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Capitolo 5
Due rivoluzioni, una a febbraio e l’altra a ottobre
Gli effetti della guerra sulla Russia
In seguito alla guerra, la Russia è stato il paese che ha registrato il massimo numero di perdite. Di 12
milioni di soldati, i morti sono stati 1.7 mln e i feriti poco meno di 5 mln, e questo avvenne sia a causa dei
pessimi armamenti dell’esercito russo, sia perché i capi dell’esercito non si preoccupavano molto di
mandare i soldati incontro alla morte.
La produzione agricola e industriale inoltre non riusciva più a soddisfare la domanda dei mercati cittadini in
quanto si doveva occupare di rifornire i combattenti. A sfavore della Russia c’erano anche il blocco navale
inglese e le incursioni tedesche che intralciavano il commercio con il Mare del Nord, ma anche il blocco
attuato dall’Impero Ottomano (nemico della Russia) sui Dardanelli e il Bosforo che bloccava il commercio
con il Mar Nero.
Nel 1916 ci fu anche una cattiva annata agricola, che portò ad un aumento dei prezzi dei beni alimentari
che portò una gran parte della popolazione allo stremo.
Rivoluzione del febbraio 1917
All’inizio della guerra lo zar Nicola II cambiò il nome della capitale San Pietroburgo in Pietrogrado in quanto
riteneva il nome troppo “germanico”. Nella capitale c’erano i palazzi del governo e della Duma (parlamento
russo), e diverse industrie che dal 18 febbraio 1917 (calendario giuliano) sono in sciopero.
Nei giorni successivi continuano le manifestazioni, e il 26 febbraio il governo, sollecitato dallo zar, ordina
all’esercito di intervenire, così interviene uccidendo 40 dimostranti sparando sulla folla. Il giorno successivo
però i soldati si rifiutano di obbedire agli ordini perché non hanno alcuna voglia di sparare alla folla (sono
stanchi, giovani, di estrazione popolare e in attesa di tornare al fronte). Così i soldati decidono di portarsi
armi in eccesso e mescolarsi nella folla fornendo armi anche ai dimostranti, e alla fine della giornata
Pietrogrado era in mano agli insorti.
Abdicazione dello zar
Nel frattempo, lo zar si era recato al fronte e informato dei fatti decide di tornare a Pietrogrado tramite la
ferrovia, ma il 1° marzo, il suo treno viene deviato e finisce a Pskov lontano dalla capitale in quanto i
dimostranti avevano occupato la ferrovia. Viene raggiunto da due deputati della Duma che lo informano
che secondo l’opinione comune di parlamentari e membri del governo l’unico modo per salvare la
monarchia era l’abdicazione sua e di suo figlio, in favore del fratello ovvero il granduca Michele. Nicola
accetta ma Michele disse di voler accettare solo se la Corona fosse stata offerta da un’assemblea
costituente, ma dato che questa non era stata convocata, la sua decisione venne considerata una rinuncia
e quindi la dinastia dei Romanov esce dalla scena politica.
I soviet
Si diffonde la notizia che la Russia è diventata una repubblica. La duma nomina un governo provvisorio
formato da rappresentanti di diversi partiti che decide che la Russia doveva continua a combattere e
tenere fede ai suoi impegni. A questa decisione si oppongono i soviet ovvero comitati di operai e soldati
che chiedono che la guerra finisca al più presto.
Il soviet di Pietrogrado è guidato dai dirigenti socialisti menscevichi (sezione più moderata del socialismo
russo), mentre i socialisti bolscevichi (posizioni più radicali) hanno una debole influenza. Inoltre ha autorità
in quanto si è assicurato il controllo della rete ferroviaria, della posta e dei telegrafi, ma aveva anche il
comando delle forze armate ribelli. Si proclamò infatti soviet degli operai e dei soldati, e per questo il
governo provvisorio non potendolo ignorare doveva dialogare con i suoi capi su ogni questione rilevante.
Nelle campagne invece torna la tradizione delle rivolte contadine: vengono assaltate case signorili,
confiscate proprietà terriere e le merci prodotte vengono trattenute nei magazzini per far fronte alle
esigenze alimentari delle comunità rurali, peggiorando così la situazione dei mercati urbani dove quasi non
arrivano più merci.
Lenin e le tesi di aprile
Ad aprile viene messo a disposizione un treno speciale dai tedeschi per far tornare Lenin, dirigente dei
socialisti bolscevichi che era in esilio in Svizzera, a Pietroburgo.
Lenin era in esilio dal 1907 ma era già noto, scrisse libri e opuscoli ed era seguito dai militanti del partito
socialdemocratico bolscevico. Era favorevole all’uscita della Russia dalla guerra e questo spiega la
decisione della Germania di mettere a disposizione il treno, che sperava che l’influenza di Lenin potesse
portare all’effettiva uscita della Russia dal conflitto.
Il 4 aprile a Pietroburgo Lenin tiene un discorso ai socialdemocratici per rendere note le sue posizioni, e il
contenuto viene pubblicato dal giornale bolscevico Pravda (la verità) sotto il nome di Tesi d’ aprile. Delinea
un programma semplice e radicale che prevede il rovesciamento del governo provvisorio e il trasferimento
di potere ai soviet che dovevano essere composti solo da operai, braccianti e contadini (slogan “tutto il
potere ai soviet!”), ma anche l’uscita dalla guerra della Russia e la nazionalizzazione delle proprietà terriere
(slogan “Pace, terra e pane!”).
Bolscevichi, menscevichi e social-rivoluzionari
Le Tesi d’aprile allontanano Lenin e i bolscevichi dagli altri raggruppamenti sociali, inoltre ai primi di maggio
i menscevichi e i social-rivoluzionari (partito molto forte nelle campagne che ha come obiettivo primario la
riforma agraria) decidono di entrare in un nuovo che conferma la decisione della Russia di rimanere in
guerra. governo provvisorio.
Questa decisione non fu accolta positivamente, e a differenza dei social-rivoluzionari che conservano il
consenso nelle campagne, i menscevichi cominciano a perdere consensi, mentre i bolscevichi iniziano ad
avere un seguito sempre maggiore. Inoltre, Lenin stava organizzando una forza paramilitare bolscevica
detta le Guardie Rosse che comprendeva 10k operai di Pietrogrado a cui il soviet forniva armi e munizioni.
La rivoluzione dell’ottobre 1917
La situazione resta instabile durante l’estate, e a fine agosto viene sventato a fatica un colpo di Stato
militare. Nella notte tra il 24 e 25 ottobre 1917 ha inizio l’insurrezione bolscevica. I soldati filobolscevichi e
le Guardie Rosse realizzano un colpo di Stato espugnando e occupando il Palazzo d’Inverno, la sede del
governo, arrestandone anche i membri.
I bolscevichi formano un altro governo presieduto da Lenin chiamato Consiglio dei commissari del popolo.
Il ministro degli Esteri è Trotskij mentre il ministro per le Questioni nazionali è Stalin, e tutti i ministri sono
bolscevichi. Il programma immediato del governo si riassume in due punti:
● Avere una pace senza annessioni né indennizzi attraverso trattative con gli Imperi centrali
● Confiscare tutte le proprietà terriere dei possidenti e della Chiesa e attribuire ad ogni famiglia
contadina tutta la terra che può coltivare senza dover ricorrere a braccianti salariati.
In questo modo realizzano il punto fondamentale del programma dei social-rivoluzionari ovvero “la terra ai
contadini”, sperando di aver tolto il consenso dei social-rivoluzionari nelle campagne a loro favore.
Il 25 novembre 1917, ci sono delle elezioni per la formazione di un’Assemblea Costituente. Su 715 seggi i
bolscevichi ne ottengono 175, i menscevichi e il Partito costituzional-democratico escono di scena mentre i
social-rivoluzionari moderati ottengono 370 leggi.
Nel gennaio del 1918 i bolscevichi che avevano il sostegno di reparti militari fedeli decidono di sciogliere
l’Assemblea Costituente affermando che era durata anche troppo. Continuano a seguire le linee
strategiche di Lenin e pongono le basi per la costruzione di un regime politico dittatoriale a partito unico
La guerra civile
La pace di Brest-Litovsk
Nel novembre 1917, il governo bolscevico ordina l’inizio delle trattative di pace con Germania e Austria-
Ungheria. La delegazione bolscevico però, condotta da Trotskij, era in grave debolezza in quanto le
condizioni imposte dal governo tedesco e firmate col trattato di pace del 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk
erano durissime e ponevano la Finlandia, le regioni baltiche la Polonia e l’Ucraina sotto il controllo tedesco.
A seguito di questo Pietrogrado si trovava a pochi km dal confine tedesco e quindi esposta a pericoli, per
questo la capitale viene spostata a Mosca. Nella primavera del 1918 a Mosca, durante il Congresso del
Partito socialdemocratico operaio (bolscevico), il partito decide di chiamarsi Partito comunista (come
suggerito da Lenin nelle Tesi d’aprile)
Armate bianche e truppe straniere
Si iniziano a ricostituire armate controrivoluzionarie dette “armate bianche” che avevano lo scopo di
restaurare il potere dello zar, facendo iniziare la guerra civile. A queste armate russe si uniscono anche
altre forze militari che avevano diversi obiettivi come corpi di spedizione franco-inglesi che volevano
impedire ai tedeschi di avanzare verso est (come era previsto dal trattato di Brest-Litovsk), o formazioni
paramilitari come alcune estoni, ucraine, lettoni e lituane che vogliono rivendicare l’indipendenza dei loro
territori. Nel 1918 quindi la Russia bolscevica è completamente accerchiata da forme militari ostili.
Armata Rossa
La reazione comunista è affidata a Trotskij che in pochissimo tempo organizza l’Armata Rossa, ovvero un
esercito rivoluzionario che nel giugno 1920 arrivava a 5 mln di unità. Reclutamento basato su
circoscrizione e volontariato ed era aperto anche alle donne.
I quadri dell’esercito (forse punti deboli dell’armata) vengono trovati da Trotskij con una mossa cinica e
spregiudicata ovvero rimettere in servizio 48.000 ufficiali ex zaristi. In ogni unità dell’esercito ci sono
commissari politici che controllano le operazioni e inoltre ci sono ufficiali, soprattutto quelli che ricoprono
cariche più importanti, che sono sottoposti al ricatto (ritorsioni contro i familiari che sono controllati dalla
polizia Russa).
Nonostante gli sforzi di Trotskij le armate contro rivoluzionare si rivelano inefficaci (non avevano comando
unificato e sono troppo lontane l’una dall’altra), inoltre i generali bianchi si rifiutano di riconoscere
l’indipendenza di Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania in nome della fedeltà all’integrità del territorio
dell’impero zarista, e quindi non hanno il loro aiuto. Nonostante alla fine del 1918 la situazione sembrava
ormai persa, nel 1919 si capovolge e nel 1920 le armate bianche sono quasi del tutto sconfitte.
Nella primavera del 1920 nasce un nuovo pericolo ovvero i governanti del nuovo Stato di Polonia, sulla
base degli accordi di Versailles e insoddisfatti dei confini orientali, decidono di attaccare la Russia
comunista. L’attacco polacco viene contenuto ma nel 1921 i comunisti devono accettare una pace che
prevede la cessione alla Polonia di parti della Bielorussia e dell’Ucraina.
I comunisti al potere
Il comunismo di guerra
A causa della guerra civile si stimano 7 mln di morti di cui 2 mln causati dalla carestia nella Russia
meridionale nel 1920-21. Inoltre, in questi anni emergono i tratti autoritari e dittatoriali del potere
comunista. Per governare l’economia che era molto disastrata, il governo comunista adottò una linea
dirigista e dichiarò nulli i debiti con l’estero, mentre espropria e nazionalizza le fabbriche, affidandole a
comitati operai che si rivelano inefficienti e quindi i vecchi manager sono reintegrati come dipendenti dello
Stato. Avviene anche l’espropriazione e redistribuzione delle terre come annunciato da Lenin.
Quando scoppiò la guerra con le armate bianche, si adottò il comunismo di guerra: l’Armata Rossa e i
gruppi armati di operai urbani erano autorizzati a requisire viveri e rifornimenti nelle campagne. Sui
mercati urbani i negozi e ristoranti sono requisiti e affidati alle autorità municipali. Ad ogni famiglia sono
distribuite tessere annonarie per ritirare beni alimentari razionati in base al numero, età e condizioni dei
componenti della famiglia.
Si scatena il mercato nero per cercare di vendere a prezzi più alti, ma la polizia politica Ceka interviene
poiché Lenin era convinto di dover usare il terrore, e quindi nel 1918 circa 6300 persone accusate di
speculazione sul mercato nero sono state vittime di esecuzioni sommarie.
Per star dietro alle nuove esigenze, lo Stato assume la forma di un organismo burocratico centralizzato e
onnipotente.
Un regime politico a partito unico
Le comunità contadine rischiano di essere distrutte e i partiti social-rivoluzionari protestano a loro nome,
ma il governo comunista sopprime tutti gli organi rappresentativi attivi nelle campagne.
Nel luglio 1918 viene approvata una Costituzione lontana dal modello democratico. Tutto il potere è
attribuito ai soviet. Il diritto di voto per le rappresentanze nei soviet (anche alle donne) è vietato ai nemici
dello Stato rivoluzionario, e il voto di operai e operaie (protagonisti della Rivoluzione) valeva più di quello
dei contadini.
