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Il teatro di Luigi Pirandello
Coscienza della crisi
della modernità
Carattere alienante
delle macchine e
della tecnica
Smarrimento
nel mondo
della città
Perdita della
centralità: “Maledetto
sia Copernico” (Il fu
Mattia Pascal)
Processo di analisi e
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dell'arte: l'umorismo
Relativismo Relazione
Nichilismo Pensiero tragico
dall'identità come appartenenza
all'identità come relazione
"Ah se fosse destinata a questo solamente la
mia professione! Al solo intento di presentare
agli uomini il buffo spettacolo dei loro atti
impensati, la vista immediata delle loro passioni,
della loro vita così com'è. Di questa vita, senza
requie, che non conclude". (I Quaderni di
Serafino Gubbio operatore)
Da I Quaderni di Serafino
Gubbio operatore, Quaderno
primo
La belva s'era ritratta d'un balzo in
fondo alla gabbia; inarcata, a testa
bassa, i denti digrignati, le zampe
artigliate, pronta all'assalto: terribile!
L'uomo la guatò, sbigottito, si voltò
perplesso a cercare con gli occhi tra noi
Simone Pau.
- Suona! - gli gridò questi. - Non
temere! Suona! Ti comprenderà!
E allora quello, come liberandosi con
un tremendo sforzo da un incubo, levò
finalmente la testa, scrollandola, buttò
a terra il cappellaccio sformato, si
passò una mano sui lunghi capelli
arruffati, trasse il violino dalla vecchia
fodera di panno verde, e buttò via
anche questa, sul cappello.
Marc Chagall, Il viiolinista (1912-
1913)
Qualche lazzo partí dagli operaj affollati dietro a noi, seguíto da risa e da
commenti, mentr'egli accordava il violino; ma un gran silenzio si fece subito
appena egli prese a sonare, dapprima un po' incerto, esitante, come se si
sentisse ferire dal suono del suo strumento non piú udito da gran tempo; poi,
d'un tratto, vincendo l'incertezza, e forse i fremiti dolorosi, con alcuni strappi
energici. Seguí a questi strappi come un affanno a mano a mano crescente,
incalzante, di strane note aspre e sorde, un groviglio fitto, da cui ogni tanto
una nota accennava ad allungarsi, come chi tenti di trarre un sospiro tra i
singhiozzi. Alla fine questa nota si distese, si sviluppò, s'abbandonò, liberata
dall'affanno, in una linea melodica, limpida, dolcissima e intensa, vibrante
d'infinito spasimo: e una profonda commozione allora invase noi tutti, che in
Simone Pau si rigò di lagrime. Con le braccia levate egli faceva cenno di star
zitti, di non manifestare in alcun modo la nostra ammirazione, perché nel
silenzio quel bislacco straccione meraviglioso potesse ascoltare la sua anima.
Non durò a lungo. Abbassò le mani, come esausto, col violino e l'archetto, e
si rivolse a noi col volto trasfigurato, bagnato di pianto, dicendo:
- Ecco...
Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Quaderno
settimo
Ah, che dovesse toccarmi di dare in pasto anche materialmente
la vita d'un uomo a una delle tante macchine dall'uomo inventate
per sua delizia, non avrei supposto. La vita, che questa macchina
s'è divorata, era naturalmente quale poteva essere in un tempo
come questo, tempo di macchine; produzione stupida da un
canto, pazza dall'altro, per forza, e quella piú e questa un po'
meno bollate da un marchio di volgarità.
Io mi salvo, io solo, nel mio silenzio, col mio silenzio, che m'ha
reso cosí - come il tempo vuole - perfetto. Non vuole intenderlo
il mio amico Simone Pau, che sempre piú s'ostina ad annegarsi
nel superfluo, inquilino perpetuo d'un ospizio di mendicità. Io ho
già conquistato l'agiatezza con la retribuzione che la Casa m'ha
dato per il servizio che le ho reso, e sarò ricco domani con le
percentuali che mi sono state assegnate sui noli del film
mostruoso. È vero che non saprò che farmi di questa ricchezza;
ma non lo darò a vedere a nessuno; meno che a tutti, a Simone
Pau che viene ogni giorno a scrollarmi, a ingiuriarmi per
smuovermi da questo mio silenzio di cosa, ormai assoluto, che lo
rende furente.
Vorrebbe ch'io ne piangessi, ch'io almeno con gli occhi me ne mostrassi afflitto
o adirato; che gli facessi capire per segni che sono con lui, che credo anch'io che
la vita è là, in quel suo superfluo. Non batto ciglio; resto a guardarlo rigido,
immobile, e lo faccio scappar via su le furie. Il povero Cavalena da un altro canto
studia per me trattati di patologia nervosa, mi propone punture e scosse
elettriche, mi sta attorno per persuadermi a un'operazione chirurgica sulle corde
vocali; e la signorina Luisetta, pentita, addolorata per la mia sciagura, nella quale
vuol sentire per forza un sapor d'eroismo, timidamente mi dà ora a vedere che
avrebbe caro m'uscisse, se non piú dalle labbra, almeno dal cuore un sí per lei.
