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Teologia ecumenica e
teologie nell’ecumene
Prof. Antonino PILERI BRUNO
A.A 2013-2014
FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA
settima lezione
Pio XII morì nell’ottobre del 1958, lo
stesso mese venne eletto al soglio
pontificio Angelo Giuseppe Roncalli. Il 25
gennaio 1959 Giovanni XXIII annuncia
la convocazione di un Concilio
Ecumenico.
L’Osservatore Romano del 26/27 gennaio 1959:
«Per quanto riguarda la celebrazione del Concilio Ecumenico, esso, nel
pensiero del Santo Padre, mira non solo alla edificazione del popolo
cristiano, ma vuole essere un invito alle comunità separate per la ricerca
dell’unità, a cui tante anime oggi anelano, da tutti i punti della terra».
Il fine ecumenico attribuito al Concilio andava preparato gradualmente.
L’assenza della Chiesa Cattolica dal Movimento Ecumenico aveva fatto
trascurare la costituzione di organismi che si occupassero delle questioni
legate alle relazioni con le altre Chiese.
L’arcivescovo Lorenz Jäger propose al card. Bea
l’istituzione da parte cattolica di un organismo
di esperti che fosse ufficialmente responsabile del
dialogo ecumenico. Questo organismo prese
forma giuridica di Segretariato per l’Unità dei Cristiani.
Card. Bea, Sermo introductorius Em.mi Cardinali Praesidis,
14 novembre 1960: «Il Segretariato dunque non ha
solamente un “compito informativo”, ma gli spetta di
preparare le materie che riguardano l’unità dei cristiani e
che perciò sembra opportuno proporre al Concilio».
L’interesse di Giovanni XXIII per il cammino ecumenico non
si spense mai. Nel XV centenario della morte di S. Leone
Magno, Giovanni XXIII scrive una lettera enciclica dal titolo
Aeterna Dei (11 novembre 1961), nella quale ricorda la grande
considerazione che S. Leone aveva nei confronti dell’unità
della Chiesa.
L’11 ottobre 1962 Giovanni XXIII apre il Concilio Vaticano II
al quale vengono invitati, osservatori della Chiesa ortodossa,
ma il Patriarcato ecumenico in una lettera del 10 ottobre 1962
diede risposta negativa. Il rifiuto da parte degli Ortodossi non
incise in senso negativo sulla presenza di altri osservatori
cristiani ai quali venne riconosciuto lo status di delegati delle
rispettive Chiese.
Giovanni XXIII, Allocuzione, 13 ottobre
1962:
«La nostra gradita presenza qui e
la trepidazione che vibra nel cuore mio di
sacerdote, la trepidazione dei miei diretti
collaboratori e ne sono certo anche vostra,
consentono di dirvi che mi arde
nell’animo il proposito di lavorare e di
soffrire, perché si avvicini l’ora in cui
per tutti si compirà la preghiera di Gesù
nell’ultima cena».
Anche Paolo VI si espresse nei confronti degli
osservatori con toni di sincera gratitudine: «Vi
diciamo, dunque, ancora una volta: grazie di aver
accolto il nostro invito, grazie di essere venuti;
grazie per la vostra presenza alle sedute del
Concilio. Siate certi del nostro rispetto, della
nostra stima, del nostro desiderio di stringere
con voi, il nostro Signore, i migliori rapporti
possibili. Il nostro atteggiamento non nasconde
alcuna insidia, non cede ad alcuna intenzione di
dissimuilare le difficoltà per un’intesa completa e
definitiva; non teme la delicatezza della
discussione, né la sofferenza dell’attesa».
Dopo la morte di Paolo VI, Giovanni Paolo II
continua l’opera di apertura della Chiesa
Cattolica al Movimento Ecumenico. Nella sua
prima lettera enciclica Redemptoris Hominis (4
marzo 1979) afferma:
«Senza voler dare una
risposta particolareggiata possiamo dire che
abbiamo lavorato con perseveranza e coerenza,
ed insieme con noi si sono impegnati anche i
rappresentanti di altre chiese e di altre comunità
cristiane e di questo siamo loro sinceramente
obbligati».
