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Project work “KiA – Knowledge in Action”
WELFARE AZIENDALE
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
A cura di:
Christopher Inji
Laura Lo Nigro
Marco Cesare Purita
Tiziana Tonolini
Welfare aziendale
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
1
Sommario
INTRODUZIONE.............................................................................................................................2
CAPITOLO 1 – CONTESTO E SCENARI.......................................................................................3
1.1 Il contesto socio-economico in cui si inserisce il Welfare aziendale...........................................3
1.2 Numeri e tendenze del Welfare aziendale.................................................................................5
1.3 Contesto normativo e driver economici del Welfare aziendale ..................................................7
CAPITOLO 2 – PIANIFICAZIONE DI UN PIANO DI WELFARE AZIENDALE E SINERGIE
CON LE ALTRE ATTIVITA’ AZIENDALI...................................................................................... 13
2.1 Progettazione e implementazione di un piano di welfare aziendale......................................... 13
2.2 Collegamenti del welfare con le altre attività aziendali............................................................. 15
CAPITOLO 3 - WELFARE AZIENDALE E SOSTENIBILITA’ ...................................................... 18
3.1. Relazioni con il territorio......................................................................................................... 18
3.2. Reti d’impresa........................................................................................................................ 23
CONCLUSIONI............................................................................................................................. 29
BIBLIOGRAFIA:........................................................................................................................... 30
SITOGRAFIA: .............................................................................................................................. 31
Welfare aziendale
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
2
INTRODUZIONE
Questo progetto si pone l’obiettivo di analizzare in profondità il tema del welfare aziendale, uno
degli strumenti strategici in capo alla funzione HR, come possibilità di migliorare il benessere
delle persone dentro e fuori dall’azienda e come strumento di CSR e di efficienza economico-
finanziaria per l’azienda. L’elaborato si articola in tre capitoli.
Nel primo capitolo viene presentato il contesto socio-economico e lo scenario in cui il welfare
aziendale nasce e cresce, con particolare riferimento ai numeri e ai trend del fenomeno,
soprattutto in Italia ma con riferimento anche ad altri Paesi europei. L’aspetto giuslavoristico e
fiscale fa da coda a questo capitolo tecnico, ma indispensabile per comprendere la dimensione
normativa del welfare aziendale. In questo senso l’utilizzo del Rapporto Index Pmi del 2017 e
del Terzo Rapporto sul secondo welfare in Italia sono stati fondamentali per svolgere un’analisi
approfondita.
Nel secondo capitolo vi è un’analisi dello sviluppo di un piano di welfare aziendale, andando ad
analizzare le varie fasi che scandiscono il processo di progettazione e implementazione di un
piano di welfare aziendale: l’analisi dei bisogni, la comunicazione, l’esecuzione, il monitoraggio
e la valutazione. Si evidenziano, altresì, i collegamenti del welfare con altre attività aziendali:
diversity management, CSR (legata alla sostenibilità e al rapporto con il territorio), employer
branding (come leva di retention e di attraction), formazione e sviluppo, compensation&benefit,
comunicazione interna, oltre che relazioni industriali e finance.
Per finire, nel terzo e ultimo capitolo, viene approfondita la relazione tra il welfare e la
sostenibilità, con particolare attenzione al rapporto col territorio. Si fa riferimento, inoltre, al
sistema delle reti d’impresa, fenomeno in sviluppo e che consente soprattutto alle piccole e
medie imprese di fare massa critica e di poter accedere ai servizi di welfare aziendale.
Nel corso dei tre capitoli, vi sono riferimenti ad alcune interviste a manager aziendali che il
gruppo di lavoro ha condotto e ad alcuni casi aziendali presi in considerazione.
Il welfare per l’azienda è quindi uno strumento strategico e utile? Lo sforzo di implementazione,
e i relativi costi, porta dei vantaggi e in che termini? Quali sono le criticità e i punti di snodo delle
questioni relative al welfare aziendale? In quali tipologie di imprese, come e dove viene attuato?
Queste sono solo alcune delle domande a cui questo progetto vuole dare risposta, sperando
che possa essere utile soprattutto per le aziende che intendono avere una visione di insieme
sull’argomento, magari per attivare un piano di welfare.
Welfare aziendale
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
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CAPITOLO 1 – CONTESTO E SCENARI
1.1 Il contesto socio-economico in cui si inserisce il Welfare aziendale
Il welfare aziendale viene definito come l’insieme di benefit e servizi che l’azienda fornisce ai
propri dipendenti per migliorarne la vita privata e lavorativa. Questo concetto è il risultato
della trasformazione del concetto di welfare state.
L’espansione del welfare state nei paesi europei avvenne dopo la fine della Seconda guerra
mondiale e la forte crescita economica e demografica ne furono il carburante. Durante gli
anni 70’ la crisi petrolifera in Medio Oriente e il conseguente aumento dei prezzi del greggio,
misero in ginocchio le finanze dei Paesi che si rifornivano dai Paesi arabi per la principale
fonte di energia e questo fu solo un assaggio della difficoltà che i sistemi di welfare statali
dovettero affrontare poi in seguito. Alcuni governi dei Paesi nordici riuscirono a unire
politiche efficaci di welfare universalistico a politiche rigorose, mentre altri Paesi come l’Italia
stanno ancora cercando di ripartire in modo più efficace la spesa pubblica nei vari settori in
termini di copertura1
.
L’emergere di nuovi rischi e bisogni sempre più diversi e derivanti da un insieme di fenomeni
sociali, demografici ed economici come l’invecchiamento della popolazione, l’incertezza della
stabilità del posto di lavoro, l’instabilità coniugale con sempre più divorzi e separazioni
(sempre più famiglie uni personali), un basso tasso di nascite, ha portato lo Stato a non
riuscire a far più fronte alle nuove sfide emergenti con adeguate misure. In Europa inoltre, le
stringenti leggi in materia di bilancio impediscono agli Stati di decidere da sé le quantità di
risorse da destinare ai vari investimenti o progetti. La crisi economica del 2008 e gli alti tassi
di disoccupazione non hanno fatto altro che aggravare la situazione, andando a togliere
risorse importanti all’intero sistema Stato. Secondo l’Eurostat gli ultraottantenni nel 2030
saranno l’8% della popolazione italiana contro una media europea del 6,5% .2
Il rapporto tra
la popolazione in età non attiva e quella in età attiva (15-64 anni) continua ad aumentare e
nel 2016 si attestava sopra il 55% (fonte ISTAT). Inoltre, la coesione sociale è messa a dura
prova anche per la fragilità delle famiglie. Il tentativo di compiere riforme, nei settori più
delicati del Paese, come quello del sistema pensionistico o quello a favore delle donne, non
ha dato risultati eclatanti. Questo perchè l’intero piano riformatore avrebbe dovuto avere basi
più solide nel welfare statale.Si evidenzia anche come la spesa in politiche sociali (disabilità,
invalidità e famiglia) sia stata messa in secondo piano.
Il welfare aziendale, di fatto, va a sostenere il welfare statale e ad analizzare e incrementare i
servizi per soddisfare i nuovi bisogni sociali emergenti. La Commissione Europea, per
incentivare una collaborazione tra attori privati e organi statali, al fine di creare questa
“sinergia”, ha incoraggiato la formazione di partnership. Secondo il primo rapporto sul
secondo Welfare, del 2013 di Franca Maino e Maurizio Ferrera3
, il Welfare aziendale è
maggiormente diffuso nei paesi del Nord Europa, in particolare nel Regno Unito ma anche in
Germania e in Svezia con valori di prestazioni non obbligatorie erogate dalle imprese del
1
http://www.improntaetica.org/wp-content/uploads/2017/01/REPORT-welfare-aziendale-IE_versione-
integrata-con-manuale_def.pdf
2
Database EU-SILC( european union statistics on income and living condition).
http://ec.europa.eu/eurostat/web/microdata/european-union-statistics-on-income-and-living-conditions
3
http://www.secondowelfare.it/primo-rapporto-2w/primo-rapporto-sul-secondo-welfare.html
Welfare aziendale
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
4
14% della spesa sociale in UK, del 7% in Germania e Francia, mentre in Italia è del 2,1%.
Negli ultimi anni la situazione è migliorata. Questo dato ci dice che in Italia il welfare
aziendale non è ancora così radicato nelle imprese, anche se nelle grandi aziende è più
presente che nelle PMI.
Tra gli obiettivi che il Welfare aziendale si pone, vediamo l’aumento del benessere
individuale dei dipendenti e delle loro famiglie, andando anche ad influire, più o meno
direttamente, sul territorio in cui le aziende sono ubicate.
Le azioni di welfare aziendale intendono valorizzare le risorse umane dell’azienda
impattando di conseguenza sull’engagement (anche in termini di employer branding e di
retention), sulla produttività e sull’efficienza. Si è assistito ad un cambiamento culturale che
ha usato basi preesistenti (le istituzioni) per creare un modello sinergico tra attori e parti
sociali diversi (stato-aziende-sindacati).
In termini generali, emerge che, per mettere in atto un piano di Welfare aziendale, occorre
agire in particolar modo su quattro aree:
- culturale: sensibilizzando i vertici dell’azienda, il management e i lavoratori a una logica
che comprenda misure di welfare;
- economica: in cui fondamentale è avere una visione di medio-lungo periodo inclusiva di
un attento calcolo dei costi, dei rischi e dei possibili vantaggi, in quanto l’effetto non è
istantaneo;
- normativa: ossia la conoscenza delle disposizioni legislative in materia di welfare
aziendale (fisco, contrattualistica del lavoro);
- organizzativa: ossia l’individuazione degli strumenti e delle azioni necessarie per
l’attuazione di un piano.
Dalle pratiche in materia di welfare aziendale, le aree di intervento dei piani si potrebbero
riassumere4
:
- la prima riguarda l’area della gestione del tempo e il work-life balance, con particolare
riguardo a orari di lavoro più flessibili. Esempi ne sono il telelavoro, il lavoro agile/lo smart
working;
- la seconda riguarda la sfera domestica del dipendente, ossia i servizi di supporto alla
cura della famiglia. Esempi ne sono i congedi parentali, i servizi di baby sitting o la possibilità
di centri estivi per i figli dei dipendenti etc;
- la terza è l’area riguardante la sfera personale del dipendente. Questa area comprende i
vari benefit e le varie misure di cui il dipendente può usufruire per il suo benessere. Esempi
ne sono le azioni di prevenzione sanitaria e il benessere psico-fisico.
Il welfare aziendale, all’interno di queste tre macroaree, si indirizza verso quelli che vengono
considerati i 12 campi di attuazione, ossia:
 la previdenza integrativa
 la sanità integrativa
 i servizi di assistenza
4
TREU TIZIANO, Il welfare aziendale: migliorare la produttività e il benessere dei dipendenti, ed. Ipsoa,
2013.
Welfare aziendale
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5
 le polizze assicurative
 la conciliazione vita-lavoro
 il sostegno ai genitori e l’attenzione per le pari opportunità
 il sostegno economico ai dipendenti e alle loro famiglie
 la formazione dei dipendenti
 il sostegno all’istruzione ai figli e ai famigliari dei dipendenti
 l’attenzione per la cultura e le attività nel tempo libero
 il sostegno ai soggetti deboli e la promozione dell’integrazione sociale
 la sicurezza e il welfare territoriale allargato alla comunità
Queste novità permettono alle aziende di realizzare nuove policy, correlate con le necessità
di work- life balance di quella “generazione sandwich”5
, che si trova sempre più schiacciata
tra complessità legate alla dimensione genitoriale e quelle legate alla cura di familiari anziani.
Inoltre, l’attenzione crescente delle imprese verso l’impatto delle policy di welfare aziendale
sul territorio e sulla comunità, può essere l’elemento chiave per supportare il welfare statale,
ed evitare che quest’ultimo diventi uno strumento di aiuto sociale residuale, destinato alle
fasce indigenti della popolazione. Ciò infatti aumenterebbe la frammentazione tra chi sta
dentro il mercato (insiders) e chi sta fuori (outsiders). Questa situazione si è verificata, in
Italia, soprattutto nel periodo post 2007, dopo la crisi economica, con conseguenze visibili
anche oggi.
1.2 Numeri e tendenze del Welfare aziendale
Analizzando in particolar modo il rapporto sul Welfare aziendale di index PMI 2017, che
utilizzeremo in maniera pressoché continua nel corso del capitolo, possiamo vedere che,
facendo un confronto con la media europea e con i principali paesi dell’Unione Europea, è
evidente la differenza e l’unicità che ci contraddistingue relativamente alla distribuzione dei
lavoratori per classi di impresa. Solo il 20,6% dei lavoratori italiani lavora nelle GI (grandi
imprese, con oltre 250 addetti), contro il 36,6% della Francia, il 36,9% della Germania e il
46,9% dell’Inghilterra6
. La stragrande maggioranza dei lavoratori italiani lavorano nelle PMI
(fino a un massimo di 250 addetti), che sono all’incirca 6,3 milioni7
. In Italia solo lo 0,1% delle
imprese sono GI, il 4,9% sono medie e il 95% sono microimprese8
. Questi dati spiegano le
difficoltà incontrate dal Welfare aziendale in Italia, che evidentemente è più agevole nelle
grandi imprese, mentre le PMI fanno fatica ad ottenere dei vantaggi sostanziali, considerati i
numeri bassi di personale e quindi anche lo scarso potere contrattuale nei confronti dei
fornitori di servizi.
Analizzando la situazione italiana, concentrandoci sulla contrattualistica, il Welfare aziendale
è stato introdotto, nei contratti di secondo livello, con l’istituzione di premi di risultato e con
misure di welfare aziendale. Nel 2016, su 7936 contratti di secondo livello, che stipulavano
premi di risultato, il 51,7% ha anche introdotto misure di Welfare aziendale. Queste misure,
5
Naldini M.,Saraceno C., Conciliare famiglia e lavoro.Vecchi e nuovi patti tra i sessi e generazioni. Ed.
Mulino,2011,Edizione Ebook ISBN 978-88-15-23304-2
6
http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf
7
http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf
8
ibidem
Welfare aziendale
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6
per le imprese, rappresentano una delle risposte alla ricerca di risorse da investire nella
remunerazione delle persone (in tema di compensation & benefits e di total rewarding),
facendo leva sulla componente variabile dei costi del lavoro. Dei dodici campi in cui opera il
Welfare aziendale, visti in precedenza, quello delle polizze assicurative è di gran lunga più
sviluppato, con il 46,3%9
. A scendere troviamo: il sostegno economico ai dipendenti col
35,1%, la sicurezza col 33,9% e la formazione dei dipendenti col 33,7% ecc. Possiamo
notare che gli investimenti per sostegno ai soggetti deboli e per l’integrazione sociale siano
bassi (7,7%), come anche i servizi di assistenza con una percentuale del 6,7% e quelli
destinati all’istruzione di figli (2,7%). Il dato che fa riflettere è quello legato al campo del
sostegno ai soggetti deboli e all’integrazione sociale in cui è evidente la manacanza, nella
maggior parte delle aziende, di programmi inclusivi per i disabili o i lavoratori stranieri.
Questo dato si collega al tema della diversity nel mondo delle aziende, che analizzeremo di
seguito.
A livello di PMI, in Italia, di tutte le imprese che hanno avviato misure di Welfare, il 68,7%
non copre più di tre dei dodici campi precedentemente citati. Il 31,3% coprono quattro campi,
mentre solamente il 12,6% almeno sei. Molte infatti applicano misure a favore dei dipendenti
senza sviluppare veri e propri piani di welfare.
Diverse sono le motivazioni che spingono le imprese ad attuare misure e politiche di Welfare
aziendale. Il 50,7% delle imprese italiane (PMI e GI), punta a migliorare la soddisfazione e il
clima interno, il 20% mira a obiettivi di carattere economico-gestionale (il 16,4% vuole
incentivare la produttività, il 3,6% contenere il costo del lavoro grazie ai vantaggi fiscali), il
16% punta a fidelizzare i lavoratori. Il 28,8% ha l’obiettivo di incrementare la produttività, ed è
perseguito con maggior sforzo da quelle imprese operanti nell’industria. Quest’ultima
percentuale non è altissima, in quanto molti degli imprenditori pensano che le misure di
welfare aziendale impattino sulla produttività nel lungo periodo, e che gli incentivi fiscali non
siano lo scopo principale per attuare le misure. Solo il 9,2% delle imprese punta a iniziative
di welfare per migliorare la propria immagine e reputazione10
.
Analizzando il punto di vista dei lavoratori, la ricerca11
mostra come la maggior parte dei
lavoratori delle PMI non conosca, o conosca ancora poco e a livello generico, i servizi di
welfare aziendale. Solo una piccola percentuale conosce molto bene l’argomento (circa il
6,9%). La scarsa percezione dei benefici delle misure di welfare si esprime attraverso la
volontà, di più della metà dei lavoratori presi in esame (circa il 55%), a preferire il denaro in
busta paga piuttosto che benefit legati al welfare. Parallelamente, il 21% delle PMI dichiara di
non essere abbastanza informata sulla normativa e sugli incentivi fiscali. Questi dati dicono
molto su quanto ci sia ancora da fare nelle PMI, sia in termini di conoscenza dei piani di
welfare attuabili dalle aziende, sia poi in termini di comunicazione interna e di analisi dei
bisogni delle persone.
Negli ultimi anni si è però assistito alla crescita delle alleanze tra imprese, ossia
all’organizzazione in “reti di imprese” (o altre forme di collaborazione e condivisione), per la
condivisione di servizi comuni o di iniziative da attivare congiuntamente sul territorio. Questa
modalità di aggregazione porta alle imprese e,soprattutto alle PMI, considerati i vincoli legati
9
http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf
10
Ibidem
11
http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf
Welfare aziendale
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alla dimensione ridotta, un vantaggio visibile in materia sia di conoscenza del welfare
aziendale in sé, sia di aumento degli investimenti in termini di remunerazione delle persone,
grazie ad una maggiore accessibilità ai servizi.
Guardano ai numeri, c’è ancora tanto da fare: solo il 23% delle imprese dichiara di essere
interessata alle alleanze aziendali. Solo l’1,1% delle imprese ha costituito “reti di imprese”,
mentre l’1,5% partecipa a consorzi e il 3,2%, pur non aderendo ad alleanze, condivide servizi
comuni sul territorio12
. Il restante 94,2% non ha alcun tipo di alleanza o forma di
partecipazione.
Volendo rifarci alla classificazione delle 12 aree di welfare citate in precedenza, si scopre
che la percentuale di azione diretta nel campo della cultura e del tempo libero è del 90,3%,
nel sostegno all’istruzione di figli e familiari è del 75,5%, nella formazione dei dipendenti è
del 67,0%, nel sostegno economico dei lavoratori è del 69,7%, nella conciliazione vita-lavoro
e nelle pari opportunità è del 66,8%, nella sicurezza e prevenzione degli incidenti è del
50,2%, nei servizi di assistenza è del 49,4%. Per quanto riguarda il rapporto con il territorio e
la comunità, il sistema di imprese italiano, formato quasi unicamente da PMI, dimostra, sia
dalle interviste fatte13
, sia dall’analisi dei rapporti index PMI, un forte interesse e una buona
partecipazione con iniziative di volontariato, creazione di eventi culturali e ricreativi,
costruzione di scuole e asili ecc..
L’eco mediatico che il welfare aziendale ha ricevuto negli ultimi due anni, ha formato una
sorta di cassa di amplificazione che ha permesso a nuovi attori di affacciarsi su un mondo
prima sconosciuto a molti. Molte delle piccole e medie imprese si sentono ancora poco
toccate dalla normativa e dalle questioni emergenti. Infatti, molte sono ancora disincentivate
alla pratica del welfare aziendale, per gli alti costi in termini di tempo e di risorse
economiche. Ad esempio, se le misure di welfare non vengono attuate con le risorse interne
all’azienda, bisogna affidarsi a consulenti esterni che dovranno conoscere bene la realtà
dell’azienda e che dovranno essere in grado di applicare un coerente piano di welfare. In
buona sostanza, se l’effort e l’investimento non danno un ritorno in termini economici, di
clima e di employer branding, le PMI non si attivano. Ecco perché è molto importante la
collaborazione tra le imprese, le sinergie tra le diverse aree e funzioni aziendali e il
collegamento delle misure di welfare con la sostenibilità dell’impresa.
1.3 Contesto normativo e driver economici del Welfare aziendale
La recente Legge di Stabilità del 2016 ha rilanciato il tema del welfare nel mondo delle
imprese sia sul piano fiscale, agendo sul TUIR, che sul piano della contrattazione di secondo
livello, rinvigorendo i premi di risultato che sono soggetti ad un’aliquota IRPEF (imposta sul
reddito delle persone fisiche) ridotta al 10%.
Con la Legge di Stabilità del 2017 vengono introdotte in Italia delle novità riguardanti i premi
di produzione. In primis vengono innalzate le soglie reddituali dei potenziali beneficiari dei
premi di produttività dai 50.000 euro, della Legge del 2016, agli 80.000 euro attuali. Ciò ha
allargato il bacino dei dipendenti interessati dalla misura14
. Inoltre è aumentato il valore
12
Pag 83-88 rapporto index pmi 2017. pdf
13
Intervista a Francesco De Stefano di Loccioni Group in allegato.
