DESIGNER
Giorgetto Giugiaro
di Salvio Giglio
1919
R’s STORY
Oldsmobile Tornado ThorLa FIAT 850 Vanessa
De Lorean DMC 12Maserati Bora
Maserati 5000 GTAlfa Romeo 2000/2006 Sprint
A sinistra, un giovane Giugiaro a fianco del prototipo ligneo della Ferrari 250 GT; a destra, Nuccio bertone con la vettura finita
2020
DESIGNER
La Maserati BoomerangLa Giugiaro Brivido
Alfetta GT/ GTV. Si noti il radiotelefonoLotus Espirit
Giugiaro col modello della Porsche Tapiro
2121
R’s STORY
za (1997); Matiz e Daihatsu Move
(1998); Magnus (2000); Kalos
(2002); Lacetti e Mira (2003). Giu-
giaro ha disegnato le vetture del
nuovo corso Volkswagen degli an-
ni '70: Passat (1973), Scirocco e
Golf (1974). Nel 1974, Giugiaro crea
una costola dell’Italdesign: Indu-
strial Design Business Unit. Que-
sto gruppo collabora con autorevo-
li aziende internazionali nella rea-
lizzazione di progetti destinati alla
media e grande produzione per
svariati settori industriali. Nel
1975, inizia la collaborazione col
gruppo FIAT con cui crea una se-
rie di modelli innovativi: la nuova
gamma Lancia con Delta ("Auto
dell'Anno 1980"), Prisma e Thema
(1982/1984); Fiat Panda
("Compasso d'oro 1981"), Uno
("Auto dell'Anno 1984"), Croma
(1985), Punto e Punto cabrio (1993).
Ha inoltre disegnato Fiat Palio,
Palio Weekend e Siena nel 2000,
Maserati 4200 GT e Maserati Spy-
der nel 2001. Tra i prototipi di ri-
cerca avanzata per vetture sporti-
ve meritano una citazione: Bizzar-
rini Manta (1968); Volkswagen-
Porsche Tapiro (1970); Maserati
Boomerang (1972); Audi Karmann
Asso di Picche (1973); Lotus Etna e
Ford Maya (1984); Aztec (1988); il
progetto Nazca (1991-1993); Lam-
borghini Calà (1995); A.R. Scighera,
Scighera GT, W12 Syncro e Road-
ster (1997/1998); Aston Martin
Twenty (2001). Come ipotesi inno-
vative: Lancia Medusa (1980); Lan-
cia Orca (1982); Marlin (1984); Old-
smobile Incas e Machimoto (1986);
Jaguar Kensington (1990) e Lexus
Landau (1994). Biga (1992), Luccio-
la e Bugatti EB 112 (1993), le EB 118
(1998), 218 (1999) e 18/3 Chiron
(2000): sono tutti prototipi ibridi a
trazione elettrica. Giugiaro ha svi-
luppato negli anni il tema space
wagon con l'A.R. New York Taxi
(1976), la Lancia Megagamma
(1978), Capsula (1982), Together
(1984), Asgard (1988), Columbus
(1992) e Structura (1998). Nel 2002
al Salone dell'Auto di Ginevra, Giu-
giaro e Italdesign hanno presenta-
to l’Alfa Romeo Brera, una due po-
sti più due per bambini, con car-
rozzeria in fibra di carbonio e mu-
nita di un potente motore anterio-
re ad otto cilindri a V a 90° da oltre
4.000 cm3 e 400 CV. Quest’auto ha
vinto nello stesso anno tantissimi
premi tra cui il "Concept Car of the
Year" e il "Best Exterior Concept"
della rivista internazionale Auto-
motive News. Nel 2003, Giugiaro e
suo figlio Fabrizio, Styling Director
della Italdesign Giugiaro, presen-
tano un omaggio alla Chevrolet
per i suoi cinquant’anni di attività
con la Corvette Moray, un modello
diventato un’icona della vettura
sportiva americana. Nell’edizione
del 2004, l’attenzione di Giugiaro
cade sulla Alfa Romeo che conce-
pisce di propria iniziativa la Vi-
sconti: un'ammiraglia per Alfa Ro-
meo. Il progetto era stato studiato
anche per una messa in produzio-
ne industriale. Nei primi anni '90,
Italdesign diventa Gruppo Italde-
sign Giugiaro la cui sede piemon-
tese di Moncalieri (TO) occupa una
superficie complessiva di 42.000
mq. Giugiaro conta oggi 1100 di-
pendenti con uffici in Italia e all'e-
stero.
Titoli accademici (lauree ad hono-
rem)
in Design dal Royal College of Art
di Londra (1984); in Design dall'U-
niversità di Rousse in Bulgaria
(1996); in Architettura dalla II Uni-
versità di Napoli (2002); in Archi-
tettura dall’Università di Cordoba
in Argentina; in Architettura dal
College for Creative Studies di De-
troit.
Premi e riconoscimenti
Compassi d’oro ADI:
per la Panda (1981); alla carriera
(1984); per il sistema dentario Eu-
rodent di Isotron (1991); per il de-
sign di Alfa Romeo Brera e segna-
lazione per il Minimetrò di Copen-
hagen sviluppato con Ansaldo
Breda (1991).
Silver Medal della Società Britan-
nica di Artisti e Designer Indu-
striali (1980); Volante d'oro alla
carriera (1984) e per il design della
Fiat Punto (1995); nominato Cava-
liere del Lavoro dal Presidente del-
la Repubblica C. Azeglio Ciampi
(1999); eletto a Las Vegas Designer
del Secolo da 120 giornalisti di tut-
to il mondo (1999); nominato mem-
bro istituzionale immortale
nell’European Hall of Fame (2000);
Premio Leonardo Qualità Italia
(2001); vincitore dell’Automotive
News Europe "Eurostar" a Franco-
forte (2003); European Automotive
Design Award alla carriera al Salo-
ne dell'Automobile di Bruxelles
(2004); Diploma di I Classe con
Medaglia d'Oro ai Benemeriti della
Cultura e dell'Arte (2004).
2222
2323
INTERVISTA
Gian Martin Corso
C
hi è Gian Martin Corso?
Sono un libero pro-
f e s s i o n i s t a
(geometra) che ha
tentato, o meglio sta tentan-
do, di "trasformare" il proprio
lavoro in passione. Mi piace
vedere cosa c’è dietro alle co-
se, curiosare, trasformare,
studiare, non fermarmi alla
superficie ma andare a fon-
do.... in sostanza adoro dise-
gnare tecnicamente "a modo
mio". E’ una forma di linguag-
gio, di espressione, un per-
corso sempre in costante evo-
luzione, per la serie non si
finisce mai d’imparare.
Da cosa nasce questo grande amo-
re per la progettazione? Realizzi
un sogno tuo?
Sono cresciuto nello “studio” dei
miei genitori, entrambi geometri,
tra squadrette, righe, compassi,
tecnigrafi, matite, colori, pennini
con china, disegnatori di tutti i tipi
(bravi e meno bravi, seppur sem-
pre dignitosi) e chi più ne ha più
ne metta. E’ naturale, allora, dire-
ste.... eppur non scontata. Non so
se davvero avessi voluto fare que-
sto nella vita, non so se questo era
il mio sogno, mi ci sono trovato
dentro e cerco, nel mio piccolo, di
farlo al meglio.
A quanti anni hai cominciato a
disegnare e progettare?
A “disegnare” da sempre. Fin da
piccolo mi è sempre piaciuto sca-
rabocchiare “qua e la”. A
“progettare” da quando ho comin-
ciato la scuola superiore per Geo-
metri anche se ho sempre odiato i
formalismi che imponeva: eri
“costretto” a fare delle cose piutto-
sto che essere “libero” di farne al-
tre. A progettare, seriamente, da
una ventina d’anni. Fino al 2000
sono fuggito dal CAD perché si
diceva: "semplifica, fa tutto la
macchina e i disegni sono final-
mente tutti uniformi". Quando ho
cominciato a capire che non era
così e che il computer poteva es-
sere, in realtà, la mia “tavolozza”
allora mi ci sono buttato dentro.
Purtroppo molti pensano ancora
“fa tutto la macchina”.
Quanto influenza il tuo lavoro la
tua meravigliosa terra?
La Sardegna è la mia terra, con i
suoi paesaggi, i suoi colori, i suoi
La prima volta che vidi un suo lavoro, sinceramente, stavo quasi per richiamarlo perché pensavo si trattasse di una foto fatta
ad un dipinto… Era, invece, una modellazione sapientemente elaborata ottenuta con SketchUp e rifinita con Photoshop! Ne
rimasi affascinato. Ogni post di Gian Martin è sempre un successo... sia che si tratti di Facebook, di G+ o della Community,
al pubblico piacciono moltissimo i suoi lavori che vengono accolti con tantissimi consensi e commenti favorevoli. Persino la
Trimble, l’attuale proprietaria di SketchUp, ha messo un lavoro di Gian Martin sulla sua Home… e non capita proprio a tutti!
La sua Sardegna è il life motiv di progetti potentemente evocativi che trascendono i canoni e che sembrano quasi voler nar-
rare paesaggi secolari, tramonti mozzafiato e vicende umane appartenenti ad un Mediterraneo pieno di storia e tradizioni...
di Salvio Giglio
2424
INTER
2525
RVISTA
profumi e le sue contraddizioni.
Nel mio lavoro cerco di fare tra-
sparire tutto questo, non mi piace
limitarmi al “3D nudo e crudo”; mi
piace creare delle ambientazioni e
dei paesaggi che siano caldi ed
accoglienti, così come li offre la
mia terra. Mi piace pensare, infatti,
che ciò che progetto, o disegno, sia
accolto da essa in modo del tutto
naturale e spontaneo. In questo
modo sento di rispettarla: non tut-
to alla fine è solo “una colata di
cemento”.
Se dovessi consigliare un ragazzo
appassionato di CAD e desideroso
di crescere professionalmente
quale strada gli consiglieresti?
Quella di non “uniformarsi” alla
massa ma di trovare un proprio
“stile”: costerà fatica (ed anche
denaro), non sarà sicuramente fa-
cile e non tutti ci riusciranno ma
alla fine le soddisfazioni saranno
tante.
Un vero disegnatore CAD deve as-
solutamente conoscere…
a fondo i software che ha deciso di
utilizzare per la sua professione,
non deve improvvisare. Non deve
conoscerli “tutti” ma quelli che
utilizza certamente si e bene! E’
fondamentale fare una cernita
(soprattutto sulla base della pro-
pria esperienza piuttosto che quel-
la altrui) e poi scegliere quelli più
“attinenti” al proprio “carattere” e
alla propria “formazione”.... e di
questi sapere tutto! E quando dico
tutto vuol dire “quasi tutto”!
SketchUp e Gian Martin: un con-
nubio perfetto…Quando hai comin-
ciato ad usarlo? Quali sono i suoi
punti di forza e cosa manca anco-
ra?
L’ho scoperto per caso. Ho comin-
ciato ad usare questo software nel-
la versione 6 Free (quella che ora
si chiama Make), mi pare nel 2008.
Dalla versione 7 ho acquistato la
licenza Pro, così anche per la 8, la
2013 e la 2014 che è stata quella
che mi ha “fatto conoscere” sulla
Home page di Trimble SketchUp.
Questo software è semplice ed in-
tuitivo, dopo poche potrebbe usar-
lo chiunque (o quasi). Fondamen-
talmente penso che ciò sia dovuto
al numero esiguo di comandi che
consentono all'utente medio di
apprenderli subito. A questa
“esiguità” comunque sopperisce la
moltitudine di “plugin” che ne fan-
no uno strumento completo e
all'altezza dei più blasonati soft-
ware di modellazione tridimensio-
nale (non faccio nomi per ragioni
di opportunità). Io non sono uno di
quelli che si “scandalizza” di fron-
te ad improvvisi blackout dei soft-
ware perché, con il mio flusso di
lavoro, se ciò avviene, perdo pochi
dati. Sicuramente, però, in Sket-
chUp, sarebbe opportuna una
maggiore stabilità rispetto a mo-
delli complessi con tanti poligoni,
così come un supporto per le ar-
chitetture a 64 bit. Alla fine, sop-
pesando le cose, i pregi sono tal-
mente tanti da far ritenere i difetti
assolutamente trascurabili.
In questi mesi di Community chi si
è guadagnato la tua ammirazione
professionale?
Sicuramente tutti quelli che hanno
contribuito a farla crescere, pub-
blicando news, suggerimenti, link
a risorse nonché propri lavori.
Grazie a tutto ciò è possibile con-
frontarsi e apprendere cose nuove.
Certo, ci sono quelli con i quali
“virtualmente” ho legato di più ma
sono problemi miei, vero Salvio?
Operi nel settore edile in un mo-
mento particolarmente difficile,
secondo te siamo prossimi alla
ripresa?
E’ curioso osservare che rispetto ai
periodi “ante-crisi” io, come molti
colleghi del resto, ho la sensazione
di lavorare molto ma molto di più.
Il problema, frustrante, è quello di
non venire retribuiti il giusto, a
volte dopo tempi di attesa este-
nuanti, a volte per nulla. Il para-
dosso è questo: lavorare tantissi-
mo e non avere una soddisfazione
economica sufficiente! E' terribile!
Se poi a questo aggiungiamo lo
"strozzinaggio" statale…la ripresa
la vedo lontana.
Cosa dovrebbero fare le istituzioni
per sbloccare le attività professio-
nali, imprenditoriali ed artigiane?
Ho sempre pensato questo: se un profes-
sionista ha un momento di crisi che
fa?...beh s’inventa qualcosa per attirare i
propri clienti, qualcosa per mettere in
moto la propria economia, qualcosa di
temporaneo ma “straordinario”, che
“esce dall'ordinario”. Bene, i nostri
“beneamati”, oltre alle solite bolle (balle)
di sapone, l’unica cosa che sanno fare è
stringerelacinghiadellapressionefisca-
le, farla diventare asfissiante. Creare op-
portunità e limitare la burocrazia, questo
sarebbe già un grande passo e se non lo
sannofare con la propria testa che pren-
dano esempio da altri Paesi.... a volte co-
piarenonèreato.
Un tuo pensiero (sincero) sulla
nostra community. Cambieresti
qualcosa?
Confesso di essermi rivolto ai so-
cial network molto tardi, circa due
anni fa nel 2012. Solo recentemen-
te ho apprezzato le capacità di
“condivisione e apprendimento
globale” che essi hanno. La possi-
bilità di pubblicare un proprio la-
voro e renderlo visibile a tutto il
mondo in una frazione di secondo
è qualcosa di straordinario, così
come straordinari sono sia elogi
che critiche (costruttive) che si
ricevono. E' giusto e servono per
imparare! La community è un pul-
lulare di sapere e di conoscenza,
frutti di profondi studi ma anche
di sola esperienza; è stata per me
una piacevole e, oramai irrinun-
ciabile, scoperta. Cosa cambie-
rei?... Sinceramente non lo so… :D
2626
2727
MATEMATICA
Impacchettamento di sfere
L
a scorsa settimana ho
portato mio nipote di 5
anni a fare compere in un
grande ipermercato di
Milano. Nell’attrezzata area bimbi
avevano installato una grossa pi-
scina contenente sfere di plastica
colorate e, naturalmente, mio ni-
pote non ha perso l’occasione di
fare un paio di vasche in stile libe-
ro. Mentre lo osservavo, mi sono
chiesto quante palline potesse
contenere quella psichedelica pi-
scina e, se opportunamente riordi-
nate, non fosse avanzato dello
spazio per metterne ancora. Que-
sto problema, a prima vista banale,
in matematica prende il nome di
impacchettamento di sfere e le sue
applicazioni pratiche, come de-
scriverò nell’ultima parte dell’arti-
colo, sono numerosissime e tocca-
no diversi ambiti della scienza,
dalla chimica alla mineralogia,
fino all’ingegneria industriale e di
processo. Tornando alla vasca di
palline colorate, vediamo di ana-
lizzare il problema in maniera più
rigorosa. Per prima cosa immagi-
niamo di versare le sfere (tutte
della stessa dimensione) all’inter-
no del volume, senza badare trop-
po alla loro disposizione. Questo
procedimento permette di riempi-
re lo spazio vuoto in maniera del
tutto casuale e non uniforme: le
sfere si sistemano senza un ordine
preciso e alcune regioni saranno
più piene di altre. Una simile con-
figurazione prende, con poca fan-
tasia, il nome di impacchettamen-
to irregolare (o casuale). Se, a que-
sto punto, volessimo aggiungere
altre sfere all’interno dello spazio,
ossia volessimo aumentare la den-
sità dell’impacchettamento, sa-
remmo costretti a rimescolare le
sfere agitando il contenitore oppu-
re rimestando le palline manual-
mente al fine di omogeneizzare il
più possibile la loro distribuzione
nel volume, ottenendo così altro
spazio libero da riempire. E’ un po’
l’operazione che facciamo quando
ad esempio riempiamo una zuc-
cheriera: scuotiamo il contenitore
per distribuire meglio lo zucchero
di volta in volta. Adesso che abbia-
mo un nuovo volume vuoto, ripe-
tiamo l’operazione riempiendo
casualmente la vasca con altre
sfere ed eventualmente ripetendo
l’operazione appena descritta. Ad
un certo punto, però, la vasca sarà
piena e qualunque rimestata non
sarà sufficiente per guadagnare
nuovo volume da riempire. Abbia-
mo dunque raggiunto una nuova
configurazione chiamata impac-
chettamento irregolare congestio-
nato. Questa situazione, che a col-
po d’occhio sembra eccellente per-
ché riempie uniformemente tutto
il volume, in realtà non lo è così
tanto. E’ infatti possibile calcolare
che per un siffatto impacchetta-
mento la densità delle sfere è di
poco inferiore al 64%. Nell’impac-
chettamento irregolare, dunque, le
sfere formano un reticolo (ovvero
quella tela che si può idealmente
tracciare congiungendo i centri
delle sfere) con una conformazio-
ne del tutto casuale, priva di sim-
metrie e diversa ogni volta che
viene realizzato un impacchetta-
mento di questa tipologia, anche
se si utilizzano le stesse sfere e il
medesimo contenitore.
Impacchettamenti regolari
Ovviamente una densità di impac-
chettamento del 64% non è poi co-
sì elevata. Di spazio libero ce n’è
ancora parecchio e quindi ci chie-
diamo se, introducendo un ordine
nella disposizione delle sfere, il
volume disponibile possa aumen-
tare, accogliendo nuove palline.
Con pazienza quindi immaginia-
di Marco Garavaglia
Questo problema, a prima vista banale, in matematica prende il nome di IMPACCHETTAMENTO DI SFERE e le sue applica-
zioni pratiche, come descriverò nell’ultima parte dell’articolo, sono numerosissime e toccano diversi ambiti della scien-
za, dalla chimica, alla mineralogia, fino all’ingegneria industriale e di processo...
2828
MATEM
mo di riempire il contenitore si-
stemando sul fondo un primo stra-
to di sfere. Giunti al piano succes-
sivo, collochiamo un secondo stra-
to nei punti lasciati vuoti dal piano
inferiore e via dicendo. Se indi-
chiamo con le lettere dell’alfabeto
i vari piani, a seconda della posi-
zione che le palle occupano su di
esso, otteniamo una configurazio-
ne del tipo: ABABAB… ecc. (vedi
fig1). In essa i centri delle sfere
corrispondono ai vertici di un
triangolo equilatero e ogni sfera è
sempre tangente ad altre 12 (ad
eccezione delle periferiche). Chia-
miamo questa sistemazione
impacchettamento regolare
esagonale. Aggiungendo un
terzo piano di sfere, che occu-
pano il vuoto lasciato dal pri-
mo, otteniamo una nuova con-
figurazione ordinata, schema-
tizzabile con le lettere AB-
CABCABC… ecc., chiamata im-
pacchettamento regolare cu-
bico. Calcolando la densità
media, in entrambi i casi otte-
niamo un valore di poco supe-
riore allo 0,74.