Il Direttorio Ecumenico del 1993
Il Direttorio ecumenico (D.E) si può considerare come lo sviluppo del
Concilio Vaticano II. Il n. 18 del D.E può essere letto in sinossi con U.R 3.
D.E 18: «Fin dagli inizi della Chiesa avvennero scissioni.
Successivamente si manifestarono dissensi più gravi e alcune Chiese
in oriente non si trovarono più in comunione con la Sede di Roma e con
la Chiesa d’Occidente. Più tardi, in Occidente, divisioni più profonde
causarono il formarsi di altre comunità ecclesiali».
Il Direttorio Ecumenico del 1993
Il Direttorio ecumenico (D.E) si può considerare come lo sviluppo del
Concilio Vaticano II. Il n. 18 del D.E può essere letto in sinossi con U.R 3.
D.E 18: «Fin dagli inizi della Chiesa avvennero scissioni.
Successivamente si manifestarono dissensi più gravi e alcune Chiese
in oriente non si trovarono più in comunione con la Sede di Roma e con
la Chiesa d’Occidente. Più tardi, in Occidente, divisioni più profonde
causarono il formarsi di altre comunità ecclesiali».
U.R 3: «In questa Chiesa, una e unica sono sorte fino dai primissimi
tempi alcune scissioni, condannate con gravi parole dall’Apostolo (1
Cor 1, 11); ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e,
comunità considerevoli si staccarono dalla piena comunione con la
Chiesa cattolica, talora per colpa di uomini di entrambe le parti».
Il Direttorio Ecumenico del 1993
Il Direttorio ecumenico (D.E) si può considerare come lo sviluppo del
Concilio Vaticano II. Il n. 18 del D.E può essere letto in sinossi con U.R 3.
D.E 18: «Fin dagli inizi della Chiesa avvennero scissioni.
Successivamente si manifestarono dissensi più gravi e alcune Chiese
in oriente non si trovarono più in comunione con la Sede di Roma e con
la Chiesa d’Occidente. Più tardi, in Occidente, divisioni più profonde
causarono il formarsi di altre comunità ecclesiali».
U.R 3: «In questa Chiesa, una e unica sono sorte fino dai primissimi
tempi alcune scissioni, condannate con gravi parole dall’Apostolo (1
Cor 1, 11); ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e,
comunità considerevoli si staccarono dalla piena comunione con la
Chiesa cattolica, talora per colpa di uomini di entrambe le parti».
La Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa Cattolica
La Chiesa di Cristo esiste, anche se in forma imperfetta e in gradi
diversi, anche nelle altre chiese e Comunità ecclesiali.
D.E 17: «I cattolici conservano la ferma convinzione che l’unica Chiesa di
Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, “governata dal successore di
Pietro e dai vescovi in comunione con lui”. Essi confessano che la
totalità della verità rivelata, dei sacramenti e del ministero, dati da
Cristo per l’edificazione della sua Chiesa e per il compimento della
missione che le è propria, si trova nella comunione cattolica della
Chiesa».
Nell’ecclesiologia preconciliare non esistevano dubbi circa l’interpretazione
dell’espressione “la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica romana”. Pio XII
sviluppò la teoria fondamentale contenuta nell’enciclica Mortalium Animos
di Pio XI con la lettera enciclica Mystici Corporis, che è senza dubbio il
documento più significativo sulla dottrina dell’appartenenza alla Chiesa.
Corpo mistico di Cristo
Mystici Corporis Chiesa di Cristo
Chiesa Cattolica Romana
Nell’ecclesiologia preconciliare non esistevano dubbi circa l’interpretazione
dell’espressione “la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica romana”. Pio XII
sviluppò la teoria fondamentale contenuta nell’enciclica Mortalium Animos
di Pio XI con la lettera enciclica Mystici Corporis, che è senza dubbio il
documento più significativo sulla dottrina dell’appartenenza alla Chiesa.
Corpo mistico di Cristo Unica
Mystici Corporis Chiesa di Cristo e medesima
Chiesa Cattolica Romana realtà
Nell’ecclesiologia preconciliare non esistevano dubbi circa l’interpretazione
dell’espressione “la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica romana”. Pio XII
sviluppò la teoria fondamentale contenuta nell’enciclica Mortalium Animos
di Pio XI con la lettera enciclica Mystici Corporis, che è senza dubbio il
documento più significativo sulla dottrina dell’appartenenza alla Chiesa.