14
http://www.aidp.it/aidp_be/ALLEGATI/FILES/50.pdf
Welfare aziendale
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8
massimo del premio di produttività che è passato da 2.000 a 3.000 euro nella generalità dei
casi, mentre da 2.500 a 4.000 euro per quelle aziende che coinvolgono in modo paritetico i
lavoratori, come riportato nella Circolare 28/E dell’Agenzia delle Entrate del 201615
. Infine ci
sono i Voucher strettamente legati ai servizi di welfare aziendale e alla partecipazione degli
utili da parte dei lavoratori16
, i quali sono regolati dal decreto interministeriale del lavoro del
25 marzo 201617
, a patto che il loro valore non superi i 258,23 euro18
. Tramite il voucher
l’azienda delega l’erogazione del servizio a esercizi esterni. I destinatari che possono
usufruire dei servizi di welfare delle aziende sono regolati dall’art 12 del TUIR (Testo Unico
sulle imposte sul reddito) e sono il coniuge del dipendente, i figli, i genitori, i fratelli/sorelle, i
genitori del coniuge.
Paragonando le due modalità (ricezione premio in denaro e ricezione premio in servizi), si
deve evidenziare, come riportano Mallone e Tafaro19
, che su un premio di risultato erogato in
denaro i dipendenti pagano tasse per il 10% e la loro parte di contributi previdenziali
ammonta a circa il 9%, mentre il datore di lavoro dovrà continuare a versare la quota più
consistente dei contributi pensionistici. Se, al contrario, l’importo del premio è convertito in
beni e servizi di welfare (l’istruzione, l’assistenza sociale, il servizio mensa e altri), entrambe
le parti sono esenti dal pagamento delle tasse e dei contributi20
. Per Mallone e Tafaro,
quest’ultima soluzione offre un incentivo significativo alle aziende che non effettuano
versamenti previdenziali, mentre produce conseguenze contrastanti per i lavoratori, in
quanto questi ultimi “perdono” i contributi previdenziali associati all’importo del premio,
pagandone le conseguenze solo al momento del pensionamento”.
Secondo un’analisi di Alessandro Bugli, del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali,
queste disposizioni normative e fiscali mirano a ridurre il peso delle tasse sui dipendenti, che
ottengono invece un servizio che va a loro vantaggio. Parimenti, gli imprenditori possono
usufruire della normativa per risparmiare sugli oneri contributivi, in quanto vengono meno le
imposte sul reddito dei dipendenti e questo dà loro la possibilità di investire i risparmi delle
tasse in servizi di welfare aziendali. Tutto ciò darebbe luogo a un circolo virtuoso, ”win-win”,
dove entrambe le parti massimizzerebbero il beneficio.
Con la Legge di Stabilità del 2017, il Governo potenzia e accentua la volontà di sviluppare il
welfare aziendale in Italia. Questo approccio positivo, secondo Claudia Rizzini21
, può essere,
però, messo in crisi dall’instabilità politico-istituzionale e dal clima acceso tra le differenti
15
https://www.aranagenzia.it/sezione-giuridica/sezione-economico-statistica/altri/7584-circolare-n-28e-del-
1562016-premi-di-risultato-e-welfare-aziendale-art-1-commi-182-190-l-n-2082015-stabilita-2016-agenzia-
delle-entrate.html
16
www.economia.rai.it/articoli/levoluzione-del-welfare-aziendale-in-Italia/37167/default.aspx
www.economia.rai.it/cerca.aspx?s=welfare%20aziendale
17
http://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2016/Decreto-Interministeriale-25-
marzo-2016.pdf (ultima visione 19/12/2017).
18
Secondo la normativa, inoltre, un unico voucher può rappresentare più beni e servizi, a condizione che il
suo valore complessivo non sia superiore a 258,23 euro.
19
Mallone 2017, Mallone e Tafaro 2017, Terzo Rapporto sul Secondo Welfare in Italia 2017. pdf ISBN 978-
88-909417-1-9.
20
http://www.pmi.it/impresa/business-e-project-management/approfondimenti/124667/guida-welfare-
aziendale-quadro-normativo.html (ultima visione 20/12/2017).
21
Docente e ricercatrice facente parte del Laboratorio di Percorsi di secondo welfare dal 2012. Si è
principalmente occupata di innovazione di welfare locale, social housing, politiche abitative, temi di equilibrio
ed esclusione sociale.
Welfare aziendale
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9
correnti. Il welfare quindi non prescinde solamente dalle imprese ma necessita anche di una
situazione a livello nazionale stabile, in cui nuovi decreti legislativi legati al welfare possano
essere concordati senza ritardi e divergenze continue.
Per quanto riguarda gli aspetti sindacali, le misure della Legge di Stabilità del 2017
conferiscono più legittimazione alle associazioni di rappresentanti dei lavoratori (sindacati),
promuovendo così una migliore collaborazione tra sindacati e aziende, verso un piano di
welfare quanto più armonioso possibile per un vantaggio reciproco.
In precedenza c’era una rigida differenza tra welfare aziendale e welfare negoziato. Con le
attuali regole altre fonti diventano istitutive del welfare aziendale: oltre alle decisioni
volontarie dell’impresa, entrano in gioco anche i regolamenti aziendali, gli accordi aziendali e
territoriali e la contrattazione collettiva nazionale.
Negli ultimi tempi il ruolo delle organizzazioni sindacali all’interno del mercato del lavoro ha
subito una trasformazione22
. Il primo cambiamento riguarda l’influenza del sindacato nelle
decisioni in materia di welfare. Il sempre più raro utilizzo dello strumento della concertazione
(ossia della triangolazione dei contratti tra sindacati, attori privati/aziende e autorità
pubbliche) ha fatto sì che le organizzazioni sindacali dei lavoratori modificassero le proprie
strategie di azione, andando sempre più a focalizzarsi sulla contrattazione di secondo livello
a livello territoriale e aziendale. Questa tipologia di contratto si discosta dalla vecchia logica
della concertazione tripartita (che viene definita così appunto perché le materie prese in
esame sono delegate dal CCNL23
). La contrattazione di secondo livello avviene tra le
singole imprese, la direzione sindacale, il sindacato interno all’azienda e quello del territorio.
Questo integra il contratto collettivo nazionale del lavoro con aggiunte in materia di
retribuzioni. Inoltre, consente di gestire in modo più flessibile gli orari di lavoro, di detassare i
premi di produzione. La contrattazione territoriale entra in gioco al momento dell’accordo tra
parti sociali presenti su un territorio, a beneficio delle aziende.
Da un’analisi del rapporto OCSEL 2017 relativo al biennio 2015-201624
dell’Osservatorio
sulla Contrattazione di Secondo Livello (OCSEL) appartenente alla Cisl, possiamo vedere
come, sul totale dei contratti presi in considerazione nel periodo 2009-2016, la maggior parte
dei contratti siano stati stipulati a seguito di una contrattazione di secondo livello. Andando
ad analizzare i dati per classi dimensionali delle aziende, che hanno stipulato almeno un
accordo negli ultimi due anni, si può notare come la contrattazione di secondo livello sembra
22
http://www.ediesseonline.it/riviste/rps/ricerca?filter0=sindacati+e+welfare testo pubblicato sulla Rivista
delle Politiche Sociali. Articolo di Sabrina Colombo del 2 novembre 2017. Sabrina Colombo è professore
associato in Sociologia economica presso l’Università di Milano. I suoi interessi di ricerca riguardano la
sociologia del lavoro e le relazioni industriali. In questi ambiti ha svolto numerose ricerche nazionali e
internazionali sulle disuguaglianze di ingresso nel mercato del lavoro e sul ruolo del sindacato nella
regolazione del lavoro.
23
Il contratto collettivo nazionale di lavoro (abbreviato CCNL) è, nel diritto del lavoro italiano, un tipo
di contratto di lavoro stipulato a livello nazionale tra le organizzazioni rappresentanti dei lavoratori
dipendenti ed i loro datori di lavoro ovvero dalle rispettive parti sociali in seguito a contrattazione collettiva e
successivo relativo accordo.
24
https://www.cisl.it/attachments/article/6408/Rapporto-OCSEL-2015-2016.pdf
Welfare aziendale
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
10
investire maggiormente le PMI (aziende con un max di 249 dipendenti) rispetto alle GI.
I dati mostrano una crescita degli accordi inerenti al welfare aziendale e una correlazione tra
la contrattazione del salario, prima materia oggetto di contratto, e le prestazioni di welfare.
Infatti, in casi soprattutto di crisi aziendale, la contrattazione del salario tende a diminuire a
vantaggio di benefit e servizi di welfare. Questo si spiega anche dal fatto che con le recenti
Leggi di Stabilità del 2016 e del 2017 sono stati introdotti degli sgravi fiscali per le imprese
che introducono misure di welfare.
Figura 2: Ripartizione settoriale degli accordi sul Welfare - % sul totale degli accordi sottoscritti
Figura 1: Propensione contrattuale- distinzione per classe dimensionale Dati OCSEL
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I settori più coinvolti nella contrattazione del welfare25
, nell’ultimo biennio sono il settore
metalmeccanico con il 28%, quello chimico con il 20%, quello dell’edilizia con il 15%, quello
tessile all’8%, quello dei servizi con il 7% e poi agroalimentare 6% e commercio 5%.
Stiamo assistendo a una strategia di pressione da parte dei sindacati a livello territoriale e
aziendale, per compensare la perdita di ruolo a livello nazionale. La logica territoriale, d’altra
parte, è fondamentale per le politiche sanitarie e di conciliazione vita-lavoro. Inoltre si assiste
a un ampliamento delle strategie sindacali che mirano a un aumento delle coperture sul
welfare integrativo, considerato da tutte le confederazioni sindacali materia di azione
collettiva.
La Legge di stabilità del 2017 si impegna, in questo senso, a legittimare i sindacati come
“mediatori” tra datori di lavoro e dipendenti per una situazione aziendale migliore,
incentivando la via del negoziato tra le parti.
I sindacati sono posti davanti a dure sfide, quali il continuo riconoscimento da parte delle
istituzioni governative di intermediario nei negoziati con le aziende e il riconoscimento da
parte dei lavoratori. Questi ultimi devono vedere rappresentati i loro bisogni e devono trovare
supporto per la loro condizione lavorativa.
Per analizzare il meccanismo economico alla base del welfare aziendale, prendiamo come
esempio26
il dipendente di un’impresa in tre diverse situazioni: l’erogazione di un aumento di
salario di 2000 euro lordi, l’erogazione di un premio di produttività e l’erogazione dei servizi
di welfare aziendale. Si può notare come:
- nel primo caso (salario), tra i contributi che l’azienda deve pagare, ossia i contributi del
dipendente e le tasse, il reddito netto finale per il dipendente si aggira all’incirca intorno ai
1.282 euro. In questo primo caso l’azienda ha un costo di 2.680 euro;
- nel secondo caso (premi di produttività), i contributi che l’azienda deve pagare sono
pressoché gli stessi, tranne il fatto che, a parità di costo per l’azienda (sempre 2.680 euro), il
valore netto per il dipendente sale a quota 1.635 euro. Quindi la situazione per il dipendente
migliora, restando invece invariata per l’azienda, per cui il costo del lavoro è sempre uguale;
- nel terzo caso invece, mediante l’attuazione di servizi di welfare, l’azienda non ha costi
aggiuntivi di lavoro e la cifra netta per il dipendente è di 2.000 euro27
.
Ciò dimostra l’efficacia della terza ipotesi (servizi di welfare) se guardiamo al mero calcolo. Vi
sono però due criticità da considerare per il lavoratore:
25
https://www.cisl.it/attachments/article/6408/Rapporto-OCSEL-2015-2016.pdf
26
http://www.assoimprenditori.bz.it/bolzano/notiziario/notiziariovi.nsf/DB61259BF373A17CC1257FB90038C5
D2/$FILE/Slides-Reti%20di%20impresa%20per%20il%20Welfare.pdf pag 14.
27
http://www.assoimprenditori.bz.it/bolzano/notiziario/notiziariovi.nsf/DB61259BF373A17CC1257FB90038C5D
2/$FILE/Slides-Reti%20di%20impresa%20per%20il%20Welfare.pdf
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- il rischio di trasformare un aumento salariale legittimo e meritato in servizi di welfare
“benevoli” da parte dell’azienda, ivi compresa la rinuncia ai relativi contributi previdenziali ai
fini pensionistici per il lavoratore (mentre il caso del premio di produzione trasformabile in
servizi di welfare è eticamente accettabile);
- l’utilità effettiva per il lavoratore dei servizi di welfare offerti, per tale ragione il paniere dei
servizi deve essere quanto più possibile customizzato sulle esigenze della persona, in modo
tale che ne tragga benefici e non rimpianga il premio in denaro.
Figura 3: Confronto tra un aumento retributivo di 2000 euro lordi per il dipendente sotto forma di
salario, di premio di produttività ovvero rispetto ad una analoga erogazione di servizi
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CAPITOLO 2 – PIANIFICAZIONE DI UN PIANO DI WELFARE AZIENDALE E
SINERGIE CON LE ALTRE ATTIVITA’ AZIENDALI
2.1 Progettazione e implementazione di un piano di welfare aziendale
Il welfare tocca ogni aspetto dell’azienda, per tale motivo è importante seguire delle linee
guida per il corretto sviluppo di un piano efficace. Affinché un’azienda possa essere
competitiva, bisogna «ricondizionare tutta la capacità relazionale dell’impresa. Welfare è
preoccuparsi dei veri bisogni dei clienti e offrire la massima qualità, puntualità e precisione,
rispettare i propri fornitori in modo da avere sempre il trattamento migliore e più rapido,
produrre con attenzione per l’ambiente, è anche preoccuparsi delle famiglie di chi lavora in
azienda, è porre nelle condizioni migliori i lavoratori in modo che siano soddisfatti sia
psicologicamente che in termini di remunerazione»28
.
Prima di procedere con la stesura del piano, bisogna assicurarsi di creare un clima aziendale
favorevole e sereno. Altra premessa è rappresentata dalla cultura aziendale, che deve
essere conforme ai valori, alle credenze e agli obiettivi. Una volta perfezionati questi due
aspetti, vi sono diverse fasi da presidiare per gestire un piano di welfare: analisi,
comunicazione, implementazione, monitoraggio e valutazione.
La fase dell’analisi dei bisogni delle persone, prevede l’osservazione della situazione dei
dipendenti. Si procede con una mappatura di tutti i lavoratori, classificandoli per genere, tipo
di istruzione, età, composizione del nucleo familiare ecc. Successivamente si somministra un
questionario (o attraverso altri strumenti come interviste, focus group) per la raccolta dei dati,
per comprendere quali siano i diversi bisogni delle persone che lavorano in azienda, in modo
da poter offrire i servizi a loro più utili. In alternativa al questionario, per esempio, si può
fornire una lista di servizi, tra i quali scegliere i più interessanti e utili per sé (non esiste una
forma ideale per i questionari, solitamente si utilizzano quelli standardizzati, tuttavia se si
hanno necessità specifiche, possono essere formulati ad hoc a seconda delle dimensioni
dell’organizzazione o degli obiettivi fissati).
Rispetto agli strumenti utilizzati nell’analisi dei bisogni, da un’intervista al HR Officer
dell’azienda Loccioni, ad esempio è emerso che:
«…La modalità principale è quella legata al “cv collaboratore” che è simile a un curriculum
vitae classico dove, alla fine di ogni anno, ciascun collaboratore fa un bilancio dell’anno
trascorso attraverso una serie di domande preimpostate dall’azienda che gestisce il
template. La pianificazione è triennale e ogni anno questi curriculum vengono inseriti nel
nostro sistema gestionale per poi essere visionati dalle HR ma anche dalla famiglia Loccioni.
Questa è la comunicazione formale ma è presente anche una comunicazione informale
durante l’anno, che si esplica attraverso colloqui informali»29
.
Non esiste una sola metodologia per l’analisi dei bisogni, ma il fatto che le persone, sempre
di più, hanno un ciclo di vita variegato ed esigenze differenti (in epoche precedenti le tappe e
le esigenze delle persone erano più omogenee). Da qui anche, come vediamo osservando il
mercato, la diversificazione e personalizzazione di prodotti e servizi. L’adeguatezza dei
28
Beretta L., De Luca V.,Parente F., Vitiello S. Il Welfare aziendale dalla teoria alla pratica. Pag 98
29
Intervista a Francesco De Stefano, Ufficio risorse umane, Loccioni Group.
Welfare aziendale
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servizi per categorie (attraverso una clusterizzazione quanto più articolata possibile) va
valutata nella sua evoluzione nel tempo, la motivazione dei lavoratori si basa su esigenze
che mutano. Quindi, la proposta deve essere flessibile e variabile negli anni poiché, se si
tralasciasse questo aspetto, probabilmente i benefici offerti non sarebbero percepiti come
davvero tali, ma come qualcosa di scontato o addirittura inutile.
Di rilievo diventa dunque l’attenzione e la cura che l’impresa è in grado di offrire all’interno
della sua popolazione aziendale, analizzando e rendendo personalizzabili i diversi bisogni
che vengono intercettati.
In questa fase è particolarmente importante comunicare ai dipendenti le finalità dell’indagine,
in modo tale da ottenere la piena collaborazione – necessaria anche per la stipulazione di un
accordo con i sindacati.
La fase della comunicazione del piano di welfare è particolarmente importante e deve essere
trasparente e chiara. Una buona comunicazione non solo consente alle persone di
comprendere appieno il valore del piano, ma anche di far emergere le azioni che l’azienda
già faceva in termini di welfare e che, magari, non erano note o venivano date per scontate e
dovute. Si tratta, da un lato, di informare e sensibilizzare le persone affinché percepiscano il
reale valore delle iniziative di welfare e perché intendano che la finalità dell’azienda è quella
di prendersi cura delle persone, non solamente di ridurre i costi. Se non si tenesse conto di
tale aspetto, probabilmente i benefits offerti non sarebbero percepiti come un vantaggio.
Pertanto dotarsi di spazi di dialogo, online e offline, diventa non solo un importante
strumento di comunicazione in sè, bensì uno strumento strategico per la buona riuscita di un
piano di welfare.
La fase che comprende le aree d’interesse di applicazione e implementazione dei piani di
welfare è anch’essa molto articolata. Una volta identificati i servizi da offrire, l’azienda deve
scegliere come procurarli e come erogarli. Esistono più alternative: dai portali già esistenti
contenenti diversi servizi, che comunemente vengono reputati utili, ai servizi erogati
direttamente dall’azienda all’interno (palestra, asilo nido, etc). Ogni servizio opzionato, o
pacchetto di servizi, ha un valore monetario. In alternativa, a seguito della recente riforma
fiscale, le aziende si possono dotare di Voucher da dare ai lavoratori e che possono essere
spesi presso centri e/o rivenditori convenzionati.
Qui di seguito un classico esempio di raggruppamento, in aree, dei servizi offerti da un piano
welfare:
 Area salute e benessere: assicurazioni (polizze sanitarie, infortuni etc), wellness e sanità
(palestra, centri benessere, casse sanitarie aziendali, convenzioni con ospedali per
check up etc)
 Area del sostegno al reddito: borse di studio, acquisto libri, buoni pasto, sconti per servizi
primari etc;
 Supporto professionale: coaching professionale, programmi formativi e di riqualificazione
professionale, supporto al rientro dalla maternità, supporto ai genitori in attesa di figli e
consulenza in tema di conciliazione famiglia – lavoro;
 Organizzazione del lavoro e risparmio del tempo: smart working, trasporti da e per il
luogo di lavoro, servizi per la mobilità internazionale, servizi “time-saving” (come
lavanderia, tintoria, farmacia) etc;
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 Sostegno per la famiglia: asili nido, centri educativi, viaggi studio, borse si studio per i
figli, servizi per gli anziani etc.
Molto importante anche la fase del monitoraggio, per tutto il tempo successivo all’attivazione
del piano di welfare. In questa fase bisogna verificare e rinforzare le attività di
comunicazione, analizzare il ritorno dei servizi per valutare i tassi di effettivo utilizzo,
misurare gli aspetti economici e il livello di soddisfazione. E’ di fondamentale importanza
quindi osservare l’impatto che un piano ha rispetto alla popolazione aziendale (cosa, come e
quanto viene utilizzato di ciò che viene proposto). Più o meno direttamente, è possibile
monitorare anche il clima aziendale, o effettuare un’analisi di clima post erogazione del piano
per vedere se e cosa è cambiato. Se invece si valutasse un piano solo ex post, ciò non
permetterebbe di intercettare e individuare in modo puntuale eventuali criticità o problemi
gestionali (dei singoli e dell’organizzazione), che rimarrebbero altrimenti silenti generando,
peraltro, un precedente e un mood negativo nei confronti di future iniziative. Il costante
monitoraggio di un piano welfare, peraltro, rappresenta anche un’occasione di valore per
ascoltare i lavoratori anche su altri fronti, paralleli e sinergici. A tal proposito, analizzeremo
nel prossimo paragrafo i collegamenti del welfare con altre attività aziendali.
2.2 Collegamenti del welfare con le altre attività aziendali
L’attuazione di un piano di welfare efficace influisce e interferisce con altre attività
dell’azienda tra cui: diversity management, employer branding, formazione e sviluppo,
comunicazione interna, compensation and benefit e corporate social responsibility (CSR).
Oltre a relazioni sindacali e finance, di cui abbiamo ampiamente parlato nel primo capitolo.
