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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI
“FEDERICO II”
Facoltà di Ingegneria
Corso di laurea triennale in
“Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio”
Le infrastrutture dati geografici: applicazioni per la
mappa d’uso del suolo del Comune di Casalnuovo di
Napoli
Relatore Candidato
Prof.ssa Marialuce Stanganelli Massimiliano Moraca
Matricola 518/381
Anno Accademico 2013/2014
1
Indice
Introduzione ................................................................................................. 2
Cap.1 - Infrastruttura dati geografica......................................................... 4
1.1 - Il passaggio da banca dati ad infrastruttura dati..................................................4
1.2 - Le direttive INSPIRE.............................................................................................8
Capitolo 2 - Mappa d’uso del suolo e DB topografico .............................. 13
2.1 - La mappa d’uso del suolo ....................................................................................13
2.2 - Le norme tecniche di INSPIRE per l’uso del suolo .............................................28
2.3 - DB Topografico ....................................................................................................31
2.3.1 - Cosa è un DB topografico?............................................................................31
2.3.2 - DB e GeoDB...................................................................................................33
2.3.3 - Cosa è un GeoDB?.........................................................................................42
Cap.3 - Applicazioni per il comune di Casalnuovo di Napoli ................... 52
3.1 - Inquadramento urbanistico di Casalnuovo .........................................................52
3.2 - Creazione della carta d’uso del suolo ..................................................................58
3.3 - Applicazioni a servizio del comune di Casalnuovo..............................................71
3.3.1 - Distribuzione dei servizi urbani ....................................................................72
3.3.2 - Industrie a rischio di incidente rilevante ......................................................76
Conclusioni ................................................................................................. 81
Indice delle figure ....................................................................................... 83
Bibliografia ................................................................................................. 84
2
Introduzione
Informazione geografica, infrastrutture di dati spaziali (Spatial Data
Infrastrucure - SDI), interoperabilità e sistemi informativi condivisi sono
nozioni che gli sviluppatori di informazione e tecnologie della comunicazione,
così come gli scienziati, ingegneri e funzionari pubblici, possono incontrare
quotidianamente sia che lavorino in settori quali l'idrologia, mitigazione dei
disastri, statistica, salute pubblica, geologia, protezione civile, agricoltura,
conservazione della natura, o una delle tante altre discipline.
Queste figure non sempre hanno modo di comprendere dati derivanti da studi
che vertono su una o più competenze, soprattutto se i dati a loro disposizione
sono elaborati in Paesi diversi non solo dal punto di vista linguistico ma anche
culturale e legislativo.
La mappa, da sempre, ha assolto lo scopo per cui è stata creata. Le prime mappe
sono state utilizzate per compiere le missioni più importanti del regno o stato
che le aveva commissionate: la navigazione, la scoperta e la colonizzazione di
nuovi territori, la fiscalità, la guerra, ecc… Il possesso di mappe ha portato con
sé il potere di monopolizzare e guadagnare lussi. Dopo la diffusione della
tipografia moderna alcune tipologie di mappe divennero di uso comune, come
le mappe delle città, delle strada, mappe turistiche e atlanti. Tuttavia la maggior
parte delle mappe è rimasto accessibili solo agli specialisti.
Ogni mappa ha seguito una propria linea di produzione e una propria specifica
tematica rendendo il riutilizzo delle informazioni possedute da ognuna di esse
difficile se non impossibile. Solo le carte topografiche hanno trovato una ampia
diffusione in quanto esse danno una generale descrizione della Terra su base
geometrica andando a distinguere con specifici segni fiumi, boschi, quote, ecc…
Con lo sviluppo dell’informazione elettronica, creata con sistemi complessi
come i computer, le mappe cartacee hanno lasciato via via posto a quelle
3
digitali. Queste sono state poi integrate dalle osservazioni spaziali che hanno
prodotto immagini, con gli anni, sempre più dettagliate del globo terreste. Le
mappe cartacee non sono state del tutto messe in soffitta ma la cartografia
digitale è quella che consente uno studio più dettagliato del territorio grazie ai
processi di analisi spaziale.
L’analisi spaziale è il processo di estrazione o derivazione di nuove
informazioni da modellare che ci aiutano a comprendere fenomeni di tipo
naturale e sociale del contesto geografico in studio.
Senza un filo conduttore unico risulta complesso se non impossibile interpretare
i dati riferiti a determinati fenomeni per cui la realizzazione delle infrastrutture
dati geografiche con le loro norme, leggi e accordi transnazionali, consente uno
studio semplice ed immediato del territorio in esame.
INSPIRE è una delle iniziative di SDI e sfruttando alcuni dettami di questa
normativa andremo a studiare il territorio del comune di Casalnuovo di Napoli.
4
Cap.1 - Infrastruttura dati geografica
1.1 - Il passaggio da banca dati ad infrastruttura dati
La diffusione di Internet e dell’alfabetizzazione informatica hanno avviato un
nuovo paradigma nella gestione dei dati territoriali, promuovendo la
condivisione di dati tra diverse comunità e le varie applicazioni.
Secondo il Cookbook 2004 della Global Infrastructure Spatial Data Association
(GSDI) "un SDI ospita dati geografici e attributi, sufficientemente documentati
(metadati), un mezzo per scoprire, visualizzare e valutare i dati (cataloghi e
Web mapping), e un metodo per fornire l'accesso ai dati geografici. Per rendere
una SDI1 funzionale, essa deve comprendere anche gli accordi organizzativi
necessari per coordinare e amministrare a livello locale, regionale, nazionale
e transnazionale". La descrizione fornita da GSDI classifica come componenti
della SDI i dati, metadati, i servizi e gli accordi organizzativi.
Il grado di sviluppo della SDI è strettamente correlato con lo sviluppo della
società dell'informazione in generale, l'uso delle tecnologie dell'informazione
da parte della popolazione, e la diffusione di Internet.
Una banca dati (o DataBase) è un insieme di dati costituenti un archivio che,
con una serie di funzionalità ed istruzioni, può essere modificato e consultato.
Nel capitolo successivo spiegheremo nel dettaglio come si crea, gestisce e
consulta una banca dati e che differenza c’è tra un DataBase e un GeoDataBase.
Con il termine Infrastruttura di Dati Territoriali si indica l'insieme di tecnologie,
metodi, politiche ed accordi istituzionali tesi a facilitare la disponibilità,
1
Spatial Data Infrastructure, in italiano Infrastruttura di Dati Territoriali (IDT)
5
l'omogeneità e l'accesso a dati geospaziali. La parola infrastruttura viene
utilizzata per veicolare il concetto di un ambiente di supporto affidabile, in
analogia alle reti stradali o di telecomunicazioni, per la circolazione dei dati
stessi.
Una SDI è qualcosa di più che un insieme di dati, una SDI gestisce dati e relativi
attributi, metadati, strumenti per la scoperta, visualizzazione e valutazione dei
dati (cataloghi e webmapping), modalità di accesso ai dati. Per rendere una SDI
funzionale, è necessaria, inoltre, la presenza di accordi istituzionali per il
coordinamento e l’amministrazione a livello locale, regionale, nazionale,
continentale e mondiale.
Una SDI fornisce un ambiente ideale alla connessione delle applicazioni ai dati,
influenzando allo stesso tempo la creazione dei dati e lo sviluppo delle
applicazioni sulla base di standard e politiche appropriate.
Uno dei maggiori vantaggi che, potenzialmente, offre lo sviluppo di una SDI è
la possibilità di riutilizzo, quindi di protezione del valore, di dati e sistemi
esistenti (mantenimento, aggiornamento, re-ingegnerizzazione), grazie ad un
processo evolutivo di migrazione sostenibile da sistemi legacy2 a sistemi basati
su standard internazionalmente riconosciuti.
L'interoperabilità, intesa come la capacità di sistemi computer-based di
comunicare in maniera significativa tra di loro (anche se non previsto durante
lo sviluppo dei singolo sistemi), riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo
di una SDI; le nuove tecnologie dell’informazione, grazie all’uso di standards
comuni, permettono di realizzare interfacce di comunicazione tali da rendere
2
Con questo termine si indicano i sistemi IT che utilizzano tecnologie meno recenti (tipicamente si
tratta di sistemi informatici con architettura hardware centralizzata, ovvero con un mainframe) e per
questo motivo sono molto difficili da interfacciare con i sistemi più recenti. Molte persone usano questo
termine per riferirsi a sistemi "antiquati". Le ragioni che inducono a mantenere sistemi legacy sono
soprattutto dovute ai costi sostenuti a suo tempo per la loro implementazione e ai costi da sostenere per
la migrazione a nuovi sistemi.
6
possibile la collaborazione tra servizi sviluppati in tempi diversi, da enti diversi,
su diverse piattaforme ed indipendentemente l’uno dall’altro.
Il concetto di interoperabilità si applica a diversi livelli. Si distingue
generalmente:
 interoperabilità tecnologica: richiesta sia a livello di dati, il che comporta
lo sviluppo di standard per la descrizione, l'accesso ed il trasporto dei
dati stessi (cataloghi, metadati, interfacce tra database, protocolli di
trasporto, ecc.), sia a livello di servizi (es. interfacce di comunicazione
sviluppate su standard comuni).
 interoperabilità semantica: presenta sfide maggiori, in quanto riguarda la
capacità di varie organizzazioni di condividere il "significato" dei dati
presenti nei propri database e dei servizi su di essi sviluppati. Con i
recenti sviluppi dei webservices, poi, l'interoperabilità semantica
riguarda anche la capacità proprio dei webservices di "capirsi", a
prescindere dall'intervento umano.
Negli attuali processi di sviluppo della SDI si sta facendo ampio uso del
paradigma della programmazione distribuita basata su webservices: i
webservices sono delle componenti software web-based che espongono le
proprie caratteristiche e funzionalità tramite interfacce standard. L’uso di
interfacce sviluppate secondo standards internazionalmente riconosciuti,
permette l’interoperabilità fra webservices, indipendentemente dall’architettura
su cui sono stati implementati.
Alla luce di ciò che è stato fin qui descritto risulta palese quanto sia vantaggioso
il passaggio dalla semplice banca dati all’infrastruttura dati.
Riportiamo di seguito alcuni esempi di SDI:
 GSDI
7
L'Associazione Global Infrastructure Spatial Data è stata fondata
nel 1998 per "promuovere la cooperazione internazionale e la
collaborazione a sostegno dello sviluppo dell’infrastrutture di
dati spaziali che permetteranno alle nazioni di affrontare meglio
le questioni sociali, economiche e ambientali di primaria
importanza"3
Come organizzazione di volontariato
internazionale, il GSDI non mira alla realizzazione di una
infrastrutture spaziale globale, ma piuttosto si concentra sulla
sensibilizzazione e lo scambio delle best practice.
 GEOSS
Global Earth Observation System of System, mira a fornire
supporto decisionale e strumenti per una vasta gamma di utenti.
L'ambito tematico di GEOSS ricade nella “Societal Benefit
Areas” relative alle catastrofi, salute, energia, clima, agricoltura,
ecosistemi, biodiversità, acqua e aria.
 UK Local Strategy
UK Local Strategy è stata lanciata nel 2008. Essa mira a
“massimizzare lo sfruttamento a beneficio del pubblico, del
governo e dell'industria delle informazioni geografica ed a fornire
un quadro di assistenza europeo, nazionale, regionale e locale.
La strategia creerà un'infrastruttura per l'informazione di
supporto alla politica, alla fornitura di servizi e operativa nel
processo decisionale”.
 INSPIRE
INSPIRE è un esempio importante di una infrastruttura
giuridicamente forzata. INSPIRE è una Direttiva (2007/2/EC del
3
http://www.gsdi.org
8
14 marzo 2007) del Parlamento europeo e del Consiglio
dell’unione europea, istituisce un'infrastruttura per l'informazione
territoriale in Europa a sostegno delle politiche ambientali o delle
attività che possono avere un impatto sull'ambiente.
1.2 - Le direttive INSPIRE
INSPIRE (acronimo di Infrastructure for Spatial Information in Europe -
Infrastruttura per l'Informazione Territoriale in Europa) è una Direttiva
(2007/2/EC del 14 marzo 2007) del Parlamento europeo e del Consiglio
dell’unione europea, che ha l'obiettivo di essere un supporto alla stesura di
politiche che possono avere un impatto diretto o indiretto sull'ambiente.
INSPIRE si basa sulla interoperabilità delle infrastrutture di dati spaziali creati
dagli stati membri. Questa direttiva europea è entrata in vigore il 15 maggio
2007. In Italia è stata recepita con il D.Lgs. 32/2010 recante "Attuazione della
direttiva 2007/2/CE, che istituisce un'infrastruttura per l'informazione
territoriale nella Comunità Europea (INSPIRE)".
Le sfide relative alla mancanza di disponibilità, alla qualità, all'organizzazione,
all'accessibilità, e alla condivisione di informazioni territoriali, sono comuni a
un gran numero di attività e politiche che si interfacciano con vari livelli
dell'amministrazione pubblica in Europea. Per risolvere questi problemi è
necessario adottare misure di coordinamento tra gli utenti e i fornitori di
informazioni spaziali.
INSPIRE si basa sulle infrastrutture per l'informazione territoriale create e
gestite dagli Stati membri.
9
Per sostenere la creazione di una infrastruttura europea sono stati specificati i
seguenti componenti dell'infrastruttura: i metadati, l'interoperabilità dei set di
dati territoriali (come descritto negli allegati I, II, III della direttiva), i servizi di
dati spaziali, i servizi di rete, i servizi di condivisione dei dati, procedure di
monitoraggio e di reporting.
INSPIRE non impone la raccolta di nuovi dati tuttavia, dopo il periodo
specificato nella direttiva, gli Stati membri devono rendere disponibili i loro dati
secondo le modalità di esecuzione.4
Per interoperabilità in INSPIRE si intende la possibilità di combinare i dati
territoriali provenienti da diversi fonti in tutta la Comunità europea in modo
coerente. È importante notare che “interoperabilità” è intesa come l'accesso a
set di dati territoriali tramite servizi di rete, di solito via Internet.
L'interoperabilità può essere raggiunta o cambiando (armonizzando) i dati
esistenti o trasformandoli tramite i servizi per la pubblicazione nella
infrastruttura INSPIRE.
Per facilitare l'attuazione di INSPIRE è importante che tutti gli stakeholders
interessati abbiano la possibilità di partecipare alla fase di specifica e sviluppo.
Per questo motivo, la Commissione ha messo in atto un processo di costruzione
del consenso che coinvolge gli utenti e i provider insieme con i rappresentanti
dell'industria, della ricerca e del governo. Questi attori, organizzati attraverso
Spatial Data Interest Communities (SDIC) e Legally Mandated Organisations
(LMO)5 hanno fornito materiali di riferimento, suddividendosi in Specification
4
Entro 2 anni dall'adozione delle corrispondenti norme di attuazione per i dati appena raccolti e
ampiamente ristrutturati ed entro 5 anni per gli altri dati in formato elettronico ancora in uso.
5
L’elenco degli iscritti è disponibile attraverso il sito INSPIRE:
http://inspire.jrc.ec.europa.eu/index.cfm/pageid/42
10
Drafting Team(SDT)6, Thematic Working Groups(TWG)7 e altri gruppi tecnici
intersettoriali ad-hoc, partecipando alle consultazioni delle parti interessate.
Questo approccio aperto e partecipativo è stato usato con successo durante lo
sviluppo degli allegati I, II e III così come durante la preparazione delle norme
sull’interoperabilità dei set di dati spaziali e dei relativi servizi8. Il quadro di
sviluppo elaborato da ogni SDT mira a mantenere coerenti le specifiche tecniche
dei diversi temi. Esso sintetizza la metodologia da utilizzare per lo sviluppo
dell’infrastruttura di dati, fornendo un insieme coerente di requisiti e
raccomandazioni utili ai fini dell'interoperabilità. I pilastri del quadro sono le
seguenti documentazione tecniche:
 Definition of Annex Themes and Scope: descrive in modo più dettagliato
i dati spaziali tematici definiti nella direttiva e, quindi, fornisce un punto
di partenza solido per lo sviluppo di specifici aspetti delle tematiche dei
dati.
 Generic Conceptual Model: definisce gli elementi necessari per
l'interoperabilità e l'armonizzazione dei dati comprese le problematiche
“cross-theme” cioè che interessano più temi. Essa specifica i requisiti
degli elementi e dei dati di uso comune, come lo schema spaziale e
temporale, la gestione dell’identificatore univoco, la referenziazione
degli oggetti, alcuni elenchi di codici comuni, ecc...
 Methodology for the Development of Data Specifications descrive come
passare dalle esigenze degli utenti a una specifica dati attraverso una
serie di misure.
6
Ogni SDT è stata composta da esperti provenienti da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia,
Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Svizzera, Regno Unito, e dell’agenzia
europea per l'ambiente (European Environment Agency)
7
I Gruppi di lavoro tematici di cui all'allegato II e III temi sono stati composto di esperti Austria,
Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda,
Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera,
Turchia, Regno Unito, Commissione europea e Agenzia europea per l'ambiente
8
Regolamento (UE) n 1089/2010 recante attuazione della direttiva 2007/2/CE del Parlamento e del
Consiglio per quanto riguarda l'interoperabilità dei set di dati territoriali e servizi, pubblicato nel
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea l'8 dicembre 2010
11
 Guidelines for the Encoding of Spatial Data definisce come
l'informazione geografica può essere codificata per consentire processi
di trasferimento tra i sistemi dei fornitori di dati degli Stati membri.
 Guidelines for the use of Observations & Measurements and Sensor Web
Enablement-related standards in INSPIRE Annex II and III data
specification developmen fornisce linee guida su come le osservazioni e
le misurazioni, secondo lo standard ISO 19156, devono essere utilizzati
in INSPIRE.
 Common data models sono un insieme di documenti che fanno
riferimento a diverse specifiche di dati. Tali documenti includono
modelli di dati generici per reti, coperture e complessi di attività.
La struttura dei “Data Specification” si basa sullo standard ISO 19131
“Geographic Information – Data product specification”, essa comprende la
documentazione tecnica dello schema di applicazione, i vari tipi di oggetti
spaziali con le loro proprietà, e altre specifiche delle tematiche di dati
territoriali.
In INSPIRE il glossario definisce tutti i termini necessari per la comprensione
della documentazione compresa la terminologia derivante da altre componenti
(metadati, servizi di rete, condivisione dei dati e monitoraggio). Le Data
Specification, in versione 3.0, sono pubblicate come orientamenti tecnici utili a
fornire la base per strutturare la norma di attuazione sulla interoperabilità dei
set di dati spaziali. Il contenuto della norma di attuazione viene estratto dai Data
Specification, tenendo conto della fattibilità a breve e medio termine, nonché
delle considerazioni sui costi-benefici. I requisiti indicati nella norma di
attuazione sono giuridicamente vincolanti per gli Stati membri secondo la
timeline specificata nella direttiva INSPIRE. Oltre a fornire una base per
l'interoperabilità dei dati spaziali in INSPIRE, le Data Specification, offrono un
quadro di sviluppo sulle specifiche tematiche in modo che i dati possano essere
riutilizzati in altri ambienti a scala locale, regionale, contribuendo a livello
12
nazionale e globale al miglioramento della coerenza e dell’interoperabilità dei
dati delle infrastrutture di dati spaziali.
13
Capitolo 2 - Mappa d’uso del suolo e DB
topografico
2.1 - La mappa d’uso del suolo
La mappa dell’uso del suolo individua una classificazione tipologica degli usi
del suolo. E’ importante andare a caratterizzare la risorsa suolo perché in questo
modo possiamo capire se e come sfruttarlo ma anche come proteggerlo. Quindi
l’analisi del suolo è mirata a determinare le criticità e le opportunità di
sfruttamento di una determinata area.
Conoscere l'uso del suolo è possedere un quadro generale delle principali
attività umane ed economiche presenti su un territorio, dalla cui analisi si può
non solo offrire uno “stato” sull'utilizzo delle risorse ambientali ma anche,
attraverso lo studio dell'evoluzione nel tempo del fenomeno, rappresentare la
“pressione” che le attività esercitano sulle risorse stesse. In questo senso è
possibile evidenziare quanta parte del territorio è occupata da urbanizzazione e
infrastrutture, ciò che è considerato come la principale forma di perdita
irreversibile di suolo; oppure descrivere la diffusione di siti estrattivi o ancora
ottenere informazioni sulla quantità di suolo che viene sottratta all'attività
agricola.
Tutto questo diventa possibile quando si dispone di idonei strumenti di
rilevamento che, in funzione del livello conoscitivo desiderato, consentono
dapprima di pervenire ad una “fotografia” del territorio e, successivamente, al
monitoraggio per comprenderne le dinamiche nel tempo. I metodi per la
costruzione della carta d’uso del suolo sono quattro:
14
 decodificazione della carta aerofotogrammetrica;
 decodificazione delle ortofoto;
 lettura della foto aerea raddrizzata, dove occorre però individuare i
riferimenti di luogo e dimensioni per la trascrizione su carta;
 in automatico da foto satellitari o ortofoto.
Il primo metodo è laborioso mentre negli altri 3 è sufficientemente chiaro l’uso
delle aree scoperte mentre è complessa l’individuazione della aree erbacee, delle
aree coltivate e la destinazione delle aree edificate. Da ciò detto capiamo che
tali metodi vanno integrati con la verifica diretta tramite sopralluoghi. Le classi
tipologiche in cui si articola la mappa variano a seconda della scala di lettura e
dello scopo dell’analisi.
Tra le mappe d’uso del suolo è indispensabile menzionare la mappa Corine
Land Cover (CLC)9
. Il progetto Corine Land Cover è nato a livello europeo
specificamente per il rilevamento e il monitoraggio delle caratteristiche di
copertura e uso del territorio, con particolare attenzione alle esigenze di tutela
ambientale.
La prima realizzazione del progetto CLC risale al 1990 (CLC90), mentre gli
aggiornamenti successivi si riferiscono all’anno 2000 tramite il progetto Image
& Corine Land Cover 2000.
L’iniziativa, cofinanziata dagli Stati membri e dalla Commissione Europea, ha
visto nel 2000 l’adesione di 33 paesi tra i quali l’Italia, dove l’Autorità
Nazionale per la gestione del progetto è stata identificata nell’APAT, in quanto
punto focale nazionale della rete europea EIOnet.
Nel Novembre del 2004 il Management Board dell’AEA, a seguito delle
discussioni tra gli Stati Membri, l’Unione Europea e le principali istituzioni
della stessa, ha valutato la possibilità di aumentare la frequenza di
9
Acronimo di COoRdination of INformation on Environment
15
aggiornamento del Corine Land Cover ed ha avviato un aggiornamento del
CLC, riferito all’anno 2006 e sviluppato nell’ambito dell’iniziativa Fast Track
Service on Land Monitoring (FTSP) del programma Global Monitoring for
Environment and Security (GMES).
Con questo progetto si è inteso realizzare un mosaico Europeo all’anno 2006
basato su immagini satellitari SPOT-4 HRVIR, SPOT 5 HRG e/o IRS P6 LISS
III, ed è stata derivata dalle stesse la cartografia digitale di uso/copertura del
suolo all’anno 2006 e quella dei relativi cambiamenti.
Nell’ambito del progetto saranno inoltre prodotti due strati ad alta risoluzione;
il primo consiste nella mappatura delle aree impermeabilizzate, mentre il
secondo è relativo alla copertura forest/no forest con discriminazione di conifere
e latifoglie.
La CLC si presenta su differenti livelli di dettaglio e ad ogni livello è associata
una legenda specificatamente costruita per le corretta lettura della mappa stessa.