La congettura di Keplero
A questo punto, viene da chiedersi
arrivati se esistono delle nuove
configurazioni che possano au-
mentare la densità dell’impac-
chettamento. Nel 1611, il matema-
tico e astronomo Giovanni Keplero
si pose lo stesso interrogativo ed
arrivò ad affermare che non esiste
un impacchettamento di sfere più
denso di quello regolare, cubico ed
esagonale, e che, conseguente-
mente, la densità del 74% fosse la
massima raggiungibile. Keplero
però non arrivò mai ad una dimo-
strazione ed il primo risultato par-
ziale, ma significativo in tal senso,
arrivò solo nel 1831 quando Gauss
dimostrò che la congettura di Ke-
plero è vera solo se le sfere sono
sistemate secondo una griglia re-
golare ovvero che qualunque con-
figurazione di sfere, che fornisca
un controesempio alla congettura
di Keplero, deve essere necessa-
riamente irregolare. La congettura
rimane tuttora formalmente indi-
mostrata anche se, nel 1998, il pro-
fessor Thomas Hales dell’Univer-
sità di Pittsburgh ha pubblicato
una dimostrazione per esaustione
basata su sofisticati algoritmi di
geometria computazionale e rite-
nuta vera per il 99%. Il metodo di
esaustione è un procedimento uti-
le a calcolare aree di varie figure
geometriche piane che consiste
nella costruzione di una succes-
sione di poligoni che convergono
alla figura data. L'area della figura
risulta essere quindi il limite delle
aree dei poligoni. La rivista Annals
of Mathematics, il più illustre e
prestigioso magazine di matema-
tica del panorama scientifico, con-
tinua a pubblicare con regolarità
parti della dimostrazione di Hales.
Sta di fatto che a distanza di oltre
400 anni la congettura resta anco-
ra un problema aperto.
Impacchettamento di ipersfere
Abbandoniamo ora il nostro caro e
rassicurante spazio tridimensio-
nale, per avventurarci negli iper-
spazi di dimensione n (>3). Ovvia-
mente non avremo più da impac-
chettare sfere tridimensionali ma
n-ipersfere in un ipervolume vuo-
to. Dal punto di vista concettuale, i
Fig. 1, sistemi di impacchettamento delle sfere (daWikipedia)
2929
MATICA
Fig. 2, da sinistra: diamanti, un pezzo di grafite; una colonna di lavaggio (scrubber)
procedimenti seguiti finora non
cambiano: possiamo scegliere di siste-
mare le ipersfere in modo casuale nell’i-
pervolume oppure di ordinarle secondo
un reticolo regolare. Noteremo che fino
alla dimensione 8 gli impacchettamenti
regolari restano più densi degli irregolari
(così come abbiamo visto in dimensione
3). Il problema sorge quando superiamo
la nona dimensione perché è possibile
provarecheesiste,adesempioindimen-
sione 10, un impacchettamento irregola-
re più denso del più denso impacchetta-
mento regolare conosciuto. In parole
povere la situazione si ribalta: per
iperspazi di grandi dimensioni (n>10) gli
impacchettamenti più densi risultano
essere (forse tutti) irregolari, aprendo le
porteanuovecongetture.
Applicazioni
Le applicazioni pratiche riguar-
danti gli impacchettamenti di sfe-
re (ovviamente in spazi tridimen-
sionali) sono numerosissime. Si-
curamente il campo scientifico
che viene maggiormente coinvolto
è la cristallochimica e la mineralo-
gia in cui gli atomi che costituiscono un
minerale o un cristallo sono come delle
sfereimpacchettateinunacertaconfigu-
razione. Le proprietà fisico-chimiche
varianosensibilmentedaconfigurazione
a configurazione. Un classico esempio
stanelladifferenzatradiamanteegrafite:
gli atomi di carbonio che compongono
entrambi imaterialinel primocaso sono
dispostiformandounreticolotetraedrico;
nel secondo, invece, sono impacchettati
ordinatamente secondo piani paralleli
formando un reticolo piano esago-
nale. La differenza è lampante: du-
rezza, trasparenza e pregio nel pri-
mo caso… mina per matite nel se-
condo (vedi fig. 2, A e B). Nell’indu-
stria di processo, invece, i proble-
mi di impacchettamento riguarda-
no la realizzazione di colonne di
lavaggio (scrubber) ovvero quei
dispositivi che servono a purifica-
re una corrente gassosa da sostan-
ze, solitamente polveri e microin-
quinanti acidi, facendola circolare
controcorrente ad un solvente.
Poiché l’operazione richiede gran-
di superfici di contatto, è necessa-
rio riempire la colonna con del
materiale inerte impaccato atto
allo scopo, vedi Fig. 2. Al di là,
quindi, delle aree gioco per bambi-
ni le notevoli implicazioni prati-
che dell’impacchettamento di sfe-
re rendono questo campo della
matematica sicuramente degno di
ulteriori approfondimenti.
Fig. 3, altri sistemi di impacchettamento delle sfere
3030
MUS
N
ell'antichità, fu Pitago-
ra di Samo a sancire,
per la prima volta, il
legame tra matematica
e musica. Un giorno, trovandosi
nell'officina di un fabbro, Pitagora,
ascoltando i suoni consonanti e
dissonanti prodotti dal battere dei
martelli sulle incudini, intuì che
proprio il suono era in stretto rap-
porto con il peso dei singoli mar-
telli: se uno dei martelli pesava il
doppio dell'altro, si producevano
suoni distanti un'ottava; se invece
pesava una volta e mezza dell'al-
tro, si producevano suoni distanti
una quinta, esattamente l'interval-
lo fra il do e il sol. Analogamente,
facendo alcuni esperimenti con
nervi di bue posti in tensione, con-
statò che la stessa regola valeva
anche per i suoni generati da stru-
menti a corda, come la lira. Da que-
sta osservazione scientifica, Pita-
gora formula le leggi dell'armonia,
dimostrando appunto l'armonia
determinata dal rapporto tra i nu-
meri e le note musicali. Dopo la
rivoluzione apportata nel Medioe-
vo da Guido d'Arezzo, con i due
trattati Micrologus de musica e
Prologus in antiphonarium, la teo-
ria musicale nel Rinascimento ve-
de in Gioseffo Zarlino l'esponente
di spicco. Tra il Seicento e il Sette-
cento, numerosi sono i matematici
che fanno della musica l'oggetto
dei loro studi, in particolare Eulero
e Cartesio. Gottfried Leibniz defini-
sce la musica come la matematica
dell'anima.
J. S. Bach ed i numeri
Johann Sebastian Bach è, proba-
bilmente, l'esempio più eclatante
del legame tra le due scienze. Gli
studi sulla tecnica del contrap-
punto e sull’opera di Bach hanno
svelato gran parte dell’approccio
matematico alla composizione.
Nelle sue opere, come nella mate-
matica, possiamo trovare sezioni
auree, teoremi, proporzioni e riferi-
menti numerici specifici. Il nume-
ro 3 ricorre nelle variazioni
Goldberg; il 14, in particolare, fa
riferimento al suo stesso nome
(sommando le lettere), ad alcuni
episodi della sua vita (nel 1747,
Bach entra come 14° membro in
un'associazione nata con l’intento
di riportare la musica alla sua ori-
gine pitagorica e di mostrarne i
legami con la matematica; nel ce-
lebre ritratto di Elias Gottlob
Haussmann, Bach indossa una
giacca con 14 bottoni) ed anche
all'Arte della Fuga. In quest'opera
infatti, escludendo i canoni, ci so-
no 14 contrappunti (in particolare
14 sono le note che formano il sog-
getto del Contrapunctus V e VIII) e
l'ultima fuga, incompiuta, è appun-
to la quattordicesima. L'Arte della
Fuga, le Variazioni Goldberg, l’Of-
ferta musicale offrono i più alti e
significativi esempi di musica co-
struita in base a principi di sim-
metria aritmetica e geometrica,
di Nicola Amalfitano
Bach ed i numeri
J. S. Bach in una stampa settecentesca
3131
SICA
Il Crab Canon di J. S. Bach.
3232
MUS
Johann Sebastian Bach in un ritratto del 1748 di Elias Gottlob Haussmann. (Wikipedia)
3333
SICA
alla cui base è il Canone, ovvero
una composizione contrappunti-
stica che unisce a una melodia
una o più imitazioni che le si so-
vrappongono progressivamente.
Nelle Variazioni Goldberg, opera di
alta complessità strutturale, dopo
l'enunciazione del tema, si susse-
guono ciclicamente 3 forme musi-
cali: una danza, una toccata e un
canone che, di volta in volta, ac-
cresce l’intervallo di distanza delle
voci. Le simmetrie, i canoni ordi-
nati e i rimandi alla perfezione del
numero 3 dimostrano lo stretto
legame con la matematica nell’or-
ganizzazione della struttura musi-
cale. Nell'opera bachiana, i temi si
trasformano, si invertono, si ribal-
tano e, attraverso il linguaggio del-
la geometria, è possibile descrive-
re e apprezzare le cosiddette sim-
metrie musicali. Nel Canone esi-
stono livelli molto complessi: un
accrescimento avviene quando le
“copie” del singolo tema sono ese-
guite spostate nel tempo e nell’al-
tezza (ad esempio, la prima voce
esegue il tema iniziando in do, la
seconda voce, sovrapposta alla
prima, lo esegue iniziando in sol
cioè quattro note più in alto; una
terza voce si aggiunge alle prime
due iniziando in re, quindi ancora
altre quattro note più sopra, e così
di seguito). Un ulteriore livello di
complessità si raggiunge variando
la velocità di esecuzione: se, per
esempio, la seconda voce raddop-
pia o dimezza la velocità rispetto
alla prima voce, allora parliamo di
diminuzione o di aumentazione
perché il tema sembra restringersi
o espandersi. Se rappresentiamo
una linea melodica su un piano
cartesiano ponendo sull’asse delle
ordinate i valori relativi alle altez-
ze sonore e su quello delle ascisse
la dimensione temporale, abbiamo
l'immediata percezione della
struttura simmetrica della melodia
che, quindi, può essere eseguita a
ritroso nel cosiddetto Canone in-
verso.
Il Crab Canon su di un Möbius Strip.
Riferimenti
Nel video di YouTube: “J.S. Bach - Crab Canon on a Möbius Strip”
https://youtu.be/UHQ2ybTejU
l'ingegnere belga Jos Leys presenta l’enigmatico Canone I a 2 voci dell’Offerta musicale con il pentagram-
ma organizzato secondo il Nastro di Möbius in esecuzione simultanea nei due percorsi.
A sinistra il video di YouTube “J.S. Bach - Crab Canon on a Möbius Strip” e il suo autore Jos Leys
3434
3535
NEW HARDWARE FOR CAD
B
envenuti alla terza pun-
tata sul funzionamento
delle stampanti 3D e, più
specificatamente, nel
nostro caso sulla RepRap Mendel.
In questo articolo, cercheremo di
capire il funzionamento di una
scheda controller su cui sono ap-
plicati i driver per il pilotaggio dei
motori passo- passo della Mendel:
Arduino step shield. Mi rivolgo
adesso a chi è quasi del tutto
sprovvisto di nozioni di elettronica
ed informatica cercando di spiega-
re anzitutto il concetto di driver
attraverso un esempio pratico. Im-
maginate che una persona deve
dare delle istruzioni di lavoro mol-
to complesse ad un operaio stra-
niero abilissimo ma che non capi-
sce assolutamente la lingua del
cliente. A sua volta anche il cliente
non conosce la lingua dell’operaio,
sa solo che è specializzato in una
determinata funzione a lui nota
ma non ha altre informazioni spe-
cifiche relative alla sua forza, velo-
cità, ecc.! L’unica soluzione è quel-
la di rivolgersi ad una terza perso-
na che, conoscendo entrambe le
lingue e l’operaio, riesce a fornirgli
la sequenza d’istruzioni per ese-
guire il lavoro. Il traduttore per far-
si capire meglio indica all’operaio
anche quale arto deve utilizzare
attraverso un tabellone luminoso
su cui sono riportate tutte le sue
articolazioni! Questo è il funziona-
mento di un driver rispetto ad un
sistema operativo! Il sistema ope-
rativo è il cliente che vuole fare
eseguire il lavoro a un determinato
componente elettronico (il driver)
che fa da operaio specializzato
mentre il traduttore, in questo ca-
so, si chiama interfaccia. Vorrei
adesso chiarire un equivoco gene-
rato dalla traduzione o, per meglio
dire, dall’interpretazione del con-
cetto della parola driver prove-
niente dall’inglese tecnico. Driver
ha come significato diverse acce-
zioni:
 può significare pilotare e guida-
re quando lo troviamo come
verbo;
 è il chip addetto alla gestione di
un determinato hardware (il
lettore CD ad esempio);
 è un file particolare che racco-
glie una serie di istruzioni,
spesso scritte in linguaggio
macchina o assembly, che con-
sente ad un sistema operativo
III Puntata
di Salvio Giglio
Principi di funzionamento delle stampanti 3D
Fig. 1, la Step shield e uno dei motori passo - passo della Mendel
Semafori virtuali, ingressi, uscite, impulsi, rotazioni, accelerometri. Cerchiamo di capire co-
me funzionano un driver sia in termini generali sia nel contesto della nostra stampante 3D
3636
di pilotare un dispositivo hard-
ware.
Non trovando un equivalente lin-
guistico in italiano è stata lasciata
la parola inglese originaria asso-
ciata a significati diversi e questo
crea sicuramente confusione ai
neofiti… In questo articolo faremo
in modo diverso, sostituiremo a
driver delle parole più familiari
che ci permetteranno di capire
subito se si sta facendo riferimen-
to al chip o al file d’istruzioni per
azionarlo! Chiameremo il chip
operatore e il file istruttore, l’inter-
faccia traduttore mentre le
“articolazioni” del nostro chip sa-
ranno i registri. Che ne dite?
Modalità di funzionamento
Un istruttore permette al sistema
operativo di utilizzare l'operatore
senza sapere come esso funzioni
ma dialogandoci attraverso un tra-
duttore che si rivolge direttamente
ai registri dell’operatore. Questa
logica ha permesso, nel corso degli
anni, di standardizzare la compo-
nentistica elettronica permetten-
done così anche l'intercambiabili-
tà. Ogni istruttore è un qualcosa di
molto specifico sia dal punto di
vista dell'hardware che pilota, sia
da quello del sistema operativo per
cui è scritto. Infatti, non è possibile
utilizzare istruttori scritti per un
determinato sistema operativo su
uno differente, perché il traduttore
è diverso. Nella maggioranza dei
casi l’istruttore è scritto, ovvia-
mente, dal produttore del disposi-
tivo hardware. Se il progetto dell’o-
peratore è di tipo Open Source e la
licenza è aperta a tutti può accade-
re anche che i driver siano scritti
da terze parti sulla base della do-
cumentazione tecnica rilasciata
dal produttore. Nei sistemi embed-
ded, come nel caso di Arduino, tut-
to il software è un unico program-
ma compilato e caricato in memo-
ria e l’istruttore non è altro che
una sua routine che si collega con
l'hardware da pilotare.
Come funziona un driver e la teo-
ria dei semafori virtuali
Ogni istruttore deve garantire ad
un solo processo per volta, e per
tutta la sua durata, l'accesso
esclusivo alla periferica operatore.
Per far fronte ad un elevato nume-
ro di processi, che potrebbero inte-
ragire direttamente con la periferi-
ca, può rendersi necessario intro-
durre un istruttore virtualizzato: in
questo modo ogni processo può
agire sulla periferica in maniera
indipendente. Questa procedura
somiglia molto a quanto accade in
qualunque strada cittadina percor-
sa da veicoli e pedoni; in punti par-
ticolarmente critici, come gli in-
croci, vengono installati dei sema-
fori per regolare il traffico ed evita-
re incidenti. Analogamente, nell’e-
lettronica digitale esistono delle
procedure assimilabili agli stati
che assume un semaforo che ven-
gono, appunto, definite semafori
virtuali. La teoria dei semafori vir-
tuali fu elaborata dall’informatico
olandese Edsger Wybe Dijkstra
negli anni ’70 del secolo scorso ed
è stata proficuamente applicata
specialmente nei sistemi multita-
sking (che compiono più operazio-
NEW HARDWA
Qualche parola sui motori passo-passo
Il motore passo-passo, spesso chiamato anche step o stepper, appartiene alla famiglia dei motori elettrici sincroni alimentati in corren-
te continua . Sono privi di spazzole e la loro peculiarità consiste nel suddividere la propria rotazione in un certo numero di passi (step).
La posizione del motore può essere controllata accuratamente tramite opportune schede elettroniche. È considerato la scelta ideale per
tutte quelle applicazioni che richiedono precisione nello spostamento angolare e nella velocità di rotazione: automazione, robotica, ecc.
Sotto il profilo funzionale questi motori si differenziano dagli altri per la loro capacità di mantenere fermo l'albero in una posizione di
equilibrio. Infatti, quando sono alimentati attraverso degli impulsi elettrici generati dalla scheda pilota la loro rotazione avviene a scatti
e ad un certo punto l’albero si blocca in una ben precisa posizione angolare. Per ottenere una rotazione continua bisogna inviare al
motore un treno di impulsi di corrente, secondo un'opportuna sequenza, in modo tale da far spostare, per scatti successivi, la posizione
di equilibrio. È così possibile far ruotare l'albero nella posizione e alla velocità voluta semplicemente contando gli impulsi ed impostan-
do la loro frequenza, visto che le posizioni di equilibrio dell'albero sono determinate meccanicamente con estrema precisione.
L'elettromagnete 1 (A) viene eccitato, attraendo il dente più vicino del rotore metallico. L'elettromagnete 1 è spento e viene eccita-
to l'elettromagnete 2 (B) attirando il dente successivo leggermente verso destra. Viene spento l'elettromagnete 2 ed eccitato il 3
(C). Tocca ora all’elettromagnete 4 ad essere percorso dalla corrente in luogo del 3 (D). In questo esempio ogni avanzamento produ-
ce una rotazione di 3.6°. Quando l'elettromagnete 1 sarà di nuovo eccitato, i denti del rocchetto dovranno ruotare nella posizione
successiva; poiché vi sono 25 denti, occorrono 100 passi per realizzare una rotazione completa.
3737
WARE FOR CAD
Fig. 2, lo schema elettrico della Step shield
3838
NEW HARDW
Elenco Componenti:
C1: 220 µF 25 VL elettrolitico
U1 : CD4094
U2 : CD4094
U3: CD4094
U4: Driver motori (Pololu MD09B)
U5: Driver motori (Pololu MD09B)
U6: Driver motori (Pololu MD09B)
Varie:
- Morsetto 2 poli (7 pz.)
- Zoccolo 8+8 (3 pz.)
- Strip maschio 3 poli (7 pz.)
- Strip femmina 4 poli (4 pz.)
- Strip maschio 6 poli (1 pz.)
- Strip maschio 8 poli (2 pz.)
- Strip maschio 10 poli (1 pz.)
- Jumper (7 pz.)
- Circuito stampato
Fig. 3, piano di montaggio della Step shield
3939
WARE FOR CAD
ni simultaneamente). Ad ogni pe-
riferica è associato uno di questi
semafori che dicono al sistema
operativo se la periferica è libera o
occupata da un determinato pro-
cesso. Un tipo di semaforo molto
utilizzato è quello binario che ha
solo 2 stati, 0 ed 1, a cui sono asso-
ciate le operazioni:
 wait (aspetta) nel caso di peri-
ferica occupata;
 signal (segnale) nel caso di pe-
riferica libera.
Proprio come accade al semaforo
di qualunque strada trafficata che,
quando c’è il rosso, crea nel corso
dei minuti una coda più o meno
lunga di veicoli in attesa di ripar-
tire, analogamente quando il se-
maforo di una periferica è su wait
si crea una coda di processi in at-
tesa di essere smaltita. Nel caso di
una stampante 3D, come la nostra
Mendel, i suoi semafori dialogano
col PC attraverso la MCU infor-
mandolo sullo stato di tutti i suoi
vari attuatori (i motori, il piatto
termico, l’alimentazione del fila-
mento di materiale termoplastico,
ecc.). La scheda per il controllo dei
motori della Mendel segue an-
ch’essa la logica dei semafori; in-
fatti nel codice del suo istruttore
ci sono scritti i seguenti gruppi di
istruzione:
 Procedura di acquisizione;
 Procedure d'uso;
 Procedura di rilascio.
