3. La pittura gotica
Verso la fine del XIII secolo, la tradizione pittorica
bizantina, ormai assuefatta a vecchie maniere, viene
lentamente abbandonata, in favore di nuove forme
espressive. Il tentativo di rigenerare l’arte pittorica
proviene da alcuni centri privilegiati nella produzione,
sedi di botteghe e ferventi centri culturali. In essi,
autori brillanti e geniali trovano diverse ed originali
forme espressive. Firenze, Siena, Roma, Assisi sono le
città da cui parte una vera e propria rivoluzione
artistica. A Firenze Coppo di Marcovaldo annuncia l’arte
di Cimabue (ma non è chiaro se piuttosto ad essa egli si
ispiri): con alcune Madonne in trono, egli esalta i valori
plastici e drammatici. E’ questa la strada su cui il
maestro fiorentino Cimabue imposta il proprio lavoro,
recuperando la tradizione bizantina colta ed
accentuandone drammaticità e forme plastiche. A
Siena, Duccio di Buoninsegna realizza l’opera sua
incrementando il carattere lineare delle forme e
l’intensità cromatica, valori già presenti in città dalla
seconda metà del Duecento nella pittura locale. I Maestà, Coppo di Marcovaldo, museo
risultati da lui ottenuti influenzano profondamente dell’opera di Orvieto.
l’opera d’altri celebri autori senesi, tra i quali Simone
Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti.
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4. A Roma, negli ultimi decenni del
Duecento, la pittura trova rinnovamento
nelle tre personalità di Jacopo Torriti,
autore dei mosaici dell’abside della
chiesa di San Giovanni in Laterano; Pietro
Cavallini, che firma le Storie della vita
della Madonna della Chiesa di Santa
Maria in Trastevere; e Filippo Rusuti,
realizzatore dei mosaici nella parte
superiore dell’antica facciata di Santa
Maria Maggiore. Sembra certo che il
Torriti abbia lavorato ad Assisi,
partecipando alla decorazione della
Basilica inferiore di San Francesco.
All’imponente opera lavorano le
personalità artistiche più celebri del
periodo ed Assisi sembra il luogo di
passaggio e di concentrazione di tutta
l’arte della fine del Duecento.
Testa della Madonna, mosaico, Jacopo torriti, museo di
Brooklyn.
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5. Cimabue attende alla decorazione del
transetto della Basilica superiore, Simone
Martini affresca la cappella di San Martino,
della Basilica inferiore, Pietro Lorenzetti
realizza un ciclo d’affreschi nella Basilica
inferiore, Giotto negli ultimi anni del
Duecento affresca le Storie di San
Francesco della Basilica superiore.
Quest’ultimo spicca per genialità, fama e
grandezza sugli artisti finora citati.
Considerato il pittore che meglio
rappresenta l’intero Medioevo, Giotto
interrompe la tradizione del passato con
una capacità innovativa che i suoi
contemporanei gli riconoscono e di cui
L’ultima cena, Pietro lorenzetti, basilica inferiore, S. Francesco,
anche il Rinascimento è debitore. Molte Assisi.
scuole nascono intorno ai suoi stilemi
creativi, stuoli d’apprendisti a lui s’ispirano e
diffondono nelle città dove egli lavora la sua
maniera.
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7. La vita
Giotto nacque probabilmente
nel 1267, a Colle, frazione di
Vespignano, presso Vicchio di
Mugello. Di famiglia contadina,
si racconta che egli venne
notato da Cimabue mentre
ritraeva il suo gregge sui sassi
e assunto dal maestro alla
bottega. Dopo l‘adattamento
della famiglia alla città, Giotto
dovette, infatti, frequentare
la bottega d'un pittore: le sue
prime esperienze artistiche,
Le storie di Isacco (1290)
per stile e composizione,
avvalorano la tesi dell'identificazione del maestro Cimabue. Con lui, Giotto poté
visitare Roma e Assisi, nel 1288, dove poi avrebbe lavorato a lungo. Ben presto
egli iniziò a dipingere per conto proprio. Sono, infatti, del 1290, le "Storie di Isacco"
affrescate in Assisi.
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8. In breve tempo egli divenne a sua volta maestro e il
suo stile innovativo iniziò lentamente ad
affermarsi, pur non trovandosi ancora in una
posizione di rilievo (Corso di Buono,ad esempio, con
il suo rigido stile cimabuesco, è a capo della
Confraternita dei pittori nel 1295). All'ultimo
ventennio del secolo ricorre la datazione delle sue
più antiche opere fiorentine: la "Madonna di San
Giorgio alla Costa" e il "Crocifisso" in Santa Maria
Novella.
Il crocifisso di Santa Maria Novella
Nel 1287, intanto, Giotto sposò Ciuta di Lapo del Pela,
dalla quale ebbe cinque figli: quattro femmine e un
maschio. Negli anni a cavallo tra il Duecento e il
Trecento, il maestro si divise tra Roma e Assisi. Qui
controllò l'andamento della decorazione della Chiesa
Superiore di San Francesco; a Roma, invece, attese al
lavoro del ciclo papale nella Basilica di San Giovanni in
Laterano e ad altre decorazioni in occasione del
Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII.
La Madonna di San Giorgio alla Costa
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9. È questo il periodo di massimo splendore per
Giotto; Maestro affermato con una nutrita
bottega, uomo ricco con proprietà terriere, egli
aveva superato per fama il suo maestro Cimabue.
Tale fu la sua fama che egli venne chiamato
nell'Italia settentrionale - fatto eccezionale per
l'epoca - per realizzare uno dei suoi più splendidi
capolavori: il ciclo pittorico della Cappella degli
Scrovegni di Padova. Nel nord dipinse, inoltre,
molte opere oggi perdute di cui conosciamo
l’esistenza grazie alle citazioni di Riccobaldo
Ferrarese.
Le storie di Gioacchino ed Anna (cappella
degli Scrovegni)
Le storie di cristo (cappella degli
Scrovegni) Indietro Avanti
10. Dal 1311 in poi Giotto era di nuovo a Firenze:
la sua presenza in città è testimoniata dai
documenti di alcune speculazioni finanziarie
svolte da alcuni avvocati per suo conto.
Nel 1327 s'iscrisse all'Arte dei Medici e
degli Speziali: all'epoca, dovette aver già
concluso i dipinti della Cappella Peruzzi e
Bardi nella Chiesa francescana di Santa
Croce, e il polittico francescano, connesso
stilisticamente con questo ciclo pittorico e
oggi smembrato in vari musei. L'anno
successivo il pittore risulta impegnato in un
lavoro a Napoli per Roberto d'Angiò, di cui
però nulla è sopravvissuto. Da Napoli si
spostò nuovamente a Firenze solo quando fu
nominato (12 aprile 1334) capomaestro
dell'Opera del Duomo di Firenze. Iniziati
subito i lavori per il campanile, non portò
mai a termine l'opera: morì, infatti, l'8
gennaio 1337. Polittico della Vergine, chiesa di Santa Croce-
Firenze cappella Bardi.
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11. La casa di Giotto
La cosiddetta casa natale di Giotto fu
ritratta da disegnatori e da pittori.
Nel 1876 G. Moricci eseguì una veduta
prospettica, da cui si può risalire
all'aspetto originario, prima del crollo del
primo piano, avvenuto durante il
terremoto del 1919 .
Originariamente composta da due piani e
da uno scantinato, venne restaurata nel
1840 e poi sul finire del secolo furono
aggiunti riquadri di pietra arenaria alle
finestre, in origine piccole e arcuate, ed
un portale con architrave su mensole di
gusto gotico.
La casa è stata acquistata dal Comune di
Vicchio nel 1975 ed è stata ristrutturata
con progetto della Soprintendenza ai
Disegno di G. Moricci del 1876, riporta la
scritta in calce: “Giotto parte dalla famiglia
Monumenti di Firenze negli anni
per recarsi a Firenze accompagnato dal suo successivi.
maestro Cimabue”.
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12. Nei locali ristrutturati è stata
allestita una mostra su Giotto
a cura dell'Università
Internazionale dell'Arte, con
riproduzioni a colori delle
opere dell'artista ed una
monografia.
Come venne rilevato nel corso
dei primi rilievi e dei saggi
sulle strutture, la casetta non
era altro che un'appendice di
un'antica casa da signore,
sorta in ampliamento della casa
stessa dopo il XV secolo
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13. L’attività artistica
Giotto diventa in vita un artista simbolo, un
vero e proprio mito culturale, detentore di
una considerazione che non muterà, anzi
crescerà nei secoli successivi. Giovanni
Villani scrive di lui : "Il più gran maestro dei
suoi tempi, e colui che più dipinse ogni
figura e azione al naturale“. Per Cennino
Cennini : "Rimutò l'arte di greco in latino e
ridusse al moderno" alludendo al
superamento degli schemi bizantini e
all'apertura verso una rappresentazione che
introduceva il senso dello spazio, del volume
e del colore anticipando i valori dell'età
dell'Umanesimo.
Santo Stefano, 1330-1335, Firenze, museo
Horne.
