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L’acquaticità e Camilla
Una bambina che vuole imparare a nuotare.
Ecco qui, i punti di cui tratteremo
Mi chiamo Camilla e questa è la mia storia;
Introduzione all’acquaticità;
La scelta del progetto;
Come vivere le prime lezioni (storytelling);
Raccontiamoci attraverso una GoPro;
Lasciare il segno.
Mi chiamo Camilla, e prima di
iniziare, vi racconto la mia storia.
Il mio nome è Camilla!
Ho due anni, parlo tantissimo, cammino e corro volentieri, mi
arrampico, cado e mi rialzo, adoro l’altalena, sorrido sempre,
la vita mi piace, sono curiosa e allegra, saluto tutti e
chiacchiero con tutti, mangio tante cose buone e mi piace
dormire, ma faccio anche i capricci e sono piuttosto
testarda…insomma, sono una bambina normale di due anni!
Però…però, non riesco ad accendermi la luce: non arrivo
all’interruttore; non riesco ad aprire le porte: non arrivo alla
maniglia; col triciclo vado da poco tempo: perché tocco solo
con le punte dei piedi; quando ho cominciato a camminare,
non c’erano scarpe “vere” del mio numero; ho girato il
seggiolino fronte marcia qualche settimana fa: non superavo
il peso consentito; faccio ancora le scale in giù in
“retromarcia”: i gradini per me sono altissimi; per lavarmi le
mani e i dentini non mi basta uno sgabello, ma uso una
scaletta a tre pioli; metto i vestitini dei miei cuginetti più
piccoli… Adesso ve lo dico: ho due anni, peso 9 kg e sono alta
74 cm! Più o meno le misure di un bambino di un anno!
Sono nata il 25 ottobre 2012 pesavo 1.140 ed ero lunga 37cm!
Sono una nata prematura media e VLBW (Very Low Birth
Weight), cioè una bambina di peso molto basso.
L’acquaticità
“L’Acquaticità riguarda il sentirsi a proprio agio nell’acqua, non significa saper
nuotare o riuscire a rilassarsi nell’acqua, ma significa saper stare nell’acqua in
qualunque posizione e in qualunque situazione.”
La grazia che appartiene ai bambini in stato di innocenza non viene ottenuta
con la pratica e provando e riprovando gli esercizi, ma con la spontaneità; più
un bimbo è libero nei suoi gesti, più acquisisce autocontrollo con movimenti
spontanei, coordinati, efficaci.
C’è quindi uno stretto rapporto tra il senso di sicurezza dato da chi sta lui
accanto, attento ai sentimenti del bambino e le prove di rischio del neonato,
il giusto grado di frustrazione.
Il sentimento di tenerezza e di empatia prepara così alla futura
indipendenza.
In questa più che in altre situazioni l’istruttore di acquaticità si deve metter
in gioco, deve essere pronto ad adattare il suo comportamento alle situazioni
continuamente variabili che i bambini creano, deve saper dimenticare
insieme a loro lo spazio ed il tempo, ricreando un mondo fantastico nel
quale diventa attore insieme ai suoi piccoli amici.
L’istruttore entra a fare parte del mondo infantile assumendo un ruolo
propositivo: non è colui che presenta soluzioni già pronte, ma colui che
invita a trovare le soluzioni, assecondando la fantasia dei bambini e la loro
creatività, guidandoli ad ascoltare e verbalizzare il loro benessere o il loro
malessere in acqua.
( www.universitadellacqua.it )
Cosa DEVE fare l’istruttore?
Deve imparare di nuovo a comunicare con il “linguaggio
corporeo”, spesso dimenticato, fatto di carezze, abbracci,
sorrisi, che saprà elargire e ricevere con uguale spontaneità e
con giusta misura (dialogo tonico)

(approfondimento dialogo tonico: http://www.neuropsicomotricista.it/argomenti/564-
tesi-di-laurea/l-importanza-della-voce-nella-terapia-neuro-e-psicomotoria/2557-la-voce-
in-terapia-il-dialogo-tonico-e-sonoro.html)
Deve saper trovare quel giusto equilibrio tra fantasia e
realtà che gli permetterà di raggiungere gli obiettivi
prefissati senza provocare traumi e paure o creare
insicurezze
La scelta del progetto
Essere, in quel momento, la mediatrice, tra la loro paura, e la loro curiosità
e caparbia, mi riempiva il cuore.