Corpo mistico di Cristo Unica
Mystici Corporis Chiesa di Cristo e medesima
Chiesa Cattolica Romana realtà
Anche con la Humani Generis l’insegnamento magisteriale ribadisce che:
«Corpus Christi Mysticum et Ecclesiam Catholicam romanam unum idemque
esset»
ancora sul Subsistit…
La LG 8 afferma quanto segue: «Questa è l’unica Chiesa di Cristo che
nel simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica, e che il
Salvatore nostro […] diede da pascere a Pietro […]. Questa Chiesa, in
questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella
Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in
comunione con Lui, ancorché al di fuori del suo organismo si trovino
parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo
propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso
l’unità cattolica».
Come si è giunti a questa formulazione?
Nel primo schema De Ecclesia, presentato dalla Commissione
dottrinale presieduta dal card. Ottaviani, veniva riproposta la dottrina
della Mystici Corporis (cf. AS I/4, 15). La commissione teologica il 27
ottobre 1960 costituì una sottocommissione incaricata di sviluppare lo
schema di base già approvato. Al padre Witte fu affidata la parte
riguardante il problema ecumenico. Lo schema fu discusso durante la
prima settimana del dicembre del 1962, l’accoglienza fu pessima tanto
che fu ritirato.
Tra il 1963 al 1964 fu notevolmente cambiato lo schema De Ecclesia; si
giunse alla soluzione di cambiare il testo affermando non più che la
Chiesa di Cristo «é» la Chiesa cattolica, ma che «sussiste» in essa (AS
III/1, 177).
L’insegnamento è chiaro: la Chiesa di Cristo non ha confini stabiliti
entro la Chiesa cattolica romana, ma nello stesso tempo la Chiesa di
Cristo sussiste pienamente nella Chiesa governata dal Successore di
Pietro e dal collegio dei Vescovi in comunione con il Papa e non mai
senza di lui.
Leggendo attentamente il n. 8 della LG, ci si può rendere conto che la
Chiesa di Cristo che sussiste nella Chiesa cattolica non è una chiesa
ideale, ma è la Chiesa che Gesù ha affidato a Pietro e agli apostoli con
il compito di custodirla, propagarla e governarla.
A tal proposito la Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina
della Fede «Mysterium Ecclesiae» del 24 giugno 1973 (AAS 65 (1973),
396-408) afferma:
«Non possono quindi, i fedeli immaginarsi la Chiesa di Cristo come l
a somma -differenziata ed in qualche modo unitaria insieme- delle
Chiese e comunità ecclesiali; né hanno facoltà di pensare che la
Chiesa di Cristo oggi non esista più in alcun luogo e che, perciò,
debba esser soltanto oggetto di ricerca da parte di tutte le Chiese e
comunità».
La dimensione comunionale del Direttorio Ecumenico
Il Direttorio del 1993 afferma che “la comunione si realizza
concretamente nelle chiese particolari, ognuna delle quali è riunita
attorno al proprio Vescovo” (D.E 13)
Al n. 16 il direttorio del 1993 ricorda che, essendo la comunione un
dono di Dio da accogliere con gratitudine, i vescovi hanno il
compito di favorire e salvaguardare la diversità che nelle loro chiese
particolari si manifesta come una dimensione della cattolicità della
Chiesa.
Organismi operativi a livello di Chiese particolari
Il documento del Segretariato per l’Unità dei Cristiani
Collaborazione ecumenica sul piano regionale, nazionale e locale,
sottolineando fortemente l’importanza delle Chiese locali e il loro
rapporto in riferimento al movimento ecumenico, al n. 1113
afferma: «Spetta alle chiese locali […] dirigere il lavoro ecumenico
sul piano locale e assumerne la responsabilità in comunione con
la sede apostolica. […] Occorre tenere presente che attualmente un
gran numero di cristiani preferiscono lavorare sul piano locale in
gruppi informali, di natura più spontanea, piuttosto che in gruppi
formali o istituzionali».