Durante il 1918 inoltre tutti i partiti (tranne quello comunista) sono messi a tacere mentre i dirigenti e
militanti perseguitati. Per primi i menscevichi e social-rivoluzionari. Si adotta la tecnica del “terrore rosso”
per distruggere o intimidire ogni opposizione e fare dello Stato rivoluzionario un regime politico a partito
unico.
Nascita dell’internazionale comunista
Nel marzo 1919 i dirigenti comunisti fondano la Terza Internazionale nota come Comintern
(Internazionale Comunista). Espone gli obbiettivi e la struttura nel secondo congresso a Mosca nel 1920:
diffondere la Rivoluzione comunista in tutta l’Europa.
Lenin propone un documento in 21 punti in cui precisa che i partiti aderenti devono seguire il modello
bolscevico, chiamarsi comunisti e rompere la collaborazione con i partiti socialdemocratici, e inoltre
devono difendere le ragioni della Russia rivoluzionaria.
Nei mesi seguenti gruppi di dirigenti e militanti socialisti europei fondano nuovi partiti comunisti
accettando le condizioni di Lenin e aderendo all’Internazionale. Tuttavia questi partiti sono gruppi
minoritari, in Europa militanti e elettori di sinistra sono orientati verso partiti socialisti e socialdemocratici.
La NEP (nuova politica economica)
Nel marzo 1921 i marinai della base navale di Kronstadt si ribellano (seguendo operai di Pietrogrado) che
protestano per le differenze tra il loro livello di vita miserevole e quello privilegiato dei dirigenti bolscevichi
e chiedono che si restituisca il potere ai “Soviet ma senza comunsiti”. Lenin li accusa di essere piccoli
borghesi e vengono massacrati dall’esercito.
I dirigenti comunisti iniziano a pensare di abbandonare il “comunismo di guerra” e così Lenin elabora la
NEP (nuova politica economica). Viene abolita la requisizione dei grani ma i contadini sono ora tenuti a
pagare un’imposta fissa in natura. Questo provoca anche l’arricchimento di contadini detti kulaki che
avevano aziende di medie dimensioni o di alcuni commercianti. La critica dice che il governo è diventato
troppo a favore delle classi rurali ma viene messa a tacere.
La morte di Lenin
Nel 1922 Lenin viene colpito da un ictus che riduce le sue attività, ci sono poi altre due crisi che lo
aggravano e dal marzo 1923 non riesce più a parlare e muoversi. Muore il 21 gennaio 1924.
La centralità del partito comunista
Si apre la lotta per succedere a Lenin alla guida del partito. Nel 1922 lo Stato ha preso il nome di Unione
delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss), riunendo al corpo centrale della Repubblica sovietica russa
anche i territori riconquistati con la guerra civile. Questo comporta una rimodulazione delle strutture
istituzionali e nel 1924 viene approvata una nuova Costituzione. Lo stato assume la forma di una
Federazione di repubbliche ma il potere effettivo stava negli organismi centrali del Partito comunista,
ovvero il segretario generale e il Comitato centrale.
Scontro fra Stalin e Trotskij
Dall’aprile 1922 il segretario del Partito comunista è Stalin. Ma Trotskij vuole sostituire Stalin. I due
avevano infatti opinioni diverse riguardo al futuro dell’Unione Sovietica e della Rivoluzione. Trotskij vuole
portare la Rivoluzione in Europa secondo la teoria della “Rivoluzione permanente”; Stalin vuole consolidare
il processo rivoluzionario solo in Russia secondo la teoria del “Socialismo in un solo paese”.
La posizione di Stalin appare più realistica di quella di Trotskij poiché non ci sono le condizioni per portare
la rivoluzione fuori dalla Russia. Inoltre le potenze occidentali hanno anche cominciato a riconoscere
ufficialmente l’Urss. Inoltre Stalin era a favore della prosecuzione della Nep mentre Trotskij la vedeva come
un freno alla crescita economica: vuole un intervento più diretto dello stato nella produzione industriale e
agricola, ma questa prospettiva è impopolare soprattutto nelle aree rurali.
Inoltre Stalin può fare in modo di piazzare uomini a lui fedeli nelle posizioni direttive principali per
assicurarsi una forza decisiva nelle principali istanze decisionali.
In questo modo Trotskij perde il confronto e nel 1925 viene allontanato dal governo (si occupava di Affari
militari).
Uno stato a partito unico
Il successo di Stalin nel 1927 si è imposto su ogni opposizione come il principale dirigente del partito e
quindi dell’Unione Sovietica. Oltre a Trotskij ci sono diversi altri episodi simili. La società sovietica è
monistica e non pluralistica e anche il Partito comunista ha una struttura monistica e non pluralistica.
Donne nuove, famiglie nuove
Il nuovo Stato Rivoluzionario introduce molte norme del diritto di famiglia, come l’autorizzazione del
divorzio, la proclamazione della piena uguaglianza tra uomini e donne, il matrimonio diventa un atto civile,
le partorienti hanno gratuita assistenza ospedaliera e viene liberalizzato l’aborto. La scuola inoltre ha un
ruolo importante nell’emancipazione della popolazione dai vincoli familiari, e quindi l’istruzione è resa
obbligatoria fino ai 15 anni. Questa nuova legislazione favorisce la disgregazione di molti nuclei familiari,
già in atto a causa della guerra civile.
Paura e consenso
La paura come strumento di governo
Dalla soppressione dell’Assemblea costituente si capisce che l’esperienza bolscevica ha preso sin da subito
la strada della dittatura a partito unico. Negli anni seguenti questo percorso viene istituzionalizzato e
perfezionato, fino ad arrivare ad un riconoscimento nella Costituzione nel 1924. Una delle componenti
essenziali del sistema è il ricorso alla violenza, il “terrore rosso” che incute paura. Ma oltre a questo i
comunisti sanno ricorrere anche a strumenti che assicurano un certo grado di consenso da parte della
maggior parte della popolazione del nuovo Stato comunista.
Il consenso al regime comunista
Il sistema fondato su un partito unico che non accetta la dialettica politica non risulta così insolito perché si
tratta di una società che sotto il regime zarista non ha mai conosciuto una vera e propria dialettica
politica. Inoltre il sistema comunista offre vantaggi economici e sociali immediati agli operai e ai
contadini.
Il sistema a partito unico offre vantaggi anche a coloro che in cambio di fedeltà politica trovano una
collocazione degli apparati statali che sono in rapida crescita. Si forma così una sorta di clientela
d’apparato.
La implacabile repressione dei “nemici”
L’appartenenza alla comunità politica è alimentata anche dall’identificazione dei nemici interni ed esterni.
Questo è dovuto alla modalità di formazione del sistema comunista nato tra una doppia guerra, contro gli
stranieri e contro eserciti russi filozaristi. Quindi i responsabili del partito comunista svilupparono una
tecnica di governo basata sul sospetto e sulla sistematica ricerca dei traditori e dei nemici interni.
Questo rafforza la coesione di coloro che ritengono di avere titoli per far parte della comunità eletta
ovvero quella comunista. È un sistema però a “geometria variabile” in quanto gli amici di oggi possono
diventare i nemici di domani, e questo è quello che accade con le continue “purghe” politiche che si
rivolgono ai nemici più vicini: tra il 1917-18 sono i social-rivoluzionari e i menscevichi, poi sono gli
oppositori interni (Trotskij etc). Poiché se si è “nemici” il prezzo da pagare è pesante, la paura spinge a
comportamenti che fanno di un individuo un “perfetto” militante. Nel profilo del “perfetto” militante però,
c’è anche la prontezza a scagliarsi contro coloro che sono considerati elementi estranei o nemici della
comunità e quindi da eliminare.
Capitolo 6
Il dopoguerra dell’Occidente
Per i governi europei lo sforzo per finanziare la guerra è stato enorme e per farlo hanno contratto pesanti
debiti con gli Stati Uniti, che cercarono poi di saldare stampando una grande quantità di cartamoneta.
Esagerando ed emettendo più moneta di quanto la riserva aurea permetteva, ogni paese è stato colpito da
una violentissima inflazione, specialmente in Germania i livelli sono stati incredibili. L’inflazione costituisce
un grave danno per chi percepisce un reddito fisso, potendo acquistare sempre di meno con esso e non
potendolo cambiare velocemente come servirebbe.
Un altro problema dell’ambiente dopo la guerra era quello di riconvertire le produzioni di armi e proiettili
in produzioni adatte ad un clima di pace, questa riconversione provocò un aumento della disoccupazione
e una diminuzione dei salari (per avere più risorse da dedicare alla riconversione). La conseguenza di questi
cambiamenti porta ad un ambiente di forte conflitto con i sindacati. Le donne che avevano preso il posto
dei mariti durante la guerra nella maggioranza dei casi vennero rimandate a casa, per far nuovamente
spazio al personale maschile.
Anche i Flussi commerciali hanno risentito della guerra, i produttori europei, impegnati nella produzione
bellica, persero i contatti in America e in Asia, e Stati Uniti e Giappone ne approfittarono prendendo così il
controllo dei mercati sudamericani e asiatici, mentre i mercati europei rimanevano gravemente
danneggiati. A peggiorare la situazione i nuovi Stati nati nel dopoguerra adottarono da subito una politica
economica protezionistica, cercando di dotarsi di sistemi produttivi autonomi.
Gli Stati Uniti emergono come paese che ha ottenuto i massimi benefici economici dalla guerra, essendo in
grado di immagazzinare la metà delle riserve auree mondiali e diventando il principale paese esportatore
di capitali (per i grandi prestiti fatti dalle banche statunitensi ai paesi europei).
LA SITUAZIONE IN GERMANIA
La chiave della ripresa economica sta nelle riparazioni di guerra chieste dai paesi vincitori (Francia Italia e
Inghilterra) alla Germania, la cifra da pagare era di 132 miliardi di marchi. Ovviamente i paesi vincitori
speravano di poter usare questo risarcimento danni per saldare i propri debiti con gli Stati Uniti, ma non
fecero conto di un grande problema: la Germania non era in grado di pagare la somma in quanto la sua
economia era a pezzi. Ad aggravare il problema c’è la decisione da parte degli Stati Uniti di non transigere
sul pagamento dei debiti degli Stati europei e di alzare i dazi doganali, danneggiando ancora di più le
importazioni dall’Europa.
Il governo della repubblica di Germania intanto cerca di dimostrare che per loro è impossibile pagare il
debito, oltre alle manovre diplomatiche il governo decide di incoraggiare la svalutazione del marco
continuando a stampare incessantemente carta moneta, questa scelta ha due fondamenti:
● L’intenzione di non scaricare sulle spalle dei contribuenti il peso del risarcimento dei danni di guerra
● Alleggerirsi del debito pubblico: durante la guerra il governo tedesco aveva emesso cartelle di
prestito patriottico, che banche e cittadini acquistarono pagando una cifra che gli sarebbe poi
tornata con gli interessi dopo tempo. Lo stato dovendo restituire il denaro ricevuto decise di farlo in
un periodo di svalutazione monetaria, danneggiando però chi aveva investito il suo denaro
Nel Gennaio 1923 l’esercito francese e quello belga decidono di occupare la Ruhr, un importantissimo
distretto carbonifero e industriale tedesco. Il governo tedesco decide di rispondere fermando la
produzione carbonifera della Ruhr e mantenendo le famiglie della zona tramite sussidi. Questa decisione
necessita di stampare ancora più carta moneta, determinando il definitivo crollo del marco tedesco.
Anche per gli occupanti la scelta si rivela fatale, visto che le spese di mantenimento dell’esercito
rischiavano di trascinare anche la Francia in una grave crisi economica.
Si ha un miglioramento nell’autunno del 1923, quando il governo tedesco, dopo aver ricevuto
rassicurazioni sul risarcimento dei danni di guerra, decide di abbandonare la politica inflazionistica,
fermando la produzione di carta moneta, aumentando le imposte e imponendo alle banche di far tornare il
patrimonio dato in prestito ad altri paesi. In questo modo il marco viene rivalutato e nell’agosto del 1924
l’inflazione viene definitivamente fermata e la Germania torna in condizioni normali.
Il miglioramento dell’economia tedesca è permesso dalle decisioni prese durante la conferenza
internazionale per le riparazioni di guerra (Parigi 1924), dove viene approvato il piano Dawes che prevede:
● L’obbligo di rivalutazione e stabilizzazione del marco
● Una dilazione (rinvio) del pagamento
● Possibilità per la Germania di ricevere prestiti internazionali
Grazie all’ultimo punto in Germania possono essere investiti capitali da parte di investitori statunitensi, i
quali acquistano cartelle di prestito con ottimi tassi di interesse. Nasce un ciclo secondo cui i soldi degli
americani vengono investiti in Germania, che li usa per pagare il debito di guerra agli stati europei che a
loro volta restituiscono soldi agli Stati Uniti. Nel giugno del 1929 il piano viene perfezionato da Owen D.
Young, che permette il pagamento a rate dei risarcimenti. Questi cambiamenti permettono una buona
ripresa nell’economia europea, visibile specialmente dal 1925 al 1929.
GLI STATI UNITI
Negli stati uniti i cambiamenti sono molti, il primo degno di nota è la conquista del diritto di voto per le
donne nel 1920, dopo un lungo processo per far approvare questa legge a livello federale.