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14. L'esperienza di apprendistato presso Cimabue
fu senz'altro di stimolo per il giovane pittore, in
quanto Cimabue all'epoca era un artista
innovativo e dal linguaggio assolutamente
moderno, che si liberava dai moduli
bizantineggianti, evolvendo verso una pittura
che assimilava l'arte classica ,ricercando
contemporaneamente effetti realistici ed
espressivi. Importante in questo senso fu il
viaggio a Roma, che offrì la possibilità di un
confronto con la classicità, ma anche con artisti
come: lo scultore Arnolfo di Cambio e i pittori
della scuola locale: Pietro Cavallini, Jacopo
Torriti e Filippo Rusuti , che erano animati dallo
stesso spirito di innovazione e sperimentazione
operando nei cantieri delle grandi Basiliche
inaugurati da Papa Niccolò III e da Papa
Niccolò IV.
Polittico Stefaneschi, Roma, Pinacoteca vaticana, tavola.
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15. Le opere
•Il crocifisso di Santa Maria Novella
•La Madonna di San Giorgio alla Costa
•Santo Stefano
•Il Polittico Stefaneschi
•Opere cappella degli Scrovegni
•Il polittico dei Domenicani
•La Maestà degli Uffizi
•Da: Le storie di San Francesco
•Il Campanile di Giotto
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16. Il crocifisso di Santa Maria Novella
Citato in un testamento di tale Ricuccio di
Puccio del Mugnaio nel 1312 è il primo
soggetto che Giotto affronta in maniera
rivoluzionaria, il Crocifisso di Santa Maria
Novella databile nel corso del decennio che va
dal 1290 al 1300.
Nella figura del Cristo il cui corpo morto cade
facendone intuire tutto il peso, non c'è più
l'inarcatura dei precedenti cimabueschi e di
Giunta Pisano. La forma non più nobilitata,
senza i consueti stilemi è anzi assolutamente
umana e popolare, contiene tutto il senso della
sua arte e della nuova sensibilità religiosa che
restituisce al Cristo la sua dimensione terrena
e da questa trae il senso spirituale più
profondo, non ha nulla di regale nell'aspetto
,eccetto l'aureola, ma mostra le sembianze di
un uomo umile realmente inchiodato.
L'esperienza di Giotto si arricchiva nel
contesto toscano e Fiorentino animato in quel periodo da grandi fermenti innovativi. A
Pisa la bottega di Nicola Pisano e poi del Figlio Giovanni Pisano aveva cominciato un
percorso di recupero della pienezza della forma e dei valori dell’arte classica, mentre
Siena in contatto privilegiato con molti centri culturali europei, aveva visto oltre ai
Pisano, lo sviluppo della pittura di un artista del calibro di Duccio di Boninsegna.
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17. La Madonna di San
Giorgio alla Costa
La prima opera del catalogo giottesco, la
Madonna di San Giorgio alla Costa mostra
una solida resa della volumetria dei
personaggi le cui attitudini sono più
naturali che in passato, il trono con la sua
prospettiva centrale forma quasi una
“nicchia” architettonica suggerendo il
senso della profondità. La novità del
linguaggio di questa piccola e
frammentaria tavola si comprende meglio
facendo un raffronto con gli esempi
fiorentini che lo avevano preceduto, come
Coppo di Marcovaldo.
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18. Santo Stefano
Esempio di provino di ricostruzione filologica sulla tecnica della tempera ad uovo su tavola, con
riferimenti alle fasi della doratura.
1 - Preparazione della tavola
2 - Doratura a “guazzo” con foglia
d’oro
3 - Colorazione di rifinitura delle
ombreggiature
4 - Preparazione del fondo con bolo
per la doratura
5 - Preparazione del supporto ligneo
(vari strati: gesso, colla, imprimiture
colorate)
6 - Preparazione del disegno a
spolvero.
7 - Esempio di stesura tratteggiata
tipica della tempera ad uovo
8 - Colorazione base “incarnato”
(ocre, biacca, cinabro, nero)
9 - Punzonatura sulla doratura
10 - Lumeggiatura
11 - Colorazione di rifinitura a base
rosso cinabro
12 - Colorazioni di preparazione per
decorazione del tessuto
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19. Il polittico stefaneschi
Commissionato a Giotto dal cardinale
Jacopo Stefaneschi, il dipinto bifronte
è suddiviso in tre scomparti – quello
centrale leggermente più largo – che
inquadrano le figure entro cornici
architettoniche gotiche. Attualmente
inserito in una cornice moderna,
rappresenta al centro del lato anteriore
San Pietro in trono; negli scomparti
laterali figure di santi. Più complesso è il
lato posteriore con al centro Cristo in
trono e, negli scomparti laterali, il
Martirio di San Pietro e il Martirio di
San Paolo. Una Vergine in trono è
raffigurata al centro del lato posteriore
della predella. Gli altri scomparti, che di
essa si sono conservati, mostrano figure
di santi.
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20. Il tema principale del Lato anteriore
polittico è la glorificazione
del papato e di Pietro.
Raffigurato con delle chiavi
in mano, veste il mantello
rosso che il papa indossava
subito dopo la sua elezione.
In collegamento con il lato
posteriore del polittico,
egli appare così il primo
papa e il successore di
Cristo. Ai suoi piedi, a
sinistra, il cardinale
committente è vestito con
un’elegante e ricca
dalmatica bianca, tipica dei
giorni di festa, è il titolare
della chiesa di San Giorgio
al Velabro, è presentato da
San Giorgio ai cui piedi si
intravede il drago, e porge
il modellino del polittico. Di
fronte a lui è inginocchiato
Celestino V di cui lo
Stefaneschi fu il primo biografo; il papa è presentato da un personaggio identificabile con Clemente I che
aveva accettato con riluttanza la sua elezione, oppure con Celestino I. Queste figure insieme ai due angeli
formano ai lati di Pietro una sorta di mandorla.
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21. Lato posteriore
Cristo in trono
Il lato posteriore è più ricco di particolari. Entro un’edicola di
forme gotiche, è inserito Cristo benedicente sul trono,
vestito di blu. Schiere di angeli dai colori tenui disposti in file
simmetriche ma non rigidamente schematiche, formano
intorno una sorta di nicchia. A differenza dell’altro lato dove
le vesti calavano i personaggi nel loro tempo, su questo lato
l’importanza è data alla sfera celeste. Il cardinale è
rappresentato come semplice uomo e peccatore che non osa
toccare con la destra il piede del Salvatore. Egli è
inginocchiato in primo piano sul tappeto, piuttosto lontano
rispetto al trono che pure tocca con la sinistra. Il cappello
cardinalizio giace appena visibile sul tappeto. La minore unità
di misura adottata in questo scomparto centrale era
necessaria per un rapporto armonico con le scene laterali dei
martirii.
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22. Lato posteriore
Crocifissione di San Pietro
La Crocifissione di San Pietro è incorniciata dai due
edifici bianchi, la piramide e la meta Romuli,
tradizionalmente ritenuti luogo del martirio. La
crocifissione avviene su un semplice suolo piatto
marrone, parallelo al quale si estendono i due bracci
orizzontali della croce, quello maggiore e quello
minore. La figura di Pietro appare libera dal fondo
dorato. Le figure degli astanti stanno leggermente in
semicerchio. La folla è scalata in profondità
nonostante le scarse indicazioni spaziali e il fondo
dorato. Due angeli concludono lo spazio terreno al di
sopra del quale San Pietro in una mandorla viene
trasportato in cielo. L’angelo a destra è barbuto. La
spiegazione dell’insolita rappresentazione si può
trovare nella Legenda Aurea, che tramanda che Pietro,
durante la sua crocifissione, ricevette da Cristo un
libro da cui lesse le sue ultime parole. Giotto inventò
una figura di angelo simile a Cristo nell’aspetto che
porge un libro aperto. Le vesti delle due donne a
sinistra sono caratterizzate nel vestiario ricco come
donne di alto stato sociale. Giotto volle significare la
presenza di nobili tra le seguaci dell’umile martire.
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23. Lato posteriore
Decollazione di San Paolo
Anche la Decollazione di San Paolo è caratterizzata dalla grande
varietà di atteggiamenti della folla disposta, in questo pannello,
in due gruppi asimmetrici, il cui andamento è sottolineato dalla
linea delle rocce retrostanti. Al centro è il gruppo del carnefice
nell’atto di riporre la spada nel fodero, e del santo con la testa
tagliata, circondato da donne piangenti. Sotto la testa del Santo
sono visibili le tre fonti che secondo la leggenda sgorgarono nei
punti dove essa rimbalzò. Due angeli celesti in atteggiamento
dolente assistono al martirio. A sinistra, sulle rocce popolate di
alberelli verdi scuri, Plautilla riceve il drappo insanguinato del
martirio e dialoga con San Paolo che, dalla mandorla della sua
assunzione, si sporge verso di lei. Il piccolo edificio a pianta
circolare è reso con grande attenzione prospettica. Con questo
edificio l’artista ha voluto probabilmente rappresentare un
Martyrion contenente le reliquie di Paolo, di cui però non si ha
notizia.