Dopo aver acquisito l’uso esclusi-
vo della periferica, il processo di
stampa può applicare le procedure
d'uso e, quando ha terminato, deve
rilasciarla comunicando al siste-
ma operativo che ha finito.
Caratteristiche della step shield
Shield per Arduino, UNO o Mega,
permette di comandare tre mo-
tori passo-passo bipolari da 2A.
Il controllo di ciascuno di essi è
affidato ad un driver
“operatore” (MD09B) prodotto dal-
la Pololu (un costruttore di com-
ponentistica elettronica per l’au-
tomazione e la robotica). Si può
impostare ogni driver operatore in
base all’accuratezza che vogliamo
dare al nostro lavoro di stampa.
Infatti possiamo stabilire sia il
senso di rotazione (orario o antio-
rario) che il numero di gradi che il
rotore del motore deve compiere
alla ricezione di ogni comando:
da uno step alla volta fino a delle
frazioni di esso (1/2, 1/4, 1/8 o
1/16).
Il circuito
Si tratta di un circuito, di dimen-
sioni 86 x 56mm, composto di 4
ingressi analogici e 3 driver per
motori passo-passo alimentato a
12V in corrente continua stabiliz-
zata. Agli ingressi analogici (A0,
A1, A2, A3) possiamo collegare sia
dei fine corsa per i motori che al-
tri, di vario tipo, come gli accelero-
metri. I 3 driver operatori per-
mettono una gestione completa
dei motori della Mendel suppor-
tando un consumo massimo di 2A.
I driver per motori, nello schema
elettrico, sono contrassegnati dal-
le sigle U4, U5 e U6 e sono chia-
mati anche shift-register. Essi so-
no componenti utilizzati nell'elet-
tronica digitale e costituiti da una
catena di celle di memoria ad 1 bit
interconnesse tra loro (comunemente
dei flip-flop): ad ogni impulso di
clock essi consentono lo scorri-
mento dei bit da una cella a quella
immediatamente adiacente. Lo
scorrimento può avvenire verso
destra, verso sinistra o, in alcuni
tipi detti bidirezionali, in entram-
be le direzioni in base allo stato di
una linea di controllo: a seconda
se questa linea è a un livello di 0
logico oppure di 1 logico, i dati
vanno in una direzione oppure
nell'altra. Il comando del movi-
mento (verso di rotazione, angola-
zione dell’albero motore, frequen-
za degli impulsi per la velocità del
motore) può essere ottenuto in
due modi:
 Gestione diretta in cui Arduino
gestisce direttamente l’opera-
tore collegato al motore utiliz-
zando due linee digitali dedi-
Edsger Wybe Dijkstra
N
asce in Olanda
a Rotterdam,
l’11 maggio del
1930; suo padre,
che era un chimico, era
stato il presidente della
Società Chimica Olandese.
Si laurea nel 1951 in Mate-
matica e Fisica e nel 1956
in Fisica Teorica all'Uni-
versità di Leida. Dal 1952 al
1962 Dijkstra lavora come programmatore scienti-
fico presso il Mathematisch Centrum di Amster-
dam. In quel periodo sviluppa il compilatore per il
linguaggio Algol 60 e l’algoritmo che porta il suo
nome. Nel 1962, ottiene la Cattedra in Informatica
presso l'Eindhoven University of Technology do-
ve lavorerà sino al 1984. Nel 1972, vince il Premio
Turing per i contributi fondamentali allo sviluppo
dei linguaggi di programmazione. Dal 1982 diventa
consulente informatico della Burroughs Corpora-
tion. Nel 1984, gli affidano la prestigiosa cattedra
Schlumberger Centennial Chair in Computer
Sciences all'Università di Austin nel Texas ove
lavorerà sino al 1999. Afflitto da una lunga malat-
tia si spegne all’età di 72 anni nella sua Olanda a
Nuenen il 6 agosto del 2002.
4040
NEW HARDWARE FOR CAD
cate costituite dai pin (asticelle
metalliche che fuoriescono dal-
la scheda) DIR e STEP del dri-
ver Pololu. Questa modalità si
ottiene spostando i jumpers
(ponticelli di contatto tra due
pin) verso il pin “Arduino” co-
me in Fig. 4 A.
 Gestione indiretta, in questo
caso Arduino si rivolge ad un
traduttore che utilizza i registri
dell’operatore di cui vi parlavo
in apertura. In questo caso i
registri, ovvero gli shift-
register, memorizzano le impo-
stazioni che abbiamo program-
mato, come il fattore di divisio-
ne dell’angolo e/o la frequenza
degli impulsi generati da Ar-
duino per la velocità, prima di
avviare la fase di stampa. Per
ottenere questo modo di lavoro
dobbiamo spostare i jumpers
verso la parte tratteggiata, co-
me mostra la Fig. 4B.
Per default, le uscite 1A, 1B, 2A e
2B di Arduino forniscono gli im-
pulsi per comandare lo sposta-
mento del rotore del motore di
uno step cioè di una rotazione. Il
controllo delle frazioni di rotazio-
ne avviene attraverso gli ingressi
dello shield MS1, MS2, MS3 il cui
settaggio segue la logica riportata
nella tabella 1. Per mantenere
inalterata la rotazione di uno step,
cioè come per il default, bisogna
lasciare i tre ingressi su L ( low
livello basso). E’ anche possibile
determinare la sorgente di ali-
mentazione per il funzionamento
dei motori, scegliendo tra la sche-
da Arduino a 12V (chiudendo il
Jumper Vmot verso “INT”), o tra-
mite il morsetto PWR (chiudendo
il jumper Vmot verso la parte
tratteggiata) che ammette una
tensione massima di 35V.
Continua
Tab. 1, impostazione degli step compiuti dal motore rispetto agli impulsi di comando
Fig. 4, lo schema dei collegamenti della Step shield. Nei dettagli A e B il posizionamento dei jumpers, disegnati in rosso, per
la gestione diretta e indiretta dei motori
4141
4242
4343
Q
ueste sono solo alcune
fontane del centro sto-
rico dell’Aquila, mo-
dellate tridimensio-
nalmente in SketchUp e tuttora
visibili in Google Earth. Ho cer-
cato di rappresentarle curando
molto l’aspetto delle tessiture,
dalle pietre ai riflessi dell’ac-
qua, così come si presentavano
prima del terremoto del 6 aprile
2009: realistiche, integre e zam-
pillanti quasi a dare la sensa-
zione di sentire lo scroscio
dell’acqua e perché no dell’ani-
mosità e del vociare degli abi-
tanti, non più presenti da ormai
cinque anni nel centro storico
aquilano. Lo consideravo, e lo
considero ancora, un buon au-
spicio, un desiderio e un augu-
rio che la mia città possa, pri-
ma possibile, tornare ad essere
abitata. I programmi da me uti-
lizzati per le ricostruzioni volu-
metriche e strutturali sono
SketchUp ed Autocad; per il
rivestimento delle textures, in-
vece, mi sono aiutato molto con
Photoshop: le tessiture sono
molto importanti, essendo un
pò l'anima dei modelli tridi-
mensionali, sono il giusto vesti-
to che consentono ai volumi di
dialogare e comunicare con
l'osservatore.
di A. Buccella
Fontanelle aquilane virtuali su Google Earth
Far rivivere L’Aquila, almeno virtualmente, questo è l’intento di Antonello Buccella promotore di innumerevoli iniziati-
ve tutte finalizzate al recupero di una città che rappresenta una pagina significativa di storia dell’architettura italiana.
1) Fontane gemelle in P.za Duomo; 2, 3, 4, Fontanella in P.za di Porta Bazzano (vari dettagli); 5) Fontanella in Piazza Duomo
6) Fontana 99 cannelle; 7) Fontana in Piazza S. Pietro di Coppito
1 2
3 4
5 6
7
ARCHITETTURA E MODELLAZIONE 3D
4444
TREND PRO
BIM, l’esempio di RhOME for denCity al Solar Decathlon 2014
C
redo che la nascita e lo
sviluppo dei modelli in
scala ridotta di edifici,
imbarcazioni, ecc. abbia
fatto lo stesso percorso della pro-
gettazione “disegnata” dal mo-
mento che insieme ad essa deve
rispondere almeno a tre esigenze
principali che sussistono ancora
oggi ai giorni nostri:
 far verificare al progettista in
prima persona il proprio lavoro
progettuale, per scoprire e cor-
reggere eventuali difetti, prima
di sottoporlo al committente;
 presentare al committente
qualcosa di tangibile e imme-
diatamente comprensibile, che
oltrepassi i disegni e gli studi
progettuali, in grado di colpire
positivamente l’osservatore facendo-
lo propendere per la realizzazio-
ne;
 spiegare i dettagli delle fasi co-
struttive a chi ha il compito di
realizzare materialmente il pro-
getto.
Questa necessità di visualizzare in
anteprima ciò che sarà costruito,
attraverso una rappresentazione
tridimensionale “solida” o “grafica”, ha
favorito anche gli studi sulla geo-
metria descrittiva e il relativo svi-
luppo della prospettiva e delle vi-
ste assonometriche, seguendo di
pari passo le evoluzioni che il lin-
guaggio tecnico grafico legato alla
progettazione subiva nel corso dei
secoli. Siamo così arrivati al CAD e
alle sue applicazioni che hanno
risolto i problemi legati alla pro-
gettazione tradizionale, tempi di
stesura a parte: primo fra tutti
quello di mettere in relazione tutti
i dati costruttivi di un manufatto e
stimarne poi costi, tempi di realiz-
zazione, ecc. La BIM (Building In-
formation Modeling, modellazione
“informatizzata” di un edificio) è
l’ultima applicazione del CAD nel
campo progettuale e si può tran-
quillamente tradurre in italiano
con il concetto di progettazione
integrata. Infatti, attraverso una
dettagliatissima rappresentazione
tridimensionale del fabbricato,
essa permette la cooperazione tra i
vari progettisti e costruttori parte-
cipanti al lavoro, coinvolgendo
anche la committenza, negli studi
professionali e poi in cantiere, at-
Da sempre chi progetta ha sentito l’esigenza di riprodurre in miniatura quanto gli è stato commissionato per poter verificare, insieme
a committenza e costruttori, il proprio progetto con un’anteprima del lavoro da eseguire… Nell’era digitale tutto questo si tramuta in
un modello 3D informatizzato in grado di far confluire in esso lo sviluppo di tutte le progettazioni che concorrono, nel loro insieme,
alla realizzazione di un manufatto architettonico, curando nel dettaglio costi, produzione, livelli di affidabilità delle prestazioni e im-
patto ambientale. RhOME for denCity rappresenta un ottimo esempio di BIM applicata con successo da un Team giovane e vincente!
La casa ecologica RhOME for denCity presentata dal Team dell’Università Roma Tre durante la costruzione
di Salvio Giglio
4545
OGETTUALI
traverso uno scambio continuo
d’informazioni costruttive sullo
sviluppo del progetto. Una proget-
tazione basata su di un modello
virtuale BIM va oltre la progetta-
zione stessa poiché il modello vir-
tuale può essere consultato, stu-
diato e modificato anche per even-
tuali fasi di adeguamento per nuo-
ve esigenze normative o manuten-
tive. Questo aspetto risulta parti-
colarmente allettante anche per
chi amministra complessi condo-
miniali ed è tenuto ad aggiornare
il Registro anagrafico manutentivo
dello stabile in quei Comuni in cui
esso è richiesto. Inoltre, questo
approccio progettuale, che consi-
dera l’edificio durante tutto il ciclo
di vita, riduce notevolmente le per-
dite di informazioni che si verifi-
cano con la progettazione cartacea
tradizionale. Infine, specialmente
oggi che tanto si discute di soste-
nibilità ambientale, la BIM sembra
offrire una valida risposta a questa
problematica perché permette di
ottenere una dettagliata analisi
dell’edificio e il suo impatto am-
bientale in una visione assoluta-
mente completa. Nella BIM, uno
stabile è equiparato ad un organi-
smo vivente formato da una serie
di sistemi interdipendenti di cui è
possibile stimare: consumi e rese
energetiche per il riscaldamento e
la climatizzazione, condizioni di
isolamento dello stabile rispetto
alle variazioni termiche ambienta-
li, rendimenti illuminotecnici e
ottimizzazione delle reti elettriche,
ottimizzazione dei sistemi di sicu-
rezza rispetto ad incendi ed intru-
sioni, ecc. La BIM ha anche un ro-
vescio della medaglia poiché essa
non rappresenta solo l’adozione di
un pacchetto software ma una
nuova filosofia progettuale in cui,
in luogo dei progettisti stand-
alone del passato, troviamo i team
progettuali multi-purpose in grado
di sviluppare progettazioni com-
plete, sotto ogni profilo, di un edifi-
cio: dalla struttura portante alla
climatizzazione. Altra insidia per
chi si sente un “conservatore della
progettazione edile” consiste nell’im-
piego di personale altamente qua-
lificato, sia nel team di progetta-
zione che nei vari settori operativi,
impegnato nella realizzazione del
fabbricato. Non può esistere in una
cantieristica BIM oriented l’ope-
raio ignorante, il geometra accon-
discendente, il progettista sempli-
cione… Infatti l’applicazione di tec-
nologie costruttive sempre nuove
e la necessità di trasmettere tutte
le notizie relative allo stato di
avanzamento dei lavori, opportu-
namente corredate di immagini,
misurazioni e bozzetti fatti sul
campo attraverso software ade-
guati, richiede una formazione
complessa in cui ognuno ha il suo
ruolo specifico e si assume le pro-
prie responsabilità. Ecco perché
non è possibile improvvisare una
progettazione BIM. Ai progettisti
stessi è richiesta una certa espe-
rienza e un notevole affiatamento.
Per quanto ho potuto constatare in
un anno di Community, ho visto
post professionalmente validi rila-
sciati solo da progettisti ed azien-
de estere mentre da noi la BIM è
solo l’impiego di un particolare
tipo di software perché offre libre-
rie di componenti parametrici e
buone renderizzazioni.
Il work flow BIM di RhOME per il settore energetico da cui si evincono le analisi comparate di: radiazione solare, simulazione
termica dinamica, illuminazione e fluidodinamica.
4646
TREND PRO
Dall’alto, planimetria e planivolumetria del RhOME e le due foto dei fronti anteriore e posteriore della casa.
4747
OGETTUALI
Un case study vincente: il Progetto
RhOME for denCity
Un esempio concreto dei vantaggi
offerti dalla progettazione integra-
ta è apparso, il 27 giugno scorso,
nel progetto RhOME for denCity,
proposto dall’Università Roma Tre,
nell’ambito della prestigiosa com-
petizione internazionale Solar De-
cathlon, l'Olimpiade dell'architet-
tura sostenibile, dove ha vinto su-
perando 10 prove molto difficili. La
casa RhOME misura 65mq ed è
stata costruita con legno certifica-
to ed è trasportabile in treno. E' un
concentrato di comfort che sfrutta
la luce naturale e che punta al ri-
sparmio energetico grazie al de-
sign funzionale e minimal. La
“città solare”, nel Parco della Reg-
gia di Versailles, ha esposto oltre
venti case ad alta efficienza ener-
getica. Questo lavoro italiano ha
adottato una struttura di progetta-
zione e ingegnerizzazione BIM,
ottenendo così un controllo com-
pleto dei dati progettuali grazie al
continuo feedback sulle presta-
zioni e sull’impatto ambientale. Il
team, capitanato da Chiara Tonelli,
ha realizzato un modello BIM in
modalità multiutente workset and
remote tramite un adeguato server
BIM che ha accolto sino a 15 utenti
al lavoro contemporaneamente
durante le fasi di sviluppo. La BIM
ha permesso la creazione di un
team multidisciplinare, riuscendo
ad integrare gli apporti di studenti,
specialisti, ricercatori e aziende
partner del progetto. Il modello
BIM ha implementato le più recen-
ti tecnologie di prefabbricazione
avanzata in legno secondo il pro-
tocollo BAM (Building Assembly
Model). In esso appaiono tutti i
risultati delle varie tipologie di
analisi:
 strutturali, per la valutazione
antisismica;
 energetico dinamiche, sulla ra-
diazione solare;
 simulazione termica e fluidodi-
namica;
 calcolo dell’LCA (Life Cycle As-
sessment, il ciclo di vita dei
materiali impiegati);
 valutazione dell’impatto am-
bientale in termini di Embodied
Energy (Energia incorporata).
Il modello ha, inoltre, offerto una
computazione metrica dettaglia-
tissima di ogni componente co-
struttivo, stimando tutti i possibili
costi, da quelli di costruzione sino
a quelli di trasporto, ed evitando
così pericolose sforature rispetto
al budget. Infine, per valutare me-
glio anche l’impatto architettonico
dell’unità abitativa rispetto al con-
testo circostante, il modello BIM è
stato renderizzato per tutta la du-
rata del lavoro, offrendo immagini
e video fotorealistici delle diverse
soluzioni vagliate. In un’intervista
rilasciata in conferenza stampa la
Tonelli ha dichiarato: “E' il risulta-
to di questi mesi di lavoro intenso,
la summa della passione e perse-
veranza di tutta la squadra. Non
abbiamo puntato a vincere le sin-
gole prove, ma soprattutto ad assi-
curare il reale funzionamento
dell'abitazione, per farla diventare
non un sogno ma una possibilità
concreta: RhOME non nasce per
rimanere su un foglio di carta, ma
per costituire una vera alternativa
in grado di far fronte alle sfide am-
bientali ed energetiche. E' una ca-
sa che risponde alla necessità di
aumentare la densità urbana eli-
minando sprechi energetici, brut-
tezza, abusivismo, degrado e au-
mentando la coesione sociale e la
capacità di risposte collettive alla
crisi. “.
Chiara Tonelli, la Team Leader del progetto RhOME for denCity
4848
4949
Ti interessa uno di questi tutorial?Ti interessa uno di questi tutorial?
Stai seguendo CADZINE e ti sei appassionato ad uno o
più corsi che stiamo pubblicando o ti è piaciuto in par-
ticolare un articolo? Se non vuoi fare il download di
tutta la rivista, ti ricordiamo che puoi anche solo stam-
pare, o salvare su file, le sole pagine del corso che ti
interessa direttamente da , attraverso il
link della versione completa, o di quella LIGHT. Basta
che ti porti sulla pagina iniziale e dal monitor di stam-
pa di Drive selezioni l’intervallo di pagine che vuoi sal-
vare/stampare (da pagina X a pagina Y).
