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Anatomia di una macchina fotografica

Notas del editor

  1. Commenti mode: ON
  2. Questa sera si parlerà di macchine fotografiche, che hanno subito una grossa evoluzione fin dalla seconda metà dell’800. Ora siamo abituati a vederle, bla bla bla,
  3. Ma sappiamo veramente come sono fatte? Stasera parleremo di come sono fatte soprattutto le reflex, spiegandovi perché si chiamano così…ma il percorso che seguiremo sarà tale da farvi capire cosa accomuna tutte queste macchina fotografiche! Iniziamo quindi con la conferenza: abbiamo qui tante macchine fotografiche. Vorremmo farvi capire come sono fatte nel modo più pratico possibile: che non è smontarle! Ma usarle! Quindi facciamo la prima prova.
  4. Iniziamo, per chi di voi non lo sapesse, cos’è una reflex? È una macchina fotografica che funziona con una riflessione, come dice il termine, ovvero con uno specchio! Infatti al suo interno è presente uno specchietto che consente al fotografo di osservare esattamente ciò che vedrà il sensore. Il movimento dello specchio poi consente di ottenere la foto. Ecco lo specchio in una vera macchina fotografica (Nikon).
  5. Da nascondere, collegare la macchina
  6. Che la luce potesse essere convogliata in una fotografia era chiaro fin dal passato, con gli studi sulla luce; anche Leonardo ipotizzava l’uso della camera oscura per disegnare. Fu solo nel 1826 che si utilizzò una scatola con un piccolo foro per ottenere un’immagine, la più antica fotografia giunta a noi. La luce colpiva un materiale sensibile, nel quale succedeva qualcosa (una reazione chimica, ad esempio). Ad un certo punto questo processo andava terminato, altrimenti si sarebbe rovinata l’immagine, ed è qui che entra in gioco il primo componente che vi descriviamo, assolutamente fondamentale: l’otturatore. L’otturatore serve per gestire la luce che entra nella macchina fotografica.
  7. Se immaginate quindi un otturatore come una tapparella, non sbagliate più di tanto: gli otturatori più usati nelle macchine professionali sono infatti chiamati “otturatori a tendina”, e si presentano come in questa immagine. Oltre al circuito elettrico che serve per comandarlo nelle moderne macchine fotografiche, si vedono gli elementi mobili (evidenziare la tendina): sono questi gli elementi che, alzandosi ed abbassandosi, consentono alla luce di passare o meno per esporre la pellicola o il sensore della macchina fotografica, di cui parleremo dopo. Ma come funzionano?
  8. Se fossimo a casa, e non volessimo far entrare la luce del sole, allora chiuderemmo le finestre e abbasseremmo le tapparelle. Le tapparelle funzionano come l’otturatore della macchina fotografica: consente di gestire la luce facendola entrare solo quando vogliamo noi! Se immaginate quindi un otturatore come una tapparella, non sbagliate più di tanto: gli otturatori più usati nelle macchine professionali sono infatti chiamati “otturatori a tendina”, e si presentano come in questa immagine.
  9. Se non immaginate questo oggetto in movimento, ve lo mostriamo: spiegare il funzionamento dell’otturatore.
  10. Se non immaginate questo oggetto in movimento, ve lo mostriamo: spiegare il funzionamento dell’otturatore.
  11. Quindi in questa animazione riassumiamo il principio di funzionamento. Tuttavia c’è un problema da segnalare nel caso di otturatore veloce: il sensore/pellicola non viene esposto tutto insieme alla luce, ma per fettine, per strisce successive. Accadono quindi dei problemi nel caso in cui ciò che fotografiamo è estremamente veloce!
  12. Eccone un esempio: spiegare la creazione della foto. Tuttavia se usiamo i tempi di movimentazione dell’otturatore giusti, oggigiorno non dovremmo avere troppo questo problema: riusciamo a chiudere in 1/8000! Come è possibile che con il mio cellulare, l’altro giorno, abbia ottenuto questa foto?
  13. Il punto è che il cellulare ha un sensore ma non ha alcun otturatore meccanico! Avete mai visto qualcosa muoversi nella macchina fotografica del cellulare quando vi scattate una foto? No, e nessun otturatore meccanico, fisico, è presente. È il sensore che si accende e si spegne, in modo da catturare la luce: è come se diventasse sensibile al comando! Ecco come funziona: spiegare rolling e global shutter.
  14. Esempi di rolling shutter. Il punto è che il sensore ci mette del tempo a scansionare tutta l’immagine fila per fila: chiamiamo questo tempo “tempo di lettura” del sensore. Se il tempo di lettura è di 0.1 secondi, anche se impostiamo un tempo inferiore come 1/2000 secondi (0.0005 s), questo è il tempo in cui ogni pixel rimarrà acceso!! La foto occuperà comunque 0.1 secondi, ovvero il tempo di lettura. Oggigiorno i sensori hanno tempi di lettura di 0.012 secondi (ad esempio per la Nikon 1 V3), e quindi sono ancora molto lontani dai tempi di un global shutter. Questo è il motivo per cui con cellulari e in generale utilizzando solo un otturatore elettronico possiamo incappare in problemi. Questo del resto giustifica il fatto che macchine fotografiche professionali abbiano ancora otturatori meccanici, che con i moderni sensori non sono più vitali.
