Accessibilità, tra miti e realtà: gli errori da non compiere e le azioni da i...
La nascita dei comuni
1. La nascita dei comuni
L'età della rinascita economica (XI secolo) vide
il diffondersi di forme spontanee di
associazione, sia nelle campagne che nelle
città.
In una società con nuove condizioni di lavoro e
di vita quotidiana era normale che, ciascuno
nel proprio ambito, le persone sentissero il
bisogno di unirsi, per difendere interessi
comuni
2. I comuni rurali
Ad esempio, nelle campagne, gli uomini
cercavano di salvaguardare i propri diritti (far
legna nei boschi, usufruire dei corsi d'acqua)
I rustici faticarono a dar vita ad associazioni, a
causa della potenza dei signori feudali
Si formarono, comunque, nel corso dell'XI
secolo, numerosi comuni rustici, con propri
statuti e rappresentanti
3. In città
La nascita di un ceto borghese, formato da
artigiani, professionisti, mercanti, rendeva
necessario tutelare alcuni diritti (circolazione
delle merci e degli uomini, ad esempio) e
stabilire regole comuni nell'esercizio dei
mestieri
4. La richiesta dell'autonomia
In città l'autorità signorile (rappresentata dal
vescovo o dal signore della fortezza) era
meno forte rispetto alle campagne; o meglio,
i cittadini potevano contrattare più facilmente
con i signori concessioni e privilegi, in virtù
del loro numero e della loro condizione: in
particolare i maiores (vassalli, mercanti,
imprenditori), cioè i cittadini che godevano di
maggior prestigio sociale e ricchezze
economiche
5. Nuove forze politiche
Così nacquero nuove entità politiche, che
chiameremo comuni, in grado di contrastare i
poteri tradizionali, ottenendo privilegi e
concessioni.
In particolare, in quelle zone, come l'Italia
settentrionale, in cui l'autorità imperiale era
meno forte e assidua, i comuni riuscirono ad
ottenere per le loro città ampie autonomie,
fino a divenire vere e proprie città-stato.
6. La debolezza dei vescovi
La riforma della Chiesa tentata da papi come
Gregorio VII (ricorda il Dictatus papae) finì
per facilitare la nascita dei comuni: infatti, la
Chiesa, nel tentativo di ridurre le ingerenze
dell'impero nella gestione del clero e di
riportare gli ecclesiastici ad un'etica corretta,
preferì limitare i poteri temporali dei vescovi.
7. Il governo dei comuni
In qualche caso i comuni ottennero condizioni
giuridiche speciali all'interno del loro
territorio, a volte capitava che i
rappresentanti dei comuni assistessero al
governo dei signori; ma nella maggior parte
dei casi i comuni riuscirono perfino ad
ottenere poteri politici completamente
autonomi: creare leggi, amministrare la città
e la giustizia, battere moneta e raccogliere
eserciti
8. La nuova nobiltà cittadina
Le famiglie maggiormente coinvolte nel
governo della città iniziarono ben presto a
distinguersi, formando una vera e propria
nobiltà cittadina, il patriziato. Spesso i patrizi
cittadini acquisivano poi terre e castelli nel
contado, finendo per legarsi, tramite
strategie matrimoniali, alla nobiltà di antica
origine.
9. Dai consoli al podestà
Inizialmente i comuni erano governati da
organi collegiali, eletti di frequenti
(normalmente chiamati consoli, per imitare
l'antica Roma: anche se i consoli medievali
erano di solito ben più di due). I contrasti
però tra le famiglie erano frequenti per la
conquista del potere.
Così si arrivò alla creazione di una nuova
magistratura, il podestà.
10. Il podestà
Il podestà era solitamente un estraneo,
chiamato in città per la sua esperienza,
preparazione giuridica e imparzialità.
Aveva numerosi compiti: presiedere i consigli,
amministrare la giustizia, garantire la pace
interna e guidare l'esercito in guerra, gestire
la polizia e i funzionari del comune.
11. Nuove forze popolari
Nel corso del XII secolo i ceti popolari
(artigiani, bottegai, mercanti, salariati),
inizialmente esclusi dalla gestione del
comune, rivendicarono maggiori poteri: per
farlo, si riunirono in organizzazioni di
mestieri, le Arti o corporazioni
In molte città, soprattutto nel XIII secolo, la
lotta tra aristocratici (magnati) e popolari fu
dura ed ebbe esiti svariati.