La salvatio animae, nei due tondi con i martiri alati che salgono al
cielo, è la ricompensa e il culmine della scena del martirio. Giotto
ha sfruttato a pieno la possibilità offerta dall’arco ogivale, dando
a questo motivo un risalto nuovo per l’epoca.
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24. Elenco delle opere di Giotto nella cappella degli Scrovegni
•Le storie di Gioacchino ed Anna
•Le storie della Vergine
•Le storie di Cristo
•Le storie della passione
•Il giudizio universale
•Le allegorie dei vizi e delle virtù
•I coretti
•La finta struttura architettonica
•La volta stellata
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25. Le storie di Gioacchino ed Anna
Tutto il registro superiore della parete destra è occupato dalle sei scene dedicate
ai genitori della Madonna. Nessuno dei quattro Vangeli riporta questo racconto, che
trova pochissimi precedenti iconografici anteriori o contemporanei a Giotto
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26. Le storie della Vergine
I sei episodi dedicati all'infanzia e al matrimonio di Maria sono dipinti con
rispondenza simmetrica di fronte alle scene di Gioacchino e Anna, sul lato opposto
della Cappella. Si stabilisce così una serie di rimandi dall'una all'altra parete, una
lettura alternata, suggerita continuamente dalla disposizione speculare degli
affreschi. Giotto inserisce l'Arcangelo annunciante e Maria sui due pilastri opposti
dell'arco trionfale, realizzando un collegamento tra le due pareti.
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27. Le storie di Cristo
Le storie dell'infanzia e della vita di Cristo coprono l'intera fascia centrale della
decorazione parietale. Di grande importanza è la funzione svolta dalle scene dipinte
sull'arco trionfale: la Visitazione (a destra, sotto la Madonna annunciata) - che
collega direttamente l'inizio delle storie di Gesù con il ciclo precedente, dedicato
alla Vergine - mentre il Tradimento di Giuda (sulla parete opposta) chiude, in modo
drammatico, l'esistenza pubblica di Cristo e fa da cerniera con la sequenza della
Passione, inaugurata dall'Ultima Cena.
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28. Le storie della Passione
Seguendo attentamente il racconto evangelico Giotto conclude le Storie di Cristo
con le scene dell'Entrata in Gerusalemme e della Cacciata dei mercanti dal tempio: il
Tradimento di Giuda, sull'arco trionfale, dà avvio alla sequenza degli episodi della
Passione, o, più esattamente della Passione, Morte e Resurrezione, visto che il ciclo
si conclude con la Pentecoste.
Si compie in questo modo la prima, fondamentale parte del programma iconografico
complessivo della Cappella: la redenzione dell'uomo da parte di Cristo, a cui seguono
la lotta tra il Vizio e la Virtù e il Giudizio finale.
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29. Il giudizio universale
La vasta composizione si stende sull'intera controfacciata e costituisce il punto
d'arrivo della simbologia morale, del cammino di salvazione rappresentato nella
Cappella. Più che l'accentuazione mistica o il senso di orrore per le pene dei dannati
appare dominante il tema della giustizia: questa scelta è ribadita anche dalla
centralità della Virtù relativa fra le allegorie dello zoccolo; sotto questo aspetto, è
possibile istituire un parallelo tra la visione morale proposta da Giotto e quella di
Dante.
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30. Le allegorie dei vizi e delle virtù
Un compito di grande importanza nel sistema simbolico è svolto dalle allegorie a
monocromo delle Virtù e dei Vizi dipinte sopra lo zoccolo a finti marmi che corre
lungo la parte basse della navata. Il basamento simula il marmo anche nella
consistenza materiale, essendo realizzato con la difficile tecnica dello stucco
romano. Le figure simboliche si trovano quasi a livello del riguardante, tanto da
poter essere definite una sorta di 'registro di attualità'. Infatti, mentre la storia
sacra delle pareti narra episodi avvenuti nel passato e il Giudizio Universale della
controfacciata anticipa un evento futuro, il campo d'azione delle Virtù e dei Vizi è il
presente, il mondo terreno.
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31. I coretti
Sull'arco trionfale, a livello del registro inferiore con le Storie della Passione, sono
simmetricamente affrescate due finte architetture, definite cappelle segrete o
coretti, con bifore gotiche e volte a crociera da cui pendono due lampadari metallici
di forma cilindrica.
I significati iconografici
Due finte architetture, definite cappelle
segrete o coretti, con bifore gotiche e volte a
crociera da cui pendono due lampadari metallici
di forma cilindrica creano un eccezionale
effetto di illusione spaziale. Sono aperture
architettoniche simulate, con un significato
fortemente prospettico, che forse alludono alla
funzione funeraria della cappella. Il punto di
fuga è invertito rispetto a quello delle edicole
gemelle in cui si trovano i due personaggi
dell'Annunciazione, nella parte alta dell'arco
trionfale. Qualunque sia il significato simbolico
dell'immagine, ci si trova di fronte a uno dei più
liberi e innovativi passaggi di tutta la pittura di
Giotto: una sorta di manifesto della nascita
della prospettiva pittorica in senso moderno.
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32. La finta struttura architettonica
Giotto sovrappone all'architettura reale
dell'edificio una propria architettura
finta, immaginando una sorta di arca in
muratura alla cui base sta lo zoccolo in
finti marmi intramezzati dai finti rilievi
dipinti con le raffigurazioni allegoriche dei
Vizi e delle Virtù e poi aperta, man mano
che va su, da una serie di aperture,
quadrate quelle più grandi e mistilinee le
più piccole, culminanti nelle due enormi
aperture che,in alto, lasciano vedere il
cielo stellato.
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34. Cacciata di Gioacchino dal tempio
I significati iconografici
Gioacchino, giunto in tarda età
senza prole, viene allontanato dal
tempio di Gerusalemme dallo scriba
Ruben, perché non era consentito
accedervi a chi non avesse
procreato.
La scena si svolge nel Tempio di
Gerusalemme, presso il pulpito per
la presentazione della legge o
Bimah, dove uno scriba impartisce
benedizioni. Il tabernacolo con
colonne tortili rappresenta il Sancta
Sanctorum , il luogo più segreto del
santuario dove era custodita l'arca
dell'Alleanza. Lo scriba Ruben
allontana Gioacchino che ha un
capretto in braccio.
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35. Gioacchino fra i pastori
I significati iconografici
Gioacchino, umiliato e addolorato,
si ritira in montagna tra i pastori
che accudiscono le sue greggi e vi
rimane cinque mesi senza dare
notizie di sé. Solo il cagnolino gli va
incontro festoso. La scena è
ambientata sullo sfondo di una
montagna rocciosa con alberi.
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36. Un angelo appare ad Anna in preghiera
I significati iconografici
Anna moglie di Gioacchino, rimasta a
casa riceve dall'angelo l'annuncio
della prossima maternità.
Nella scena è rappresentato
l'interno della casa di Anna, dove
quest'ultima accoglie il messaggio
dell'Angelo del Signore. Sulla
sinistra, l'ancella (forse Giuditta)
fila. Nel timpano del poggiolo, in una
conchiglia sorretta da angeli, è
raffigurato Isaia, profeta di Maria.
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37. Gioacchino offre a Dio il sacrificio di un capretto
I significati iconografici
Gioacchino, incoraggiato dall'angelo,
offre a Dio un capretto come
sacrificio propiziatorio. Sull'altare
del sacrificio sta bruciando un
capretto. In alto, la mano di Dio.
Gioacchino è inginocchiato in atto di
adorazione mentre compare un
angelo con caduceo. Alle spalle di
Gioacchino, un pastore guarda verso
il fumo del sacrificio.
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38. Il sogno di Gioacchino
I significati iconografici
E' quasi notte e Gioacchino risposa
addormentato. L'angelo della scena
precedente compare in sogno e
annuncia a Gioacchino la prossima
paternità, incoraggiandolo a tornare
a casa. Due pastori assistono alla
scena
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39. Incontro di Gioacchino ed Anna alla Porta Aurea
I significati iconografici
Gioacchino, accompagnato dai
pastori, ritorna verso casa ed alla
Porta Aurea riabbraccia Anna,
venutagli incontro dopo essere stata
avvertita da un angelo. Fanno da
sfondo alla scena le mura di
Gerusalemme, con muratura
ghibellina. Un gruppo di amiche
accompagna Anna e Giuditta reca in
mano un mantello foderato di vaio,
simbolo, secondo il Bellinati, dell'ex-
vedovanza di Anna. Una vedova,
ancora racchiusa nel suo mantello
bruno congiunge il gruppo con la
scena principale.
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40. Nascita di Maria e Lavanda
I significati iconografici
Anna riceve tra le sue braccia la
bimba Maria, circondata dalle
ancelle che recano sulle spalle
fasce per neonati. In primo piano,
due ancelle si prendono cura di
Maria dopo il bagno: una le stringe
delicatamente il naso perché
cresca gentile, come era uso in
molte regioni italiane fino al secolo
scorso.