Organismi operativi a livello di Chiese particolari
Il documento del Segretariato per l’Unità dei Cristiani
Collaborazione ecumenica sul piano regionale, nazionale e locale,
sottolineando fortemente l’importanza delle Chiese locali e il loro
rapporto in riferimento al movimento ecumenico, al n. 1113
afferma: «Spetta alle chiese locali […] dirigere il lavoro ecumenico
sul piano locale e assumerne la responsabilità in comunione con
la sede apostolica. […] Occorre tenere presente che attualmente un
gran numero di cristiani preferiscono lavorare sul piano locale in
gruppi informali, di natura più spontanea, piuttosto che in gruppi
formali o istituzionali».
Anche U.R 4 affida l’attività ecumenica “ai vescovi di ogni parte
della terra, perché sia promossa con sollecitudine e sia con prudenza
da loro diretta”.
Organismi operativi a livello di Chiese particolari
Il documento del Segretariato per l’Unità dei Cristiani
Collaborazione ecumenica sul piano regionale, nazionale e locale,
sottolineando fortemente l’importanza delle Chiese locali e il loro
rapporto in riferimento al movimento ecumenico, al n. 1113
afferma: «Spetta alle chiese locali […] dirigere il lavoro ecumenico
sul piano locale e assumerne la responsabilità in comunione con
la sede apostolica. […] Occorre tenere presente che attualmente un
gran numero di cristiani preferiscono lavorare sul piano locale in
gruppi informali, di natura più spontanea, piuttosto che in gruppi
formali o istituzionali».
Anche U.R 4 affida l’attività ecumenica “ai vescovi di ogni parte
della terra, perché sia promossa con sollecitudine e sia con prudenza
da loro diretta”.
Il delegato diocesano per l’ecumenismo
Il delegato diocesano assiste come consigliere il Vescovo e facilita la
condivisione di esperienze, di iniziative ecumeniche tra i parroci e le
organizzazioni diocesane; nell’ambito delle attività diocesane si
preoccupa di integrare nel progetto pastorale i programmi di
attuazione della dimensione ecumenica; rappresenta la comunità
cristiana cattolica presso le altre chiese o Comunità ecclesiali; si tiene
costantemente in contatto con i delegati delle altre diocesi (cf. D.E 41)
La commissione ecumenica di una diocesi
«La commissione o il segretariato sia rappresentativo dell’intera
diocesi e in linea di massima, comprenda membri del clero, dei
religiosi, del laicato, con varie competenze, e specialmente persone
che abbiano una specifica competenza ecumenica. È auspicabile che
rappresentanti del consiglio presbiterale e dei seminari diocesani o
regionali siano annoverati tra i membri della commissione o del
segretariato» (D.E 43)
Organizzazione dei fedeli
Tra gli organismi chiamati a promuovere l’ecumenismo, il Direttorio
del 1993 fa esplicito riferimento alle organizzazioni di fedeli e
afferma: «Le organizzazioni dei fedeli cattolici di un territorio
particolare o di una nazione, e anche le organizzazioni
internazionali che si propongono come fine il rinnovamento
spirituale, l’azione per la pace e la giustizia sociale, l’educazione a
vari livelli, l’aiuto economico a paesi e istituzioni, svilupperanno gli
aspetti ecumenici delle proprie attività» (D.E 52)
Organismi operativi a livello di Chiesa universale
Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (nn. 53-54)
Il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani assolve il suo
compito in due direzioni: presenza all’interno della Chiesa cattolica
per promuovere lo spirito e l’azione ecumenica e la promozione
fraterna di relazioni, di dialogo teologico, di preghiera comune. Il
dicastero rende presente all’interno della Curia romana la
preoccupazione ecumenica.
Gruppo Misto di Lavoro fra la Chiesa Cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese
Nel 1965, prima della chiusura del Concilio, viene costituito il
Gruppo misto di lavoro tra la Chiesa Cattolica Romana e Consiglio
Ecumenico delle Chiese, che continua oggi a svolgere la sua
funzione di collaborazione e di ponte tra la Chiesa cattolica e quel
Consiglio, esaminando le possibilità di dialogo e di collaborazione.