Occorre premettere che molto spesso all’interno delle aziende non esiste una figura dedicata
al welfare aziendale, un “welfare manager”. Le attività inerenti il welfare sono compiti affidati
al reparto HR delle aziende, come è emerso dall’intervista all’ HR Officer dell’azienda
Loccioni:
«[…], non c’è una figura specializzata a cui viene affidato il piano di welfare ma
l’implementazione del piano viene affidata a dei team che poi vengono supportati dai vari
reparti di risorse umane, per esempio, o dal reparto economico»30
.
«I responsabili delle politiche aziendali, anche quando hanno introdotto innovazioni rilevanti
nelle loro imprese, sono spesso carenti di informazioni sistematiche sulle pratiche esistenti
nel sistema, quindi sulle alternative possibili e sui relativi costi e benefici»31
. I beni e i servizi
che costituiscono un piano di wefare devono essere gestiti su più fronti in modo integrato
(fisco, relazioni sindacali, gestione del personale), per poter tener conto di ogni aspetto
aziendale. Ad esempio, «...la scelta di gestire il welfare attraverso un portale o un servizio ad
hoc gestito esternamente non può essere efficiente se non esiste un collegamento diretto
con il software di payroll attraverso un’interfaccia più o meno sofisticata»32
.
30
Intervista a Francesco De Stefano, Reparto risorse umane. Loccioni Group.
31
Tiziano Treu, Welfare aziendale. Migliorare la produttività e il benessere dei dipendenti. Ipsoa, Milano,
2013, pag. 9
32
PLEBANI A., (Intervista), Welfare aziendale, alle direzioni HR serve un approccio integrato. 6 ottobre
2017. https://www.digital4.biz/hr/hr-transformation/welfare-aziendale-serve-un-approccio-
integrato_436721510651.htm
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In tema di diversity management possiamo osservare come, tramite l’analisi dei bisogni
della popolazione aziendale (che tanto più è efficace quanto più riesce a intercettare i bisogni
dei singoli individui, pur clusterizzando sui grandi numeri) e i conseguenti servizi, le azioni di
welfare impattino in modo rilevante sulla diversità, andando appunto ad analizzare,
riconoscere e accogliere, e poi a rispondere ai diversi bisogni della variegata popolazione
aziendale.
Le diversità in termini di età, etnia, religione, abilità e competenze, attraverso un adeguato
piano di welfare possono uscirne arricchite e valorizzate. Quella ricchezza e quella varietà
non sono altro che quelle rappresentate dal mercato in cui l’azienda compete e dalla società
in cui l’azienda, come soggetto economico e sociale, agisce.
L’impresa, attraverso le azioni di employer branding in termini di retention, crea un
meccanismo interno di fidelizzazione delle persone sviluppando senso di appartenenza e
benessere. Parallelamente, sul fronte esterno l’employer branding rappresenta una leva di
attraction, quindi importante per il recruiting. Insieme, interno ed esterno, sono le due facce
della employer branding strategy”33
, un’attività a cavallo tra HR e Marketing che punta al
miglioramento generale della reputazione dell’azienda. Il fine di tale attività è evidenziare la
qualità non solo del prodotto/servizio venduto sul mercato ma anche del luogo di lavoro, in
termini di clima, servizi offerti, benefit etc, quindi di welfare aziendale. Il lavoratore
soddisfatto sarà portato a parlare positivamente della propria azienda, contribuendo così alla
brand reputation e dando il suo contributo al fatturato e all’attrazione di talenti da fuori.
L’interesse verso il benessere dei dipendenti conduce ad una serie di vantaggi concatenati
per l’azienda. Con il miglioramento del clima aziendale e del benessere individuale, le
persone lavorano più serenamente, aumentando la loro produttività e il loro soddisfacimento
personale. In seguito a questo “benessere diffuso”, la qualità della produzione è migliore, si
riduce l’assenteismo e la malattia, con conseguente risparmio di tempo e costi. «L’immagine
della marca incide sulla capacità attrattiva come luogo di lavoro (i valori tangibili e intangibili
che fanno di un brand un culto concorrono a definire “tribù” composte da dipendenti e clienti
valicando la mera qualità del prodotto per attestarsi sul senso di appartenenza)»34
.
Tutto questo ci fa capire come il welfare aziendale faccia da filo conduttore tra le diverse
sfere aziendali, travalicando steccati e compartimenti, collegando tematiche diverse ma
contigue, che rientrano tutte in un’ottica di evoluzione e miglioramento dell’azienda a livello
produttivo, a livello di coesistenza/clima interno e a livello di immagine reputazionale
attrattiva.
Se parliamo di formazione e sviluppo, «si è sicuramente accresciuta da parte delle imprese
la consapevolezza della necessità, per competere, di disporre di risorse umane con elevate
competenze e un’alta specializzazione»35
.
Per tale motivo emerge oggi, in modo sempre più chiaro, come lo sviluppo del business sia
intrinsecamente vincolato allo sviluppo delle persone, all’adeguamento delle loro
33
“Guida pratica all’Employer Branding” di Giuseppe Caliccia.Editore, Franco Angeli «Si ritiene, […], che
l’employer branding sia una strategia che permetta l’attrazione e la fidelizzazione dei potenziali individui di
talento che si affacciano sul mercato del lavoro». http://www.employerbranding.it/content/cos%C3%A8-
lemployer-branding
34
Ibidem.
35
Formazione e welfare aziendale nelle iniziative di Responsabilità Sociale d’Impresa, Paola Nicoletti. Pag
112
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competenze, alla crescita personale; per questo si investe nella formazione delle persone.
Infatti le prospettive di sviluppo, in un’ottica di lifelong learning, adottate per rispondere al
bisogno di valorizzazione e investimento del capitale umano (che va al di là delle stesse
competenze necessarie a migliorare la produzione e la competitività dell’impresa) si traduce
nell’orientamento dei dipendenti verso funzioni sempre più professionali, da una parte, più
facilmente spendibili nel mercato del lavoro, dall’altra che possono interessare la persona
per la sua crescita individuale e di rapporto con il territorio36
. Ecco come il welfare aziendale,
offrendo servizi come il coaching professionale, corsi di formazione (anche per studiare e
perfezionare le lingue straniere), attività culturali e occasioni di apprendimento in generale,
contribuisce allo sviluppo delle competenze e delle abilità delle persone.
Come abbiamo potuto osservare in precedenza, parlando delle fasi della progettazione e
implementazione di un piano di welfare, la comunicazione interna riveste un aspetto
fondamentale per ottenere un buon ritorno dell’investimento di risorse, umane e non,
impiegate nell’attuazione di un piano di welfare. Fondamentale è comunicare le nuove
iniziative (e quelle che magari si facevano già ma non si valorizzavano), raccogliere i
feedback e analizzarli.
Il compensation and benefit (comp&ben) ha come obiettivo quello di analizzare il
posizionamento retributivo dell’azienda. E’ bene ricordare che, come abbiamo visto nel primo
capitolo, sviluppare strategie di welfare permette all’impresa di muoversi in modo strategico,
in quanto i benefit offerti non rientrano nella retribuzione di base del dipendente e non sono
sottoposti alla tassazione statale. La retribuzione può prevedere due componenti: retributiva
fissa e retributiva variabile. La retribuzione variabile comprende i benefit che si possono
definire come complementari (cellulare, auto aziendale ecc.). L’esperto di comp & ben, in
concreto, si occupa della diagnosi della retribuzione, verificandone la coerenza interna e la
competitività esterna; definisce le aree di miglioramento della retribuzione variabile, simula i
costi e i benefici, definisce i criteri di misura. L’obiettivo principale è analizzare e trasformare
le scelte di politica retributiva in piani definiti valutabili in termini di costi. Normalmente questa
è una figura presente nelle grandi aziende e nelle multinazionali, e in questi contesti spesso
si occupa anche (o collabora strettamente con chi se ne occupa), di piani di welfare37
.
Molte aziende, indipendentemente dalla loro dimensione, intervengono con politiche di
welfare non solo all’interno dell’azienda ma anche, più o meno indirettamente, all’esterno,
contribuendo al miglioramento dell’ambiente circostante. Questo lo fanno ad esempio
attivando mezzi di trasporto, organizzando eventi sul territorio, intervenendo su flora e fauna,
operando delle migliorie infrastrutturali o estetiche, adoperandosi per attivare interventi
pubblici per la manutenzione della rete stradale urbana o per la messa in sicurezza di aree
critiche, creando occupazione, innalzando le competenze delle persone e dei giovani che
vivono sul territorio (per es. con l’alternanza scuola-lavoro). Tutto ciò rientra nel concetto e
nelle azioni di corporate social responsibility (CSR).
36
Formazione e welfare aziendale nelle iniziative di Responsabilità Sociale d’Impresa.Paola Nicoletti
37
http://www.jobtel.it/esperto-in-compensation/
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18
Un esempio è Loccioni. Dalle parole del referente intervistato, «esiste proprio un progetto
che si chiama 2 km di futuro, il cui nome deriva dalla messa in sicurezza dei 2 km del fiume
Esino, che scorre vicino alle sedi Loccioni qui ad Angeli di Rosora, questo dopo che
un’alluvione negli anni 90’ aveva inondato gli stabilimenti dell’azienda. Loccioni prese la
decisione di non spostare gli stabilimenti e di rimanere sul territorio a cui è sempre stata
molto legata. Per fare questa messa in sicurezza c’è stata una procedura di collaborazione
pubblico privato in cui ci sono vari enti coinvolti nel demanio pubblico e l’impresa si è presa
carico economicamente di fare i lavori a cui in seguito si è aggiunta una pista ciclabile»38
.
A questi aspetti dedicheremo parte del terzo capitolo.
CAPITOLO 3 – WELFARE AZIENDALE E SOSTENIBILITA’
3.1. Relazioni con il territorio
L’interesse sviluppatosi nei confronti della “responsabilità sociale” dell’impresa costituisce un
segnale della necessità di pervenire ad un rinnovamento della “cultura del profitto”,
accompagnato da un ampliamento del ruolo dell’impresa nel sistema sociale. In questo
senso la scelta di attuare piani di welfare che si occupino, oltre che “dell’interno” dell’azienda
(benessere dei lavoratori) anche “dell’esterno” (territorio/comunità e sostenibilità) risulta
essere sempre più in crescita, essendosi dimostrato inoltre una dimensione strutturale della
strategia aziendale e quindi un efficace strumento di vantaggio competitivo39
.
Queste particolari attenzioni fanno dunque parte delle principali caratteristiche di un’impresa
che abbraccia le Corporate Social Responsability (CSR) o Responsabilità Sociale d’Impresa
(RSI).
Secondo il “Green Paper” dell’Unione Europea del 2001, sono socialmente responsabili le
imprese che decidono di propria iniziativa di contribuire a migliorare la società, il territorio e
l’ambiente40
. La responsabilità sociale d’impresa riguarda tutta la gestione, ma in particolare
le relazioni con tutti coloro che hanno a che fare con l’impresa, oltre che la sensibilità etica e
sociale del management.
Al di là dell’etica del singolo individuo, la CSR attiene alle azioni dell’impresa nei confronti
dell’ambiente esterno e alla capacità di un’azienda di coniugare e inglobare i driver del “non
profit” nel “profit”.
Ogni impresa può, quindi, essere interpretata come un sistema sociale aperto, inserita in un
macrosistema e in un microsistema che si influenzano reciprocamente. L’approccio
sistemico utilizzato permette di spiegare le relazioni tra impresa e ambiente; in questo modo
è possibile pensare l’impresa come un sistema dinamico, in continua trasformazione, cosi
come le persone che la vivono e la animano.
38
Intervista a Francesco De Stefano. Ufficio risorse umane. Loccioni Group.
39
Mario Molteni. Gli stadi di sviluppo della CSR nella strategia aziendale Impresa Progetto – Rivista on line
del DITEA, n. 2, 2007
40
Gianfranco Rusconi. Etica, responsabilità sociale d’impresa e coinvolgimento degli stakeholder- Impresa
Progetto – Rivista on line del DITEA, n. 1, 2007.
Welfare aziendale
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Le imprese, in quanto sistemi sociali, sono non solo soggette all'azione delle organizzazioni
internazionali e dei governi, ma anche alla pressione esercitata dalla società, che chiede
sempre più alle imprese di render conto delle proprie azioni, giudicandone non soltanto gli
“effetti”', ma anche le “'intenzioni”. Temi come la redistribuzione del reddito, il benessere
delle persone, la salvaguardia dell’ambiente, l’equità sociale, la bellezza etc sono temi che
non possono stare fuori dall’azienda, ma l’azienda ne è parte integrante in quanto attore
sociale e vivente, grazie anche alla sua capacità e possibilità di poter incidere e influenzare
sul mondo in cui opera. Parallelamente, pensare che l’azienda sia un attore guidato
esclusivamente da logiche di massimizzazione del profitto è fuorviante oltre che non sempre
vero. Quante volte le aziende sono diffusori di innovazione? Quante di bellezza? Quante di
solidarietà? Quante di realizzazione di oggetti e servizi utili per le persone migliorando la loro
qualità della vita? Se ci pensiamo, forse tante. E’ importante focalizzarsi sulle interrelazioni
tra diversi soggetti che hanno uno scopo comune e che ragionano insieme per il benessere
del proprio territorio. E’ possibile così creare un vero capitale intellettuale locale, che si
traduca inoltre in forza competitiva.
L’adozione di pratiche di CSR non rappresenta solo un impegno economico, ma una vera e
propria strategia che include scelte aziendali etiche, sociali e ambientali, considerando in
questo modo una riqualificazione dei processi, delle risorse, delle competenze e dei fattori di
competizione. La scelta volontaria di intraprendere la strada della CSR, connessa con tutti gli
stakeholder, permette di ottimizzare l’impatto dell’operato aziendale sul territorio e sulla
comunità circostante, ottenendo in tal modo condizioni di accettabilità e di consenso ad
operare41
.
In tal senso come è emerso da un’intervista ad un manager di un’azienda alimentare situata
nel Nord Italia:
“…L’obiettivo è quello di far in modo che, a livello locale, l’azienda venga vista come un ente
che non solo da lavoro alla gente, ma che è comunque vicina a fenomeni sociali. Vogliamo
creare in qualche modo una sorta di favore nei confronti dell’azienda, dal punto di vista
sociale. Siamo vicini e attenti a questo tipo di problematiche…”
Weber (2008)42
ha proposto tre aree di impatto benefico delle attività di CSR, che sono:
• Immagine e reputazione della aziende: entrambi i fattori possono influenzare la competitività
dell’ azienda ed avere su di essa un impatto benefico, in particolare in una logica di lungo
termine.
• Motivazione, fedeltà e appeal: la CSR può aumentare la motivazione dei lavoratori, che
vivono in un ambiente migliore, e può contribuire a garantire una attrattività maggiore per le
persone che vi devono entrare (talent acquisition).
41
Economia Aziendale Online VOL. 7. 1/2016: 17-41 Refereed Paper - www.ea2000.it
DOI: 10.6092/2038-
5498/7.1.17-41
42
Weber, 2008, Incorporating Sustainability Criteria Into Credit Risk Management ETH Zurich, Institute for
Environmental Decisions IED, Natural and Social Science Interface (NSSI), First published: 27 November
2008
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20
• Riduzione dei costi: l’implementazione di una strategia di sostenibilità può migliorare la
qualità dei prodotti, garantire un risparmio di tempi, di consumo di energia etc. Questo
consente anche all’azienda di proporre una immagine positiva di sé nei confronti di analisti
finanziari ed investitori43
.
Tutto ciò si traduce in un’attenzione a diversi fattori:
 Investimento sul capitale umano (dedicare risorse alla formazione dei propri
dipendenti; adottare soluzioni che consentano loro di trovare un buon equilibrio tra
lavoro, famiglia e tempo libero; attuare politiche di reclutamento che facilitino
l'assunzione di persone sfavorite sul mercato del lavoro; tutelare la salute e la sicurezza
nei luoghi di lavoro)
 Contributo alla tutela dell’ambiente (ridurre emissioni inquinanti, limitare l’impatto
ambientale dell’attività, investire nell’ecosostenibilità)
 Scelta di partner commerciali e fornitori (che rispettino i diritti umani e che che
adottino standard di eccellenza)
 Investimento nel rapporto con i clienti (soddisfare bisogni e aspettative del cliente; si
basa su qualità, sicurezza, affidabilità)
 Investimenti nella comunità (collaborare con scuole, sostenere organizzazioni no
profit, realizzare eventi, migliorare le infrastrutture, effettuare opere di bonifica,
sostenere l’imprenditorialità e la nascita di nuove imprese, dar vita a scuole di mestieri e
centri di formazione, etc).
Agire in un’ottica finalizzata alla cura del patrimonio umano, culturale e ambientale, permette
al territorio e all’impresa di autoinfluenzarsi positivamente, di essere fonte d’ispirazione l’uno
dell’altra e viceversa. L’impresa che agisce in questa direzione ha ben chiaro il suo legame
con il territorio e lo riconosce come un valore. Il territorio, da parte sua, sviluppa fiducia nei
confronti dell’azienda ed è orgoglioso di esserne parte integrante.
Un esempio di questo stretta sinergia tra azienda e comunità la si può riscontrare nel caso di
Alba, cittadina simbolo di Ferrero, nella quale sono manifeste forme di attaccamento alla
“famiglia”.
Analizzando una Grande Impresa italiana, presente a livello internazionale, si è voluto
evidenziare appunto il caso Ferrero44
.
Ferrero negli ultimi due anni ha speso oltre 6 milioni di euro per il benessere dei dipendenti e
per le attività di CSR. Come altre grandi imprese, realizza la sua responsabilità d’impresa su
larga scala e a livello internazionale. Dalla spesa locale sulle materie prime, alla creazione di
scuole per i bambini profughi, all’attenzione alla salute (campagne contro l’obesità verso i
44
http://www.ferrerocsr.com
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giovani consumatori dei suoi prodotti), alla protezione ambientale (campagna contro la
deforestazione e la conservazione degli alberi di cacao), l'effetto dell’azienda attraverso la
RSI è stato molto sentito nelle comunità locali.
I progetti di CSR di Ferrero sono realizzati in gran parte dalla Fondazione Ferrero.
Quest’ultima è nata come espressione di apprezzamento da parte dei dipendenti e nel tempo
è diventata un vero e proprio centro di educazione e punto di riferimento culturale per tutto il
territorio.
La fondazione si concentra principalmente su tre aspetti della responsabilità sociale:
1. Assistenza sanitaria (assistenza medica ai dipendenti in pensione, alle loro famiglie e ai
membri delle popolazioni locali, visite mediche gratuite domiciliari svolte tutto l'anno in
collaborazione con infermiere e medici);
2. Istruzione (la fondazione collabora con l'Università di Torino per fornire borse di studio ai
giovani provenienti dalle comunità locali per studiare e conseguire master di secondo
livello nei corsi di Scienza e Tecnologia e Nutrizione Umana);
3. Attività socio-culturali (la fondazione finanzia progetti ed eventi incentrati su scienza e
ricerca, arte, cultura e discipline economiche e sociali. Un esempio di questo è stata la
FUTURBALLA, che è stata una mostra interculturale organizzata ad Alba nel 2016,
attirando oltre 90.000 visitatori tra cui 7.000 bambini delle scuole primarie e elementari
che hanno preso parte a scambi culturali e laboratori didattici)
Tutte queste iniziative mirano a salvaguardare lo sviluppo sanitario, educativo e socio-
culturale delle persone residenti in queste aree, nel tentativo di fornire loro uno stato sociale
equilibrato e positivo.
Per quanto riguarda le Piccole Medie Imprese, invece, possiamo notare una notevole
differenza. Sebbene la consapevolezza della RSI nelle grandi aziende sia più evidente, non
è detto che manchi nelle PMI. Quest’ultime si dedicano infatti alla CSR, anche se con
modalità differenti e in misura proporzionale alla loro dimensione. Le PMI infatti
intraprendono varie forme di RSI, con un approccio diverso rispetto alle grandi aziende.
In particolare, le PMI adottano approcci alla CSR anche in base alle loro priorità e capacità
finanziarie. Queste aziende, soprattutto quando sono famigliari e guidate da un imprenditore
noto o di successo, sono ben radicate sul territorio e hanno il desiderio di restituire qualcosa
alla comunità. Non soltanto in termini filantropici (donazioni, sponsorizzazioni), ma anche con
messe in opera e contributi diretti ad azioni di miglioramento ambientale e urbanistico e di
animazione del territorio.
Ad esempio, l’ HR Officer Francesco De Stefano di Loccioni, nell’intervista che gli abbiamo
fatto, ci ha detto:
“In futuro Angeli di Rosora potrebbe anche diventare una meta turistica, anche per il fatto
che intorno a noi ci sono dei siti storici come l’abbazia di Sant’Urbano o altri luoghi
culturalmente ricchi e attrattivi come la valle di San Clemente, che l’azienda Loccioni sta
cercando di valorizzare tramite progetti che coinvolgono enti locali e azienda. Loccioni porta i
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suoi clienti a fare un tour dei luoghi più belli del territorio sopracitati presi in concessione
dall’impresa.”