No, grazie. Grazie a tutti. Ora basta. Voglio restare cosí. Il tempo è questo; la
vita è questa; e nel senso che do alla mia professione, voglio seguitare cosí - solo,
muto e impassibile - a far l'operatore.
La scena è pronta?
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Teatro
Prospettiva straniata
che impedisce l’
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degli spettatori:
ottica deformante e stravolta, parodia e
assurdo;
personaggi scissi e contraddittori, quasi
burattini;
linguaggio concitato, convulso;
grottesco come forma umoristica del
teatro.
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ciancianeddi. Teatro dell’assurdo, alcuni tradotti in italiano.
Prima fase:ripresa apparente del dramma borghese di impianto
naturalistico, ma disvelamento dall’interno della logica assurda delle
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Sei personaggi in cerca d’autore (1921), Ciascuno a suo modo
(1924), Questa sera si recita a soggetto (1929), Enrico IV (1922).
● cade la convenzionale separazione della quarta
parete;
● messa in scena dell’impossibilità di scrivere e
rappresentare il dramma;
● eroe estraniato e doppio (Enrico IV),
fondamentalmente immaturo e incapace di aprirsi
alla vita.
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Enrico IV
«Circa vent’anni addietro, alcuni giovani signori e signore
dell’aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di
carnevale, una “cavalcata in costume” in una villa patrizia:
ciascuno di quei signori s’era scelto un personaggio storico,
re o principe, da figurare con la sua dama accanto, regina o
principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca.
Uno di questi signori s’era scelto il personaggio di Enrico IV;
e per rappresentarlo il meglio possibile, s’era dato la pena e il
tormento d’un studio intensissimo, minuzioso e preciso, che
lo aveva per circa un mese ossessionato». Con queste
parole Luigi Pirandello, in una lettera del 1921, presentava l’
antefatto della nuova tragedia che stava scrivendo al grande
Ruggero Ruggeri, l’interprete che desiderava, e che ottenne,
nel ruolo principale.
è colui che rinuncia, che si reprime, che
rifiuta la vita e il sesso (Roberto Alonge);
«Enrico è “impazzito” non per aver
perduto la donna, ma per non dover
affrontare il rischio di conquistarla e di
averla» (Gioanola).
Chi è Enrico IV?
è l'alienato, messo al margine della
società dei suoi simili, di cui subisce la
diversità. La sua colpa è quella di
affrontare la vita con troppa serietà e
pretendere di essere preso sul serio da
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Il teatro dei miti: Nuova colonia (1928), Lazzaro (1929), I
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Il mago Cotrone, dimissionario da un mondo in cui non esiste più arte né
immaginazione, vive la sua esistenza fatta di sogni, giochi di prestigio,
"sborniature celesti", a villa La Scalogna, un non-luogo popolato dagli Scalognati,
strane creature a metà tra spiriti e fantocci, depositarie della verità profonda, del
vero senso della vita. Improvvisamente, quasi dal nulla e bisognosi di un riparo
per la notte, giungono alla villa i resti della compagnia della Contessa, ridotta sul
lastrico a causa di un’interminabile serie di rappresentazioni fallimentari del
racconto di un poeta suicida (è Pirandello!) La favola del figlio mancato. Cotrone
offre ad Ilse, Prima Attrice della compagnia, la possibilità di portare in scena
ancora una volta quella favola sfortunata, ma questa volta non in un teatro vero e
proprio, bensì piuttosto nella villa, per un pubblico come gli Scalognati che ancora
crede "alla realtà dei fantasmi più che a quella dei corpi"; la Contessa rifiuterà l’
offerta del mago, convinta che l’opera del poeta, morto per lei, debba poter
rivivere per gli uomini veri, quei giganti che vivono sulla montagna sovrastante la
villa. Avendo ottenuto di poter allestire lo spettacolo non per i giganti ma per i loro
servi, Ilse e la sua compagnia verranno brutalmente uccisi, quasi fossero degli
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Mago Cotrone: è il
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  • 1. Il teatro di Luigi Pirandello
  • 2. Coscienza della crisi della modernità Carattere alienante delle macchine e della tecnica Smarrimento nel mondo della città Perdita della centralità: “Maledetto sia Copernico” (Il fu Mattia Pascal) Processo di analisi e scomposizione dell'arte: l'umorismo