Esso, dovendo limitarsi a esaminare i problemi comuni e
comunicare i risultati alle autorità competenti, non ha alcun potere
deliberativo.
Grazie!
Prossima lezione 28 aprile 2014
Prof. Antonino Pileri Bruno
www.luxecclesiaeorientalis.org

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Teologia ecumenica e teologie nell'ecumene lezione 7

  • 1. Teologia ecumenica e teologie nell’ecumene Prof. Antonino PILERI BRUNO A.A 2013-2014 FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA settima lezione
  • 2. Pio XII morì nell’ottobre del 1958, lo stesso mese venne eletto al soglio pontificio Angelo Giuseppe Roncalli. Il 25 gennaio 1959 Giovanni XXIII annuncia la convocazione di un Concilio Ecumenico.
  • 3. L’Osservatore Romano del 26/27 gennaio 1959: «Per quanto riguarda la celebrazione del Concilio Ecumenico, esso, nel pensiero del Santo Padre, mira non solo alla edificazione del popolo cristiano, ma vuole essere un invito alle comunità separate per la ricerca dell’unità, a cui tante anime oggi anelano, da tutti i punti della terra». Il fine ecumenico attribuito al Concilio andava preparato gradualmente. L’assenza della Chiesa Cattolica dal Movimento Ecumenico aveva fatto trascurare la costituzione di organismi che si occupassero delle questioni legate alle relazioni con le altre Chiese.
  • 4. L’arcivescovo Lorenz Jäger propose al card. Bea l’istituzione da parte cattolica di un organismo di esperti che fosse ufficialmente responsabile del dialogo ecumenico. Questo organismo prese forma giuridica di Segretariato per l’Unità dei Cristiani. Card. Bea, Sermo introductorius Em.mi Cardinali Praesidis, 14 novembre 1960: «Il Segretariato dunque non ha solamente un “compito informativo”, ma gli spetta di preparare le materie che riguardano l’unità dei cristiani e che perciò sembra opportuno proporre al Concilio».
  • 5. L’interesse di Giovanni XXIII per il cammino ecumenico non si spense mai. Nel XV centenario della morte di S. Leone Magno, Giovanni XXIII scrive una lettera enciclica dal titolo Aeterna Dei (11 novembre 1961), nella quale ricorda la grande considerazione che S. Leone aveva nei confronti dell’unità della Chiesa. L’11 ottobre 1962 Giovanni XXIII apre il Concilio Vaticano II al quale vengono invitati, osservatori della Chiesa ortodossa, ma il Patriarcato ecumenico in una lettera del 10 ottobre 1962 diede risposta negativa. Il rifiuto da parte degli Ortodossi non incise in senso negativo sulla presenza di altri osservatori cristiani ai quali venne riconosciuto lo status di delegati delle rispettive Chiese.
  • 6. Giovanni XXIII, Allocuzione, 13 ottobre 1962: «La nostra gradita presenza qui e la trepidazione che vibra nel cuore mio di sacerdote, la trepidazione dei miei diretti collaboratori e ne sono certo anche vostra, consentono di dirvi che mi arde nell’animo il proposito di lavorare e di soffrire, perché si avvicini l’ora in cui per tutti si compirà la preghiera di Gesù nell’ultima cena».
  • 7. Anche Paolo VI si espresse nei confronti degli osservatori con toni di sincera gratitudine: «Vi diciamo, dunque, ancora una volta: grazie di aver accolto il nostro invito, grazie di essere venuti; grazie per la vostra presenza alle sedute del Concilio. Siate certi del nostro rispetto, della nostra stima, del nostro desiderio di stringere con voi, il nostro Signore, i migliori rapporti possibili. Il nostro atteggiamento non nasconde alcuna insidia, non cede ad alcuna intenzione di dissimuilare le difficoltà per un’intesa completa e definitiva; non teme la delicatezza della discussione, né la sofferenza dell’attesa».
  • 8. Dopo la morte di Paolo VI, Giovanni Paolo II continua l’opera di apertura della Chiesa Cattolica al Movimento Ecumenico. Nella sua prima lettera enciclica Redemptoris Hominis (4 marzo 1979) afferma: «Senza voler dare una risposta particolareggiata possiamo dire che abbiamo lavorato con perseveranza e coerenza, ed insieme con noi si sono impegnati anche i rappresentanti di altre chiese e di altre comunità cristiane e di questo siamo loro sinceramente obbligati».