Tuttavia, vi sono degli ostacoli alla diffusione della CSR nelle PMI, oltre alle risorse
economiche e umane da potervi dedicare:
 mancanza di sensibilità rispetto a una visione a lungo termine;
 diffusa convinzione che la CSR implichi solo costi e non porti risultati tangibili per quanto
riguarda i profitti, quindi mancanza di consapevolezza dei benefici della CSR;
 individualismo dell’imprenditore italiano medio, che ha difficoltà ad aggregarsi e
condividere con altre imprese;
 mancanza di visibilità e rilievo alle attività di CSR che molte PMI pur fanno ma che
restano sullo sfondo;
 mancanza di politiche rigorose che premino l’impegno nella CSR;
 mancanza di consapevolezza rispetto al costo che può avere un comportamento
socialmente irresponsabile;
 mappatura regolare e diffusione di casi esistenti di CSR nelle PMI (spesso le PMI
svolgono le loro attività in modo informale, a differenza delle grandi aziende, mettendo
meno enfasi sulla comunicazione di tali attività).
Analizzando un caso di PMI, prendiamo in considerazione Palm Spa45
, un’azienda di
Viadana, considerata un’eccellenza nel costruire punti di riferimento per le strategie di
sopravvivenza. Operante nel settore dell’eco-progettazione e produzione di imballaggi in
legno, è stata in grado di adottare una strategia aziendale orientata alla CSR, creando e
gestendo una catena di fornitura socialmente sostenibile attraverso la cura delle relazioni
con gli stakeholder, l'assistenza ambientale e l'introduzione di alcune innovazioni di
processo.
Lo scopo di Palm Spa è sempre stato non solo quello di creare valore per l'azienda, ma
anche per i dipendenti, per i clienti e per il contesto territoriale e sociale in cui opera.
Coerentemente con questo orientamento, l'azienda ha iniziato a promuovere,
volontariamente, una serie di iniziative per migliorare la qualità di vita delle persone della
comunità, attraverso l’attenzione all'ambiente.
Sin dalle sue origini, Palm ha indirizzato la sua attività verso il rispetto per l'ambiente
adottando un modello di business in cui i prodotti commerciabili sono visti come potenziali
attività di riconversione/riciclo e non semplicemente come “prodotti primari”. In quest’ottica
ciascuna materia è pensata come possibile anello di altre catene di valore. La sua azione in
tal senso rappresenta un esempio di economia circolare, che possiede un valore
ricostituente, caratterizzato da un uso efficiente delle risorse, diversamente da quello
dell’economia lineare. Adottare questo sistema circolare in un’ottica di recupero delle risorse
(a partire dall’estrazione fino ad arrivare alla produzione) permette di mettere al centro non
45
WWW.palm.it/Portals/13/Master_CSR_Angelicum%20CSR_PMI_PALM%20caso%20eccellenza_.compress
ed.pdf
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tanto il prodotto in quanto tale, bensì la sua funzione e il suo utilizzo. Quella circolare diventa
quindi una forma di economia più collaborativa, che permette di prolungare l’uso produttivo
dei materiali, riutilizzarli e aumentarne l’efficienza. Così facendo è possibile rafforzare la
competitività, creare nuovi posti di lavoro, ridurre l’impatto ambientale e le emissioni di gas,
raggiungendo così uno sviluppo relamente sostenibile. All’interno di Palm questo trova la sua
applicazione in progetti sociali ed ecosostenibili:
1) Pallet ecosostenibili: produce e vende bancali in legno e casse riutilizzando i vecchi
prodotti per crearne nuovi. In questo modo, Palm riduce il suo impatto sulla deforestazione
diminuendo il numero di alberi tagliati attraverso il riutilizzo del legno. L’azienda adotta una
strategia di riciclaggio: se il pallet non è stato utilizzato lontano da dove viene prodotto, può
essere restituito a Palm, che si occupa di rimpiegarlo. Quando le distanze sono lunghe, la
riconsegna non avviene, in quanto i costi di trasporto e l'impatto delle emissioni di CO2
potrebbero essere maggiori dei benefici.
2) Il progetto Palm Work & Project: nel 2003 Palm ha avviato delle attività sociali dirette a
includere persone svantaggiate residenti nel territorio, dando loro occupazione. Il primo anno
di questa iniziativa, alcuni disabili sono stati coinvolti in attività commerciali con compiti
come l'inserimento di dati, la partecipazione alle fasi di progettazione del prodotto, le attività
di call center, di grafica e stampa e di web marketing. Dopo i risultati positivi del primo anno,
è stata fondata una cooperativa per la promozione del lavoro di queste persone, in totale
autonomia e auto-imprenditorialità.
Le iniziative attuate da Palm sono tutte sviluppate nel territorio locale, alcune anche in
collaborazione con altre organizzazioni, per condividerne il peso economico.
3.2. Reti d’impresa
Sappiamo che le PMI costituiscono la stragrande maggioranza delle aziende italiane. Queste
aziende molte volte, per le loro dimensioni ridotte, fanno fatica ad attuare un vero e proprio
piano di welfare, avendo inoltre limitate capacità di coordinamento tra i diversi stadi della
filiera di produzione. Il problema che persiste in Italia, anche se in netto miglioramento, è la
scarsa collaborazione tra le differenti realtà aziendali. Per superare i vincoli strutturali
dell’economia italiana, data dalla frammentazione del tessuto imprenditoriale italiano, è stato
introdotto nel 2009, all’interno dell’ordinamento giuridico (tramite il Decreto incentivi legge n.
33, che coinvolgeva le aziende SpA, esteso poi a tutte le organizzazioni imprenditoriali) il
“Contratto di Rete”. Si tratta di uno strumento appositamente studiato per promuovere una
condivisione dei progetti tra più imprese, sviluppando quindi una crescente competitività che
molto spesso manca alle piccole realtà. Queste misure hanno comunque permesso di
mantenere alla rete un’autonomia patrimoniale. A questo fine i contraenti si impegnano a:
1. collaborare in forme ed ambiti attinenti le attività delle imprese (per esempio la creazione
di un marchio comune, la definizione di una politica dei prezzi, un piano di welfare
aziendale che sfrutti la rilevanza numerica);
2. scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o
tecnologica (per esempio lo sharing dei risultati della ricerca);
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3. esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa (un
esempio può essere la condivisione di piattaforme logistiche)46
.
Attraverso le reti di impresa le aziende possono quindi condividere know-how e risorse necessarie
per gli investimenti al fine di crescere e svilupparsi, diversificare la produzione e renderla più
efficiente, ma anche rendere più stabile la posizione dell’azienda nel caso di shock economici e
finanziari. Il contratto di rete, quindi, permette alle PMI di raggiungere obiettivi di sviluppo superiori
a quelli che raggiungerebbero nel caso operassero da sole, attraverso una cooperazione efficiente
e la riduzione dei costi che ne deriva legata a un’ampia libertà contrattuale. Questa autonomia, che
hanno le imprese, differenzia il modello delle reti da altri sviluppati precedentemente come i
consorzi, i contratti bilaterali collegati o le joint venture. Ciascun membro della rete mantiene una
sua identità, garantendo però l’attività di condivisione messa a servizio dal contratto come:
 le ragioni e le motivazioni dell’entrata in rete;
 l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e/o di innalzamento della capacità
competitiva delle imprese;
 la definizione di un programma di rete in cui vengono segnalati i diritti, gli obblighi dei
partecipanti e le modalità da seguire per raggiungere gli obiettivi;
 la durata del contratto;
 le modalità per le successive entrate di nuovi partecipanti;
 regole di accettazione delle decisioni prese all’interno della rete47
.
Dal 2009 il numero delle reti d’impresa è notevolmente aumentato a livello nazionale. Al 30
giugno 2017 i soggetti aziendali coinvolti negli oltre quattromila programmi di rete presenti
sono più di 19.00048
.
Una delle principali novità del contratto di rete è di natura culturale: essa infatti mira a
coltivare un approccio nel fare impresa in cui la fiducia, la condivisione, la partecipazione e
l’apertura al mondo esterno sono funzionali al conseguimento di un obiettivo comune49
.
In questo contesto culturale dove le sinergie e la collaborazione sono riconosciute come un
valore, è possibile pensare anche a piani di welfare condivisi tra imprese.
46
ibidem
47
http://www.vt.camcom.it/Pb/Filez/1339575761K948820.pdf
48
https://www.istat.it/it/files/2017/11/Rapporto_Istat_Confindustria.pdf
49
file:///C:/Users/tina/Downloads/ebook_vol_31_grandi_massagli_zucaro%20(1).pdf
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Fare welfare in rete conviene per diversi fattori:
Figura Tiziana Cardone. Reti d'impresa per il Welfare. Vantaggi, opportunità e servizi alle aziende.
Moltiplicazione del
numero dei
lavoratori
Rafforzamento
del potere
contrattuale
Servizi per il
dipendente a
condizioni
agevolate
Rendere
accessibili le
politiche di
welfare anche
alle PMI
Ridurre i costi di
implementazione e
gestione tramite la
condivisione di
spese
Agevolare l’analisi dei
bisogni di tutti per
individuare un paniere di
benefit più rispondente
alle esigenze di tutti
Sperimentare
collaborazione che
può evolvere verso
altri obiettivi di
competitività
Creare relazioni
positive con il
territorio
integrando
welfare pubblico
e privato
Gestione del personale
in regime di
codatorialità secondo
regole stabilite nel
contratto di rete
Partecipare agli appalti
aumento capacità
contrattuale delle
singole imprese
Fruire di
finanziamenti
regionali e
nazionali
Accedere al credito a
condizioni più agevolate,
valorizzando il fattore del
network come elemento di
competitività
Vantaggi di
unirsi in una
rete
d’impresa
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Analizzando nel concreto come le aziende, membri di una rete d’impresa, possano applicare
le misure di welfare in collaborazione, è possibile evidenziare l’affermarsi di tre diversi
modelli50
:
Modello Esempi
A Il Welfare di rete BioNetwork
B Il network organizzato da società
di servizi
IEP
C La regia della associazione
datoriale
Welfa-RE
Figura 4: Modelli ed esempi di welfare di rete o interaziendale
A. Il welfare di rete:
BioNetwork, sistema di reti che coinvolge aziende in ambito agricolo e turistico situate nella
provincia di Pavia (Tenuta San Giovanni, Oikos Abitare Poeticamente la Terra e Castelfelice
“Oasi della Gioventù”), è un esempio di come una rete d’impresa possa dedicarsi alla
crescita interna e allo sviluppo economico-sociale di un territorio. Promossa dalla provincia di
Pavia nell’aprile 2011, in collaborazione con Camera di Commercio, GAL51
Lomellina e GAL
Oltrepò e con il supporto di altre associazioni agricole.
Rappresenta una rete costituita da imprese rurali femminili, caratterizzate da una concezione
del biologico come modello di sviluppo e avente come obiettivo il sostegno dell’imprenditoria
femminile, in un’ottica family-friendly. Diversamente dalla maggior parte delle reti d’impresa,
che puntano all’innovazione e all’aumento di competitività sul mercato, essa è volta a
sviluppare una sua responsabilità sociale, attraverso l’inserimento di orari flessibili e
programmi che consentano una conciliazione tra vita privata e lavorativa.
BioNetwork ha inoltre realizzato un network informatico che permette di scambiarsi
informazioni e documenti a distanza, oltre che a un servizio di baby-sitting a disposizione
delle aziende.
B. Il Network organizzato da società di servizi:
Il network IEP (Imprese e Persone) rappresenta il primo caso italiano di welfare
interaziendale. Fondato nel 2009, è composto da 19 imprese pubbliche e private sensibili e
già attive nell’attuazione delle politiche di work-life balance. Uno degli obiettivi principali di
50
Daniele Grandi, Emmanuele Massagli, Rosita Zacaro. Verso il Welfare aziendale territoriale per le PMI:
esempi e modelli. 2014. @ADAPTUNIVERSITYPRSS
51
Gruppo di Azione locale
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questa rete è la valorizzazione e l’espansione del welfare aziendale come strategia delle
imprese per aumentare la propria competitività, contribuendo anche al miglioramento delle
comunità in cui sono collocate.
La rete coinvolge nelle sue misure di welfare più di 400.000 dipendenti distribuiti nelle varie
imprese coinvolte, tra cui spiccano grandi imprese e multinazionali come Eudaimon52
,
Alitalia,3 Italia, Edison, Fiat, Kraft, Mediaset e Martini&Ross. Gli obiettivi chiave sono:
 Implementazione di sistemi e soluzioni innovativi di welfare aziendale, accessibili anche
alla PMI.
 Attenzione alla condivisione delle novità legate allo sviluppo del welfare.
Al fine di raggiungere questi obiettivi il network IEP si sviluppa lungo 3 linee di azione:
 Attraverso un piattaforma di Welfare interaziendale (operativa dal 2010), vengono messi
a disposizione servizi e prodotti comuni.
 Attivazione di un Forum-laboratorio, per il confronto e l’approfondimento di nuove
soluzioni, studi e ricerche.
 Costituzione di un tavolo di lavoro finalizzato al dialogo sul tema delle esigenze e misure
collaborative tra pubblico e privato (istituzioni statali e regionali, associazioni sindacali e
datoriali).
L’attuazione della rete permette in questo modo alle aziende partner, oltre che favorire lo
scambio di informazioni, di ridurre i costi legati all’implementazione dei servizi di welfare
aziendale. Alle aziende viene offerta la possibilità di creare una combinazione personalizzata
di servizi (convenzioni con strutture specializzate, consulenza medica, copertura assicurativa
etc), a seconda di esigenze e budget aziendale.
C. Aggregazione promossa dall’associazione datoriale:
Unindustria Reggio Emilia53
ha dato vita, nel gennaio 2014, ad un progetto dal nome “Welfa-
RE”. L’obiettivo è quello di diffondere la cultura del welfare aziendale e di offrire gli strumenti
adatti per facilitare l’attuazione di un piano di welfare. Questo si concretizza mediante
l’attivazione di un pacchetto di convenzioni con soggetti in grado di offrire servizi a condizioni
agevolate ai lavoratori e ai datori di lavoro.
Questi pacchetti sono diversificabili e personalizzabili in base alle specifiche necessità,
dimensioni aziendali e al budget disponibile per l’investimento. Lo sviluppo dei piani di
welfare è affidato, in questo caso, a diverse società che lavorano sotto la guida dell’ Unione
Industriali reggiana e che si occupano, nello specifico, di pianificare e gestire i servizi di
welfare.
52
Società che offre, in Italia, una proposta completa e integrata per il welfare aziendale.
53
Associazione che rappresenta quasi 1.200 aziende e 52.000 dipendenti
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Welfa-RE si sviluppa lungo tre aree d’intervento: l’area della gestione del reddito (affidata a
Welfare Company), l’area della gestione dei figli (gestita da Coopselios) e infine l’area della
gestione degli anziani (di cui si occupa ItaliAssistenza).
Con questo progetto, Unindustria mira a valorizzare altre reti di diversa natura, operanti sullo
stesso territorio, tramite la propria. In questo modo è possibile creare una rete di servizi
efficienti e di integrazione per il territorio.
Tutti i modelli sopra citati, hanno in comune una visione positiva del Welfare aziendale, visto
come strumento efficace per aumentare la produttività e il benessere dei lavoratori, aiutando
inoltre lo sviluppo dei territori locali.
Gestione degli anziani:
 Call center, a costi convenzionati,
per ottenere in tempi brevi forme
di assistenza domiciliare: veglie
diurne e notturne, igiene
personale, assistenza al pasto,
accompagnamento a visite, esami,
terapie ecc.
Gestione dei figli:
 Posti in nidi e scuole d’infanzia;
 Campi estivi;
 Corsi di lingua inglese e laboratori
didattici;
 Supporto a bambini con bisogni
educativi.
Gestione del reddito:
 Consulenza per la
costruzione di piani
welfare;
 Carta sconti
personalizzabile negli
esercizi commerciali
convenzionati.
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CONCLUSIONI
In conclusione, l’elaborato ci porta a confermare la validità del welfare aziendale come
strumento di sviluppo produttivo, economico ma soprattutto sociale. Infatti esso, oltre a
permettere alle aziende di ridurre i costi del personale, fornisce benefici che aumentano il
benessere e la qualità di vita dei lavoratori, nonché la loro capacità di spesa, permettendo
inoltre in molti casi di valorizzare l’ambiente in cui l’azienda opera e di creare legami con il
territorio.
Come abbiamo avuto modo di appurare, questo fenomeno è in crescita in Italia, anche se in
quantità inferiori rispetto agli altri paesi europei, soprattutto del nord Europa.
Importante è stato accertare, anche tramite le interviste effettuate, che le imprese sono
sempre più consapevoli del loro ruolo attivo nella società col fine di sviluppare, in
collaborazione con gli enti pubblici e privati, un legame con le comunità in cui si inseriscono.
Questo genera una ricchezza economica e sociale fondamentale per creare una sinergia
produttiva di crescita per il nostro Paese, in cui lo Stato, oramai, non riesce più, da solo, a
sopperire a tutte quelle necessità e bisogni che negli ultimi anni, soprattutto con il fenomeno
della globalizzazione, si sono manifestati. Una componente imprescindibile, emersa da
questo studio, è stata la necessità di creare un tessuto relazionale stabile e durevole con tutti
i soggetti (stakeholders) coinvolti, a diversi livelli, nell’attività d’impresa, garantendo in questo
modo la sua sopravvivenza e lo sviluppo nel lungo termine.
L’indice di misurazione del fenomeno del welfare aziendale nel mondo delle imprese ha
permesso la valutazione e l’analisi di un fenomeno abbastanza recente, consentendo la
pubblicizzazione di dati campione per evidenziarne caratteristiche e impatto.
E’ importante sottolineare che il tessuto imprenditoriale italiano non ostacola lo sviluppo del
welfare aziendale, anche se non si può negare che lo abbia in qualche modo rallentato.
Nel futuro il welfare aziendale potrà essere sempre più una leva, in mano all’HR, per
supportare l’azienda nella valorizzazione del capitale umano. Nel caso italiano in particolare,
il welfare per le PMI rappresenta la possibilità di incidere positivamente sul territorio in cui
sono radicate, rafforzandone il legame. Per queste aziende, inoltre, il welfare è
un’opportunità da cogliere anche per rinforzare la partnership con altre imprese e per poter
arrivare ad avere le risorse necessarie per implementare un piano di welfare, a fronte delle
dimensioni ridotte di ogni singola impresa.
Nell’analisi condotta sono inoltre emerse le relazioni del welfare con altre attività aziendali e
l’influenza sostanziale del welfare nella sfera d’azione di altre funzioni. Sul piano della
valorizzazione e massimizzazione dei benefici delle azioni di welfare, infine, emerge come
ancora si può e si deve fare molto.
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30
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Welfare aziendale
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https://s3.amazonaws.com/academia.edu.documents/31036386/659-717-1-
PB.pdf?AWSAccessKeyId=AKIAIWOWYYGZ2Y53UL3A&Expires=1516474282&Signature=f
uMYHsWlYnk%2FvG4Kl6ZeG9Ufnu8%3D&response-content-
disposition=inline%3B%20filename%3DResponsabilita_sociale_e_questione_etica.pdf
 PLEBANI A., (Intervista), Welfare aziendale, alle direzioni HR serve un approccio integrato. 6
ottobre 2017. https://www.digital4.biz/hr/hr-transformation/welfare-aziendale-serve-un-
approccio-integrato_436721510651.htm (Ultima visita 08/01/2017)
 VALENTINI A., Reti di imprese: il contratto per PMI forti e competitive. Diventare grandi
restando piccole, reti di imprese: lo strumento giuridico del contratto di Rete in Italia, per PMI
che vogliono fare rete. 31 gennaio 2013. (Ultima visita 16/01/2018).
http://www.pmi.it/impresa/business-e-project-management/articolo/55555/rete-di-imprese-il-
contratto-per-pmi-forti-e-competitive.html
 Weber, 2008, Incorporating Sustainability Criteria Into Credit Risk Management, ETH Zurich,
Institute for Environmental Decisions IED, Natural and Social Science Interface (NSSI), First
published: 27 November 2008.
Welfare aziendale
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018
33
 WEISZ B. Guida welfare aziendale: il quadro normativo. Agevolazioni fiscali e pagamento
con voucher di servizi di welfare aziendale, detassati per impresa e lavoratore: guida pratica
dei Consulenti del Lavoro. 14 Giugno 2016. http://www.pmi.it/impresa/business-e-project-
management/approfondimenti/124667/guida-welfare-aziendale-quadro-normativo.html
(ultima visione 20/12/2017).