L’entrata delle donne nel quadro politico, tuttavia, non cambia molte cose, negli anni 20 il partito
repubblicano determina una stretta repressiva per le associazioni sindacali, diminuendo inoltre le tasse sul
reddito. Il processo di concentrazione imprenditoriale raggiunge livelli mai visti, il numero di aziende e
banche si dimezza e i principali servizi restano in mano a poche ed enormi società.
Questo sistema, per quanto controverso, funziona benissimo, e il pil degli Stati Uniti cresce del 40%
durante quelli che vengono chiamati i roaring twenties. L’orientamento al consumo viene inoltre
incoraggiato dalla possibilità di pagare a rate, in questo modo beni che non erano raggiungibili a tutte le
famiglie lo diventano, arrivano inoltre sul mercato i nuovi “elettrodomestici”.
Nuove leggi limitano i flussi migratori in entrata, specialmente a chi proviene dall’Europa meridionale,
persone che vengono considerate troppo diverse dal buon cittadino bianco protestante (detto wasp).
Discriminazioni e aggressioni vengono fomentate specialmente dal Ku Klux Klan, una società razzista
segreta che ha rituali macabri e cruenti, come il linciaggio.
L’ideale maschile che prende piede in questi anni è quello dell’uomo forte e aggressivo, mentre la donna
viene lanciata, specialmente dalla pubblicità commerciali, come la moglie di classe media, casalinga e
mediamente istruita che accoglie sorridente e allegra il marito (che porta il pane a casa grazie al suo
lavoro).
Si rinnova anche il rigorismo di stampo puritano, che incoraggia la lotta alla produzione e consumazione di
bevande alcoliche. Tuttavia, le abitudini dei consumatori di bevande alcoliche non cambiano e iniziano a
nascere le prime distillerie e locande clandestine, favorendo l’attività di contrabbando e dando un impulso
al decollo economico delle organizzazioni criminali
I PROBLEMI DELL’EUROPA
In Europa invece il fulcro delle attenzioni di tutti i governi è riprendersi dai contraccolpi della guerra,
conservando più stabilità possibile.
Nel Regno Unito arrivano due grandi novità:
● Introduzione del suffragio universale maschile (1918) e femminile (1928)
● Crisi progressiva del partito liberale e grande ascesa del partito laburista
La seconda è stata favorita dalla crisi economica che il partito conservatore (che dal 1922 al 1929 era
costantemente al comando) dovette affrontare nel settore carbonifero. La dura reazione dei conservatori
all’azione dei sindacati operai gli fece perdere voti e dopo le elezioni di Giugno 1929 si formò un governo di
coalizione presieduto dal laburista James Ramsay MacDonald, che aveva anche l’appoggio di quel che
restava del partito liberale
In Francia si susseguono sei governi di centro destra, e uno degli atti principali è l’occupazione della Ruhr,
gli effetti controversi di questa decisione tuttavia inducono il governo Poincarè ad aumentare la pressione
fiscale per sostenere le spese dell’esercito. Per reagire a questa condizione e in vista delle elezioni del
1924, radicali e socialisti francesi firmano il cartello delle sinistre, che li porta a vincere le elezioni.
Nel luglio del 1926 si ricostruisce un governo conservatore, guidato da Poincarè, che riesce a rimanere in
carica per 28 mesi. Questo governo aumenta la pressione fiscale e riesce a stabilizzare il valore del franco,
bloccando l’inflazione.
Gli stati vincitori riescono bene o male a cavarsela e uscire dalla crisi post- guerra, mentre la Germania e i
paesi nati dagli accordi di pace non hanno la stessa fortuna.
In Ungheria tra Marzo e Agosto 1919 c’è il tentativo di costituzione di una repubblica sovietica, guidato
dal leader comunista Bèla Kun. Tuttavia, questo tentativo viene stroncato dall’esercito cecoslovacco e
quello rumeno.
A Berlino all’inizio del 1919 scatta un tentativo rivoluzionario guidato da Rosa Luxemburg e Karl
Liebknecht, fondatori del movimento spartachista, con l’intento di costituire una repubblica dei soviet. Il
tentativo viene represso dai Freikorps (corpi franchi) e già il 15 gennaio i comandanti della rivoluzione
vengono massacrati. Anche in Baviera scatta un’effimera repubblica, soffocata anch’essa nei primi di
maggio del 1919. Durante le repressioni i freikorps non dimostravano alcuna pietà per i comunisti che
uccidevano.
La Repubblica di Weimar
A Berlino i social democratici vincono le elezioni e nell’agosto del 1919 viene promulgata una costituzione
che sancisce la nascita della Repubblica di Weimar (dalla città dove si riunì l’assemblea costituente. La
repubblica nei suoi primi anni di vita deve però resistere a numerosi tentativi di insurrezione dell’estrema
destra. Si decide anche lo scioglimento dei freikorps, i quali tuttavia nel 1920 tentano un colpo di stato
(putsch) che però fallisce.
Nel novembre del 1923 viene tentato un altro colpo di stato, stavolta da Adolf Hitler, unito ai lavoratori
tedeschi del Dap, un partito con orientamento nazionalista che nel 1920 diventerà Partito
nazionalsocialista dei lavoratori tedesci e si doterà di un programma di 25 punti tra i quali:
● Formazione di una grande Germania che includa L’Austria
● Abolizione dei trattati di pace e delle relative imposizioni
● Abolizione die diritti non derivanti dal lavoro
● Confisca dei redditi di guerra
● Abolizione dei trust e degli accordi tra le imprese
● Esproprio dei terreni per uso collettivo
● Esclusione dai diritti di cittadinanza degli ebrei
● Espulsione degli immigrati non tedeschi
● Chiusura di giornali con “influenza disgregatrice”
● Azione contro la corruzione parlamentare
Hitler riesce a imporsi come Fuhrer e il suo partito riesce a dotarsi di un suo distaccamento paramilitare
(esercito), chiamati reparti d’assalto, questo è stato reso possibile dai finanziamenti delle grandi industrie.
Sfruttando il malcontento per l’occupazione della Ruhr Hitler tenta di convincere l’esercito e le autorità
politiche bavaresi a cooperare ad un colpo di stato. Non riuscendo con le buone nel novembre del 1923
irrompe in una birreria di monaco con le truppe armate e cerca di convincerli con la forza. Viene tuttavia
arrestato e condannato a 5 anni di carcere, di cui sconterà solo 9 mesi durante i quali scriverà il Mein
Kampf.
La stabilità del sistema politico tedesco è affidata a partiti che difendono la bontà delle istituzioni
repubblicane; tuttavia, i vari momenti di crisi sono proprio quelli in cui i partiti antisistema (comunisti e
nazisti) riescono ad ottenere più voti. La situazione politica della Germania pian piano si stabilizza, anche se
per formare un governo si debba sempre ricorrere alle coalizioni tra più partiti
Capitolo 7
Quadro politico italiano nell’immediato dopoguerra
Dopo il 1918 l’Italia deve affrontare problemi analoghi a quelli fronteggiati dagli altri Stati europei che
hanno vinto la guerra:
● Forte inflazione
● Problemi di riorganizzazione produttiva
● Larga inquietudine sociale da soddisfare o da sedare
L’Italia però, a differenza di altre grandi potenze, si trova ad affrontare le questioni in un terremoto
politico-sociale, favorito dall’introduzione di due nuove leggi elettorali che prevedono il suffragio
universale maschile e la rappresentanza proporzionale con scrutinio di lista (alle elezioni si presentano
liste di candidati, divise per partiti o gruppi politici, e a ciascun partito tocca un numero di rappresentanti
che è grosso modo simile al numero di voti ottenuto).
I dirigenti liberali sono comunque convinti di poter dominare la situazione anche con le nuove regole
elettorali. Questa convinzione è però infondata, le nuove regole infatti favoriscono i raggruppamenti
politici che hanno strutture organizzative stabili e diffuse sul territorio, mentre i liberali non sono altro che
il raggruppamento di personalità di spicco.
La prima formazione è il Partito popolare italiano (Ppi), partito cattolico guidato da un sacerdote, Don
Luigi Sturzo: vi aderiscono sostenitori della “democrazia cristiana”, quanto i “cattolici moderati”, ma tutti
scarsamente sensibili alle tematiche riguardanti i miglioramenti delle condizioni dei lavoratori dell’industria
e dei piccoli agricoltori.
L’altra formazione è il Partito socialista italiano (Psi), già esistente, ma rinnovato negli orientamenti del
suo gruppo dirigente. Nel suo XVI Congresso Nazionale, tenutosi a Bologna, i delegati approvano 4
risoluzioni:
● La Rivoluzione sovietica viene dichiarata il modello di azione del Psi
● Il partito decide di aderire all’Internazionale comunista
● Il partito deve poter ricorrere alla violenza se è necessario
● Si vuole demolire lo stato borghese, con una nuova dittatura del proletariato e la costruzione di un
nuovo ordine comunista;
Questo programma viene definito massimalista, ed è molto più estremista delle iniziative prese dai
socialisti prima della Guerra.
Le elezioni rivelano una dura sconfitta dei liberali, che si rivelano dei governi politicamente fragili.
Le aree di crisi nel biennio 1919-20
La crisi è alimentata da un largo settore dell’opinione pubblica, di sentimento nazional-patriottico, che
manifesta il dissenso sulle decisioni di pace che si stanno prendendo a Versailles: non si stava rispettando
il Patto di Londra, che affermava che, in caso di vittoria, all’Italia spettava anche la Dalmazia, oltre Trento,
Trieste e altre regioni circostanti; infatti, Wilson vuole far valere il principio della corrispondenza tra nazioni
e Stati, e quindi affida la Dalmazia (regione a minoranza slava) alla Jugoslavia, e la città di Fiume, a
maggioranza italiana, rimane per il momento nelle mani di una forza militare interalleata.
Gli italiani iniziano così a parlare di vittoria mutilata (dicitura ripresa da D’Annunzio), affermando che il
governo non ha fatto abbastanza per difendere gli interessi italiani.
Ai primi di settembre del 1919, D’Annunzio si reca a Ronchi, dove è presente un battaglione italiano fermo
che, disobbedendo ai suoi superiori, lo elegge a proprio capo; si uniscono anche numerosi volontari, e così
D’Annunzio il 12 settembre del 1919 marcia su Fiume ed entra in città, facendo allontanare gli interalleati;
fatto ciò, si pone a capo della Reggenza del territorio conquistato, e proclama l’annessione della città
all’Italia.
Nitti e Giolitti cercano di ostacolare questa iniziativa, in quanto temono si possa scatenare una reazione
internazionale: per farlo Giolitti firma con la Jugoslavia il trattato di Rapallo, che attribuisce la Dalmazia
alla Jugoslavia con l’eccezione della città di Zara, assegnata all’Italia. Il trattato inoltre afferma che la città
di Fiume è libera, quindi né di dominio italiano né jugoslavo; per questo Giolitti dà ordine all’esercito
italiano di attaccare la reggenza di D’Annunzio, affinché la città sia sgomberata (giorno di Natale del 1920).
Ovviamente tantissime sono ancora le polemiche, soprattutto contro il governo Giolitti, e più in generale,
contro i liberali.
Oltre alla questione di Fiume, c’è una fortissima conflittualità scoppiata nelle fabbriche e nelle campagne,
dove contadini e lavoratori italiani (a causa della presenza di un Psi radicalizzato) assumono posizioni
enormemente radicali, scendendo in sciopero (tra il 1919 e i 1920) per ottenere obiettivi sindacali e perché
vogliono “fare come la Russia”. Al nord e al sud la situazione per quanto riguarda l’agricoltura è diversa:
● Al nord, soprattutto nella Valle Padana e nell’Italia centrale, perché i sindacati vogliono ottenere
l’imponibile di manodopera, ovvero l’obbligo per proprietari o affittuari di assumere un numero
fisso di braccianti stabilito in base alle indicazioni concordate con i rappresentanti sindacali;
● Al sud, numerosi sono i casi di occupazioni di terre incolte compiute dai contadini senza terra.
Anche nelle aree industriali la situazione è molto tesa (nord-ovest d’Italia, soprattutto nell’estate del
1920). C'è infatti da tempo un contenzioso tra la Fiom (Federazione italiana operai metallurgici), che chiede
aumenti salariali per i lavoratori metalmeccanici, e gli imprenditori del settore, che si oppongono. Gli
imprenditori decidono di procedere alla serrata, e come risposta, circa 500.000 operai non escono dalle
fabbriche e decidono di occuparle (mandano avanti la produzione su istruzione dei consigli di fabbrica, e
vengono tutelati dalle Guardie Rosse, che li difendono dall’eventuale intervento dell’esercito). Giolitti
decide di non intervenire, e le trattative tra imprenditori e sindacato vanno avanti. Alla fine del settembre
1920 viene raggiunto un accordo che segna la vittoria dei lavoratori, che ottengono più di quello che
chiedevano (oltre all’aumento del salario e al miglioramento delle condizioni di lavoro, ottengono pure che
la produzione sia sottoposta al controllo dei consigli degli operai).