Dal nostro sito, inoltre, puoi sempre recuperare i nume-
ri che non hai ancora scaricato! Buona lettura 
5050
L’area di lavoro principale
B
envenuti al nostro se-
condo appuntamento
con SketchUp. In questo
articolo vi parlerò della
finestra principale di SketchUp
rassicurandovi subito circa il suo
utilizzo. Infatti essa è stata conce-
pita per essere immediatamente
fruibile da qualunque utente abbia
un minimo di dimestichezza col
disegno tecnico. Facendo riferi-
mento alla Fig. 1 distingueremo la
barra del titolo (1): in essa compa-
re, oltre ai classici comandi di si-
stema (Riduci a icona, Ripristino
in basso  in alto e Chiudi), il nome
del file attribuito dall’utente solo
dopo il primo salvataggio. Subito
sotto è collocata la barra dei menù
(2) che è composta da nove ele-
menti che permettono una mani-
polazione completa del modello, la
configurazione del programma, le
varie modalità di visualizzazione,
l’accesso a particolari strumenti o
a plugins di cui vi parlerò detta-
gliatamente in seguito. L’area di
lavoro del programma è perime-
trata, nella parte superiore e sul
lato sinistro, da due fasce
“magnetiche” (3) su cui è possibile
agganciare, orizzontalmente e ver-
ticalmente, le toolbars (barre degli
strumenti); sulla parte inferiore è
collocata la barra delle istruzioni
(6) attraverso cui l’utente ottiene,
guardandone l’estremità sinistra,
le istruzioni d’uso per ogni stru-
mento selezionato mentre, guar-
dando all’altra estremità (7) ove è
posizionata una casella di dialogo
denominata VCB (Value Control
Box, Casella di controllo dimensio-
ni), l’utente imposta o acquisisce
misure di linee, il numero di lati di
un poligono, il raggio di una cir-
conferenza, ecc. Per default, in un
nuovo file, il programma presenta
l’area di lavoro con la vista in
Pianta; il nome della vista viene
riportato, come si può vedere al
punto (4)„, in alto a sinistra e il
centro dello schermo (5) indica
l’origine della terna d’assi carte-
siani ortogonali X, Y e Z, ciascuno
dei quali è contraddistinto da un
colore (X = rosso, Y = blu, Z = ver-
de). Gli assi offrono, soprattutto
agli utenti meno esperti, un riferi-
mento costante durante la stesura
del disegno. Tutti gli strumenti
grafici del programma, come si
potrà constatare in seguito, duran-
te il loro utilizzo sfruttano, in mo-
di diversi, i riferimenti cartesiani
colorati, per informare l’utente cir-
ca la direzione o il piano scelti:
alcuni visualizzano una linea trat-
teggiata che assume, in virtù dello
spostamento effettuato, il colore
dell’asse cartesiano di competen-
za; altri impiegano colore e forma
del puntatore per il medesimo sco-
po. Devo fare assolutamente una
precisazione: la finestra che vede-
te in questa pagina, in termini di
barre degli strumenti e loro dispo-
sizione, è quella che nel corso di
tanti anni di lavoro con questo
programma mi ha semplificato
tantissimo la vita! Personalmente
ritengo che sia inutile appesantire
l’area di lavoro di barre inutili o
che non servono assolutamente
per determinati tipi di lavoro. Mi
dite cosa se ne fa un disegnatore
meccanico industriale dei coman-
di “sabbiera” per la modellazione
dei terreni? Anche se state svilup-
pando un lavoro grafico per l’edili-
zia e avete un super computer vi
conviene sempre mantenere l’area
di lavoro e le fasce magnetiche
libere da inutili aggiunte. Per co-
minciare a prendere confidenza
col software fate così: andate nel
menù Visualizza; scegliete l’item
Barre degli strumenti ed aggiunge-
te il segno di spunta ad una barra
per volta per esplorare le funzio-
nalità provando a pasticciare qual-
cosa sullo schermo… Fatelo tran-
quillamente e ricordate che questo
è il modo migliore per imparare.
Qualche parola circa i menù Posi-
zione geografica e 3D Warehouse
che riconoscono solo Internet Ex-
plorer della Microsoft anche se
l’utente ha per predefinito altro
browser. Questa scelta “radicale”
credo sia dovuta ad un voluto al-
leggerimento del codice da parte
del team di sviluppo di SketchUp
che, altrimenti, avrebbe dovuto
incorporare filtri per altri software
di navigazione. In altre parole, se
volete utilizzare queste funzioni
direttamente da SketchUp dovete
necessariamente installare e set-
tare IE con tutti i rischi annessi e
connessi!
Continua
II puntata
di Salvio Giglio
CORSO di BASE
Un tecnigrafo virtuale che ci consente di progettare, modellando direttamente in 3D, con risultati professionali. Imparare
SketchUp è facilissimo e può tornarci utile anche per fare delle stampe 3D dei nostri modelli dal momento che è possibile
salvare i file con l’estensione stl.
5151
E per SketchUp
Fig. 1, l’area di lavoro di SketchUp
5252
UMORISMO
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CADZINE n° 2, luglio 2014, ANNO I

  • 1. 11 Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 LUGLIO 2014 Anno I Numero 2 edizione gratuita /11 Fontanelle virtuali 3D Antonello Buccella ci presenta i suoi lavori di geomodellazione su GE per L’Aquila che fanno rivivere virtualmentelabellacittàabruzzese /12 Cogenerazione Continua il discorso sui vantaggi offerti dalla cogenerazione e dalla trigenerazione toccando anche i principali parametri progettuali /18 Community Showcase Una galleria di immagini di quattro talentuosi modellisti 3D che vivificano la nostra Community e G+...
  • 2. 22 La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per data di fondazione e numero di iscritti  BIM  CAD  CAD MEP  FEM  Linguaggi CAD  Modellatori 3D  Modellatori organici  Post produzione  Prog. edile  Altro software  Progettazione  Portfolios  A.N.T. Automotive  Stampa 3D  Concorsi  Curiosità
  • 3. 33 IL VOLONTARIATO È L’U- NICO LAVORO IL CUI STI- PENDIO È FATTO DI EMO- ZIONI, È LA DIMOSTRA- ZIONE CHE IL DENARO NON È L’UNICA MERCE DI SCAMBIO MA UN ARTE- FATTO CREATO DALL'ES- SERE UMANO E ANTEPO- STO A TUTTO, ANCHE AL BENE COMUNE. da www.pensieriparole.it LA METTO IN CORNICE
  • 4. 44 eventuali & va HOME Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Marco Garava- glia Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo La fatica che si è accumulata durante l'inverno comincia a farsi sentire e questa edizio- ne è stata meno ricca della precedente... La filosofia di questo numero è: "Vediamo come viene accolto e affinia- mo i bugs che saltano fuori!". L'accoglienza è stata decisa- mente buona ma di bugs ne sono usciti a decine. :D La cosa più impegnativa è stata l'elaborazione di un modello con SketchUp per l'articolo sulle basi della pro- gettazione in cui si vede uno spaccato teorico di un cir- cuito di trigenerazione ad assorbimento. Motivo di ulteriore super lavoro è stata anche la pre- parazione dei promo gratuiti per gli amici della Comm. E di G+ con lo scopo di fargli un pizzico di pubblicità e dare alla rivista un tocco più professionale. L’idea di crea- re degli account sui princi- pali Social, G+ in primis, di- venta sempre più consisten- te tanto che a fine mese è nata la pagina G+ “CADZINE.it” su cui rendere disponibile la rivista ed eventuali iniziative legate ad essa e alla Redazione. Diario di bordo geometra [ge·ò·me·tra] sostantivo maschile e femminile professionista abilitato ad eseguire misurazioni di t lavori di costruzione di edifici civili di piccole dimensioni. rubriche corsi & tutoriaPAG. 07 NEWS PAG. 09 EDITORIALE di Marco Garavaglia “Va dove ti porta il cuore...” PAG. 10 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA- ZIONE di Salvio Giglio “Tecnologie ecosostenibili ed innovative per la produzione di elettricità: cogenera- zione trigenerazione”. II PUNTATA PAG. 16 COMMUNITY SHOWCASE PAG. 18 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Giorgetto Giugiaro” PAG. 23 INTERVISTA di Salvio Giglio “Gian Martin Corso” PAG. 27 MATEMATICA di Marco Garavaglia “Impacchettamento di sfere” PAG. 30 MUSICA di Nicola Amalfitano “Bach ed i numeri” PAG. 35 NEW HARDWARE FOR CAD di Salvio Giglio “Principi di funzionamento delle stampanti 3D”. III PUNTATA speciali PAG. 43 ARCHITETTURA E MODELLAZIONE 3D di Antonello Buccella “Fontanelle aquilane virtuali su Google Earth” PAG. 44 TREND PROGETTUALI di Salvio Giglio “BIM, l’esempio di RhOME for denCity al Solar Decathlon 2014” PAG. 52 UMORISMO PAG. 53 GIOCHI LOW BATTERY PAG. 50 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “L’area di lavoro principa- le”. II PUNTATA
  • 5. 55 arie E PAGE Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket- chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”. La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre- senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della redazione. Per contattarci Vuoi segnalarci un argomento? Vuoi suggerirci delle modifiche? Vuoi segnalarci degli errori? Vuoi pubblicare un tuo articolo? Scrivi una mail a: redazionecadzine@gmail.com Vuoi saperne di più su questo progetto? CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla nostra Community… Visita il nostro sito cadzine.jimdo.com e, se ti garba, collabora con noi mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono- scenze. Sarai il benvenuto! Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette) E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-) Pensandoci bene La necessità di una progettualità diversa In un mondo in continuo cambiamento, il nostro Paese sembra saldamente ancorato alle “tradizioni”: quelle peggiori! Se le nostre menti migliori (architetti, ingegneri, professori e professionisti vari dell’area del design) non capiscono l’importanza di abbandonare i vecchi schemi mentali, l’idea di essere sovrani incontrastati dei loro progetti, prime donne a tutti i costi, in cambio delle nuove tendenze progettuali che prediligono, inve- ce, la piena partecipazione di tutti alla fase progettuale, l’Italia rischia di vedersi ta- gliata fuori dai grandi dibattiti culturali che animano i nostri giorni… e questo nono- stante la Biennale di Venezia e la vittoria al Solar Decathlon in Francia. La cosa più importante resta la necessità di insegnare la giusta innovazione almeno alle nuove generazioni di progettisti che avranno la grana di far uscire il Paese dalla crisi. terreni, rilievi catastali o anche alla progettazione, direzione e vigilanza dei als
  • 6. 66
  • 7. 77 NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa La eBIQE Concept è una bici- cletta elettrica pensata per gli utenti delle grandi aree metro- politane che trovano nelle due ruote un mezzo agevole ed economico per spostarsi. Il suo produttore è Qoros, un nuovo marchio automobilistico inter- nazionale che l’ha presentata all’84° Salone di Ginevra. In versione elettrica, sono dispo- nibili le tre modalità di marcia: Street, con punta massima di 25 km/h; Eco, per risparmiare energia; Power, che permette di toccare i 65 km/h. L'autono- mia varia dagli 80 ai 120 km in virtù della modalità seleziona- ta, e necessita di circa 80 mi- nuti di ricarica da una presa di corrente standard. Il motore elettrico eroga 60 Nm di coppia e permette di raggiungere da fermo i 25 km/h in 2 secondi e i 65 km/h in 8,5 secondi. S.G. La Biennale di Venezia ha aperto i battenti il 7 giugno ed è alla XIV edizione. Allasuaguida,quest’anno, come direttore artistico c’è l’archi- tetto olandese Rem Koolhaas che da sempre si scaglia contro la mo- dernità senza modernizzazione nell’architettura che tende a creare delle opere vuote, piatte, senza un contenuto reale, figlie di un presun- to linguaggio universale del tutto privodiunapropriaidentità.Forseè per questo che Koolhaas ha deciso diindicare aicuratorideiPadiglioni nazionali (passati da 55 a 65) un temaunico(per laprimavoltanella storia della Biennale), "Absorbing Modernity: 1914-2014", e di offrire al visitatore un punto di vista diverso, partendo dai fondamentali dell’ar- chitettura (da qui il nome della mostra “Fundamentals”) e sezio- nando, nel tempo e nello spazio, le matrici fondamentali dell’architet- tura: pareti, soffitti, pavimenti, fine- stre, porte, balconi, facciate che sarannoesposteinseriealPadiglio- ne centrale. Nella conferenza stam- pa di presentazione dell'esposizio- ne veneziana l’architetto olandese argomentacosìlasua sceltacircail tema sull’identità nazionale: “Sotto lapressionediguerre,regimipolitici diversi, molteplici condizioni di sviluppo, movimenti architettonici nazionali e internazionali, talenti individuali, amicizie, traiettorie personalicasualiesviluppitecnolo- gici, le architetture che un tempo erano specifiche e locali sono di- ventate intercambiabilieglobali”ed aggiunge“l'identitànazionaledimo- stra ancora una grande forza, vitali- tàeresistenzaequestaèlascoperta più interessante che ho fatto con questa ricerca”. Koolhaas enfatizza anche il rapporto strettissimo tra la politica e l'architettura “che non si potrebbe cogliere senza la dimen- sione nazionale”. Ecco quindi per- chè “la transizione verso ciò che sembra essere un linguaggio archi- tettonico universale è un processo piùcomplessodiquantosolitamen- te viene riconosciuto poiché coin- volge incontrisignificativitracultu- re, invenzioni tecniche e modalità impercettibilidirestarenazionali”. S.G Su OpenOikos, lo storico sito del nostro amico Fabri- zioPieri,continuala ricerca di software Open Source per il CADdacontrappor- re, giustamente, al monopolio delle software house d’oltre oceano. NanoCAD ha da pochi mesi un’in- terfaccia anche in italiano proprio grazie all’impegno di Fabrizio che ha chiamato a raccolta gli amici della sua Community WEB e da cui è partito il lavoro di traduzio- ne. NanoCAD offre adesso tutte le funzionalità di costosi programmi a pagamento ed in più è costante- mente aggiornato e potenziato dalla vasta comunità di sviluppatori che contribuiscono a questo progetto FOSS. Per provarlo andate sul sito www.openoikos.com S.G. Dal 4 luglio di quest’anno all’8 febbraio 2015 il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto ospiterà la mostra “Álvaro Siza. Inside the human being” dedicata al cele- bre architetto portoghese. Nel 1992 Siza ha vinto il premio Pritzker, un importante ricono- scimento internazionale di architettura. Nel 2012 ha rice- vuto dalla Biennale di Venezia un Leone d’Oro alla carriera con la seguente motivazione: «...pare essere sempre davanti a tutti, apparentemente non toccato e non intimorito dalle sfide pratiche e intellettuali che pone a se stesso». S.G. La mostra di Álva- ro Siza a Rovereto Una bici dal design futuristico Free ed in italiano: nanoCAD Trimble presenta una bella ed utile novità: il suo scanner 3D TANGO dedicato al rilievo architettonico che stando alle premesse dovrebbe orarisultareestremamente sempli- ficato: infatti, basta avviare l'appli- cazione SketchUp Scan, che con- sente agli utenti di TANGO di otte- nere modelli di SketchUp creati automaticamente e riprodotti as- built, e poi cominciare a spaziare perl’ambientedarilevarecoldispo- sitivo di scansione acceso. TANGO sfrutta la tecnica dell’odometria ed haunanotevole profonditàdicam- po visivo cosa che gli consente di catturaresoloipuntipiùsignificati- vidiunvano..Altroaspettoallettan- te offerto da TANGO è il rilievo attraverso le pareti denominato Through-the-Wall, integrando le capacità di monitoraggio spaziale diTangoeilsupportodimappatura condatigeospazialitaggati,modelli informativi di costruzione ("BIM") e altre fonti di dati del modello as- built che descrivono l'infrastruttura dell'edificio. S.G. Scanner 3D per il ri- lievo Trimble TANGO I fondamenti dell’architettura
  • 8. 88
  • 9. 99 EDITORIALE S perimento, proprio nella stesura del mio primo editoriale, un forte senso di responsabilità sia per- ché si tratta, in sostanza, dell'anti- camera formale di un'intera rivi- sta, sia perché l'argomento di cui parlo, e di cui si abusa molto negli ultimi tempi, è di grande attualità: i giovani, il loro futuro e le loro aspettative! Nel precedente nume- ro del Magazine, scrissi un articolo sulle facoltà universitarie e, a chiosa di tutto quel malloppo di informazioni, diedi sibillino un consiglio agli studenti che si ap- prestano a decidere quale strada intraprendere nel loro futu- ro. Suggerì loro di non farsi guida- re da una logica opportunistica e, per così dire, "monetaria" ma di guardare più ai loro veri interessi, alla passione che li smuove e di basare le loro decisioni solo ed esclusivamente su questo. Recen- temente, su un settimanale italia- no di grande spessore, è appar- so un articolo intitolato più o me- no così: "Guida alle facoltà che ti faranno guadagnare di più". Leg- gendo il testo di quel bravo giorna- lista, che aveva raccolto tutte quel- le informazioni, mi ricordai imme- diatamente della rovente estate del 2003 quando la notizia princi- pale riguardava i blackout energe- tici dovuti al gran caldo.... all'epo- ca la parola "crisi economica" fa- ceva solo pensare ad un capitolo di storia del 1929! Era anche l'anno in cui stavo affrontando la prova di maturità scientifica ed ero total- mente immerso nei forma- li dépliant universitari. Bene, in quella occasione lessi un articolo dal tono e contenuto vagamente simile: "BOOM di 10.000 iscritti per i test di ingresso al Politecnico di Milano". Il succo della questione era che lo studente interessato ad una facoltà scientifica preferiva, saggiamente, optare per una lau- rea in ingegneria, fonte di perpe- tuo lavoro e di guadagni stratosfe- rici. Col senno di poi, avrei, oggi, qualcosa da obiettare circa questa questione. A distanza di 11 anni, una pesantissima crisi finanziaria ha messo in ginocchio l'Europa e l'Italia che si sono ritrovate, di fat- to, sostanzialmente incapaci di reagire, con strumenti efficaci e duraturi, in un'ottica a lungo ter- mine! Gli stati dell'Eurozona non hanno saputo fare squadra per su- perare insieme le difficoltà, rele- gando alla Germania il titolo di "grande direttrice dei lavori" che aveva sì un'economia stabile e in crescita ma resa tale anche dai sacrifici degli "stati del sud". Han- no imposto pesanti vincoli struttu- rali e di bilancio che ancora oggi non danno i frutti sperati (e forse non ne daranno mai, considerata la situazione delle singole Nazio- ni). A questo punto, quelle che, die- ci e più anni or sono, erano consi- derate "lauree forti" hanno comin- ciato a vacillare sotto il peso di una situazione che definirei criti- ca. Il così detto "posto fisso" è di- ventato un oggetto vintage: piace fondamentalmente a tutti ma è troppo raro e troppo caro per po- terselo permettere. Non a caso, il famoso "BOOM del 2003" ha sfor- nato un gran numero di ingegneri e tecnici specializzati che l'indu- stria italiana non è più in grado di assorbire, stretta tra tasse cre- scenti e calo sistematico della do- manda. Il risultato? Giovani e non che lasciano il nostro Paese alla volta dell'estero, con la speranza che queste nazioni siano capaci di assorbirli e di sfruttare al meglio la loro potenzialità. C'è da domandar- si se questa sia effettivamente l'ambizione di tutti o piuttosto una scelta puramente obbligata. In un sistema economico che tutti po- tremmo definire precario, ha sen- so chiedersi quale sia la facoltà universitaria che consente un in- serimento immediato nel mondo del lavoro e con alti guadagni eco- nomici? Ha senso basare il proprio futuro su una logica puramente pecuniaria? Lascio al lettore la ri- sposta a questo quesito e mi limito a rivolgere un appello ai giovani che stanno leggendo questo edito- riale: pianificate il vostro futuro sulla base delle vostre passioni e dei vostri veri interessi e lasciate in secondo, anzi terzo (ancora me- glio) piano tutte le speculazioni di economisti ed esperti del lavoro di turno. Non abbiate paura di sce- gliere facoltà come Filosofia o Sto- ria solo perché qualche "saccente" economista vi dice che esse non hanno sbocchi lavorativi; se senti- te che quella è la vostra strada, allora PERCORRETELA! Il futuro è incerto, aleatorio. La vostra passione no. Coltivarla sarà il modo migliore di fare strada nella vita e di essere veramente realizzati!Vorrei chiudere questo bre- veeditoriale, fortemente sentito ve lo assicuro, con un ringraziamento a Salvio Giglio, un amico carissimo e padre della community ARS(Autocad, Rhino e Scketchupdesigners)ediquestameravi- gliosa rivista, per tutto l'aiuto che mi ha fornito nell'avventurarmi su Google Plus, un Socialcheè anche straordinario stru- mentodi divulgazione scientifica. CAD- ZINE è una costola della community ARS cheaccoglieprofessionistie tecnici da tutto il mondo in un ambiente dina- mico, aperto a tutti e dall'elevato conte- nuto di competenze ed eccellenze... e questo Magazine non poteva che essere il suo Manifesto! I miei migliori auguri dunque a tutti noi che stiamo intrapren- dendo questa avventura che, sono certo, sarà longeva e piena di soddisfazioni e riconoscimenti. di Marco Garavaglia Va dove ti porta il cuore...