  • 3. Relativismo Relazione Nichilismo Pensiero tragico dall'identità come appartenenza all'identità come relazione "Ah se fosse destinata a questo solamente la mia professione! Al solo intento di presentare agli uomini il buffo spettacolo dei loro atti impensati, la vista immediata delle loro passioni, della loro vita così com'è. Di questa vita, senza requie, che non conclude". (I Quaderni di Serafino Gubbio operatore)
  • 4. Da I Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Quaderno primo La belva s'era ritratta d'un balzo in fondo alla gabbia; inarcata, a testa bassa, i denti digrignati, le zampe artigliate, pronta all'assalto: terribile! L'uomo la guatò, sbigottito, si voltò perplesso a cercare con gli occhi tra noi Simone Pau. - Suona! - gli gridò questi. - Non temere! Suona! Ti comprenderà! E allora quello, come liberandosi con un tremendo sforzo da un incubo, levò finalmente la testa, scrollandola, buttò a terra il cappellaccio sformato, si passò una mano sui lunghi capelli arruffati, trasse il violino dalla vecchia fodera di panno verde, e buttò via anche questa, sul cappello. Marc Chagall, Il viiolinista (1912- 1913)
  • 5. Qualche lazzo partí dagli operaj affollati dietro a noi, seguíto da risa e da commenti, mentr'egli accordava il violino; ma un gran silenzio si fece subito appena egli prese a sonare, dapprima un po' incerto, esitante, come se si sentisse ferire dal suono del suo strumento non piú udito da gran tempo; poi, d'un tratto, vincendo l'incertezza, e forse i fremiti dolorosi, con alcuni strappi energici. Seguí a questi strappi come un affanno a mano a mano crescente, incalzante, di strane note aspre e sorde, un groviglio fitto, da cui ogni tanto una nota accennava ad allungarsi, come chi tenti di trarre un sospiro tra i singhiozzi. Alla fine questa nota si distese, si sviluppò, s'abbandonò, liberata dall'affanno, in una linea melodica, limpida, dolcissima e intensa, vibrante d'infinito spasimo: e una profonda commozione allora invase noi tutti, che in Simone Pau si rigò di lagrime. Con le braccia levate egli faceva cenno di star zitti, di non manifestare in alcun modo la nostra ammirazione, perché nel silenzio quel bislacco straccione meraviglioso potesse ascoltare la sua anima. Non durò a lungo. Abbassò le mani, come esausto, col violino e l'archetto, e si rivolse a noi col volto trasfigurato, bagnato di pianto, dicendo: - Ecco...
  • 6. Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Quaderno settimo Ah, che dovesse toccarmi di dare in pasto anche materialmente la vita d'un uomo a una delle tante macchine dall'uomo inventate per sua delizia, non avrei supposto. La vita, che questa macchina s'è divorata, era naturalmente quale poteva essere in un tempo come questo, tempo di macchine; produzione stupida da un canto, pazza dall'altro, per forza, e quella piú e questa un po' meno bollate da un marchio di volgarità. Io mi salvo, io solo, nel mio silenzio, col mio silenzio, che m'ha reso cosí - come il tempo vuole - perfetto. Non vuole intenderlo il mio amico Simone Pau, che sempre piú s'ostina ad annegarsi nel superfluo, inquilino perpetuo d'un ospizio di mendicità. Io ho già conquistato l'agiatezza con la retribuzione che la Casa m'ha dato per il servizio che le ho reso, e sarò ricco domani con le percentuali che mi sono state assegnate sui noli del film mostruoso. È vero che non saprò che farmi di questa ricchezza; ma non lo darò a vedere a nessuno; meno che a tutti, a Simone Pau che viene ogni giorno a scrollarmi, a ingiuriarmi per smuovermi da questo mio silenzio di cosa, ormai assoluto, che lo rende furente.
  • 7. Vorrebbe ch'io ne piangessi, ch'io almeno con gli occhi me ne mostrassi afflitto o adirato; che gli facessi capire per segni che sono con lui, che credo anch'io che la vita è là, in quel suo superfluo. Non batto ciglio; resto a guardarlo rigido, immobile, e lo faccio scappar via su le furie. Il povero Cavalena da un altro canto studia per me trattati di patologia nervosa, mi propone punture e scosse elettriche, mi sta attorno per persuadermi a un'operazione chirurgica sulle corde vocali; e la signorina Luisetta, pentita, addolorata per la mia sciagura, nella quale vuol sentire per forza un sapor d'eroismo, timidamente mi dà ora a vedere che avrebbe caro m'uscisse, se non piú dalle labbra, almeno dal cuore un sí per lei. No, grazie. Grazie a tutti. Ora basta. Voglio restare cosí. Il tempo è questo; la vita è questa; e nel senso che do alla mia professione, voglio seguitare cosí - solo, muto e impassibile - a far l'operatore. La scena è pronta? - Attenti, si gira...