Ma nonostante l’esito più che positivo, molti operai si sentono delusi, poiché pensavano che l’occupazione
delle fabbriche fosse l’inizio di una tanto attesa rivoluzione sovietica, ma non fu così. Inoltre, dalle
settimane successive, si capisce subito che gli imprenditori non vogliono attivare i consigli operai, e i
sindacati non hanno intenzione di insistervi più di tanto, quindi aumenta la delusione. Si viene a formare
quindi una nuova corrente nel Psi, guidata da Amadeo Bordiga, Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, i quali
vogliono intraprendere la via rivoluzionaria con maggiore decisione. Il 21 gennaio 1921, la corrente
rivoluzionaria decide di abbandonare il XVII Congresso del Psi, per formare il Partito comunista d’Italia
(Pcd’I).
La nascita del fascismo
Alla fine del 1920 industriali e proprietari sono furiosi, non hanno più la libertà di gestire le loro aziende.
Dopo il mancato intervento dei liberali, si inizia a pensare che forse bisogna ricorrere a una forza armata
privata, in grado di allontanare o intimidire gli scioperanti o i manifestanti, e al tempo stesso di proteggere
i lavoratori che non aderiscono agli scioperi. Cominciano perciò a rivolgersi a varie formazioni politiche che
dispongono di piccole forze paramilitari, una su tutte il Movimento dei Fasci di combattimento.
Il Movimento dei Fasci di combattimento è un gruppo politico fondato il 23 marzo del 1919 a Milano da
Benito Mussolini (ex esponente di spicco del Psi, espulso per aver manifestato la volontà di entrare in
guerra, idea che continuerà a portare avanti nel nuovo giornale da lui fondato, Popolo d’Italia). Questo
movimento è quindi una strana formazione politica, che mescola patriottismo bellicista e ambizioni di
riforma sociale. Ma in questa forma, il movimento alle elezioni del 1919 non decolla.
A partire da questa sconfitta, Mussolini inizia ad accentuare la sua indole antisocialista e antibolscevica,
richiamando l’attenzione di proprietari e affittuari della Val Padana, che offrono a Mussolini dei
finanziamenti per incrementare la forza delle proprie formazioni paramilitari: si diffondono così le squadre
d’azione fasciste, composte spesso da ex combattenti, che iniziano una lunga e sanguinosa campagna di
azioni a sorpresa, contro socialisti, sindacalisti, militanti e sedi di sinistra. Lo squadrismo diventa una realtà
politica, accettata e tollerata, anzi incoraggiata di imprenditori e proprietari che vedono miglioramenti per
quanto riguarda gli scioperi.
Ma il fascismo non è solo questo, si pone infatti come l’unico movimento in grado di riprendere il discorso
nazional-patriottico fondato nel Risorgimento: vuole infatti rendere la nazione grande, ma per farlo, deve
prima eliminare ogni possibile divisione sociale o politica che vada ad infrangere la compattezza della
nazione. Tutto questo ragionamento si basa sul concetto secondo il quale i fascisti sono gli unici depositari
della verità. Il prezzo da pagare per ottenere questa “compattezza” tanto voluta da Mussolini è però
altissimo: in quella che è una vera e propria guerra civile, muoiono tra i 2000 e i 3000 socialisti e 672
fascisti. Nonostante ciò, la maggior parte dell’opinione pubblica (di estrazione medio e alto-borghese)
continua ad apprezzare molto il fascismo.
La marcia su Roma
Nel maggio del 1921, un certo numero di candidati del Movimento dei Fasci viene incluso nelle liste dei
cosiddetti Blocchi nazionali (alleanze di vari gruppi politici che si aggregano ai liberali per fermare l’ascesa
di Ppi e Psi), i quali hanno un buon successo, ma non ottengono la maggioranza assoluta. Ora però 38
fascisti, compreso Mussolini, possono sedere alla Camera come deputati, perché eletti nelle liste dei
Blocchi nazionali.
Nel novembre del 1921, nel Congresso a Roma, i fascisti cambiano il nome del proprio movimento in
Partito nazionale fascista (Pnf), di cui Mussolini è acclamato duce (condottiero). Le squadre d’azione (di
composizione borghese o medio-borghese) diventano quindi una vera e propria forza militare privata, e
nessuna delle autorità dello Stato interviene per fermare tutto ciò.
È importante però che questa situazione di illegalità e tensioni non si protragga a lungo, anche perché la
violenza diventa col passare del tempo sempre più inutile, infatti:
● C'è la quasi cessazione degli scioperi;
● Le forze liberali sono ormai nulle, data la doppia scissione che aveva diviso il Psi, prima in Pcd’I e poi
in Psu (partito socialista unitario);
Detto ciò, Mussolini decide di tentare un’azione di forza: vuole realizzare una marcia su Roma, facendo
convergere le squadre d’azione sulla capitale, da varie parti d’Italia, dopo aver occupato uffici
amministrativi in alcune città importanti d’Italia, per obbligare il governo alle dimissioni. Si tratta di un vero
e proprio colpo di Stato.
Il re Vittorio Emanuele III potrebbe fermare l’avanzata fascista proclamando lo stato d’assedio, e quindi
mobilitando l’esercito, ma non lo fa, quindi i fascisti entrano a Roma.
La mattina del 30 ottobre 1922 Mussolini si presenta al re, per chiedere di formare il nuovo governo. Il re
accetta. La Camera e il Senato votano la fiducia a Mussolini, e il suo primo governo deve essere
considerato come l’inizio della fine del sistema liberal-democratico.
Una fase transitoria
Mussolini mostra di non voler tornare più indietro. La Rivoluzione fascista è iniziata.
Viene formato il Gran Consiglio del fascismo (formato dal segretario del Pnf e dal presidente del Consiglio,
diversi dignitari fascisti e i presidenti della Camera e del Senato) che fa da raccordo tra il Pnf e lo Stato.
Le squadre d’azione fasciste sono trasformate nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, un corpo
militare collegato al Pnf, ma affiancato ai corpi militari già esistenti; è una mossa che non intende mettere
fine alle violenze contro gli oppositori, anzi, possono essere compiute ancora più tranquillamente.
In economia, si segue una linea politica liberista, concepita dal Ministro delle Finanze e del Tesoro Alberto
De Stefani:
● Nei rapporti commerciali internazionali, si adottano tariffe doganali leggere, favorendo scambi;
● Viene ridata autonomia decisionale a imprenditori industriali e agrari nelle loro aziende;
● Politica fiscale che punta sulle imposte indirette.
I risultati sono tutto sommato positivi. Forte di questi risultati, Mussolini vuole imporre il dominio del suo
partito, raggiunto con l’approvazione di una nuova legge elettorale che afferma: la lista che raccoglie la
maggioranza relativa ottiene i 2/3 dei deputati della camera, e per farlo deve prendere almeno il 25% dei
voti.
Le elezioni avvengono in un clima di violenza, che orienta i voti verso le Liste nazionali (dominate dai
fascisti). Il risultato è un trionfo per queste Liste fasciste, che prendono il 65% dei voti e il 70% seggi.
Sembra tutto fatto, fin quando il 30 maggio 1924, il segretario del Psu Giacomo Matteotti, pronuncia un
discorso alla Camera duro riguardo il clima di violenza delle elezioni, chiedendo che vengano annullate e
ripetute. Il 10 giugno 1924 Matteotti viene rapito da un gruppo di fascisti che lo uccidono.
Sembra che l’ordine non sia provenuto da Mussolini, ma la responsabilità rimane comunque sua: per i
fascisti è un momento di crisi, che vede gli oppositori ritirarsi dal Parlamento e riunirsi separatamente
(secessione dell’Aventino). Gli oppositori sperano nell’intervento del re, che decide però di non fare nulla.
Allora Mussolini decide di muoversi, tenendo un discorso alla Camera nel quale si assume tutte le
responsabilità dell’accaduto: la convivenza del fascismo con lo Stato liberale è terminata, va portata
avanti la Rivoluzione fascista.
Il fascismo si fa Stato
C’è lo scioglimento di tutte le associazioni politiche avverse al fascismo: alcuni dirigenti dell’opposizione si
mettono in salvo fuggendo all’estero; altri vengono aggrediti e malmenati a morte; altri ancora vengono
arrestati e condannati al carcere. Inoltre, tutti i giornali dei partiti di opposizione vengono chiusi, e le
testate giornalistiche più importanti diventano di stampo fascista.
Vengono inoltre approvate diverse leggi, dette leggi fascistissime:
● Legge del 24 dicembre 1925, il governo è responsabile solo nei confronti del re, e non ha bisogno
di alcun voto parlamentare di fiducia per esistere;
● Legge del 31 gennaio 1926, amplia la possibilità, riconosciuta al governo, di emanare
autonomamente norme di legge;
● Due leggi del 1926, aboliscono le istituzioni elettive preposte all’autogoverno locale (sindaci e
giunte), sostituite da nuovi organismi di nomina governativa (podestà e consulte);
● Legge del 25 novembre 1926, reintroduce la pena di morte per chi attenti alla vita dei regnanti o
del capo del governo; i processi vengono affidati a un Tribunale speciale, i cui giudici sono scelti tra
gli ufficiali generali dell’esercito e, soprattutto, tra i membri della Milizia volontaria per la sicurezza
nazionale;
● Interviene anche sui rapporti di lavoro, infatti il 2 ottobre 1925 viene siglato il Patto di Palazzo
Vidoni, in cui la Confindustria riconosce l’esistenza solo della Confederazione delle Corporazioni
fasciste, e viceversa;
● Legge del 3 aprile 1926, si ammettono solo le associazioni sindacali riconosciute dal governo, e
vengono vietati serrate e scioperi;
● Legge del 9 novembre 1926, si dichiarano decaduti tutti i deputati dell’opposizione (il Pnf tende a
identificarsi sempre più strettamente con lo Stato, nasce un regime politico monopartitico);
● Legge del 1928, prevede che, nel sistema elettorale, esista una unica lista nazionale; gli elettori
possono solo approvare la lista o respingerla.
In economia, i prezzi hanno preso a salire, quindi Mussolini decide di procedere alla rivalutazione della lira,
che viene portata a quota novanta (significa che mentre una sterlina inglese valeva 155 lire italiane, adesso
ne vale 90). Ma le imprese esportatrici sono ora in difficoltà, infatti la rivalutazione della moneta italiana fa
sì che le merci italiane che vengono esportate costino molto più di prima. Ciò rende le merci italiane meno
competitive sui mercati stranieri, quindi c’è un rallentamento nella crescita economica.
Mussolini vuole rendere l’economia italiana autonoma, e lancia la cosiddetta battaglia del grano, ovvero
un’azione volta al raggiungimento dell’autosufficienza alimentare: si procede a un netto innalzamento dei
dazi doganali sui cereali, e al tempo stesso i produttori vengono incoraggiati a estendere la superficie
coltivata a grano.
Viene varata inoltre la “bonifica integrale”, cioè l’azione di prosciugamento e di messa a coltura delle aree
paludose e malariche ancora esistenti.
Importante è però avere un accordo con la Chiesa cattolica. Nel 1923 viene attuata la riforma scolastica
(ideata da Giovanni Gentile), che ha riorganizzato i curricula fondandoli sulla preminenza delle materie
umanistiche (reintroduzione obbligatoria della religione come materi scolastica nelle scuole elementari).
Ha inoltre previsto l’introduzione di un esame di Stato al termine di ogni ciclo scolastico.
Questa serie di passi consente il riavvicinamento tra il regime fascista e la Chiesa cattolica, che diventa più
intensa quando si inizia a pensare ad un accordo, che viene sottoscritto l’11 febbraio 1929 con la stipula
dei Patti Lateranensi, un trattato formale tra la Chiesa e lo Stato italiano: prevedeva che lo Stato pagasse
un’indennità alla Chiesa per la perdita del potere temporale, e che il papa riconoscesse lo Stato italiano e il
potere temporale solo sullo Stato della Città del Vaticano.
I patti prevedono anche un Concordato, che afferma:
● Che la religione cattolica viene confermata religione di Stato;
● Si riconosce il valore civile del matrimonio religioso;
● La religione diventa materia ufficiale a scuola;
L’Azione cattolica è l’unica associazione non fascista tollerata dal regime fascista.
Queste concessioni sono il prezzo che Mussolini ha da pagare per la piena stabilità del suo potere. Infatti,
dalle prime elezioni, si vede come la popolazione italiana apprezzi il regime fascista: vota il 90% degli aventi
diritto, e i consensi al “listone” unico sono del 98%. È sicuramente un ottimo risultato, ma c’è da
considerare che, essendo in un regime dittatoriale, molti degli aventi diritto votano al “listone” solo per
non incorrere in persecuzioni.
Miti e rituali fascisti
Il fascismo riesce a imporsi perché fa un uso sistematico della violenza, che risulta particolarmente efficace
perché tollerato, se non apprezzato, da tutte le forze militari.
Il regime fascista sfrutta tutta una serie di particolari vantaggi competitivi, e i suoi dirigenti riescono a dare
al movimento e poi al Partito fascista una propria mitologia e una propria simbologia.
Uno degli elementi identitari fondamentali del fascismo è la distinzione tra nazione e antinazione (tutti gli
altri gruppi politici). Inoltre, ai fascisti, sembra che socialisti e comunisti esprimano il massimo dell’essenza
antinazionale, perché si sentono parte di una comunità internazionale, invece che nazionale, e guardano a
un paese straniero, la Russia bolscevica, come a un modello da omaggiare e da seguire.