  • 10. 1010 BASI PER IL DISEGNO C redo che ogni progettista di esperienza si sia tro- vato, nell’arco della sua carriera professionale, almeno una volta dinanzi ad un dilemma nell’elaborazione di un progetto: cimentarsi nell’applica- zione di nuove tecnologie, che pro- mettono 1000 vantaggi ma di cui si sa poco o nulla, o andare sul sicuro affidandosi a prodotti e soluzioni classiche di cui si conosce tutto? In quest’ultimo caso, è inutile dire che è tutto più semplice: si è con- fortati da una vasta casistica pree- sistente e da normative e prodotti che offrono soluzioni diversificate e specifiche, riducendo così il la- voro di progettazione ad un ade- guamento di queste alle esigenze del committente. Le cose cambia- no radicalmente quando ci si trova innanzi a delle novità tecnologi- che di cui, nonostante la rete, si hanno poche notizie, semmai espresse in un’altra lingua, il cui studio da solo richiede un tempo troppo lungo per risultare allettan- te per qualunque progettista, spe- cialmente in tempi come questi in cui la velocità è tutto, altrimenti si scopre il fianco alla concorrenza. Oltretutto si deve trovare anche il tempo per istruire e convincere la committenza circa la validità di quella soluzione, dal momento che le sue aspettative riguardano, nel- la maggioranza dei casi, la sicu- rezza, l’efficienza, la frequenza di manutenzione ma soprattutto il costo e la durata. Come dargli torto se noi stessi pretendiamo tutto ciò quando acquistiamo un qualunque prodotto? Sulle energie rinnovabili e sulle tecnologie energetiche in- novative la disinformazione regna sovrana, almeno sui media tradi- zionali, e il grande pubblico a sten- to conosce i pannelli solari e le turbine eoliche, figuriamoci la tri- generazione. Tutto ciò è in buona parte dovuto alla mancanza di un piano energetico nazionale serio che miri realmente a ridurre la dipendenza dell’Italia dai Paesi produttori di combustibili e a crea- re nell’utenza un concreto senso del risparmio per il bene comune. Proprio mentre scrivo questo arti- colo, un amico di G+, laureando in ingegneria alla Federico II di Na- poli, denuncia un vistoso spreco di risorse nella sua facoltà in cui si mantiene accesa l’aria condizio- II puntata di Salvio Giglio Tecnologie ecosostenibili ed innovative per la produ- zione di elettricità: cogenerazione e trigenerazione Fig. 1, gli sprechi negli edifici pubblici: luci accese anche in piena notte alla facoltà di Lettere dell'Università La Sa- pienza di Roma
  • 11. 1111 E LA PROGETTAZIONE nata a palla in decine di aule vuo- te… Malauniversità? Probabilmen- te si ma non è questa la sede giu- sta per affrontare e risolvere que- ste pazzie che, tra l’altro, fornisco- no anche il beffardo alibi della mancanza di fondi a chi “amministra” e “gestisce” queste strutture! La trigenerazione mignon Riprendiamo il discorso sulla tri- generazione medio piccola, con motore primo endotermico di tipo automobilistico con alimentazione a gas, che offre una bella soluzione alle esigenze della committenza specialmente in campo alberghie- ro, ospedaliero, scolastico, residen- ziale e navale. Questa tecnologia, che può rendere le utenze autono- me e in alcuni casi addirittura for- nitrici di energia elettrica, in altri Paesi (USA, Giappone e Cina in primis) sta fornendo un contributo notevole nello sviluppo di una nuova tendenza progettuale per l’impiantistica di grande scala, non solo elettrica, che vede di buon occhio una strutturazione della distribuzione dei servizi ba- sata su una griglia energetica fun- zionale a cui contribuiscono una serie di unità di produzioni locali, a prescindere dalla taglia, in grado di cedere energia elettrica e termi- ca a speciali centri di immagazzi- namento, in luogo delle vecchie centrali elettriche. Questo sistema è chiamato generazione diffusa o u–grids e garantisce sia un netto abbassamento del fabbisogno dei combustibili tradizionali, poiché integra anche fonti energetiche rinnovabili, sia una riduzione di emissioni nocive nell’atmosfera. Ecco perché i sistemi di trigenera- zione, opportunamente abbinati al solare, all’eolico e al geotermico, assumono un notevole interesse per determinate commesse. Nonostante queste bellissime pre- messe, tali tecnologie sono ancora una novità per il nostro Paese in cui non hanno ancora conosciuto un pieno sviluppo normativo ed industrializzato, tant'è vero che non esistono attualmente sul mercato sistemi integrati di trige- nerazione. Per realizzare un im- pianto trigenerativo o trasformare un impianto tradizionale o uno cogenerativo in uno trigenerativo (perdonate il gioco di parole) è ne- cessario associare al gruppo elet- trogeno opportuni scambiatori e una pompa di calore ad assorbi- mento e bisogna farlo prestando la massima attenzione allo studio dell’abbinamento migliore (in ter- mini di temperature e portate) tra tutti i componenti dell’impianto. Ecco perché non basta un sempli- ce bilancio energetico per ottenere un progetto “ad hoc”: un accoppia- mento sbagliato tra gli apparati, infatti, causa un effetto domino sulle prestazioni energetiche glo- bali del sistema, sforando pesante- mente rispetto alle “promesse” progettuali in termini energetici Fig. 2, bilancio energetico nei sistemi di cogenerazione e trigenerazione
  • 12. 1212 ed economici. Attualmente, men- tre aspettiamo una prima applica- zione della filosofia u-grids e un incentivo reale da parte della PA all’adozione delle green technolo- gies, ai progettisti conviene consi- gliare la committenza circa un sistema di trigenerazione solo in casi molto specifici e dopo una scrupolosa analisi preliminare. Ad esempio, vale la pena di conside- rare un sistema del genere quando ci si trova innanzi alla stesura di un elaborato per la climatizzazio- ne ex novo di un edificio ove è già installato un cogeneratore che, oltre alla produzione di energia elettrica, nel periodo invernale, ha anche la mansione di provvedere al riscaldamento dello stabile. In questo caso, nei mesi più caldi, il cogeneratore non produce anzi è necessario fermarlo o farlo funzio- nare dissipando il calore prodotto con uno spreco di energia termica e un danno ambientale non indif- ferente! Dopo un’attenta raccolta di dati sull’impianto si può quindi pensare ad un sistema bypassato che nei mesi estivi mandi le calo- rie del cogeneratore ad una pompa di calore ad assorbimento che impiegherebbe proficuamente questo calore per produrre freddo. In definitiva, ciò che fa la differen- za tra cogenerazione e trigenera- zione è proprio la pompa e gli scambiatori di calore… Se la com- mittenza offre un budget adegua- to, ed è sinceramente convinta dalla bontà dei sistemi di trigene- razione, conviene orientarsi verso questo tipo di soluzione, in quanto i vantaggi economici ed ecologi sono enormi e il costo dell’impian- to si ammortizza nell’arco di poco tempo. Si consideri, ad esempio, una struttura alberghiera medio piccola come un agriturismo, a cui è annessa anche un’attività zoo- tecnica e agricola con la conse- guente produzione di biomasse, semmai ubicata in una zona rura- le che spesso è interessata da blackout elettrici… Un sistema stand alone di trigenerazione, ade- guatamente supportato da un si- stema di pannelli solari elettrici e per l’acqua calda, e da un sistema di sonde geotermiche, potrebbe non solo far risparmiare una bella cifra ai proprietari ma farli diven- tare, addirittura, fornitori di ener- gia elettrica per il gestore elettrico operante in zona! Lo stesso discor- so vale anche nel caso in cui si interviene su impianti preesisten- ti in cui è già presente un gruppo elettrogeno tradizionale o un co- generatore; l’idea di integrare un sistema a pompa di calore, oppor- tunamente calcolato, o di sostitui- re il vecchio gruppo con un siste- ma di trigenerazione, sembra in ogni caso la scelta vincente. La trigenerazione diventa poi un must nella nautica da diporto di lusso e in campo navale civile, militare e commerciale, dal mo- mento che queste imbarcazioni hanno bisogno di tantissima elet- tricità, calore e freddo e hanno a bordo degli apparati motore che producono alte temperature. Uno yacht avrebbe un impatto ecologi- co nettamente inferiore e dei costi di gestione più contenuti con l’a- dozione di questo sistema rispetto ai vecchi, rumorosi e fumosi grup- pi elettrogeni! Un buon progetto dovrebbe anzitutto valutare in che modo è possibile sfruttare profi- cuamente le temperature prodotte dal motore primo durante il suo funzionamento per azionare il ge- neratore elettrico. Si consideri che un motore a scoppio, nel contesto di una progettazione del genere, offre tre diversi gradienti di tem- BASI PER IL DISEGNO Fig. 3, schema funzionale semplificato di un impianto di cogenerazione
  • 13. 1313 peratura così suddivisibili:  Bassa Temperatura, o BT, (60/70°C) originata dall’olio lu- brificante;  Media Temperatura, o MT, (85/90°C) determinata dall’ac- qua di raffreddamento o inter- cooler;  Alta Temperatura, o AT, (180/200°C) generata dai gas di scarico. Per usufruire di queste preziose risorse termiche si ricorre, anzi- tutto, a degli scambiatori di calore o Heat excanger in cui si genera lo scambio termico tra due fluidi. Gli schemi di Fig. 3 e Fig. 4 mostrano l’installazione ideale degli scam- biatori per intercettare tutti e tre gradienti di calore prodotti dal co- generatore di cui vi parlavo prima. Un secondo componente, esterno al sistema trigenerativo vero e proprio, è il bollitore per Acqua Calda Sanitaria (ACS) che, in luogo di una resistenza elettrica o di al- tre sorgenti a “consumo”, attraver- so una serpentina in cui passa il liquido termovettore, impiega il calore del fluido proveniente dagli scambiatori di calore. In alcuni casi, come nelle applicazioni na- vali, il tubo dei gas di scarico del motore può essere anche convo- gliato ad un bollitore simile all’ACS che cede l’elevata tempe- ratura all’acqua da riscaldare at- traverso un fascio di tubi termi- nante in due camere di raccolta e percorso dai gas di scarico. Culmi- na l’impianto di trigenerazione la Pompa di Calore ad assorbimento, o PdC, preposta al raffreddamento dei locali. La particolarità del ciclo utilizzato nelle macchine ad as- sorbimento, come abbiamo visto nella scorsa puntata, consiste nell’ottimizzazione dello sfrutta- mento di energia termica, all’inter- no del ciclo stesso, grazie alla rea- zione d’assorbimento tra il refrige- rante e l’assorbente. Questa carat- teristica consente di ridurre il fab- bisogno energetico della macchi- na, riducendo i consumi di combu- stibile e rendendo l’efficienza di essa quasi indipendente dalla temperatura della fonte rinnovabi- le d’energia (aria, acqua o terreno). Le PdC GAHP (Gas Absorption Heat Pumps) sono direttamente derivate dal ciclo GAX (Gas Ab- sorption heat eXchanger). Queste macchine non necessitano della compressione, come nei classici condizionatori elettrici ispirati al ciclo teorico di Carnot, poiché esso viene sostituito dalle fasi di gene- razione e assorbimento. Ricordere- te che la fase di generazione con- siste nella separazione, mediante evaporazione, dell’ammoniaca dall’acqua, attraverso l’apporto di una sorgente termica, ed è prece- duta da una serie di scambi termi- ci di pre-riscaldamento della solu- zione in ingresso nel generatore. Il fluido refrigerante, dopo la genera- zione, subisce prima una conden- sazione e poi un’evaporazione che termina con il suo assorbimento e un forte sviluppo di calore. Una reazione chimica esotermica, do- vuta alle caratteristiche chimico fisiche dei due composti utilizzati e dalle proprietà del processo che regola la loro miscela, realizza la fase d’assorbimento. Passiamo adesso a stabilire quali sono le “mosse” giuste che un progettista deve compiere per offrire al com- mittente una risposta adeguata- mente funzionale, efficiente e con- veniente: 1) Raccogliere i dati di tutta l’area interessata dal suo intervento, in termini di quadrature e volume- trie, attraverso una campagna di rilievo degli ambienti o mediante E LA PROGETTAZIONE Fig. 4, schema funzionale semplificato di un impianto di trigenerazione
  • 14. 1414 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE delle planimetrie già esistenti e aggiornate allo stato reale dello stabile. 2) Verificare, in condizioni reali di esercizio, la prestazione energeti- ca di eventuali impianti preesi- stenti, se si tratta di un loro ade- guamento o espansione. 3) Verificare se la zona di inter- vento offre valide sorgenti di energia rinnovabile (aria, acqua, terra) e se queste rappresentano realmente un valido apporto ener- getico all’impianto. 4) In base alle richieste della com- mittenza, scegliere i componenti necessari per l’allestimento ed elaborarne il dimensionamento e le membrature che costituiranno l’impianto stesso in base a poten- za, kW e portate. Il progettista, inoltre, deve preve- dere le condizioni estreme di eser- cizio senza sforare in inutili sovra- dimensionamenti o sottodimen- sionamenti: nel primo caso si veri- ficano, infatti, frequenti problemi di marcia a regime ridottissimo e prestazione minima in condizio- ni di esigenze massime; il secondo caso manda in tilt i sistemi al pri- mo sovraccarico! Si ricordi sempre che la prestazione energetica, in termini di potenza massima, è indipendente dalle condizioni cli- matiche locali. Si parte dall’indi- viduazione della taglia più ade- guata per il cogeneratore, in fun- zione del fabbisogno di potenza termica necessaria per l’acqua cal- da sanitaria, per il riscaldamento e per la richiesta di potenza frigori- fera, in grado di ottimizzare il nu- mero di ore di funzionamento quo- tidiano, sia nella stagione inverna- le che nel periodo estivo, verifi- cando che gli ingombri siano com- patibili con gli spazi a disposizio- ne. Successivamente si vagliano le diverse configurazioni impianti- stiche (accoppiamento motore a combustione interna / assorbitore) e si richiedono i relativi preventivi di fornitura i cui dati dovrebbero confluire in una tabella come quel- la riportata in Tab. 1. Dopo un’at- tenta analisi delle soluzioni com- merciali, si determina la struttura impiantistica più consona e capa- ce di garantire una corretta inte- grazione tra i componenti, per por- tata e temperatura, in grado di soddisfare le esigenze energetiche dell’intervento; dopo di che si arri- va alla scelta del motore e del gruppo frigo. Solo a questo punto, at- traverso, le schede tecniche del cogene- ratoreedelgruppofrigo,èpossibilestabi- lire un bilancio energetico abbastanza verosimile e che più si avvicini alle con- dizioni nominali di portata e temperatu- rastabilitenelprogettodimassima.Altro parametro progettuale estremamente significativo è l’ubicazione del gruppo di cogenerazione e dell’assorbitore, dal mo- mento che il rumore dell’impianto non deve assolutamente recare disturbo nel caso in cui esso alimenti strutture non industriali. Continua Fig. 5, schema 3D sul principio di funzionamento di un apparato di trigenerazione medio grande. Nella torre di distillazione avviene il processo di trasformazione caldo/freddo per assorbimento che si basa sull’utilizzo del calore prodotto dal motore primo (e di altre eventuali fonti termiche) dallo scioglimento diunsoluto inun solvente che,ciclicamente, è concentrato e diluito. Tab. 1, raccolta dati macchina fondamentali per individuare il cogeneratore più adatto al progetto Questo modello è disponibi- le gratuitamente nella Gal- leria Immagini 3D di Trimble SketchUp al seguente link: https://3dwarehouse.sketch up.com/social/model.html? id=uf699d3d3-950f-4f83- 9e2e-080393f6d9b4
  • 15. 1515
  • 18. 1818 N ell’immaginario collet- tivo il nome di Giugiaro è associato a vetture da sogno ed oggetti pre- ziosi che portano in giro per il mondo il nostro Made in Italy. In questa puntata ho voluto parlare di un designer di automobili perché in Community ci sono molti giova- ni promettenti nell’automotive co- me Lorenzo Caddeo e Gontrand Nyung e, considerando che Giugia- ro ha cominciato a lavorare come designer a soli 17 anni in FIAT, mi sembrava il personaggio più con- sono per loro. Le realizzazioni di Giugiaro si sono sempre distinte per la pulizia formale, la morbidez- za del tratto senza rinunciare alla sportività e alla funzionalità. Gior- gio Giugiaro nasce nell’operoso Piemonte a Garessio (CN) nell’ago- sto del 1938. Il nonno Luigi affre- scava chiese mentre il padre, Ma- rio, alternava le decorazioni sacre alla pittura ad olio. Giorgetto era cresciuto con le arti figurative an- che se al design industriale, come professione, ci giungerà per un incontro che, come vedremo, gli cambierà la vita! Ancora adole- scente, si trasferisce a Torino dove coltiva la sua passione per la crea- zione grafica frequen- tando di giorno il liceo artistico, e di sera, un corso per disegno tecni- co. Questo periodo di formazione scolastica avrà un ruolo fonda- mentale nella sua vita che riuscirà a fondere con la sua innata creati- vità. A fare la fortuna di Giorgio, nel 1955, è una mostra scolastica di fine anno del Corso di Figu- rinistica con le "opere" degli allievi: infatti, le sue caricature di auto- mobili colpiscono Dante Giacosa, direttore tecni- co della FIAT. Giacosa va oltre la caricatura e vede il talento del giovane designer. A settembre 1955, Giugiaro entra alla Fiat, all'Ufficio Studi Stilistici Vet- ture Speciali diretto da Fabio Luigi Rapi. Quattro anni dopo, decide di passare al Centro Stile Bertone co- me responsabile sotto lo sguardo benevolo di Nuccio Bertone che lo tratterà come un figlio, guidandolo e consigliandolo per quei sei in- tensissimi anni che vedono venire alla luce creazioni che oggi fanno parte della storia dell’automotive sportivo e di serie: Alfa Romeo 2000/2600 Sprint del 1960; Aston Martin DB4 GT Jet, Maserati 5000 GT e la BMW 3200 CS del 1961; Fer- rari 250 GT e Iso Rivolta 300/340 GT del 1962; Chevrolet Corvair Te- studo e A.R. Giulia GT del 1963; A.R. Canguro del 1964; Fiat 850 spider e Mazda Luce 1500/1800 del 1965; il coupé Fiat Dino del 1967. Nel no- vembre 1965, Giugiaro entra alla Carrozzeria Ghia come direttore del Centro Stile e del Reparto Pro- totipi dove elabora la Maserati Ghibli e la De Tomaso Mangusta che sono presentate al Salone dell'Auto di Torino del 1966. Tra i prototipi oggetto di ricerca vanno ricordati: Fiat 850 Vanessa e Isuzu 117 coupé del 1966; Oldsmobile Tornado Thor e la Iso Rivolta Fidia del 1967. Il desiderio di indipen- denza spinge Giugiaro a fondare l’Italdesign nel 1968 anche se con- tinua da outsider la sua collabora- zione con Ghia. Italdesign sarà una società di servizi per l'industria automobilistica in cui Giugiaro farà confluire tutte le sue espe- rienze professionali. Oltre 200 mo- delli sono stati elaborati da questo particolare centro studi e succes- sivamente prodotti in serie mentre molti altri ancora sono stati realiz- zati, segretamente, per le principa- li case automobilistiche mondiali. Tra le vetture più significative: le Maserati Bora, Merak e Quattro- porte, le A.R. Alfasud, Alfetta GT/ GTV, Alfasud Sprint e Lotus Esprit (1971-1976); le Hyundai Pony, Stel- lar, Pony Excel, Presto e Sonata, Audi 80 4000, BMW M1, De Lorean DMC 12, le Isuzu Piazza, Gemini- Spectrum e Gemini, Saab 9000 Turbo 16 (1974- 1988); le Seat Ibiza, prima e seconda serie, le Renault 21 e 19 (1984/1993); Malaga, Toledo, Cordoba e Cordoba coupé, Chrysler Eagle Premier, ZCZ Florida, Subaru SVX e Lexus GS 300 (1985-1995); le Daewoo Lanos 2 e 3 volumi, Legan- DESIGNER Giorgetto Giugiaro di Salvio Giglio
  • 19. 1919 R’s STORY Oldsmobile Tornado ThorLa FIAT 850 Vanessa De Lorean DMC 12Maserati Bora Maserati 5000 GTAlfa Romeo 2000/2006 Sprint A sinistra, un giovane Giugiaro a fianco del prototipo ligneo della Ferrari 250 GT; a destra, Nuccio bertone con la vettura finita
  • 20. 2020 DESIGNER La Maserati BoomerangLa Giugiaro Brivido Alfetta GT/ GTV. Si noti il radiotelefonoLotus Espirit Giugiaro col modello della Porsche Tapiro
  • 21. 2121 R’s STORY za (1997); Matiz e Daihatsu Move (1998); Magnus (2000); Kalos (2002); Lacetti e Mira (2003). Giu- giaro ha disegnato le vetture del nuovo corso Volkswagen degli an- ni '70: Passat (1973), Scirocco e Golf (1974). Nel 1974, Giugiaro crea una costola dell’Italdesign: Indu- strial Design Business Unit. Que- sto gruppo collabora con autorevo- li aziende internazionali nella rea- lizzazione di progetti destinati alla media e grande produzione per svariati settori industriali. Nel 1975, inizia la collaborazione col gruppo FIAT con cui crea una se- rie di modelli innovativi: la nuova gamma Lancia con Delta ("Auto dell'Anno 1980"), Prisma e Thema (1982/1984); Fiat Panda ("Compasso d'oro 1981"), Uno ("Auto dell'Anno 1984"), Croma (1985), Punto e Punto cabrio (1993). Ha inoltre disegnato Fiat Palio, Palio Weekend e Siena nel 2000, Maserati 4200 GT e Maserati Spy- der nel 2001. Tra i prototipi di ri- cerca avanzata per vetture sporti- ve meritano una citazione: Bizzar- rini Manta (1968); Volkswagen- Porsche Tapiro (1970); Maserati Boomerang (1972); Audi Karmann Asso di Picche (1973); Lotus Etna e Ford Maya (1984); Aztec (1988); il progetto Nazca (1991-1993); Lam- borghini Calà (1995); A.R. Scighera, Scighera GT, W12 Syncro e Road- ster (1997/1998); Aston Martin Twenty (2001). Come ipotesi inno- vative: Lancia Medusa (1980); Lan- cia Orca (1982); Marlin (1984); Old- smobile Incas e Machimoto (1986); Jaguar Kensington (1990) e Lexus Landau (1994). Biga (1992), Luccio- la e Bugatti EB 112 (1993), le EB 118 (1998), 218 (1999) e 18/3 Chiron (2000): sono tutti prototipi ibridi a trazione elettrica. Giugiaro ha svi- luppato negli anni il tema space wagon con l'A.R. New York Taxi (1976), la Lancia Megagamma (1978), Capsula (1982), Together (1984), Asgard (1988), Columbus (1992) e Structura (1998). Nel 2002 al Salone dell'Auto di Ginevra, Giu- giaro e Italdesign hanno presenta- to l’Alfa Romeo Brera, una due po- sti più due per bambini, con car- rozzeria in fibra di carbonio e mu- nita di un potente motore anterio- re ad otto cilindri a V a 90° da oltre 4.000 cm3 e 400 CV. Quest’auto ha vinto nello stesso anno tantissimi premi tra cui il "Concept Car of the Year" e il "Best Exterior Concept" della rivista internazionale Auto- motive News. Nel 2003, Giugiaro e suo figlio Fabrizio, Styling Director della Italdesign Giugiaro, presen- tano un omaggio alla Chevrolet per i suoi cinquant’anni di attività con la Corvette Moray, un modello diventato un’icona della vettura sportiva americana. Nell’edizione del 2004, l’attenzione di Giugiaro cade sulla Alfa Romeo che conce- pisce di propria iniziativa la Vi- sconti: un'ammiraglia per Alfa Ro- meo. Il progetto era stato studiato anche per una messa in produzio- ne industriale. Nei primi anni '90, Italdesign diventa Gruppo Italde- sign Giugiaro la cui sede piemon- tese di Moncalieri (TO) occupa una superficie complessiva di 42.000 mq. Giugiaro conta oggi 1100 di- pendenti con uffici in Italia e all'e- stero. Titoli accademici (lauree ad hono- rem) in Design dal Royal College of Art di Londra (1984); in Design dall'U- niversità di Rousse in Bulgaria (1996); in Architettura dalla II Uni- versità di Napoli (2002); in Archi- tettura dall’Università di Cordoba in Argentina; in Architettura dal College for Creative Studies di De- troit. Premi e riconoscimenti Compassi d’oro ADI: per la Panda (1981); alla carriera (1984); per il sistema dentario Eu- rodent di Isotron (1991); per il de- sign di Alfa Romeo Brera e segna- lazione per il Minimetrò di Copen- hagen sviluppato con Ansaldo Breda (1991). Silver Medal della Società Britan- nica di Artisti e Designer Indu- striali (1980); Volante d'oro alla carriera (1984) e per il design della Fiat Punto (1995); nominato Cava- liere del Lavoro dal Presidente del- la Repubblica C. Azeglio Ciampi (1999); eletto a Las Vegas Designer del Secolo da 120 giornalisti di tut- to il mondo (1999); nominato mem- bro istituzionale immortale nell’European Hall of Fame (2000); Premio Leonardo Qualità Italia (2001); vincitore dell’Automotive News Europe "Eurostar" a Franco- forte (2003); European Automotive Design Award alla carriera al Salo- ne dell'Automobile di Bruxelles (2004); Diploma di I Classe con Medaglia d'Oro ai Benemeriti della Cultura e dell'Arte (2004).
