Comunità professionali (network formali e non formali) dei professionisti HR
Intervista a Cecilia Mengoni, HR Manager di Revlon - Project Work Master ISTUD
1. Business School
Intervista a Cecilia Mengoni, HR Manager di Revlon
Intervista a cura di Andrea Fabris, Valentina Penzani, Francesca Ravellino e Bruno Sereno
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2015-2016
AUTOIMPRENDITORIALITÀ
Il nostro viaggio alla ricerca del rapporto esistente tra HR e il mondo dell’autoimprenditorialità si
conclude con Cecilia Mengoni, HR Manager di Revlon, azienda multinazionale del settore
cosmetico, che dopo l’esperienza decennale come libera professionista nel settore della formazione
decide di entrare nel settore HR del mondo aziendale. L’intervista tenutasi presso la sede di Revlon a
Bologna, ha messo in luce le principali differenze esistenti tra l’essere “imprenditori di se stessi” e quello
di essere inseriti all’interno di una Line organizzativa aziendale.
Come si svolge la sua giornata lavorativa?
Non è facile per me definire una giornata lavorativa
“tipo” in quanto le attività variano a seconda
delle priorità aziendali e degli obiettivi specifici di
divisione. Rispetto alle mie aree di responsabilità
supervisiono il processo di selezione e formazione
in collaborazione con Antonio De Pascali, Hr
Business Partner, e quello dell’amministrazione del
personale in collaborazione con Debora Chiavieri
HR Personnel Administration Specialist. Mi occupo
direttamente dell’elaborazione e controllo del
budget compensation dell’azienda, delle relazioni
industriali, dell’area giuslavoristica e di tutte le
attività legate al change management e ai processi
di riorganizzazione aziendale.
Tra le mie attività gioca un ruolo chiave la
collaborazione con i General Manager ed i
dirigenti di funzione. La comunicazione costante e
l’allineamento su dimensioni sia di tipo strategico
sia di carattere operativo sono fondamentali per
intervenire in modo tempestivo ed efficace sulla
soluzione di problemi e sullo sviluppo di nuove
soluzioni rispetto alle esigenze dei processi
aziendali.
Quale sono state le tappe principali della
sua carriera in qualità di “imprenditrice di se
stessa”?
Dopo essermi laureata in matematica, nonostante
la grande passione per la disciplina, ho deciso di
orientarmi verso altri settori in quanto era difficile
in quel momento trovare opportunità lavorative
concrete con il mio background accademico.
Le conoscenze e capacità acquisite nel percorso
formativo non erano direttamente spendibili nel
mondo del lavoro, da qui la decisione di “fare
un passo indietro” iscrivendomi ad un corso post
diploma per tecnico della cooperazione. La scelta
è stata quella di approfondire materie che mi
permettessero di affacciarmi nel mondo del lavoro.
2. Ho colto l’opportunità di stage nella società che
organizzatrice del corso stesso ed è da questa
esperienza che è nata in me la passione per il
settore HR, in particolar modo per quello della
formazione. Nel corso del periodo passato in questa
società come collaboratrice e come consulente
ho approfondito tutti gli ambiti dei processi
formativi, dall’iniziale tutoraggio al coordinamento,
progettazione e rendicontazione dei corsi. Mi sono
poi specializzata nell’erogazione di alcuni moduli
formativi.
Nella mia prima esperienza lavorativa ho
potuto guardare da vicino “il ciclo di vita
completo della formazione”
Questa è stata una grande esperienza di crescita
e formativa, mi ha allargato gli orizzonti di carriera
indirizzandomi definitivamente al mondo HR. Nella
fase iniziale dell’esperienza ho deciso di iscrivermi
ad un Master in Comunicazione, concedendomi in
questo modo un’ulteriore spunto per accrescere le
mie competenze.
Nel corso di questa esperienza professionale ho
colto l’opportunità di utilizzare le capacità analitiche
sviluppate nel corso degli studi universitari, nella
progettazione e gestione di ricerche di mercato
finalizzate all’analisi dei fabbisogni formativi.
Dopo più di dieci anni l’attività di consulenza
sugli stessi ambiti ha iniziato ad assumere
caratteri di staticità. L’attività era diventata poco
dinamica rispetto alle mie aspettative di crescita
e miglioramento. Ho sentito la mancanza di un
progetto che si potesse sviluppare a lungo termine:
questa la motivazione che mi ha spinto a passare
dal settore della consulenza al mondo aziendale.
Il cambiamento è un valore fondamentale.
L’apparente mancanza di coerenza e di
linearità in un percorso professionale può
assumere un valore in quanto fonte di
ricchezza. Diffido da giudizi che si fondano
su preconcetti
Nel periodo in cui stavo maturando la scelta di
entrare in azienda ho fatto una breve esperienza
professionale in una agenzia di relazione pubbliche.
Questi mesi sono stati fondamentali per acquisire le
competenze relative alla comunicazione.
Presa definitivamente la decisione di confrontarmi
con una realtà aziendale sono entrata in Manpower
per un progetto relativo alla start up di una nuova
business unite del gruppo, completamente dedicata
alla formazione a mercato. Ho lavorato sull’analisi
dei bisogni e sulla progettazione di interventi
formativi rivolti alle azienda. Successivamente
ho accetto il ruolo di responsabile Training &
People Development per le sedi italiane della
multinazionale Sauer-Danfoss, passando dal settore
terziario a quello dell’industria metalmeccanica,
prima dell’attuale esperienza.