  • 8. Teatro Prospettiva straniata che impedisce l’ identificazione emotiva degli spettatori: ottica deformante e stravolta, parodia e assurdo; personaggi scissi e contraddittori, quasi burattini; linguaggio concitato, convulso; grottesco come forma umoristica del teatro. Inizio: testi dialettali. Lumìe di Sicilia, Pensaci Giacuminu!, Liolà, ‘A giarra, ‘A biritta cu ‘i ciancianeddi. Teatro dell’assurdo, alcuni tradotti in italiano. Prima fase:ripresa apparente del dramma borghese di impianto naturalistico, ma disvelamento dall’interno della logica assurda delle convenzioni borghesi. Pensaci, Giacomino!, Così è (se vi pare), Il piacere dell’onestà, Il giuoco delle parti.
  • 9. Teatro nel teatro: Sei personaggi in cerca d’autore (1921), Ciascuno a suo modo (1924), Questa sera si recita a soggetto (1929), Enrico IV (1922). ● cade la convenzionale separazione della quarta parete; ● messa in scena dell’impossibilità di scrivere e rappresentare il dramma; ● eroe estraniato e doppio (Enrico IV), fondamentalmente immaturo e incapace di aprirsi alla vita. ● Il rischio del «pirandellismo»
  • 10. Enrico IV «Circa vent’anni addietro, alcuni giovani signori e signore dell’aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di carnevale, una “cavalcata in costume” in una villa patrizia: ciascuno di quei signori s’era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare con la sua dama accanto, regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca. Uno di questi signori s’era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile, s’era dato la pena e il tormento d’un studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo aveva per circa un mese ossessionato». Con queste parole Luigi Pirandello, in una lettera del 1921, presentava l’ antefatto della nuova tragedia che stava scrivendo al grande Ruggero Ruggeri, l’interprete che desiderava, e che ottenne, nel ruolo principale.
  • 11.
  • 12. è colui che rinuncia, che si reprime, che rifiuta la vita e il sesso (Roberto Alonge); «Enrico è “impazzito” non per aver perduto la donna, ma per non dover affrontare il rischio di conquistarla e di averla» (Gioanola). Chi è Enrico IV? è l'alienato, messo al margine della società dei suoi simili, di cui subisce la diversità. La sua colpa è quella di affrontare la vita con troppa serietà e pretendere di essere preso sul serio da chi serio non vuole essere. è l'eroe positivo che sceglie di autoemarginarsi, piuttosto che integrarsi in una società conformista è le roi dépossédé, il re decaduto di Pascal (Sichera)
  • 13. Il teatro dei miti: Nuova colonia (1928), Lazzaro (1929), I giganti della montagna (incompiuto): . Caratteristiche - irrazionalismo e misticismo, contatto con l’Essere attraverso il simbolo; - linguaggio lirico ed ispirato; - avvicinamento alle tematiche del Decadentismo, clima di «ritorno all’ordine»; - arte nella società industriale: rapporto con il mercato, con il potere (fascismo)
  • 14. I giganti della montagna Il mago Cotrone, dimissionario da un mondo in cui non esiste più arte né immaginazione, vive la sua esistenza fatta di sogni, giochi di prestigio, "sborniature celesti", a villa La Scalogna, un non-luogo popolato dagli Scalognati, strane creature a metà tra spiriti e fantocci, depositarie della verità profonda, del vero senso della vita. Improvvisamente, quasi dal nulla e bisognosi di un riparo per la notte, giungono alla villa i resti della compagnia della Contessa, ridotta sul lastrico a causa di un’interminabile serie di rappresentazioni fallimentari del racconto di un poeta suicida (è Pirandello!) La favola del figlio mancato. Cotrone offre ad Ilse, Prima Attrice della compagnia, la possibilità di portare in scena ancora una volta quella favola sfortunata, ma questa volta non in un teatro vero e proprio, bensì piuttosto nella villa, per un pubblico come gli Scalognati che ancora crede "alla realtà dei fantasmi più che a quella dei corpi"; la Contessa rifiuterà l’ offerta del mago, convinta che l’opera del poeta, morto per lei, debba poter rivivere per gli uomini veri, quei giganti che vivono sulla montagna sovrastante la villa. Avendo ottenuto di poter allestire lo spettacolo non per i giganti ma per i loro servi, Ilse e la sua compagnia verranno brutalmente uccisi, quasi fossero degli invasati.
  • 15.
  • 16.
  • 17. Villa della Scalogna: grande metafora dello spirito dell'artista, luogo dell'illogico e della fede, della realtà del sogno e della disperazione Mago Cotrone: è il poeta creatore che si distacca dal mondo caduto e abbandona ogni impegno nei confronti degli uomini. "Fare a meno di tutto e non aver bisogno di nulla". Ilse: si offre perché l'opera del grande poeta uccisosi per lei prenda carne I Giganti: l'angoscioso incombere del potere e della tecnica sul mondo della poesia