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41. Presentazione di Maria al tempio
I significati iconografici
Maria a tre anni, viene condotta al
tempio e affidata ai sacerdoti. La
scena si svolge all'ingresso del
Tempio di Gerusalemme, dove
Gioacchino è vicino al vecchio
Simeone (112 anni) e alla profetessa
Anna. Il sommo sacerdote Abiatar
accoglie Maria, sorretta da Anna,
mentre in primo piano altri due
sommi sacerdoti commentano la
scena.
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42. Consegna delle verghe
I significati iconografici
Maria vuole consacrarsi al Signore e
pertanto bisogna scegliere l'uomo cui
affidarla. Il Sommo Sacerdote
Abiatar convoca gli uomini celibi della
tribù di Giuda e si fa consegnare da
ognuno di loro un ramoscello: Maria
verrà affidata a quello dal cui
ramoscello fiorito volerà una
colomba. Giuseppe, con l'aureola, è
fra i giovani. Il sommo sacerdote
Abiatar riceve i ramoscelli alla
presenza dello scriba Ruben.
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43. Preghiera per la fioritura delle verghe
I significati iconografici
All'interno del Sancta Sanctorum i
ramoscelli , portati dai giovani della
Tribù di Giuda e da Giuseppe,
vengono posti sull'altare fra due
incensieri e il sommo sacerdote
Abiatar prega perché si verifichi
l'evento straordinario. Fra i giovani,
anch'essi raccolti in preghiera,
Giuseppe.
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44. Matrimonio della Vergine
I significati iconografici
Maria è promessa sposa all'anziano
Giuseppe. La solenne cerimonia
degli sponsali o consacrazione,
secondo il rito ebraico, avviene alla
presenza di Abiatar . Giuseppe reca
nella sinistra il ramoscello divenuto
giglio, da cui sta per spiccare il volo
una colomba bianca, e offre a Maria
un anello. Maria porta i capelli sciolti
(come le donne nubili) e ornati da un
diadema. Sulla sinistra, un giovane
della Tribù di Giuda spezza un
ramoscello in segno d'ira.
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45. Corteo nunziale
I significati iconografici
Accompagnata da due dignitari del
tempio e da sette ancelle, Maria
ritorna a Nazareth nella casa
paterna. Maria ha l'abito degli
sponsali. Accompagnano il ritorno
tre suonatori con il capo coronato
di alloro.
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46. Missione dell’annuncio a Maria
I significati iconografici
Due schiere di angeli, alcuni musicanti, che rappresentano l'eternità, circondano il
trono dell'Altissimo. L'angelo Gabriele, sulla destra, attende l'ordine di annunciare
a Maria la sua imminente maternità in piedi. A sinistra, invece,
inginocchiato,Gabriele riceve dalla mano di Dio la missione di scendere a Nazareth).
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47. Annunciazione
I significati iconografici
All'interno della casa di Nazareth, L'arcangelo
Gabriele annuncia a Maria il mistero
dell'Incarnazione. Nella mano destra reca il
messaggio, alla maniera latina. Maria, colpita dal
verbo divino, accanto al leggio, stringe in mano un
libro d'argento, come nel dramma sacro
"Mysterium Mariae et Angeli" che veniva
rappresentato a Padova il 25 marzo. La scena
dell'Annunciazione era una delle rappresentazioni
più classiche e più amate. Giotto ne fissa per
sempre la memoria, in un'immagine che avrà una
grande fortuna in tutta la pittura successiva. La
scena è in una posizione privilegiata per tutti
coloro che entravano nella Cappella dalla porta
d'ingresso.
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48. Visitazione
I significati iconografici
Maria, accompagnata da due delle sette
ancelle, rende visita ad Elisabetta sua
parente, moglie di Zaccaria e prossima madre
di Giovanni il Battista. Maria reca in dono una
fascia per neonati, di augurio per la prossima
maternità.
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49. Nascita di Gesù e annuncio ai pastori
I significati iconografici
Maria depone Gesù in una
mangiatoia, aiutata da un
personaggio femminile, mentre
Giuseppe riposa. In cielo, cinque
angeli rendono grazie a Dio, di cui
uno rivolge l'annuncio a due
pastori, raffigurati di spalle,
avvolti nei mantelli. Giotto risolve
il problema dell'ubicazione della
nascita di Gesù, sollevato dai
Vangeli apocrifi, ponendo la stalla
entro una grotta di montagna.
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50. Adorazione dei Magi
I significati iconografici
Giotto colloca l' Adorazione dei
Magi prima della presentazione al
Tempio, invertendo l'ordine usato
dal Vangelo dello Pseudo Matteo. La
Cometa non è quella di Halley, come
erroneamente a lungo sostenuto, ma
più verosimilmente una cometa
descritta dal celebre astronomo e
matematico padovano Pietro
d'Abano ( Bellinati). Due inservienti
trattengono due cavalcature o
dromedari . I tre re Magi offrono
doni: Melchiorre, inginocchiato,
l'oro; Baldassarre reca , con una
cornucopia, la mirra e Gaspare
l'incenso. Due angeli e la sacra
famiglia completano la scena.
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51. Presentazione di Gesù al Tempio
I significati iconografici
E' una scena molto importante
perché ha consentito di individuare
la fonte letteraria di Giotto in
questo ciclo: sotto la volta del
Sancta Sanctorum, il vecchio
Simeone (112 anni) riceve da Maria
il bimbo, con le mani coperte da un
drappo ( come si usava fare quando
si riceveva un dono dall'imperatore,
secondo il Bellinati). Alla sua
destra, la profetessa Anna reca un
cartiglio con la scritta " quoniam in
isto erit redemptio mundi" , unica
negli apocrifi e citata dal vangelo
dello Pseudo Matteo. Giuseppe reca
in dono due giovani colombe.
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52. Fuga in Egitto
I significati iconografici
Giuseppe, Maria e Gesù bambino
fuggono in Egitto per sottrarsi alle
persecuzioni dei re Erode, dopo
esser stati avvertiti in sogno da un
angelo. Quest'ultimo indica la strada
al gruppo che vede anche una
ragazza, con il capo coronato di
edera, vicino a Giuseppe e tre giovani
sulla stessa strada della carovana.
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53. Strage degli innocenti
I significati iconografici
Erode impartisce ordini dall'alto
di una loggia, mentre sullo sfondo
è raffigurata l'antichissima
Basilica della Natività a
Betlemme ( Bellinati). In primo
piano si staglia il gruppo delle
madri che piangono i loro figli,
molti dei quali giacciono, senza
vita, al centro della scena. I gesti
dei soldati che infieriscono con
crudeltà, aumentano la
drammaticità della scena.
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54. Gesù tra i dottori
I significati iconografici
Gesù fanciullo siede, in prossimità
della Pasqua ebraica, nel tempio di
Gerusalemme fra dieci dottori della
Legge. Assistono alla scena
Giuseppe e Maria, in piedi con le
aureole, che lo trovano dopo una
lunga ricerca.
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55. Battesimo di Gesù
I significati iconografici
Cristo, immerso nelle acque del
fiume Giordano, riceve il
battesimo dalle mani di
Giovanni Battista.
Quest'ultimo è accompagnato
da due discepoli, mentre, sul
lato opposto, quattro angeli
assistono alla scena e recano la
tunica e il mantello di Gesù.
L'Eterno Padre appare in alto
con il libro degli insegnamenti
divini ed una colomba, oggi
quasi interamente scomparsa.
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56. Nozze di Cana
I significati iconografici
L'iconografia sembra rifarsi
alle "Meditationes" sulla vita di
Cristo dello Pseudo-Bonventura
( Bellinati) , un testo molto
popolare nel medioevo.
Secondo un'antica tradizione,
il personaggio seduto alla
sinistra di Cristo (lo sposo)
sarebbe il futuro evangelista
Giovanni che, lasciata la moglie
nel giorno delle nozze, avrebbe
seguito come apostolo Gesù. Il
personaggio con l'aureola,
invece, è Andrea apostolo. Al
centro, il gruppo delle donne
con al centro la sposa e Maria,
che chiede al figlio di
trasformare l'acqua delle sei giare in vino.
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57. Resurrezione di Lazzaro
I significati iconografici
Cristo, circondato dagli
apostoli compie il miracolo
della resurrezione di Lazzaro,
dopo che Marta e Maria,
sorelle del defunto, lo avevano
implorato. Lazzaro, avvolto in
bende, è sostenuto da due
apostoli. In primo piano due
garzoni spostano la pietra
tombale.
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58. Ingresso a Gerusalemme
I significati iconografici
scena, bipartita, mostra Gesù
che entra a Gerusalemme
seguito dagli apostoli, accolto
da una folla festante che
stende a terra mantelli, mentre
due ragazzi raccolgono rami di
ulivo. L'architettura raffigura,
con probabilità, la "cittadella di
David" con le torri che si
salvarono dalla distruzione
della città.