 Welfare Index PMI. Il welfare aziendale fa crescere l’impresa. Rapporto 2017.
http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf
 www.economia.rai.it/articoli/levoluzione-del-welfare-aziendale-in-Italia/37167/default.aspx
 www.economia.rai.it/cerca.aspx?s=welfare%20aziendale
 www.mbcf.it (Ultima visita 13/01/2018)

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  • 1. Project work “KiA – Knowledge in Action” WELFARE AZIENDALE Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 A cura di: Christopher Inji Laura Lo Nigro Marco Cesare Purita Tiziana Tonolini
  • 2. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 1 Sommario INTRODUZIONE.............................................................................................................................2 CAPITOLO 1 – CONTESTO E SCENARI.......................................................................................3 1.1 Il contesto socio-economico in cui si inserisce il Welfare aziendale...........................................3 1.2 Numeri e tendenze del Welfare aziendale.................................................................................5 1.3 Contesto normativo e driver economici del Welfare aziendale ..................................................7 CAPITOLO 2 – PIANIFICAZIONE DI UN PIANO DI WELFARE AZIENDALE E SINERGIE CON LE ALTRE ATTIVITA’ AZIENDALI...................................................................................... 13 2.1 Progettazione e implementazione di un piano di welfare aziendale......................................... 13 2.2 Collegamenti del welfare con le altre attività aziendali............................................................. 15 CAPITOLO 3 - WELFARE AZIENDALE E SOSTENIBILITA’ ...................................................... 18 3.1. Relazioni con il territorio......................................................................................................... 18 3.2. Reti d’impresa........................................................................................................................ 23 CONCLUSIONI............................................................................................................................. 29 BIBLIOGRAFIA:........................................................................................................................... 30 SITOGRAFIA: .............................................................................................................................. 31
  • 3. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 2 INTRODUZIONE Questo progetto si pone l’obiettivo di analizzare in profondità il tema del welfare aziendale, uno degli strumenti strategici in capo alla funzione HR, come possibilità di migliorare il benessere delle persone dentro e fuori dall’azienda e come strumento di CSR e di efficienza economico- finanziaria per l’azienda. L’elaborato si articola in tre capitoli. Nel primo capitolo viene presentato il contesto socio-economico e lo scenario in cui il welfare aziendale nasce e cresce, con particolare riferimento ai numeri e ai trend del fenomeno, soprattutto in Italia ma con riferimento anche ad altri Paesi europei. L’aspetto giuslavoristico e fiscale fa da coda a questo capitolo tecnico, ma indispensabile per comprendere la dimensione normativa del welfare aziendale. In questo senso l’utilizzo del Rapporto Index Pmi del 2017 e del Terzo Rapporto sul secondo welfare in Italia sono stati fondamentali per svolgere un’analisi approfondita. Nel secondo capitolo vi è un’analisi dello sviluppo di un piano di welfare aziendale, andando ad analizzare le varie fasi che scandiscono il processo di progettazione e implementazione di un piano di welfare aziendale: l’analisi dei bisogni, la comunicazione, l’esecuzione, il monitoraggio e la valutazione. Si evidenziano, altresì, i collegamenti del welfare con altre attività aziendali: diversity management, CSR (legata alla sostenibilità e al rapporto con il territorio), employer branding (come leva di retention e di attraction), formazione e sviluppo, compensation&benefit, comunicazione interna, oltre che relazioni industriali e finance. Per finire, nel terzo e ultimo capitolo, viene approfondita la relazione tra il welfare e la sostenibilità, con particolare attenzione al rapporto col territorio. Si fa riferimento, inoltre, al sistema delle reti d’impresa, fenomeno in sviluppo e che consente soprattutto alle piccole e medie imprese di fare massa critica e di poter accedere ai servizi di welfare aziendale. Nel corso dei tre capitoli, vi sono riferimenti ad alcune interviste a manager aziendali che il gruppo di lavoro ha condotto e ad alcuni casi aziendali presi in considerazione. Il welfare per l’azienda è quindi uno strumento strategico e utile? Lo sforzo di implementazione, e i relativi costi, porta dei vantaggi e in che termini? Quali sono le criticità e i punti di snodo delle questioni relative al welfare aziendale? In quali tipologie di imprese, come e dove viene attuato? Queste sono solo alcune delle domande a cui questo progetto vuole dare risposta, sperando che possa essere utile soprattutto per le aziende che intendono avere una visione di insieme sull’argomento, magari per attivare un piano di welfare.
  • 4. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 3 CAPITOLO 1 – CONTESTO E SCENARI 1.1 Il contesto socio-economico in cui si inserisce il Welfare aziendale Il welfare aziendale viene definito come l’insieme di benefit e servizi che l’azienda fornisce ai propri dipendenti per migliorarne la vita privata e lavorativa. Questo concetto è il risultato della trasformazione del concetto di welfare state. L’espansione del welfare state nei paesi europei avvenne dopo la fine della Seconda guerra mondiale e la forte crescita economica e demografica ne furono il carburante. Durante gli anni 70’ la crisi petrolifera in Medio Oriente e il conseguente aumento dei prezzi del greggio, misero in ginocchio le finanze dei Paesi che si rifornivano dai Paesi arabi per la principale fonte di energia e questo fu solo un assaggio della difficoltà che i sistemi di welfare statali dovettero affrontare poi in seguito. Alcuni governi dei Paesi nordici riuscirono a unire politiche efficaci di welfare universalistico a politiche rigorose, mentre altri Paesi come l’Italia stanno ancora cercando di ripartire in modo più efficace la spesa pubblica nei vari settori in termini di copertura1 . L’emergere di nuovi rischi e bisogni sempre più diversi e derivanti da un insieme di fenomeni sociali, demografici ed economici come l’invecchiamento della popolazione, l’incertezza della stabilità del posto di lavoro, l’instabilità coniugale con sempre più divorzi e separazioni (sempre più famiglie uni personali), un basso tasso di nascite, ha portato lo Stato a non riuscire a far più fronte alle nuove sfide emergenti con adeguate misure. In Europa inoltre, le stringenti leggi in materia di bilancio impediscono agli Stati di decidere da sé le quantità di risorse da destinare ai vari investimenti o progetti. La crisi economica del 2008 e gli alti tassi di disoccupazione non hanno fatto altro che aggravare la situazione, andando a togliere risorse importanti all’intero sistema Stato. Secondo l’Eurostat gli ultraottantenni nel 2030 saranno l’8% della popolazione italiana contro una media europea del 6,5% .2 Il rapporto tra la popolazione in età non attiva e quella in età attiva (15-64 anni) continua ad aumentare e nel 2016 si attestava sopra il 55% (fonte ISTAT). Inoltre, la coesione sociale è messa a dura prova anche per la fragilità delle famiglie. Il tentativo di compiere riforme, nei settori più delicati del Paese, come quello del sistema pensionistico o quello a favore delle donne, non ha dato risultati eclatanti. Questo perchè l’intero piano riformatore avrebbe dovuto avere basi più solide nel welfare statale.Si evidenzia anche come la spesa in politiche sociali (disabilità, invalidità e famiglia) sia stata messa in secondo piano. Il welfare aziendale, di fatto, va a sostenere il welfare statale e ad analizzare e incrementare i servizi per soddisfare i nuovi bisogni sociali emergenti. La Commissione Europea, per incentivare una collaborazione tra attori privati e organi statali, al fine di creare questa “sinergia”, ha incoraggiato la formazione di partnership. Secondo il primo rapporto sul secondo Welfare, del 2013 di Franca Maino e Maurizio Ferrera3 , il Welfare aziendale è maggiormente diffuso nei paesi del Nord Europa, in particolare nel Regno Unito ma anche in Germania e in Svezia con valori di prestazioni non obbligatorie erogate dalle imprese del 1 http://www.improntaetica.org/wp-content/uploads/2017/01/REPORT-welfare-aziendale-IE_versione- integrata-con-manuale_def.pdf 2 Database EU-SILC( european union statistics on income and living condition). http://ec.europa.eu/eurostat/web/microdata/european-union-statistics-on-income-and-living-conditions 3 http://www.secondowelfare.it/primo-rapporto-2w/primo-rapporto-sul-secondo-welfare.html
  • 5. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 4 14% della spesa sociale in UK, del 7% in Germania e Francia, mentre in Italia è del 2,1%. Negli ultimi anni la situazione è migliorata. Questo dato ci dice che in Italia il welfare aziendale non è ancora così radicato nelle imprese, anche se nelle grandi aziende è più presente che nelle PMI. Tra gli obiettivi che il Welfare aziendale si pone, vediamo l’aumento del benessere individuale dei dipendenti e delle loro famiglie, andando anche ad influire, più o meno direttamente, sul territorio in cui le aziende sono ubicate. Le azioni di welfare aziendale intendono valorizzare le risorse umane dell’azienda impattando di conseguenza sull’engagement (anche in termini di employer branding e di retention), sulla produttività e sull’efficienza. Si è assistito ad un cambiamento culturale che ha usato basi preesistenti (le istituzioni) per creare un modello sinergico tra attori e parti sociali diversi (stato-aziende-sindacati). In termini generali, emerge che, per mettere in atto un piano di Welfare aziendale, occorre agire in particolar modo su quattro aree: - culturale: sensibilizzando i vertici dell’azienda, il management e i lavoratori a una logica che comprenda misure di welfare; - economica: in cui fondamentale è avere una visione di medio-lungo periodo inclusiva di un attento calcolo dei costi, dei rischi e dei possibili vantaggi, in quanto l’effetto non è istantaneo; - normativa: ossia la conoscenza delle disposizioni legislative in materia di welfare aziendale (fisco, contrattualistica del lavoro); - organizzativa: ossia l’individuazione degli strumenti e delle azioni necessarie per l’attuazione di un piano. Dalle pratiche in materia di welfare aziendale, le aree di intervento dei piani si potrebbero riassumere4 : - la prima riguarda l’area della gestione del tempo e il work-life balance, con particolare riguardo a orari di lavoro più flessibili. Esempi ne sono il telelavoro, il lavoro agile/lo smart working; - la seconda riguarda la sfera domestica del dipendente, ossia i servizi di supporto alla cura della famiglia. Esempi ne sono i congedi parentali, i servizi di baby sitting o la possibilità di centri estivi per i figli dei dipendenti etc; - la terza è l’area riguardante la sfera personale del dipendente. Questa area comprende i vari benefit e le varie misure di cui il dipendente può usufruire per il suo benessere. Esempi ne sono le azioni di prevenzione sanitaria e il benessere psico-fisico. Il welfare aziendale, all’interno di queste tre macroaree, si indirizza verso quelli che vengono considerati i 12 campi di attuazione, ossia:  la previdenza integrativa  la sanità integrativa  i servizi di assistenza 4 TREU TIZIANO, Il welfare aziendale: migliorare la produttività e il benessere dei dipendenti, ed. Ipsoa, 2013.
  • 6. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 5  le polizze assicurative  la conciliazione vita-lavoro  il sostegno ai genitori e l’attenzione per le pari opportunità  il sostegno economico ai dipendenti e alle loro famiglie  la formazione dei dipendenti  il sostegno all’istruzione ai figli e ai famigliari dei dipendenti  l’attenzione per la cultura e le attività nel tempo libero  il sostegno ai soggetti deboli e la promozione dell’integrazione sociale  la sicurezza e il welfare territoriale allargato alla comunità Queste novità permettono alle aziende di realizzare nuove policy, correlate con le necessità di work- life balance di quella “generazione sandwich”5 , che si trova sempre più schiacciata tra complessità legate alla dimensione genitoriale e quelle legate alla cura di familiari anziani. Inoltre, l’attenzione crescente delle imprese verso l’impatto delle policy di welfare aziendale sul territorio e sulla comunità, può essere l’elemento chiave per supportare il welfare statale, ed evitare che quest’ultimo diventi uno strumento di aiuto sociale residuale, destinato alle fasce indigenti della popolazione. Ciò infatti aumenterebbe la frammentazione tra chi sta dentro il mercato (insiders) e chi sta fuori (outsiders). Questa situazione si è verificata, in Italia, soprattutto nel periodo post 2007, dopo la crisi economica, con conseguenze visibili anche oggi. 1.2 Numeri e tendenze del Welfare aziendale Analizzando in particolar modo il rapporto sul Welfare aziendale di index PMI 2017, che utilizzeremo in maniera pressoché continua nel corso del capitolo, possiamo vedere che, facendo un confronto con la media europea e con i principali paesi dell’Unione Europea, è evidente la differenza e l’unicità che ci contraddistingue relativamente alla distribuzione dei lavoratori per classi di impresa. Solo il 20,6% dei lavoratori italiani lavora nelle GI (grandi imprese, con oltre 250 addetti), contro il 36,6% della Francia, il 36,9% della Germania e il 46,9% dell’Inghilterra6 . La stragrande maggioranza dei lavoratori italiani lavorano nelle PMI (fino a un massimo di 250 addetti), che sono all’incirca 6,3 milioni7 . In Italia solo lo 0,1% delle imprese sono GI, il 4,9% sono medie e il 95% sono microimprese8 . Questi dati spiegano le difficoltà incontrate dal Welfare aziendale in Italia, che evidentemente è più agevole nelle grandi imprese, mentre le PMI fanno fatica ad ottenere dei vantaggi sostanziali, considerati i numeri bassi di personale e quindi anche lo scarso potere contrattuale nei confronti dei fornitori di servizi. Analizzando la situazione italiana, concentrandoci sulla contrattualistica, il Welfare aziendale è stato introdotto, nei contratti di secondo livello, con l’istituzione di premi di risultato e con misure di welfare aziendale. Nel 2016, su 7936 contratti di secondo livello, che stipulavano premi di risultato, il 51,7% ha anche introdotto misure di Welfare aziendale. Queste misure, 5 Naldini M.,Saraceno C., Conciliare famiglia e lavoro.Vecchi e nuovi patti tra i sessi e generazioni. Ed. Mulino,2011,Edizione Ebook ISBN 978-88-15-23304-2 6 http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf 7 http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf 8 ibidem
  • 7. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 6 per le imprese, rappresentano una delle risposte alla ricerca di risorse da investire nella remunerazione delle persone (in tema di compensation & benefits e di total rewarding), facendo leva sulla componente variabile dei costi del lavoro. Dei dodici campi in cui opera il Welfare aziendale, visti in precedenza, quello delle polizze assicurative è di gran lunga più sviluppato, con il 46,3%9 . A scendere troviamo: il sostegno economico ai dipendenti col 35,1%, la sicurezza col 33,9% e la formazione dei dipendenti col 33,7% ecc. Possiamo notare che gli investimenti per sostegno ai soggetti deboli e per l’integrazione sociale siano bassi (7,7%), come anche i servizi di assistenza con una percentuale del 6,7% e quelli destinati all’istruzione di figli (2,7%). Il dato che fa riflettere è quello legato al campo del sostegno ai soggetti deboli e all’integrazione sociale in cui è evidente la manacanza, nella maggior parte delle aziende, di programmi inclusivi per i disabili o i lavoratori stranieri. Questo dato si collega al tema della diversity nel mondo delle aziende, che analizzeremo di seguito. A livello di PMI, in Italia, di tutte le imprese che hanno avviato misure di Welfare, il 68,7% non copre più di tre dei dodici campi precedentemente citati. Il 31,3% coprono quattro campi, mentre solamente il 12,6% almeno sei. Molte infatti applicano misure a favore dei dipendenti senza sviluppare veri e propri piani di welfare. Diverse sono le motivazioni che spingono le imprese ad attuare misure e politiche di Welfare aziendale. Il 50,7% delle imprese italiane (PMI e GI), punta a migliorare la soddisfazione e il clima interno, il 20% mira a obiettivi di carattere economico-gestionale (il 16,4% vuole incentivare la produttività, il 3,6% contenere il costo del lavoro grazie ai vantaggi fiscali), il 16% punta a fidelizzare i lavoratori. Il 28,8% ha l’obiettivo di incrementare la produttività, ed è perseguito con maggior sforzo da quelle imprese operanti nell’industria. Quest’ultima percentuale non è altissima, in quanto molti degli imprenditori pensano che le misure di welfare aziendale impattino sulla produttività nel lungo periodo, e che gli incentivi fiscali non siano lo scopo principale per attuare le misure. Solo il 9,2% delle imprese punta a iniziative di welfare per migliorare la propria immagine e reputazione10 . Analizzando il punto di vista dei lavoratori, la ricerca11 mostra come la maggior parte dei lavoratori delle PMI non conosca, o conosca ancora poco e a livello generico, i servizi di welfare aziendale. Solo una piccola percentuale conosce molto bene l’argomento (circa il 6,9%). La scarsa percezione dei benefici delle misure di welfare si esprime attraverso la volontà, di più della metà dei lavoratori presi in esame (circa il 55%), a preferire il denaro in busta paga piuttosto che benefit legati al welfare. Parallelamente, il 21% delle PMI dichiara di non essere abbastanza informata sulla normativa e sugli incentivi fiscali. Questi dati dicono molto su quanto ci sia ancora da fare nelle PMI, sia in termini di conoscenza dei piani di welfare attuabili dalle aziende, sia poi in termini di comunicazione interna e di analisi dei bisogni delle persone. Negli ultimi anni si è però assistito alla crescita delle alleanze tra imprese, ossia all’organizzazione in “reti di imprese” (o altre forme di collaborazione e condivisione), per la condivisione di servizi comuni o di iniziative da attivare congiuntamente sul territorio. Questa modalità di aggregazione porta alle imprese e,soprattutto alle PMI, considerati i vincoli legati 9 http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf 10 Ibidem 11 http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf
  • 8. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 7 alla dimensione ridotta, un vantaggio visibile in materia sia di conoscenza del welfare aziendale in sé, sia di aumento degli investimenti in termini di remunerazione delle persone, grazie ad una maggiore accessibilità ai servizi. Guardano ai numeri, c’è ancora tanto da fare: solo il 23% delle imprese dichiara di essere interessata alle alleanze aziendali. Solo l’1,1% delle imprese ha costituito “reti di imprese”, mentre l’1,5% partecipa a consorzi e il 3,2%, pur non aderendo ad alleanze, condivide servizi comuni sul territorio12 . Il restante 94,2% non ha alcun tipo di alleanza o forma di partecipazione. Volendo rifarci alla classificazione delle 12 aree di welfare citate in precedenza, si scopre che la percentuale di azione diretta nel campo della cultura e del tempo libero è del 90,3%, nel sostegno all’istruzione di figli e familiari è del 75,5%, nella formazione dei dipendenti è del 67,0%, nel sostegno economico dei lavoratori è del 69,7%, nella conciliazione vita-lavoro e nelle pari opportunità è del 66,8%, nella sicurezza e prevenzione degli incidenti è del 50,2%, nei servizi di assistenza è del 49,4%. Per quanto riguarda il rapporto con il territorio e la comunità, il sistema di imprese italiano, formato quasi unicamente da PMI, dimostra, sia dalle interviste fatte13 , sia dall’analisi dei rapporti index PMI, un forte interesse e una buona partecipazione con iniziative di volontariato, creazione di eventi culturali e ricreativi, costruzione di scuole e asili ecc.. L’eco mediatico che il welfare aziendale ha ricevuto negli ultimi due anni, ha formato una sorta di cassa di amplificazione che ha permesso a nuovi attori di affacciarsi su un mondo prima sconosciuto a molti. Molte delle piccole e medie imprese si sentono ancora poco toccate dalla normativa e dalle questioni emergenti. Infatti, molte sono ancora disincentivate alla pratica del welfare aziendale, per gli alti costi in termini di tempo e di risorse economiche. Ad esempio, se le misure di welfare non vengono attuate con le risorse interne all’azienda, bisogna affidarsi a consulenti esterni che dovranno conoscere bene la realtà dell’azienda e che dovranno essere in grado di applicare un coerente piano di welfare. In buona sostanza, se l’effort e l’investimento non danno un ritorno in termini economici, di clima e di employer branding, le PMI non si attivano. Ecco perché è molto importante la collaborazione tra le imprese, le sinergie tra le diverse aree e funzioni aziendali e il collegamento delle misure di welfare con la sostenibilità dell’impresa. 1.3 Contesto normativo e driver economici del Welfare aziendale La recente Legge di Stabilità del 2016 ha rilanciato il tema del welfare nel mondo delle imprese sia sul piano fiscale, agendo sul TUIR, che sul piano della contrattazione di secondo livello, rinvigorendo i premi di risultato che sono soggetti ad un’aliquota IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) ridotta al 10%. Con la Legge di Stabilità del 2017 vengono introdotte in Italia delle novità riguardanti i premi di produzione. In primis vengono innalzate le soglie reddituali dei potenziali beneficiari dei premi di produttività dai 50.000 euro, della Legge del 2016, agli 80.000 euro attuali. Ciò ha allargato il bacino dei dipendenti interessati dalla misura14 . Inoltre è aumentato il valore 12 Pag 83-88 rapporto index pmi 2017. pdf 13 Intervista a Francesco De Stefano di Loccioni Group in allegato. 14 http://www.aidp.it/aidp_be/ALLEGATI/FILES/50.pdf
  • 9. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 8 massimo del premio di produttività che è passato da 2.000 a 3.000 euro nella generalità dei casi, mentre da 2.500 a 4.000 euro per quelle aziende che coinvolgono in modo paritetico i lavoratori, come riportato nella Circolare 28/E dell’Agenzia delle Entrate del 201615 . Infine ci sono i Voucher strettamente legati ai servizi di welfare aziendale e alla partecipazione degli utili da parte dei lavoratori16 , i quali sono regolati dal decreto interministeriale del lavoro del 25 marzo 201617 , a patto che il loro valore non superi i 258,23 euro18 . Tramite il voucher l’azienda delega l’erogazione del servizio a esercizi esterni. I destinatari che possono usufruire dei servizi di welfare delle aziende sono regolati dall’art 12 del TUIR (Testo Unico sulle imposte sul reddito) e sono il coniuge del dipendente, i figli, i genitori, i fratelli/sorelle, i genitori del coniuge. Paragonando le due modalità (ricezione premio in denaro e ricezione premio in servizi), si deve evidenziare, come riportano Mallone e Tafaro19 , che su un premio di risultato erogato in denaro i dipendenti pagano tasse per il 10% e la loro parte di contributi previdenziali ammonta a circa il 9%, mentre il datore di lavoro dovrà continuare a versare la quota più consistente dei contributi pensionistici. Se, al contrario, l’importo del premio è convertito in beni e servizi di welfare (l’istruzione, l’assistenza sociale, il servizio mensa e altri), entrambe le parti sono esenti dal pagamento delle tasse e dei contributi20 . Per Mallone e Tafaro, quest’ultima soluzione offre un incentivo significativo alle aziende che non effettuano versamenti previdenziali, mentre produce conseguenze contrastanti per i lavoratori, in quanto questi ultimi “perdono” i contributi previdenziali associati all’importo del premio, pagandone le conseguenze solo al momento del pensionamento”. Secondo un’analisi di Alessandro Bugli, del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, queste disposizioni normative e fiscali mirano a ridurre il peso delle tasse sui dipendenti, che ottengono invece un servizio che va a loro vantaggio. Parimenti, gli imprenditori possono usufruire della normativa per risparmiare sugli oneri contributivi, in quanto vengono meno le imposte sul reddito dei dipendenti e questo dà loro la possibilità di investire i risparmi delle tasse in servizi di welfare aziendali. Tutto ciò darebbe luogo a un circolo virtuoso, ”win-win”, dove entrambe le parti massimizzerebbero il beneficio. Con la Legge di Stabilità del 2017, il Governo potenzia e accentua la volontà di sviluppare il welfare aziendale in Italia. Questo approccio positivo, secondo Claudia Rizzini21 , può essere, però, messo in crisi dall’instabilità politico-istituzionale e dal clima acceso tra le differenti 15 https://www.aranagenzia.it/sezione-giuridica/sezione-economico-statistica/altri/7584-circolare-n-28e-del- 1562016-premi-di-risultato-e-welfare-aziendale-art-1-commi-182-190-l-n-2082015-stabilita-2016-agenzia- delle-entrate.html 16 www.economia.rai.it/articoli/levoluzione-del-welfare-aziendale-in-Italia/37167/default.aspx www.economia.rai.it/cerca.aspx?s=welfare%20aziendale 17 http://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2016/Decreto-Interministeriale-25- marzo-2016.pdf (ultima visione 19/12/2017). 18 Secondo la normativa, inoltre, un unico voucher può rappresentare più beni e servizi, a condizione che il suo valore complessivo non sia superiore a 258,23 euro. 19 Mallone 2017, Mallone e Tafaro 2017, Terzo Rapporto sul Secondo Welfare in Italia 2017. pdf ISBN 978- 88-909417-1-9. 20 http://www.pmi.it/impresa/business-e-project-management/approfondimenti/124667/guida-welfare- aziendale-quadro-normativo.html (ultima visione 20/12/2017). 21 Docente e ricercatrice facente parte del Laboratorio di Percorsi di secondo welfare dal 2012. Si è principalmente occupata di innovazione di welfare locale, social housing, politiche abitative, temi di equilibrio ed esclusione sociale.