Mussolini cerca anche di negare il carattere di classe del fascismo (che non è il braccio armato dei ricchi,
ma è un movimento nazionale, rivolto a tutte le componenti sociali della nazione).
Aspetto importante della ritualità del fascismo è il rituale dell’incontro dei capi del fascismo con le grandi
masse osannanti: è uno dei rituali meglio documentati, e ciò perché il regime fascista vuole presentarsi
come un sistema politico capace di coinvolgere le masse. È intorno all’unione mistica tra le folle e il capo
che si costruisce un culto della personalità del grande uomo.

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  • 1. Capitolo 5 Due rivoluzioni, una a febbraio e l’altra a ottobre Gli effetti della guerra sulla Russia In seguito alla guerra, la Russia è stato il paese che ha registrato il massimo numero di perdite. Di 12 milioni di soldati, i morti sono stati 1.7 mln e i feriti poco meno di 5 mln, e questo avvenne sia a causa dei pessimi armamenti dell’esercito russo, sia perché i capi dell’esercito non si preoccupavano molto di mandare i soldati incontro alla morte. La produzione agricola e industriale inoltre non riusciva più a soddisfare la domanda dei mercati cittadini in quanto si doveva occupare di rifornire i combattenti. A sfavore della Russia c’erano anche il blocco navale inglese e le incursioni tedesche che intralciavano il commercio con il Mare del Nord, ma anche il blocco attuato dall’Impero Ottomano (nemico della Russia) sui Dardanelli e il Bosforo che bloccava il commercio con il Mar Nero. Nel 1916 ci fu anche una cattiva annata agricola, che portò ad un aumento dei prezzi dei beni alimentari che portò una gran parte della popolazione allo stremo. Rivoluzione del febbraio 1917 All’inizio della guerra lo zar Nicola II cambiò il nome della capitale San Pietroburgo in Pietrogrado in quanto riteneva il nome troppo “germanico”. Nella capitale c’erano i palazzi del governo e della Duma (parlamento russo), e diverse industrie che dal 18 febbraio 1917 (calendario giuliano) sono in sciopero. Nei giorni successivi continuano le manifestazioni, e il 26 febbraio il governo, sollecitato dallo zar, ordina all’esercito di intervenire, così interviene uccidendo 40 dimostranti sparando sulla folla. Il giorno successivo però i soldati si rifiutano di obbedire agli ordini perché non hanno alcuna voglia di sparare alla folla (sono stanchi, giovani, di estrazione popolare e in attesa di tornare al fronte). Così i soldati decidono di portarsi armi in eccesso e mescolarsi nella folla fornendo armi anche ai dimostranti, e alla fine della giornata Pietrogrado era in mano agli insorti. Abdicazione dello zar Nel frattempo, lo zar si era recato al fronte e informato dei fatti decide di tornare a Pietrogrado tramite la ferrovia, ma il 1° marzo, il suo treno viene deviato e finisce a Pskov lontano dalla capitale in quanto i dimostranti avevano occupato la ferrovia. Viene raggiunto da due deputati della Duma che lo informano che secondo l’opinione comune di parlamentari e membri del governo l’unico modo per salvare la monarchia era l’abdicazione sua e di suo figlio, in favore del fratello ovvero il granduca Michele. Nicola accetta ma Michele disse di voler accettare solo se la Corona fosse stata offerta da un’assemblea costituente, ma dato che questa non era stata convocata, la sua decisione venne considerata una rinuncia e quindi la dinastia dei Romanov esce dalla scena politica. I soviet Si diffonde la notizia che la Russia è diventata una repubblica. La duma nomina un governo provvisorio formato da rappresentanti di diversi partiti che decide che la Russia doveva continua a combattere e
  • 2. tenere fede ai suoi impegni. A questa decisione si oppongono i soviet ovvero comitati di operai e soldati che chiedono che la guerra finisca al più presto. Il soviet di Pietrogrado è guidato dai dirigenti socialisti menscevichi (sezione più moderata del socialismo russo), mentre i socialisti bolscevichi (posizioni più radicali) hanno una debole influenza. Inoltre ha autorità in quanto si è assicurato il controllo della rete ferroviaria, della posta e dei telegrafi, ma aveva anche il comando delle forze armate ribelli. Si proclamò infatti soviet degli operai e dei soldati, e per questo il governo provvisorio non potendolo ignorare doveva dialogare con i suoi capi su ogni questione rilevante. Nelle campagne invece torna la tradizione delle rivolte contadine: vengono assaltate case signorili, confiscate proprietà terriere e le merci prodotte vengono trattenute nei magazzini per far fronte alle esigenze alimentari delle comunità rurali, peggiorando così la situazione dei mercati urbani dove quasi non arrivano più merci. Lenin e le tesi di aprile Ad aprile viene messo a disposizione un treno speciale dai tedeschi per far tornare Lenin, dirigente dei socialisti bolscevichi che era in esilio in Svizzera, a Pietroburgo. Lenin era in esilio dal 1907 ma era già noto, scrisse libri e opuscoli ed era seguito dai militanti del partito socialdemocratico bolscevico. Era favorevole all’uscita della Russia dalla guerra e questo spiega la decisione della Germania di mettere a disposizione il treno, che sperava che l’influenza di Lenin potesse portare all’effettiva uscita della Russia dal conflitto. Il 4 aprile a Pietroburgo Lenin tiene un discorso ai socialdemocratici per rendere note le sue posizioni, e il contenuto viene pubblicato dal giornale bolscevico Pravda (la verità) sotto il nome di Tesi d’ aprile. Delinea un programma semplice e radicale che prevede il rovesciamento del governo provvisorio e il trasferimento di potere ai soviet che dovevano essere composti solo da operai, braccianti e contadini (slogan “tutto il potere ai soviet!”), ma anche l’uscita dalla guerra della Russia e la nazionalizzazione delle proprietà terriere (slogan “Pace, terra e pane!”). Bolscevichi, menscevichi e social-rivoluzionari Le Tesi d’aprile allontanano Lenin e i bolscevichi dagli altri raggruppamenti sociali, inoltre ai primi di maggio i menscevichi e i social-rivoluzionari (partito molto forte nelle campagne che ha come obiettivo primario la riforma agraria) decidono di entrare in un nuovo che conferma la decisione della Russia di rimanere in guerra. governo provvisorio. Questa decisione non fu accolta positivamente, e a differenza dei social-rivoluzionari che conservano il consenso nelle campagne, i menscevichi cominciano a perdere consensi, mentre i bolscevichi iniziano ad avere un seguito sempre maggiore. Inoltre, Lenin stava organizzando una forza paramilitare bolscevica detta le Guardie Rosse che comprendeva 10k operai di Pietrogrado a cui il soviet forniva armi e munizioni. La rivoluzione dell’ottobre 1917 La situazione resta instabile durante l’estate, e a fine agosto viene sventato a fatica un colpo di Stato militare. Nella notte tra il 24 e 25 ottobre 1917 ha inizio l’insurrezione bolscevica. I soldati filobolscevichi e le Guardie Rosse realizzano un colpo di Stato espugnando e occupando il Palazzo d’Inverno, la sede del governo, arrestandone anche i membri.
  • 3. I bolscevichi formano un altro governo presieduto da Lenin chiamato Consiglio dei commissari del popolo. Il ministro degli Esteri è Trotskij mentre il ministro per le Questioni nazionali è Stalin, e tutti i ministri sono bolscevichi. Il programma immediato del governo si riassume in due punti: ● Avere una pace senza annessioni né indennizzi attraverso trattative con gli Imperi centrali ● Confiscare tutte le proprietà terriere dei possidenti e della Chiesa e attribuire ad ogni famiglia contadina tutta la terra che può coltivare senza dover ricorrere a braccianti salariati. In questo modo realizzano il punto fondamentale del programma dei social-rivoluzionari ovvero “la terra ai contadini”, sperando di aver tolto il consenso dei social-rivoluzionari nelle campagne a loro favore. Il 25 novembre 1917, ci sono delle elezioni per la formazione di un’Assemblea Costituente. Su 715 seggi i bolscevichi ne ottengono 175, i menscevichi e il Partito costituzional-democratico escono di scena mentre i social-rivoluzionari moderati ottengono 370 leggi. Nel gennaio del 1918 i bolscevichi che avevano il sostegno di reparti militari fedeli decidono di sciogliere l’Assemblea Costituente affermando che era durata anche troppo. Continuano a seguire le linee strategiche di Lenin e pongono le basi per la costruzione di un regime politico dittatoriale a partito unico La guerra civile La pace di Brest-Litovsk Nel novembre 1917, il governo bolscevico ordina l’inizio delle trattative di pace con Germania e Austria- Ungheria. La delegazione bolscevico però, condotta da Trotskij, era in grave debolezza in quanto le condizioni imposte dal governo tedesco e firmate col trattato di pace del 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk erano durissime e ponevano la Finlandia, le regioni baltiche la Polonia e l’Ucraina sotto il controllo tedesco. A seguito di questo Pietrogrado si trovava a pochi km dal confine tedesco e quindi esposta a pericoli, per questo la capitale viene spostata a Mosca. Nella primavera del 1918 a Mosca, durante il Congresso del Partito socialdemocratico operaio (bolscevico), il partito decide di chiamarsi Partito comunista (come suggerito da Lenin nelle Tesi d’aprile) Armate bianche e truppe straniere Si iniziano a ricostituire armate controrivoluzionarie dette “armate bianche” che avevano lo scopo di restaurare il potere dello zar, facendo iniziare la guerra civile. A queste armate russe si uniscono anche altre forze militari che avevano diversi obiettivi come corpi di spedizione franco-inglesi che volevano impedire ai tedeschi di avanzare verso est (come era previsto dal trattato di Brest-Litovsk), o formazioni paramilitari come alcune estoni, ucraine, lettoni e lituane che vogliono rivendicare l’indipendenza dei loro territori. Nel 1918 quindi la Russia bolscevica è completamente accerchiata da forme militari ostili. Armata Rossa La reazione comunista è affidata a Trotskij che in pochissimo tempo organizza l’Armata Rossa, ovvero un esercito rivoluzionario che nel giugno 1920 arrivava a 5 mln di unità. Reclutamento basato su circoscrizione e volontariato ed era aperto anche alle donne.
  • 4. I quadri dell’esercito (forse punti deboli dell’armata) vengono trovati da Trotskij con una mossa cinica e spregiudicata ovvero rimettere in servizio 48.000 ufficiali ex zaristi. In ogni unità dell’esercito ci sono commissari politici che controllano le operazioni e inoltre ci sono ufficiali, soprattutto quelli che ricoprono cariche più importanti, che sono sottoposti al ricatto (ritorsioni contro i familiari che sono controllati dalla polizia Russa). Nonostante gli sforzi di Trotskij le armate contro rivoluzionare si rivelano inefficaci (non avevano comando unificato e sono troppo lontane l’una dall’altra), inoltre i generali bianchi si rifiutano di riconoscere l’indipendenza di Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania in nome della fedeltà all’integrità del territorio dell’impero zarista, e quindi non hanno il loro aiuto. Nonostante alla fine del 1918 la situazione sembrava ormai persa, nel 1919 si capovolge e nel 1920 le armate bianche sono quasi del tutto sconfitte. Nella primavera del 1920 nasce un nuovo pericolo ovvero i governanti del nuovo Stato di Polonia, sulla base degli accordi di Versailles e insoddisfatti dei confini orientali, decidono di attaccare la Russia comunista. L’attacco polacco viene contenuto ma nel 1921 i comunisti devono accettare una pace che prevede la cessione alla Polonia di parti della Bielorussia e dell’Ucraina. I comunisti al potere Il comunismo di guerra A causa della guerra civile si stimano 7 mln di morti di cui 2 mln causati dalla carestia nella Russia meridionale nel 1920-21. Inoltre, in questi anni emergono i tratti autoritari e dittatoriali del potere comunista. Per governare l’economia che era molto disastrata, il governo comunista adottò una linea dirigista e dichiarò nulli i debiti con l’estero, mentre espropria e nazionalizza le fabbriche, affidandole a comitati operai che si rivelano inefficienti e quindi i vecchi manager sono reintegrati come dipendenti dello Stato. Avviene anche l’espropriazione e redistribuzione delle terre come annunciato da Lenin. Quando scoppiò la guerra con le armate bianche, si adottò il comunismo di guerra: l’Armata Rossa e i gruppi armati di operai urbani erano autorizzati a requisire viveri e rifornimenti nelle campagne. Sui mercati urbani i negozi e ristoranti sono requisiti e affidati alle autorità municipali. Ad ogni famiglia sono distribuite tessere annonarie per ritirare beni alimentari razionati in base al numero, età e condizioni dei componenti della famiglia. Si scatena il mercato nero per cercare di vendere a prezzi più alti, ma la polizia politica Ceka interviene poiché Lenin era convinto di dover usare il terrore, e quindi nel 1918 circa 6300 persone accusate di speculazione sul mercato nero sono state vittime di esecuzioni sommarie. Per star dietro alle nuove esigenze, lo Stato assume la forma di un organismo burocratico centralizzato e onnipotente. Un regime politico a partito unico Le comunità contadine rischiano di essere distrutte e i partiti social-rivoluzionari protestano a loro nome, ma il governo comunista sopprime tutti gli organi rappresentativi attivi nelle campagne. Nel luglio 1918 viene approvata una Costituzione lontana dal modello democratico. Tutto il potere è attribuito ai soviet. Il diritto di voto per le rappresentanze nei soviet (anche alle donne) è vietato ai nemici dello Stato rivoluzionario, e il voto di operai e operaie (protagonisti della Rivoluzione) valeva più di quello dei contadini.