  • 9. Il Direttorio Ecumenico del 1993 Il Direttorio ecumenico (D.E) si può considerare come lo sviluppo del Concilio Vaticano II. Il n. 18 del D.E può essere letto in sinossi con U.R 3. D.E 18: «Fin dagli inizi della Chiesa avvennero scissioni. Successivamente si manifestarono dissensi più gravi e alcune Chiese in oriente non si trovarono più in comunione con la Sede di Roma e con la Chiesa d’Occidente. Più tardi, in Occidente, divisioni più profonde causarono il formarsi di altre comunità ecclesiali».
  • 10. Il Direttorio Ecumenico del 1993 Il Direttorio ecumenico (D.E) si può considerare come lo sviluppo del Concilio Vaticano II. Il n. 18 del D.E può essere letto in sinossi con U.R 3. D.E 18: «Fin dagli inizi della Chiesa avvennero scissioni. Successivamente si manifestarono dissensi più gravi e alcune Chiese in oriente non si trovarono più in comunione con la Sede di Roma e con la Chiesa d’Occidente. Più tardi, in Occidente, divisioni più profonde causarono il formarsi di altre comunità ecclesiali». U.R 3: «In questa Chiesa, una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, condannate con gravi parole dall’Apostolo (1 Cor 1, 11); ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e, comunità considerevoli si staccarono dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, talora per colpa di uomini di entrambe le parti».
  • 11. Il Direttorio Ecumenico del 1993 Il Direttorio ecumenico (D.E) si può considerare come lo sviluppo del Concilio Vaticano II. Il n. 18 del D.E può essere letto in sinossi con U.R 3. D.E 18: «Fin dagli inizi della Chiesa avvennero scissioni. Successivamente si manifestarono dissensi più gravi e alcune Chiese in oriente non si trovarono più in comunione con la Sede di Roma e con la Chiesa d’Occidente. Più tardi, in Occidente, divisioni più profonde causarono il formarsi di altre comunità ecclesiali». U.R 3: «In questa Chiesa, una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, condannate con gravi parole dall’Apostolo (1 Cor 1, 11); ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e, comunità considerevoli si staccarono dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, talora per colpa di uomini di entrambe le parti».
  • 12. La Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa Cattolica La Chiesa di Cristo esiste, anche se in forma imperfetta e in gradi diversi, anche nelle altre chiese e Comunità ecclesiali. D.E 17: «I cattolici conservano la ferma convinzione che l’unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, “governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui”. Essi confessano che la totalità della verità rivelata, dei sacramenti e del ministero, dati da Cristo per l’edificazione della sua Chiesa e per il compimento della missione che le è propria, si trova nella comunione cattolica della Chiesa».
  • 13. Nell’ecclesiologia preconciliare non esistevano dubbi circa l’interpretazione dell’espressione “la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica romana”. Pio XII sviluppò la teoria fondamentale contenuta nell’enciclica Mortalium Animos di Pio XI con la lettera enciclica Mystici Corporis, che è senza dubbio il documento più significativo sulla dottrina dell’appartenenza alla Chiesa. Corpo mistico di Cristo Mystici Corporis Chiesa di Cristo Chiesa Cattolica Romana
  • 14. Nell’ecclesiologia preconciliare non esistevano dubbi circa l’interpretazione dell’espressione “la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica romana”. Pio XII sviluppò la teoria fondamentale contenuta nell’enciclica Mortalium Animos di Pio XI con la lettera enciclica Mystici Corporis, che è senza dubbio il documento più significativo sulla dottrina dell’appartenenza alla Chiesa. Corpo mistico di Cristo Unica Mystici Corporis Chiesa di Cristo e medesima Chiesa Cattolica Romana realtà
  • 15. Nell’ecclesiologia preconciliare non esistevano dubbi circa l’interpretazione dell’espressione “la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica romana”. Pio XII sviluppò la teoria fondamentale contenuta nell’enciclica Mortalium Animos di Pio XI con la lettera enciclica Mystici Corporis, che è senza dubbio il documento più significativo sulla dottrina dell’appartenenza alla Chiesa. Corpo mistico di Cristo Unica Mystici Corporis Chiesa di Cristo e medesima Chiesa Cattolica Romana realtà Anche con la Humani Generis l’insegnamento magisteriale ribadisce che: «Corpus Christi Mysticum et Ecclesiam Catholicam romanam unum idemque esset»
  • 16. ancora sul Subsistit… La LG 8 afferma quanto segue: «Questa è l’unica Chiesa di Cristo che nel simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica, e che il Salvatore nostro […] diede da pascere a Pietro […]. Questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con Lui, ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica».