Il primo livello permette l’articolazione della descrizione di un territorio nelle
seguenti 5 classi o unità di uso del suolo (UDS) di 1° livello:
1. Territori artificiali;
2. Territori agricoli;
3. Territori boscati ed altri ambienti seminaturali;
4. Territori umidi;
5. Corpi idrici.
Per ciascuna UDS di primo livello, tramite un processo descrittivo discendente,
sono ammesse più UDS di livello successivo, generalmente fino al 4°- Le Linee
Guida mantengono questa impostazione e propongono l’utilizzo di UDS di 3° e
4°livello. È ammesso l’introduzione di un 5° livello se, a giudizio del
professionista, si rendesse necessario per una migliore descrizione dell’uso del
suolo in alcune geometrie.
16
Figura 1 - Uso del suolo comunale ottenuto secondo i dettami della C.L.C. di I livello
17
Figura 2 - Uso del suolo comunale ottenuto secondo i dettami della C.L.C. di II livello
18
Figura 3 - Uso del suolo comunale ottenuto secondo i dettami della C.L.C. di III livello
19
Figura 4 – Uso del suolo comunale ottenuto secondo i dettami della C.L.C. di IV livello.
20
Tabella 1 - Confronto tra i diversi livelli della CLC
I
livello
II livello III livello IV livello
1.Superficiartificiali
1.1 zone urbane di tipo
residenziale
1.1.1 zone residenziali a
tessuto continuo
1.1.1.1 area del centro urbano
1.1.1.2 area del centro storico
1.1.2 zone residenziali a
tessuto discontinuo e rado
1.1.2.1 aree con edificato
discontinuo basso senza
giardino
1.1.2.2 aree con edificato
discontinuo di case famiglia
con giardino
1.1.2.3 aree con edificato
discontinuo con vegetazione
1.2 zone industriali,
commerciali ed
infrastrutturali
1.2.1 aree industriali,
commerciali e dei servizi
pubblici e privati
1.2.1.1 unità industriali e
commerciali
1.2.1.2 aree per impianti
speciali
1.2.2 reti stradali, ferroviarie
e infrastrutture tecniche
1.2.2.1 rete stradale ed aree
associate
1.2.2.2 rete ferroviarie ed aree
associate
1.2.3 aree portuali
1.2.3.1 porti per il commercio
marittimo e per la pesca
1.2.3.2 porti fluviali e lacustri
1.2.3.3 cantieri navali
1.2.3.4 aree di ricreazione e
sportive
21
1.2.4 aeroporti
1.2.4.1 aeroporti con piste
artificiali
1.2.4.2 aeroporti con piste in
erba
1.3 zone estrattive,
cantieri, discariche e
terreni artefatti ed
abbandonati
1.3.1 aree estrattive
1.3.1.1 miniere a cielo aperto
1.3.1.2 cave
1.3.2 discariche
1.3.2.1 discariche di rifiuti
solidi
1.3.2.2 discariche di rifiuti
liquidi
1.3.3 cantieri 1.3.3.1 cantieri
1.4 zone verdi
artificiali non agricole
1.4.1 aree verdi urbane
1.4.1.1 parchi
1.4.1.2 cimiteri
1.4.2 aree ricreative e
sportive
1.4.2.1 impianti sportivi
1.4.2.2 aree per il tempo libero
2.Superficiagricoleutilizzate
2.1 seminativi
2.1.1 seminativi in aree non
irrigue
2.1.1.1 prevalentemente
seminatavi senza vegetazione
dispersa
2.1.1.2 seminativi con
vegetazione sparsa
2.1.1.3 serre
2.1.2 seminativi in aree
irrigue
2.1.2.1 seminativi in aree
irrigue
2.1.3 risaie 2.1.3.1 risaie
2.2 colture permanenti
2.2.1 vigneti 2.2.1.1 vigneti
2.2.2 frutteti e frutti minori
2.2.2.1 frutteti
2.2.2.2 piantagioni di bacche
2.2.2.3 piantagioni di luppolo
2.2.2.4 piantagioni di kiwi
2.2.2.5 piantagioni di essenze
2.2.2.6 piantagioni di salice
selvatico
22
2.2.3 oliveti 2.2.3.1 oliveti
2.3 prati stabili
(foraggere permanenti)
2.3.1 prati stabili (foraggere
permanenti)
2.3.1.1 pascoli (prati e pascoli)
prevalentemente senza alberi e
arbusti
2.3.1.2 pascoli (prati e pascoli)
con alberi e arbusti
2.4 zone agricole
eterogenee
2.4.1 colture temporanee
associate a colture
permanenti
2.4.1.1 colture temporanee
associate a colture permanenti
2.4.2 sistemi colturali e
particellari complessi
2.4.2.1 modelli colturali
complessi senza case sparse
2.4.2.2 modelli colturali
complessi con case sparse
2.4.3 aree prevalentemente
occupate da colture agrarie
con presenze di spazi
naturali importanti
2.4.3.1 aree agricolo con una
quota significativa di
vegetazione naturale e con
prevalenza di seminativo da
terra
2.4.3.2 aree agricolo con una
quota significativa di
vegetazione naturale e con
prevalenza di praterie
2.4.3.3 aree agricolo con una
quota significativa di
vegetazione naturale e con
prevalenza di vegetazione
sparsa
2.4.3.4 aree agricole con una
quota significativa di stagni e
con presenza di vegetazione
sparsa
2.4.3.5 aree agricole con una
quota significativa di colture
23
permanenti e con la presenza di
vegetazione sparsa
2.4.4 aree agroforestali 2.4.4.1 aree agroforestali
3.Territoriboscatiedambientisemi-naturali
3.1 zone boscate
3.1.1 boschi di latifoglie
3.1.1.1 boschi di latifoglie con
copertura continua, non
paludosi
3.1.1.2 boschi di latifoglie con
copertura continua, paludosi
3.1.1.3 boschi di latifoglie con
copertura discontinua, non
paludosi
3.1.1.4 boschi di latifoglie con
copertura discontinua, paludosi
3.1.1.5 piantagione di boschi di
latifoglie
3.1.2 boschi di conifere
3.1.2.1 foreste di conifere con
copertura continua, non
paludosi
3.1.2.2 foreste di conifere con
copertura continua, paludosi
3.1.2.3 foreste di conifere con
copertura discontinua, non
paludosi
3.1.2.4 foreste di conifere con
copertura discontinua, paludosi
3.1.2.5 piantagioni di boschi di
conifere
3.1.3 boschi misti conifere e
latifogli
3.1.3.1 boschi misti creati
dall’alternanza di singoli alberi
con copertura continua, non
paludosi
3.1.3.2 boschi misti creati
dall’alternanza di singoli alberi
con copertura continua,
paludosi
3.1.3.3 boschi misti creati
dall’alternanza di singoli alberi
24
con copertura discontinua, non
paludosi
3.1.3.4 boschi misti creati
dall’alternanza di singoli alberi
con copertura discontinua,
paludosi
3.1.3.5 boschi misti creati
dall’alternanza di banchi di
alberi con copertura continua,
non paludosi
3.1.3.6 boschi misti creati
dall’alternanza di banchi di
alberi con copertura continua,
paludosi
3.1.3.7 boschi misti creati
dall’alternanza di banchi di
alberi con copertura
discontinua, non paludosi
3.1.3.8 boschi misti creati
dall’alternanza di banchi di
alberi con copertura
discontinua, paludosi
3.2 zone caratterizzate
da vegetazione
arbustiva e/o erbacea
3.2.1 aree a pascolo naturale
e praterie
3.2.1.1 pascoli naturali senza
alberi e arbusti
3.2.1.2 pascoli naturali con
alberi e arbusti
3.2.2 brughiere e cespuglietti
3.2.2.1 torbiere e brughiere
3.2.2.2 pino mugo
3.2.3 aree a vegetazione
sclerofille
3.2.3.1 aree a vegetazione
sclerofille
3.2.4 aree a vegetazione
boschiva ed arbustiva in
evoluzione
3.2.4.1 banchi giovani tagliati
(e/o deforestati)
3.2.4.2 banchi naturali giovani
25
3.2.4.3 foreste folte
3.2.4.4 vivai forestali
3.2.4.5 foreste danneggiate
3.3 zone aperte con
vegetazione rada o
assente
3.3.1 spiagge, dune e sabbie
3.3.1.1 rive del fiume
3.3.1.2 spiagge
3.3.1.3 dune
3.3.2 rocce nude, falesie,
rupi, affioramenti
3.3.2.1 rocce nude
3.3.2.2 prodotti di recente
vulcanismo
3.3.3 aree con vegetazione
rada
3.3.3.1 vegetazioni sparse sulle
sabbie
3.3.3.2 vegetazioni sparse sulle
rocce
3.3.3.3 vegetazioni sparse su
saline
3.3.4 aree percorse da
incendi
3.3.4.1 aree percorse da incendi
3.3.5 ghiacciai e nevi
perenni
3.3.5.1 ghiacciai e nevi perenni
4.Zoneumide
4.1 zone umide interne
4.1.1 paludi interne
4.1.1.1 paludi d’acqua dolce
con canneti
4.1.1.2 paludi d’acqua dolce
senza canneti
4.1.1.3 saline (alcali) con
canneti
4.1.1.4 saline (alcali) senza
canneti
4.1.2 torbiere
4.1.2.1 torbiere ispezionate
4.1.2.2 torbiere naturali con
alberi sparsi e arbusti, senza
piscine
26
4.1.2.3 torbiere naturali con
insiemi di piscine
4.1.2.4 torbiere naturali con
arbusti nani
4.2 zone umide
marittime
4.2.1 paludi salmastre
4.2.1.1 paludi salmastre con
canne
4.2.1.2 paludi salmastre senza
canne
4.2.2 saline 4.2.2.1 saline
4.2.3 zone interditali 4.2.3.1 zone interditali
5.Corpiidrici
5.1 acque continentali
5.1.1 corsi d’acqua, canali e
idrovie
5.1.1.1 rivers
5.1.1.2 canali
5.1.2 bacini d’acqua
5.1.2.1 corpi idrici naturali
5.1.2.2 serbatoi artificiali
5.2 acque marittime
5.2.1 lagune 5.2.1.1 lagune
5.2.2 estuari 5.2.2.1 estuari
5.2.3 mari e oceani 5.2.3.1 mari e oceani
Aprendo un focus sulla Regione Campania, un’altra mappa d’uso del suolo
molto importante è la CUAS (Carta dell’Utilizzazione Agricole dei Suoli). La
dotazione di cartografie sull'uso del suolo in Campania prende avvio alla fine
degli anni '70, con la messa a punto di una metodologia di tipo tradizionale che
prevedeva la descrizione dei paesaggi agricoli prevalenti, mediante rilevamenti
di campagna. Come prodotti di questo sforzo conoscitivo si ottennero la “Carta
Regionale dei boschi e dei pascoli”, la “Carta delle superfici forestali per tipo
di bosco” e, infine nel 1980, la “Carta regionale dell'utilizzazione agricola dei
suoli”, tutte realizzate a piccola scala (1:100.000-1:250.000).
Recentemente l'Assessorato all'Agricoltura ha ritenuto che fosse indispensabile
provvedere all'aggiornamento della Carta dell'Utilizzazione Agricola dei Suoli
27
della Campania (CUAS), in scala 1:50.000, utilizzando le potenzialità offerte
dall'uso di immagini satellitari.
Essa ha lo scopo di migliorare la conoscenza del territorio rurale della
Campania, al fine di realizzare una più efficace pianificazione degli interventi
del settore agricolo e forestale.
Gli obiettivi dell'aggiornamento della CUAS si possono così sintetizzare:
 permettere una conoscenza più approfondita della realtà agricola
campana a quanti operano nel settore della programmazione a livello
regionale e comprensoriale, per meglio impostare gli interventi non solo
in agricoltura, ma anche in altri settori (edilizia; industria, etc.);
 registrare i cambiamenti intervenuti dal 1980, anno di pubblicazione
della prima carta regionale dell'utilizzazione agricola dei suoli, ad oggi;
 agevolare l'applicazione delle misure agroambientali del Piano di
Sviluppo Rurale (PSR) 2000-2006, e la stesura del Programma d'azione
previsto dalla Direttiva Nitrati;
 mettere a punto un utile strumento per “indagare”, tra l'altro, sull'azione
antropica che ha profondamente inciso sull'ambiente, modificandone
l'equilibrio sia negativamente (con disboscamenti, movimenti di terra,
asportazione delle parti più fertili del suolo, ecc.) che positivamente
(attività di bonifica, rimboschimenti, regimazione delle acque, ecc.);
 valutare la potenzialità dei satelliti per la produzione di cartografie di uso
del suolo, con la possibilità di effettuare costanti aggiornamenti nel
tempo;
 creare un archivio di dati flessibile di rapida consultazione e che possa
essere facilmente aggiornato.
La scelta della scala di rappresentazione della CUAS, oltre ad offrire un
maggiore dettaglio conoscitivo rispetto alla precedente, è anche finalizzata a
rendere tale cartografia congrua con quella realizzata in altri progetti di
28
cartografia regionale come, ad esempio, la “Carta dei suoli della Campania in
scala 1:50.000”.
2.2 - Le norme tecniche di INSPIRE per l’uso del suolo
L’INSPIRE Thematic Working Group Land Cover, il 10 dicembre 2013, ha
pubblicato sul sito del progetto10
il documento “INSPIRE Data Specification for
the spatial data theme Land Cover”. Il documento è a tutti gli effetti una guida
alla redazione della carta d’uso del suolo secondo la normativa INSPIRE.
La guida si divide in due modelli principali che sono concettualmente simili, ma
per ragioni tecniche sono separati in un modello per i dati vettoriali e uno per i
dati raster. CORINE Land Cover, così come la maggior parte dei set di dati di
copertura del suolo regionali e nazionali, possono essere rappresentati
utilizzando uno dei modelli di base.
Lo sviluppo della guida si è basato sui dati forniti dal gruppo di lavoro dalla
EEA e su quelli generati all’interno del gruppo di lavoro stesso. Altre fonti di
dati considerati durante lo sviluppo sono quelli di Eurostat “Indagine LUCAS”,
l'Atlante urbano, gli strati ad alta risoluzione GMES e un certo numero di dati
nazionali e sub-sistemi nazionali di copertura del suolo.
Il modello di base concettuale comune per i dati di copertura del suolo ha la
seguente struttura:
10
http://inspire.jrc.ec.europa.eu/index.cfm
29
 Il set di dati di copertura del suolo si compone di un insieme di unità di
copertura del suolo. Queste unità possono essere punti, poligoni o celle
raster;
 Il set di dati di copertura del suolo è legato anche ad una lista di codici
(ad esempio l'elenco di codici Corine Land Cover). La lista di codici ha
una nomenclatura di classi di copertura del suolo in cui ogni classe è
rappresentata da un codice e un nome;
 La copertura del suolo è stata realizzata con una o più date di
osservazione. La molteplicità di osservazioni è utile al fine di essere in
grado di descrivere cambiamenti di copertura del suolo.
È anche possibile aggiungere una percentuale che mostra la presenza relativa di
ciascuna classe all'interno del poligono di copertura del suolo.
INSPIRE non prescrive o consiglia una particolare nomenclatura per la
copertura del suolo. L'approccio adottato da questa guida permetterà a coperture
del suolo con diverse nomenclature di coesistere nel contesto di INSPIRE. I
proprietari delle varie liste di codici sono, tuttavia, incoraggiati a condividere le
loro liste di codici utilizzando lo standard ISO 19144-2 - Land Cover Meta
Language (LCML) e/o utilizzando un catalogo di funzionalità fornendo
l’accesso a tale catalogo tramite un collegamento Web al fine di fornire una base
per l'interoperabilità. Questo tipo di documentazione può costituire una base per
l'armonizzazione attraverso la traduzione semantica tra nomenclature, e quindi
indurre la futura armonizzazione dei set di dati, a condizione che i dati siano
comparabili in termini di scala e dettaglio.
30
Figura 5 - Modello concettuale di copertura del suolo secondo INSPIRE
31
2.3 - DB Topografico
2.3.1 - Cosa è un DB topografico?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima capire cosa è la topologia.
La topologia - o studio dei luoghi - (dal greco tόpos “luogo” e lόgos “studio”) è
una delle branche della matematica moderna; studia le proprietà delle figure
geometriche e delle forme che non subiscono cambiamenti quando vengono
deformate senza strappi, sovrapposizioni o incollature. Essa si basa sui concetti
di spazio topologico11
, funzione continua12
ed omeomorfismo13
.
Grazie alla struttura topologica, alle entità geografiche, sono associate degli
attributi permettendo l’analisi spaziale del territorio che stiamo studiando; con
la topologia lasciamo invariate le relazioni spaziali tra gli elementi, cioè:
 adiacenza (o contiguità)
 intersezione
 contenimento
 connettività
 posizione relativa
 posizione altimetrica
Dunque la topologia studia relazioni spaziali tra oggetti geometrici, grazie ad
essa, nella “tecnologia” GIS, possiamo organizzare in maniere molto sofisticata
11
Nel corso della storia sono state proposte varie definizioni di spazio topologico, ed è servito
parecchio tempo per arrivare a quella che oggi viene generalmente usata. Nonostante quella odierna
possa sembrare piuttosto astratta, ben si adatta a tutti quei concetti che stanno alla base della
topologia. Data una collezione T di sottoinsiemi di un insieme X, uno spazio topologico è una coppia
(X, T), dove X è un insieme e T una topologia. In uno spazio topologico gli insiemi che costituiscono T
si dicono aperti in X. Tratto da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Spazio_topologico
12
Una funzione è continua in un punto “c” se in quel punto esistono il suo limite destro e sinistro ed i
due limiti sono finiti ed uguali.
13
Dal greco homoios “simile” e morphe “forma”, è una particolare funzione tra spazi topologici che
modellizza l’idea della deformazione senza strappi.
32
le informazioni. Possiamo infatti suddividere le informazioni su due livelli: un
livello geometrico dedicato unicamente alle geometrie ed un livello topologico
in cui esplicitiamo tramite tabelle alcune relazioni spaziali tra primitive dette
topologiche.
La topologia si basa su tre concetti principali:
1. arco-nodo: gli archi possono essere connessi soltanto agli estremi;
2. sinistra-destra: gli archi hanno un verso e quindi un lato destro e uno
sinistro;
3. poligono-arco: le aree sono definite come porzioni di superficie
racchiuse in poligoni formati da archi.
Per soddisfare, sia l’esigenza di archiviazione e rappresentazione dei dati grafici
che di strutturazione delle connessione con i dati alfanumerici, si utilizzano dei
modelli di archiviazione di primitive grafiche organizzati secondo strutture
topologicamente definite. I modelli di archiviazione sono:
 il punto, che in base alla scala potrà essere utilizzato sia per rappresentare
una posizione (ad esempio l’intersezione di assi stradali) che oggetti
dotati di dimensioni non nulle (ad esempio un albero); esso viene
comunemente archiviato con un coppia o una terna di coordinate;
 gli archi, rappresentati come spezzate o poligonali aperte, sono usati per
la rappresentazioni di elementi lineari e vengono archiviati come
sequenze di coordinate dei nodi di estremità e dei loro vertici intermedi;
 i poligoni, individuati per rappresentare aree chiuse, vengono
rappresentati con spezzate aventi il primo e l’ultimo vertice coincidente,
vengono archiviati come sequenza di archi e di linee che li delimitano.
La connessione tra due archi è rappresentata dal fatto di possedere un nodo in
comune, l’adiacenza (o contiguità) tra due poligoni è rappresentata dal fatto di
avere un arco in comune.
33
Con la topologia andiamo a rappresentare l’immagine con l’insieme di elementi
che abbiamo elencato poco fa; una figura rappresentata da poligonali chiuse
viene rappresentata da una tabella nella quale al numero di identificazione di
ogni poligonale associamo i numeri di identificazione dei singoli archi che
compongono la poligonale stessa, generando così la tabella dei poligoni.
Insieme alla tabella dei poligoni abbiamo la tabella degli archi, in cui al numero
di identificazione di ogni arco si associano i numeri di identificazione dei nodi
di partenza e di quelli di arrivo, e i numeri di identificazione dei poligoni che si
trovano a sinistra e a destra degli archi; abbiamo anche la tabella dei nodi in cui
ad ogni numero identificativo di un nodo si associano i numeri identificativi
degli archi che contengono quel nodo.
Un database che riesce ad archiviare informazioni topologiche utilizza una
struttura complessa che relaziona tabelle di dati geometrici a tabelle di dati
topologici, garantendo la coerenza geometrica, facilitando il processo di
acquisizione dei dati e permettendo un’elaborazione più efficace degli stessi. Il
tutto richiede software specifici e sofisticati uniti ad una accorta preparazione
dei dati.
Possiamo ora dare una risposta alla domanda che ci siamo posti ad inizio
paragrafo: un database topografico (DBT) è una base dati informatizzata e
georeferenziata contenente i dati geografici di base per la conoscenza del
territorio. Per georeferenziato si intende l’attribuzione ad un dato di una
informazione geografica che ne consente la corretta collocazione sul territorio.
2.3.2 - DB e GeoDB
Un DataBase (di seguito DB), è un insieme di dati costituenti un archivio che,
con una serie di funzionalità ed istruzioni, può essere modificato e consultato.
34
Affinché un sistema di archiviazione di dati sia efficace deve possedere
caratteristiche di affidabilità, queste caratteristiche consentono a colui che deve
gestire o consultare il DB di potersi fidare dei dati in esso contenuto. Le
caratteristiche che rendono un DB affidabile sono:
 sicurezza: il DB deve essere protetto dall’accesso non autorizzato
cosicché solo coloro che hanno il compito di gestirlo possono accedervi
in modalità scrittura, per tutti gli altri utenti è necessario e sufficiente
abilitare l’accesso in sola lettura;
 affidabilità: bisogna proteggere il DB da guasti improvvisi sia lato
hardware che software in modo che i dati in esso contenuto siano sempre
protetti e non corruttibili;
 integrità: i dati contenuti in un DB devo essere corretti, bisogna evitare
che vi siano ridondanze di dati poiché queste, oltre a generare errori,
rendono più faticoso l’aggiornamento del DB stesso;
 indipendenza dei dati: bisogna differenziare gli accessi al DB in modo
che l’amministratore abbia la possibilità di accedervi ad un livello
cosiddetto basso, mentre gli utenti comuni, quelli che vi accedono per
consultarlo, devono avere un livello alto senza preoccuparsi di come il
DB sia stato costruito. Esistono due modelli indipendenti dei dati
associati ad un DB: il modello fisico e il modello logico. Chi si occupa
della consultazione, interrogazione e manipolazione dei dati in esso
contenuti usa il modello logico senza doversi preoccupare di dove siano
scritti i dati stessi (modello fisico);
 prestazione: la risposta alla formulazione di interrogazioni al DB deve
essere quanto più rapida possibile, questa affermazione deve essere tanto
più vera quanto più aumenta la mole di dati contenuta in un DB;
 gestione degli accessi concorrenti: più utenti possono collegarsi
contemporaneamente ad un DB per consultarlo o modificarlo. Le azioni
35
che scaturiscono da questi accessi multipli non devono in alcun modo
inficiare l’integrità del DB stesso.