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59. Cacciata dei mercanti dal Tempio
I significati iconografici
Gesù, accompagnato dai suoi
apostoli, caccia i profanatori dal
tempio, impugnando delle corde
come flagelli. Sulla destra i sommi
sacerdoti Caifa e Anna
commentano la scena.
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60. Tradimento di Giuda
I significati iconografici
Giuda Iscariota tradisce Gesù e lo vende
per trenta denari ai sacerdoti ed agli
scribi del tempio, che cercavano di
liberarsene perché temevano il popolo in
concomitanza della Festa degli Azzimi.
Satana è dietro le spalle di Giuda, che ha
l'aureola nera. Ha inizio da questa scena il
racconto della Passione e della morte di
Cristo.
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61. L’ultima cena
I significati iconografici
È uno dei temi iconografici più
famosi e più rappresentati. Giotto
coglie il momento degli sguardi
interrogativi degli apostoli dopo
che Gesù, durante la celebrazione
della Pasqua, ha annunciato che
uno di loro lo tradirà. Giuda siede
di spalle con il mantello giallo e
l'aureola nera, diversa dalle altre,
anneritesi posteriormente per
cause chimiche.
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62. Lavanda dei piedi
I significati iconografici
Nella stessa architettura dove
si svolge l'Ultima cena, Gesù lava i
piedi agli apostoli, in un gesto in cui
il Figlio di Dio si inginocchia
davanti all'uomo. La scena è
sovrastata dall'Adorazione dei
Magi ( dove gli uomini si inchinano
davanti al Figlio di Dio) e, ancora
più in alto, dalla preghiera di Anna,
in un gioco di rispondenze e
parallelismi rilevato da più di uno
studioso.
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63. Bacio di Giuda
I significati iconografici
Al centro di una folla di soldati,
accorsi con lance e torce, si compie
il tradimento e Giuda bacia Gesù. A
destra Caifa indica il Cristo,
mentre, a sinistra, Simon Pietro
taglia l'orecchio a Malco, servo del
sommo sacerdote.
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64. Gesù dinnanzi a Caifa
I significati iconografici
Gesù viene arrestato e portato
davanti al sommo sacerdote Caifa,
che, in questa scena, siede vicino ad
Anna. Caifa interroga Gesù e, udite
le risposte, si straccia le vesti in
segno di dolore per le affermazioni
di Gesù ritenute sacrileghe: un
gesto analogo alla raffigurazione
dell'Ira nello zoccolo con i Vizi.
Intanto un soldato, presente alla
scena, alza il braccio per dare uno
schiaffo a Gesù.
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65. Flagellazione
I significati iconografici
Sulla destra, il gruppo con
Ponzio Pilato che non ha voluto
esprimere un giudizio, rimettendo
la decisione nelle mani delle
autorità locali. Sulla sinistra, la
scena prosegue: Gesù viene
schernito, flagellato, e deriso
come re dei Giudei.)
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66. Salita al calvario
I significati iconografici
Gesù porta la croce uscendo
dalla porta di Gerusalemme. Sullo
sfondo, un gruppo di soldati con
lance, picche ed alabarde. La madre
di Gesù segue il corteo, anche se si
cerca di allontanarla. Nella scena ci
sono altri soldati e sacerdoti del
Tempio: un soldato dietro al Cristo
lo spinge con un bastone; un altro
impugna il martello per la
crocifissione. Due contadini si
imbattono nel corteo: uno di loro è il
Cireneo che porterà, scalzo, la croce
per un tratto (Bellinati). Si può
notare come nella Salita al Calvario
Cristo esca con la croce in spalla
dalla stessa porta di Gerusalemme,
merlata e turrita, attraverso la
quale era festosamente entrato
nella penultima scena del registro
mediano della stessa parete.
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67. Crocifissione
I significati iconografici
Cristo inchiodato sulla
croce(Crocifissione), con
inginocchiata ai piedi Maria
Maddalena, a sinistra la Madonna
sostenuta da Giovanni l'Evangelista e
da Maria Cleofe e, sulla destra, il
centurione romano convertito ( e
pertanto con l'aureola) tra i soldati
che si disputano le vesti del
crocifisso. In cielo, dieci angeli
rappresentano forse la
partecipazione cosmica al dolore
( Bellinati). Sul cartiglio del
Crocifisso la scritta "HIC. E.
IESUS /NAZARENUS/ REX
IUDEORUM" che non trova riscontro
nei Vangeli né canonici né apocrifi ma
che ha un precedente in Cimabue.
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68. Compianto
I significati iconografici
È una delle scene più espressive
dell'intero ciclo, grazie ad una
capacità ineguagliabile di
rappresentare lo spazio, le figure e
i gesti attorno al corpo senza vita
di Cristo. Le braccia aperte di
Giovanni apostolo, al centro della
rappresentazione, come pure lo
sguardo intenso di Maria, la
diagonale della montagna rocciosa,
la disperazione dei dieci angeli che
riproducono tutte le manifestazioni
della disperazione umana,
esprimono un dramma che diventa
universale
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69. Resurrezione di Gesù - ”Noli me tangere”
I significati iconografici
Due angeli sono seduti sul
sepolcro di marmo, mentre alcuni
soldati dormono profondamente.
Il Cristo risorto compare a Maria
Maddalena, giunta al sepolcro per
piangere, e la invita a non seguirlo
e a non toccarlo. Sul vessillo, le
parole "victor mortis". Questa
scena ebbe da subito una grande
fortuna iconografica e venne
riprodotta pochi anni dopo negli
Antifonari della cattedrale di
Padova. In questo riquadro Giotto
usa la tecnica dello stucco
romano, recuperata dopo anni di
oblio, per rendere la lucentezza
del marmo.
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70. Ascensione
I significati iconografici
Sulla sommità del monte degli
Ulivi, Cristo, racchiuso nella
mandorla, ascende al cielo fra due
schiere di angeli, beati e santi
dell'Antico Testamento. Lo
guardano dal basso gli apostoli e la
madre, davanti ai quali compaiono
due angeli.
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71. Pentecoste
I significati iconografici
Sugli apostoli riuniti
scende la luce dello Spirito
Santo, e gli apostoli cominciano
a parlare in altre lingue. È
l'inizio della loro missione:
andare per il mondo a predicare
e diffondere il vangelo.
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72. Il giudizio universale
I significati iconografici
La vasta composizione si stende sull'intera
controfacciata e costituisce il punto
d'arrivo della simbologia morale, del
cammino di salvazione rappresentato nella
Cappella.
Il Cristo Giudice, al centro della
composizione, rende giustizia ai buoni e
condanna i cattivi, con gesto pacato e
sicuro. La divisione tra bene e male è anche
separazione tra ordine e caos: gli eletti,
seguendo le indicazioni degli angeli, si
dispongono in schiere regolari, mentre tra i
demoni e i dannati regna la massima
confusione.
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73. Enrico Scrovegni (particolare del giudizio universale)
I significati iconografici
Enrico Scrovegni offre alla
Vergine (S. Maria della Carità)
accompagnata da Giovanni
Evangelista e da Santa
Caterina d'Alessandria, il
modello della cappella
sostenuto da un ecclesiastico
non ancora identificato ( forse
Altegrado dè Cattanei) ma che
quasi sicuramente è il
responsabile teologico-
iconografico della decorazione.
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74. Cristo Giudice (particolare del giudizio universale)
I significati iconografici
Il Cristo Giudice sovrasta la porta
principale della Cappella. Entro l'iride
che ricorda i sette cieli tolemaici, sta
il Signore della Storia, circondato da
Serafini. Siede sul trono del tempo,
che poggia sui simboli dei quattro
evangelisti. Basterà un cenno con la
mano destra ( venite, benedetti), o un
altro cenno con la sinistra ( andate
lontano.) per dare alla storia il suo
inappellabile verdetto di giustizia
eterna. Tre elementi riflettenti
adornano tutt'ora l'aureola del
Cristo- Giudice, ad accentuarne la
terribilità ( ora in quello centrale il
vetro è rotto e negli altri due la lamina metallica è alterata). Un elemento che
conferma l'impostazione scenica della decorazione pittorica della Cappella
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75. I sette vizi capitali
Allegorie dei sette Vizi capitali (Disperazione, Invidia, Idolatria, Ingiustizia, Ira, Incostanza,
Stoltezza ), prima del restauro.
I significati iconografici
Allegorie dei sette Vizi capitali (Stoltezza, Incostanza, Ira, Ingiustizia, Idolatria,
Invidia, Disperazione) che conducono alla perdizione eterna
Un compito di grande importanza nel sistema simbolico della Cappella è svolto dalle
allegorie a monocromo delle Virtù e dei Vizi dipinte sopra lo zoccolo a finti marmi
che corre lungo la parte bassa della navata. Il basamento simula il marmo anche
nella consistenza materiale, essendo realizzato con la difficile tecnica dello stucco
romano. La loro collocazione segna la “storia umana” fra le Storie di Cristo e Maria e
il Giudizio Universale.
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76. Le sette virtù capitali
Allegorie delle sette Virtù capitali (Prudenza, Fortezza, Temperanza, Giustizia, Fede,Carità,
Speranza), prima del restauro.