  • 5. Durante il 1918 inoltre tutti i partiti (tranne quello comunista) sono messi a tacere mentre i dirigenti e militanti perseguitati. Per primi i menscevichi e social-rivoluzionari. Si adotta la tecnica del “terrore rosso” per distruggere o intimidire ogni opposizione e fare dello Stato rivoluzionario un regime politico a partito unico. Nascita dell’internazionale comunista Nel marzo 1919 i dirigenti comunisti fondano la Terza Internazionale nota come Comintern (Internazionale Comunista). Espone gli obbiettivi e la struttura nel secondo congresso a Mosca nel 1920: diffondere la Rivoluzione comunista in tutta l’Europa. Lenin propone un documento in 21 punti in cui precisa che i partiti aderenti devono seguire il modello bolscevico, chiamarsi comunisti e rompere la collaborazione con i partiti socialdemocratici, e inoltre devono difendere le ragioni della Russia rivoluzionaria. Nei mesi seguenti gruppi di dirigenti e militanti socialisti europei fondano nuovi partiti comunisti accettando le condizioni di Lenin e aderendo all’Internazionale. Tuttavia questi partiti sono gruppi minoritari, in Europa militanti e elettori di sinistra sono orientati verso partiti socialisti e socialdemocratici. La NEP (nuova politica economica) Nel marzo 1921 i marinai della base navale di Kronstadt si ribellano (seguendo operai di Pietrogrado) che protestano per le differenze tra il loro livello di vita miserevole e quello privilegiato dei dirigenti bolscevichi e chiedono che si restituisca il potere ai “Soviet ma senza comunsiti”. Lenin li accusa di essere piccoli borghesi e vengono massacrati dall’esercito. I dirigenti comunisti iniziano a pensare di abbandonare il “comunismo di guerra” e così Lenin elabora la NEP (nuova politica economica). Viene abolita la requisizione dei grani ma i contadini sono ora tenuti a pagare un’imposta fissa in natura. Questo provoca anche l’arricchimento di contadini detti kulaki che avevano aziende di medie dimensioni o di alcuni commercianti. La critica dice che il governo è diventato troppo a favore delle classi rurali ma viene messa a tacere. La morte di Lenin Nel 1922 Lenin viene colpito da un ictus che riduce le sue attività, ci sono poi altre due crisi che lo aggravano e dal marzo 1923 non riesce più a parlare e muoversi. Muore il 21 gennaio 1924. La centralità del partito comunista Si apre la lotta per succedere a Lenin alla guida del partito. Nel 1922 lo Stato ha preso il nome di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss), riunendo al corpo centrale della Repubblica sovietica russa anche i territori riconquistati con la guerra civile. Questo comporta una rimodulazione delle strutture istituzionali e nel 1924 viene approvata una nuova Costituzione. Lo stato assume la forma di una Federazione di repubbliche ma il potere effettivo stava negli organismi centrali del Partito comunista, ovvero il segretario generale e il Comitato centrale. Scontro fra Stalin e Trotskij
  • 6. Dall’aprile 1922 il segretario del Partito comunista è Stalin. Ma Trotskij vuole sostituire Stalin. I due avevano infatti opinioni diverse riguardo al futuro dell’Unione Sovietica e della Rivoluzione. Trotskij vuole portare la Rivoluzione in Europa secondo la teoria della “Rivoluzione permanente”; Stalin vuole consolidare il processo rivoluzionario solo in Russia secondo la teoria del “Socialismo in un solo paese”. La posizione di Stalin appare più realistica di quella di Trotskij poiché non ci sono le condizioni per portare la rivoluzione fuori dalla Russia. Inoltre le potenze occidentali hanno anche cominciato a riconoscere ufficialmente l’Urss. Inoltre Stalin era a favore della prosecuzione della Nep mentre Trotskij la vedeva come un freno alla crescita economica: vuole un intervento più diretto dello stato nella produzione industriale e agricola, ma questa prospettiva è impopolare soprattutto nelle aree rurali. Inoltre Stalin può fare in modo di piazzare uomini a lui fedeli nelle posizioni direttive principali per assicurarsi una forza decisiva nelle principali istanze decisionali. In questo modo Trotskij perde il confronto e nel 1925 viene allontanato dal governo (si occupava di Affari militari). Uno stato a partito unico Il successo di Stalin nel 1927 si è imposto su ogni opposizione come il principale dirigente del partito e quindi dell’Unione Sovietica. Oltre a Trotskij ci sono diversi altri episodi simili. La società sovietica è monistica e non pluralistica e anche il Partito comunista ha una struttura monistica e non pluralistica. Donne nuove, famiglie nuove Il nuovo Stato Rivoluzionario introduce molte norme del diritto di famiglia, come l’autorizzazione del divorzio, la proclamazione della piena uguaglianza tra uomini e donne, il matrimonio diventa un atto civile, le partorienti hanno gratuita assistenza ospedaliera e viene liberalizzato l’aborto. La scuola inoltre ha un ruolo importante nell’emancipazione della popolazione dai vincoli familiari, e quindi l’istruzione è resa obbligatoria fino ai 15 anni. Questa nuova legislazione favorisce la disgregazione di molti nuclei familiari, già in atto a causa della guerra civile. Paura e consenso La paura come strumento di governo Dalla soppressione dell’Assemblea costituente si capisce che l’esperienza bolscevica ha preso sin da subito la strada della dittatura a partito unico. Negli anni seguenti questo percorso viene istituzionalizzato e perfezionato, fino ad arrivare ad un riconoscimento nella Costituzione nel 1924. Una delle componenti essenziali del sistema è il ricorso alla violenza, il “terrore rosso” che incute paura. Ma oltre a questo i comunisti sanno ricorrere anche a strumenti che assicurano un certo grado di consenso da parte della maggior parte della popolazione del nuovo Stato comunista. Il consenso al regime comunista Il sistema fondato su un partito unico che non accetta la dialettica politica non risulta così insolito perché si tratta di una società che sotto il regime zarista non ha mai conosciuto una vera e propria dialettica politica. Inoltre il sistema comunista offre vantaggi economici e sociali immediati agli operai e ai contadini.
  • 7. Il sistema a partito unico offre vantaggi anche a coloro che in cambio di fedeltà politica trovano una collocazione degli apparati statali che sono in rapida crescita. Si forma così una sorta di clientela d’apparato. La implacabile repressione dei “nemici” L’appartenenza alla comunità politica è alimentata anche dall’identificazione dei nemici interni ed esterni. Questo è dovuto alla modalità di formazione del sistema comunista nato tra una doppia guerra, contro gli stranieri e contro eserciti russi filozaristi. Quindi i responsabili del partito comunista svilupparono una tecnica di governo basata sul sospetto e sulla sistematica ricerca dei traditori e dei nemici interni. Questo rafforza la coesione di coloro che ritengono di avere titoli per far parte della comunità eletta ovvero quella comunista. È un sistema però a “geometria variabile” in quanto gli amici di oggi possono diventare i nemici di domani, e questo è quello che accade con le continue “purghe” politiche che si rivolgono ai nemici più vicini: tra il 1917-18 sono i social-rivoluzionari e i menscevichi, poi sono gli oppositori interni (Trotskij etc). Poiché se si è “nemici” il prezzo da pagare è pesante, la paura spinge a comportamenti che fanno di un individuo un “perfetto” militante. Nel profilo del “perfetto” militante però, c’è anche la prontezza a scagliarsi contro coloro che sono considerati elementi estranei o nemici della comunità e quindi da eliminare. Capitolo 6 Il dopoguerra dell’Occidente Per i governi europei lo sforzo per finanziare la guerra è stato enorme e per farlo hanno contratto pesanti debiti con gli Stati Uniti, che cercarono poi di saldare stampando una grande quantità di cartamoneta. Esagerando ed emettendo più moneta di quanto la riserva aurea permetteva, ogni paese è stato colpito da una violentissima inflazione, specialmente in Germania i livelli sono stati incredibili. L’inflazione costituisce un grave danno per chi percepisce un reddito fisso, potendo acquistare sempre di meno con esso e non potendolo cambiare velocemente come servirebbe. Un altro problema dell’ambiente dopo la guerra era quello di riconvertire le produzioni di armi e proiettili in produzioni adatte ad un clima di pace, questa riconversione provocò un aumento della disoccupazione e una diminuzione dei salari (per avere più risorse da dedicare alla riconversione). La conseguenza di questi cambiamenti porta ad un ambiente di forte conflitto con i sindacati. Le donne che avevano preso il posto dei mariti durante la guerra nella maggioranza dei casi vennero rimandate a casa, per far nuovamente spazio al personale maschile. Anche i Flussi commerciali hanno risentito della guerra, i produttori europei, impegnati nella produzione bellica, persero i contatti in America e in Asia, e Stati Uniti e Giappone ne approfittarono prendendo così il controllo dei mercati sudamericani e asiatici, mentre i mercati europei rimanevano gravemente danneggiati. A peggiorare la situazione i nuovi Stati nati nel dopoguerra adottarono da subito una politica economica protezionistica, cercando di dotarsi di sistemi produttivi autonomi. Gli Stati Uniti emergono come paese che ha ottenuto i massimi benefici economici dalla guerra, essendo in grado di immagazzinare la metà delle riserve auree mondiali e diventando il principale paese esportatore di capitali (per i grandi prestiti fatti dalle banche statunitensi ai paesi europei).
  • 8. LA SITUAZIONE IN GERMANIA La chiave della ripresa economica sta nelle riparazioni di guerra chieste dai paesi vincitori (Francia Italia e Inghilterra) alla Germania, la cifra da pagare era di 132 miliardi di marchi. Ovviamente i paesi vincitori speravano di poter usare questo risarcimento danni per saldare i propri debiti con gli Stati Uniti, ma non fecero conto di un grande problema: la Germania non era in grado di pagare la somma in quanto la sua economia era a pezzi. Ad aggravare il problema c’è la decisione da parte degli Stati Uniti di non transigere sul pagamento dei debiti degli Stati europei e di alzare i dazi doganali, danneggiando ancora di più le importazioni dall’Europa. Il governo della repubblica di Germania intanto cerca di dimostrare che per loro è impossibile pagare il debito, oltre alle manovre diplomatiche il governo decide di incoraggiare la svalutazione del marco continuando a stampare incessantemente carta moneta, questa scelta ha due fondamenti: ● L’intenzione di non scaricare sulle spalle dei contribuenti il peso del risarcimento dei danni di guerra ● Alleggerirsi del debito pubblico: durante la guerra il governo tedesco aveva emesso cartelle di prestito patriottico, che banche e cittadini acquistarono pagando una cifra che gli sarebbe poi tornata con gli interessi dopo tempo. Lo stato dovendo restituire il denaro ricevuto decise di farlo in un periodo di svalutazione monetaria, danneggiando però chi aveva investito il suo denaro Nel Gennaio 1923 l’esercito francese e quello belga decidono di occupare la Ruhr, un importantissimo distretto carbonifero e industriale tedesco. Il governo tedesco decide di rispondere fermando la produzione carbonifera della Ruhr e mantenendo le famiglie della zona tramite sussidi. Questa decisione necessita di stampare ancora più carta moneta, determinando il definitivo crollo del marco tedesco. Anche per gli occupanti la scelta si rivela fatale, visto che le spese di mantenimento dell’esercito rischiavano di trascinare anche la Francia in una grave crisi economica. Si ha un miglioramento nell’autunno del 1923, quando il governo tedesco, dopo aver ricevuto rassicurazioni sul risarcimento dei danni di guerra, decide di abbandonare la politica inflazionistica, fermando la produzione di carta moneta, aumentando le imposte e imponendo alle banche di far tornare il patrimonio dato in prestito ad altri paesi. In questo modo il marco viene rivalutato e nell’agosto del 1924 l’inflazione viene definitivamente fermata e la Germania torna in condizioni normali. Il miglioramento dell’economia tedesca è permesso dalle decisioni prese durante la conferenza internazionale per le riparazioni di guerra (Parigi 1924), dove viene approvato il piano Dawes che prevede: ● L’obbligo di rivalutazione e stabilizzazione del marco ● Una dilazione (rinvio) del pagamento ● Possibilità per la Germania di ricevere prestiti internazionali Grazie all’ultimo punto in Germania possono essere investiti capitali da parte di investitori statunitensi, i quali acquistano cartelle di prestito con ottimi tassi di interesse. Nasce un ciclo secondo cui i soldi degli americani vengono investiti in Germania, che li usa per pagare il debito di guerra agli stati europei che a loro volta restituiscono soldi agli Stati Uniti. Nel giugno del 1929 il piano viene perfezionato da Owen D. Young, che permette il pagamento a rate dei risarcimenti. Questi cambiamenti permettono una buona ripresa nell’economia europea, visibile specialmente dal 1925 al 1929.