Affinché tutti i requisiti elencati siano garantiti è necessario che il DB venga
gestito da un sistema opportuno che prende il nome di sistema di gestione del
DB, in gergo DBMS, acronimo di DataBase Management System. Un DBMS
ha le seguenti funzioni primarie:
- permettere agli utenti di creare nuove basi di dati specificandone schema
o struttura per mezzo di un linguaggio specializzato chiamato linguaggio
di definizione, in gergo DDL acronimo di Data Definition Language;
- dare all’utente la possibilità di interrogare il DB, in gergo questa azione
viene definita query, modificare e/o aggiungere dati usando un
linguaggio specifico chiamato linguaggio di interrogazione e
manipolazione, in gergo DML acronimo di Data Manipulation
Language;
- permettere la manipolazione di una ingente quantità di dati per un lungo
periodo di tempo preservandoli da incidenti, usi impropri o non
autorizzati;
- controllare che sia sempre garantita l’integrità dei dati attraverso regole
per l’eliminazione delle ridondanze inutili;
- controllare l’accesso simultaneo ai dati da parte di più utenti impedendo
che le azioni di un utente influenzino quelle degli altri, impedendo quindi
la corruzione dei dati che comporterebbe la perdita dei integrità del DB.
Quindi un DBMS si pone come intermediario tra l’utente e i dati; questa
funzione di mediatore è possibile grazie alla indipendenza dei dati. Il DBMS
infatti presenta i dati all’utente secondo un modello logico riservando per se le
operazioni interne sul modello fisico.
36
Il DBMS è in genere un software come Oracle®, MySQL®, Microsoft Access®,
etc… Esso contiene al suo interno le principali funzioni di gestione dei dati e
possiede la capacità di proteggere il suo contenuto da accessi non autorizzati.
Nel corso dell’evoluzione dei DBMS si sono succeduti diversi modelli logici
dei dati utilizzati per archiviare gli stessi in un DB. Verso la fine degli anni ’60
IBM sviluppò l’IMS (Information Management System), DBMS basato su un
modello detto gerarchico; nel 1970 la stessa IBM presentò un nuovo schema di
rappresentazione dei dati chiamato modello relazionale. Lo sviluppo di
quest’ultimo modello fu rapidissimo grazie alla sua semplicità tanto che, nella
sua evoluzione arrivando alla quarta generazione, è divenuto lo standard
assoluto per la definizione e la manipolazione dei dati, cioè il modello SQL
(Structured Query Language).
Un DB relazionale è costituito da una o più tabelle chiamate relazioni; la
relazione costituisce l’elemento centrale di rappresentazione dei dati in un DB
relazionale. Oltre alla semplicità della struttura questi DB hanno anche un’altra
proprietà: l’aggregazione dei dati. I dati contenuti nelle tabelle presi
singolarmente non hanno un significato e lo acquistano solo quando sono messi
in relazione tra loro, quando sono aggregati. Ad esempio in ambito catastale
possiamo avere relazioni tra particelle e persone poiché le persone sono
proprietarie delle particelle; attraverso la proprietà viene stabilito un vincolo tra
tutti i dati relativi alle particelle catastali (numero, area, valore, etc.) e i dati
relativi alle persone (nome, cognome, codice fiscale, indirizzo, etc.). La
relazione in un DB relazionale viene rappresentata da una tabella tanto che
spesso si usa questa come sinonimo del DB relazionale.
Particella
NUM_PART NUM_FG USO AREA VAL
25 15 Seminativo semplice 2.5 1034.65
37
26 15 Seminativo semplice 3.1 1270.34
27 15 Bosco di latifoglie 10.4 850.86
25 14 Oliveto 1.7 2166.52
34 18 Seminativo semplice 4.6 2395.47
Tabella 2 - Esempio di tabella del DB relazionale
I dati in una relazione sono strutturati come una serie di righe e colonne; un riga
o tupla o record, consiste in una lista di valori uno per ogni attributo. In una
relazione non possono esistere record identici, quindi ogni riga deve essere
univoca.
Ogni cella (incrocio tra un riga e una colonna) contiene una e una sola
occorrenza di un attributo definita come valore, i valori ammissibili per ciascun
attributo sono definiti tra quelli ammissibili nel dominio dell’attributo. I numeri
interi, i numeri reali, le stringhe alfanumeriche, le date, ecc., sono tutti domini
dei valori che un dato attributo può assumere. Un’altra proprietà importante dei
valori ammessi in una relazione è l’atomicità: in una singola cella non sono
ammessi valori che spossano essere decomposti in più attributi. Ad esempio il
valore di un indirizzo postale composto da via, numero civico, CAP e città non
può essere contenuto interamente in una cella ma deve essere scomposto negli
attributi VIA, CIVICO, CAP e CITTA’.
L’ordine di posizionamento della righe e colonne non ha importanza, spostare
una colonna di uno più posti non altera il contenuto della relazione, così come
spostare i record in alto o in basso. Sulle intestazioni delle colonne sono presenti
i nomi di ciascun attributo, definiti anche campi.
Affinché si abbia correttezza dei dati dobbiamo introdurre il concetto di vincolo
di integrità. I vincoli di integrità si dividono in intra-relazionali, aventi valore
all’interno della relazione, e inter-relazionali, aventi valore fra relazioni
38
diverse. Noi ci occuperemo del vincolo intra-relazionale detto vincolo di chiave
e di quello inter-relazionale detto vincolo di integrità referenziale.
Particella
ID_PART NUM_PART NUM_FG USO AREA VAL
1 25 15 Seminativo
semplice
2.5 1034.65
1 26 15 Seminativo
semplice
3.1 1270.34
3 25 14 Oliveto 1.7 2166.52
4 34 18 Seminativo
semplice
4.6 2395.47
Proprietà
ID_PART ID_PROP PERCENT_PROP
1 3 20
1 1 90
2 1 100
3 1 5
3 3 30
3 2 65
4 4 100
Proprietario
ID_PROP CODICE_FISC NOME COGNOME
1 RSSMRA52H11D332F Mario Rossi
2 VRDFNC69A65G686T Francesca Verdi
3 BNCPLA38E13D049U Paolo Bianchi
39
Nelle tabelle precedenti ricorre un attributo che contiene il termine ID
(abbreviazione di identificativo); sono sempre numeri interi progressivi che
hanno il compito di identificare un record in modo univoco. Nella tabella
“Particella”, la ripetizione del valore 1 nel campo “ID_PART” costituisce una
violazione di questo principio impedendo la distinzione chiara tra i due record
delle particelle 25 e 26 del foglio 15. Per prevenire questo problema è necessario
istituire un vincolo che vieti la ripetizione dei valori che servono ad identificare
in maniera univoca un record; a tale scopo serve il vincolo di chiave o chiave
primaria.
DEF14
Una chiave primaria di una relazione è il sottoinsieme K degli
attributi della relazione che soddisfa le seguenti proprietà:
- Proprietà dell’identificazione univoca: i valori
descritti negli attributi della chiave primaria K
identificano univocamente un record della
relazione; quindi, due record diversi non possono
avere valori uguali negli attributi K;
- Proprietà della non ridondanza: nessun
sottoinsieme di K può essere, a sua volta, una
chiave primaria.
Tutti gli attributi che possono concorrere alla formazione di una chiave primaria
sono detti chiavi candidate. Una chiave primaria costituita da più di un attributo
prende il nome di chiave composta.
14
Dainelli, N., Bonechi, F., Spagnolo, M., & Canessa, A. (2008). Cartografia numerica - Manuale
pratico per l'utilizzo dei GIS. Palermo: Dario Flaccovio Editore.
40
L’informazione relativa a ciascuna tabella diventa completa solamente
attraverso il riferimento alle altre, questo grazie al vincolo di integrità
referenziale. Questo riferimento, ad esempio per la tabella “PROPRIETA’”
avviene mediante gli attributi ID_PART e ID_PROP che sono presenti come
chiavi primarie rispettivamente nelle tabelle “PARTICELLA” e
“PROPRIETA’”, e contengono valori omologhi a quelli presenti nei campi della
tabella “PROPRIETA’”. È proprio la presenza di valori omologhi in campi
appartenenti a tabella diverse che rende il riferimento efficace. Un vincolo di
integrità referenziale, che prende anche il nome di chiave straniera, può essere
definito come segue:
DEF15
Dato un sottoinsieme K degli attributi delle relazioni R1 ed R2, se
K è chiave primaria in R1 allora esso è chiave straniera in R2.
La chiave straniera ha il preciso scopo di creare i riferimenti fra le tabella di un
DB.
Un DB relazionale consente di effettuare una serie particolare di azioni di
interrogazione e manipolazioni dei dati che prendono il nome di algebra
relazionale. Sono operazioni di algebra relazionale:
- operazioni insiemistiche: unione, intersezione e differenza;
- operazioni di eliminazione: selezione e proiezione;
- operazioni di combinazione: join.
15
Dainelli, N., Bonechi, F., Spagnolo, M., & Canessa, A. (2008). Cartografia numerica - Manuale
pratico per l'utilizzo dei GIS. Palermo: Dario Flaccovio Editore.
41
Se si volessero sintetizzare le fasi di progettazione e costruzione di un DB lo si
potrebbe fare elencando i seguenti passi:
1- analisi dei requisiti;
2- progettazione del modello concettuale;
3- progettazione del modello logico;
4- implementazione;
5- installazione, gestione e manutenzione.
Il primo passaggio è costituito dall’analisi dei requisiti del sistema del sistema
di archiviazione dei dati. Essa consiste nel definire cosa dovrà essere
rappresentato nel DB, quali funzioni dovrà svolgere e quali rapporti dovranno
esistere fra le entità presenti. All’analisi dei requisiti fa seguito la progettazione
concettuale che porta alla definizione del modello concettuale del sistema; in
questa fase i dati, finora grezzi, vengono organizzati secondo un linguaggio
definito meta-linguaggio che fa uso di formalismi ben precisi. Un importante
meta-linguaggio è l’UML (Universal Modeling Language), questo linguaggio
in origine non fu realizzato per la modellazione dei dati spaziali, e nelle sue
evoluzioni successive si arrivò alla realizzazione del Geo-UML. UML, giunto
alla versione 2, può rappresentare applicazioni grazie alle cosiddette viste. Le
viste descrivono, ognuna con un diverso tipo di diagramma, i vari aspetti che
vogliamo rappresentare nel DB facendoci avere una visione a tutto tondo.
Esistono nove differenti viste e relativi diagrammi, tra cui citiamo il diagramma
dei casi d’uso (Use Case Diagram) utile per rappresentare i requisiti degli utenti
del sistema; il diagramma delle classi (Class Diagram) utile per descrivere le
tipologie di entità che entrano in gioco nel sistema, le loro caratteristiche e le
relazioni tra di esse; il digramma di stato (Statechart Diagram) utile a
rappresentare il comportamento delle entità in termini di stato. Nella
progettazione dei DB, il linguaggio UML contribuisce soprattutto con il
diagramma delle classi poiché con esso è possibile definire classi di oggetti
caratterizzate da attributi e relazioni che intercorrono tra di esse.
42
Una volta progettato il modello concettuale, la cui realizzazione può essere fatta
anche su un pezzo di carta poiché è totalmente svincolato dal tipo di sistema
informatico o DBMS che verrà utilizzato, si passa alla definizione del modello
logico. Il modello logico non è altro che lo schema del DB che abbiamo descritto
finora con la definizione delle relazioni che portano alla strutturazione del
DBMS.
Il modello relazionale fin qui descritto risulta essere ottimo per la
rappresentazione e manipolazione di basi di dati tradizionali, risulta essere
insufficiente però nel momento in cui si vuole andare a rappresentare e
modellare dati di tipo geografico poiché non ha gli strumenti necessari per la
gestione della parte geometrica.
A questo possiamo ovviare usando una particolare estensione del modello
relazionale e cioè il modello geo-relazionale, che ci consente appunto di gestire
i dati geografici sfruttando le potenzialità del modello relazionale. I DB che
usano il modello geo-relazionale sono chiamati geoDB o geoDBMS; un
geoDBMS è un DBMS che ha in più la capacità di gestire i dati spaziali. Esso
infatti possiede al suo interno un linguaggio di interrogazione e manipolazione
di dati spaziali (SDT – Spatial Data Types); i dati spaziali sono ad esempio
punti, linee, regioni, quei dati che consentono di strutturare entità geometriche
che rappresentano oggetti nel mondo reale ed altri aspetti come le relazioni
intercorrenti tra di essi. Un geoDBMS, essendo in tutto e per tutto un DBMS,
consente di effettuare tutte le operazioni di algebra relazionale; il meta-
linguaggio usato per questo genere di DB è il già citato Geo-UML.
2.3.3 - Cosa è un GeoDB?
Per GeoDB si intende un particolare tipo di DB che è in grado di contenere al
suo interno anche riferimenti spaziali in modo da consentire la rappresentazione
43
di dati di tipo geografico. GeoDB è un termine proprietario di ESRI®, azienda
che produce e distribuisce il software GIS (Geografical Information System)
ArcGIS®, giunto ad oggi alla versione 10.2; questa versione del software ESRI
sarà usata nei prossimi capitoli per la realizzazione del nostro GIS.
Per poter ricondurre il paesaggio all’interno di un modello che ne permetta
l’analisi e la gestione attraverso un sistema informativo geografico il cui
linguaggio possa essere condiviso da tutti gli utenti, si deve innanzitutto
distinguere tra fenomeni ed elementi geografici. Costruire una cartografia
tematica di una regione in cui si mostrano gli agriturismi o la pianta di una città
dove si evidenziano i ristoranti, è una tipica descrizione del paesaggio per
elementi geografici. Le carte climatiche sono tipiche rappresentazione di
fenomeni geografici, così come una carta che indichi le variazioni di umidità
del suolo o la dispersione dell’inquinante che è stato riversato in mare.
In un sistema informativo geografico è necessario avere due informazioni di
base per ogni elemento che rappresenta un oggetto geografico che si vuole
rappresentare e gestire:
1. la sua posizione nello spazio secondo un sistema di coordinate
geografiche note;
2. la descrizione delle sue caratteristiche (proprietà), che può essere
numerica e/o testuale.
Quando gli oggetti geografici che si vogliono rappresentare e gestire in un GIS
hanno una posizione nello spazio, cioè sono spazialmente riferiti ad un sistema
geografico-cartografico, essi sono detti georiferiti; quando hanno anche
associate delle descrizioni, attributi in gergo GIS, si può parlare di vero e
proprio data base geografico.
Descrivere un paesaggio in termini di elementi geografici significa scomporlo
in elementi puntuali, lineari ed areali (o poligonali); queste sono le geometrie
base di un GIS dette anche primitive geografiche. I punti sono utilizzati per
44
descrivere elementi isolati, come potrebbero essere i ripetitori di telefonia
mobile; le linee diventano essenziali soprattutto quando si lavora su reti come
quella fluviale; i poligoni vengono usati per descrivere superfici del paesaggio
come ad esempio le province di una certa regione.
Descrivere il paesaggio in termini di fenomeni geografici significa scomporlo
in superfici continue che nel loro insieme occupano una determinata porzione
di territorio, ognuna caratterizzata da un certo valore del fenomeno geografico
che si sta rappresentando. In questo modo si potrà rappresentare efficacemente
la variazione di densità di precipitazioni in uno Stato, la variazione di pH in un
terreno agricolo, le variazioni di temperatura dell’aria di una certa regione o la
quota sopra il livello del mare.
Figura 6 - Shapefile puntuale
45
Figura 7 - Shapefile poligonale
Figura 8 - Shapefile lineare
46
Maggiore è il numero di dati misurati, più elevata sarà l’accuratezza e la
verosimiglianza della rappresentazione per superfici continue. Se, ad esempio,
occorresse rappresentare la predisposizione di un determinato territorio al
franamento dei versanti, analizzando le aree frana attiva, frana quiescente,
pendenza dei versanti, distanza da faglie, distanza da corsi d’acqua,
caratteristiche litotecniche del substrato roccioso, vegetazione, ecc., l’unica via
possibile sarebbe quella di rappresentare i vari livelli informativi come superfici
continue, per esempio raster16, ed applicare un algoritmo ad ogni pixel
sfruttando i valori che caratterizzano quello stesso pixel17 di ogni livello
informativo. La rappresentazione degli elementi geografici all’interno di un GIS
avviene attraverso un modello cosiddetto di tipo vettoriale18
.
Ogni elemento geografico viene scomposto nella sua geometria di base, vale a
dire punti, linee o poligoni che abbiamo già chiamato primitive geografiche.
All’interno di un GIS i punti sono definiti come una coppia di coordinate. La
linea retta è definita dalle coordinate del punto iniziale e da quelle del punto
finale della linea, mentre una polilinea o una spezzata è definita dalle coordinate
del punto iniziale e finale più quelle dei punti intermedi che determinano il
cambiamento di direzione, detti vertici. Il poligono viene rappresentato allo
16
La grafica bitmap, o grafica raster (in inglese bitmap graphic, raster graphics, mentre in italiano
sarebbe traducibile come: Grafica a griglia), è una tecnica utilizzata per descrivere un'immagine in
formato digitale. Un'immagine descritta con questo tipo di grafica è chiamata immagine bitmap o
immagine raster. Tratto da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Raster
17
Con il termine pixel (derivato dalla lingua inglese, contrazione della locuzione picture element), nella
computer grafica, si indica ciascuno degli elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di
una immagine raster digitale, ad esempio su un dispositivo di visualizzazione o nella memoria di un
computer.
Nelle immagini rappresentate da dati informatici, solitamente, i punti riprodotti sono così piccoli e
numerosi da non essere distinguibili ad occhio nudo, apparendo fusi in un'unica immagine quando
vengono stampati su carta o visualizzati su un monitor. Ciascun pixel, che rappresenta il più piccolo
elemento dell'immagine, è caratterizzato dalla propria posizione e da valori quali colore e intensità,
variabili in funzione del sistema di rappresentazione adottato. Tratto da Wikipedia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Pixel
18
La grafica vettoriale è una tecnica utilizzata in computer grafica per descrivere un'immagine.
Un'immagine descritta con la grafica vettoriale è chiamata immagine vettoriale.
Nella grafica vettoriale un'immagine è descritta mediante un insieme di primitive geometriche che
definiscono punti, linee, curve e poligoni ai quali possono essere attribuiti colori e anche sfumature. È
radicalmente diversa dalla grafica raster in quanto nella grafica raster le immagini vengono descritte
come una griglia di pixel opportunamente colorati. Tratto da Wikipedia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Grafica_vettoriale
47
stesso modo della spezzata con la differenza che il primo e l’ultimo punto
coincidono.
In un GIS il paesaggio è descritto non solo dal punto di vista grafico ma tenendo
conto anche degli attributi del paesaggio stesso; ad ogni primitiva geografica
verrà quindi associata una tabella in cui vengono conservate le informazioni
relative a quel dato elemento geografico. La tabella consente di effettuare query
che consentono di evidenziare determinate condizioni del territorio
rappresentato.
Poiché si conosce l’esatta ubicazione nello spazio di ogni elemento geografico
inserito in un GIS, con un modello di rappresentazione vettoriale è possibile
effettuare analisi topologiche che permettono di evidenziare quale sia il rapporto
geometrico-spaziale tra i vari oggetti geografici rappresentati. Il GIS ci permette
di capire quali sono le regioni che confinano con una data regione, lo fa
eseguendo un’analisi di adiacenza. L’adiacenza è determinata grazie alla
condivisione di elementi geometrici tra poligoni che il GIS riesce a verificare
molto velocemente analizzando le coordinate dei punti che determinano i vari
poligoni presenti nel GeoDB. Altre operazioni che può effettuare un GIS, che
rientrano tutte nel “concetto” di topologia, sono il contenimento e la
connettività.
La rappresentazione dei fenomeni spaziali all’interno di un GIS avviane
attraverso un modello a superfici continue. Esso viene adottato ogni volta che
si ha la necessità di rappresentare una variabile continua nello spazio (come la
temperatura dell’aria o la quota sopra il livello del mare), anche detto campo,
che viene implementato in un modello generico detto a mosaico. Esistono due
tipi di mosaico: quelli composti da celle irregolari triangolari dette TIN
(acronimo di Triangulated Irregular Network) e quelli composti da celle
regolari o quadrate dette raster.
48
Figura 9 - Modello a mosaico composto da celle regolari quadrate (raster)
Figura 10 - Modello a mosaico composto da triangoli irregolari (TIN)
Una buona parte dei formati immagine nel mondo informatico, dalle foto
digitali alle scansioni, sono di tipo raster e le estensioni più comuni, dette anche
formati di compressione, di questi file sono: .tif, .jpeg, .bmp, .gif. Ogni
immagine è costituita da molti pixel di dimensioni costanti, ognuno
caratterizzato da un certo valore o attributo (scala di grigio), o da una terna di
attributi (RGB, rosso-verde-blu), o da quattro attributi (CMYK, ciano-magenta-
giallo-nero) che ne identificano il colore.
49
Il raster di un modello a superfici continue non è molto diverso da quello di
un’immagine qualunque, in questo caso però gli attributi di ogni pixel non
corrispondono ad un colore bensì esprimo quello che il modello deve
rappresentare come ad esempio la profondità della falda o la temperatura
dell’aria o la densità di popolazione. Inoltre nel caso di modelli a superfici
continue, il dato geografico è corredato anche dall’importantissima
informazione di tipo spaziale; vale a dire che ad ogni pixel corrisponde una
combinazione di coordinate geografiche che ne permettono l’esatta ubicazione
in un sistema di riferimento geografico. La griglia di pixel è sempre rettangolare
e corrisponde al rettangolo che circoscrive l’area che si sta rappresentando. Se
l’area di interesse non è esattamente rettangolare i pixel che corrispondono a
quest’area avranno i valori corrispondenti all’informazione che portano con se
mentre tutti i pixel esterni, ma comunque ubicati all’interno del rettangolo che
circoscrive l’area irregolare, avranno attributi nulli, normalmente espressi come
NO DATA.
Nel complesso quindi, un file raster geografico conterrà alcune informazioni
iniziali essenziali per la localizzazione geografica e cioè:
- la dimensione in unità di misura reale del lato del pixel quandrato
denominata risoluzione;
- il numero di pixel per riga della griglia;
- il numero di pixel per colonna della griglia;
- le coordinate geografiche del primo pixel in alto a sinistra, cioè del pixel
all’estremo nord-occidentale.
Coordinate X,Y
20 36 47 ] Risoluzione
18 20 32 n.di pixel per riga: 3
19 24 51 n.di pixel per colonna: 4
23 32 52
Tabella 3 - Caratteristiche di un dato raster
50
Quando si parla di risoluzione di un raster si intende, a parità di dimensioni
dell’immagine, quanti sono i pixel presenti. Nel mondo delle fotocamere digitali
ci si riferisce ai megapixel di un’immagine per specificarne la definizione. Nel
mondo dei raster geografici, dato che ogni pixel corrisponde ad una superficie
reale, la risoluzione viene tipicamente data dalla dimensione reale del pixel
espressa normalmente in metri.
Normalmente un dato raster geografico viene costruito a partire da un dato
vettoriale puntuale; così, ad esempio, il dato raster della temperatura dell’aria
verrà creato per interpolazione dei valori puntuali, desunti da stazioni meteo
presenti in una certa area geografica. Esistono due metodi per derivare un raster
da dati vettoriali: la triangolazione e l’interpolazione.
La triangolazione prevede la creazione di una rete di triangoli irregolari
adiacenti chiamata TIN; se si esegue una triangolazione da punti quota a curve
di livello, i vertici dei triangoli generati coincideranno con i punti quotati o con
punti ubicati lungo curve di livello.
L’interpolazione invece può avvenire secondo diversi modelli più o meno
complicati (Thiessen, Inverse Distance Weighted - IDW, Splines, Kriging, ecc.)
che permettono di riempire lo spazio vuoto tra punti o linee di attributi noti.