I significati iconografici
Le sette Virtù, ultima la Speranza, conducono al Paradiso, ubicato alla destra di
Cristo Giudice; i sette Vizi, alla perdizione eterna. Sono tutti personaggi femminili,
ad eccezione della Stoltezza e dell'Ingiustizia. Il sistema delle antinomie
giottesche pone al centro, a metà della navata, la coppia Giustizia-Ingiustizia: sono
due allegorie monumentali, sedute in robusti seggi, completate da minuscole scene
che mostrano il sereno svolgersi della vita governata dalla Giustizia e, viceversa, la
brutalità e la violenza provocata dall'Ingiustizia. Le altre coppie, costruite secondo
il criterio dell'abbinamento dei contrari, sono, dall'altare verso la controfacciata,
Prudenza - Stoltezza; Fortezza - Incostanza; Temperanza - Ira; Fede - Idolatria; ;
Carità - Invidia; Speranza - Disperazione.
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77. Preludio alle storie di Maria
I significati iconografici
Il cielo azzurro e stellato
ospita circa 400 stelle a
otto punte. Al centro S.
Maria della Carità, cui è
dedicata la Cappella. La
circondano quattro re e
profeti dell'Antico
Testamento.
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78. Daniele
I significati iconografici
Ha in mano un cartiglio, che cita il
capitolo 6, verso 26
" Ipse est enim Deus vivens et
aeternus in secula, et Regnum eius
non dissipabitur et potestas eius
usque in aeternum"
( Egli è infatti il Dio vivente che dura
in eterno ; il suo regno è tale che non
sarà mai distrutto e il suo dominio
non conosce fine )
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79. Isaia
I significati iconografici
Ha in mano un cartiglio, che cita il
capitolo 7, verso 14
"Ecce Virgo concipiet et pariet filium
et vocabitur nomen eius Emmanuel "
(Ecco la Vergine concepirà e darà
alla luce un Figlio, che chiamerà
Emmanuele)
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80. Malachia
I significati iconografici
Ha in mano un cartiglio, che cita il
capitolo 3, verso 1
" Et statim veniet ad templum suum,
determinator, quem vos queritis et
angelus, testamentui quel vos vultis"
(E subito entrerà nel suo tempio il
Signore, che voi cercare, e l'angelo
dell'alleanza che voi sospirate).
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81. Baruch
I significati iconografici
Ha in mano un cartiglio che cita il
verso 36 del capitolo 3
"Hic est Deus noster et non
aestimabitur alius adversus eum"
(Egli è il nostro Dio e nessun altro gli
può essere paragonato)
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82. Preludio alle storie di Cristo
I significati iconografici
Il cielo azzurro e stellato è
decorato con più di 400 stelle a
otto punte. Al centro, il
Redentore benedicente,
circondato da quattro profeti
che hanno preannunciato la sua
venuta.
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83. Michea
I significati iconografici
Preannuncia la nascita del Messia a
Betlemme in un passo esplicito delle
sue profezie.
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84. Ezechiele
I significati iconografici
Reca in mano il libro, scritto entro e
fuori, che gli è stato offerto da Dio.
Ha preannunciato la maternità di
Maria e, per questo motivo, nel
Medioevo godeva di una grande
notorietà.
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85. Geremia
I significati iconografici
Preannuncia la nuova alleanza di Dio
con il suo popolo. Più di ogni altro
profeta, ha prefigurato, con la sua
vita, la Passione e morte di Cristo.
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86. Giovanni Battista
I significati iconografici
E’ colui che annuncia l'arrivo di
Cristo ed il suo precursore. La sua
vita è raccontata nei Vangeli di Luca
e Giovanni.
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87. Polittico dei Domenicani
Pittura realizzata su tavola
di legno, solitamente in
pioppo, di grandi dimensioni,
posta sopra l'altare della
chiesa e raffigurante scene
a carattere sacro.
Mentre alcune pale sono
pentagonali (richiamando
nella forma la sezione
verticale di un chiesa col
tetto "a capanna"), altre
hanno forme e strutture più
complesse: sono suddivise in
scomparti e ornate con
cuspidi e colonnine che hanno
il compito di separare le
varie scene.
La base è spesso costituita da un gradino più o meno alto (predella), che ospita
immagini - sempre di soggetto sacro - legate al tema della raffigurazione principale.
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88. La Maestà degli uffizi
La più grande delle pitture Giottesche. Il
soggetto è lo stesso di Duccio di Cimabue: sul
trono la vergine e il bambino fra i santi e gli
angeli e il bambino solleva la mano in un gesto
di benedizione. Tuttavia, era cambiato molto
durante i pochi anni che separano questo lavoro
dagli altri. La vergine triste, è stata
trasformata qui in una donna molto umana che
guarda serenamente, le sue labbra separate
sono in procinto di un sorriso che rivela il
bianco dei suoi denti. Rispetto agli impianti
simili dei grandi pittori del tredicesimo secolo,
questa immagine del Madonna sembra
notevolmente essere facilitata, benchè affatto
impoverita. L'abito della vergine e il manto
sono della qualità più fine. La ricchezza
cromatica del trono lo rende sia sontuoso che
uno dei soliti troni elaborati delle pitture del
tredicesimo secolo. I gruppi degli angeli ad
ogni lato del trono occupano lo spazio reale e
sembrano essere i componenti fermi ed
eleganti di una corte reale.
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89. Il Campanile di Giotto
Il campanile di Santa Maria del Fiore, uno dei
più belli d'Italia, è una geniale (e costosissima)
invenzione di Giotto, creata più come
monumento decorativo che funzionale. Nel
1334, quando i lavori per la nuova cattedrale
languivano ormai da oltre 30 anni, il grande
artista viene nominato capomastro della
fabbrica con il compito di portarne avanti la
costruzione. Ma piuttosto che impegnarsi nella
prosecuzione del progetto di Arnolfo per il
Duomo, Giotto preferisce idearne uno tutto
suo: il campanile. Al nuovo elemento
architettonico che va ad arricchire la piazza, il
maestro lavora dal 1334 al 1337, anno della sua
morte, ma del progetto riesce a vedere
realizzata solo la prima zona, quella dove si
apre l'ingresso cuspidato.
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90. Il suo gusto di pittore
lo porta infatti a far
procedere il
rivestimento esterno
in contemporanea con
la costruzione,
rallentandone
l'esecuzione.
Marmi bianchi di Carrara, verdi di Prato e rossi di Siena colorano lo spazio e al
tempo stesso lo ripartiscono con rigore classico, mentre sui quattro lati compare
una "narrazione" figurativa (espressione indispensabile ad un pittore) grazie ad
una serie di formelle ottagonali a rilievo eseguite da Andrea Pisano (che nel 1336
aveva terminato la Porta sud del Battistero) su disegni in parte dello stesso
Giotto.
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91. Da: le storie di San Francesco
•San Francesco riceve le Stigmate
•La rinuncia degli averi
•La confermazione delle regola
•La prova del fuoco davanti al sultano
•L’apparizione nel capitolo di Arles
•Il funerale di San Francesco
•L’apparizione a frate Agostino e al
vescovo d’assisi
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92. San Francesco riceve le stigmate
Giotto riprende fedelmente la tradizione,
secondo cui San Francesco ricevette le
stimmate sul fianco del monte della Verna.
Questo monte fa da sfondo alla scena, ed è
raffigurato, in modo simile in tutte le icone,
come scarso di vegetazione e molto roccioso.
Tutto l'affresco è strutturato in funzione della
posizione dell'osservatore, quindi verso il basso.
La posizione del Santo assume un certo
movimento, emblema delle conquiste pittoriche
nelle rappresentazioni umane da parte di Giotto.
Possiamo notare nel Santo come un sussulto
compreso fra lo stupore e l'estasi mistica. Le
mani non sono raccolte verso il busto,come in
altre rappresentazioni, ma si aprono in modo
scomposto, come a simbolo dell'accettazione da
parte del Santo di tale evento. L'inarcazione del busto aumenta la sensazione di dolore
mistico e l'efficacia rappresentativa. San Francesco che occupa il maggior spazio
narrativo, è in primo piano mentre il Cristo, che è di dimensioni più ridotte, sovrasta
meno il campo prosaico. La caratteristica che ritroveremo in tutto il ciclo pittorico è la
scelta rappresentativa da parte di Giotto di un San Francesco inedito, nel fiore degli anni
e senza la vistosa barba, che invece è l'epiteto fisso non solo di tutte le rappresentazioni
contemporanee,ma anche di quelle successive.