  • 9. GLI STATI UNITI Negli stati uniti i cambiamenti sono molti, il primo degno di nota è la conquista del diritto di voto per le donne nel 1920, dopo un lungo processo per far approvare questa legge a livello federale. L’entrata delle donne nel quadro politico, tuttavia, non cambia molte cose, negli anni 20 il partito repubblicano determina una stretta repressiva per le associazioni sindacali, diminuendo inoltre le tasse sul reddito. Il processo di concentrazione imprenditoriale raggiunge livelli mai visti, il numero di aziende e banche si dimezza e i principali servizi restano in mano a poche ed enormi società. Questo sistema, per quanto controverso, funziona benissimo, e il pil degli Stati Uniti cresce del 40% durante quelli che vengono chiamati i roaring twenties. L’orientamento al consumo viene inoltre incoraggiato dalla possibilità di pagare a rate, in questo modo beni che non erano raggiungibili a tutte le famiglie lo diventano, arrivano inoltre sul mercato i nuovi “elettrodomestici”. Nuove leggi limitano i flussi migratori in entrata, specialmente a chi proviene dall’Europa meridionale, persone che vengono considerate troppo diverse dal buon cittadino bianco protestante (detto wasp). Discriminazioni e aggressioni vengono fomentate specialmente dal Ku Klux Klan, una società razzista segreta che ha rituali macabri e cruenti, come il linciaggio. L’ideale maschile che prende piede in questi anni è quello dell’uomo forte e aggressivo, mentre la donna viene lanciata, specialmente dalla pubblicità commerciali, come la moglie di classe media, casalinga e mediamente istruita che accoglie sorridente e allegra il marito (che porta il pane a casa grazie al suo lavoro). Si rinnova anche il rigorismo di stampo puritano, che incoraggia la lotta alla produzione e consumazione di bevande alcoliche. Tuttavia, le abitudini dei consumatori di bevande alcoliche non cambiano e iniziano a nascere le prime distillerie e locande clandestine, favorendo l’attività di contrabbando e dando un impulso al decollo economico delle organizzazioni criminali I PROBLEMI DELL’EUROPA In Europa invece il fulcro delle attenzioni di tutti i governi è riprendersi dai contraccolpi della guerra, conservando più stabilità possibile. Nel Regno Unito arrivano due grandi novità: ● Introduzione del suffragio universale maschile (1918) e femminile (1928) ● Crisi progressiva del partito liberale e grande ascesa del partito laburista La seconda è stata favorita dalla crisi economica che il partito conservatore (che dal 1922 al 1929 era costantemente al comando) dovette affrontare nel settore carbonifero. La dura reazione dei conservatori all’azione dei sindacati operai gli fece perdere voti e dopo le elezioni di Giugno 1929 si formò un governo di coalizione presieduto dal laburista James Ramsay MacDonald, che aveva anche l’appoggio di quel che restava del partito liberale In Francia si susseguono sei governi di centro destra, e uno degli atti principali è l’occupazione della Ruhr,
  • 10. gli effetti controversi di questa decisione tuttavia inducono il governo Poincarè ad aumentare la pressione fiscale per sostenere le spese dell’esercito. Per reagire a questa condizione e in vista delle elezioni del 1924, radicali e socialisti francesi firmano il cartello delle sinistre, che li porta a vincere le elezioni. Nel luglio del 1926 si ricostruisce un governo conservatore, guidato da Poincarè, che riesce a rimanere in carica per 28 mesi. Questo governo aumenta la pressione fiscale e riesce a stabilizzare il valore del franco, bloccando l’inflazione. Gli stati vincitori riescono bene o male a cavarsela e uscire dalla crisi post- guerra, mentre la Germania e i paesi nati dagli accordi di pace non hanno la stessa fortuna. In Ungheria tra Marzo e Agosto 1919 c’è il tentativo di costituzione di una repubblica sovietica, guidato dal leader comunista Bèla Kun. Tuttavia, questo tentativo viene stroncato dall’esercito cecoslovacco e quello rumeno. A Berlino all’inizio del 1919 scatta un tentativo rivoluzionario guidato da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, fondatori del movimento spartachista, con l’intento di costituire una repubblica dei soviet. Il tentativo viene represso dai Freikorps (corpi franchi) e già il 15 gennaio i comandanti della rivoluzione vengono massacrati. Anche in Baviera scatta un’effimera repubblica, soffocata anch’essa nei primi di maggio del 1919. Durante le repressioni i freikorps non dimostravano alcuna pietà per i comunisti che uccidevano. La Repubblica di Weimar A Berlino i social democratici vincono le elezioni e nell’agosto del 1919 viene promulgata una costituzione che sancisce la nascita della Repubblica di Weimar (dalla città dove si riunì l’assemblea costituente. La repubblica nei suoi primi anni di vita deve però resistere a numerosi tentativi di insurrezione dell’estrema destra. Si decide anche lo scioglimento dei freikorps, i quali tuttavia nel 1920 tentano un colpo di stato (putsch) che però fallisce. Nel novembre del 1923 viene tentato un altro colpo di stato, stavolta da Adolf Hitler, unito ai lavoratori tedeschi del Dap, un partito con orientamento nazionalista che nel 1920 diventerà Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedesci e si doterà di un programma di 25 punti tra i quali: ● Formazione di una grande Germania che includa L’Austria ● Abolizione dei trattati di pace e delle relative imposizioni ● Abolizione die diritti non derivanti dal lavoro ● Confisca dei redditi di guerra ● Abolizione dei trust e degli accordi tra le imprese ● Esproprio dei terreni per uso collettivo ● Esclusione dai diritti di cittadinanza degli ebrei ● Espulsione degli immigrati non tedeschi ● Chiusura di giornali con “influenza disgregatrice”
  • 11. ● Azione contro la corruzione parlamentare Hitler riesce a imporsi come Fuhrer e il suo partito riesce a dotarsi di un suo distaccamento paramilitare (esercito), chiamati reparti d’assalto, questo è stato reso possibile dai finanziamenti delle grandi industrie. Sfruttando il malcontento per l’occupazione della Ruhr Hitler tenta di convincere l’esercito e le autorità politiche bavaresi a cooperare ad un colpo di stato. Non riuscendo con le buone nel novembre del 1923 irrompe in una birreria di monaco con le truppe armate e cerca di convincerli con la forza. Viene tuttavia arrestato e condannato a 5 anni di carcere, di cui sconterà solo 9 mesi durante i quali scriverà il Mein Kampf. La stabilità del sistema politico tedesco è affidata a partiti che difendono la bontà delle istituzioni repubblicane; tuttavia, i vari momenti di crisi sono proprio quelli in cui i partiti antisistema (comunisti e nazisti) riescono ad ottenere più voti. La situazione politica della Germania pian piano si stabilizza, anche se per formare un governo si debba sempre ricorrere alle coalizioni tra più partiti Capitolo 7 Quadro politico italiano nell’immediato dopoguerra Dopo il 1918 l’Italia deve affrontare problemi analoghi a quelli fronteggiati dagli altri Stati europei che hanno vinto la guerra: ● Forte inflazione ● Problemi di riorganizzazione produttiva ● Larga inquietudine sociale da soddisfare o da sedare L’Italia però, a differenza di altre grandi potenze, si trova ad affrontare le questioni in un terremoto politico-sociale, favorito dall’introduzione di due nuove leggi elettorali che prevedono il suffragio universale maschile e la rappresentanza proporzionale con scrutinio di lista (alle elezioni si presentano liste di candidati, divise per partiti o gruppi politici, e a ciascun partito tocca un numero di rappresentanti che è grosso modo simile al numero di voti ottenuto). I dirigenti liberali sono comunque convinti di poter dominare la situazione anche con le nuove regole elettorali. Questa convinzione è però infondata, le nuove regole infatti favoriscono i raggruppamenti politici che hanno strutture organizzative stabili e diffuse sul territorio, mentre i liberali non sono altro che il raggruppamento di personalità di spicco. La prima formazione è il Partito popolare italiano (Ppi), partito cattolico guidato da un sacerdote, Don Luigi Sturzo: vi aderiscono sostenitori della “democrazia cristiana”, quanto i “cattolici moderati”, ma tutti scarsamente sensibili alle tematiche riguardanti i miglioramenti delle condizioni dei lavoratori dell’industria e dei piccoli agricoltori. L’altra formazione è il Partito socialista italiano (Psi), già esistente, ma rinnovato negli orientamenti del suo gruppo dirigente. Nel suo XVI Congresso Nazionale, tenutosi a Bologna, i delegati approvano 4 risoluzioni: ● La Rivoluzione sovietica viene dichiarata il modello di azione del Psi ● Il partito decide di aderire all’Internazionale comunista
  • 12. ● Il partito deve poter ricorrere alla violenza se è necessario ● Si vuole demolire lo stato borghese, con una nuova dittatura del proletariato e la costruzione di un nuovo ordine comunista; Questo programma viene definito massimalista, ed è molto più estremista delle iniziative prese dai socialisti prima della Guerra. Le elezioni rivelano una dura sconfitta dei liberali, che si rivelano dei governi politicamente fragili. Le aree di crisi nel biennio 1919-20 La crisi è alimentata da un largo settore dell’opinione pubblica, di sentimento nazional-patriottico, che manifesta il dissenso sulle decisioni di pace che si stanno prendendo a Versailles: non si stava rispettando il Patto di Londra, che affermava che, in caso di vittoria, all’Italia spettava anche la Dalmazia, oltre Trento, Trieste e altre regioni circostanti; infatti, Wilson vuole far valere il principio della corrispondenza tra nazioni e Stati, e quindi affida la Dalmazia (regione a minoranza slava) alla Jugoslavia, e la città di Fiume, a maggioranza italiana, rimane per il momento nelle mani di una forza militare interalleata. Gli italiani iniziano così a parlare di vittoria mutilata (dicitura ripresa da D’Annunzio), affermando che il governo non ha fatto abbastanza per difendere gli interessi italiani. Ai primi di settembre del 1919, D’Annunzio si reca a Ronchi, dove è presente un battaglione italiano fermo che, disobbedendo ai suoi superiori, lo elegge a proprio capo; si uniscono anche numerosi volontari, e così D’Annunzio il 12 settembre del 1919 marcia su Fiume ed entra in città, facendo allontanare gli interalleati; fatto ciò, si pone a capo della Reggenza del territorio conquistato, e proclama l’annessione della città all’Italia. Nitti e Giolitti cercano di ostacolare questa iniziativa, in quanto temono si possa scatenare una reazione internazionale: per farlo Giolitti firma con la Jugoslavia il trattato di Rapallo, che attribuisce la Dalmazia alla Jugoslavia con l’eccezione della città di Zara, assegnata all’Italia. Il trattato inoltre afferma che la città di Fiume è libera, quindi né di dominio italiano né jugoslavo; per questo Giolitti dà ordine all’esercito italiano di attaccare la reggenza di D’Annunzio, affinché la città sia sgomberata (giorno di Natale del 1920). Ovviamente tantissime sono ancora le polemiche, soprattutto contro il governo Giolitti, e più in generale, contro i liberali. Oltre alla questione di Fiume, c’è una fortissima conflittualità scoppiata nelle fabbriche e nelle campagne, dove contadini e lavoratori italiani (a causa della presenza di un Psi radicalizzato) assumono posizioni enormemente radicali, scendendo in sciopero (tra il 1919 e i 1920) per ottenere obiettivi sindacali e perché vogliono “fare come la Russia”. Al nord e al sud la situazione per quanto riguarda l’agricoltura è diversa: ● Al nord, soprattutto nella Valle Padana e nell’Italia centrale, perché i sindacati vogliono ottenere l’imponibile di manodopera, ovvero l’obbligo per proprietari o affittuari di assumere un numero fisso di braccianti stabilito in base alle indicazioni concordate con i rappresentanti sindacali; ● Al sud, numerosi sono i casi di occupazioni di terre incolte compiute dai contadini senza terra. Anche nelle aree industriali la situazione è molto tesa (nord-ovest d’Italia, soprattutto nell’estate del 1920). C'è infatti da tempo un contenzioso tra la Fiom (Federazione italiana operai metallurgici), che chiede aumenti salariali per i lavoratori metalmeccanici, e gli imprenditori del settore, che si oppongono. Gli imprenditori decidono di procedere alla serrata, e come risposta, circa 500.000 operai non escono dalle fabbriche e decidono di occuparle (mandano avanti la produzione su istruzione dei consigli di fabbrica, e