Si immagini di voler costruire un raster che rappresenti la topografia di un certo
territorio, si tratta di uno dei raster più utilizzati in ambiente GIS, normalmente
denominato modello digitale dell’altitudine o DEM (acronimo di Digital
Elevation Model). In questo raster la griglia è formata da celle di dimensioni
uguali che portano come attributo l’altitudine media dell’area geografica che il
pixel rappresenta. Il DEM può essere derivato dal TIN, a sua volta creato da
punti quotati e curve di livello, oppure direttamente dai punti quotati. In un
DEM, l’attributo di ogni pixel è il valore dell’altitudine media di quella porzione
di territorio interpolata a partire dai punti quotati più o meno interni al pixel
stesso; tanto maggiore è la risoluzione scelta per la creazione del DEM, tanto
51
minore sarà il numero di punti quotati che si trovano all’interno o nei pressi di
ogni pixel. Se si parla di un DEM di risoluzione 20 metri, si intende che questo
raster geografico è costruito da una griglia di pixel quadrati con lato 20 metri,
cioè da superfici continue di 400 metri quadri l’una.
52
Cap.3 - Applicazioni per il comune di
Casalnuovo di Napoli
3.1 - Inquadramento urbanistico di Casalnuovo
Casalnuovo di Napoli è un comune campano, ubicato a Nord-Est di Napoli, con
una popolazione pari a 48590 abitanti, secondo i dati ISTAT relativi al 31
dicembre 2012.
Questo comune rientra nel STS E1 Napoli Nord-Est individuato nel terzo
Quadro Territoriale di Riferimento (QTR) previsto dal Piano Territoriale
Regionale (PTR) istituito con Legge Regionale n°13 del 13 ottobre 2008. I
Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS) sono aree geografiche che hanno in
comune le stesse prospettive di sviluppo. Il PTR è necessariamente agganciato
alla dimensione territoriale e agli effetti sul territorio delle strategie di sviluppo,
ciò al fine di registrare e promuovere strategie di sviluppo che saranno normate
nei loro assetti fisici dai Piani Territoriali Provinciali (PTCP) e dai Piani
Urbanistici Comunali (PUC).
Il carattere prevalentemente strategico del PTR, fa delle delimitazioni dei
Sistemi Territoriali di Sviluppo uno strumento di articolazione e verifica delle
strategie e delle politiche che incidono significativamente sugli assetti
territoriali.
L’individuazione dei Sistemi Territoriali di Sviluppo non ha valore di vincolo,
ma di orientamento per la formulazione di strategie in coerenza con il carattere
proprio del PTR, inteso come piano in itinere soggetto a continue
implementazioni. L’individuazione dei Sistemi Territoriali di Sviluppo diventa,
53
in tale ottica, la trama di base sulla quale costruire i processi di co-
pianificazione.
Nel Sistemi Territoriali di Sviluppo E1 oltre al comune in esame sono presenti
i seguenti comuni:
 Acerra;
 Afragola;
 Brusciano;
 Caivano;
 Cardito;
 Castello di Cisterna;
 Crispano;
 Pomigliano d’Arco.
Scendendo di livello, il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale risulta
essere realizzato in concomitanza con l’approvazione del PTR; la proposta di
PTCP è stata approvata con delibera della giunta provinciale n°1091 del 17
dicembre 2007, la relazione è stata poi approvata con delibera della giunta
provinciale n°747 dell’8 ottobre 2008.
Nel PTCP a pagina 6, nel paragrafo “Il coordinamento con il piano territoriale
regionale” si legge:
“Da questo punto di vista, la concomitanza della formazione dei due
strumenti, il Ptr e il Ptcp, può conferire grande rilievo alla
collaborazione dei due soggetti istituzionali, sia per quanto concerne i
relativi processi politici, sia per quanto concerne il coordinamento
tecnico delle scelte di tutela e di sviluppo. Si delinea, al posto del vecchio
modello di pianificazione “a cascata”, un processo di dialogo
interattivo, secondo il quale il Piano provinciale può concorrere alla
formazione delle scelte regionali – ad esempio proponendo motivate
modifiche alle articolazioni territoriali definite dal Ptr, come i Sistemi di
54
sviluppo territoriale o gli “ambienti insediativi” - così come queste
guidano ed indirizzano le scelte provinciali.”
Il PTCP ha tra i suoi obiettivi prioritari “quello di una riorganizzazione
policentrica e reticolare del territorio provinciale al fine di razionalizzare un
sistema metropolitano caratterizzato dalla funzione attrattiva del capoluogo e
di alcune aree con alti livelli di specializzazione”; in ossequio a quanto indicato
vengono istituiti gli Ambienti Insediativi Locali (AIL).
Casalnuovo ricade nel “Sistema Pomiglianese” che ha come obiettivo:
“Valorizzazione del ruolo legato alle attività di produzione e ricerca del
triangolo Pomigliano-Acerra-Casalnuovo attraverso la “messa in rete”
e l’integrazione dei servizi; incremento delle funzioni urbane di livello
superiore in una logica di complementarietà tra i diversi centri/ambiti
del sistema.”
La suddivisione in AIL si è resa necessaria per poter lavorare in maniera più
ordinata e organica sul territorio, andando ad individuare realtà che spesso
ricadono in più AIL. Gli AIL individuati sono 22 e vengono di seguito elencati
insieme ai 2 ambienti insediativi integrati:
55
Figura 11 - Ambienti insediativi locali, Paesaggi e STS regionali
Nelle norme di attuazione del PTCP, la cui ultima revisione risale al 2009,
vengono considerate nel Capitolo III, art.14 comma 5 le industrie o le attività
antropiche che possono essere sorgenti di rischio ambientale. Purtroppo l’unica
56
industria che è stata censita risulta essere la dismessa “Liquigas”, mancano le
altre industrie presenti sul territorio in esame; alcune tra le più famose industrie
casalnuovesi sono la RA.M.OIL spa, un petrolchimico presente da almeno 20
anni in questo territorio, e la COMASA, industria di cornici che al suo interno
ha un impianto a biomassa.
Alla fine degli anni 40 del secolo scorso era ancora possibile distinguere i nuclei
insediativi storici, le arterie di collegamento erano libere dall’urbanizzazione. A
partire dagli anni 70 del secolo scorso il boom dell’edilizia ha colpito anche
questi comuni, realizzando spesso veri e propri abusi edilizi che con il tempo
sono stati condonati.
Dal punto di vista del trasporto pubblico Casalnuovo è servita da servizi di
trasporto su gomma e su ferro:
Trasporto su gomma esistente:
 Società trasporti ANM presente con la linea A37 con tragitto Acerra –
Napoli transitante per Casalnuovo di Napoli.
Trasporto su ferro esistente:
 Società Circumvesuviana con le linee Napoli – Baiano e Napoli – Acerra.
La linea ha 4 stazioni presenti sul territorio comunale denominate: Salice,
Casalnuovo, La Pigna e Talona;
 Società FS (Ferrovie dello Stato) con treni regionali che collegano la città
di Napoli con le province di Caserta e Benevento con numero 1 stazione
denominata Casalnuovo.
A Casalnuovo non sono presenti risorse paesaggistiche di particolare interesse,
dal punto di vista architettonico è da menzionare la Chiesa di San Giacomo
Apostolo e la struttura fatiscente del Palazzo dei Principi Salerno-Lancellotti di
Durazzo.
La superfice comunale di Casalnuovo risulta così sfruttata:
57
Figura 12 - Uso del suolo casalnuovese
Di cui:
Figura 13 - Rapporto tra superfice comunale e superfici artificiali
62%
38%
Area Urbanizzata Area Agricola
40%
20%
40%
Area Residenziale Area Industriale Superfice restante
58
3.2 - Creazione della carta d’uso del suolo
Per costruire la carta d’uso del suolo del comune di Casalnuovo ci siamo
avvalsi, come dati di base, delle seguenti 4 tavole della Carta Tecnica Regionale
(CTR) della Campania:
 447121
 448094
 448053
 448052
Le carte tecniche sono caratterizzate dal fatto che tutti gli elementi sono
rappresentati in vera proiezione, senza subire operazioni di “ingrandimento” o
di “spostamento”. Si tratta quindi di una cartografia a grande scala (fino a
1:5.000, 1:10.000), adeguata per attività di progettazione (donde il nome di carte
tecniche).
Ogni tavola della CTR è identificata dal toponimo della località principale e da
un numero a sei cifre: le prime tre indicano il Foglio 1:50.000 di appartenenza,
le successive tre individuano la sezione 1:10.000 se l'ultimo numero è zero; se
invece le ultime cifre sono 1,2,3,4 (in luogo dello zero) indicano l'elemento
1:5.000. Le nostre 4 tavole sono quindi in scala 1:5000.
La CTR ha come sistema di riferimento l’ED50. E’ doveroso fare un piccolo
excursus sui sistemi di riferimento.
I sistemi di riferimento per la georeferenziazione dei dati spaziali
Come in tutte le attività cartografiche, anche nella pianificazione di un
progetto GIS, la definizione del sistema di riferimento cartografico da
adottare rappresenta il primo e obbligato passaggio teorico e tecnico;
59
l'attributo principale di un elemento territoriale è costituito dalle sue
coordinate geografiche.
Quando in cartografia si definiscono le coordinate di un punto sulla Terra
(ovvero la sua posizione geografica) non si fa altro che definire la sua
posizione (in coordinate) rispetto ad una superficie geometrica adottata in
sostituzione della reale forma della Terra.
Poiché il globo terrestre ha una forma non riconducibile a nessuna figura
geometrica si pensò di definire una nuova figura, il geoide, definito come la
superficie equipotenziale del campo gravitazionale terrestre, oppure come “la
superficie media degli oceani, intesi come formati da acqua di densità e
temperatura costanti, depurata dei moti ondosi e dalle irregolarità delle
maree sia periodiche che accidentali, dalle variazioni della pressione
atmosferica, [. . .]. Si ricordi che la superficie libera della massa liquida tende
a disporsi, per motivi di equilibrio idrostatico, secondo una superficie
equipotenziale del campo della gravità”19
Tale superficie approssima meglio
di ogni altre la realtà ma non risulta, in ogni caso, adatta come superficie di
riferimento per usi cartografici in quanto molto irregolare. A questo scopo
viene utilizzato l'ellissoide di rotazione biassiale che costituisce la forma
geometrica che più si avvicina al geoide.
19
Dainelli, N., Bonechi, F., Spagnolo, M., & Canessa, A. (2008). Cartografia numerica - Manuale
pratico per l'utilizzo dei GIS. Palermo: Dario Flaccovio Editore.
60
Figura 14 - Differenza tra geoide ed ellissoide
L'ellissoide di rotazione modella dunque la forma del globo terrestre e
costituisce una superficie di riferimento per il calcolo di angoli e distanze e,
conseguentemente, di coordinate relative alle posizioni sulla superficie
dell'ellissoide stesso. Queste ultime vengono appunto definite come
coordinate ellissoidiche che, per un dato punto P giacente sulla superficie
dell'ellissoide, sono:
 la latitudine di P: l'angolo φ formato dalla Normale passante per il
punto P e il piano equatoriale;
 la longitudine di P: l'angolo λ individuato sul piano equatoriale dal
piano contenente il meridiano di riferimento, avente
convenzionalmente valore di λ = 0 (meridiano di Greenwich), e il
piano contenente il meridiano passante per P.
Prima dell’avvento dei satelliti furono ideati diversi ellissoidi ognuno utile a
rappresentare in maniera più corretta un dato territorio. Nel 1924, durante
l’assemblea dell’Unione Geodedica e Geofisica Internazionale fu scelto
l’ellissoide di Hayford come ellissoide internazionele e, di consegneza, questo
è stato adottato da molti Paesi con il nome di International 1909 o
61
International 1924. L’ellisoide di Hayford ha il semiasse maggiore pari a
6.378.388 di metri e uno schiacciamento pari a 1/297.
Gli ellissoidi si dividono in geocentrici e locali. Quelli geocentrici hanno il
centro coincidente con il centro della Terra e il semiasse minore coincidente
con la congiungente i Poli, quello maggiore coincidente con il piano
equatoriale. Un ellissoide di tipo locale è invece sganciato dalla sua posizione
geocentrica e spostato finché la sua superficie non diventa tangente alla
superficie del geoide nella zona di interesse, il punto di tangenza tra queste
due superfici è detto centro di emanazione.
La definizione della forma e dell’orientamento dell’ellissoide ci consente di
definire il datum geodetico, cioè, il modello matematico utile a definire le
coordinate degli oggetti presenti sulla Terra.
Il centro di emanazione da spesso il nome al datum, ad esempio il nostro
datum nazionale è il Roma40 corrispondente all’ellissoide che ha come centro
di emanazione Monte Mario, presso Roma; 40 sta ad indicare l’anno in cui è
stato adottato e cioè il 1940. Il Roma40 usa l’ellissoide di Hayford.
Nel momento in cui si vuole creare una cartografia rappresentante una certa
porzione di superficie terrestre, al sistema di riferimento geodetico deve
essere necessariamente associato un metodo di sviluppo cartografico, ovvero
un sistema di proiezione, che permetta di riportare sul piano, più
coerentemente possibile, i punti di coordinate note inquadrati nella rete
geodetica. La maggior parte della cartografia utilizza la rappresentazione
conforme di Gauss, detta anche di Mercatore Inversa o Trasversa (Universal
Trasverse Mercator – UTM), che ha come proprietà quella di avere isometria,
cioè assenza di deformazione lungo il meridiano su cui si sceglie di centrare
la rappresentazione.
In Italia purtroppo sono ancora in vigore vari sistemi di riferimento geodetici,
tra cui quelli principali sono:
 Roma40, associato al sistema cartografico Gauss-Boaga;
62
 ED50, associato al sistema cartografico UTM-ED50;
 WGS84, associato al sistema cartografico UTM-WGS84;
 Bessel, associato al sistema cartografico Cassini-Soldner(ampiamente
utilizzato per le mappe catastali).
Il Roma40 è il sistema geodetico nazionale, introdotto nei primi anni della
seconda guerra mondiale. Il datum è costituito dall'ellissoide di Hayford e dal
centro di emanazione imposto sulla verticale del punto Roma Monte Mario
identificato dalle seguenti coordinate calcolate con metodi astronomici:
 latitudine: 41° 55' 25,51"
 longitudine: 0° (12° 27' 08,400" Est di Greenwich)
 azimut su Monte Soratte 6° 35' 00,88".
Le longitudini sono normalmente contate dal meridiano di Roma Monte
Mario che costituisce l'origine propria del sistema. Questo sistema
rappresenta il riferimento per la rete geodetica nazionale classica dell'IGM
costituita da 20.000 vertici. A scopo cartografico, è stato utilizzato fino agli
anni ’60 del secolo scorso e ad esso è riferita la Carta d'Italia 1:100.000 ed il
suo sottomultiplo 1:25.000. Molte regioni usano ancor oggi questo sistema
per la creazione della propria carta tecnica numerica. Al sistema Roma 40 è
associato il sistema cartografico Gauss-Boaga che adotta la rappresentazione
conforme di Gauss (Mercatore inversa). Esso si compone di due fusi di 6
gradi, definiti allo scopo di coprire il solo territorio nazionale e denominati
OVEST ed EST. I due fusi hanno un fattore di contrazione sul meridiano
centrale pari a 0.9996 e sono caratterizzati dalle condizioni al contorno di
seguito descritte:
 meridiani centrali a-3° 27' 08,40" e 2° 32' 51,60" di longitudine da
Roma Monte Mario;
 fattore di contrazione (mo) = 0,9996;
 falsa origine per le coordinate Est: 1.500 Km (fuso Ovest) e 2.520 Km
(fuso Est);
63
L’ED50, acronimo di European Datum 1950, è il sistema geodetico europeo,
introdotto nel 1950 allo scopo di unificare la cartografia di tutta l'Europa
occidentale. Anch'esso come il ROMA40, è costituito dall'ellissoide di
Hayford, e il punto di emanazione fu scelto, per motivi militari, nella località
tedesca di Potsdam. In questo sistema le coordinate del punto Roma Monte
Mario assumono i seguenti valori:
 latitudine: 41° 55' 31,487"
 longitudine: 12° 27' lO,930" Est di Greenwich.
Questo sistema è adottato in Italia per la quasi totalità delle produzioni
cartografiche: dalla Carta d'Italia al 50.000 a tutti i suoi sottomultipli
25.000,10.000,5.000 e 2.000. L'UTM (Universal Transverse Mercator) è il
sistema cartografico associato sia all'ED50 che al WGS84 (di seguito
descritto). Anch'esso utilizza la proiezione conforme di Gauss ma considera
l'intero globo suddiviso in 60 fusi di 6 gradi ciascuno. I fusi sono numerati da
1 a 60 verso Est a partire dall’antimeridiano di Greenwich. Il territorio
nazionale italiano risulta compreso in 3 fusi: 32,33 e 34. Il fattore di
contrazione del meridiano centrale è per tutti i fusi di 0,9996 e, su tutti, la
falsa origine Est in metri è pari a 500.000.
Il WGS84 è un sistema cartesiano geocentrico (O, X, Y, Z ) con l'origine
coincidente con il centro di massa della Terra, l'asse Z passante per il polo
Nord, l'asse X passante per il meridiano di Greenwich e l'asse Y tale da
formare una tema destrorsa. In questo sistema le coordinate del punto Roma
Monte Mario assumono i seguenti valori:
 latitudine: 41° 55' 27.851"
 longitudine: 12° 27' 07.658" Est di Greenwich.
Il sistema è da pochi anni utilizzato in Italia ma già l'IGM (Istituto Geografico
Militare) lo aveva scelto per la realizzazione della nuova rete geodetica
denominata IGM95 e per la realizzazione della nuovacartografia ufficiale al
64
25.000. Anche il sistema WGS84 adotta il sistema cartografico UTM
sopradescritto.
Il sistema catastale Bessel è il più antico sistema geodetico adottato in Italia,
ancora oggi utilizzato per la gran parte della cartografia catastale.
L'orientamento dell'ellissoide è imposto sulla verticale del punto Genova IIM
(Istituto Idrografico della Marina) identificato dai seguenti valori
astronomici:
 latitudine: 44° 25' 08.235"
 longitudine: 0°
 azimut su Monte del Telegrafo 117° 31' 08.91".
Le longitudini sono contate dal meridiano di Genova IIM. Al sistema catastale
non corrisponde un unico sistema piano; esistono molteplici sistemi d'asse
locali, che utilizzano la rappresentazione cartografica Cassini-Soldner.
L'intero territorio nazionale è suddiviso in oltre 800 sistemi, raggruppati in 31
detti di grande estensione, ciascuno riferito ad una diversa origine (centro di
sviluppo), coincidente in molti casi con un vertice IGM. L'estensione di ogni
sistema locale è in genere limitata ad un massimo di 70 km dall'origine in
direzione E-O e a 100 km in direzione N-S.
I quadranti della CTR erano georiferiti secondo l’ED50 e come prima cosa li
abbiamo georeferenziati importando il datum dallo shapefile20 (da ora in poi
shp) dei confini comunali. Il sistema di coordinate usato è il WGS84 UTM fuso
33N, abbiamo usato questo sistema per la sua internazionalità.
Successivamente abbiamo creato un GeoDB vuoto che inizialmente ci è servito
per esportare informazioni dai file di base che abbiamo a disposizione in modo
da consentirci la successiva rielaborazione.
20
Formato file vettoriale di proprietà della ESRI
65
Siccome siamo interessati al solo comune di Casalnuovo, abbiamo eseguito una
selezione sullo shp dei confini comunali in modo da evidenziare solo il suddetto
comune. Abbiamo quindi provveduto ad esportare il dato selezionato in un
nuovo shp, chiamato “Casalnuovo”, che ci è servito in seguito per tagliare i
quadranti della CTR estraendo così le sole informazioni relative a Casalnuovo.
Per ottenere la CTR del solo comune in esame abbiamo usato le operazioni di
Geoprocessing. Innanzitutto abbiamo usato il comando MERGE per unire i 4
quadranti. Poiché abbiamo a che fare con gruppi di layer creati con un CAD21
abbiamo dovuto eseguire l’operazione per ognuno dei livelli di layer. Il risultato
di questa operazione si è concretizzato con la creazione dei seguenti 5 shp:
 Annotation;
 Multipatch;
 Point;
 Polyline;
 Polygon.
Per ognuno di questi 5 shp abbiamo eseguito una operazione di CLIP sfruttando
come file di clip lo shp che contiene i solo confini del comune in esame.
Abbiamo quindi ottenuto altri 5 shp ma questa volta al loro interno troviamo
solo le informazioni che riguardano il comune di Casalnuovo.
Il nostro obiettivo è quello di ottenere un unico shp che contenga tutte le
informazioni relative al comune in esame. Con le operazioni effettuate pocanzi
continuiamo ad avere i dati disgregati per cui dobbiamo eseguire alcuni processi
di editing finalizzati alla realizzazione dello shp di nostro interesse.
Come prima cosa dallo shp “Polyline” ci siamo estratti, tramite SELECT BY
ATTRIBUTES, le informazioni riguardanti l’edificato. Questo perché abbiamo
21
In informatica, l'acronimo inglese CAD viene usato per indicare due concetti correlati ma differenti:
 Computer-Aided Drafting, cioè disegno tecnico assistito dall'elaboratore;
 Computer-Aided Design, cioè progettazione assistita dall'elaboratore.
66
riscontrato che lo shp “Polygon” non riportava tutti i poligoni, e quindi gli
edifici, presenti nel comune di interesse. Poiché nello shp “Polyline” sono
rappresentate le coperture della singola tipologia di edificio, dando la possibilità
di distinguere gli edifici industriali da quelli generici, dalle serre ecc.., abbiamo
scritto una query che dal field “Layer” ci consentisse di selezionare le polilinee
di nostro interesse. Con il corretto uso della sintassi SQL abbiamo eseguito
l’operazione di selezione e infine abbiamo esportato i dati. Abbiamo quindi
esportato queste informazioni in un nuovo shp. Lo shp appena creato lo abbiamo
rielaborato usando da ArcToolbox l’operazione di FEAUTURE TO POLYGON
che ci consente di convertire lo shp polilineare in uno poligonale, questo shp lo
abbiamo chiamato “Polyline to Polygon”.
A questo punto nel GeoDB, in cui finora abbiamo esportato i dati estratti dalle
cartografie, abbiamo creato un feauture dataset al cui interno abbiamo creato
una feauture class poligonale che abbiamo chiamato “Infrastruttura viaria”;
grazie a quest’ultima, avviando l’editor, siamo in grado di digitalizzare il tessuto
stradale e quello ferroviario.
Torniamo di nuovo ad effettuare una operazione di geoprocessing usando il
comando UNION, andando a fondere in un unico shp gli shp:
 Casalnuovo;
 Polygon;
 Polyline to Polygon;
 Infrastruttura viaria.
Abbiamo così ottenuto una prima bozza di carta d’uso del suolo del nostro
comune; tramite l’editor andiamo a correggere le imperfezioni. L’imperfezione
più grande a cui dobbiamo far fronte dipende dal fatto che le aree esterne
all’abitato risultano far parte di un unico poligono nonostante questo poligono
sia percorso e tagliato interamente dal tracciato stradale e ferroviario. E’ come
se durante l’operazione di UNION che abbiamo effettuato poco prima, è stata
67
eseguita automaticamente un DISSOLVE sui poligoni che facevano parte dello
shp “Casalnuovo”. Per risolvere questo problema avviamo l’editor, attiviamo
la barra ADVANCED EDITING, selezioniamo il poligono di nostro interesse e
clicchiamo su EXPLODE MULTIPART FEAUTURE. A questo punto
possiamo andare a ritagliare le aree che risultano omogenee nello shp ma che
nella realtà sono ben distinte. In pratica ci troveremo a dover ritagliare, ad
esempio, le aree di pertinenza di alcune scuole, separeremo le aree residenziali
da quelle industriali oppure dovremo suddividere le colture in modo da ottenere
una corretta rappresentazione dell’utilizzazione agricola del territorio.