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93. La rinuncia degli averi
Nell'affresco la decisiva scelta di vita di Francesco è ben definita da Giotto, tanto da risultare una
divisione bipartita così distribuita. Da una parte troviamo semi nudo il giovane Santo che alzando gli occhi e
le mani al cielo, si rivolge a Cristo. Dietro di lui sono rappresentati il vescovo di Foligno che lo copre con un
mantello e alcuni personaggi che sembrano appartenere all'ordine religioso. Dall'altra parte c'è il padre con
intorno tutto il popolo di Assisi, che condivide lo sdegno paterno, mentre un uomo lo tiene per un braccio. La
lunetta risulta però meno bipartita, grazie al complesso architettonico che fa da sfondo senza spezzare
l'andamento narrativo, ma anzi unendolo. I personaggi sono molto curati sia nei volti, sia nei vestiti, ed
infine nella struttura anatomica. Lo slancio del padre verso il figlio è accentuato dalla flessione in avanti, e
dal gesto di alzarsi il lungo vestito per muoversi.
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94. La conferma della regola
La scena si svolge in un interno. L'incarnato dei personaggi e le loro vesti sono resi
in maniera molto realistica e dettagliata, ed è presente uno spiccato senso
decorativo. Sono distinguibili due gruppi d'azione nel cui centro focale è posto San
Francesco. Si nota però, che mentre al centro vi è un gruppo ben assemblato, vi sono
altre due coppie di persone alle estremità opposte che equilibrano la scena.
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95. La prova del fuoco davanti al sultano
Nell'affresco il sultano è posto centralmente, San Francesco e il fuoco sono a destra,
mentre gli altri personaggi sono distribuiti a sinistra con l'intento di equilibrare la
composizione pittorica. Particolare importante di questo affresco è la direzione degli
sguardi di San Francesco e del sultano. Questi, infatti non s'incontrano mai, e hanno
direzioni diverse, San Francesco guarda il sultano, e quest'ultimo distoglie lo sguardo.
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96. Particolare della prova del fuoco davanti al sultano
I personaggi questa volta
risultano meno curati
nell'espressività dei volti e
sono più schematici nei loro
gesti, inoltre la
rappresentazione del fuoco è
infelice e poco verosimili.
Anche gli elementi
architettonici usati da Giotto
come sfondo e come metrica
pittorica, risultano
leggermente inferiori rispetto
agli altri dello stesso ciclo. I
piedi e le mani dei
personaggi sono per la
maggior parte coperti dalle
vesti, mentre in tutto il ciclo li
vediamo ben visibili, lo
stesso volto del sultano è
poco risolto.
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97. L’apparizione nel capitolo di Arles
Nell'affresco, presente nella Cappella Bardi, l'architettura molto curata, ma scarna di
decorazioni, mette in risalto la trama compositiva. Si possono notare le finestre bifore,
e alcuni particolari architettonici tipici del gotico. Nell'affresco inoltre, l'artista si è
soffermato di più sull'aspetto mistico della vicenda, scegliendo per questo motivo
un'impostazione compositiva più schematica. La scena è vista frontalmente, e non più di
scorcio, come nelle altre rappresentazioni, inoltre, gli elementi architettonici
scandiscono il tempo prosaico, unendo, ma allo stesso tempo evidenziando la scena.
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98. Particolare dell’apparizione nel capitolo di Arles
Questo affresco manca di simmetria, e i personaggi accanto al Santo sono
rappresentati in maniera diversificata, mentre, nelle altre rappresentazioni, i
personaggi si dispongono in maniera simmetrica a fianco del santo, che si trova al
centro della scena.
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99. Il funerale di San Francesco
La pittura murale è molto solenne e dettagliata nella rappresentazione degli angeli e dei santi.
La variazione della luce è molto accentuata, vi sono diversi giochi chiaroscurali, mentre
mancano completamente gli elementi architettonici usati come sfondo. Ai lati della scena due
gruppi di personaggi chiudono l'affresco come margini per l'osservatore. Il punto di vista
dell'affresco è leggermente rialzato, e le persone sono quasi viste dall'alto, creando un
ascendere verso il cielo, dove si trovano quattro angeli, due per lato che circondano l'anima del
Santo e l'accompagnano.
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100. Particolare del funerale di San Francesco
I gesti dei personaggi dell'affresco di Santa Croce sono molto concisi, e sviluppati in senso
drammatico. Le figure che rispecchiano questa caratteristica in modo assai evidente sono i due
frati posti vicino al volto del morto, dei quali uno si rivolge al cielo alzando una mano in segno di
dolore, mentre l'altro sembra rivolgere l'estremo saluto. Intorno alla salma vi sono cinque frati
genuflessi in segno di dolore che accarezzano e baciano rispettivamente le mani e i piedi, quasi
a ricordare all'osservatore le stimmate lì poste. In piedi dietro la salma vi sono altre figure di
frati con le mani alzate e che completano il nucleo centrale della rappresentazione.
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101. Apparizione a frate Agostino e al vescovo
Nonostante l'affresco non sia integro a causa della manipolazione settecentesca, è
possibile notare nell'affresco che il vescovo assume un atteggiamento rilassato e
sappiamo che il frate a suo tempo si rivolgeva verso di esso. I personaggi secondari sono
raggruppati intorno al frate, fatta eccezione per due semi dormienti accasciati sotto il
giaciglio del vescovo. Si può notare lo spazio notevole che è dedicato al vescovo,
raffigurato disteso e occupante quasi la metà dell'affresco. Gli interni sono trascurati e
poco decorati.
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102. Particolare dell’apparizione a frate Agostino e al vescovo
Bisogna mettere in risalto come Giotto ha organizzato la struttura dell'affresco,
dopo aver notato come il disegno e la disposizione degli elementi svolgono una
funzione fondamentale ai fini dell'opera stessa. Tutto il ciclo pittorico è
caratterizzato da una grande chiarezza formale, grazie alla disposizione delle linee
compositive generate dalle architetture e dai personaggi.
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103. Città visitate da Giotto
•Assisi
•Padova
•Rimini
•Roma
•Firenze
•Napoli
•Bologna
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104. Assisi
Le fonti antiche tutte concordi
nell’esaltarne la figura e il ruolo di
innovatore della pittura, sono state anche la
causa di questioni controverse, che dividono
gli studiosi, soprattutto riguardo ai suoi
esordi e all’attribuzione delle “Storie di San
Francesco” nella basilica dei frati minori ad
Assisi . In uno dei testi più citati, quello del
Ghiberti troviamo: “Dipinse nella chiesa
d’Assisi nell’ordine de’ frati minori quasi
tutta la parte di sotto” il che è stato inteso
da molti come una indicazione del ciclo
francescano lungo la fascia in basso della “Apparizione nel capitolo di Arles” dal ciclo di “San Francesco”
nella basilica dei frati minori ad Assisi.
Basilica Superiore, mentre chi non crede
che Giotto ne sia l’autore, lo intende come
riferimento solo alla Basilica Inferiore,
attribuendo gli affreschi ad un autore di
scuola romana, prosegue così da più di due
secoli una delle diatribe più appassionanti
della storia dell’arte: la “questione
giottesca”.
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105. Giorgio Vasari nelle “Vite” afferma che
Giotto fu chiamato da Giovanni Mincio da
Morovalle che fu generale dell’ordine
francescano dal 1296 al 1304 date entro le
quali furono dipinti gli affreschi. Giotto
sarebbe stato presente ad Assisi una prima
volta nel 1297 per eseguire la Cappella di
San Nicola nella Basilica Inferiore con
l’Annunciazione sulla parete d’ingresso, e le
due scene dei miracoli post mortem di “San
Francesco Morte” e “Resurrezione del
Fanciullo di Suessa” che mostrano evidenti
affinità tecniche ed esecutive con la
Cappella degli Scrovegni mentre si
“crocifissione” dal ciclo “della Passione” della
differenziano dal ciclo Francescano . La cappella degli Scrovegni.
Tavola conservata nel Museo del Louvre di
Parigi proveniente da Pisa che rappresenta
le “Stimmate di San Francesco” contiene
delle scenette uguali a quelle di Assisi il che
viene considerato motivo a sostegno della
attribuzione a Giotto.
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106. Indipendentemente dal fatto
che si tratti di Giotto o di un
altro pittore le scene non
mostrano sempre la stessa
qualità esecutiva, il Ciclo
francescano presenta comunque
delle soluzioni formali
rivoluzionarie.
“Particolare della prova del fuoco davanti al sultano” dal ciclo di
“san Francesco” nella basilica dei frati minori ad Assisi.
Con un sapiente dosaggio del chiaroscuro si rende l’evidenza plastica delle figure
mentre l’uso di architetture scorciate che svolgono il ruolo di quinte prospettiche
creano degli spazi praticabili in cui i personaggi si muovono con naturalezza e
coerenza, ad esempio possono girarsi di spalle rispetto all’osservatore cosa prima
inconcepibile.
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107. “la rinuncia degli averi” dal ciclo si “san Francesco” nella basilica dei frati minori ad Assisi.
La composizione è libera dagli schematismi e simmetrie della pittura precedente,
anche se accanto a scenari naturali ed architettonici realistici troviamo ancora delle
rappresentazioni dal gusto arcaico, non tutti gli scorci sono resi con la stessa
sicurezza, più incerte appaiono le città dipinte in lontananza e gli edifici delle prime
tre campate della parete sinistra.