  • 10. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 9 correnti. Il welfare quindi non prescinde solamente dalle imprese ma necessita anche di una situazione a livello nazionale stabile, in cui nuovi decreti legislativi legati al welfare possano essere concordati senza ritardi e divergenze continue. Per quanto riguarda gli aspetti sindacali, le misure della Legge di Stabilità del 2017 conferiscono più legittimazione alle associazioni di rappresentanti dei lavoratori (sindacati), promuovendo così una migliore collaborazione tra sindacati e aziende, verso un piano di welfare quanto più armonioso possibile per un vantaggio reciproco. In precedenza c’era una rigida differenza tra welfare aziendale e welfare negoziato. Con le attuali regole altre fonti diventano istitutive del welfare aziendale: oltre alle decisioni volontarie dell’impresa, entrano in gioco anche i regolamenti aziendali, gli accordi aziendali e territoriali e la contrattazione collettiva nazionale. Negli ultimi tempi il ruolo delle organizzazioni sindacali all’interno del mercato del lavoro ha subito una trasformazione22 . Il primo cambiamento riguarda l’influenza del sindacato nelle decisioni in materia di welfare. Il sempre più raro utilizzo dello strumento della concertazione (ossia della triangolazione dei contratti tra sindacati, attori privati/aziende e autorità pubbliche) ha fatto sì che le organizzazioni sindacali dei lavoratori modificassero le proprie strategie di azione, andando sempre più a focalizzarsi sulla contrattazione di secondo livello a livello territoriale e aziendale. Questa tipologia di contratto si discosta dalla vecchia logica della concertazione tripartita (che viene definita così appunto perché le materie prese in esame sono delegate dal CCNL23 ). La contrattazione di secondo livello avviene tra le singole imprese, la direzione sindacale, il sindacato interno all’azienda e quello del territorio. Questo integra il contratto collettivo nazionale del lavoro con aggiunte in materia di retribuzioni. Inoltre, consente di gestire in modo più flessibile gli orari di lavoro, di detassare i premi di produzione. La contrattazione territoriale entra in gioco al momento dell’accordo tra parti sociali presenti su un territorio, a beneficio delle aziende. Da un’analisi del rapporto OCSEL 2017 relativo al biennio 2015-201624 dell’Osservatorio sulla Contrattazione di Secondo Livello (OCSEL) appartenente alla Cisl, possiamo vedere come, sul totale dei contratti presi in considerazione nel periodo 2009-2016, la maggior parte dei contratti siano stati stipulati a seguito di una contrattazione di secondo livello. Andando ad analizzare i dati per classi dimensionali delle aziende, che hanno stipulato almeno un accordo negli ultimi due anni, si può notare come la contrattazione di secondo livello sembra 22 http://www.ediesseonline.it/riviste/rps/ricerca?filter0=sindacati+e+welfare testo pubblicato sulla Rivista delle Politiche Sociali. Articolo di Sabrina Colombo del 2 novembre 2017. Sabrina Colombo è professore associato in Sociologia economica presso l’Università di Milano. I suoi interessi di ricerca riguardano la sociologia del lavoro e le relazioni industriali. In questi ambiti ha svolto numerose ricerche nazionali e internazionali sulle disuguaglianze di ingresso nel mercato del lavoro e sul ruolo del sindacato nella regolazione del lavoro. 23 Il contratto collettivo nazionale di lavoro (abbreviato CCNL) è, nel diritto del lavoro italiano, un tipo di contratto di lavoro stipulato a livello nazionale tra le organizzazioni rappresentanti dei lavoratori dipendenti ed i loro datori di lavoro ovvero dalle rispettive parti sociali in seguito a contrattazione collettiva e successivo relativo accordo. 24 https://www.cisl.it/attachments/article/6408/Rapporto-OCSEL-2015-2016.pdf
  • 11. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 10 investire maggiormente le PMI (aziende con un max di 249 dipendenti) rispetto alle GI. I dati mostrano una crescita degli accordi inerenti al welfare aziendale e una correlazione tra la contrattazione del salario, prima materia oggetto di contratto, e le prestazioni di welfare. Infatti, in casi soprattutto di crisi aziendale, la contrattazione del salario tende a diminuire a vantaggio di benefit e servizi di welfare. Questo si spiega anche dal fatto che con le recenti Leggi di Stabilità del 2016 e del 2017 sono stati introdotti degli sgravi fiscali per le imprese che introducono misure di welfare. Figura 2: Ripartizione settoriale degli accordi sul Welfare - % sul totale degli accordi sottoscritti Figura 1: Propensione contrattuale- distinzione per classe dimensionale Dati OCSEL
  • 12. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 11 I settori più coinvolti nella contrattazione del welfare25 , nell’ultimo biennio sono il settore metalmeccanico con il 28%, quello chimico con il 20%, quello dell’edilizia con il 15%, quello tessile all’8%, quello dei servizi con il 7% e poi agroalimentare 6% e commercio 5%. Stiamo assistendo a una strategia di pressione da parte dei sindacati a livello territoriale e aziendale, per compensare la perdita di ruolo a livello nazionale. La logica territoriale, d’altra parte, è fondamentale per le politiche sanitarie e di conciliazione vita-lavoro. Inoltre si assiste a un ampliamento delle strategie sindacali che mirano a un aumento delle coperture sul welfare integrativo, considerato da tutte le confederazioni sindacali materia di azione collettiva. La Legge di stabilità del 2017 si impegna, in questo senso, a legittimare i sindacati come “mediatori” tra datori di lavoro e dipendenti per una situazione aziendale migliore, incentivando la via del negoziato tra le parti. I sindacati sono posti davanti a dure sfide, quali il continuo riconoscimento da parte delle istituzioni governative di intermediario nei negoziati con le aziende e il riconoscimento da parte dei lavoratori. Questi ultimi devono vedere rappresentati i loro bisogni e devono trovare supporto per la loro condizione lavorativa. Per analizzare il meccanismo economico alla base del welfare aziendale, prendiamo come esempio26 il dipendente di un’impresa in tre diverse situazioni: l’erogazione di un aumento di salario di 2000 euro lordi, l’erogazione di un premio di produttività e l’erogazione dei servizi di welfare aziendale. Si può notare come: - nel primo caso (salario), tra i contributi che l’azienda deve pagare, ossia i contributi del dipendente e le tasse, il reddito netto finale per il dipendente si aggira all’incirca intorno ai 1.282 euro. In questo primo caso l’azienda ha un costo di 2.680 euro; - nel secondo caso (premi di produttività), i contributi che l’azienda deve pagare sono pressoché gli stessi, tranne il fatto che, a parità di costo per l’azienda (sempre 2.680 euro), il valore netto per il dipendente sale a quota 1.635 euro. Quindi la situazione per il dipendente migliora, restando invece invariata per l’azienda, per cui il costo del lavoro è sempre uguale; - nel terzo caso invece, mediante l’attuazione di servizi di welfare, l’azienda non ha costi aggiuntivi di lavoro e la cifra netta per il dipendente è di 2.000 euro27 . Ciò dimostra l’efficacia della terza ipotesi (servizi di welfare) se guardiamo al mero calcolo. Vi sono però due criticità da considerare per il lavoratore: 25 https://www.cisl.it/attachments/article/6408/Rapporto-OCSEL-2015-2016.pdf 26 http://www.assoimprenditori.bz.it/bolzano/notiziario/notiziariovi.nsf/DB61259BF373A17CC1257FB90038C5 D2/$FILE/Slides-Reti%20di%20impresa%20per%20il%20Welfare.pdf pag 14. 27 http://www.assoimprenditori.bz.it/bolzano/notiziario/notiziariovi.nsf/DB61259BF373A17CC1257FB90038C5D 2/$FILE/Slides-Reti%20di%20impresa%20per%20il%20Welfare.pdf
  • 13. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 12 - il rischio di trasformare un aumento salariale legittimo e meritato in servizi di welfare “benevoli” da parte dell’azienda, ivi compresa la rinuncia ai relativi contributi previdenziali ai fini pensionistici per il lavoratore (mentre il caso del premio di produzione trasformabile in servizi di welfare è eticamente accettabile); - l’utilità effettiva per il lavoratore dei servizi di welfare offerti, per tale ragione il paniere dei servizi deve essere quanto più possibile customizzato sulle esigenze della persona, in modo tale che ne tragga benefici e non rimpianga il premio in denaro. Figura 3: Confronto tra un aumento retributivo di 2000 euro lordi per il dipendente sotto forma di salario, di premio di produttività ovvero rispetto ad una analoga erogazione di servizi
  • 14. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 13 CAPITOLO 2 – PIANIFICAZIONE DI UN PIANO DI WELFARE AZIENDALE E SINERGIE CON LE ALTRE ATTIVITA’ AZIENDALI 2.1 Progettazione e implementazione di un piano di welfare aziendale Il welfare tocca ogni aspetto dell’azienda, per tale motivo è importante seguire delle linee guida per il corretto sviluppo di un piano efficace. Affinché un’azienda possa essere competitiva, bisogna «ricondizionare tutta la capacità relazionale dell’impresa. Welfare è preoccuparsi dei veri bisogni dei clienti e offrire la massima qualità, puntualità e precisione, rispettare i propri fornitori in modo da avere sempre il trattamento migliore e più rapido, produrre con attenzione per l’ambiente, è anche preoccuparsi delle famiglie di chi lavora in azienda, è porre nelle condizioni migliori i lavoratori in modo che siano soddisfatti sia psicologicamente che in termini di remunerazione»28 . Prima di procedere con la stesura del piano, bisogna assicurarsi di creare un clima aziendale favorevole e sereno. Altra premessa è rappresentata dalla cultura aziendale, che deve essere conforme ai valori, alle credenze e agli obiettivi. Una volta perfezionati questi due aspetti, vi sono diverse fasi da presidiare per gestire un piano di welfare: analisi, comunicazione, implementazione, monitoraggio e valutazione. La fase dell’analisi dei bisogni delle persone, prevede l’osservazione della situazione dei dipendenti. Si procede con una mappatura di tutti i lavoratori, classificandoli per genere, tipo di istruzione, età, composizione del nucleo familiare ecc. Successivamente si somministra un questionario (o attraverso altri strumenti come interviste, focus group) per la raccolta dei dati, per comprendere quali siano i diversi bisogni delle persone che lavorano in azienda, in modo da poter offrire i servizi a loro più utili. In alternativa al questionario, per esempio, si può fornire una lista di servizi, tra i quali scegliere i più interessanti e utili per sé (non esiste una forma ideale per i questionari, solitamente si utilizzano quelli standardizzati, tuttavia se si hanno necessità specifiche, possono essere formulati ad hoc a seconda delle dimensioni dell’organizzazione o degli obiettivi fissati). Rispetto agli strumenti utilizzati nell’analisi dei bisogni, da un’intervista al HR Officer dell’azienda Loccioni, ad esempio è emerso che: «…La modalità principale è quella legata al “cv collaboratore” che è simile a un curriculum vitae classico dove, alla fine di ogni anno, ciascun collaboratore fa un bilancio dell’anno trascorso attraverso una serie di domande preimpostate dall’azienda che gestisce il template. La pianificazione è triennale e ogni anno questi curriculum vengono inseriti nel nostro sistema gestionale per poi essere visionati dalle HR ma anche dalla famiglia Loccioni. Questa è la comunicazione formale ma è presente anche una comunicazione informale durante l’anno, che si esplica attraverso colloqui informali»29 . Non esiste una sola metodologia per l’analisi dei bisogni, ma il fatto che le persone, sempre di più, hanno un ciclo di vita variegato ed esigenze differenti (in epoche precedenti le tappe e le esigenze delle persone erano più omogenee). Da qui anche, come vediamo osservando il mercato, la diversificazione e personalizzazione di prodotti e servizi. L’adeguatezza dei 28 Beretta L., De Luca V.,Parente F., Vitiello S. Il Welfare aziendale dalla teoria alla pratica. Pag 98 29 Intervista a Francesco De Stefano, Ufficio risorse umane, Loccioni Group.
  • 15. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 14 servizi per categorie (attraverso una clusterizzazione quanto più articolata possibile) va valutata nella sua evoluzione nel tempo, la motivazione dei lavoratori si basa su esigenze che mutano. Quindi, la proposta deve essere flessibile e variabile negli anni poiché, se si tralasciasse questo aspetto, probabilmente i benefici offerti non sarebbero percepiti come davvero tali, ma come qualcosa di scontato o addirittura inutile. Di rilievo diventa dunque l’attenzione e la cura che l’impresa è in grado di offrire all’interno della sua popolazione aziendale, analizzando e rendendo personalizzabili i diversi bisogni che vengono intercettati. In questa fase è particolarmente importante comunicare ai dipendenti le finalità dell’indagine, in modo tale da ottenere la piena collaborazione – necessaria anche per la stipulazione di un accordo con i sindacati. La fase della comunicazione del piano di welfare è particolarmente importante e deve essere trasparente e chiara. Una buona comunicazione non solo consente alle persone di comprendere appieno il valore del piano, ma anche di far emergere le azioni che l’azienda già faceva in termini di welfare e che, magari, non erano note o venivano date per scontate e dovute. Si tratta, da un lato, di informare e sensibilizzare le persone affinché percepiscano il reale valore delle iniziative di welfare e perché intendano che la finalità dell’azienda è quella di prendersi cura delle persone, non solamente di ridurre i costi. Se non si tenesse conto di tale aspetto, probabilmente i benefits offerti non sarebbero percepiti come un vantaggio. Pertanto dotarsi di spazi di dialogo, online e offline, diventa non solo un importante strumento di comunicazione in sè, bensì uno strumento strategico per la buona riuscita di un piano di welfare. La fase che comprende le aree d’interesse di applicazione e implementazione dei piani di welfare è anch’essa molto articolata. Una volta identificati i servizi da offrire, l’azienda deve scegliere come procurarli e come erogarli. Esistono più alternative: dai portali già esistenti contenenti diversi servizi, che comunemente vengono reputati utili, ai servizi erogati direttamente dall’azienda all’interno (palestra, asilo nido, etc). Ogni servizio opzionato, o pacchetto di servizi, ha un valore monetario. In alternativa, a seguito della recente riforma fiscale, le aziende si possono dotare di Voucher da dare ai lavoratori e che possono essere spesi presso centri e/o rivenditori convenzionati. Qui di seguito un classico esempio di raggruppamento, in aree, dei servizi offerti da un piano welfare:  Area salute e benessere: assicurazioni (polizze sanitarie, infortuni etc), wellness e sanità (palestra, centri benessere, casse sanitarie aziendali, convenzioni con ospedali per check up etc)  Area del sostegno al reddito: borse di studio, acquisto libri, buoni pasto, sconti per servizi primari etc;  Supporto professionale: coaching professionale, programmi formativi e di riqualificazione professionale, supporto al rientro dalla maternità, supporto ai genitori in attesa di figli e consulenza in tema di conciliazione famiglia – lavoro;  Organizzazione del lavoro e risparmio del tempo: smart working, trasporti da e per il luogo di lavoro, servizi per la mobilità internazionale, servizi “time-saving” (come lavanderia, tintoria, farmacia) etc;
  • 16. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 15  Sostegno per la famiglia: asili nido, centri educativi, viaggi studio, borse si studio per i figli, servizi per gli anziani etc. Molto importante anche la fase del monitoraggio, per tutto il tempo successivo all’attivazione del piano di welfare. In questa fase bisogna verificare e rinforzare le attività di comunicazione, analizzare il ritorno dei servizi per valutare i tassi di effettivo utilizzo, misurare gli aspetti economici e il livello di soddisfazione. E’ di fondamentale importanza quindi osservare l’impatto che un piano ha rispetto alla popolazione aziendale (cosa, come e quanto viene utilizzato di ciò che viene proposto). Più o meno direttamente, è possibile monitorare anche il clima aziendale, o effettuare un’analisi di clima post erogazione del piano per vedere se e cosa è cambiato. Se invece si valutasse un piano solo ex post, ciò non permetterebbe di intercettare e individuare in modo puntuale eventuali criticità o problemi gestionali (dei singoli e dell’organizzazione), che rimarrebbero altrimenti silenti generando, peraltro, un precedente e un mood negativo nei confronti di future iniziative. Il costante monitoraggio di un piano welfare, peraltro, rappresenta anche un’occasione di valore per ascoltare i lavoratori anche su altri fronti, paralleli e sinergici. A tal proposito, analizzeremo nel prossimo paragrafo i collegamenti del welfare con altre attività aziendali. 2.2 Collegamenti del welfare con le altre attività aziendali L’attuazione di un piano di welfare efficace influisce e interferisce con altre attività dell’azienda tra cui: diversity management, employer branding, formazione e sviluppo, comunicazione interna, compensation and benefit e corporate social responsibility (CSR). Oltre a relazioni sindacali e finance, di cui abbiamo ampiamente parlato nel primo capitolo. Occorre premettere che molto spesso all’interno delle aziende non esiste una figura dedicata al welfare aziendale, un “welfare manager”. Le attività inerenti il welfare sono compiti affidati al reparto HR delle aziende, come è emerso dall’intervista all’ HR Officer dell’azienda Loccioni: «[…], non c’è una figura specializzata a cui viene affidato il piano di welfare ma l’implementazione del piano viene affidata a dei team che poi vengono supportati dai vari reparti di risorse umane, per esempio, o dal reparto economico»30 . «I responsabili delle politiche aziendali, anche quando hanno introdotto innovazioni rilevanti nelle loro imprese, sono spesso carenti di informazioni sistematiche sulle pratiche esistenti nel sistema, quindi sulle alternative possibili e sui relativi costi e benefici»31 . I beni e i servizi che costituiscono un piano di wefare devono essere gestiti su più fronti in modo integrato (fisco, relazioni sindacali, gestione del personale), per poter tener conto di ogni aspetto aziendale. Ad esempio, «...la scelta di gestire il welfare attraverso un portale o un servizio ad hoc gestito esternamente non può essere efficiente se non esiste un collegamento diretto con il software di payroll attraverso un’interfaccia più o meno sofisticata»32 . 30 Intervista a Francesco De Stefano, Reparto risorse umane. Loccioni Group. 31 Tiziano Treu, Welfare aziendale. Migliorare la produttività e il benessere dei dipendenti. Ipsoa, Milano, 2013, pag. 9 32 PLEBANI A., (Intervista), Welfare aziendale, alle direzioni HR serve un approccio integrato. 6 ottobre 2017. https://www.digital4.biz/hr/hr-transformation/welfare-aziendale-serve-un-approccio- integrato_436721510651.htm
  • 17. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 16 In tema di diversity management possiamo osservare come, tramite l’analisi dei bisogni della popolazione aziendale (che tanto più è efficace quanto più riesce a intercettare i bisogni dei singoli individui, pur clusterizzando sui grandi numeri) e i conseguenti servizi, le azioni di welfare impattino in modo rilevante sulla diversità, andando appunto ad analizzare, riconoscere e accogliere, e poi a rispondere ai diversi bisogni della variegata popolazione aziendale. Le diversità in termini di età, etnia, religione, abilità e competenze, attraverso un adeguato piano di welfare possono uscirne arricchite e valorizzate. Quella ricchezza e quella varietà non sono altro che quelle rappresentate dal mercato in cui l’azienda compete e dalla società in cui l’azienda, come soggetto economico e sociale, agisce. L’impresa, attraverso le azioni di employer branding in termini di retention, crea un meccanismo interno di fidelizzazione delle persone sviluppando senso di appartenenza e benessere. Parallelamente, sul fronte esterno l’employer branding rappresenta una leva di attraction, quindi importante per il recruiting. Insieme, interno ed esterno, sono le due facce della employer branding strategy”33 , un’attività a cavallo tra HR e Marketing che punta al miglioramento generale della reputazione dell’azienda. Il fine di tale attività è evidenziare la qualità non solo del prodotto/servizio venduto sul mercato ma anche del luogo di lavoro, in termini di clima, servizi offerti, benefit etc, quindi di welfare aziendale. Il lavoratore soddisfatto sarà portato a parlare positivamente della propria azienda, contribuendo così alla brand reputation e dando il suo contributo al fatturato e all’attrazione di talenti da fuori. L’interesse verso il benessere dei dipendenti conduce ad una serie di vantaggi concatenati per l’azienda. Con il miglioramento del clima aziendale e del benessere individuale, le persone lavorano più serenamente, aumentando la loro produttività e il loro soddisfacimento personale. In seguito a questo “benessere diffuso”, la qualità della produzione è migliore, si riduce l’assenteismo e la malattia, con conseguente risparmio di tempo e costi. «L’immagine della marca incide sulla capacità attrattiva come luogo di lavoro (i valori tangibili e intangibili che fanno di un brand un culto concorrono a definire “tribù” composte da dipendenti e clienti valicando la mera qualità del prodotto per attestarsi sul senso di appartenenza)»34 . Tutto questo ci fa capire come il welfare aziendale faccia da filo conduttore tra le diverse sfere aziendali, travalicando steccati e compartimenti, collegando tematiche diverse ma contigue, che rientrano tutte in un’ottica di evoluzione e miglioramento dell’azienda a livello produttivo, a livello di coesistenza/clima interno e a livello di immagine reputazionale attrattiva. Se parliamo di formazione e sviluppo, «si è sicuramente accresciuta da parte delle imprese la consapevolezza della necessità, per competere, di disporre di risorse umane con elevate competenze e un’alta specializzazione»35 . Per tale motivo emerge oggi, in modo sempre più chiaro, come lo sviluppo del business sia intrinsecamente vincolato allo sviluppo delle persone, all’adeguamento delle loro 33 “Guida pratica all’Employer Branding” di Giuseppe Caliccia.Editore, Franco Angeli «Si ritiene, […], che l’employer branding sia una strategia che permetta l’attrazione e la fidelizzazione dei potenziali individui di talento che si affacciano sul mercato del lavoro». http://www.employerbranding.it/content/cos%C3%A8- lemployer-branding 34 Ibidem. 35 Formazione e welfare aziendale nelle iniziative di Responsabilità Sociale d’Impresa, Paola Nicoletti. Pag 112