A questo punto abbiamo sfruttato le informazioni in nostro possesso per creare
un GeoDBche ci consentisse in seguito di tematizzare la nostra carta in funzione
dell’utilizzazione del suolo. Per rappresentare le superfici agricole abbiamo
attinto alle informazioni possedute nella CUAS del 2009 poiché dalla CTR non
si evinceva il tipo di uso agricolo del suolo.
68
Figura 15 - CTR
69
Figura 16 - CUAS
70
Noto l’utilizzo del suolo di tutto il comune, abbiamo inserito nel GeoDB le
informazioni relative ai 4 livelli della Corine Land Cover (CLC) che abbiamo
indagato.
Il primo livello della CLC fa una distinzione molto generale tra aree artificiali,
agricole, aree boscate e ambienti semi-naturali, zone umide, corpi idrici. I livelli
successivi scendono più nel dettaglio andando a descrivere in maniera via via
più accurata l’uso che se ne fa del suolo.
Per quanto riguarda il comune in esame al primo livello della CLC abbiamo
solo le aree artificiali e quelle agricole. Al livello successivo riusciamo ad avere
già un quadro un po’ più chiaro sull’utilizzo del suolo casalnuovese. Possiamo
infatti dividere l’area artificiale nelle seguenti 4 categorie:
 1.1 - zone urbane di tipo residenziale;
 1.2 - zone industriali, commerciali ed infrastrutturali;
 1.3 - zone estrattive, cantieri, discariche e terreni artefatti ed abbandonati;
 1.4 - zone verdi artificiali non agricole.
Mentre per le aree agricole abbiamo:
 2.1 – seminativi;
 2.2 - colture permanenti;
 2.3 - prati stabili (foraggere permanenti);
 2.4 - zone agricole eterogenee.
Al terzo livello della CLC abbiamo un dettaglio ancora maggiore, possiamo
infatti andare a distinguere la zona residenziale a tessuto continuo da quella a
tessuto discontinuo, oppure siamo in grado di distinguere la rete stradale e
ferroviaria dalle zone industriali.
Il quarto livello è quello in cui abbiamo avuto il dettaglio massimo. In questo
livello la caratterizzazione del territorio ci ha consentito di suddividerlo in più
71
aree, di seguito abbiamo inserito la legenda della carta relativa a questo livello
di dettaglio:
 1.1.1.1 - area del centro urbano;
 1.1.1.2 - area del centro storico;
 1.1.2.3 - aree con edificato discontinuo con vegetazione;
 1.2.1.1 - unità industriali e commerciali;
 1.2.1.2 - aree per impianti speciali;
 1.2.2.1 - rete stradale ed aree associate;
 1.2.2.2 - rete ferroviaria ed aree associate;
 1.3.3.1 - cantieri;
 1.4.1.2 - cimiteri;
 1.4.2.1 - impianti sportivi;
 2.1.1.1 - prevalentemente seminativi senza vegetazione sparsa;
 2.1.1.3 - serre;
 2.2.2.1 - frutteti;
 2.3.1.1 - pascoli (prati e pascoli) prevalentemente senza alberi e arbusti;
 2.3.1.2 - pascoli (prati e pascoli) con alberi e arbusti;
 2.4.1.1 - colture temporanee associate a colture permanenti.
Non siamo riusciti ad andare oltre, approfondendo l’uso che se ne fa del suolo
con un altro livello, a causa della scarsità delle informazioni reperibili dagli enti
preposti come comune, provincia e regione.
3.3 - Applicazioni a servizio del comune di Casalnuovo
Nelle due applicazioni che seguono abbiamo usato l’operatore di geoprocessing
“BUFFER”. “Il buffer (cuscinetto, tampone) è una funzione di geoprocessing
72
che permette di definire aree di rispetto di elementi geografici attraverso la
creazione, attorno a questi ultimi e ad una certa distanza, di un nuovo layer
poligonale, definito appunto piano informativo di buffer. La forma di questo
layer varia a seconda del tipo di primitiva geografica su cui viene applicata la
funzione: per un punto essa sarà un cerchio, per una linea diritta sarà una
figura geometrica avente due lati paralleli alla linea raccordati da due semi-
circonferenze. In caso di polilinee e poligoni di forma complessa, il poligono di
buffer è costituito da polilinee il cui andamento è parallelo alle polilinee
originali, ad una determinata distanza. Per i poligoni, un buffer può essere
definito sia al suo interno, sia all'esterno.”22
3.3.1 - Distribuzione dei servizi urbani
Per questa applicazione ci siamo concentrati sulle suole, andando ad indagare
se la loro distribuzione sul territorio casalnuovese fosse più o meno omogenea.
In particolare abbiamo considerato i seguenti ordini di scuole pubbliche:
 scuola per l’infanzia;
 scuola primaria;
 scuola secondaria di primo grado.
Il raggio di influenza delle scuole dell’obbligo si misura in base alla massima
distanza percorribile a piedi da parte dell’utente (alunno). Per le scuole per
l’infanzia il raggio è pari a 300m, per le scuole primarie è 500m, per le scuole
secondarie di primo grado è 1000m.23
22
Dainelli, N., Bonechi, F., Spagnolo, M., & Canessa, A. (2008). Cartografia numerica - Manuale
pratico per l'utilizzo dei GIS. Palermo: Dario Flaccovio Editore.
23
Petroncelli E., Stanganelli M. & Cataldo A. (2011). Assetto del territorio. Dalle norme al processo
di piano. Liguori Editore
73
Figura 17 - Area di influenza delle scuole per l'infanzia
74
Figura 18 - Area di influenza delle scuole primarie
75
Figura 19 - Area di influenza delle scuole secondarie di primo grado
Le infrastrutture dati geografici: applicazioni per la mappa d’uso del suolo del Comune di Casalnuovo di Napoli
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Le infrastrutture dati geografici: applicazioni per la mappa d’uso del suolo del Comune di Casalnuovo di Napoli

  • 1. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” Facoltà di Ingegneria Corso di laurea triennale in “Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio” Le infrastrutture dati geografici: applicazioni per la mappa d’uso del suolo del Comune di Casalnuovo di Napoli Relatore Candidato Prof.ssa Marialuce Stanganelli Massimiliano Moraca Matricola 518/381 Anno Accademico 2013/2014
  • 2. 1 Indice Introduzione ................................................................................................. 2 Cap.1 - Infrastruttura dati geografica......................................................... 4 1.1 - Il passaggio da banca dati ad infrastruttura dati..................................................4 1.2 - Le direttive INSPIRE.............................................................................................8 Capitolo 2 - Mappa d’uso del suolo e DB topografico .............................. 13 2.1 - La mappa d’uso del suolo ....................................................................................13 2.2 - Le norme tecniche di INSPIRE per l’uso del suolo .............................................28 2.3 - DB Topografico ....................................................................................................31 2.3.1 - Cosa è un DB topografico?............................................................................31 2.3.2 - DB e GeoDB...................................................................................................33 2.3.3 - Cosa è un GeoDB?.........................................................................................42 Cap.3 - Applicazioni per il comune di Casalnuovo di Napoli ................... 52 3.1 - Inquadramento urbanistico di Casalnuovo .........................................................52 3.2 - Creazione della carta d’uso del suolo ..................................................................58 3.3 - Applicazioni a servizio del comune di Casalnuovo..............................................71 3.3.1 - Distribuzione dei servizi urbani ....................................................................72 3.3.2 - Industrie a rischio di incidente rilevante ......................................................76 Conclusioni ................................................................................................. 81 Indice delle figure ....................................................................................... 83 Bibliografia ................................................................................................. 84
  • 3. 2 Introduzione Informazione geografica, infrastrutture di dati spaziali (Spatial Data Infrastrucure - SDI), interoperabilità e sistemi informativi condivisi sono nozioni che gli sviluppatori di informazione e tecnologie della comunicazione, così come gli scienziati, ingegneri e funzionari pubblici, possono incontrare quotidianamente sia che lavorino in settori quali l'idrologia, mitigazione dei disastri, statistica, salute pubblica, geologia, protezione civile, agricoltura, conservazione della natura, o una delle tante altre discipline. Queste figure non sempre hanno modo di comprendere dati derivanti da studi che vertono su una o più competenze, soprattutto se i dati a loro disposizione sono elaborati in Paesi diversi non solo dal punto di vista linguistico ma anche culturale e legislativo. La mappa, da sempre, ha assolto lo scopo per cui è stata creata. Le prime mappe sono state utilizzate per compiere le missioni più importanti del regno o stato che le aveva commissionate: la navigazione, la scoperta e la colonizzazione di nuovi territori, la fiscalità, la guerra, ecc… Il possesso di mappe ha portato con sé il potere di monopolizzare e guadagnare lussi. Dopo la diffusione della tipografia moderna alcune tipologie di mappe divennero di uso comune, come le mappe delle città, delle strada, mappe turistiche e atlanti. Tuttavia la maggior parte delle mappe è rimasto accessibili solo agli specialisti. Ogni mappa ha seguito una propria linea di produzione e una propria specifica tematica rendendo il riutilizzo delle informazioni possedute da ognuna di esse difficile se non impossibile. Solo le carte topografiche hanno trovato una ampia diffusione in quanto esse danno una generale descrizione della Terra su base geometrica andando a distinguere con specifici segni fiumi, boschi, quote, ecc… Con lo sviluppo dell’informazione elettronica, creata con sistemi complessi come i computer, le mappe cartacee hanno lasciato via via posto a quelle
  • 4. 3 digitali. Queste sono state poi integrate dalle osservazioni spaziali che hanno prodotto immagini, con gli anni, sempre più dettagliate del globo terreste. Le mappe cartacee non sono state del tutto messe in soffitta ma la cartografia digitale è quella che consente uno studio più dettagliato del territorio grazie ai processi di analisi spaziale. L’analisi spaziale è il processo di estrazione o derivazione di nuove informazioni da modellare che ci aiutano a comprendere fenomeni di tipo naturale e sociale del contesto geografico in studio. Senza un filo conduttore unico risulta complesso se non impossibile interpretare i dati riferiti a determinati fenomeni per cui la realizzazione delle infrastrutture dati geografiche con le loro norme, leggi e accordi transnazionali, consente uno studio semplice ed immediato del territorio in esame. INSPIRE è una delle iniziative di SDI e sfruttando alcuni dettami di questa normativa andremo a studiare il territorio del comune di Casalnuovo di Napoli.
  • 5. 4 Cap.1 - Infrastruttura dati geografica 1.1 - Il passaggio da banca dati ad infrastruttura dati La diffusione di Internet e dell’alfabetizzazione informatica hanno avviato un nuovo paradigma nella gestione dei dati territoriali, promuovendo la condivisione di dati tra diverse comunità e le varie applicazioni. Secondo il Cookbook 2004 della Global Infrastructure Spatial Data Association (GSDI) "un SDI ospita dati geografici e attributi, sufficientemente documentati (metadati), un mezzo per scoprire, visualizzare e valutare i dati (cataloghi e Web mapping), e un metodo per fornire l'accesso ai dati geografici. Per rendere una SDI1 funzionale, essa deve comprendere anche gli accordi organizzativi necessari per coordinare e amministrare a livello locale, regionale, nazionale e transnazionale". La descrizione fornita da GSDI classifica come componenti della SDI i dati, metadati, i servizi e gli accordi organizzativi. Il grado di sviluppo della SDI è strettamente correlato con lo sviluppo della società dell'informazione in generale, l'uso delle tecnologie dell'informazione da parte della popolazione, e la diffusione di Internet. Una banca dati (o DataBase) è un insieme di dati costituenti un archivio che, con una serie di funzionalità ed istruzioni, può essere modificato e consultato. Nel capitolo successivo spiegheremo nel dettaglio come si crea, gestisce e consulta una banca dati e che differenza c’è tra un DataBase e un GeoDataBase. Con il termine Infrastruttura di Dati Territoriali si indica l'insieme di tecnologie, metodi, politiche ed accordi istituzionali tesi a facilitare la disponibilità, 1 Spatial Data Infrastructure, in italiano Infrastruttura di Dati Territoriali (IDT)
  • 6. 5 l'omogeneità e l'accesso a dati geospaziali. La parola infrastruttura viene utilizzata per veicolare il concetto di un ambiente di supporto affidabile, in analogia alle reti stradali o di telecomunicazioni, per la circolazione dei dati stessi. Una SDI è qualcosa di più che un insieme di dati, una SDI gestisce dati e relativi attributi, metadati, strumenti per la scoperta, visualizzazione e valutazione dei dati (cataloghi e webmapping), modalità di accesso ai dati. Per rendere una SDI funzionale, è necessaria, inoltre, la presenza di accordi istituzionali per il coordinamento e l’amministrazione a livello locale, regionale, nazionale, continentale e mondiale. Una SDI fornisce un ambiente ideale alla connessione delle applicazioni ai dati, influenzando allo stesso tempo la creazione dei dati e lo sviluppo delle applicazioni sulla base di standard e politiche appropriate. Uno dei maggiori vantaggi che, potenzialmente, offre lo sviluppo di una SDI è la possibilità di riutilizzo, quindi di protezione del valore, di dati e sistemi esistenti (mantenimento, aggiornamento, re-ingegnerizzazione), grazie ad un processo evolutivo di migrazione sostenibile da sistemi legacy2 a sistemi basati su standard internazionalmente riconosciuti. L'interoperabilità, intesa come la capacità di sistemi computer-based di comunicare in maniera significativa tra di loro (anche se non previsto durante lo sviluppo dei singolo sistemi), riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo di una SDI; le nuove tecnologie dell’informazione, grazie all’uso di standards comuni, permettono di realizzare interfacce di comunicazione tali da rendere 2 Con questo termine si indicano i sistemi IT che utilizzano tecnologie meno recenti (tipicamente si tratta di sistemi informatici con architettura hardware centralizzata, ovvero con un mainframe) e per questo motivo sono molto difficili da interfacciare con i sistemi più recenti. Molte persone usano questo termine per riferirsi a sistemi "antiquati". Le ragioni che inducono a mantenere sistemi legacy sono soprattutto dovute ai costi sostenuti a suo tempo per la loro implementazione e ai costi da sostenere per la migrazione a nuovi sistemi.
  • 7. 6 possibile la collaborazione tra servizi sviluppati in tempi diversi, da enti diversi, su diverse piattaforme ed indipendentemente l’uno dall’altro. Il concetto di interoperabilità si applica a diversi livelli. Si distingue generalmente:  interoperabilità tecnologica: richiesta sia a livello di dati, il che comporta lo sviluppo di standard per la descrizione, l'accesso ed il trasporto dei dati stessi (cataloghi, metadati, interfacce tra database, protocolli di trasporto, ecc.), sia a livello di servizi (es. interfacce di comunicazione sviluppate su standard comuni).  interoperabilità semantica: presenta sfide maggiori, in quanto riguarda la capacità di varie organizzazioni di condividere il "significato" dei dati presenti nei propri database e dei servizi su di essi sviluppati. Con i recenti sviluppi dei webservices, poi, l'interoperabilità semantica riguarda anche la capacità proprio dei webservices di "capirsi", a prescindere dall'intervento umano. Negli attuali processi di sviluppo della SDI si sta facendo ampio uso del paradigma della programmazione distribuita basata su webservices: i webservices sono delle componenti software web-based che espongono le proprie caratteristiche e funzionalità tramite interfacce standard. L’uso di interfacce sviluppate secondo standards internazionalmente riconosciuti, permette l’interoperabilità fra webservices, indipendentemente dall’architettura su cui sono stati implementati. Alla luce di ciò che è stato fin qui descritto risulta palese quanto sia vantaggioso il passaggio dalla semplice banca dati all’infrastruttura dati. Riportiamo di seguito alcuni esempi di SDI:  GSDI
  • 8. 7 L'Associazione Global Infrastructure Spatial Data è stata fondata nel 1998 per "promuovere la cooperazione internazionale e la collaborazione a sostegno dello sviluppo dell’infrastrutture di dati spaziali che permetteranno alle nazioni di affrontare meglio le questioni sociali, economiche e ambientali di primaria importanza"3 Come organizzazione di volontariato internazionale, il GSDI non mira alla realizzazione di una infrastrutture spaziale globale, ma piuttosto si concentra sulla sensibilizzazione e lo scambio delle best practice.  GEOSS Global Earth Observation System of System, mira a fornire supporto decisionale e strumenti per una vasta gamma di utenti. L'ambito tematico di GEOSS ricade nella “Societal Benefit Areas” relative alle catastrofi, salute, energia, clima, agricoltura, ecosistemi, biodiversità, acqua e aria.  UK Local Strategy UK Local Strategy è stata lanciata nel 2008. Essa mira a “massimizzare lo sfruttamento a beneficio del pubblico, del governo e dell'industria delle informazioni geografica ed a fornire un quadro di assistenza europeo, nazionale, regionale e locale. La strategia creerà un'infrastruttura per l'informazione di supporto alla politica, alla fornitura di servizi e operativa nel processo decisionale”.  INSPIRE INSPIRE è un esempio importante di una infrastruttura giuridicamente forzata. INSPIRE è una Direttiva (2007/2/EC del 3 http://www.gsdi.org
  • 9. 8 14 marzo 2007) del Parlamento europeo e del Consiglio dell’unione europea, istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale in Europa a sostegno delle politiche ambientali o delle attività che possono avere un impatto sull'ambiente. 1.2 - Le direttive INSPIRE INSPIRE (acronimo di Infrastructure for Spatial Information in Europe - Infrastruttura per l'Informazione Territoriale in Europa) è una Direttiva (2007/2/EC del 14 marzo 2007) del Parlamento europeo e del Consiglio dell’unione europea, che ha l'obiettivo di essere un supporto alla stesura di politiche che possono avere un impatto diretto o indiretto sull'ambiente. INSPIRE si basa sulla interoperabilità delle infrastrutture di dati spaziali creati dagli stati membri. Questa direttiva europea è entrata in vigore il 15 maggio 2007. In Italia è stata recepita con il D.Lgs. 32/2010 recante "Attuazione della direttiva 2007/2/CE, che istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità Europea (INSPIRE)". Le sfide relative alla mancanza di disponibilità, alla qualità, all'organizzazione, all'accessibilità, e alla condivisione di informazioni territoriali, sono comuni a un gran numero di attività e politiche che si interfacciano con vari livelli dell'amministrazione pubblica in Europea. Per risolvere questi problemi è necessario adottare misure di coordinamento tra gli utenti e i fornitori di informazioni spaziali. INSPIRE si basa sulle infrastrutture per l'informazione territoriale create e gestite dagli Stati membri.
  • 10. 9 Per sostenere la creazione di una infrastruttura europea sono stati specificati i seguenti componenti dell'infrastruttura: i metadati, l'interoperabilità dei set di dati territoriali (come descritto negli allegati I, II, III della direttiva), i servizi di dati spaziali, i servizi di rete, i servizi di condivisione dei dati, procedure di monitoraggio e di reporting. INSPIRE non impone la raccolta di nuovi dati tuttavia, dopo il periodo specificato nella direttiva, gli Stati membri devono rendere disponibili i loro dati secondo le modalità di esecuzione.4 Per interoperabilità in INSPIRE si intende la possibilità di combinare i dati territoriali provenienti da diversi fonti in tutta la Comunità europea in modo coerente. È importante notare che “interoperabilità” è intesa come l'accesso a set di dati territoriali tramite servizi di rete, di solito via Internet. L'interoperabilità può essere raggiunta o cambiando (armonizzando) i dati esistenti o trasformandoli tramite i servizi per la pubblicazione nella infrastruttura INSPIRE. Per facilitare l'attuazione di INSPIRE è importante che tutti gli stakeholders interessati abbiano la possibilità di partecipare alla fase di specifica e sviluppo. Per questo motivo, la Commissione ha messo in atto un processo di costruzione del consenso che coinvolge gli utenti e i provider insieme con i rappresentanti dell'industria, della ricerca e del governo. Questi attori, organizzati attraverso Spatial Data Interest Communities (SDIC) e Legally Mandated Organisations (LMO)5 hanno fornito materiali di riferimento, suddividendosi in Specification 4 Entro 2 anni dall'adozione delle corrispondenti norme di attuazione per i dati appena raccolti e ampiamente ristrutturati ed entro 5 anni per gli altri dati in formato elettronico ancora in uso. 5 L’elenco degli iscritti è disponibile attraverso il sito INSPIRE: http://inspire.jrc.ec.europa.eu/index.cfm/pageid/42
  • 11. 10 Drafting Team(SDT)6, Thematic Working Groups(TWG)7 e altri gruppi tecnici intersettoriali ad-hoc, partecipando alle consultazioni delle parti interessate. Questo approccio aperto e partecipativo è stato usato con successo durante lo sviluppo degli allegati I, II e III così come durante la preparazione delle norme sull’interoperabilità dei set di dati spaziali e dei relativi servizi8. Il quadro di sviluppo elaborato da ogni SDT mira a mantenere coerenti le specifiche tecniche dei diversi temi. Esso sintetizza la metodologia da utilizzare per lo sviluppo dell’infrastruttura di dati, fornendo un insieme coerente di requisiti e raccomandazioni utili ai fini dell'interoperabilità. I pilastri del quadro sono le seguenti documentazione tecniche:  Definition of Annex Themes and Scope: descrive in modo più dettagliato i dati spaziali tematici definiti nella direttiva e, quindi, fornisce un punto di partenza solido per lo sviluppo di specifici aspetti delle tematiche dei dati.  Generic Conceptual Model: definisce gli elementi necessari per l'interoperabilità e l'armonizzazione dei dati comprese le problematiche “cross-theme” cioè che interessano più temi. Essa specifica i requisiti degli elementi e dei dati di uso comune, come lo schema spaziale e temporale, la gestione dell’identificatore univoco, la referenziazione degli oggetti, alcuni elenchi di codici comuni, ecc...  Methodology for the Development of Data Specifications descrive come passare dalle esigenze degli utenti a una specifica dati attraverso una serie di misure. 6 Ogni SDT è stata composta da esperti provenienti da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Svizzera, Regno Unito, e dell’agenzia europea per l'ambiente (European Environment Agency) 7 I Gruppi di lavoro tematici di cui all'allegato II e III temi sono stati composto di esperti Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Regno Unito, Commissione europea e Agenzia europea per l'ambiente 8 Regolamento (UE) n 1089/2010 recante attuazione della direttiva 2007/2/CE del Parlamento e del Consiglio per quanto riguarda l'interoperabilità dei set di dati territoriali e servizi, pubblicato nel Gazzetta ufficiale dell'Unione europea l'8 dicembre 2010
  • 12. 11  Guidelines for the Encoding of Spatial Data definisce come l'informazione geografica può essere codificata per consentire processi di trasferimento tra i sistemi dei fornitori di dati degli Stati membri.  Guidelines for the use of Observations & Measurements and Sensor Web Enablement-related standards in INSPIRE Annex II and III data specification developmen fornisce linee guida su come le osservazioni e le misurazioni, secondo lo standard ISO 19156, devono essere utilizzati in INSPIRE.  Common data models sono un insieme di documenti che fanno riferimento a diverse specifiche di dati. Tali documenti includono modelli di dati generici per reti, coperture e complessi di attività. La struttura dei “Data Specification” si basa sullo standard ISO 19131 “Geographic Information – Data product specification”, essa comprende la documentazione tecnica dello schema di applicazione, i vari tipi di oggetti spaziali con le loro proprietà, e altre specifiche delle tematiche di dati territoriali. In INSPIRE il glossario definisce tutti i termini necessari per la comprensione della documentazione compresa la terminologia derivante da altre componenti (metadati, servizi di rete, condivisione dei dati e monitoraggio). Le Data Specification, in versione 3.0, sono pubblicate come orientamenti tecnici utili a fornire la base per strutturare la norma di attuazione sulla interoperabilità dei set di dati spaziali. Il contenuto della norma di attuazione viene estratto dai Data Specification, tenendo conto della fattibilità a breve e medio termine, nonché delle considerazioni sui costi-benefici. I requisiti indicati nella norma di attuazione sono giuridicamente vincolanti per gli Stati membri secondo la timeline specificata nella direttiva INSPIRE. Oltre a fornire una base per l'interoperabilità dei dati spaziali in INSPIRE, le Data Specification, offrono un quadro di sviluppo sulle specifiche tematiche in modo che i dati possano essere riutilizzati in altri ambienti a scala locale, regionale, contribuendo a livello
  • 13. 12 nazionale e globale al miglioramento della coerenza e dell’interoperabilità dei dati delle infrastrutture di dati spaziali.