Da lì, poi ho iniziato un progetto con una bimba, Camilla, figlia della mia
capo scout, che quindi mi ha vista crescere.

Per lei l’acqua delle piscine normali, è troppo fredda, infatti noi a “nuotare”
andiamo in una piscina, in cui l’acqua è molto più calda, 32 gradi.
Il fatto, che lei così piccolina, impari ad avere sin da subito un buon
rapporto con l’acqua è molto importante, sia per me, ma soprattutto per lei,
per la sua sicurezza, per la stima di se.
Come vivere le prime lezioni
Dopo le prime “lezioni” in piscina, Camilla un giorno è arrivata con
un bambolotto, inizialmente credevo fosse un semplice
“bimbo” (come lo chiama lei), ma dopo una ventina di minuti, si è
girata, e mi ha guardato urlando: “Martina, dov’è il piccolo George?”
Da qui, mi ha spiegato che prima di venire in piscina ha guardato la
puntata di PeppaPig, in cui la famiglia andava in piscina, e lei aveva
collegato la piscina del cartone, alla nostra piscina.
Penso per lei sia stato importante vede quel video, e capire che
comunque, se si stava assieme non bisognava aver paura di nuotare.
Credo che per lei sia stato un pezzettino fondamentale, perché è
riuscita a fare il collegamento tra cartone e realtà.
(a questo link la puntata: https://www.youtube.com/watch?v=vFDhQwEi6ds)
Raccontarci attraverso una
GoPro
Lo scopo principale era quello di fare sotto
acqua i video, per poi rivederli a casa.

Piano piano, però Camilla ha iniziato a capire
come funzionava, e molti video che ha girato, li
abbiamo poi montati in un unico filmato.

Lo scopo quindi si è trasformato, abbiamo
trasformato dei semplici video, in un bellissimo
ricordo per mamma e papà.
Lasciare il segno
L’educatore come social designer, ovvero identificato, come “colui che lascia il
segno.”
Come non lasciare il segno, in una così piccola e innocente creatura? Come
non lasciare il segno in un’attività, così importante?
Lo scopo di questo mio progetto, iniziato con lei, nel giugno scorso, e che sta
proseguendo tutt’ora, è quello di far passare a lei, ciò che anche a me è stato
passato.
Non so se un giorno diventerà una nuotatrice, o se cambierà completamente
strada, ma per ora mi basta sapere, che ogni lunedì mattina, quando si
sveglia, chiede alla sua mamma: “Ma oggi la Martina mi porta in piscina?”
Pratica Cardiaca, come lavoro di
cuore, desideri, passioni, emozioni.
Il cuore, che ci mettiamo entrambe ogni volta che ci vediamo, ogni
volta che cantiamo assieme in macchina le canzoni dello zecchino
d’oro, ad un volume decisamente alto, urlando: “Una zebra a pois,
fortunato chi ce l’ha”
I desideri che lei ha, quello di essere “la Martina”,
quando fa il bagno nella vasca, e mi arrivano su whatsapp
le foto, con lei, che si è messa gli occhialini e dice,
buttando la testa sotto acqua: “Guarda, guardami
mamma, adesso faccio la Martina.”
E gli occhi che quasi le brillano, quando mi dice: “Ma tu sei la mia
maestra di nuoto?”
La passione, che ci metto io nel cercare di spiegarle cosa fare, e lei
nell’imparare. Imparare a muovere le gambe, a fare la stellina a pancia in su,
senza l’aiuto delle mie mani, a girare libera per la piscina con il suo tubo.
Le emozioni, che entrambe proviamo, quando ci guardiamo, dopo un tuffo,
dopo una gambata, e ridiamo, ridiamo per davvero, perché sta diventando
grande, perché più andiamo avanti e più c’è un fraintendimento palpabile
tra me e lei.
Emozioni che mi fanno rimanere incantata, quando si fa la doccia da sola, e
dopo un po’ arriva e mi dice: “Mi dai un abbraccio che così ci scaldiamo
assieme?”
Emozioni che vivo sulla pelle, quando riguardo le foto di un anno fa, i video
che sono salvati sulla mia piccola GoPro.
Emozioni, che fanno tremare il cuore, nel vedere quei sorrisi, quegli occhi
aperti sotto acqua, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

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L'acquaticità e Camilla, una bambina che vuole imparare a nuotare.