  • 18. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 17 competenze, alla crescita personale; per questo si investe nella formazione delle persone. Infatti le prospettive di sviluppo, in un’ottica di lifelong learning, adottate per rispondere al bisogno di valorizzazione e investimento del capitale umano (che va al di là delle stesse competenze necessarie a migliorare la produzione e la competitività dell’impresa) si traduce nell’orientamento dei dipendenti verso funzioni sempre più professionali, da una parte, più facilmente spendibili nel mercato del lavoro, dall’altra che possono interessare la persona per la sua crescita individuale e di rapporto con il territorio36 . Ecco come il welfare aziendale, offrendo servizi come il coaching professionale, corsi di formazione (anche per studiare e perfezionare le lingue straniere), attività culturali e occasioni di apprendimento in generale, contribuisce allo sviluppo delle competenze e delle abilità delle persone. Come abbiamo potuto osservare in precedenza, parlando delle fasi della progettazione e implementazione di un piano di welfare, la comunicazione interna riveste un aspetto fondamentale per ottenere un buon ritorno dell’investimento di risorse, umane e non, impiegate nell’attuazione di un piano di welfare. Fondamentale è comunicare le nuove iniziative (e quelle che magari si facevano già ma non si valorizzavano), raccogliere i feedback e analizzarli. Il compensation and benefit (comp&ben) ha come obiettivo quello di analizzare il posizionamento retributivo dell’azienda. E’ bene ricordare che, come abbiamo visto nel primo capitolo, sviluppare strategie di welfare permette all’impresa di muoversi in modo strategico, in quanto i benefit offerti non rientrano nella retribuzione di base del dipendente e non sono sottoposti alla tassazione statale. La retribuzione può prevedere due componenti: retributiva fissa e retributiva variabile. La retribuzione variabile comprende i benefit che si possono definire come complementari (cellulare, auto aziendale ecc.). L’esperto di comp & ben, in concreto, si occupa della diagnosi della retribuzione, verificandone la coerenza interna e la competitività esterna; definisce le aree di miglioramento della retribuzione variabile, simula i costi e i benefici, definisce i criteri di misura. L’obiettivo principale è analizzare e trasformare le scelte di politica retributiva in piani definiti valutabili in termini di costi. Normalmente questa è una figura presente nelle grandi aziende e nelle multinazionali, e in questi contesti spesso si occupa anche (o collabora strettamente con chi se ne occupa), di piani di welfare37 . Molte aziende, indipendentemente dalla loro dimensione, intervengono con politiche di welfare non solo all’interno dell’azienda ma anche, più o meno indirettamente, all’esterno, contribuendo al miglioramento dell’ambiente circostante. Questo lo fanno ad esempio attivando mezzi di trasporto, organizzando eventi sul territorio, intervenendo su flora e fauna, operando delle migliorie infrastrutturali o estetiche, adoperandosi per attivare interventi pubblici per la manutenzione della rete stradale urbana o per la messa in sicurezza di aree critiche, creando occupazione, innalzando le competenze delle persone e dei giovani che vivono sul territorio (per es. con l’alternanza scuola-lavoro). Tutto ciò rientra nel concetto e nelle azioni di corporate social responsibility (CSR). 36 Formazione e welfare aziendale nelle iniziative di Responsabilità Sociale d’Impresa.Paola Nicoletti 37 http://www.jobtel.it/esperto-in-compensation/
  • 19. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 18 Un esempio è Loccioni. Dalle parole del referente intervistato, «esiste proprio un progetto che si chiama 2 km di futuro, il cui nome deriva dalla messa in sicurezza dei 2 km del fiume Esino, che scorre vicino alle sedi Loccioni qui ad Angeli di Rosora, questo dopo che un’alluvione negli anni 90’ aveva inondato gli stabilimenti dell’azienda. Loccioni prese la decisione di non spostare gli stabilimenti e di rimanere sul territorio a cui è sempre stata molto legata. Per fare questa messa in sicurezza c’è stata una procedura di collaborazione pubblico privato in cui ci sono vari enti coinvolti nel demanio pubblico e l’impresa si è presa carico economicamente di fare i lavori a cui in seguito si è aggiunta una pista ciclabile»38 . A questi aspetti dedicheremo parte del terzo capitolo. CAPITOLO 3 – WELFARE AZIENDALE E SOSTENIBILITA’ 3.1. Relazioni con il territorio L’interesse sviluppatosi nei confronti della “responsabilità sociale” dell’impresa costituisce un segnale della necessità di pervenire ad un rinnovamento della “cultura del profitto”, accompagnato da un ampliamento del ruolo dell’impresa nel sistema sociale. In questo senso la scelta di attuare piani di welfare che si occupino, oltre che “dell’interno” dell’azienda (benessere dei lavoratori) anche “dell’esterno” (territorio/comunità e sostenibilità) risulta essere sempre più in crescita, essendosi dimostrato inoltre una dimensione strutturale della strategia aziendale e quindi un efficace strumento di vantaggio competitivo39 . Queste particolari attenzioni fanno dunque parte delle principali caratteristiche di un’impresa che abbraccia le Corporate Social Responsability (CSR) o Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI). Secondo il “Green Paper” dell’Unione Europea del 2001, sono socialmente responsabili le imprese che decidono di propria iniziativa di contribuire a migliorare la società, il territorio e l’ambiente40 . La responsabilità sociale d’impresa riguarda tutta la gestione, ma in particolare le relazioni con tutti coloro che hanno a che fare con l’impresa, oltre che la sensibilità etica e sociale del management. Al di là dell’etica del singolo individuo, la CSR attiene alle azioni dell’impresa nei confronti dell’ambiente esterno e alla capacità di un’azienda di coniugare e inglobare i driver del “non profit” nel “profit”. Ogni impresa può, quindi, essere interpretata come un sistema sociale aperto, inserita in un macrosistema e in un microsistema che si influenzano reciprocamente. L’approccio sistemico utilizzato permette di spiegare le relazioni tra impresa e ambiente; in questo modo è possibile pensare l’impresa come un sistema dinamico, in continua trasformazione, cosi come le persone che la vivono e la animano. 38 Intervista a Francesco De Stefano. Ufficio risorse umane. Loccioni Group. 39 Mario Molteni. Gli stadi di sviluppo della CSR nella strategia aziendale Impresa Progetto – Rivista on line del DITEA, n. 2, 2007 40 Gianfranco Rusconi. Etica, responsabilità sociale d’impresa e coinvolgimento degli stakeholder- Impresa Progetto – Rivista on line del DITEA, n. 1, 2007.
  • 20. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 19 Le imprese, in quanto sistemi sociali, sono non solo soggette all'azione delle organizzazioni internazionali e dei governi, ma anche alla pressione esercitata dalla società, che chiede sempre più alle imprese di render conto delle proprie azioni, giudicandone non soltanto gli “effetti”', ma anche le “'intenzioni”. Temi come la redistribuzione del reddito, il benessere delle persone, la salvaguardia dell’ambiente, l’equità sociale, la bellezza etc sono temi che non possono stare fuori dall’azienda, ma l’azienda ne è parte integrante in quanto attore sociale e vivente, grazie anche alla sua capacità e possibilità di poter incidere e influenzare sul mondo in cui opera. Parallelamente, pensare che l’azienda sia un attore guidato esclusivamente da logiche di massimizzazione del profitto è fuorviante oltre che non sempre vero. Quante volte le aziende sono diffusori di innovazione? Quante di bellezza? Quante di solidarietà? Quante di realizzazione di oggetti e servizi utili per le persone migliorando la loro qualità della vita? Se ci pensiamo, forse tante. E’ importante focalizzarsi sulle interrelazioni tra diversi soggetti che hanno uno scopo comune e che ragionano insieme per il benessere del proprio territorio. E’ possibile così creare un vero capitale intellettuale locale, che si traduca inoltre in forza competitiva. L’adozione di pratiche di CSR non rappresenta solo un impegno economico, ma una vera e propria strategia che include scelte aziendali etiche, sociali e ambientali, considerando in questo modo una riqualificazione dei processi, delle risorse, delle competenze e dei fattori di competizione. La scelta volontaria di intraprendere la strada della CSR, connessa con tutti gli stakeholder, permette di ottimizzare l’impatto dell’operato aziendale sul territorio e sulla comunità circostante, ottenendo in tal modo condizioni di accettabilità e di consenso ad operare41 . In tal senso come è emerso da un’intervista ad un manager di un’azienda alimentare situata nel Nord Italia: “…L’obiettivo è quello di far in modo che, a livello locale, l’azienda venga vista come un ente che non solo da lavoro alla gente, ma che è comunque vicina a fenomeni sociali. Vogliamo creare in qualche modo una sorta di favore nei confronti dell’azienda, dal punto di vista sociale. Siamo vicini e attenti a questo tipo di problematiche…” Weber (2008)42 ha proposto tre aree di impatto benefico delle attività di CSR, che sono: • Immagine e reputazione della aziende: entrambi i fattori possono influenzare la competitività dell’ azienda ed avere su di essa un impatto benefico, in particolare in una logica di lungo termine. • Motivazione, fedeltà e appeal: la CSR può aumentare la motivazione dei lavoratori, che vivono in un ambiente migliore, e può contribuire a garantire una attrattività maggiore per le persone che vi devono entrare (talent acquisition). 41 Economia Aziendale Online VOL. 7. 1/2016: 17-41 Refereed Paper - www.ea2000.it
DOI: 10.6092/2038- 5498/7.1.17-41 42 Weber, 2008, Incorporating Sustainability Criteria Into Credit Risk Management ETH Zurich, Institute for Environmental Decisions IED, Natural and Social Science Interface (NSSI), First published: 27 November 2008
  • 21. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 20 • Riduzione dei costi: l’implementazione di una strategia di sostenibilità può migliorare la qualità dei prodotti, garantire un risparmio di tempi, di consumo di energia etc. Questo consente anche all’azienda di proporre una immagine positiva di sé nei confronti di analisti finanziari ed investitori43 . Tutto ciò si traduce in un’attenzione a diversi fattori:  Investimento sul capitale umano (dedicare risorse alla formazione dei propri dipendenti; adottare soluzioni che consentano loro di trovare un buon equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero; attuare politiche di reclutamento che facilitino l'assunzione di persone sfavorite sul mercato del lavoro; tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro)  Contributo alla tutela dell’ambiente (ridurre emissioni inquinanti, limitare l’impatto ambientale dell’attività, investire nell’ecosostenibilità)  Scelta di partner commerciali e fornitori (che rispettino i diritti umani e che che adottino standard di eccellenza)  Investimento nel rapporto con i clienti (soddisfare bisogni e aspettative del cliente; si basa su qualità, sicurezza, affidabilità)  Investimenti nella comunità (collaborare con scuole, sostenere organizzazioni no profit, realizzare eventi, migliorare le infrastrutture, effettuare opere di bonifica, sostenere l’imprenditorialità e la nascita di nuove imprese, dar vita a scuole di mestieri e centri di formazione, etc). Agire in un’ottica finalizzata alla cura del patrimonio umano, culturale e ambientale, permette al territorio e all’impresa di autoinfluenzarsi positivamente, di essere fonte d’ispirazione l’uno dell’altra e viceversa. L’impresa che agisce in questa direzione ha ben chiaro il suo legame con il territorio e lo riconosce come un valore. Il territorio, da parte sua, sviluppa fiducia nei confronti dell’azienda ed è orgoglioso di esserne parte integrante. Un esempio di questo stretta sinergia tra azienda e comunità la si può riscontrare nel caso di Alba, cittadina simbolo di Ferrero, nella quale sono manifeste forme di attaccamento alla “famiglia”. Analizzando una Grande Impresa italiana, presente a livello internazionale, si è voluto evidenziare appunto il caso Ferrero44 . Ferrero negli ultimi due anni ha speso oltre 6 milioni di euro per il benessere dei dipendenti e per le attività di CSR. Come altre grandi imprese, realizza la sua responsabilità d’impresa su larga scala e a livello internazionale. Dalla spesa locale sulle materie prime, alla creazione di scuole per i bambini profughi, all’attenzione alla salute (campagne contro l’obesità verso i 44 http://www.ferrerocsr.com
  • 22. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 21 giovani consumatori dei suoi prodotti), alla protezione ambientale (campagna contro la deforestazione e la conservazione degli alberi di cacao), l'effetto dell’azienda attraverso la RSI è stato molto sentito nelle comunità locali. I progetti di CSR di Ferrero sono realizzati in gran parte dalla Fondazione Ferrero. Quest’ultima è nata come espressione di apprezzamento da parte dei dipendenti e nel tempo è diventata un vero e proprio centro di educazione e punto di riferimento culturale per tutto il territorio. La fondazione si concentra principalmente su tre aspetti della responsabilità sociale: 1. Assistenza sanitaria (assistenza medica ai dipendenti in pensione, alle loro famiglie e ai membri delle popolazioni locali, visite mediche gratuite domiciliari svolte tutto l'anno in collaborazione con infermiere e medici); 2. Istruzione (la fondazione collabora con l'Università di Torino per fornire borse di studio ai giovani provenienti dalle comunità locali per studiare e conseguire master di secondo livello nei corsi di Scienza e Tecnologia e Nutrizione Umana); 3. Attività socio-culturali (la fondazione finanzia progetti ed eventi incentrati su scienza e ricerca, arte, cultura e discipline economiche e sociali. Un esempio di questo è stata la FUTURBALLA, che è stata una mostra interculturale organizzata ad Alba nel 2016, attirando oltre 90.000 visitatori tra cui 7.000 bambini delle scuole primarie e elementari che hanno preso parte a scambi culturali e laboratori didattici) Tutte queste iniziative mirano a salvaguardare lo sviluppo sanitario, educativo e socio- culturale delle persone residenti in queste aree, nel tentativo di fornire loro uno stato sociale equilibrato e positivo. Per quanto riguarda le Piccole Medie Imprese, invece, possiamo notare una notevole differenza. Sebbene la consapevolezza della RSI nelle grandi aziende sia più evidente, non è detto che manchi nelle PMI. Quest’ultime si dedicano infatti alla CSR, anche se con modalità differenti e in misura proporzionale alla loro dimensione. Le PMI infatti intraprendono varie forme di RSI, con un approccio diverso rispetto alle grandi aziende. In particolare, le PMI adottano approcci alla CSR anche in base alle loro priorità e capacità finanziarie. Queste aziende, soprattutto quando sono famigliari e guidate da un imprenditore noto o di successo, sono ben radicate sul territorio e hanno il desiderio di restituire qualcosa alla comunità. Non soltanto in termini filantropici (donazioni, sponsorizzazioni), ma anche con messe in opera e contributi diretti ad azioni di miglioramento ambientale e urbanistico e di animazione del territorio. Ad esempio, l’ HR Officer Francesco De Stefano di Loccioni, nell’intervista che gli abbiamo fatto, ci ha detto: “In futuro Angeli di Rosora potrebbe anche diventare una meta turistica, anche per il fatto che intorno a noi ci sono dei siti storici come l’abbazia di Sant’Urbano o altri luoghi culturalmente ricchi e attrattivi come la valle di San Clemente, che l’azienda Loccioni sta cercando di valorizzare tramite progetti che coinvolgono enti locali e azienda. Loccioni porta i
  • 23. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 22 suoi clienti a fare un tour dei luoghi più belli del territorio sopracitati presi in concessione dall’impresa.” Tuttavia, vi sono degli ostacoli alla diffusione della CSR nelle PMI, oltre alle risorse economiche e umane da potervi dedicare:  mancanza di sensibilità rispetto a una visione a lungo termine;  diffusa convinzione che la CSR implichi solo costi e non porti risultati tangibili per quanto riguarda i profitti, quindi mancanza di consapevolezza dei benefici della CSR;  individualismo dell’imprenditore italiano medio, che ha difficoltà ad aggregarsi e condividere con altre imprese;  mancanza di visibilità e rilievo alle attività di CSR che molte PMI pur fanno ma che restano sullo sfondo;  mancanza di politiche rigorose che premino l’impegno nella CSR;  mancanza di consapevolezza rispetto al costo che può avere un comportamento socialmente irresponsabile;  mappatura regolare e diffusione di casi esistenti di CSR nelle PMI (spesso le PMI svolgono le loro attività in modo informale, a differenza delle grandi aziende, mettendo meno enfasi sulla comunicazione di tali attività). Analizzando un caso di PMI, prendiamo in considerazione Palm Spa45 , un’azienda di Viadana, considerata un’eccellenza nel costruire punti di riferimento per le strategie di sopravvivenza. Operante nel settore dell’eco-progettazione e produzione di imballaggi in legno, è stata in grado di adottare una strategia aziendale orientata alla CSR, creando e gestendo una catena di fornitura socialmente sostenibile attraverso la cura delle relazioni con gli stakeholder, l'assistenza ambientale e l'introduzione di alcune innovazioni di processo. Lo scopo di Palm Spa è sempre stato non solo quello di creare valore per l'azienda, ma anche per i dipendenti, per i clienti e per il contesto territoriale e sociale in cui opera. Coerentemente con questo orientamento, l'azienda ha iniziato a promuovere, volontariamente, una serie di iniziative per migliorare la qualità di vita delle persone della comunità, attraverso l’attenzione all'ambiente. Sin dalle sue origini, Palm ha indirizzato la sua attività verso il rispetto per l'ambiente adottando un modello di business in cui i prodotti commerciabili sono visti come potenziali attività di riconversione/riciclo e non semplicemente come “prodotti primari”. In quest’ottica ciascuna materia è pensata come possibile anello di altre catene di valore. La sua azione in tal senso rappresenta un esempio di economia circolare, che possiede un valore ricostituente, caratterizzato da un uso efficiente delle risorse, diversamente da quello dell’economia lineare. Adottare questo sistema circolare in un’ottica di recupero delle risorse (a partire dall’estrazione fino ad arrivare alla produzione) permette di mettere al centro non 45 WWW.palm.it/Portals/13/Master_CSR_Angelicum%20CSR_PMI_PALM%20caso%20eccellenza_.compress ed.pdf