Il confronto sistemi di gestione delle risorse umane
di derivazione nord europea e americana è stato
un grande momento di apprendimento a livello
professionale e personale.
Quali sono i grandi cambiamenti e le principali
differenze riscontrate nel settore HR tra mondo
aziendale e autoimprenditoriale?
Unodelleprimedifferenzeèquelladell’autogestione.
Nel momento in cui cambiano contesto di
riferimento e vincoli nasce la necessità di riadattarsi.
Le leve in realtà sono diverse. Mentre prima potevo
decidere all’occorrenza di focalizzarmi sulla ricerca
o sull’accuratezza di un lavoro avendo maggiore
capacità decisionale nella definizione dei tempi,
nel contesto aziendale, dove la complessità, le
aspettative di risultato ed i tempi generalmente
stretti devono trovare una giusta sintesi l’attenzione
è rivolta spesso a raggiungere il miglior risultato
possibile rispetto a vincoli che possono essere
anche importanti.
Lavorando in autonomia, mi sono sempre posta
degli standard qualitativi ben definiti e alti; in azienda
invece, “il gioco è trovare il giusto equilibrio nella
programmazione” in uno scenario di complessità
di aspettative e relazioni dove individuare le
corrette priorità è condizione necessaria per il
raggiungimento degli obiettivi.
Il mondo aziendale è un altro mondo,
cambia totalmente rispetto a quello
dell’autoimprenditorialità
Come ha vissuto il passaggio all’interno del
mondo aziendale?
Inizialmente “mi sentivo un cane sciolto” e me
ne sono accorta elaborando i primi feedback
ricevuti. In realtà avevo un atteggiamento da libera
professionista all’interno dell’azienda, agendo
dei comportamenti conosciuti e consolidati. La
sfida, in una grande azienda è creare relazioni
costruttive che possano permettere nel contempo il
raggiungimento degli obiettivi aziendali e personali
di crescita. Da libera professionista un cliente
con cui non si crea affiatamento è un problema
sicuramente più limitato rispetto ad un collega o
3. un manager.
Come è riuscita a modulare la sua necessità
di mantenere standard qualitativi molto alti
in un contesto prevalentemente orientato
all’efficienza?
In poche parole “mi sono sedata sforzandomi
di far le cose con meno accuratezza”. L’essermi
imposta di seguire, in caso di necessità, livelli diversi
di standard qualitativi, è stato un cambiamento di
prospettiva importante ed un passo fondamentale
versounapprocciopiùmanagerialediorientamento
all’obiettivo in situazioni dove prendere la migliore
decisione rispetto ad un tempo definito e un
numero limitato di dati determina il successo o
meno di un’azione.
Quanto ha influito l’essere donna nella sua
carriera?
Da libera professionista la difficoltà incontrata è
stata la mia giovane età e non l’essere donna. Mi
sono scontrata all’inizio con la percezione di alcuni
clienti condizionata da pregiudizi sulla credibilità e
affidabilità dei giovani professionisti.
In Sauer-Danfoss sono stata la prima
donna HR Manager a partecipare
all’attività negoziale di un tavolo sindacale.
Come gestisce il suo Work Life Balance?
Non è semplice, ho un marito e un figlio di 15 anni
e non sempre riesco a trovare il giusto equilibrio
tra vita privata e professionale. Sono certa però che
avrei riscontrato le stesse difficoltà anche se fossi
rimasta nel settore autoimprenditoriale.
Qual è l’aspetto che ama di più del suo lavoro?
È senza dubbio la relazione con le persone, il
creare valore attraverso la relazione. Le occasioni
di One to One con i manager sono sempre molto
soddisfacenti per me. La collaborazione stretta con
i GM è molto importante, sapere che l’azienda
può raggiungere i propri obiettivi grazie anche alle
attività tipiche delle risorse umane è sicuramente
motivante.
Qual è la sfida più complessa che ha dovuto
affrontare?
Riconoscere e gestire la propria componente
emotiva e quella di chi mi stava di fronte nella
gestione di una mobilità è stata una delle sfide
più importanti affrontate nel ruolo iniziale di HR
manager. Inoltre “raggiungere gli obiettivi in un
sistema complesso di forze non sempre allineate
che caratterizza l’azienda” non è affatto semplice.
Anche in questo caso l’autoimprenditorialità non è solo una parola che comporti il lavorare per se stessi
piuttosto che per gli altri, ma un vero e proprio stile di vita, per affrontare le sfide lavorative e personali.
Il continuo desiderio di migliorarsi, di accrescere le proprie conoscenze e la voglia di rimettersi in
discussione ogni volta, per scoprire nuove possibilità, sono tutte caratteristiche che perfettamente si
adattano al concetto di autoimprenditorialità. Un concetto ampio e poliedrico che porta in sé il concetto
fondamentale del desiderio di miglioramento, una leva che ha spinto e continuerà a spingere le persone
più motivate ad un continuo miglioramento.