  • 17. Come si è giunti a questa formulazione? Nel primo schema De Ecclesia, presentato dalla Commissione dottrinale presieduta dal card. Ottaviani, veniva riproposta la dottrina della Mystici Corporis (cf. AS I/4, 15). La commissione teologica il 27 ottobre 1960 costituì una sottocommissione incaricata di sviluppare lo schema di base già approvato. Al padre Witte fu affidata la parte riguardante il problema ecumenico. Lo schema fu discusso durante la prima settimana del dicembre del 1962, l’accoglienza fu pessima tanto che fu ritirato.
  • 18. Tra il 1963 al 1964 fu notevolmente cambiato lo schema De Ecclesia; si giunse alla soluzione di cambiare il testo affermando non più che la Chiesa di Cristo «é» la Chiesa cattolica, ma che «sussiste» in essa (AS III/1, 177). L’insegnamento è chiaro: la Chiesa di Cristo non ha confini stabiliti entro la Chiesa cattolica romana, ma nello stesso tempo la Chiesa di Cristo sussiste pienamente nella Chiesa governata dal Successore di Pietro e dal collegio dei Vescovi in comunione con il Papa e non mai senza di lui. Leggendo attentamente il n. 8 della LG, ci si può rendere conto che la Chiesa di Cristo che sussiste nella Chiesa cattolica non è una chiesa ideale, ma è la Chiesa che Gesù ha affidato a Pietro e agli apostoli con il compito di custodirla, propagarla e governarla.
  • 19. A tal proposito la Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede «Mysterium Ecclesiae» del 24 giugno 1973 (AAS 65 (1973), 396-408) afferma: «Non possono quindi, i fedeli immaginarsi la Chiesa di Cristo come l a somma -differenziata ed in qualche modo unitaria insieme- delle Chiese e comunità ecclesiali; né hanno facoltà di pensare che la Chiesa di Cristo oggi non esista più in alcun luogo e che, perciò, debba esser soltanto oggetto di ricerca da parte di tutte le Chiese e comunità».
  • 20. La dimensione comunionale del Direttorio Ecumenico Il Direttorio del 1993 afferma che “la comunione si realizza concretamente nelle chiese particolari, ognuna delle quali è riunita attorno al proprio Vescovo” (D.E 13) Al n. 16 il direttorio del 1993 ricorda che, essendo la comunione un dono di Dio da accogliere con gratitudine, i vescovi hanno il compito di favorire e salvaguardare la diversità che nelle loro chiese particolari si manifesta come una dimensione della cattolicità della Chiesa.
  • 21. Organismi operativi a livello di Chiese particolari Il documento del Segretariato per l’Unità dei Cristiani Collaborazione ecumenica sul piano regionale, nazionale e locale, sottolineando fortemente l’importanza delle Chiese locali e il loro rapporto in riferimento al movimento ecumenico, al n. 1113 afferma: «Spetta alle chiese locali […] dirigere il lavoro ecumenico sul piano locale e assumerne la responsabilità in comunione con la sede apostolica. […] Occorre tenere presente che attualmente un gran numero di cristiani preferiscono lavorare sul piano locale in gruppi informali, di natura più spontanea, piuttosto che in gruppi formali o istituzionali».