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108. Padova
“missione dell’annuncio a Maria” dalle “storie di Gesù” dalla Cappella degli Scrovegni a Padova
Gli affreschi della Cappella dell’arena di Padova sono fondamentali per la
conoscienza dell’arte giottesca perché sono quelli in cui l’autografia e la datazione
sono certe e dove il ricorso agli aiuti è limitato all’esecuzione delle idee del maestro.
Enrico Scrovegni nobile patavino acquistò il terreno nel 1300, nel 1302 cominciò la
costruzione della cappella che si trovava a ridosso del palazzo di famiglia poi
distrutto.
Nel 1304 il Papa Benedetto XI promulgava un’indulgenza in favore di coloro che
l’avessero visitata, infine l’edificio fu consacrato nel 1305 e presumibilmente gli
affreschi dovevano essere terminati per quella data.
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109. Giotto dipinse l’intera superficie con un progetto
iconografico e decorativo unitario, ispirandosi alla
“leggenda Aurea “ di Jacopo da Varazze e alle
“Meditazioni sulla vita di Gesù” dello Pseudo-
Bonaventura. Dipinge dividendolo in 37 scene , un
ciclo incentrato sul tema della salvezza che parte
dalla storia di Gioacchino ed Anna e prosegue con
quelle di Maria e Gesù lungo le pareti e termina col
Giudizio universale della controfacciata.
“il giudizio universale” dalla cappella
degli Scrovegni a Padova.
“la consegna delle verghe” dalle
“storie di Mario”dalla cappella
degli Scrovegni a Padova.
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110. Sullo zoccolo in basso alcuni specchi in finto
marmo si alternano a figure monocrome
simboleggianti Vizi e Virtù. Nella cappella la
pittura di Giotto ha raggiunto la piena
maturità espressiva, la composizione
rispetta il principio del rapporto organico
tra architettura e pittura ottenendo il
risultato di un complesso unitario, i riquadri
sono tutti di identica dimensione, i
partimenti decorativi, le architetture
simulate e i due finti coretti prospettici che
simulano un’apertura sulla parete, sono tutti
elementi che obbediscono alla logica della “coretto” dalla cappella degli Scrovegni a Padova.
visione unitaria, non solo prospettica ma
anche cromatica, ad esempio il blu
intensissimo della volta che sembra più un
colore di sfondo che un cielo reale si ripete
in ogni scena.
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111. Rispetto agli affreschi di Assisi si notano
molti progressi, le figure sono solide e
voluminose e rese ancora più salde dalle
variazioni cromatiche, i toni dei colori si
schiariscono nelle zone sporgenti. Alcuni
accorgimenti tecnici come lo stucco lucido o
stucco romano usato per i finti marmi o
l’inserimento di parti metalliche nell’aureola
del Cristo Giudice nel Giudizio, le tavole
inserite nel muro e l’uso dell’encausto nelle
figure a finto rilievo, arricchiscono di effetti
materiali tutto l’ambiente.
“cristo giudice” dal “preludio alle storie di Cristo” dalla
Cappella degli Scrovegni a Padova.
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112. Rimini
La presenza di Giotto a Rimini non è databile con
precisione ma si presume possa essere collocata tra gli
anni di Padova, e il ritorno ad Assisi. A Rimini come ad
Assisi, lavora in un contesto francescano nella Chiesa
nota oggi come Tempio Maltestiano, dipinge un ciclo di
affreschi perduto e il Crocifisso dipinto, che si trova
ancora nell’abside, ma è mancante della cimasa e delle
estremità ritrovate da Federico Zeri nel 1957 nella
collezione Jeckyll a Londra.
L’autografia del crocifisso non è condivisa da tutti gli
studiosi pur mostrando le qualità tipiche della sua
pittura, potrebbe trattarsi di un’opera di bottega
come molte uscite con la sua firma e dipinta da un suo
disegno. Il soggiorno di Rimini è importante
Crocifisso di Rimini soprattutto per l’influenza esercitata sulla locale
scuola pittorica e Miniatoria di Giovanni e Pietro da
Rimini che fu fiorente nel trecento.
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113. Roma
Nel 1311 Giotto è a Roma per realizzare il mosaico
del portico dell’antica Basilica di San Pietro “la
Navicella degli Apostoli” poi distrutta , fu disegnata
da due artisti del quattrocento Pisanello e Parri di
Spinello il disegno si trova nel Metropolitan Museum
of Art di New York , mentre due tondi con i volti di
angeli sono conservati rispettivamente a San Pietro
Ispano a Frosinone e nelle Grotte Vaticane. Fu
commissionata dal cardinale Jacopo Caetani
Stefaneschi arciprete e benefattore della Basilica
oltre che Diacono di San Giorgio al Velabro , che lo
pagò ben duecento fiorini e per l’occasione compose
Polittico Stefaneschi (Roma). dei versi da inserire nel mosaico.
Il Polittico Stefaneschi della Pinacoteca Vaticana è un’ opera appartenente ad una fase
successiva, l’anno è il 1320, come testimonia la descrizione seicentesca dell’archeologo
Grimaldi, era destinato all’altar maggiore della Basilica di San Pietro e fu commissionato
insieme a degli affreschi che si trovavano nella zona della tribuna. L’opera è ideata dal maestro
ma dipinta insieme agli aiuti , l’importanza del luogo a cui era destinata imponeva l’uso del fondo
oro dal quale le figure monumentali si stagliano con grande sicurezza, ed è caratterizzata da
una grande varietà cromatica a scopo decorativo. Dipinto su entrambi i lati rappresenta sul
verso anteriore il Cristo in trono con i Martirii di San Pietro e di San Paolo (simboli della
Chiesa stessa) , sul retro San Pietro in Trono , negli scomparti e nelle predelle la Vergine col
bambino in Trono con diverse figure di Santi ed Apostoli.
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114. Firenze
A Firenze verso il 1314-1315 Giotto
dipinge alcuni capolavori della sua
maturità, opere su tavola per la Chiesa di
Ognissanti dell’Ordine degli Umiliati La
Dormitio Virginis della Gemal de galerie
di Berlino , un tema ed una composizione
antica che riesce ad innovare grazie alla
disposizione dei personaggi nello spazio e
il Crocifisso dipinto ancora in loco simile
alle analoghe figure di Assisi tanto che si
è pensato al cosiddetto “Parente di
Giotto”.
La Maestà degli Uffizi che va
confrontata con due celebri precedenti
di Cimabue e Duccio di Boninsegna nella
stessa sala del Museo, per comprenderne
la modernità di linguaggio.
“Maestà degli Uffizi” Firenze.
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115. Lorenzo Ghiberti riporta che Giotto per
la Chiesa Anglicana di Santa Croce eseguì
gli affreschi di quattro cappelle e
altrettanti polittici , tre situati nella
zona alla destra del presbiterio e una in
quella alla sinistra.
Si sono salvate dalla distruzione due
cappelle: la Bardi con la “Vita di San
Francesco” e la Peruzzi con storie di
“San Giovanni Battista ed Evangelista”,
perdute invece la Cappella Giugni con le
“Storie degli Apostoli” e Tosinghi Spinelli
con le “Storie della Vergine” in
quest’ultima rimane un frammento “San Francesco riceve le Stigmate” dal ciclo di “San
trecentesco attribuito al Maestro di Francesco” Firenze.
Figline.
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116. Di questo periodo sono conservate molte
altre tavole giottesche, spesso parti di
polittici smembrati, nei quali si presenta
sempre il problema dell’autografia che
non è mai sicura. Una delle più dibattute
in questo senso è la Croce dipinta di San
Felice di Piazza. Il Polittico di Santa
Reparata è attribuito al Maestro con la
collaborazione del “Parente di Giotto”, il
Santo Stefano della Collezione Horne di
Firenze è probabilmente opera autografa
e viene associata come resto di un’unica
opera a due frammenti : il San Giovanni
Evangelista e il San Lorenzo entrambi del
Museo Jacquemart-André di Chalis
(Francia) e alla bellissima Madonna col
Bambino della National gallery di
Santo Stefano, 1330-1335, Firenze, museo
Washington. Horne.
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117. In vari musei sono sparse anche tavolette
di piccole dimensioni : La Natività e
Adorazione dei Magi del Metropolitan
Museum of Art di New York (simile alle
scene di Assisi e Padova), la Presentazione
di Gesù al Tempio (Boston, Isabella
Stewart Gardner Museum) , l'Ultima Cena,
Crocifissione e Discesa al Limbo della
Pinacoteca di Monaco, la Deposizione della
Collezione Berenson di Firenze e la
Pentecoste (National Gallery di Londra)
che secondo lo storico Ferdinando Bologna
faceva parte di un polittico ricordato dal
Vasari a Borgo San Sepolcro. Poco prima
“Presentazione di Gesù al tempio” dal ciclo delle “storie
della sua partenza da Firenze nel 1327 di Cristo” dalla Cappella degli Scrovegni.
l’artista si iscrive per la prima volta
all’arte dei Medici e degli Speziali insieme
agli allievi più fedeli Bernardo Daddi e
Taddeo Gaddi che lo seguono nelle ultime
imprese.
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