  • 1. L’acquaticità e Camilla Una bambina che vuole imparare a nuotare.
  • 2. Ecco qui, i punti di cui tratteremo Mi chiamo Camilla e questa è la mia storia; Introduzione all’acquaticità; La scelta del progetto; Come vivere le prime lezioni (storytelling); Raccontiamoci attraverso una GoPro; Lasciare il segno.
  • 3. Mi chiamo Camilla, e prima di iniziare, vi racconto la mia storia. Il mio nome è Camilla! Ho due anni, parlo tantissimo, cammino e corro volentieri, mi arrampico, cado e mi rialzo, adoro l’altalena, sorrido sempre, la vita mi piace, sono curiosa e allegra, saluto tutti e chiacchiero con tutti, mangio tante cose buone e mi piace dormire, ma faccio anche i capricci e sono piuttosto testarda…insomma, sono una bambina normale di due anni! Però…però, non riesco ad accendermi la luce: non arrivo all’interruttore; non riesco ad aprire le porte: non arrivo alla maniglia; col triciclo vado da poco tempo: perché tocco solo con le punte dei piedi; quando ho cominciato a camminare, non c’erano scarpe “vere” del mio numero; ho girato il seggiolino fronte marcia qualche settimana fa: non superavo il peso consentito; faccio ancora le scale in giù in “retromarcia”: i gradini per me sono altissimi; per lavarmi le mani e i dentini non mi basta uno sgabello, ma uso una scaletta a tre pioli; metto i vestitini dei miei cuginetti più piccoli… Adesso ve lo dico: ho due anni, peso 9 kg e sono alta 74 cm! Più o meno le misure di un bambino di un anno! Sono nata il 25 ottobre 2012 pesavo 1.140 ed ero lunga 37cm! Sono una nata prematura media e VLBW (Very Low Birth Weight), cioè una bambina di peso molto basso.
  • 4. L’acquaticità “L’Acquaticità riguarda il sentirsi a proprio agio nell’acqua, non significa saper nuotare o riuscire a rilassarsi nell’acqua, ma significa saper stare nell’acqua in qualunque posizione e in qualunque situazione.” La grazia che appartiene ai bambini in stato di innocenza non viene ottenuta con la pratica e provando e riprovando gli esercizi, ma con la spontaneità; più un bimbo è libero nei suoi gesti, più acquisisce autocontrollo con movimenti spontanei, coordinati, efficaci. C’è quindi uno stretto rapporto tra il senso di sicurezza dato da chi sta lui accanto, attento ai sentimenti del bambino e le prove di rischio del neonato, il giusto grado di frustrazione. Il sentimento di tenerezza e di empatia prepara così alla futura indipendenza.
  • 5. In questa più che in altre situazioni l’istruttore di acquaticità si deve metter in gioco, deve essere pronto ad adattare il suo comportamento alle situazioni continuamente variabili che i bambini creano, deve saper dimenticare insieme a loro lo spazio ed il tempo, ricreando un mondo fantastico nel quale diventa attore insieme ai suoi piccoli amici. L’istruttore entra a fare parte del mondo infantile assumendo un ruolo propositivo: non è colui che presenta soluzioni già pronte, ma colui che invita a trovare le soluzioni, assecondando la fantasia dei bambini e la loro creatività, guidandoli ad ascoltare e verbalizzare il loro benessere o il loro malessere in acqua. ( www.universitadellacqua.it )
  • 6. Cosa DEVE fare l’istruttore? Deve imparare di nuovo a comunicare con il “linguaggio corporeo”, spesso dimenticato, fatto di carezze, abbracci, sorrisi, che saprà elargire e ricevere con uguale spontaneità e con giusta misura (dialogo tonico)
 (approfondimento dialogo tonico: http://www.neuropsicomotricista.it/argomenti/564- tesi-di-laurea/l-importanza-della-voce-nella-terapia-neuro-e-psicomotoria/2557-la-voce- in-terapia-il-dialogo-tonico-e-sonoro.html) Deve saper trovare quel giusto equilibrio tra fantasia e realtà che gli permetterà di raggiungere gli obiettivi prefissati senza provocare traumi e paure o creare insicurezze
  • 7. La scelta del progetto Essere, in quel momento, la mediatrice, tra la loro paura, e la loro curiosità e caparbia, mi riempiva il cuore. Da lì, poi ho iniziato un progetto con una bimba, Camilla, figlia della mia capo scout, che quindi mi ha vista crescere.