  • 22. Organismi operativi a livello di Chiese particolari Il documento del Segretariato per l’Unità dei Cristiani Collaborazione ecumenica sul piano regionale, nazionale e locale, sottolineando fortemente l’importanza delle Chiese locali e il loro rapporto in riferimento al movimento ecumenico, al n. 1113 afferma: «Spetta alle chiese locali […] dirigere il lavoro ecumenico sul piano locale e assumerne la responsabilità in comunione con la sede apostolica. […] Occorre tenere presente che attualmente un gran numero di cristiani preferiscono lavorare sul piano locale in gruppi informali, di natura più spontanea, piuttosto che in gruppi formali o istituzionali». Anche U.R 4 affida l’attività ecumenica “ai vescovi di ogni parte della terra, perché sia promossa con sollecitudine e sia con prudenza da loro diretta”.
  • 23. Organismi operativi a livello di Chiese particolari Il documento del Segretariato per l’Unità dei Cristiani Collaborazione ecumenica sul piano regionale, nazionale e locale, sottolineando fortemente l’importanza delle Chiese locali e il loro rapporto in riferimento al movimento ecumenico, al n. 1113 afferma: «Spetta alle chiese locali […] dirigere il lavoro ecumenico sul piano locale e assumerne la responsabilità in comunione con la sede apostolica. […] Occorre tenere presente che attualmente un gran numero di cristiani preferiscono lavorare sul piano locale in gruppi informali, di natura più spontanea, piuttosto che in gruppi formali o istituzionali». Anche U.R 4 affida l’attività ecumenica “ai vescovi di ogni parte della terra, perché sia promossa con sollecitudine e sia con prudenza da loro diretta”.
  • 24. Il delegato diocesano per l’ecumenismo Il delegato diocesano assiste come consigliere il Vescovo e facilita la condivisione di esperienze, di iniziative ecumeniche tra i parroci e le organizzazioni diocesane; nell’ambito delle attività diocesane si preoccupa di integrare nel progetto pastorale i programmi di attuazione della dimensione ecumenica; rappresenta la comunità cristiana cattolica presso le altre chiese o Comunità ecclesiali; si tiene costantemente in contatto con i delegati delle altre diocesi (cf. D.E 41)
  • 25. La commissione ecumenica di una diocesi «La commissione o il segretariato sia rappresentativo dell’intera diocesi e in linea di massima, comprenda membri del clero, dei religiosi, del laicato, con varie competenze, e specialmente persone che abbiano una specifica competenza ecumenica. È auspicabile che rappresentanti del consiglio presbiterale e dei seminari diocesani o regionali siano annoverati tra i membri della commissione o del segretariato» (D.E 43)
  • 26. Organizzazione dei fedeli Tra gli organismi chiamati a promuovere l’ecumenismo, il Direttorio del 1993 fa esplicito riferimento alle organizzazioni di fedeli e afferma: «Le organizzazioni dei fedeli cattolici di un territorio particolare o di una nazione, e anche le organizzazioni internazionali che si propongono come fine il rinnovamento spirituale, l’azione per la pace e la giustizia sociale, l’educazione a vari livelli, l’aiuto economico a paesi e istituzioni, svilupperanno gli aspetti ecumenici delle proprie attività» (D.E 52)
  • 27. Organismi operativi a livello di Chiesa universale Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (nn. 53-54) Il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani assolve il suo compito in due direzioni: presenza all’interno della Chiesa cattolica per promuovere lo spirito e l’azione ecumenica e la promozione fraterna di relazioni, di dialogo teologico, di preghiera comune. Il dicastero rende presente all’interno della Curia romana la preoccupazione ecumenica.
  • 28. Gruppo Misto di Lavoro fra la Chiesa Cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese Nel 1965, prima della chiusura del Concilio, viene costituito il Gruppo misto di lavoro tra la Chiesa Cattolica Romana e Consiglio Ecumenico delle Chiese, che continua oggi a svolgere la sua funzione di collaborazione e di ponte tra la Chiesa cattolica e quel Consiglio, esaminando le possibilità di dialogo e di collaborazione. Esso, dovendo limitarsi a esaminare i problemi comuni e comunicare i risultati alle autorità competenti, non ha alcun potere deliberativo.
  • 29. Grazie! Prossima lezione 28 aprile 2014 Prof. Antonino Pileri Bruno www.luxecclesiaeorientalis.org