  • 13. vengono tutelati dalle Guardie Rosse, che li difendono dall’eventuale intervento dell’esercito). Giolitti decide di non intervenire, e le trattative tra imprenditori e sindacato vanno avanti. Alla fine del settembre 1920 viene raggiunto un accordo che segna la vittoria dei lavoratori, che ottengono più di quello che chiedevano (oltre all’aumento del salario e al miglioramento delle condizioni di lavoro, ottengono pure che la produzione sia sottoposta al controllo dei consigli degli operai). Ma nonostante l’esito più che positivo, molti operai si sentono delusi, poiché pensavano che l’occupazione delle fabbriche fosse l’inizio di una tanto attesa rivoluzione sovietica, ma non fu così. Inoltre, dalle settimane successive, si capisce subito che gli imprenditori non vogliono attivare i consigli operai, e i sindacati non hanno intenzione di insistervi più di tanto, quindi aumenta la delusione. Si viene a formare quindi una nuova corrente nel Psi, guidata da Amadeo Bordiga, Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, i quali vogliono intraprendere la via rivoluzionaria con maggiore decisione. Il 21 gennaio 1921, la corrente rivoluzionaria decide di abbandonare il XVII Congresso del Psi, per formare il Partito comunista d’Italia (Pcd’I). La nascita del fascismo Alla fine del 1920 industriali e proprietari sono furiosi, non hanno più la libertà di gestire le loro aziende. Dopo il mancato intervento dei liberali, si inizia a pensare che forse bisogna ricorrere a una forza armata privata, in grado di allontanare o intimidire gli scioperanti o i manifestanti, e al tempo stesso di proteggere i lavoratori che non aderiscono agli scioperi. Cominciano perciò a rivolgersi a varie formazioni politiche che dispongono di piccole forze paramilitari, una su tutte il Movimento dei Fasci di combattimento. Il Movimento dei Fasci di combattimento è un gruppo politico fondato il 23 marzo del 1919 a Milano da Benito Mussolini (ex esponente di spicco del Psi, espulso per aver manifestato la volontà di entrare in guerra, idea che continuerà a portare avanti nel nuovo giornale da lui fondato, Popolo d’Italia). Questo movimento è quindi una strana formazione politica, che mescola patriottismo bellicista e ambizioni di riforma sociale. Ma in questa forma, il movimento alle elezioni del 1919 non decolla. A partire da questa sconfitta, Mussolini inizia ad accentuare la sua indole antisocialista e antibolscevica, richiamando l’attenzione di proprietari e affittuari della Val Padana, che offrono a Mussolini dei finanziamenti per incrementare la forza delle proprie formazioni paramilitari: si diffondono così le squadre d’azione fasciste, composte spesso da ex combattenti, che iniziano una lunga e sanguinosa campagna di azioni a sorpresa, contro socialisti, sindacalisti, militanti e sedi di sinistra. Lo squadrismo diventa una realtà politica, accettata e tollerata, anzi incoraggiata di imprenditori e proprietari che vedono miglioramenti per quanto riguarda gli scioperi. Ma il fascismo non è solo questo, si pone infatti come l’unico movimento in grado di riprendere il discorso nazional-patriottico fondato nel Risorgimento: vuole infatti rendere la nazione grande, ma per farlo, deve prima eliminare ogni possibile divisione sociale o politica che vada ad infrangere la compattezza della nazione. Tutto questo ragionamento si basa sul concetto secondo il quale i fascisti sono gli unici depositari della verità. Il prezzo da pagare per ottenere questa “compattezza” tanto voluta da Mussolini è però altissimo: in quella che è una vera e propria guerra civile, muoiono tra i 2000 e i 3000 socialisti e 672 fascisti. Nonostante ciò, la maggior parte dell’opinione pubblica (di estrazione medio e alto-borghese) continua ad apprezzare molto il fascismo. La marcia su Roma
  • 14. Nel maggio del 1921, un certo numero di candidati del Movimento dei Fasci viene incluso nelle liste dei cosiddetti Blocchi nazionali (alleanze di vari gruppi politici che si aggregano ai liberali per fermare l’ascesa di Ppi e Psi), i quali hanno un buon successo, ma non ottengono la maggioranza assoluta. Ora però 38 fascisti, compreso Mussolini, possono sedere alla Camera come deputati, perché eletti nelle liste dei Blocchi nazionali. Nel novembre del 1921, nel Congresso a Roma, i fascisti cambiano il nome del proprio movimento in Partito nazionale fascista (Pnf), di cui Mussolini è acclamato duce (condottiero). Le squadre d’azione (di composizione borghese o medio-borghese) diventano quindi una vera e propria forza militare privata, e nessuna delle autorità dello Stato interviene per fermare tutto ciò. È importante però che questa situazione di illegalità e tensioni non si protragga a lungo, anche perché la violenza diventa col passare del tempo sempre più inutile, infatti: ● C'è la quasi cessazione degli scioperi; ● Le forze liberali sono ormai nulle, data la doppia scissione che aveva diviso il Psi, prima in Pcd’I e poi in Psu (partito socialista unitario); Detto ciò, Mussolini decide di tentare un’azione di forza: vuole realizzare una marcia su Roma, facendo convergere le squadre d’azione sulla capitale, da varie parti d’Italia, dopo aver occupato uffici amministrativi in alcune città importanti d’Italia, per obbligare il governo alle dimissioni. Si tratta di un vero e proprio colpo di Stato. Il re Vittorio Emanuele III potrebbe fermare l’avanzata fascista proclamando lo stato d’assedio, e quindi mobilitando l’esercito, ma non lo fa, quindi i fascisti entrano a Roma. La mattina del 30 ottobre 1922 Mussolini si presenta al re, per chiedere di formare il nuovo governo. Il re accetta. La Camera e il Senato votano la fiducia a Mussolini, e il suo primo governo deve essere considerato come l’inizio della fine del sistema liberal-democratico. Una fase transitoria Mussolini mostra di non voler tornare più indietro. La Rivoluzione fascista è iniziata. Viene formato il Gran Consiglio del fascismo (formato dal segretario del Pnf e dal presidente del Consiglio, diversi dignitari fascisti e i presidenti della Camera e del Senato) che fa da raccordo tra il Pnf e lo Stato. Le squadre d’azione fasciste sono trasformate nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, un corpo militare collegato al Pnf, ma affiancato ai corpi militari già esistenti; è una mossa che non intende mettere fine alle violenze contro gli oppositori, anzi, possono essere compiute ancora più tranquillamente. In economia, si segue una linea politica liberista, concepita dal Ministro delle Finanze e del Tesoro Alberto De Stefani: ● Nei rapporti commerciali internazionali, si adottano tariffe doganali leggere, favorendo scambi; ● Viene ridata autonomia decisionale a imprenditori industriali e agrari nelle loro aziende; ● Politica fiscale che punta sulle imposte indirette. I risultati sono tutto sommato positivi. Forte di questi risultati, Mussolini vuole imporre il dominio del suo partito, raggiunto con l’approvazione di una nuova legge elettorale che afferma: la lista che raccoglie la
  • 15. maggioranza relativa ottiene i 2/3 dei deputati della camera, e per farlo deve prendere almeno il 25% dei voti. Le elezioni avvengono in un clima di violenza, che orienta i voti verso le Liste nazionali (dominate dai fascisti). Il risultato è un trionfo per queste Liste fasciste, che prendono il 65% dei voti e il 70% seggi. Sembra tutto fatto, fin quando il 30 maggio 1924, il segretario del Psu Giacomo Matteotti, pronuncia un discorso alla Camera duro riguardo il clima di violenza delle elezioni, chiedendo che vengano annullate e ripetute. Il 10 giugno 1924 Matteotti viene rapito da un gruppo di fascisti che lo uccidono. Sembra che l’ordine non sia provenuto da Mussolini, ma la responsabilità rimane comunque sua: per i fascisti è un momento di crisi, che vede gli oppositori ritirarsi dal Parlamento e riunirsi separatamente (secessione dell’Aventino). Gli oppositori sperano nell’intervento del re, che decide però di non fare nulla. Allora Mussolini decide di muoversi, tenendo un discorso alla Camera nel quale si assume tutte le responsabilità dell’accaduto: la convivenza del fascismo con lo Stato liberale è terminata, va portata avanti la Rivoluzione fascista. Il fascismo si fa Stato C’è lo scioglimento di tutte le associazioni politiche avverse al fascismo: alcuni dirigenti dell’opposizione si mettono in salvo fuggendo all’estero; altri vengono aggrediti e malmenati a morte; altri ancora vengono arrestati e condannati al carcere. Inoltre, tutti i giornali dei partiti di opposizione vengono chiusi, e le testate giornalistiche più importanti diventano di stampo fascista. Vengono inoltre approvate diverse leggi, dette leggi fascistissime: ● Legge del 24 dicembre 1925, il governo è responsabile solo nei confronti del re, e non ha bisogno di alcun voto parlamentare di fiducia per esistere; ● Legge del 31 gennaio 1926, amplia la possibilità, riconosciuta al governo, di emanare autonomamente norme di legge; ● Due leggi del 1926, aboliscono le istituzioni elettive preposte all’autogoverno locale (sindaci e giunte), sostituite da nuovi organismi di nomina governativa (podestà e consulte); ● Legge del 25 novembre 1926, reintroduce la pena di morte per chi attenti alla vita dei regnanti o del capo del governo; i processi vengono affidati a un Tribunale speciale, i cui giudici sono scelti tra gli ufficiali generali dell’esercito e, soprattutto, tra i membri della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale; ● Interviene anche sui rapporti di lavoro, infatti il 2 ottobre 1925 viene siglato il Patto di Palazzo Vidoni, in cui la Confindustria riconosce l’esistenza solo della Confederazione delle Corporazioni fasciste, e viceversa; ● Legge del 3 aprile 1926, si ammettono solo le associazioni sindacali riconosciute dal governo, e vengono vietati serrate e scioperi; ● Legge del 9 novembre 1926, si dichiarano decaduti tutti i deputati dell’opposizione (il Pnf tende a identificarsi sempre più strettamente con lo Stato, nasce un regime politico monopartitico); ● Legge del 1928, prevede che, nel sistema elettorale, esista una unica lista nazionale; gli elettori possono solo approvare la lista o respingerla.
  • 16. In economia, i prezzi hanno preso a salire, quindi Mussolini decide di procedere alla rivalutazione della lira, che viene portata a quota novanta (significa che mentre una sterlina inglese valeva 155 lire italiane, adesso ne vale 90). Ma le imprese esportatrici sono ora in difficoltà, infatti la rivalutazione della moneta italiana fa sì che le merci italiane che vengono esportate costino molto più di prima. Ciò rende le merci italiane meno competitive sui mercati stranieri, quindi c’è un rallentamento nella crescita economica. Mussolini vuole rendere l’economia italiana autonoma, e lancia la cosiddetta battaglia del grano, ovvero un’azione volta al raggiungimento dell’autosufficienza alimentare: si procede a un netto innalzamento dei dazi doganali sui cereali, e al tempo stesso i produttori vengono incoraggiati a estendere la superficie coltivata a grano. Viene varata inoltre la “bonifica integrale”, cioè l’azione di prosciugamento e di messa a coltura delle aree paludose e malariche ancora esistenti. Importante è però avere un accordo con la Chiesa cattolica. Nel 1923 viene attuata la riforma scolastica (ideata da Giovanni Gentile), che ha riorganizzato i curricula fondandoli sulla preminenza delle materie umanistiche (reintroduzione obbligatoria della religione come materi scolastica nelle scuole elementari). Ha inoltre previsto l’introduzione di un esame di Stato al termine di ogni ciclo scolastico. Questa serie di passi consente il riavvicinamento tra il regime fascista e la Chiesa cattolica, che diventa più intensa quando si inizia a pensare ad un accordo, che viene sottoscritto l’11 febbraio 1929 con la stipula dei Patti Lateranensi, un trattato formale tra la Chiesa e lo Stato italiano: prevedeva che lo Stato pagasse un’indennità alla Chiesa per la perdita del potere temporale, e che il papa riconoscesse lo Stato italiano e il potere temporale solo sullo Stato della Città del Vaticano. I patti prevedono anche un Concordato, che afferma: ● Che la religione cattolica viene confermata religione di Stato; ● Si riconosce il valore civile del matrimonio religioso; ● La religione diventa materia ufficiale a scuola; L’Azione cattolica è l’unica associazione non fascista tollerata dal regime fascista. Queste concessioni sono il prezzo che Mussolini ha da pagare per la piena stabilità del suo potere. Infatti, dalle prime elezioni, si vede come la popolazione italiana apprezzi il regime fascista: vota il 90% degli aventi diritto, e i consensi al “listone” unico sono del 98%. È sicuramente un ottimo risultato, ma c’è da considerare che, essendo in un regime dittatoriale, molti degli aventi diritto votano al “listone” solo per non incorrere in persecuzioni. Miti e rituali fascisti Il fascismo riesce a imporsi perché fa un uso sistematico della violenza, che risulta particolarmente efficace perché tollerato, se non apprezzato, da tutte le forze militari. Il regime fascista sfrutta tutta una serie di particolari vantaggi competitivi, e i suoi dirigenti riescono a dare al movimento e poi al Partito fascista una propria mitologia e una propria simbologia. Uno degli elementi identitari fondamentali del fascismo è la distinzione tra nazione e antinazione (tutti gli altri gruppi politici). Inoltre, ai fascisti, sembra che socialisti e comunisti esprimano il massimo dell’essenza antinazionale, perché si sentono parte di una comunità internazionale, invece che nazionale, e guardano a un paese straniero, la Russia bolscevica, come a un modello da omaggiare e da seguire.
  • 17. Mussolini cerca anche di negare il carattere di classe del fascismo (che non è il braccio armato dei ricchi, ma è un movimento nazionale, rivolto a tutte le componenti sociali della nazione). Aspetto importante della ritualità del fascismo è il rituale dell’incontro dei capi del fascismo con le grandi masse osannanti: è uno dei rituali meglio documentati, e ciò perché il regime fascista vuole presentarsi come un sistema politico capace di coinvolgere le masse. È intorno all’unione mistica tra le folle e il capo che si costruisce un culto della personalità del grande uomo.