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  • 23. 2323 INTERVISTA Gian Martin Corso C hi è Gian Martin Corso? Sono un libero pro- f e s s i o n i s t a (geometra) che ha tentato, o meglio sta tentan- do, di "trasformare" il proprio lavoro in passione. Mi piace vedere cosa c’è dietro alle co- se, curiosare, trasformare, studiare, non fermarmi alla superficie ma andare a fon- do.... in sostanza adoro dise- gnare tecnicamente "a modo mio". E’ una forma di linguag- gio, di espressione, un per- corso sempre in costante evo- luzione, per la serie non si finisce mai d’imparare. Da cosa nasce questo grande amo- re per la progettazione? Realizzi un sogno tuo? Sono cresciuto nello “studio” dei miei genitori, entrambi geometri, tra squadrette, righe, compassi, tecnigrafi, matite, colori, pennini con china, disegnatori di tutti i tipi (bravi e meno bravi, seppur sem- pre dignitosi) e chi più ne ha più ne metta. E’ naturale, allora, dire- ste.... eppur non scontata. Non so se davvero avessi voluto fare que- sto nella vita, non so se questo era il mio sogno, mi ci sono trovato dentro e cerco, nel mio piccolo, di farlo al meglio. A quanti anni hai cominciato a disegnare e progettare? A “disegnare” da sempre. Fin da piccolo mi è sempre piaciuto sca- rabocchiare “qua e la”. A “progettare” da quando ho comin- ciato la scuola superiore per Geo- metri anche se ho sempre odiato i formalismi che imponeva: eri “costretto” a fare delle cose piutto- sto che essere “libero” di farne al- tre. A progettare, seriamente, da una ventina d’anni. Fino al 2000 sono fuggito dal CAD perché si diceva: "semplifica, fa tutto la macchina e i disegni sono final- mente tutti uniformi". Quando ho cominciato a capire che non era così e che il computer poteva es- sere, in realtà, la mia “tavolozza” allora mi ci sono buttato dentro. Purtroppo molti pensano ancora “fa tutto la macchina”. Quanto influenza il tuo lavoro la tua meravigliosa terra? La Sardegna è la mia terra, con i suoi paesaggi, i suoi colori, i suoi La prima volta che vidi un suo lavoro, sinceramente, stavo quasi per richiamarlo perché pensavo si trattasse di una foto fatta ad un dipinto… Era, invece, una modellazione sapientemente elaborata ottenuta con SketchUp e rifinita con Photoshop! Ne rimasi affascinato. Ogni post di Gian Martin è sempre un successo... sia che si tratti di Facebook, di G+ o della Community, al pubblico piacciono moltissimo i suoi lavori che vengono accolti con tantissimi consensi e commenti favorevoli. Persino la Trimble, l’attuale proprietaria di SketchUp, ha messo un lavoro di Gian Martin sulla sua Home… e non capita proprio a tutti! La sua Sardegna è il life motiv di progetti potentemente evocativi che trascendono i canoni e che sembrano quasi voler nar- rare paesaggi secolari, tramonti mozzafiato e vicende umane appartenenti ad un Mediterraneo pieno di storia e tradizioni... di Salvio Giglio
  • 25. 2525 RVISTA profumi e le sue contraddizioni. Nel mio lavoro cerco di fare tra- sparire tutto questo, non mi piace limitarmi al “3D nudo e crudo”; mi piace creare delle ambientazioni e dei paesaggi che siano caldi ed accoglienti, così come li offre la mia terra. Mi piace pensare, infatti, che ciò che progetto, o disegno, sia accolto da essa in modo del tutto naturale e spontaneo. In questo modo sento di rispettarla: non tut- to alla fine è solo “una colata di cemento”. Se dovessi consigliare un ragazzo appassionato di CAD e desideroso di crescere professionalmente quale strada gli consiglieresti? Quella di non “uniformarsi” alla massa ma di trovare un proprio “stile”: costerà fatica (ed anche denaro), non sarà sicuramente fa- cile e non tutti ci riusciranno ma alla fine le soddisfazioni saranno tante. Un vero disegnatore CAD deve as- solutamente conoscere… a fondo i software che ha deciso di utilizzare per la sua professione, non deve improvvisare. Non deve conoscerli “tutti” ma quelli che utilizza certamente si e bene! E’ fondamentale fare una cernita (soprattutto sulla base della pro- pria esperienza piuttosto che quel- la altrui) e poi scegliere quelli più “attinenti” al proprio “carattere” e alla propria “formazione”.... e di questi sapere tutto! E quando dico tutto vuol dire “quasi tutto”! SketchUp e Gian Martin: un con- nubio perfetto…Quando hai comin- ciato ad usarlo? Quali sono i suoi punti di forza e cosa manca anco- ra? L’ho scoperto per caso. Ho comin- ciato ad usare questo software nel- la versione 6 Free (quella che ora si chiama Make), mi pare nel 2008. Dalla versione 7 ho acquistato la licenza Pro, così anche per la 8, la 2013 e la 2014 che è stata quella che mi ha “fatto conoscere” sulla Home page di Trimble SketchUp. Questo software è semplice ed in- tuitivo, dopo poche potrebbe usar- lo chiunque (o quasi). Fondamen- talmente penso che ciò sia dovuto al numero esiguo di comandi che consentono all'utente medio di apprenderli subito. A questa “esiguità” comunque sopperisce la moltitudine di “plugin” che ne fan- no uno strumento completo e all'altezza dei più blasonati soft- ware di modellazione tridimensio- nale (non faccio nomi per ragioni di opportunità). Io non sono uno di quelli che si “scandalizza” di fron- te ad improvvisi blackout dei soft- ware perché, con il mio flusso di lavoro, se ciò avviene, perdo pochi dati. Sicuramente, però, in Sket- chUp, sarebbe opportuna una maggiore stabilità rispetto a mo- delli complessi con tanti poligoni, così come un supporto per le ar- chitetture a 64 bit. Alla fine, sop- pesando le cose, i pregi sono tal- mente tanti da far ritenere i difetti assolutamente trascurabili. In questi mesi di Community chi si è guadagnato la tua ammirazione professionale? Sicuramente tutti quelli che hanno contribuito a farla crescere, pub- blicando news, suggerimenti, link a risorse nonché propri lavori. Grazie a tutto ciò è possibile con- frontarsi e apprendere cose nuove. Certo, ci sono quelli con i quali “virtualmente” ho legato di più ma sono problemi miei, vero Salvio? Operi nel settore edile in un mo- mento particolarmente difficile, secondo te siamo prossimi alla ripresa? E’ curioso osservare che rispetto ai periodi “ante-crisi” io, come molti colleghi del resto, ho la sensazione di lavorare molto ma molto di più. Il problema, frustrante, è quello di non venire retribuiti il giusto, a volte dopo tempi di attesa este- nuanti, a volte per nulla. Il para- dosso è questo: lavorare tantissi- mo e non avere una soddisfazione economica sufficiente! E' terribile! Se poi a questo aggiungiamo lo "strozzinaggio" statale…la ripresa la vedo lontana. Cosa dovrebbero fare le istituzioni per sbloccare le attività professio- nali, imprenditoriali ed artigiane? Ho sempre pensato questo: se un profes- sionista ha un momento di crisi che fa?...beh s’inventa qualcosa per attirare i propri clienti, qualcosa per mettere in moto la propria economia, qualcosa di temporaneo ma “straordinario”, che “esce dall'ordinario”. Bene, i nostri “beneamati”, oltre alle solite bolle (balle) di sapone, l’unica cosa che sanno fare è stringerelacinghiadellapressionefisca- le, farla diventare asfissiante. Creare op- portunità e limitare la burocrazia, questo sarebbe già un grande passo e se non lo sannofare con la propria testa che pren- dano esempio da altri Paesi.... a volte co- piarenonèreato. Un tuo pensiero (sincero) sulla nostra community. Cambieresti qualcosa? Confesso di essermi rivolto ai so- cial network molto tardi, circa due anni fa nel 2012. Solo recentemen- te ho apprezzato le capacità di “condivisione e apprendimento globale” che essi hanno. La possi- bilità di pubblicare un proprio la- voro e renderlo visibile a tutto il mondo in una frazione di secondo è qualcosa di straordinario, così come straordinari sono sia elogi che critiche (costruttive) che si ricevono. E' giusto e servono per imparare! La community è un pul- lulare di sapere e di conoscenza, frutti di profondi studi ma anche di sola esperienza; è stata per me una piacevole e, oramai irrinun- ciabile, scoperta. Cosa cambie- rei?... Sinceramente non lo so… :D
  • 26. 2626
  • 27. 2727 MATEMATICA Impacchettamento di sfere L a scorsa settimana ho portato mio nipote di 5 anni a fare compere in un grande ipermercato di Milano. Nell’attrezzata area bimbi avevano installato una grossa pi- scina contenente sfere di plastica colorate e, naturalmente, mio ni- pote non ha perso l’occasione di fare un paio di vasche in stile libe- ro. Mentre lo osservavo, mi sono chiesto quante palline potesse contenere quella psichedelica pi- scina e, se opportunamente riordi- nate, non fosse avanzato dello spazio per metterne ancora. Que- sto problema, a prima vista banale, in matematica prende il nome di impacchettamento di sfere e le sue applicazioni pratiche, come de- scriverò nell’ultima parte dell’arti- colo, sono numerosissime e tocca- no diversi ambiti della scienza, dalla chimica alla mineralogia, fino all’ingegneria industriale e di processo. Tornando alla vasca di palline colorate, vediamo di ana- lizzare il problema in maniera più rigorosa. Per prima cosa immagi- niamo di versare le sfere (tutte della stessa dimensione) all’inter- no del volume, senza badare trop- po alla loro disposizione. Questo procedimento permette di riempi- re lo spazio vuoto in maniera del tutto casuale e non uniforme: le sfere si sistemano senza un ordine preciso e alcune regioni saranno più piene di altre. Una simile con- figurazione prende, con poca fan- tasia, il nome di impacchettamen- to irregolare (o casuale). Se, a que- sto punto, volessimo aggiungere altre sfere all’interno dello spazio, ossia volessimo aumentare la den- sità dell’impacchettamento, sa- remmo costretti a rimescolare le sfere agitando il contenitore oppu- re rimestando le palline manual- mente al fine di omogeneizzare il più possibile la loro distribuzione nel volume, ottenendo così altro spazio libero da riempire. E’ un po’ l’operazione che facciamo quando ad esempio riempiamo una zuc- cheriera: scuotiamo il contenitore per distribuire meglio lo zucchero di volta in volta. Adesso che abbia- mo un nuovo volume vuoto, ripe- tiamo l’operazione riempiendo casualmente la vasca con altre sfere ed eventualmente ripetendo l’operazione appena descritta. Ad un certo punto, però, la vasca sarà piena e qualunque rimestata non sarà sufficiente per guadagnare nuovo volume da riempire. Abbia- mo dunque raggiunto una nuova configurazione chiamata impac- chettamento irregolare congestio- nato. Questa situazione, che a col- po d’occhio sembra eccellente per- ché riempie uniformemente tutto il volume, in realtà non lo è così tanto. E’ infatti possibile calcolare che per un siffatto impacchetta- mento la densità delle sfere è di poco inferiore al 64%. Nell’impac- chettamento irregolare, dunque, le sfere formano un reticolo (ovvero quella tela che si può idealmente tracciare congiungendo i centri delle sfere) con una conformazio- ne del tutto casuale, priva di sim- metrie e diversa ogni volta che viene realizzato un impacchetta- mento di questa tipologia, anche se si utilizzano le stesse sfere e il medesimo contenitore. Impacchettamenti regolari Ovviamente una densità di impac- chettamento del 64% non è poi co- sì elevata. Di spazio libero ce n’è ancora parecchio e quindi ci chie- diamo se, introducendo un ordine nella disposizione delle sfere, il volume disponibile possa aumen- tare, accogliendo nuove palline. Con pazienza quindi immaginia- di Marco Garavaglia Questo problema, a prima vista banale, in matematica prende il nome di IMPACCHETTAMENTO DI SFERE e le sue applica- zioni pratiche, come descriverò nell’ultima parte dell’articolo, sono numerosissime e toccano diversi ambiti della scien- za, dalla chimica, alla mineralogia, fino all’ingegneria industriale e di processo...