  • 14. 13 Capitolo 2 - Mappa d’uso del suolo e DB topografico 2.1 - La mappa d’uso del suolo La mappa dell’uso del suolo individua una classificazione tipologica degli usi del suolo. E’ importante andare a caratterizzare la risorsa suolo perché in questo modo possiamo capire se e come sfruttarlo ma anche come proteggerlo. Quindi l’analisi del suolo è mirata a determinare le criticità e le opportunità di sfruttamento di una determinata area. Conoscere l'uso del suolo è possedere un quadro generale delle principali attività umane ed economiche presenti su un territorio, dalla cui analisi si può non solo offrire uno “stato” sull'utilizzo delle risorse ambientali ma anche, attraverso lo studio dell'evoluzione nel tempo del fenomeno, rappresentare la “pressione” che le attività esercitano sulle risorse stesse. In questo senso è possibile evidenziare quanta parte del territorio è occupata da urbanizzazione e infrastrutture, ciò che è considerato come la principale forma di perdita irreversibile di suolo; oppure descrivere la diffusione di siti estrattivi o ancora ottenere informazioni sulla quantità di suolo che viene sottratta all'attività agricola. Tutto questo diventa possibile quando si dispone di idonei strumenti di rilevamento che, in funzione del livello conoscitivo desiderato, consentono dapprima di pervenire ad una “fotografia” del territorio e, successivamente, al monitoraggio per comprenderne le dinamiche nel tempo. I metodi per la costruzione della carta d’uso del suolo sono quattro:
  • 15. 14  decodificazione della carta aerofotogrammetrica;  decodificazione delle ortofoto;  lettura della foto aerea raddrizzata, dove occorre però individuare i riferimenti di luogo e dimensioni per la trascrizione su carta;  in automatico da foto satellitari o ortofoto. Il primo metodo è laborioso mentre negli altri 3 è sufficientemente chiaro l’uso delle aree scoperte mentre è complessa l’individuazione della aree erbacee, delle aree coltivate e la destinazione delle aree edificate. Da ciò detto capiamo che tali metodi vanno integrati con la verifica diretta tramite sopralluoghi. Le classi tipologiche in cui si articola la mappa variano a seconda della scala di lettura e dello scopo dell’analisi. Tra le mappe d’uso del suolo è indispensabile menzionare la mappa Corine Land Cover (CLC)9 . Il progetto Corine Land Cover è nato a livello europeo specificamente per il rilevamento e il monitoraggio delle caratteristiche di copertura e uso del territorio, con particolare attenzione alle esigenze di tutela ambientale. La prima realizzazione del progetto CLC risale al 1990 (CLC90), mentre gli aggiornamenti successivi si riferiscono all’anno 2000 tramite il progetto Image & Corine Land Cover 2000. L’iniziativa, cofinanziata dagli Stati membri e dalla Commissione Europea, ha visto nel 2000 l’adesione di 33 paesi tra i quali l’Italia, dove l’Autorità Nazionale per la gestione del progetto è stata identificata nell’APAT, in quanto punto focale nazionale della rete europea EIOnet. Nel Novembre del 2004 il Management Board dell’AEA, a seguito delle discussioni tra gli Stati Membri, l’Unione Europea e le principali istituzioni della stessa, ha valutato la possibilità di aumentare la frequenza di 9 Acronimo di COoRdination of INformation on Environment
  • 16. 15 aggiornamento del Corine Land Cover ed ha avviato un aggiornamento del CLC, riferito all’anno 2006 e sviluppato nell’ambito dell’iniziativa Fast Track Service on Land Monitoring (FTSP) del programma Global Monitoring for Environment and Security (GMES). Con questo progetto si è inteso realizzare un mosaico Europeo all’anno 2006 basato su immagini satellitari SPOT-4 HRVIR, SPOT 5 HRG e/o IRS P6 LISS III, ed è stata derivata dalle stesse la cartografia digitale di uso/copertura del suolo all’anno 2006 e quella dei relativi cambiamenti. Nell’ambito del progetto saranno inoltre prodotti due strati ad alta risoluzione; il primo consiste nella mappatura delle aree impermeabilizzate, mentre il secondo è relativo alla copertura forest/no forest con discriminazione di conifere e latifoglie. La CLC si presenta su differenti livelli di dettaglio e ad ogni livello è associata una legenda specificatamente costruita per le corretta lettura della mappa stessa. Il primo livello permette l’articolazione della descrizione di un territorio nelle seguenti 5 classi o unità di uso del suolo (UDS) di 1° livello: 1. Territori artificiali; 2. Territori agricoli; 3. Territori boscati ed altri ambienti seminaturali; 4. Territori umidi; 5. Corpi idrici. Per ciascuna UDS di primo livello, tramite un processo descrittivo discendente, sono ammesse più UDS di livello successivo, generalmente fino al 4°- Le Linee Guida mantengono questa impostazione e propongono l’utilizzo di UDS di 3° e 4°livello. È ammesso l’introduzione di un 5° livello se, a giudizio del professionista, si rendesse necessario per una migliore descrizione dell’uso del suolo in alcune geometrie.
  • 17. 16 Figura 1 - Uso del suolo comunale ottenuto secondo i dettami della C.L.C. di I livello
  • 18. 17 Figura 2 - Uso del suolo comunale ottenuto secondo i dettami della C.L.C. di II livello
  • 19. 18 Figura 3 - Uso del suolo comunale ottenuto secondo i dettami della C.L.C. di III livello
  • 20. 19 Figura 4 – Uso del suolo comunale ottenuto secondo i dettami della C.L.C. di IV livello.
  • 21. 20 Tabella 1 - Confronto tra i diversi livelli della CLC I livello II livello III livello IV livello 1.Superficiartificiali 1.1 zone urbane di tipo residenziale 1.1.1 zone residenziali a tessuto continuo 1.1.1.1 area del centro urbano 1.1.1.2 area del centro storico 1.1.2 zone residenziali a tessuto discontinuo e rado 1.1.2.1 aree con edificato discontinuo basso senza giardino 1.1.2.2 aree con edificato discontinuo di case famiglia con giardino 1.1.2.3 aree con edificato discontinuo con vegetazione 1.2 zone industriali, commerciali ed infrastrutturali 1.2.1 aree industriali, commerciali e dei servizi pubblici e privati 1.2.1.1 unità industriali e commerciali 1.2.1.2 aree per impianti speciali 1.2.2 reti stradali, ferroviarie e infrastrutture tecniche 1.2.2.1 rete stradale ed aree associate 1.2.2.2 rete ferroviarie ed aree associate 1.2.3 aree portuali 1.2.3.1 porti per il commercio marittimo e per la pesca 1.2.3.2 porti fluviali e lacustri 1.2.3.3 cantieri navali 1.2.3.4 aree di ricreazione e sportive
  • 22. 21 1.2.4 aeroporti 1.2.4.1 aeroporti con piste artificiali 1.2.4.2 aeroporti con piste in erba 1.3 zone estrattive, cantieri, discariche e terreni artefatti ed abbandonati 1.3.1 aree estrattive 1.3.1.1 miniere a cielo aperto 1.3.1.2 cave 1.3.2 discariche 1.3.2.1 discariche di rifiuti solidi 1.3.2.2 discariche di rifiuti liquidi 1.3.3 cantieri 1.3.3.1 cantieri 1.4 zone verdi artificiali non agricole 1.4.1 aree verdi urbane 1.4.1.1 parchi 1.4.1.2 cimiteri 1.4.2 aree ricreative e sportive 1.4.2.1 impianti sportivi 1.4.2.2 aree per il tempo libero 2.Superficiagricoleutilizzate 2.1 seminativi 2.1.1 seminativi in aree non irrigue 2.1.1.1 prevalentemente seminatavi senza vegetazione dispersa 2.1.1.2 seminativi con vegetazione sparsa 2.1.1.3 serre 2.1.2 seminativi in aree irrigue 2.1.2.1 seminativi in aree irrigue 2.1.3 risaie 2.1.3.1 risaie 2.2 colture permanenti 2.2.1 vigneti 2.2.1.1 vigneti 2.2.2 frutteti e frutti minori 2.2.2.1 frutteti 2.2.2.2 piantagioni di bacche 2.2.2.3 piantagioni di luppolo 2.2.2.4 piantagioni di kiwi 2.2.2.5 piantagioni di essenze 2.2.2.6 piantagioni di salice selvatico
  • 23. 22 2.2.3 oliveti 2.2.3.1 oliveti 2.3 prati stabili (foraggere permanenti) 2.3.1 prati stabili (foraggere permanenti) 2.3.1.1 pascoli (prati e pascoli) prevalentemente senza alberi e arbusti 2.3.1.2 pascoli (prati e pascoli) con alberi e arbusti 2.4 zone agricole eterogenee 2.4.1 colture temporanee associate a colture permanenti 2.4.1.1 colture temporanee associate a colture permanenti 2.4.2 sistemi colturali e particellari complessi 2.4.2.1 modelli colturali complessi senza case sparse 2.4.2.2 modelli colturali complessi con case sparse 2.4.3 aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenze di spazi naturali importanti 2.4.3.1 aree agricolo con una quota significativa di vegetazione naturale e con prevalenza di seminativo da terra 2.4.3.2 aree agricolo con una quota significativa di vegetazione naturale e con prevalenza di praterie 2.4.3.3 aree agricolo con una quota significativa di vegetazione naturale e con prevalenza di vegetazione sparsa 2.4.3.4 aree agricole con una quota significativa di stagni e con presenza di vegetazione sparsa 2.4.3.5 aree agricole con una quota significativa di colture
  • 24. 23 permanenti e con la presenza di vegetazione sparsa 2.4.4 aree agroforestali 2.4.4.1 aree agroforestali 3.Territoriboscatiedambientisemi-naturali 3.1 zone boscate 3.1.1 boschi di latifoglie 3.1.1.1 boschi di latifoglie con copertura continua, non paludosi 3.1.1.2 boschi di latifoglie con copertura continua, paludosi 3.1.1.3 boschi di latifoglie con copertura discontinua, non paludosi 3.1.1.4 boschi di latifoglie con copertura discontinua, paludosi 3.1.1.5 piantagione di boschi di latifoglie 3.1.2 boschi di conifere 3.1.2.1 foreste di conifere con copertura continua, non paludosi 3.1.2.2 foreste di conifere con copertura continua, paludosi 3.1.2.3 foreste di conifere con copertura discontinua, non paludosi 3.1.2.4 foreste di conifere con copertura discontinua, paludosi 3.1.2.5 piantagioni di boschi di conifere 3.1.3 boschi misti conifere e latifogli 3.1.3.1 boschi misti creati dall’alternanza di singoli alberi con copertura continua, non paludosi 3.1.3.2 boschi misti creati dall’alternanza di singoli alberi con copertura continua, paludosi 3.1.3.3 boschi misti creati dall’alternanza di singoli alberi
  • 25. 24 con copertura discontinua, non paludosi 3.1.3.4 boschi misti creati dall’alternanza di singoli alberi con copertura discontinua, paludosi 3.1.3.5 boschi misti creati dall’alternanza di banchi di alberi con copertura continua, non paludosi 3.1.3.6 boschi misti creati dall’alternanza di banchi di alberi con copertura continua, paludosi 3.1.3.7 boschi misti creati dall’alternanza di banchi di alberi con copertura discontinua, non paludosi 3.1.3.8 boschi misti creati dall’alternanza di banchi di alberi con copertura discontinua, paludosi 3.2 zone caratterizzate da vegetazione arbustiva e/o erbacea 3.2.1 aree a pascolo naturale e praterie 3.2.1.1 pascoli naturali senza alberi e arbusti 3.2.1.2 pascoli naturali con alberi e arbusti 3.2.2 brughiere e cespuglietti 3.2.2.1 torbiere e brughiere 3.2.2.2 pino mugo 3.2.3 aree a vegetazione sclerofille 3.2.3.1 aree a vegetazione sclerofille 3.2.4 aree a vegetazione boschiva ed arbustiva in evoluzione 3.2.4.1 banchi giovani tagliati (e/o deforestati) 3.2.4.2 banchi naturali giovani
  • 26. 25 3.2.4.3 foreste folte 3.2.4.4 vivai forestali 3.2.4.5 foreste danneggiate 3.3 zone aperte con vegetazione rada o assente 3.3.1 spiagge, dune e sabbie 3.3.1.1 rive del fiume 3.3.1.2 spiagge 3.3.1.3 dune 3.3.2 rocce nude, falesie, rupi, affioramenti 3.3.2.1 rocce nude 3.3.2.2 prodotti di recente vulcanismo 3.3.3 aree con vegetazione rada 3.3.3.1 vegetazioni sparse sulle sabbie 3.3.3.2 vegetazioni sparse sulle rocce 3.3.3.3 vegetazioni sparse su saline 3.3.4 aree percorse da incendi 3.3.4.1 aree percorse da incendi 3.3.5 ghiacciai e nevi perenni 3.3.5.1 ghiacciai e nevi perenni 4.Zoneumide 4.1 zone umide interne 4.1.1 paludi interne 4.1.1.1 paludi d’acqua dolce con canneti 4.1.1.2 paludi d’acqua dolce senza canneti 4.1.1.3 saline (alcali) con canneti 4.1.1.4 saline (alcali) senza canneti 4.1.2 torbiere 4.1.2.1 torbiere ispezionate 4.1.2.2 torbiere naturali con alberi sparsi e arbusti, senza piscine
  • 27. 26 4.1.2.3 torbiere naturali con insiemi di piscine 4.1.2.4 torbiere naturali con arbusti nani 4.2 zone umide marittime 4.2.1 paludi salmastre 4.2.1.1 paludi salmastre con canne 4.2.1.2 paludi salmastre senza canne 4.2.2 saline 4.2.2.1 saline 4.2.3 zone interditali 4.2.3.1 zone interditali 5.Corpiidrici 5.1 acque continentali 5.1.1 corsi d’acqua, canali e idrovie 5.1.1.1 rivers 5.1.1.2 canali 5.1.2 bacini d’acqua 5.1.2.1 corpi idrici naturali 5.1.2.2 serbatoi artificiali 5.2 acque marittime 5.2.1 lagune 5.2.1.1 lagune 5.2.2 estuari 5.2.2.1 estuari 5.2.3 mari e oceani 5.2.3.1 mari e oceani Aprendo un focus sulla Regione Campania, un’altra mappa d’uso del suolo molto importante è la CUAS (Carta dell’Utilizzazione Agricole dei Suoli). La dotazione di cartografie sull'uso del suolo in Campania prende avvio alla fine degli anni '70, con la messa a punto di una metodologia di tipo tradizionale che prevedeva la descrizione dei paesaggi agricoli prevalenti, mediante rilevamenti di campagna. Come prodotti di questo sforzo conoscitivo si ottennero la “Carta Regionale dei boschi e dei pascoli”, la “Carta delle superfici forestali per tipo di bosco” e, infine nel 1980, la “Carta regionale dell'utilizzazione agricola dei suoli”, tutte realizzate a piccola scala (1:100.000-1:250.000). Recentemente l'Assessorato all'Agricoltura ha ritenuto che fosse indispensabile provvedere all'aggiornamento della Carta dell'Utilizzazione Agricola dei Suoli
  • 28. 27 della Campania (CUAS), in scala 1:50.000, utilizzando le potenzialità offerte dall'uso di immagini satellitari. Essa ha lo scopo di migliorare la conoscenza del territorio rurale della Campania, al fine di realizzare una più efficace pianificazione degli interventi del settore agricolo e forestale. Gli obiettivi dell'aggiornamento della CUAS si possono così sintetizzare:  permettere una conoscenza più approfondita della realtà agricola campana a quanti operano nel settore della programmazione a livello regionale e comprensoriale, per meglio impostare gli interventi non solo in agricoltura, ma anche in altri settori (edilizia; industria, etc.);  registrare i cambiamenti intervenuti dal 1980, anno di pubblicazione della prima carta regionale dell'utilizzazione agricola dei suoli, ad oggi;  agevolare l'applicazione delle misure agroambientali del Piano di Sviluppo Rurale (PSR) 2000-2006, e la stesura del Programma d'azione previsto dalla Direttiva Nitrati;  mettere a punto un utile strumento per “indagare”, tra l'altro, sull'azione antropica che ha profondamente inciso sull'ambiente, modificandone l'equilibrio sia negativamente (con disboscamenti, movimenti di terra, asportazione delle parti più fertili del suolo, ecc.) che positivamente (attività di bonifica, rimboschimenti, regimazione delle acque, ecc.);  valutare la potenzialità dei satelliti per la produzione di cartografie di uso del suolo, con la possibilità di effettuare costanti aggiornamenti nel tempo;  creare un archivio di dati flessibile di rapida consultazione e che possa essere facilmente aggiornato. La scelta della scala di rappresentazione della CUAS, oltre ad offrire un maggiore dettaglio conoscitivo rispetto alla precedente, è anche finalizzata a rendere tale cartografia congrua con quella realizzata in altri progetti di
  • 29. 28 cartografia regionale come, ad esempio, la “Carta dei suoli della Campania in scala 1:50.000”. 2.2 - Le norme tecniche di INSPIRE per l’uso del suolo L’INSPIRE Thematic Working Group Land Cover, il 10 dicembre 2013, ha pubblicato sul sito del progetto10 il documento “INSPIRE Data Specification for the spatial data theme Land Cover”. Il documento è a tutti gli effetti una guida alla redazione della carta d’uso del suolo secondo la normativa INSPIRE. La guida si divide in due modelli principali che sono concettualmente simili, ma per ragioni tecniche sono separati in un modello per i dati vettoriali e uno per i dati raster. CORINE Land Cover, così come la maggior parte dei set di dati di copertura del suolo regionali e nazionali, possono essere rappresentati utilizzando uno dei modelli di base. Lo sviluppo della guida si è basato sui dati forniti dal gruppo di lavoro dalla EEA e su quelli generati all’interno del gruppo di lavoro stesso. Altre fonti di dati considerati durante lo sviluppo sono quelli di Eurostat “Indagine LUCAS”, l'Atlante urbano, gli strati ad alta risoluzione GMES e un certo numero di dati nazionali e sub-sistemi nazionali di copertura del suolo. Il modello di base concettuale comune per i dati di copertura del suolo ha la seguente struttura: 10 http://inspire.jrc.ec.europa.eu/index.cfm
  • 30. 29  Il set di dati di copertura del suolo si compone di un insieme di unità di copertura del suolo. Queste unità possono essere punti, poligoni o celle raster;  Il set di dati di copertura del suolo è legato anche ad una lista di codici (ad esempio l'elenco di codici Corine Land Cover). La lista di codici ha una nomenclatura di classi di copertura del suolo in cui ogni classe è rappresentata da un codice e un nome;  La copertura del suolo è stata realizzata con una o più date di osservazione. La molteplicità di osservazioni è utile al fine di essere in grado di descrivere cambiamenti di copertura del suolo. È anche possibile aggiungere una percentuale che mostra la presenza relativa di ciascuna classe all'interno del poligono di copertura del suolo. INSPIRE non prescrive o consiglia una particolare nomenclatura per la copertura del suolo. L'approccio adottato da questa guida permetterà a coperture del suolo con diverse nomenclature di coesistere nel contesto di INSPIRE. I proprietari delle varie liste di codici sono, tuttavia, incoraggiati a condividere le loro liste di codici utilizzando lo standard ISO 19144-2 - Land Cover Meta Language (LCML) e/o utilizzando un catalogo di funzionalità fornendo l’accesso a tale catalogo tramite un collegamento Web al fine di fornire una base per l'interoperabilità. Questo tipo di documentazione può costituire una base per l'armonizzazione attraverso la traduzione semantica tra nomenclature, e quindi indurre la futura armonizzazione dei set di dati, a condizione che i dati siano comparabili in termini di scala e dettaglio.
  • 31. 30 Figura 5 - Modello concettuale di copertura del suolo secondo INSPIRE
  • 32. 31 2.3 - DB Topografico 2.3.1 - Cosa è un DB topografico? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima capire cosa è la topologia. La topologia - o studio dei luoghi - (dal greco tόpos “luogo” e lόgos “studio”) è una delle branche della matematica moderna; studia le proprietà delle figure geometriche e delle forme che non subiscono cambiamenti quando vengono deformate senza strappi, sovrapposizioni o incollature. Essa si basa sui concetti di spazio topologico11 , funzione continua12 ed omeomorfismo13 . Grazie alla struttura topologica, alle entità geografiche, sono associate degli attributi permettendo l’analisi spaziale del territorio che stiamo studiando; con la topologia lasciamo invariate le relazioni spaziali tra gli elementi, cioè:  adiacenza (o contiguità)  intersezione  contenimento  connettività  posizione relativa  posizione altimetrica Dunque la topologia studia relazioni spaziali tra oggetti geometrici, grazie ad essa, nella “tecnologia” GIS, possiamo organizzare in maniere molto sofisticata 11 Nel corso della storia sono state proposte varie definizioni di spazio topologico, ed è servito parecchio tempo per arrivare a quella che oggi viene generalmente usata. Nonostante quella odierna possa sembrare piuttosto astratta, ben si adatta a tutti quei concetti che stanno alla base della topologia. Data una collezione T di sottoinsiemi di un insieme X, uno spazio topologico è una coppia (X, T), dove X è un insieme e T una topologia. In uno spazio topologico gli insiemi che costituiscono T si dicono aperti in X. Tratto da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Spazio_topologico 12 Una funzione è continua in un punto “c” se in quel punto esistono il suo limite destro e sinistro ed i due limiti sono finiti ed uguali. 13 Dal greco homoios “simile” e morphe “forma”, è una particolare funzione tra spazi topologici che modellizza l’idea della deformazione senza strappi.