  15. Ecco come l’otturatore influenza le foto! Ritorneremo poi dopo per fare una precisazione su queste foto, ma ora potete osservare che se allunghiamo i tempi di scatto riusciamo a cogliere un movimento e trasformarlo in un effetto seta, come è chiamato quando si fotografa l’acqua!
  16. Da nascondere, collegare la macchina.
  17. Abbiamo corretto la velocità dell’otturatore, ma la foto non va ancora bene: è sfuocata! Spiegare l’ottica.
  18. Ed ecco come l’ottica cambia le cose nelle foto!
  19. L’ottica è fondamentale, ma fino ad adesso abbiamo sempre utilizzato dei grafici ideali, semplici: nella realtà occorre far sì che questo succeda. Se riprendiamo uno dei grafici che abbiamo già visto (da aggiornare con una delle immagini usate prima), il problema che si devono porre gli ingegneri sono tutti relativi a questo punto: quello in cui la luce arriva sul piano focale. Per avere un’immagine precisa e nitida occorre infatti che la luce converga tutta su quel piano, il piano su cui si trova il sensore o la pellicola. Parliamo ora per semplicità di una reflex digitale, quindi dotata di sensore. Il problema da risolvere è: come far si che la luce arrivi esattamente su quel piano anche nella realtà?? È un problema di precisione! Serve infatti che vi sia precisione almeno su tre punti: 1) la lente: il profilo della lente è quello che fornisce la direzione precisa per il percorso della luce, ed è quindi di vitale importanza che il profilo della lente sia preciso. 2) La lunghezza focale, ovvero semplificando la distanza tra la lente e il sensore: dall’immagine è evidente come sia importante rispettare questa dimensione. 3) Il piano del sensore, che deve essere un piano e deve essere mantenuto parallelo al piano della lente.
  20. Nella creazione di oggetti, non posso avere una precisione assoluta, ideale: prendiamo il disegno di tutta la macchina fotografica, e vediamo che da progetto dovrebbe essere 34 mm. Nella sua creazione, possono esserci usure di utensili, problemi di lavorazione, e avere una precisione elevata significa più tempo e maggiore costo nella realizzazione: dunque da ingegnere è importante dire quali sono le dimensioni ammesse. Come faccio? Con il disegno!
  21. Ne ho preparato qui uno: vedete che ho indicato una quota come 34 ± 0.1 mm. Quindi vuol dire che sono accettabili tutte le dimensioni reali che vanno da 33.9 a 34.1 mm. Ripeto, indicare la tolleranza è necessario per la produzione di un componente, e al massimo quello che si può fare è cercare di ridurre questo intervallo, estremizzando le lavorazioni meccaniche. È proprio questo il punto: cercare di mantenere le tolleranze di fabbricazione il più contenute possibili, in modo da avere un funzionamento corretto, e la nitidezza voluta.
  22. Vi riporto un esempio: la Leicaflex, prodotta a cavallo degli anni ‘70, consentiva una tolleranza tra piano della lente e piano della pellicola di appena 5 centesimi di mm! Avete idea di quanto possa essere? Circa la metà dello spessore di un foglio di carta sottile!! E in questo intervallo occorre far sì che tutti gli elementi che costituiscano la macchina siano sufficientemente precisi: fidatevi che il progettista ha dovuto studiare bene le tolleranze di tutti i componenti per far si che questa macchina abbia raggiunto i livelli di precisione richiesti!
  23. Per ottenere queste tolleranze, oggigiorno si usano anche materiali appositi: come ad esempio le leghe di magnesio, fortemente utilizzate per tutti i corpi macchina (qui vi ho riportato diverse marche, dalla Canon alla Nikon (anche la macchina che vedete lì davanti a voi, questo ne è lo scheletro), alla Olympus e Sony. L’uso della lega di magnesio è scelto per diversi motivi, quali la facilità di lavorazione, l’elevata precisione, il ridotto peso rispetto allo stesso alluminio, alta robustezza e ridotta usura se opportunamente trattato. Con un materiale come questo si riesce a garantire che il corpo sia preciso, se lavorato correttamente. Questo vi fa capire quantomeno la complessità della progettazione di questi componenti!
  24. Da nascondere, collegare la macchina.
  25. Abbiamo corretto la velocità dell’otturatore, ma la foto non va ancora bene: è sfuocata! Spiegare l’ottica.
  26. È la pupilla della macchina, il nostro responsabile. Questo è il paragone più celebre, perché avvicina la macchina fotografica al nostro occhio, due sistemi di visione e ripresa a confronto. Sappiamo bene che al centro del nostro occhio è presente una pupilla, che può essere più o meno aperta a seconda di quanta luce è presente dove ci troviamo: tanto maggiore è la luce, tanto più la pupilla è piccola, in modo da proteggere il nostro occhio da un’eccessiva luce. Viceversa, se la luce è poca la pupilla si dilata, consentendo alla luce di entrare maggiormente. Nella macchina fotografica è presente un oggetto che si comporta allo stesso modo: è il diaframma, che qui sotto è rappresentato. Per farla semplice, il diaframma non è altro che un foro, un’apertura (appunto in inglese aperture) la cui dimensione può essere variata dal fotografo. Qui sotto infatti vediamo lo stesso componente più o meno aperto.