  • 28. 2828 MATEM mo di riempire il contenitore si- stemando sul fondo un primo stra- to di sfere. Giunti al piano succes- sivo, collochiamo un secondo stra- to nei punti lasciati vuoti dal piano inferiore e via dicendo. Se indi- chiamo con le lettere dell’alfabeto i vari piani, a seconda della posi- zione che le palle occupano su di esso, otteniamo una configurazio- ne del tipo: ABABAB… ecc. (vedi fig1). In essa i centri delle sfere corrispondono ai vertici di un triangolo equilatero e ogni sfera è sempre tangente ad altre 12 (ad eccezione delle periferiche). Chia- miamo questa sistemazione impacchettamento regolare esagonale. Aggiungendo un terzo piano di sfere, che occu- pano il vuoto lasciato dal pri- mo, otteniamo una nuova con- figurazione ordinata, schema- tizzabile con le lettere AB- CABCABC… ecc., chiamata im- pacchettamento regolare cu- bico. Calcolando la densità media, in entrambi i casi otte- niamo un valore di poco supe- riore allo 0,74. La congettura di Keplero A questo punto, viene da chiedersi arrivati se esistono delle nuove configurazioni che possano au- mentare la densità dell’impac- chettamento. Nel 1611, il matema- tico e astronomo Giovanni Keplero si pose lo stesso interrogativo ed arrivò ad affermare che non esiste un impacchettamento di sfere più denso di quello regolare, cubico ed esagonale, e che, conseguente- mente, la densità del 74% fosse la massima raggiungibile. Keplero però non arrivò mai ad una dimo- strazione ed il primo risultato par- ziale, ma significativo in tal senso, arrivò solo nel 1831 quando Gauss dimostrò che la congettura di Ke- plero è vera solo se le sfere sono sistemate secondo una griglia re- golare ovvero che qualunque con- figurazione di sfere, che fornisca un controesempio alla congettura di Keplero, deve essere necessa- riamente irregolare. La congettura rimane tuttora formalmente indi- mostrata anche se, nel 1998, il pro- fessor Thomas Hales dell’Univer- sità di Pittsburgh ha pubblicato una dimostrazione per esaustione basata su sofisticati algoritmi di geometria computazionale e rite- nuta vera per il 99%. Il metodo di esaustione è un procedimento uti- le a calcolare aree di varie figure geometriche piane che consiste nella costruzione di una succes- sione di poligoni che convergono alla figura data. L'area della figura risulta essere quindi il limite delle aree dei poligoni. La rivista Annals of Mathematics, il più illustre e prestigioso magazine di matema- tica del panorama scientifico, con- tinua a pubblicare con regolarità parti della dimostrazione di Hales. Sta di fatto che a distanza di oltre 400 anni la congettura resta anco- ra un problema aperto. Impacchettamento di ipersfere Abbandoniamo ora il nostro caro e rassicurante spazio tridimensio- nale, per avventurarci negli iper- spazi di dimensione n (>3). Ovvia- mente non avremo più da impac- chettare sfere tridimensionali ma n-ipersfere in un ipervolume vuo- to. Dal punto di vista concettuale, i Fig. 1, sistemi di impacchettamento delle sfere (daWikipedia)
  • 29. 2929 MATICA Fig. 2, da sinistra: diamanti, un pezzo di grafite; una colonna di lavaggio (scrubber) procedimenti seguiti finora non cambiano: possiamo scegliere di siste- mare le ipersfere in modo casuale nell’i- pervolume oppure di ordinarle secondo un reticolo regolare. Noteremo che fino alla dimensione 8 gli impacchettamenti regolari restano più densi degli irregolari (così come abbiamo visto in dimensione 3). Il problema sorge quando superiamo la nona dimensione perché è possibile provarecheesiste,adesempioindimen- sione 10, un impacchettamento irregola- re più denso del più denso impacchetta- mento regolare conosciuto. In parole povere la situazione si ribalta: per iperspazi di grandi dimensioni (n>10) gli impacchettamenti più densi risultano essere (forse tutti) irregolari, aprendo le porteanuovecongetture. Applicazioni Le applicazioni pratiche riguar- danti gli impacchettamenti di sfe- re (ovviamente in spazi tridimen- sionali) sono numerosissime. Si- curamente il campo scientifico che viene maggiormente coinvolto è la cristallochimica e la mineralo- gia in cui gli atomi che costituiscono un minerale o un cristallo sono come delle sfereimpacchettateinunacertaconfigu- razione. Le proprietà fisico-chimiche varianosensibilmentedaconfigurazione a configurazione. Un classico esempio stanelladifferenzatradiamanteegrafite: gli atomi di carbonio che compongono entrambi imaterialinel primocaso sono dispostiformandounreticolotetraedrico; nel secondo, invece, sono impacchettati ordinatamente secondo piani paralleli formando un reticolo piano esago- nale. La differenza è lampante: du- rezza, trasparenza e pregio nel pri- mo caso… mina per matite nel se- condo (vedi fig. 2, A e B). Nell’indu- stria di processo, invece, i proble- mi di impacchettamento riguarda- no la realizzazione di colonne di lavaggio (scrubber) ovvero quei dispositivi che servono a purifica- re una corrente gassosa da sostan- ze, solitamente polveri e microin- quinanti acidi, facendola circolare controcorrente ad un solvente. Poiché l’operazione richiede gran- di superfici di contatto, è necessa- rio riempire la colonna con del materiale inerte impaccato atto allo scopo, vedi Fig. 2. Al di là, quindi, delle aree gioco per bambi- ni le notevoli implicazioni prati- che dell’impacchettamento di sfe- re rendono questo campo della matematica sicuramente degno di ulteriori approfondimenti. Fig. 3, altri sistemi di impacchettamento delle sfere
  • 30. 3030 MUS N ell'antichità, fu Pitago- ra di Samo a sancire, per la prima volta, il legame tra matematica e musica. Un giorno, trovandosi nell'officina di un fabbro, Pitagora, ascoltando i suoni consonanti e dissonanti prodotti dal battere dei martelli sulle incudini, intuì che proprio il suono era in stretto rap- porto con il peso dei singoli mar- telli: se uno dei martelli pesava il doppio dell'altro, si producevano suoni distanti un'ottava; se invece pesava una volta e mezza dell'al- tro, si producevano suoni distanti una quinta, esattamente l'interval- lo fra il do e il sol. Analogamente, facendo alcuni esperimenti con nervi di bue posti in tensione, con- statò che la stessa regola valeva anche per i suoni generati da stru- menti a corda, come la lira. Da que- sta osservazione scientifica, Pita- gora formula le leggi dell'armonia, dimostrando appunto l'armonia determinata dal rapporto tra i nu- meri e le note musicali. Dopo la rivoluzione apportata nel Medioe- vo da Guido d'Arezzo, con i due trattati Micrologus de musica e Prologus in antiphonarium, la teo- ria musicale nel Rinascimento ve- de in Gioseffo Zarlino l'esponente di spicco. Tra il Seicento e il Sette- cento, numerosi sono i matematici che fanno della musica l'oggetto dei loro studi, in particolare Eulero e Cartesio. Gottfried Leibniz defini- sce la musica come la matematica dell'anima. J. S. Bach ed i numeri Johann Sebastian Bach è, proba- bilmente, l'esempio più eclatante del legame tra le due scienze. Gli studi sulla tecnica del contrap- punto e sull’opera di Bach hanno svelato gran parte dell’approccio matematico alla composizione. Nelle sue opere, come nella mate- matica, possiamo trovare sezioni auree, teoremi, proporzioni e riferi- menti numerici specifici. Il nume- ro 3 ricorre nelle variazioni Goldberg; il 14, in particolare, fa riferimento al suo stesso nome (sommando le lettere), ad alcuni episodi della sua vita (nel 1747, Bach entra come 14° membro in un'associazione nata con l’intento di riportare la musica alla sua ori- gine pitagorica e di mostrarne i legami con la matematica; nel ce- lebre ritratto di Elias Gottlob Haussmann, Bach indossa una giacca con 14 bottoni) ed anche all'Arte della Fuga. In quest'opera infatti, escludendo i canoni, ci so- no 14 contrappunti (in particolare 14 sono le note che formano il sog- getto del Contrapunctus V e VIII) e l'ultima fuga, incompiuta, è appun- to la quattordicesima. L'Arte della Fuga, le Variazioni Goldberg, l’Of- ferta musicale offrono i più alti e significativi esempi di musica co- struita in base a principi di sim- metria aritmetica e geometrica, di Nicola Amalfitano Bach ed i numeri J. S. Bach in una stampa settecentesca
  • 31. 3131 SICA Il Crab Canon di J. S. Bach.
  • 32. 3232 MUS Johann Sebastian Bach in un ritratto del 1748 di Elias Gottlob Haussmann. (Wikipedia)
  • 33. 3333 SICA alla cui base è il Canone, ovvero una composizione contrappunti- stica che unisce a una melodia una o più imitazioni che le si so- vrappongono progressivamente. Nelle Variazioni Goldberg, opera di alta complessità strutturale, dopo l'enunciazione del tema, si susse- guono ciclicamente 3 forme musi- cali: una danza, una toccata e un canone che, di volta in volta, ac- cresce l’intervallo di distanza delle voci. Le simmetrie, i canoni ordi- nati e i rimandi alla perfezione del numero 3 dimostrano lo stretto legame con la matematica nell’or- ganizzazione della struttura musi- cale. Nell'opera bachiana, i temi si trasformano, si invertono, si ribal- tano e, attraverso il linguaggio del- la geometria, è possibile descrive- re e apprezzare le cosiddette sim- metrie musicali. Nel Canone esi- stono livelli molto complessi: un accrescimento avviene quando le “copie” del singolo tema sono ese- guite spostate nel tempo e nell’al- tezza (ad esempio, la prima voce esegue il tema iniziando in do, la seconda voce, sovrapposta alla prima, lo esegue iniziando in sol cioè quattro note più in alto; una terza voce si aggiunge alle prime due iniziando in re, quindi ancora altre quattro note più sopra, e così di seguito). Un ulteriore livello di complessità si raggiunge variando la velocità di esecuzione: se, per esempio, la seconda voce raddop- pia o dimezza la velocità rispetto alla prima voce, allora parliamo di diminuzione o di aumentazione perché il tema sembra restringersi o espandersi. Se rappresentiamo una linea melodica su un piano cartesiano ponendo sull’asse delle ordinate i valori relativi alle altez- ze sonore e su quello delle ascisse la dimensione temporale, abbiamo l'immediata percezione della struttura simmetrica della melodia che, quindi, può essere eseguita a ritroso nel cosiddetto Canone in- verso. Il Crab Canon su di un Möbius Strip. Riferimenti Nel video di YouTube: “J.S. Bach - Crab Canon on a Möbius Strip” https://youtu.be/UHQ2ybTejU l'ingegnere belga Jos Leys presenta l’enigmatico Canone I a 2 voci dell’Offerta musicale con il pentagram- ma organizzato secondo il Nastro di Möbius in esecuzione simultanea nei due percorsi. A sinistra il video di YouTube “J.S. Bach - Crab Canon on a Möbius Strip” e il suo autore Jos Leys
  • 34. 3434
  • 35. 3535 NEW HARDWARE FOR CAD B envenuti alla terza pun- tata sul funzionamento delle stampanti 3D e, più specificatamente, nel nostro caso sulla RepRap Mendel. In questo articolo, cercheremo di capire il funzionamento di una scheda controller su cui sono ap- plicati i driver per il pilotaggio dei motori passo- passo della Mendel: Arduino step shield. Mi rivolgo adesso a chi è quasi del tutto sprovvisto di nozioni di elettronica ed informatica cercando di spiega- re anzitutto il concetto di driver attraverso un esempio pratico. Im- maginate che una persona deve dare delle istruzioni di lavoro mol- to complesse ad un operaio stra- niero abilissimo ma che non capi- sce assolutamente la lingua del cliente. A sua volta anche il cliente non conosce la lingua dell’operaio, sa solo che è specializzato in una determinata funzione a lui nota ma non ha altre informazioni spe- cifiche relative alla sua forza, velo- cità, ecc.! L’unica soluzione è quel- la di rivolgersi ad una terza perso- na che, conoscendo entrambe le lingue e l’operaio, riesce a fornirgli la sequenza d’istruzioni per ese- guire il lavoro. Il traduttore per far- si capire meglio indica all’operaio anche quale arto deve utilizzare attraverso un tabellone luminoso su cui sono riportate tutte le sue articolazioni! Questo è il funziona- mento di un driver rispetto ad un sistema operativo! Il sistema ope- rativo è il cliente che vuole fare eseguire il lavoro a un determinato componente elettronico (il driver) che fa da operaio specializzato mentre il traduttore, in questo ca- so, si chiama interfaccia. Vorrei adesso chiarire un equivoco gene- rato dalla traduzione o, per meglio dire, dall’interpretazione del con- cetto della parola driver prove- niente dall’inglese tecnico. Driver ha come significato diverse acce- zioni:  può significare pilotare e guida- re quando lo troviamo come verbo;  è il chip addetto alla gestione di un determinato hardware (il lettore CD ad esempio);  è un file particolare che racco- glie una serie di istruzioni, spesso scritte in linguaggio macchina o assembly, che con- sente ad un sistema operativo III Puntata di Salvio Giglio Principi di funzionamento delle stampanti 3D Fig. 1, la Step shield e uno dei motori passo - passo della Mendel Semafori virtuali, ingressi, uscite, impulsi, rotazioni, accelerometri. Cerchiamo di capire co- me funzionano un driver sia in termini generali sia nel contesto della nostra stampante 3D
  • 36. 3636 di pilotare un dispositivo hard- ware. Non trovando un equivalente lin- guistico in italiano è stata lasciata la parola inglese originaria asso- ciata a significati diversi e questo crea sicuramente confusione ai neofiti… In questo articolo faremo in modo diverso, sostituiremo a driver delle parole più familiari che ci permetteranno di capire subito se si sta facendo riferimen- to al chip o al file d’istruzioni per azionarlo! Chiameremo il chip operatore e il file istruttore, l’inter- faccia traduttore mentre le “articolazioni” del nostro chip sa- ranno i registri. Che ne dite? Modalità di funzionamento Un istruttore permette al sistema operativo di utilizzare l'operatore senza sapere come esso funzioni ma dialogandoci attraverso un tra- duttore che si rivolge direttamente ai registri dell’operatore. Questa logica ha permesso, nel corso degli anni, di standardizzare la compo- nentistica elettronica permetten- done così anche l'intercambiabili- tà. Ogni istruttore è un qualcosa di molto specifico sia dal punto di vista dell'hardware che pilota, sia da quello del sistema operativo per cui è scritto. Infatti, non è possibile utilizzare istruttori scritti per un determinato sistema operativo su uno differente, perché il traduttore è diverso. Nella maggioranza dei casi l’istruttore è scritto, ovvia- mente, dal produttore del disposi- tivo hardware. Se il progetto dell’o- peratore è di tipo Open Source e la licenza è aperta a tutti può accade- re anche che i driver siano scritti da terze parti sulla base della do- cumentazione tecnica rilasciata dal produttore. Nei sistemi embed- ded, come nel caso di Arduino, tut- to il software è un unico program- ma compilato e caricato in memo- ria e l’istruttore non è altro che una sua routine che si collega con l'hardware da pilotare. Come funziona un driver e la teo- ria dei semafori virtuali Ogni istruttore deve garantire ad un solo processo per volta, e per tutta la sua durata, l'accesso esclusivo alla periferica operatore. Per far fronte ad un elevato nume- ro di processi, che potrebbero inte- ragire direttamente con la periferi- ca, può rendersi necessario intro- durre un istruttore virtualizzato: in questo modo ogni processo può agire sulla periferica in maniera indipendente. Questa procedura somiglia molto a quanto accade in qualunque strada cittadina percor- sa da veicoli e pedoni; in punti par- ticolarmente critici, come gli in- croci, vengono installati dei sema- fori per regolare il traffico ed evita- re incidenti. Analogamente, nell’e- lettronica digitale esistono delle procedure assimilabili agli stati che assume un semaforo che ven- gono, appunto, definite semafori virtuali. La teoria dei semafori vir- tuali fu elaborata dall’informatico olandese Edsger Wybe Dijkstra negli anni ’70 del secolo scorso ed è stata proficuamente applicata specialmente nei sistemi multita- sking (che compiono più operazio- NEW HARDWA Qualche parola sui motori passo-passo Il motore passo-passo, spesso chiamato anche step o stepper, appartiene alla famiglia dei motori elettrici sincroni alimentati in corren- te continua . Sono privi di spazzole e la loro peculiarità consiste nel suddividere la propria rotazione in un certo numero di passi (step). La posizione del motore può essere controllata accuratamente tramite opportune schede elettroniche. È considerato la scelta ideale per tutte quelle applicazioni che richiedono precisione nello spostamento angolare e nella velocità di rotazione: automazione, robotica, ecc. Sotto il profilo funzionale questi motori si differenziano dagli altri per la loro capacità di mantenere fermo l'albero in una posizione di equilibrio. Infatti, quando sono alimentati attraverso degli impulsi elettrici generati dalla scheda pilota la loro rotazione avviene a scatti e ad un certo punto l’albero si blocca in una ben precisa posizione angolare. Per ottenere una rotazione continua bisogna inviare al motore un treno di impulsi di corrente, secondo un'opportuna sequenza, in modo tale da far spostare, per scatti successivi, la posizione di equilibrio. È così possibile far ruotare l'albero nella posizione e alla velocità voluta semplicemente contando gli impulsi ed impostan- do la loro frequenza, visto che le posizioni di equilibrio dell'albero sono determinate meccanicamente con estrema precisione. L'elettromagnete 1 (A) viene eccitato, attraendo il dente più vicino del rotore metallico. L'elettromagnete 1 è spento e viene eccita- to l'elettromagnete 2 (B) attirando il dente successivo leggermente verso destra. Viene spento l'elettromagnete 2 ed eccitato il 3 (C). Tocca ora all’elettromagnete 4 ad essere percorso dalla corrente in luogo del 3 (D). In questo esempio ogni avanzamento produ- ce una rotazione di 3.6°. Quando l'elettromagnete 1 sarà di nuovo eccitato, i denti del rocchetto dovranno ruotare nella posizione successiva; poiché vi sono 25 denti, occorrono 100 passi per realizzare una rotazione completa.
  • 37. 3737 WARE FOR CAD Fig. 2, lo schema elettrico della Step shield
  • 38. 3838 NEW HARDW Elenco Componenti: C1: 220 µF 25 VL elettrolitico U1 : CD4094 U2 : CD4094 U3: CD4094 U4: Driver motori (Pololu MD09B) U5: Driver motori (Pololu MD09B) U6: Driver motori (Pololu MD09B) Varie: - Morsetto 2 poli (7 pz.) - Zoccolo 8+8 (3 pz.) - Strip maschio 3 poli (7 pz.) - Strip femmina 4 poli (4 pz.) - Strip maschio 6 poli (1 pz.) - Strip maschio 8 poli (2 pz.) - Strip maschio 10 poli (1 pz.) - Jumper (7 pz.) - Circuito stampato Fig. 3, piano di montaggio della Step shield
  • 39. 3939 WARE FOR CAD ni simultaneamente). Ad ogni pe- riferica è associato uno di questi semafori che dicono al sistema operativo se la periferica è libera o occupata da un determinato pro- cesso. Un tipo di semaforo molto utilizzato è quello binario che ha solo 2 stati, 0 ed 1, a cui sono asso- ciate le operazioni:  wait (aspetta) nel caso di peri- ferica occupata;  signal (segnale) nel caso di pe- riferica libera. Proprio come accade al semaforo di qualunque strada trafficata che, quando c’è il rosso, crea nel corso dei minuti una coda più o meno lunga di veicoli in attesa di ripar- tire, analogamente quando il se- maforo di una periferica è su wait si crea una coda di processi in at- tesa di essere smaltita. Nel caso di una stampante 3D, come la nostra Mendel, i suoi semafori dialogano col PC attraverso la MCU infor- mandolo sullo stato di tutti i suoi vari attuatori (i motori, il piatto termico, l’alimentazione del fila- mento di materiale termoplastico, ecc.). La scheda per il controllo dei motori della Mendel segue an- ch’essa la logica dei semafori; in- fatti nel codice del suo istruttore ci sono scritti i seguenti gruppi di istruzione:  Procedura di acquisizione;  Procedure d'uso;  Procedura di rilascio. Dopo aver acquisito l’uso esclusi- vo della periferica, il processo di stampa può applicare le procedure d'uso e, quando ha terminato, deve rilasciarla comunicando al siste- ma operativo che ha finito. Caratteristiche della step shield Shield per Arduino, UNO o Mega, permette di comandare tre mo- tori passo-passo bipolari da 2A. Il controllo di ciascuno di essi è affidato ad un driver “operatore” (MD09B) prodotto dal- la Pololu (un costruttore di com- ponentistica elettronica per l’au- tomazione e la robotica). Si può impostare ogni driver operatore in base all’accuratezza che vogliamo dare al nostro lavoro di stampa. Infatti possiamo stabilire sia il senso di rotazione (orario o antio- rario) che il numero di gradi che il rotore del motore deve compiere alla ricezione di ogni comando: da uno step alla volta fino a delle frazioni di esso (1/2, 1/4, 1/8 o 1/16). Il circuito Si tratta di un circuito, di dimen- sioni 86 x 56mm, composto di 4 ingressi analogici e 3 driver per motori passo-passo alimentato a 12V in corrente continua stabiliz- zata. Agli ingressi analogici (A0, A1, A2, A3) possiamo collegare sia dei fine corsa per i motori che al- tri, di vario tipo, come gli accelero- metri. I 3 driver operatori per- mettono una gestione completa dei motori della Mendel suppor- tando un consumo massimo di 2A. I driver per motori, nello schema elettrico, sono contrassegnati dal- le sigle U4, U5 e U6 e sono chia- mati anche shift-register. Essi so- no componenti utilizzati nell'elet- tronica digitale e costituiti da una catena di celle di memoria ad 1 bit interconnesse tra loro (comunemente dei flip-flop): ad ogni impulso di clock essi consentono lo scorri- mento dei bit da una cella a quella immediatamente adiacente. Lo scorrimento può avvenire verso destra, verso sinistra o, in alcuni tipi detti bidirezionali, in entram- be le direzioni in base allo stato di una linea di controllo: a seconda se questa linea è a un livello di 0 logico oppure di 1 logico, i dati vanno in una direzione oppure nell'altra. Il comando del movi- mento (verso di rotazione, angola- zione dell’albero motore, frequen- za degli impulsi per la velocità del motore) può essere ottenuto in due modi:  Gestione diretta in cui Arduino gestisce direttamente l’opera- tore collegato al motore utiliz- zando due linee digitali dedi- Edsger Wybe Dijkstra N asce in Olanda a Rotterdam, l’11 maggio del 1930; suo padre, che era un chimico, era stato il presidente della Società Chimica Olandese. Si laurea nel 1951 in Mate- matica e Fisica e nel 1956 in Fisica Teorica all'Uni- versità di Leida. Dal 1952 al 1962 Dijkstra lavora come programmatore scienti- fico presso il Mathematisch Centrum di Amster- dam. In quel periodo sviluppa il compilatore per il linguaggio Algol 60 e l’algoritmo che porta il suo nome. Nel 1962, ottiene la Cattedra in Informatica presso l'Eindhoven University of Technology do- ve lavorerà sino al 1984. Nel 1972, vince il Premio Turing per i contributi fondamentali allo sviluppo dei linguaggi di programmazione. Dal 1982 diventa consulente informatico della Burroughs Corpora- tion. Nel 1984, gli affidano la prestigiosa cattedra Schlumberger Centennial Chair in Computer Sciences all'Università di Austin nel Texas ove lavorerà sino al 1999. Afflitto da una lunga malat- tia si spegne all’età di 72 anni nella sua Olanda a Nuenen il 6 agosto del 2002.