  • 33. 32 le informazioni. Possiamo infatti suddividere le informazioni su due livelli: un livello geometrico dedicato unicamente alle geometrie ed un livello topologico in cui esplicitiamo tramite tabelle alcune relazioni spaziali tra primitive dette topologiche. La topologia si basa su tre concetti principali: 1. arco-nodo: gli archi possono essere connessi soltanto agli estremi; 2. sinistra-destra: gli archi hanno un verso e quindi un lato destro e uno sinistro; 3. poligono-arco: le aree sono definite come porzioni di superficie racchiuse in poligoni formati da archi. Per soddisfare, sia l’esigenza di archiviazione e rappresentazione dei dati grafici che di strutturazione delle connessione con i dati alfanumerici, si utilizzano dei modelli di archiviazione di primitive grafiche organizzati secondo strutture topologicamente definite. I modelli di archiviazione sono:  il punto, che in base alla scala potrà essere utilizzato sia per rappresentare una posizione (ad esempio l’intersezione di assi stradali) che oggetti dotati di dimensioni non nulle (ad esempio un albero); esso viene comunemente archiviato con un coppia o una terna di coordinate;  gli archi, rappresentati come spezzate o poligonali aperte, sono usati per la rappresentazioni di elementi lineari e vengono archiviati come sequenze di coordinate dei nodi di estremità e dei loro vertici intermedi;  i poligoni, individuati per rappresentare aree chiuse, vengono rappresentati con spezzate aventi il primo e l’ultimo vertice coincidente, vengono archiviati come sequenza di archi e di linee che li delimitano. La connessione tra due archi è rappresentata dal fatto di possedere un nodo in comune, l’adiacenza (o contiguità) tra due poligoni è rappresentata dal fatto di avere un arco in comune.
  • 34. 33 Con la topologia andiamo a rappresentare l’immagine con l’insieme di elementi che abbiamo elencato poco fa; una figura rappresentata da poligonali chiuse viene rappresentata da una tabella nella quale al numero di identificazione di ogni poligonale associamo i numeri di identificazione dei singoli archi che compongono la poligonale stessa, generando così la tabella dei poligoni. Insieme alla tabella dei poligoni abbiamo la tabella degli archi, in cui al numero di identificazione di ogni arco si associano i numeri di identificazione dei nodi di partenza e di quelli di arrivo, e i numeri di identificazione dei poligoni che si trovano a sinistra e a destra degli archi; abbiamo anche la tabella dei nodi in cui ad ogni numero identificativo di un nodo si associano i numeri identificativi degli archi che contengono quel nodo. Un database che riesce ad archiviare informazioni topologiche utilizza una struttura complessa che relaziona tabelle di dati geometrici a tabelle di dati topologici, garantendo la coerenza geometrica, facilitando il processo di acquisizione dei dati e permettendo un’elaborazione più efficace degli stessi. Il tutto richiede software specifici e sofisticati uniti ad una accorta preparazione dei dati. Possiamo ora dare una risposta alla domanda che ci siamo posti ad inizio paragrafo: un database topografico (DBT) è una base dati informatizzata e georeferenziata contenente i dati geografici di base per la conoscenza del territorio. Per georeferenziato si intende l’attribuzione ad un dato di una informazione geografica che ne consente la corretta collocazione sul territorio. 2.3.2 - DB e GeoDB Un DataBase (di seguito DB), è un insieme di dati costituenti un archivio che, con una serie di funzionalità ed istruzioni, può essere modificato e consultato.
  • 35. 34 Affinché un sistema di archiviazione di dati sia efficace deve possedere caratteristiche di affidabilità, queste caratteristiche consentono a colui che deve gestire o consultare il DB di potersi fidare dei dati in esso contenuto. Le caratteristiche che rendono un DB affidabile sono:  sicurezza: il DB deve essere protetto dall’accesso non autorizzato cosicché solo coloro che hanno il compito di gestirlo possono accedervi in modalità scrittura, per tutti gli altri utenti è necessario e sufficiente abilitare l’accesso in sola lettura;  affidabilità: bisogna proteggere il DB da guasti improvvisi sia lato hardware che software in modo che i dati in esso contenuto siano sempre protetti e non corruttibili;  integrità: i dati contenuti in un DB devo essere corretti, bisogna evitare che vi siano ridondanze di dati poiché queste, oltre a generare errori, rendono più faticoso l’aggiornamento del DB stesso;  indipendenza dei dati: bisogna differenziare gli accessi al DB in modo che l’amministratore abbia la possibilità di accedervi ad un livello cosiddetto basso, mentre gli utenti comuni, quelli che vi accedono per consultarlo, devono avere un livello alto senza preoccuparsi di come il DB sia stato costruito. Esistono due modelli indipendenti dei dati associati ad un DB: il modello fisico e il modello logico. Chi si occupa della consultazione, interrogazione e manipolazione dei dati in esso contenuti usa il modello logico senza doversi preoccupare di dove siano scritti i dati stessi (modello fisico);  prestazione: la risposta alla formulazione di interrogazioni al DB deve essere quanto più rapida possibile, questa affermazione deve essere tanto più vera quanto più aumenta la mole di dati contenuta in un DB;  gestione degli accessi concorrenti: più utenti possono collegarsi contemporaneamente ad un DB per consultarlo o modificarlo. Le azioni
  • 36. 35 che scaturiscono da questi accessi multipli non devono in alcun modo inficiare l’integrità del DB stesso. Affinché tutti i requisiti elencati siano garantiti è necessario che il DB venga gestito da un sistema opportuno che prende il nome di sistema di gestione del DB, in gergo DBMS, acronimo di DataBase Management System. Un DBMS ha le seguenti funzioni primarie: - permettere agli utenti di creare nuove basi di dati specificandone schema o struttura per mezzo di un linguaggio specializzato chiamato linguaggio di definizione, in gergo DDL acronimo di Data Definition Language; - dare all’utente la possibilità di interrogare il DB, in gergo questa azione viene definita query, modificare e/o aggiungere dati usando un linguaggio specifico chiamato linguaggio di interrogazione e manipolazione, in gergo DML acronimo di Data Manipulation Language; - permettere la manipolazione di una ingente quantità di dati per un lungo periodo di tempo preservandoli da incidenti, usi impropri o non autorizzati; - controllare che sia sempre garantita l’integrità dei dati attraverso regole per l’eliminazione delle ridondanze inutili; - controllare l’accesso simultaneo ai dati da parte di più utenti impedendo che le azioni di un utente influenzino quelle degli altri, impedendo quindi la corruzione dei dati che comporterebbe la perdita dei integrità del DB. Quindi un DBMS si pone come intermediario tra l’utente e i dati; questa funzione di mediatore è possibile grazie alla indipendenza dei dati. Il DBMS infatti presenta i dati all’utente secondo un modello logico riservando per se le operazioni interne sul modello fisico.
  • 37. 36 Il DBMS è in genere un software come Oracle®, MySQL®, Microsoft Access®, etc… Esso contiene al suo interno le principali funzioni di gestione dei dati e possiede la capacità di proteggere il suo contenuto da accessi non autorizzati. Nel corso dell’evoluzione dei DBMS si sono succeduti diversi modelli logici dei dati utilizzati per archiviare gli stessi in un DB. Verso la fine degli anni ’60 IBM sviluppò l’IMS (Information Management System), DBMS basato su un modello detto gerarchico; nel 1970 la stessa IBM presentò un nuovo schema di rappresentazione dei dati chiamato modello relazionale. Lo sviluppo di quest’ultimo modello fu rapidissimo grazie alla sua semplicità tanto che, nella sua evoluzione arrivando alla quarta generazione, è divenuto lo standard assoluto per la definizione e la manipolazione dei dati, cioè il modello SQL (Structured Query Language). Un DB relazionale è costituito da una o più tabelle chiamate relazioni; la relazione costituisce l’elemento centrale di rappresentazione dei dati in un DB relazionale. Oltre alla semplicità della struttura questi DB hanno anche un’altra proprietà: l’aggregazione dei dati. I dati contenuti nelle tabelle presi singolarmente non hanno un significato e lo acquistano solo quando sono messi in relazione tra loro, quando sono aggregati. Ad esempio in ambito catastale possiamo avere relazioni tra particelle e persone poiché le persone sono proprietarie delle particelle; attraverso la proprietà viene stabilito un vincolo tra tutti i dati relativi alle particelle catastali (numero, area, valore, etc.) e i dati relativi alle persone (nome, cognome, codice fiscale, indirizzo, etc.). La relazione in un DB relazionale viene rappresentata da una tabella tanto che spesso si usa questa come sinonimo del DB relazionale. Particella NUM_PART NUM_FG USO AREA VAL 25 15 Seminativo semplice 2.5 1034.65
  • 38. 37 26 15 Seminativo semplice 3.1 1270.34 27 15 Bosco di latifoglie 10.4 850.86 25 14 Oliveto 1.7 2166.52 34 18 Seminativo semplice 4.6 2395.47 Tabella 2 - Esempio di tabella del DB relazionale I dati in una relazione sono strutturati come una serie di righe e colonne; un riga o tupla o record, consiste in una lista di valori uno per ogni attributo. In una relazione non possono esistere record identici, quindi ogni riga deve essere univoca. Ogni cella (incrocio tra un riga e una colonna) contiene una e una sola occorrenza di un attributo definita come valore, i valori ammissibili per ciascun attributo sono definiti tra quelli ammissibili nel dominio dell’attributo. I numeri interi, i numeri reali, le stringhe alfanumeriche, le date, ecc., sono tutti domini dei valori che un dato attributo può assumere. Un’altra proprietà importante dei valori ammessi in una relazione è l’atomicità: in una singola cella non sono ammessi valori che spossano essere decomposti in più attributi. Ad esempio il valore di un indirizzo postale composto da via, numero civico, CAP e città non può essere contenuto interamente in una cella ma deve essere scomposto negli attributi VIA, CIVICO, CAP e CITTA’. L’ordine di posizionamento della righe e colonne non ha importanza, spostare una colonna di uno più posti non altera il contenuto della relazione, così come spostare i record in alto o in basso. Sulle intestazioni delle colonne sono presenti i nomi di ciascun attributo, definiti anche campi. Affinché si abbia correttezza dei dati dobbiamo introdurre il concetto di vincolo di integrità. I vincoli di integrità si dividono in intra-relazionali, aventi valore all’interno della relazione, e inter-relazionali, aventi valore fra relazioni
  • 39. 38 diverse. Noi ci occuperemo del vincolo intra-relazionale detto vincolo di chiave e di quello inter-relazionale detto vincolo di integrità referenziale. Particella ID_PART NUM_PART NUM_FG USO AREA VAL 1 25 15 Seminativo semplice 2.5 1034.65 1 26 15 Seminativo semplice 3.1 1270.34 3 25 14 Oliveto 1.7 2166.52 4 34 18 Seminativo semplice 4.6 2395.47 Proprietà ID_PART ID_PROP PERCENT_PROP 1 3 20 1 1 90 2 1 100 3 1 5 3 3 30 3 2 65 4 4 100 Proprietario ID_PROP CODICE_FISC NOME COGNOME 1 RSSMRA52H11D332F Mario Rossi 2 VRDFNC69A65G686T Francesca Verdi 3 BNCPLA38E13D049U Paolo Bianchi
  • 40. 39 Nelle tabelle precedenti ricorre un attributo che contiene il termine ID (abbreviazione di identificativo); sono sempre numeri interi progressivi che hanno il compito di identificare un record in modo univoco. Nella tabella “Particella”, la ripetizione del valore 1 nel campo “ID_PART” costituisce una violazione di questo principio impedendo la distinzione chiara tra i due record delle particelle 25 e 26 del foglio 15. Per prevenire questo problema è necessario istituire un vincolo che vieti la ripetizione dei valori che servono ad identificare in maniera univoca un record; a tale scopo serve il vincolo di chiave o chiave primaria. DEF14 Una chiave primaria di una relazione è il sottoinsieme K degli attributi della relazione che soddisfa le seguenti proprietà: - Proprietà dell’identificazione univoca: i valori descritti negli attributi della chiave primaria K identificano univocamente un record della relazione; quindi, due record diversi non possono avere valori uguali negli attributi K; - Proprietà della non ridondanza: nessun sottoinsieme di K può essere, a sua volta, una chiave primaria. Tutti gli attributi che possono concorrere alla formazione di una chiave primaria sono detti chiavi candidate. Una chiave primaria costituita da più di un attributo prende il nome di chiave composta. 14 Dainelli, N., Bonechi, F., Spagnolo, M., & Canessa, A. (2008). Cartografia numerica - Manuale pratico per l'utilizzo dei GIS. Palermo: Dario Flaccovio Editore.
  • 41. 40 L’informazione relativa a ciascuna tabella diventa completa solamente attraverso il riferimento alle altre, questo grazie al vincolo di integrità referenziale. Questo riferimento, ad esempio per la tabella “PROPRIETA’” avviene mediante gli attributi ID_PART e ID_PROP che sono presenti come chiavi primarie rispettivamente nelle tabelle “PARTICELLA” e “PROPRIETA’”, e contengono valori omologhi a quelli presenti nei campi della tabella “PROPRIETA’”. È proprio la presenza di valori omologhi in campi appartenenti a tabella diverse che rende il riferimento efficace. Un vincolo di integrità referenziale, che prende anche il nome di chiave straniera, può essere definito come segue: DEF15 Dato un sottoinsieme K degli attributi delle relazioni R1 ed R2, se K è chiave primaria in R1 allora esso è chiave straniera in R2. La chiave straniera ha il preciso scopo di creare i riferimenti fra le tabella di un DB. Un DB relazionale consente di effettuare una serie particolare di azioni di interrogazione e manipolazioni dei dati che prendono il nome di algebra relazionale. Sono operazioni di algebra relazionale: - operazioni insiemistiche: unione, intersezione e differenza; - operazioni di eliminazione: selezione e proiezione; - operazioni di combinazione: join. 15 Dainelli, N., Bonechi, F., Spagnolo, M., & Canessa, A. (2008). Cartografia numerica - Manuale pratico per l'utilizzo dei GIS. Palermo: Dario Flaccovio Editore.
  • 42. 41 Se si volessero sintetizzare le fasi di progettazione e costruzione di un DB lo si potrebbe fare elencando i seguenti passi: 1- analisi dei requisiti; 2- progettazione del modello concettuale; 3- progettazione del modello logico; 4- implementazione; 5- installazione, gestione e manutenzione. Il primo passaggio è costituito dall’analisi dei requisiti del sistema del sistema di archiviazione dei dati. Essa consiste nel definire cosa dovrà essere rappresentato nel DB, quali funzioni dovrà svolgere e quali rapporti dovranno esistere fra le entità presenti. All’analisi dei requisiti fa seguito la progettazione concettuale che porta alla definizione del modello concettuale del sistema; in questa fase i dati, finora grezzi, vengono organizzati secondo un linguaggio definito meta-linguaggio che fa uso di formalismi ben precisi. Un importante meta-linguaggio è l’UML (Universal Modeling Language), questo linguaggio in origine non fu realizzato per la modellazione dei dati spaziali, e nelle sue evoluzioni successive si arrivò alla realizzazione del Geo-UML. UML, giunto alla versione 2, può rappresentare applicazioni grazie alle cosiddette viste. Le viste descrivono, ognuna con un diverso tipo di diagramma, i vari aspetti che vogliamo rappresentare nel DB facendoci avere una visione a tutto tondo. Esistono nove differenti viste e relativi diagrammi, tra cui citiamo il diagramma dei casi d’uso (Use Case Diagram) utile per rappresentare i requisiti degli utenti del sistema; il diagramma delle classi (Class Diagram) utile per descrivere le tipologie di entità che entrano in gioco nel sistema, le loro caratteristiche e le relazioni tra di esse; il digramma di stato (Statechart Diagram) utile a rappresentare il comportamento delle entità in termini di stato. Nella progettazione dei DB, il linguaggio UML contribuisce soprattutto con il diagramma delle classi poiché con esso è possibile definire classi di oggetti caratterizzate da attributi e relazioni che intercorrono tra di esse.
  • 43. 42 Una volta progettato il modello concettuale, la cui realizzazione può essere fatta anche su un pezzo di carta poiché è totalmente svincolato dal tipo di sistema informatico o DBMS che verrà utilizzato, si passa alla definizione del modello logico. Il modello logico non è altro che lo schema del DB che abbiamo descritto finora con la definizione delle relazioni che portano alla strutturazione del DBMS. Il modello relazionale fin qui descritto risulta essere ottimo per la rappresentazione e manipolazione di basi di dati tradizionali, risulta essere insufficiente però nel momento in cui si vuole andare a rappresentare e modellare dati di tipo geografico poiché non ha gli strumenti necessari per la gestione della parte geometrica. A questo possiamo ovviare usando una particolare estensione del modello relazionale e cioè il modello geo-relazionale, che ci consente appunto di gestire i dati geografici sfruttando le potenzialità del modello relazionale. I DB che usano il modello geo-relazionale sono chiamati geoDB o geoDBMS; un geoDBMS è un DBMS che ha in più la capacità di gestire i dati spaziali. Esso infatti possiede al suo interno un linguaggio di interrogazione e manipolazione di dati spaziali (SDT – Spatial Data Types); i dati spaziali sono ad esempio punti, linee, regioni, quei dati che consentono di strutturare entità geometriche che rappresentano oggetti nel mondo reale ed altri aspetti come le relazioni intercorrenti tra di essi. Un geoDBMS, essendo in tutto e per tutto un DBMS, consente di effettuare tutte le operazioni di algebra relazionale; il meta- linguaggio usato per questo genere di DB è il già citato Geo-UML. 2.3.3 - Cosa è un GeoDB? Per GeoDB si intende un particolare tipo di DB che è in grado di contenere al suo interno anche riferimenti spaziali in modo da consentire la rappresentazione
  • 44. 43 di dati di tipo geografico. GeoDB è un termine proprietario di ESRI®, azienda che produce e distribuisce il software GIS (Geografical Information System) ArcGIS®, giunto ad oggi alla versione 10.2; questa versione del software ESRI sarà usata nei prossimi capitoli per la realizzazione del nostro GIS. Per poter ricondurre il paesaggio all’interno di un modello che ne permetta l’analisi e la gestione attraverso un sistema informativo geografico il cui linguaggio possa essere condiviso da tutti gli utenti, si deve innanzitutto distinguere tra fenomeni ed elementi geografici. Costruire una cartografia tematica di una regione in cui si mostrano gli agriturismi o la pianta di una città dove si evidenziano i ristoranti, è una tipica descrizione del paesaggio per elementi geografici. Le carte climatiche sono tipiche rappresentazione di fenomeni geografici, così come una carta che indichi le variazioni di umidità del suolo o la dispersione dell’inquinante che è stato riversato in mare. In un sistema informativo geografico è necessario avere due informazioni di base per ogni elemento che rappresenta un oggetto geografico che si vuole rappresentare e gestire: 1. la sua posizione nello spazio secondo un sistema di coordinate geografiche note; 2. la descrizione delle sue caratteristiche (proprietà), che può essere numerica e/o testuale. Quando gli oggetti geografici che si vogliono rappresentare e gestire in un GIS hanno una posizione nello spazio, cioè sono spazialmente riferiti ad un sistema geografico-cartografico, essi sono detti georiferiti; quando hanno anche associate delle descrizioni, attributi in gergo GIS, si può parlare di vero e proprio data base geografico. Descrivere un paesaggio in termini di elementi geografici significa scomporlo in elementi puntuali, lineari ed areali (o poligonali); queste sono le geometrie base di un GIS dette anche primitive geografiche. I punti sono utilizzati per
  • 45. 44 descrivere elementi isolati, come potrebbero essere i ripetitori di telefonia mobile; le linee diventano essenziali soprattutto quando si lavora su reti come quella fluviale; i poligoni vengono usati per descrivere superfici del paesaggio come ad esempio le province di una certa regione. Descrivere il paesaggio in termini di fenomeni geografici significa scomporlo in superfici continue che nel loro insieme occupano una determinata porzione di territorio, ognuna caratterizzata da un certo valore del fenomeno geografico che si sta rappresentando. In questo modo si potrà rappresentare efficacemente la variazione di densità di precipitazioni in uno Stato, la variazione di pH in un terreno agricolo, le variazioni di temperatura dell’aria di una certa regione o la quota sopra il livello del mare. Figura 6 - Shapefile puntuale
  • 46. 45 Figura 7 - Shapefile poligonale Figura 8 - Shapefile lineare
  • 47. 46 Maggiore è il numero di dati misurati, più elevata sarà l’accuratezza e la verosimiglianza della rappresentazione per superfici continue. Se, ad esempio, occorresse rappresentare la predisposizione di un determinato territorio al franamento dei versanti, analizzando le aree frana attiva, frana quiescente, pendenza dei versanti, distanza da faglie, distanza da corsi d’acqua, caratteristiche litotecniche del substrato roccioso, vegetazione, ecc., l’unica via possibile sarebbe quella di rappresentare i vari livelli informativi come superfici continue, per esempio raster16, ed applicare un algoritmo ad ogni pixel sfruttando i valori che caratterizzano quello stesso pixel17 di ogni livello informativo. La rappresentazione degli elementi geografici all’interno di un GIS avviene attraverso un modello cosiddetto di tipo vettoriale18 . Ogni elemento geografico viene scomposto nella sua geometria di base, vale a dire punti, linee o poligoni che abbiamo già chiamato primitive geografiche. All’interno di un GIS i punti sono definiti come una coppia di coordinate. La linea retta è definita dalle coordinate del punto iniziale e da quelle del punto finale della linea, mentre una polilinea o una spezzata è definita dalle coordinate del punto iniziale e finale più quelle dei punti intermedi che determinano il cambiamento di direzione, detti vertici. Il poligono viene rappresentato allo 16 La grafica bitmap, o grafica raster (in inglese bitmap graphic, raster graphics, mentre in italiano sarebbe traducibile come: Grafica a griglia), è una tecnica utilizzata per descrivere un'immagine in formato digitale. Un'immagine descritta con questo tipo di grafica è chiamata immagine bitmap o immagine raster. Tratto da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Raster 17 Con il termine pixel (derivato dalla lingua inglese, contrazione della locuzione picture element), nella computer grafica, si indica ciascuno degli elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di una immagine raster digitale, ad esempio su un dispositivo di visualizzazione o nella memoria di un computer. Nelle immagini rappresentate da dati informatici, solitamente, i punti riprodotti sono così piccoli e numerosi da non essere distinguibili ad occhio nudo, apparendo fusi in un'unica immagine quando vengono stampati su carta o visualizzati su un monitor. Ciascun pixel, che rappresenta il più piccolo elemento dell'immagine, è caratterizzato dalla propria posizione e da valori quali colore e intensità, variabili in funzione del sistema di rappresentazione adottato. Tratto da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Pixel 18 La grafica vettoriale è una tecnica utilizzata in computer grafica per descrivere un'immagine. Un'immagine descritta con la grafica vettoriale è chiamata immagine vettoriale. Nella grafica vettoriale un'immagine è descritta mediante un insieme di primitive geometriche che definiscono punti, linee, curve e poligoni ai quali possono essere attribuiti colori e anche sfumature. È radicalmente diversa dalla grafica raster in quanto nella grafica raster le immagini vengono descritte come una griglia di pixel opportunamente colorati. Tratto da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Grafica_vettoriale
  • 48. 47 stesso modo della spezzata con la differenza che il primo e l’ultimo punto coincidono. In un GIS il paesaggio è descritto non solo dal punto di vista grafico ma tenendo conto anche degli attributi del paesaggio stesso; ad ogni primitiva geografica verrà quindi associata una tabella in cui vengono conservate le informazioni relative a quel dato elemento geografico. La tabella consente di effettuare query che consentono di evidenziare determinate condizioni del territorio rappresentato. Poiché si conosce l’esatta ubicazione nello spazio di ogni elemento geografico inserito in un GIS, con un modello di rappresentazione vettoriale è possibile effettuare analisi topologiche che permettono di evidenziare quale sia il rapporto geometrico-spaziale tra i vari oggetti geografici rappresentati. Il GIS ci permette di capire quali sono le regioni che confinano con una data regione, lo fa eseguendo un’analisi di adiacenza. L’adiacenza è determinata grazie alla condivisione di elementi geometrici tra poligoni che il GIS riesce a verificare molto velocemente analizzando le coordinate dei punti che determinano i vari poligoni presenti nel GeoDB. Altre operazioni che può effettuare un GIS, che rientrano tutte nel “concetto” di topologia, sono il contenimento e la connettività. La rappresentazione dei fenomeni spaziali all’interno di un GIS avviane attraverso un modello a superfici continue. Esso viene adottato ogni volta che si ha la necessità di rappresentare una variabile continua nello spazio (come la temperatura dell’aria o la quota sopra il livello del mare), anche detto campo, che viene implementato in un modello generico detto a mosaico. Esistono due tipi di mosaico: quelli composti da celle irregolari triangolari dette TIN (acronimo di Triangulated Irregular Network) e quelli composti da celle regolari o quadrate dette raster.