  27. Cerchio di confusione
  28. Quindi in definitiva, come potete vedere, il diaframma è un componente installato nell’obiettivo che si comporta come un foro: con i settaggi che impostiamo siamo in grado di aprirlo o di chiuderlo. Ora che abbiamo capito come può il diaframma influenzare così la foto, cerchiamo di capire come è fatto.
  29. Per realizzarlo, uno dei modi in cui possiamo farlo è con tante lamelle, come quelle che vediamo nell’immagine. Sono dei semplici componenti sagomati di materiale leggero, come alluminio o anche materiali plastici, che possono essere movimentati in maniera tale da avere un foro di dimensioni variabili. Lo immaginate? Allora vi aiuta questa animazione. Le lamelle sono sagomate in maniera tale che possono sovrapporsi, restringendo il foro di passaggio della luce: basta invece aprirle verso il diametro esterno per avere un passaggio di luce superiore. Basta vincolare nella maniera opportuna le lamelle, e con un movimento rotatorio si può ottenere questa variazione. Come vedete il diaframma è un componente abbastanza semplice.
  30. Ovviamente poi la geometria delle lamelle viene sviluppata da ditta in ditta, e quindi ci possono essere geometrie anche molto diverse tra loro. Uno degli aspetti che volevo sottolinearvi è la possibilità di andare ad incurvare il profilo della lamella, ottenendo qualcosa che è molto più simile ad un cerchio. Questo aspetto è molto importante per cercare di avere uno sfuocato molto più simile ad un cerchio, come si vede dall’immagine a sinistra
  31. La domanda è quindi: quante lamelle servono per avere un’immagine accurata? Molti obiettivi sono realizzati oggi con 9 lamelle, magari dalla sagoma arrotondata, quindi sembrerebbe che questo possa essere un ottimo compromesso. Gli obiettivi di fascia più bassa presentano anche solo 5 lamelle, e qui vi mostro un’immagine esemplificativa (per onor del vero, i diaframmi non corrispondono esattamente alle immagini, ma spero che si capisca il concetto). Esistono anche obiettivi con più lamelle: 20 lamelle o più.
  32. Dunque, capirete anche voi che la forma del diaframma impatta lo sfuocato: per questo motivo molti fotografi ne hanno approfittato, e si sono sbizzarriti! Secondo voi cosa succede se mettiamo un cartoncino come questo davanti alla macchina? Riusciamo a dare una forma ai punti luce sfuocati, ottenendo queste e tantissime altre immagini. Qui ragazzi serve solo liberare la fantasia!!
  33. Ed ecco come il diaframma incide nelle foto: consente di modificare la profondità di campo, come detto, e quindi le luci che prima erano tutte sfuocate con diaframmi più alti diventano a fuoco!
  34. Da nascondere, collegare la macchina.
  35. Quindi, in conclusione della conferenza, cosa abbiamo imparato? Cerchiamo di riassumere i componenti che vi abbiamo mostrato oggi. Partendo ovviamente dallo specchio e dal pentaprisma, che sono gli elementi caratteristici di una reflex, insieme alla lente. Per poi arrivare all’otturatore, al diaframma, e al sensore. E non dimentichiamo il corpo macchina stesso, come abbiamo visto anch’esso è di fondamentale importanza per ottenere un’elevata qualità. Come potete vedere una macchina fotografica digitale presenta anche tutta una serie di batterie e circuiti elettronici!
  36. L’otturatore consente di impostare quanto tempo la macchina fotografica osserva la scena per tramutarla in foto. Quindi possiamo tenere aperto l’otturatore per secondi, minuti od ore per ottenere strisce che testimoniano il passaggio di macchine e del tempo stesso (queste sono stelle), oppure possiamo congelare il tempo. L’acqua in un palloncino mentre esplode e l’esplosione di un fucile.
  37. Il diaframma può controllare la profondità di campo, e farci quindi mettere in risalto certi soggetti nascondendone altri. Oppure possiamo cogliere la maestosità di un paesaggio mettendo tutto a fuoco.
  38. L’ottica consente di ottenere di tutto, e rappresenta la versatilità di una reflex: può cambiare anima con la facilità di un cambio obiettivo. Possiamo quindi passare dal mondo dell’estremamente piccolo, con una lente macro, all’estremamente grande, oppure ottenere effetti particolari con lenti dedicate e particolari.
  39. Ma c’è anche un altro fattore di cui non vi abbiamo parlato stasera e che cerchiamo di mostrarvi con queste foto celeberrime. È la fantasia, la visione, l’estro, la passione, la testimonianza, la bellezza, la composizione, l’emozione, la sensibilità, la capacità. In una parola: è il fotografo, che rappresenta e rappresenterà sempre la vera essenza della fotografia.