  • 40. 4040 NEW HARDWARE FOR CAD cate costituite dai pin (asticelle metalliche che fuoriescono dal- la scheda) DIR e STEP del dri- ver Pololu. Questa modalità si ottiene spostando i jumpers (ponticelli di contatto tra due pin) verso il pin “Arduino” co- me in Fig. 4 A.  Gestione indiretta, in questo caso Arduino si rivolge ad un traduttore che utilizza i registri dell’operatore di cui vi parlavo in apertura. In questo caso i registri, ovvero gli shift- register, memorizzano le impo- stazioni che abbiamo program- mato, come il fattore di divisio- ne dell’angolo e/o la frequenza degli impulsi generati da Ar- duino per la velocità, prima di avviare la fase di stampa. Per ottenere questo modo di lavoro dobbiamo spostare i jumpers verso la parte tratteggiata, co- me mostra la Fig. 4B. Per default, le uscite 1A, 1B, 2A e 2B di Arduino forniscono gli im- pulsi per comandare lo sposta- mento del rotore del motore di uno step cioè di una rotazione. Il controllo delle frazioni di rotazio- ne avviene attraverso gli ingressi dello shield MS1, MS2, MS3 il cui settaggio segue la logica riportata nella tabella 1. Per mantenere inalterata la rotazione di uno step, cioè come per il default, bisogna lasciare i tre ingressi su L ( low livello basso). E’ anche possibile determinare la sorgente di ali- mentazione per il funzionamento dei motori, scegliendo tra la sche- da Arduino a 12V (chiudendo il Jumper Vmot verso “INT”), o tra- mite il morsetto PWR (chiudendo il jumper Vmot verso la parte tratteggiata) che ammette una tensione massima di 35V. Continua Tab. 1, impostazione degli step compiuti dal motore rispetto agli impulsi di comando Fig. 4, lo schema dei collegamenti della Step shield. Nei dettagli A e B il posizionamento dei jumpers, disegnati in rosso, per la gestione diretta e indiretta dei motori
  • 41. 4141
  • 42. 4242
  • 43. 4343 Q ueste sono solo alcune fontane del centro sto- rico dell’Aquila, mo- dellate tridimensio- nalmente in SketchUp e tuttora visibili in Google Earth. Ho cer- cato di rappresentarle curando molto l’aspetto delle tessiture, dalle pietre ai riflessi dell’ac- qua, così come si presentavano prima del terremoto del 6 aprile 2009: realistiche, integre e zam- pillanti quasi a dare la sensa- zione di sentire lo scroscio dell’acqua e perché no dell’ani- mosità e del vociare degli abi- tanti, non più presenti da ormai cinque anni nel centro storico aquilano. Lo consideravo, e lo considero ancora, un buon au- spicio, un desiderio e un augu- rio che la mia città possa, pri- ma possibile, tornare ad essere abitata. I programmi da me uti- lizzati per le ricostruzioni volu- metriche e strutturali sono SketchUp ed Autocad; per il rivestimento delle textures, in- vece, mi sono aiutato molto con Photoshop: le tessiture sono molto importanti, essendo un pò l'anima dei modelli tridi- mensionali, sono il giusto vesti- to che consentono ai volumi di dialogare e comunicare con l'osservatore. di A. Buccella Fontanelle aquilane virtuali su Google Earth Far rivivere L’Aquila, almeno virtualmente, questo è l’intento di Antonello Buccella promotore di innumerevoli iniziati- ve tutte finalizzate al recupero di una città che rappresenta una pagina significativa di storia dell’architettura italiana. 1) Fontane gemelle in P.za Duomo; 2, 3, 4, Fontanella in P.za di Porta Bazzano (vari dettagli); 5) Fontanella in Piazza Duomo 6) Fontana 99 cannelle; 7) Fontana in Piazza S. Pietro di Coppito 1 2 3 4 5 6 7 ARCHITETTURA E MODELLAZIONE 3D
  • 44. 4444 TREND PRO BIM, l’esempio di RhOME for denCity al Solar Decathlon 2014 C redo che la nascita e lo sviluppo dei modelli in scala ridotta di edifici, imbarcazioni, ecc. abbia fatto lo stesso percorso della pro- gettazione “disegnata” dal mo- mento che insieme ad essa deve rispondere almeno a tre esigenze principali che sussistono ancora oggi ai giorni nostri:  far verificare al progettista in prima persona il proprio lavoro progettuale, per scoprire e cor- reggere eventuali difetti, prima di sottoporlo al committente;  presentare al committente qualcosa di tangibile e imme- diatamente comprensibile, che oltrepassi i disegni e gli studi progettuali, in grado di colpire positivamente l’osservatore facendo- lo propendere per la realizzazio- ne;  spiegare i dettagli delle fasi co- struttive a chi ha il compito di realizzare materialmente il pro- getto. Questa necessità di visualizzare in anteprima ciò che sarà costruito, attraverso una rappresentazione tridimensionale “solida” o “grafica”, ha favorito anche gli studi sulla geo- metria descrittiva e il relativo svi- luppo della prospettiva e delle vi- ste assonometriche, seguendo di pari passo le evoluzioni che il lin- guaggio tecnico grafico legato alla progettazione subiva nel corso dei secoli. Siamo così arrivati al CAD e alle sue applicazioni che hanno risolto i problemi legati alla pro- gettazione tradizionale, tempi di stesura a parte: primo fra tutti quello di mettere in relazione tutti i dati costruttivi di un manufatto e stimarne poi costi, tempi di realiz- zazione, ecc. La BIM (Building In- formation Modeling, modellazione “informatizzata” di un edificio) è l’ultima applicazione del CAD nel campo progettuale e si può tran- quillamente tradurre in italiano con il concetto di progettazione integrata. Infatti, attraverso una dettagliatissima rappresentazione tridimensionale del fabbricato, essa permette la cooperazione tra i vari progettisti e costruttori parte- cipanti al lavoro, coinvolgendo anche la committenza, negli studi professionali e poi in cantiere, at- Da sempre chi progetta ha sentito l’esigenza di riprodurre in miniatura quanto gli è stato commissionato per poter verificare, insieme a committenza e costruttori, il proprio progetto con un’anteprima del lavoro da eseguire… Nell’era digitale tutto questo si tramuta in un modello 3D informatizzato in grado di far confluire in esso lo sviluppo di tutte le progettazioni che concorrono, nel loro insieme, alla realizzazione di un manufatto architettonico, curando nel dettaglio costi, produzione, livelli di affidabilità delle prestazioni e im- patto ambientale. RhOME for denCity rappresenta un ottimo esempio di BIM applicata con successo da un Team giovane e vincente! La casa ecologica RhOME for denCity presentata dal Team dell’Università Roma Tre durante la costruzione di Salvio Giglio
  • 45. 4545 OGETTUALI traverso uno scambio continuo d’informazioni costruttive sullo sviluppo del progetto. Una proget- tazione basata su di un modello virtuale BIM va oltre la progetta- zione stessa poiché il modello vir- tuale può essere consultato, stu- diato e modificato anche per even- tuali fasi di adeguamento per nuo- ve esigenze normative o manuten- tive. Questo aspetto risulta parti- colarmente allettante anche per chi amministra complessi condo- miniali ed è tenuto ad aggiornare il Registro anagrafico manutentivo dello stabile in quei Comuni in cui esso è richiesto. Inoltre, questo approccio progettuale, che consi- dera l’edificio durante tutto il ciclo di vita, riduce notevolmente le per- dite di informazioni che si verifi- cano con la progettazione cartacea tradizionale. Infine, specialmente oggi che tanto si discute di soste- nibilità ambientale, la BIM sembra offrire una valida risposta a questa problematica perché permette di ottenere una dettagliata analisi dell’edificio e il suo impatto am- bientale in una visione assoluta- mente completa. Nella BIM, uno stabile è equiparato ad un organi- smo vivente formato da una serie di sistemi interdipendenti di cui è possibile stimare: consumi e rese energetiche per il riscaldamento e la climatizzazione, condizioni di isolamento dello stabile rispetto alle variazioni termiche ambienta- li, rendimenti illuminotecnici e ottimizzazione delle reti elettriche, ottimizzazione dei sistemi di sicu- rezza rispetto ad incendi ed intru- sioni, ecc. La BIM ha anche un ro- vescio della medaglia poiché essa non rappresenta solo l’adozione di un pacchetto software ma una nuova filosofia progettuale in cui, in luogo dei progettisti stand- alone del passato, troviamo i team progettuali multi-purpose in grado di sviluppare progettazioni com- plete, sotto ogni profilo, di un edifi- cio: dalla struttura portante alla climatizzazione. Altra insidia per chi si sente un “conservatore della progettazione edile” consiste nell’im- piego di personale altamente qua- lificato, sia nel team di progetta- zione che nei vari settori operativi, impegnato nella realizzazione del fabbricato. Non può esistere in una cantieristica BIM oriented l’ope- raio ignorante, il geometra accon- discendente, il progettista sempli- cione… Infatti l’applicazione di tec- nologie costruttive sempre nuove e la necessità di trasmettere tutte le notizie relative allo stato di avanzamento dei lavori, opportu- namente corredate di immagini, misurazioni e bozzetti fatti sul campo attraverso software ade- guati, richiede una formazione complessa in cui ognuno ha il suo ruolo specifico e si assume le pro- prie responsabilità. Ecco perché non è possibile improvvisare una progettazione BIM. Ai progettisti stessi è richiesta una certa espe- rienza e un notevole affiatamento. Per quanto ho potuto constatare in un anno di Community, ho visto post professionalmente validi rila- sciati solo da progettisti ed azien- de estere mentre da noi la BIM è solo l’impiego di un particolare tipo di software perché offre libre- rie di componenti parametrici e buone renderizzazioni. Il work flow BIM di RhOME per il settore energetico da cui si evincono le analisi comparate di: radiazione solare, simulazione termica dinamica, illuminazione e fluidodinamica.
  • 46. 4646 TREND PRO Dall’alto, planimetria e planivolumetria del RhOME e le due foto dei fronti anteriore e posteriore della casa.
  • 47. 4747 OGETTUALI Un case study vincente: il Progetto RhOME for denCity Un esempio concreto dei vantaggi offerti dalla progettazione integra- ta è apparso, il 27 giugno scorso, nel progetto RhOME for denCity, proposto dall’Università Roma Tre, nell’ambito della prestigiosa com- petizione internazionale Solar De- cathlon, l'Olimpiade dell'architet- tura sostenibile, dove ha vinto su- perando 10 prove molto difficili. La casa RhOME misura 65mq ed è stata costruita con legno certifica- to ed è trasportabile in treno. E' un concentrato di comfort che sfrutta la luce naturale e che punta al ri- sparmio energetico grazie al de- sign funzionale e minimal. La “città solare”, nel Parco della Reg- gia di Versailles, ha esposto oltre venti case ad alta efficienza ener- getica. Questo lavoro italiano ha adottato una struttura di progetta- zione e ingegnerizzazione BIM, ottenendo così un controllo com- pleto dei dati progettuali grazie al continuo feedback sulle presta- zioni e sull’impatto ambientale. Il team, capitanato da Chiara Tonelli, ha realizzato un modello BIM in modalità multiutente workset and remote tramite un adeguato server BIM che ha accolto sino a 15 utenti al lavoro contemporaneamente durante le fasi di sviluppo. La BIM ha permesso la creazione di un team multidisciplinare, riuscendo ad integrare gli apporti di studenti, specialisti, ricercatori e aziende partner del progetto. Il modello BIM ha implementato le più recen- ti tecnologie di prefabbricazione avanzata in legno secondo il pro- tocollo BAM (Building Assembly Model). In esso appaiono tutti i risultati delle varie tipologie di analisi:  strutturali, per la valutazione antisismica;  energetico dinamiche, sulla ra- diazione solare;  simulazione termica e fluidodi- namica;  calcolo dell’LCA (Life Cycle As- sessment, il ciclo di vita dei materiali impiegati);  valutazione dell’impatto am- bientale in termini di Embodied Energy (Energia incorporata). Il modello ha, inoltre, offerto una computazione metrica dettaglia- tissima di ogni componente co- struttivo, stimando tutti i possibili costi, da quelli di costruzione sino a quelli di trasporto, ed evitando così pericolose sforature rispetto al budget. Infine, per valutare me- glio anche l’impatto architettonico dell’unità abitativa rispetto al con- testo circostante, il modello BIM è stato renderizzato per tutta la du- rata del lavoro, offrendo immagini e video fotorealistici delle diverse soluzioni vagliate. In un’intervista rilasciata in conferenza stampa la Tonelli ha dichiarato: “E' il risulta- to di questi mesi di lavoro intenso, la summa della passione e perse- veranza di tutta la squadra. Non abbiamo puntato a vincere le sin- gole prove, ma soprattutto ad assi- curare il reale funzionamento dell'abitazione, per farla diventare non un sogno ma una possibilità concreta: RhOME non nasce per rimanere su un foglio di carta, ma per costituire una vera alternativa in grado di far fronte alle sfide am- bientali ed energetiche. E' una ca- sa che risponde alla necessità di aumentare la densità urbana eli- minando sprechi energetici, brut- tezza, abusivismo, degrado e au- mentando la coesione sociale e la capacità di risposte collettive alla crisi. “. Chiara Tonelli, la Team Leader del progetto RhOME for denCity
  • 48. 4848
  • 49. 4949 Ti interessa uno di questi tutorial?Ti interessa uno di questi tutorial? Stai seguendo CADZINE e ti sei appassionato ad uno o più corsi che stiamo pubblicando o ti è piaciuto in par- ticolare un articolo? Se non vuoi fare il download di tutta la rivista, ti ricordiamo che puoi anche solo stam- pare, o salvare su file, le sole pagine del corso che ti interessa direttamente da , attraverso il link della versione completa, o di quella LIGHT. Basta che ti porti sulla pagina iniziale e dal monitor di stam- pa di Drive selezioni l’intervallo di pagine che vuoi sal- vare/stampare (da pagina X a pagina Y). Dal nostro sito, inoltre, puoi sempre recuperare i nume- ri che non hai ancora scaricato! Buona lettura 
  • 50. 5050 L’area di lavoro principale B envenuti al nostro se- condo appuntamento con SketchUp. In questo articolo vi parlerò della finestra principale di SketchUp rassicurandovi subito circa il suo utilizzo. Infatti essa è stata conce- pita per essere immediatamente fruibile da qualunque utente abbia un minimo di dimestichezza col disegno tecnico. Facendo riferi- mento alla Fig. 1 distingueremo la barra del titolo (1): in essa compa- re, oltre ai classici comandi di si- stema (Riduci a icona, Ripristino in basso in alto e Chiudi), il nome del file attribuito dall’utente solo dopo il primo salvataggio. Subito sotto è collocata la barra dei menù (2) che è composta da nove ele- menti che permettono una mani- polazione completa del modello, la configurazione del programma, le varie modalità di visualizzazione, l’accesso a particolari strumenti o a plugins di cui vi parlerò detta- gliatamente in seguito. L’area di lavoro del programma è perime- trata, nella parte superiore e sul lato sinistro, da due fasce “magnetiche” (3) su cui è possibile agganciare, orizzontalmente e ver- ticalmente, le toolbars (barre degli strumenti); sulla parte inferiore è collocata la barra delle istruzioni (6) attraverso cui l’utente ottiene, guardandone l’estremità sinistra, le istruzioni d’uso per ogni stru- mento selezionato mentre, guar- dando all’altra estremità (7) ove è posizionata una casella di dialogo denominata VCB (Value Control Box, Casella di controllo dimensio- ni), l’utente imposta o acquisisce misure di linee, il numero di lati di un poligono, il raggio di una cir- conferenza, ecc. Per default, in un nuovo file, il programma presenta l’area di lavoro con la vista in Pianta; il nome della vista viene riportato, come si può vedere al punto (4)„, in alto a sinistra e il centro dello schermo (5) indica l’origine della terna d’assi carte- siani ortogonali X, Y e Z, ciascuno dei quali è contraddistinto da un colore (X = rosso, Y = blu, Z = ver- de). Gli assi offrono, soprattutto agli utenti meno esperti, un riferi- mento costante durante la stesura del disegno. Tutti gli strumenti grafici del programma, come si potrà constatare in seguito, duran- te il loro utilizzo sfruttano, in mo- di diversi, i riferimenti cartesiani colorati, per informare l’utente cir- ca la direzione o il piano scelti: alcuni visualizzano una linea trat- teggiata che assume, in virtù dello spostamento effettuato, il colore dell’asse cartesiano di competen- za; altri impiegano colore e forma del puntatore per il medesimo sco- po. Devo fare assolutamente una precisazione: la finestra che vede- te in questa pagina, in termini di barre degli strumenti e loro dispo- sizione, è quella che nel corso di tanti anni di lavoro con questo programma mi ha semplificato tantissimo la vita! Personalmente ritengo che sia inutile appesantire l’area di lavoro di barre inutili o che non servono assolutamente per determinati tipi di lavoro. Mi dite cosa se ne fa un disegnatore meccanico industriale dei coman- di “sabbiera” per la modellazione dei terreni? Anche se state svilup- pando un lavoro grafico per l’edili- zia e avete un super computer vi conviene sempre mantenere l’area di lavoro e le fasce magnetiche libere da inutili aggiunte. Per co- minciare a prendere confidenza col software fate così: andate nel menù Visualizza; scegliete l’item Barre degli strumenti ed aggiunge- te il segno di spunta ad una barra per volta per esplorare le funzio- nalità provando a pasticciare qual- cosa sullo schermo… Fatelo tran- quillamente e ricordate che questo è il modo migliore per imparare. Qualche parola circa i menù Posi- zione geografica e 3D Warehouse che riconoscono solo Internet Ex- plorer della Microsoft anche se l’utente ha per predefinito altro browser. Questa scelta “radicale” credo sia dovuta ad un voluto al- leggerimento del codice da parte del team di sviluppo di SketchUp che, altrimenti, avrebbe dovuto incorporare filtri per altri software di navigazione. In altre parole, se volete utilizzare queste funzioni direttamente da SketchUp dovete necessariamente installare e set- tare IE con tutti i rischi annessi e connessi! Continua II puntata di Salvio Giglio CORSO di BASE Un tecnigrafo virtuale che ci consente di progettare, modellando direttamente in 3D, con risultati professionali. Imparare SketchUp è facilissimo e può tornarci utile anche per fare delle stampe 3D dei nostri modelli dal momento che è possibile salvare i file con l’estensione stl.
  • 51. 5151 E per SketchUp Fig. 1, l’area di lavoro di SketchUp
  • 54. 5454