 Per lei l’acqua delle piscine normali, è troppo fredda, infatti noi a “nuotare” andiamo in una piscina, in cui l’acqua è molto più calda, 32 gradi. Il fatto, che lei così piccolina, impari ad avere sin da subito un buon rapporto con l’acqua è molto importante, sia per me, ma soprattutto per lei, per la sua sicurezza, per la stima di se.
  • 8. Come vivere le prime lezioni Dopo le prime “lezioni” in piscina, Camilla un giorno è arrivata con un bambolotto, inizialmente credevo fosse un semplice “bimbo” (come lo chiama lei), ma dopo una ventina di minuti, si è girata, e mi ha guardato urlando: “Martina, dov’è il piccolo George?” Da qui, mi ha spiegato che prima di venire in piscina ha guardato la puntata di PeppaPig, in cui la famiglia andava in piscina, e lei aveva collegato la piscina del cartone, alla nostra piscina. Penso per lei sia stato importante vede quel video, e capire che comunque, se si stava assieme non bisognava aver paura di nuotare. Credo che per lei sia stato un pezzettino fondamentale, perché è riuscita a fare il collegamento tra cartone e realtà. (a questo link la puntata: https://www.youtube.com/watch?v=vFDhQwEi6ds)
  • 9. Raccontarci attraverso una GoPro Lo scopo principale era quello di fare sotto acqua i video, per poi rivederli a casa.
 Piano piano, però Camilla ha iniziato a capire come funzionava, e molti video che ha girato, li abbiamo poi montati in un unico filmato.
 Lo scopo quindi si è trasformato, abbiamo trasformato dei semplici video, in un bellissimo ricordo per mamma e papà.
  • 10. Lasciare il segno L’educatore come social designer, ovvero identificato, come “colui che lascia il segno.” Come non lasciare il segno, in una così piccola e innocente creatura? Come non lasciare il segno in un’attività, così importante? Lo scopo di questo mio progetto, iniziato con lei, nel giugno scorso, e che sta proseguendo tutt’ora, è quello di far passare a lei, ciò che anche a me è stato passato. Non so se un giorno diventerà una nuotatrice, o se cambierà completamente strada, ma per ora mi basta sapere, che ogni lunedì mattina, quando si sveglia, chiede alla sua mamma: “Ma oggi la Martina mi porta in piscina?”
  • 11. Pratica Cardiaca, come lavoro di cuore, desideri, passioni, emozioni. Il cuore, che ci mettiamo entrambe ogni volta che ci vediamo, ogni volta che cantiamo assieme in macchina le canzoni dello zecchino d’oro, ad un volume decisamente alto, urlando: “Una zebra a pois, fortunato chi ce l’ha” I desideri che lei ha, quello di essere “la Martina”, quando fa il bagno nella vasca, e mi arrivano su whatsapp le foto, con lei, che si è messa gli occhialini e dice, buttando la testa sotto acqua: “Guarda, guardami mamma, adesso faccio la Martina.” E gli occhi che quasi le brillano, quando mi dice: “Ma tu sei la mia maestra di nuoto?”
  • 12. La passione, che ci metto io nel cercare di spiegarle cosa fare, e lei nell’imparare. Imparare a muovere le gambe, a fare la stellina a pancia in su, senza l’aiuto delle mie mani, a girare libera per la piscina con il suo tubo. Le emozioni, che entrambe proviamo, quando ci guardiamo, dopo un tuffo, dopo una gambata, e ridiamo, ridiamo per davvero, perché sta diventando grande, perché più andiamo avanti e più c’è un fraintendimento palpabile tra me e lei. Emozioni che mi fanno rimanere incantata, quando si fa la doccia da sola, e dopo un po’ arriva e mi dice: “Mi dai un abbraccio che così ci scaldiamo assieme?” Emozioni che vivo sulla pelle, quando riguardo le foto di un anno fa, i video che sono salvati sulla mia piccola GoPro. Emozioni, che fanno tremare il cuore, nel vedere quei sorrisi, quegli occhi aperti sotto acqua, come se fosse la cosa più naturale del mondo.