  • 24. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 23 tanto il prodotto in quanto tale, bensì la sua funzione e il suo utilizzo. Quella circolare diventa quindi una forma di economia più collaborativa, che permette di prolungare l’uso produttivo dei materiali, riutilizzarli e aumentarne l’efficienza. Così facendo è possibile rafforzare la competitività, creare nuovi posti di lavoro, ridurre l’impatto ambientale e le emissioni di gas, raggiungendo così uno sviluppo relamente sostenibile. All’interno di Palm questo trova la sua applicazione in progetti sociali ed ecosostenibili: 1) Pallet ecosostenibili: produce e vende bancali in legno e casse riutilizzando i vecchi prodotti per crearne nuovi. In questo modo, Palm riduce il suo impatto sulla deforestazione diminuendo il numero di alberi tagliati attraverso il riutilizzo del legno. L’azienda adotta una strategia di riciclaggio: se il pallet non è stato utilizzato lontano da dove viene prodotto, può essere restituito a Palm, che si occupa di rimpiegarlo. Quando le distanze sono lunghe, la riconsegna non avviene, in quanto i costi di trasporto e l'impatto delle emissioni di CO2 potrebbero essere maggiori dei benefici. 2) Il progetto Palm Work & Project: nel 2003 Palm ha avviato delle attività sociali dirette a includere persone svantaggiate residenti nel territorio, dando loro occupazione. Il primo anno di questa iniziativa, alcuni disabili sono stati coinvolti in attività commerciali con compiti come l'inserimento di dati, la partecipazione alle fasi di progettazione del prodotto, le attività di call center, di grafica e stampa e di web marketing. Dopo i risultati positivi del primo anno, è stata fondata una cooperativa per la promozione del lavoro di queste persone, in totale autonomia e auto-imprenditorialità. Le iniziative attuate da Palm sono tutte sviluppate nel territorio locale, alcune anche in collaborazione con altre organizzazioni, per condividerne il peso economico. 3.2. Reti d’impresa Sappiamo che le PMI costituiscono la stragrande maggioranza delle aziende italiane. Queste aziende molte volte, per le loro dimensioni ridotte, fanno fatica ad attuare un vero e proprio piano di welfare, avendo inoltre limitate capacità di coordinamento tra i diversi stadi della filiera di produzione. Il problema che persiste in Italia, anche se in netto miglioramento, è la scarsa collaborazione tra le differenti realtà aziendali. Per superare i vincoli strutturali dell’economia italiana, data dalla frammentazione del tessuto imprenditoriale italiano, è stato introdotto nel 2009, all’interno dell’ordinamento giuridico (tramite il Decreto incentivi legge n. 33, che coinvolgeva le aziende SpA, esteso poi a tutte le organizzazioni imprenditoriali) il “Contratto di Rete”. Si tratta di uno strumento appositamente studiato per promuovere una condivisione dei progetti tra più imprese, sviluppando quindi una crescente competitività che molto spesso manca alle piccole realtà. Queste misure hanno comunque permesso di mantenere alla rete un’autonomia patrimoniale. A questo fine i contraenti si impegnano a: 1. collaborare in forme ed ambiti attinenti le attività delle imprese (per esempio la creazione di un marchio comune, la definizione di una politica dei prezzi, un piano di welfare aziendale che sfrutti la rilevanza numerica); 2. scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica (per esempio lo sharing dei risultati della ricerca);
  • 25. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 24 3. esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa (un esempio può essere la condivisione di piattaforme logistiche)46 . Attraverso le reti di impresa le aziende possono quindi condividere know-how e risorse necessarie per gli investimenti al fine di crescere e svilupparsi, diversificare la produzione e renderla più efficiente, ma anche rendere più stabile la posizione dell’azienda nel caso di shock economici e finanziari. Il contratto di rete, quindi, permette alle PMI di raggiungere obiettivi di sviluppo superiori a quelli che raggiungerebbero nel caso operassero da sole, attraverso una cooperazione efficiente e la riduzione dei costi che ne deriva legata a un’ampia libertà contrattuale. Questa autonomia, che hanno le imprese, differenzia il modello delle reti da altri sviluppati precedentemente come i consorzi, i contratti bilaterali collegati o le joint venture. Ciascun membro della rete mantiene una sua identità, garantendo però l’attività di condivisione messa a servizio dal contratto come:  le ragioni e le motivazioni dell’entrata in rete;  l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e/o di innalzamento della capacità competitiva delle imprese;  la definizione di un programma di rete in cui vengono segnalati i diritti, gli obblighi dei partecipanti e le modalità da seguire per raggiungere gli obiettivi;  la durata del contratto;  le modalità per le successive entrate di nuovi partecipanti;  regole di accettazione delle decisioni prese all’interno della rete47 . Dal 2009 il numero delle reti d’impresa è notevolmente aumentato a livello nazionale. Al 30 giugno 2017 i soggetti aziendali coinvolti negli oltre quattromila programmi di rete presenti sono più di 19.00048 . Una delle principali novità del contratto di rete è di natura culturale: essa infatti mira a coltivare un approccio nel fare impresa in cui la fiducia, la condivisione, la partecipazione e l’apertura al mondo esterno sono funzionali al conseguimento di un obiettivo comune49 . In questo contesto culturale dove le sinergie e la collaborazione sono riconosciute come un valore, è possibile pensare anche a piani di welfare condivisi tra imprese. 46 ibidem 47 http://www.vt.camcom.it/Pb/Filez/1339575761K948820.pdf 48 https://www.istat.it/it/files/2017/11/Rapporto_Istat_Confindustria.pdf 49 file:///C:/Users/tina/Downloads/ebook_vol_31_grandi_massagli_zucaro%20(1).pdf
  • 26. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 25 Fare welfare in rete conviene per diversi fattori: Figura Tiziana Cardone. Reti d'impresa per il Welfare. Vantaggi, opportunità e servizi alle aziende. Moltiplicazione del numero dei lavoratori Rafforzamento del potere contrattuale Servizi per il dipendente a condizioni agevolate Rendere accessibili le politiche di welfare anche alle PMI Ridurre i costi di implementazione e gestione tramite la condivisione di spese Agevolare l’analisi dei bisogni di tutti per individuare un paniere di benefit più rispondente alle esigenze di tutti Sperimentare collaborazione che può evolvere verso altri obiettivi di competitività Creare relazioni positive con il territorio integrando welfare pubblico e privato Gestione del personale in regime di codatorialità secondo regole stabilite nel contratto di rete Partecipare agli appalti aumento capacità contrattuale delle singole imprese Fruire di finanziamenti regionali e nazionali Accedere al credito a condizioni più agevolate, valorizzando il fattore del network come elemento di competitività Vantaggi di unirsi in una rete d’impresa
  • 27. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 26 Analizzando nel concreto come le aziende, membri di una rete d’impresa, possano applicare le misure di welfare in collaborazione, è possibile evidenziare l’affermarsi di tre diversi modelli50 : Modello Esempi A Il Welfare di rete BioNetwork B Il network organizzato da società di servizi IEP C La regia della associazione datoriale Welfa-RE Figura 4: Modelli ed esempi di welfare di rete o interaziendale A. Il welfare di rete: BioNetwork, sistema di reti che coinvolge aziende in ambito agricolo e turistico situate nella provincia di Pavia (Tenuta San Giovanni, Oikos Abitare Poeticamente la Terra e Castelfelice “Oasi della Gioventù”), è un esempio di come una rete d’impresa possa dedicarsi alla crescita interna e allo sviluppo economico-sociale di un territorio. Promossa dalla provincia di Pavia nell’aprile 2011, in collaborazione con Camera di Commercio, GAL51 Lomellina e GAL Oltrepò e con il supporto di altre associazioni agricole. Rappresenta una rete costituita da imprese rurali femminili, caratterizzate da una concezione del biologico come modello di sviluppo e avente come obiettivo il sostegno dell’imprenditoria femminile, in un’ottica family-friendly. Diversamente dalla maggior parte delle reti d’impresa, che puntano all’innovazione e all’aumento di competitività sul mercato, essa è volta a sviluppare una sua responsabilità sociale, attraverso l’inserimento di orari flessibili e programmi che consentano una conciliazione tra vita privata e lavorativa. BioNetwork ha inoltre realizzato un network informatico che permette di scambiarsi informazioni e documenti a distanza, oltre che a un servizio di baby-sitting a disposizione delle aziende. B. Il Network organizzato da società di servizi: Il network IEP (Imprese e Persone) rappresenta il primo caso italiano di welfare interaziendale. Fondato nel 2009, è composto da 19 imprese pubbliche e private sensibili e già attive nell’attuazione delle politiche di work-life balance. Uno degli obiettivi principali di 50 Daniele Grandi, Emmanuele Massagli, Rosita Zacaro. Verso il Welfare aziendale territoriale per le PMI: esempi e modelli. 2014. @ADAPTUNIVERSITYPRSS 51 Gruppo di Azione locale
  • 28. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 27 questa rete è la valorizzazione e l’espansione del welfare aziendale come strategia delle imprese per aumentare la propria competitività, contribuendo anche al miglioramento delle comunità in cui sono collocate. La rete coinvolge nelle sue misure di welfare più di 400.000 dipendenti distribuiti nelle varie imprese coinvolte, tra cui spiccano grandi imprese e multinazionali come Eudaimon52 , Alitalia,3 Italia, Edison, Fiat, Kraft, Mediaset e Martini&Ross. Gli obiettivi chiave sono:  Implementazione di sistemi e soluzioni innovativi di welfare aziendale, accessibili anche alla PMI.  Attenzione alla condivisione delle novità legate allo sviluppo del welfare. Al fine di raggiungere questi obiettivi il network IEP si sviluppa lungo 3 linee di azione:  Attraverso un piattaforma di Welfare interaziendale (operativa dal 2010), vengono messi a disposizione servizi e prodotti comuni.  Attivazione di un Forum-laboratorio, per il confronto e l’approfondimento di nuove soluzioni, studi e ricerche.  Costituzione di un tavolo di lavoro finalizzato al dialogo sul tema delle esigenze e misure collaborative tra pubblico e privato (istituzioni statali e regionali, associazioni sindacali e datoriali). L’attuazione della rete permette in questo modo alle aziende partner, oltre che favorire lo scambio di informazioni, di ridurre i costi legati all’implementazione dei servizi di welfare aziendale. Alle aziende viene offerta la possibilità di creare una combinazione personalizzata di servizi (convenzioni con strutture specializzate, consulenza medica, copertura assicurativa etc), a seconda di esigenze e budget aziendale. C. Aggregazione promossa dall’associazione datoriale: Unindustria Reggio Emilia53 ha dato vita, nel gennaio 2014, ad un progetto dal nome “Welfa- RE”. L’obiettivo è quello di diffondere la cultura del welfare aziendale e di offrire gli strumenti adatti per facilitare l’attuazione di un piano di welfare. Questo si concretizza mediante l’attivazione di un pacchetto di convenzioni con soggetti in grado di offrire servizi a condizioni agevolate ai lavoratori e ai datori di lavoro. Questi pacchetti sono diversificabili e personalizzabili in base alle specifiche necessità, dimensioni aziendali e al budget disponibile per l’investimento. Lo sviluppo dei piani di welfare è affidato, in questo caso, a diverse società che lavorano sotto la guida dell’ Unione Industriali reggiana e che si occupano, nello specifico, di pianificare e gestire i servizi di welfare. 52 Società che offre, in Italia, una proposta completa e integrata per il welfare aziendale. 53 Associazione che rappresenta quasi 1.200 aziende e 52.000 dipendenti
  • 29. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 28 Welfa-RE si sviluppa lungo tre aree d’intervento: l’area della gestione del reddito (affidata a Welfare Company), l’area della gestione dei figli (gestita da Coopselios) e infine l’area della gestione degli anziani (di cui si occupa ItaliAssistenza). Con questo progetto, Unindustria mira a valorizzare altre reti di diversa natura, operanti sullo stesso territorio, tramite la propria. In questo modo è possibile creare una rete di servizi efficienti e di integrazione per il territorio. Tutti i modelli sopra citati, hanno in comune una visione positiva del Welfare aziendale, visto come strumento efficace per aumentare la produttività e il benessere dei lavoratori, aiutando inoltre lo sviluppo dei territori locali. Gestione degli anziani:  Call center, a costi convenzionati, per ottenere in tempi brevi forme di assistenza domiciliare: veglie diurne e notturne, igiene personale, assistenza al pasto, accompagnamento a visite, esami, terapie ecc. Gestione dei figli:  Posti in nidi e scuole d’infanzia;  Campi estivi;  Corsi di lingua inglese e laboratori didattici;  Supporto a bambini con bisogni educativi. Gestione del reddito:  Consulenza per la costruzione di piani welfare;  Carta sconti personalizzabile negli esercizi commerciali convenzionati.
  • 30. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 29 CONCLUSIONI In conclusione, l’elaborato ci porta a confermare la validità del welfare aziendale come strumento di sviluppo produttivo, economico ma soprattutto sociale. Infatti esso, oltre a permettere alle aziende di ridurre i costi del personale, fornisce benefici che aumentano il benessere e la qualità di vita dei lavoratori, nonché la loro capacità di spesa, permettendo inoltre in molti casi di valorizzare l’ambiente in cui l’azienda opera e di creare legami con il territorio. Come abbiamo avuto modo di appurare, questo fenomeno è in crescita in Italia, anche se in quantità inferiori rispetto agli altri paesi europei, soprattutto del nord Europa. Importante è stato accertare, anche tramite le interviste effettuate, che le imprese sono sempre più consapevoli del loro ruolo attivo nella società col fine di sviluppare, in collaborazione con gli enti pubblici e privati, un legame con le comunità in cui si inseriscono. Questo genera una ricchezza economica e sociale fondamentale per creare una sinergia produttiva di crescita per il nostro Paese, in cui lo Stato, oramai, non riesce più, da solo, a sopperire a tutte quelle necessità e bisogni che negli ultimi anni, soprattutto con il fenomeno della globalizzazione, si sono manifestati. Una componente imprescindibile, emersa da questo studio, è stata la necessità di creare un tessuto relazionale stabile e durevole con tutti i soggetti (stakeholders) coinvolti, a diversi livelli, nell’attività d’impresa, garantendo in questo modo la sua sopravvivenza e lo sviluppo nel lungo termine. L’indice di misurazione del fenomeno del welfare aziendale nel mondo delle imprese ha permesso la valutazione e l’analisi di un fenomeno abbastanza recente, consentendo la pubblicizzazione di dati campione per evidenziarne caratteristiche e impatto. E’ importante sottolineare che il tessuto imprenditoriale italiano non ostacola lo sviluppo del welfare aziendale, anche se non si può negare che lo abbia in qualche modo rallentato. Nel futuro il welfare aziendale potrà essere sempre più una leva, in mano all’HR, per supportare l’azienda nella valorizzazione del capitale umano. Nel caso italiano in particolare, il welfare per le PMI rappresenta la possibilità di incidere positivamente sul territorio in cui sono radicate, rafforzandone il legame. Per queste aziende, inoltre, il welfare è un’opportunità da cogliere anche per rinforzare la partnership con altre imprese e per poter arrivare ad avere le risorse necessarie per implementare un piano di welfare, a fronte delle dimensioni ridotte di ogni singola impresa. Nell’analisi condotta sono inoltre emerse le relazioni del welfare con altre attività aziendali e l’influenza sostanziale del welfare nella sfera d’azione di altre funzioni. Sul piano della valorizzazione e massimizzazione dei benefici delle azioni di welfare, infine, emerge come ancora si può e si deve fare molto.
  • 31. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 30 BIBLIOGRAFIA:  BAIESI L. Welfare aziendale. Scenario europeo, prospettive future e linee guida per implementarlo. Esito dei percorsi sul welfare aziendale di Impronta Etica con i Soci. Gennaio 2017. http://www.improntaetica.org/wp-content/uploads/2017/01/REPORT-welfare- aziendale-IE_versione-integrata-con-manuale_def.pdf  BENAGLIA R., MUNNO A.R., SPILLER S., Caratteristiche e tendenze della contrattazione di 2° livello negli anni 2015/2016. 13 giugno 2017- 3°report CISL. https://www.cisl.it/attachments/article/6408/Rapporto-OCSEL-2015-2016.pdf  BERETTA L., DE LUCA V., PARENTE F., VITIELLO S., Il welfare aziendale. Dalla teoria alla pratica. Nr. 68 Commissione Lavoro. Novembre 2016. http://www.odcec.mi.it/docs/default- source/quaderni/n-68---il-welfare-aziendale-dalla-teoria-alla-pratica.pdf?sfvrsn=10  CARDONE T., Confindustria – reti impresa. Reti di impresa per il Welfare Vantaggi, opportunità e servizi alle aziende. http://www.assoimprenditori.bz.it/bolzano/notiziario/notiziariovi.nsf/DB61259BF373A17CC12 57FB90038C5D2/$FILE/Slides-Reti%20di%20impresa%20per%20il%20Welfare.pdf  CORTE DEI CONTI. Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. http://www.lavoro.gov.it/documenti-e- norme/normative/Documents/2016/Decreto-Interministeriale-25-marzo-2016.pdf  COSTA S., LUCHETTI F., ROMANO L., Reti d’Impresa. Gli effetti del contratto di Rete sulle performance delle imprese. Novembre 2017. https://www.istat.it/it/files/2017/11/Rapporto_Istat_Confindustria.pdf  FERRERA M., MAINI F., Terzo Rapporto sul Secondo Welfare in Italia 2017. pdf [ISBN 978- 88-909417-1-9.]  GRANDI D., MASSAGLI E., ZACARO R., Verso il Welfare aziendale territoriale per le PMI: esempi e modelli. 2014. @ADAPTUNIVERSITYPRSS  l welfare 2.0. Tra le innovazioni delle leggi di stabilità ed il ruolo delle parti sociali. http://www.aidp.it/aidp_be/ALLEGATI/FILES/50.pdf  MAINO F. e FERRERA M. (a cura di) (2013), Primo rapporto sul secondo welfare in Italia 2013, Torino, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi. [ISBN 9788890941740]  NALDINI M. SARACENO C,, Conciliare famiglia e lavoro. Vecchi e nuovi patti tra sessi e generazioni, Ed. Il Mulino, 2011. Edizione e-book [ISBN 978-88-15-23304-2.]
  • 32. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 31  NICOLETTI P., Formazione e welfare aziendale nelle iniziative di Responsabilità Sociale d’Impresa, “Osservatorio Isfol”, V (2015), n. 1-2, pp. 105-122. http://isfoloa.isfol.it/bitstream/handle/123456789/1135/Paola%20Nicoletti.pdf?sequence=1  Reti di imprese. FAQ. Dintec, consorzio per l’innovazione tecnologica. http://www.vt.camcom.it/Pb/Filez/1339575761K948820.pdf  SANTORO R., BERTOLINI S., (TESI MASTER UNIVERSITARIO DI PRIMO LIVELLO). La RSI nel settore delle PMI. Applicazione ad un esempio di eccellenza: Palm SpA http://www.palm.it/Portals/13/Master_CSR_Angelicum%20CSR_PMI_PALM%20caso%20ec cellenza_.compressed.pdf  TREU T., Il welfare aziendale: migliorare la produttività e il benessere dei dipendenti, ed. Ipsoa, 2013. SITOGRAFIA:  Agenzia delle entrate. OGGETTO: Premi di risultato e welfare aziendale – articolo 1 commi 182-190 legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016). https://www.aranagenzia.it/sezione-giuridica/sezione-economico-statistica/altri/7584- circolare-n-28e-del-1562016-premi-di-risultato-e-welfare-aziendale-art-1-commi-182-190-l-n- 2082015-stabilita-2016-https://www.aranagenzia.it/sezione-giuridica/sezione- giuridica/parlamento.htmlagenzia-delle-entrate.html  ARRU B., RUGGERI M., Economia Aziendale Online VOL. 7. Pavia, giugno 2016. 1/2016: 17-41 Refereed Paper - www.ea2000.it
DOI: 10.6092/2038-5498/7.1.17-41  COLOMBO S., Testo pubblicato sulla Rivista delle Politiche Sociali. Articolo di Sabrina Colombo del 2 novembre 2017. http://www.ediesseonline.it/riviste/rps/ricerca?filter0=sindacati+e+welfare  Database EU-SILC ( european union statistics on income and living condition). http://ec.europa.eu/eurostat/web/microdata/european-union-statistics-on-income-and-living- conditions  Employer Branding, le persone lo sviluppo il lavoro la formazione. Fonte Isfol. http://www.employerbranding.it/content/cos%C3%A8-lemployer-branding  FERRERA M., MAINO F., Il primo Rapporto sul secondo welfare in Italia. 28 Novembre 2013 http://www.secondowelfare.it/primo-rapporto-2w/primo-rapporto-sul-secondo-welfare.html
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  • 34. Welfare aziendale Master in Risorse Umane e Organizzazione 2017-2018 33  WEISZ B. Guida welfare aziendale: il quadro normativo. Agevolazioni fiscali e pagamento con voucher di servizi di welfare aziendale, detassati per impresa e lavoratore: guida pratica dei Consulenti del Lavoro. 14 Giugno 2016. http://www.pmi.it/impresa/business-e-project- management/approfondimenti/124667/guida-welfare-aziendale-quadro-normativo.html (ultima visione 20/12/2017).  Welfare Index PMI. Il welfare aziendale fa crescere l’impresa. Rapporto 2017. http://www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare_index-pmi-2017.pdf  www.economia.rai.it/articoli/levoluzione-del-welfare-aziendale-in-Italia/37167/default.aspx  www.economia.rai.it/cerca.aspx?s=welfare%20aziendale  www.mbcf.it (Ultima visita 13/01/2018)