  • 49. 48 Figura 9 - Modello a mosaico composto da celle regolari quadrate (raster) Figura 10 - Modello a mosaico composto da triangoli irregolari (TIN) Una buona parte dei formati immagine nel mondo informatico, dalle foto digitali alle scansioni, sono di tipo raster e le estensioni più comuni, dette anche formati di compressione, di questi file sono: .tif, .jpeg, .bmp, .gif. Ogni immagine è costituita da molti pixel di dimensioni costanti, ognuno caratterizzato da un certo valore o attributo (scala di grigio), o da una terna di attributi (RGB, rosso-verde-blu), o da quattro attributi (CMYK, ciano-magenta- giallo-nero) che ne identificano il colore.
  • 50. 49 Il raster di un modello a superfici continue non è molto diverso da quello di un’immagine qualunque, in questo caso però gli attributi di ogni pixel non corrispondono ad un colore bensì esprimo quello che il modello deve rappresentare come ad esempio la profondità della falda o la temperatura dell’aria o la densità di popolazione. Inoltre nel caso di modelli a superfici continue, il dato geografico è corredato anche dall’importantissima informazione di tipo spaziale; vale a dire che ad ogni pixel corrisponde una combinazione di coordinate geografiche che ne permettono l’esatta ubicazione in un sistema di riferimento geografico. La griglia di pixel è sempre rettangolare e corrisponde al rettangolo che circoscrive l’area che si sta rappresentando. Se l’area di interesse non è esattamente rettangolare i pixel che corrispondono a quest’area avranno i valori corrispondenti all’informazione che portano con se mentre tutti i pixel esterni, ma comunque ubicati all’interno del rettangolo che circoscrive l’area irregolare, avranno attributi nulli, normalmente espressi come NO DATA. Nel complesso quindi, un file raster geografico conterrà alcune informazioni iniziali essenziali per la localizzazione geografica e cioè: - la dimensione in unità di misura reale del lato del pixel quandrato denominata risoluzione; - il numero di pixel per riga della griglia; - il numero di pixel per colonna della griglia; - le coordinate geografiche del primo pixel in alto a sinistra, cioè del pixel all’estremo nord-occidentale. Coordinate X,Y 20 36 47 ] Risoluzione 18 20 32 n.di pixel per riga: 3 19 24 51 n.di pixel per colonna: 4 23 32 52 Tabella 3 - Caratteristiche di un dato raster
  • 51. 50 Quando si parla di risoluzione di un raster si intende, a parità di dimensioni dell’immagine, quanti sono i pixel presenti. Nel mondo delle fotocamere digitali ci si riferisce ai megapixel di un’immagine per specificarne la definizione. Nel mondo dei raster geografici, dato che ogni pixel corrisponde ad una superficie reale, la risoluzione viene tipicamente data dalla dimensione reale del pixel espressa normalmente in metri. Normalmente un dato raster geografico viene costruito a partire da un dato vettoriale puntuale; così, ad esempio, il dato raster della temperatura dell’aria verrà creato per interpolazione dei valori puntuali, desunti da stazioni meteo presenti in una certa area geografica. Esistono due metodi per derivare un raster da dati vettoriali: la triangolazione e l’interpolazione. La triangolazione prevede la creazione di una rete di triangoli irregolari adiacenti chiamata TIN; se si esegue una triangolazione da punti quota a curve di livello, i vertici dei triangoli generati coincideranno con i punti quotati o con punti ubicati lungo curve di livello. L’interpolazione invece può avvenire secondo diversi modelli più o meno complicati (Thiessen, Inverse Distance Weighted - IDW, Splines, Kriging, ecc.) che permettono di riempire lo spazio vuoto tra punti o linee di attributi noti. Si immagini di voler costruire un raster che rappresenti la topografia di un certo territorio, si tratta di uno dei raster più utilizzati in ambiente GIS, normalmente denominato modello digitale dell’altitudine o DEM (acronimo di Digital Elevation Model). In questo raster la griglia è formata da celle di dimensioni uguali che portano come attributo l’altitudine media dell’area geografica che il pixel rappresenta. Il DEM può essere derivato dal TIN, a sua volta creato da punti quotati e curve di livello, oppure direttamente dai punti quotati. In un DEM, l’attributo di ogni pixel è il valore dell’altitudine media di quella porzione di territorio interpolata a partire dai punti quotati più o meno interni al pixel stesso; tanto maggiore è la risoluzione scelta per la creazione del DEM, tanto
  • 52. 51 minore sarà il numero di punti quotati che si trovano all’interno o nei pressi di ogni pixel. Se si parla di un DEM di risoluzione 20 metri, si intende che questo raster geografico è costruito da una griglia di pixel quadrati con lato 20 metri, cioè da superfici continue di 400 metri quadri l’una.
  • 53. 52 Cap.3 - Applicazioni per il comune di Casalnuovo di Napoli 3.1 - Inquadramento urbanistico di Casalnuovo Casalnuovo di Napoli è un comune campano, ubicato a Nord-Est di Napoli, con una popolazione pari a 48590 abitanti, secondo i dati ISTAT relativi al 31 dicembre 2012. Questo comune rientra nel STS E1 Napoli Nord-Est individuato nel terzo Quadro Territoriale di Riferimento (QTR) previsto dal Piano Territoriale Regionale (PTR) istituito con Legge Regionale n°13 del 13 ottobre 2008. I Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS) sono aree geografiche che hanno in comune le stesse prospettive di sviluppo. Il PTR è necessariamente agganciato alla dimensione territoriale e agli effetti sul territorio delle strategie di sviluppo, ciò al fine di registrare e promuovere strategie di sviluppo che saranno normate nei loro assetti fisici dai Piani Territoriali Provinciali (PTCP) e dai Piani Urbanistici Comunali (PUC). Il carattere prevalentemente strategico del PTR, fa delle delimitazioni dei Sistemi Territoriali di Sviluppo uno strumento di articolazione e verifica delle strategie e delle politiche che incidono significativamente sugli assetti territoriali. L’individuazione dei Sistemi Territoriali di Sviluppo non ha valore di vincolo, ma di orientamento per la formulazione di strategie in coerenza con il carattere proprio del PTR, inteso come piano in itinere soggetto a continue implementazioni. L’individuazione dei Sistemi Territoriali di Sviluppo diventa,
  • 54. 53 in tale ottica, la trama di base sulla quale costruire i processi di co- pianificazione. Nel Sistemi Territoriali di Sviluppo E1 oltre al comune in esame sono presenti i seguenti comuni:  Acerra;  Afragola;  Brusciano;  Caivano;  Cardito;  Castello di Cisterna;  Crispano;  Pomigliano d’Arco. Scendendo di livello, il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale risulta essere realizzato in concomitanza con l’approvazione del PTR; la proposta di PTCP è stata approvata con delibera della giunta provinciale n°1091 del 17 dicembre 2007, la relazione è stata poi approvata con delibera della giunta provinciale n°747 dell’8 ottobre 2008. Nel PTCP a pagina 6, nel paragrafo “Il coordinamento con il piano territoriale regionale” si legge: “Da questo punto di vista, la concomitanza della formazione dei due strumenti, il Ptr e il Ptcp, può conferire grande rilievo alla collaborazione dei due soggetti istituzionali, sia per quanto concerne i relativi processi politici, sia per quanto concerne il coordinamento tecnico delle scelte di tutela e di sviluppo. Si delinea, al posto del vecchio modello di pianificazione “a cascata”, un processo di dialogo interattivo, secondo il quale il Piano provinciale può concorrere alla formazione delle scelte regionali – ad esempio proponendo motivate modifiche alle articolazioni territoriali definite dal Ptr, come i Sistemi di
  • 55. 54 sviluppo territoriale o gli “ambienti insediativi” - così come queste guidano ed indirizzano le scelte provinciali.” Il PTCP ha tra i suoi obiettivi prioritari “quello di una riorganizzazione policentrica e reticolare del territorio provinciale al fine di razionalizzare un sistema metropolitano caratterizzato dalla funzione attrattiva del capoluogo e di alcune aree con alti livelli di specializzazione”; in ossequio a quanto indicato vengono istituiti gli Ambienti Insediativi Locali (AIL). Casalnuovo ricade nel “Sistema Pomiglianese” che ha come obiettivo: “Valorizzazione del ruolo legato alle attività di produzione e ricerca del triangolo Pomigliano-Acerra-Casalnuovo attraverso la “messa in rete” e l’integrazione dei servizi; incremento delle funzioni urbane di livello superiore in una logica di complementarietà tra i diversi centri/ambiti del sistema.” La suddivisione in AIL si è resa necessaria per poter lavorare in maniera più ordinata e organica sul territorio, andando ad individuare realtà che spesso ricadono in più AIL. Gli AIL individuati sono 22 e vengono di seguito elencati insieme ai 2 ambienti insediativi integrati:
  • 56. 55 Figura 11 - Ambienti insediativi locali, Paesaggi e STS regionali Nelle norme di attuazione del PTCP, la cui ultima revisione risale al 2009, vengono considerate nel Capitolo III, art.14 comma 5 le industrie o le attività antropiche che possono essere sorgenti di rischio ambientale. Purtroppo l’unica
  • 57. 56 industria che è stata censita risulta essere la dismessa “Liquigas”, mancano le altre industrie presenti sul territorio in esame; alcune tra le più famose industrie casalnuovesi sono la RA.M.OIL spa, un petrolchimico presente da almeno 20 anni in questo territorio, e la COMASA, industria di cornici che al suo interno ha un impianto a biomassa. Alla fine degli anni 40 del secolo scorso era ancora possibile distinguere i nuclei insediativi storici, le arterie di collegamento erano libere dall’urbanizzazione. A partire dagli anni 70 del secolo scorso il boom dell’edilizia ha colpito anche questi comuni, realizzando spesso veri e propri abusi edilizi che con il tempo sono stati condonati. Dal punto di vista del trasporto pubblico Casalnuovo è servita da servizi di trasporto su gomma e su ferro: Trasporto su gomma esistente:  Società trasporti ANM presente con la linea A37 con tragitto Acerra – Napoli transitante per Casalnuovo di Napoli. Trasporto su ferro esistente:  Società Circumvesuviana con le linee Napoli – Baiano e Napoli – Acerra. La linea ha 4 stazioni presenti sul territorio comunale denominate: Salice, Casalnuovo, La Pigna e Talona;  Società FS (Ferrovie dello Stato) con treni regionali che collegano la città di Napoli con le province di Caserta e Benevento con numero 1 stazione denominata Casalnuovo. A Casalnuovo non sono presenti risorse paesaggistiche di particolare interesse, dal punto di vista architettonico è da menzionare la Chiesa di San Giacomo Apostolo e la struttura fatiscente del Palazzo dei Principi Salerno-Lancellotti di Durazzo. La superfice comunale di Casalnuovo risulta così sfruttata:
  • 58. 57 Figura 12 - Uso del suolo casalnuovese Di cui: Figura 13 - Rapporto tra superfice comunale e superfici artificiali 62% 38% Area Urbanizzata Area Agricola 40% 20% 40% Area Residenziale Area Industriale Superfice restante
  • 59. 58 3.2 - Creazione della carta d’uso del suolo Per costruire la carta d’uso del suolo del comune di Casalnuovo ci siamo avvalsi, come dati di base, delle seguenti 4 tavole della Carta Tecnica Regionale (CTR) della Campania:  447121  448094  448053  448052 Le carte tecniche sono caratterizzate dal fatto che tutti gli elementi sono rappresentati in vera proiezione, senza subire operazioni di “ingrandimento” o di “spostamento”. Si tratta quindi di una cartografia a grande scala (fino a 1:5.000, 1:10.000), adeguata per attività di progettazione (donde il nome di carte tecniche). Ogni tavola della CTR è identificata dal toponimo della località principale e da un numero a sei cifre: le prime tre indicano il Foglio 1:50.000 di appartenenza, le successive tre individuano la sezione 1:10.000 se l'ultimo numero è zero; se invece le ultime cifre sono 1,2,3,4 (in luogo dello zero) indicano l'elemento 1:5.000. Le nostre 4 tavole sono quindi in scala 1:5000. La CTR ha come sistema di riferimento l’ED50. E’ doveroso fare un piccolo excursus sui sistemi di riferimento. I sistemi di riferimento per la georeferenziazione dei dati spaziali Come in tutte le attività cartografiche, anche nella pianificazione di un progetto GIS, la definizione del sistema di riferimento cartografico da adottare rappresenta il primo e obbligato passaggio teorico e tecnico;
  • 60. 59 l'attributo principale di un elemento territoriale è costituito dalle sue coordinate geografiche. Quando in cartografia si definiscono le coordinate di un punto sulla Terra (ovvero la sua posizione geografica) non si fa altro che definire la sua posizione (in coordinate) rispetto ad una superficie geometrica adottata in sostituzione della reale forma della Terra. Poiché il globo terrestre ha una forma non riconducibile a nessuna figura geometrica si pensò di definire una nuova figura, il geoide, definito come la superficie equipotenziale del campo gravitazionale terrestre, oppure come “la superficie media degli oceani, intesi come formati da acqua di densità e temperatura costanti, depurata dei moti ondosi e dalle irregolarità delle maree sia periodiche che accidentali, dalle variazioni della pressione atmosferica, [. . .]. Si ricordi che la superficie libera della massa liquida tende a disporsi, per motivi di equilibrio idrostatico, secondo una superficie equipotenziale del campo della gravità”19 Tale superficie approssima meglio di ogni altre la realtà ma non risulta, in ogni caso, adatta come superficie di riferimento per usi cartografici in quanto molto irregolare. A questo scopo viene utilizzato l'ellissoide di rotazione biassiale che costituisce la forma geometrica che più si avvicina al geoide. 19 Dainelli, N., Bonechi, F., Spagnolo, M., & Canessa, A. (2008). Cartografia numerica - Manuale pratico per l'utilizzo dei GIS. Palermo: Dario Flaccovio Editore.
  • 61. 60 Figura 14 - Differenza tra geoide ed ellissoide L'ellissoide di rotazione modella dunque la forma del globo terrestre e costituisce una superficie di riferimento per il calcolo di angoli e distanze e, conseguentemente, di coordinate relative alle posizioni sulla superficie dell'ellissoide stesso. Queste ultime vengono appunto definite come coordinate ellissoidiche che, per un dato punto P giacente sulla superficie dell'ellissoide, sono:  la latitudine di P: l'angolo φ formato dalla Normale passante per il punto P e il piano equatoriale;  la longitudine di P: l'angolo λ individuato sul piano equatoriale dal piano contenente il meridiano di riferimento, avente convenzionalmente valore di λ = 0 (meridiano di Greenwich), e il piano contenente il meridiano passante per P. Prima dell’avvento dei satelliti furono ideati diversi ellissoidi ognuno utile a rappresentare in maniera più corretta un dato territorio. Nel 1924, durante l’assemblea dell’Unione Geodedica e Geofisica Internazionale fu scelto l’ellissoide di Hayford come ellissoide internazionele e, di consegneza, questo è stato adottato da molti Paesi con il nome di International 1909 o
  • 62. 61 International 1924. L’ellisoide di Hayford ha il semiasse maggiore pari a 6.378.388 di metri e uno schiacciamento pari a 1/297. Gli ellissoidi si dividono in geocentrici e locali. Quelli geocentrici hanno il centro coincidente con il centro della Terra e il semiasse minore coincidente con la congiungente i Poli, quello maggiore coincidente con il piano equatoriale. Un ellissoide di tipo locale è invece sganciato dalla sua posizione geocentrica e spostato finché la sua superficie non diventa tangente alla superficie del geoide nella zona di interesse, il punto di tangenza tra queste due superfici è detto centro di emanazione. La definizione della forma e dell’orientamento dell’ellissoide ci consente di definire il datum geodetico, cioè, il modello matematico utile a definire le coordinate degli oggetti presenti sulla Terra. Il centro di emanazione da spesso il nome al datum, ad esempio il nostro datum nazionale è il Roma40 corrispondente all’ellissoide che ha come centro di emanazione Monte Mario, presso Roma; 40 sta ad indicare l’anno in cui è stato adottato e cioè il 1940. Il Roma40 usa l’ellissoide di Hayford. Nel momento in cui si vuole creare una cartografia rappresentante una certa porzione di superficie terrestre, al sistema di riferimento geodetico deve essere necessariamente associato un metodo di sviluppo cartografico, ovvero un sistema di proiezione, che permetta di riportare sul piano, più coerentemente possibile, i punti di coordinate note inquadrati nella rete geodetica. La maggior parte della cartografia utilizza la rappresentazione conforme di Gauss, detta anche di Mercatore Inversa o Trasversa (Universal Trasverse Mercator – UTM), che ha come proprietà quella di avere isometria, cioè assenza di deformazione lungo il meridiano su cui si sceglie di centrare la rappresentazione. In Italia purtroppo sono ancora in vigore vari sistemi di riferimento geodetici, tra cui quelli principali sono:  Roma40, associato al sistema cartografico Gauss-Boaga;
  • 63. 62  ED50, associato al sistema cartografico UTM-ED50;  WGS84, associato al sistema cartografico UTM-WGS84;  Bessel, associato al sistema cartografico Cassini-Soldner(ampiamente utilizzato per le mappe catastali). Il Roma40 è il sistema geodetico nazionale, introdotto nei primi anni della seconda guerra mondiale. Il datum è costituito dall'ellissoide di Hayford e dal centro di emanazione imposto sulla verticale del punto Roma Monte Mario identificato dalle seguenti coordinate calcolate con metodi astronomici:  latitudine: 41° 55' 25,51"  longitudine: 0° (12° 27' 08,400" Est di Greenwich)  azimut su Monte Soratte 6° 35' 00,88". Le longitudini sono normalmente contate dal meridiano di Roma Monte Mario che costituisce l'origine propria del sistema. Questo sistema rappresenta il riferimento per la rete geodetica nazionale classica dell'IGM costituita da 20.000 vertici. A scopo cartografico, è stato utilizzato fino agli anni ’60 del secolo scorso e ad esso è riferita la Carta d'Italia 1:100.000 ed il suo sottomultiplo 1:25.000. Molte regioni usano ancor oggi questo sistema per la creazione della propria carta tecnica numerica. Al sistema Roma 40 è associato il sistema cartografico Gauss-Boaga che adotta la rappresentazione conforme di Gauss (Mercatore inversa). Esso si compone di due fusi di 6 gradi, definiti allo scopo di coprire il solo territorio nazionale e denominati OVEST ed EST. I due fusi hanno un fattore di contrazione sul meridiano centrale pari a 0.9996 e sono caratterizzati dalle condizioni al contorno di seguito descritte:  meridiani centrali a-3° 27' 08,40" e 2° 32' 51,60" di longitudine da Roma Monte Mario;  fattore di contrazione (mo) = 0,9996;  falsa origine per le coordinate Est: 1.500 Km (fuso Ovest) e 2.520 Km (fuso Est);
  • 64. 63 L’ED50, acronimo di European Datum 1950, è il sistema geodetico europeo, introdotto nel 1950 allo scopo di unificare la cartografia di tutta l'Europa occidentale. Anch'esso come il ROMA40, è costituito dall'ellissoide di Hayford, e il punto di emanazione fu scelto, per motivi militari, nella località tedesca di Potsdam. In questo sistema le coordinate del punto Roma Monte Mario assumono i seguenti valori:  latitudine: 41° 55' 31,487"  longitudine: 12° 27' lO,930" Est di Greenwich. Questo sistema è adottato in Italia per la quasi totalità delle produzioni cartografiche: dalla Carta d'Italia al 50.000 a tutti i suoi sottomultipli 25.000,10.000,5.000 e 2.000. L'UTM (Universal Transverse Mercator) è il sistema cartografico associato sia all'ED50 che al WGS84 (di seguito descritto). Anch'esso utilizza la proiezione conforme di Gauss ma considera l'intero globo suddiviso in 60 fusi di 6 gradi ciascuno. I fusi sono numerati da 1 a 60 verso Est a partire dall’antimeridiano di Greenwich. Il territorio nazionale italiano risulta compreso in 3 fusi: 32,33 e 34. Il fattore di contrazione del meridiano centrale è per tutti i fusi di 0,9996 e, su tutti, la falsa origine Est in metri è pari a 500.000. Il WGS84 è un sistema cartesiano geocentrico (O, X, Y, Z ) con l'origine coincidente con il centro di massa della Terra, l'asse Z passante per il polo Nord, l'asse X passante per il meridiano di Greenwich e l'asse Y tale da formare una tema destrorsa. In questo sistema le coordinate del punto Roma Monte Mario assumono i seguenti valori:  latitudine: 41° 55' 27.851"  longitudine: 12° 27' 07.658" Est di Greenwich. Il sistema è da pochi anni utilizzato in Italia ma già l'IGM (Istituto Geografico Militare) lo aveva scelto per la realizzazione della nuova rete geodetica denominata IGM95 e per la realizzazione della nuovacartografia ufficiale al
  • 65. 64 25.000. Anche il sistema WGS84 adotta il sistema cartografico UTM sopradescritto. Il sistema catastale Bessel è il più antico sistema geodetico adottato in Italia, ancora oggi utilizzato per la gran parte della cartografia catastale. L'orientamento dell'ellissoide è imposto sulla verticale del punto Genova IIM (Istituto Idrografico della Marina) identificato dai seguenti valori astronomici:  latitudine: 44° 25' 08.235"  longitudine: 0°  azimut su Monte del Telegrafo 117° 31' 08.91". Le longitudini sono contate dal meridiano di Genova IIM. Al sistema catastale non corrisponde un unico sistema piano; esistono molteplici sistemi d'asse locali, che utilizzano la rappresentazione cartografica Cassini-Soldner. L'intero territorio nazionale è suddiviso in oltre 800 sistemi, raggruppati in 31 detti di grande estensione, ciascuno riferito ad una diversa origine (centro di sviluppo), coincidente in molti casi con un vertice IGM. L'estensione di ogni sistema locale è in genere limitata ad un massimo di 70 km dall'origine in direzione E-O e a 100 km in direzione N-S. I quadranti della CTR erano georiferiti secondo l’ED50 e come prima cosa li abbiamo georeferenziati importando il datum dallo shapefile20 (da ora in poi shp) dei confini comunali. Il sistema di coordinate usato è il WGS84 UTM fuso 33N, abbiamo usato questo sistema per la sua internazionalità. Successivamente abbiamo creato un GeoDB vuoto che inizialmente ci è servito per esportare informazioni dai file di base che abbiamo a disposizione in modo da consentirci la successiva rielaborazione. 20 Formato file vettoriale di proprietà della ESRI
  • 66. 65 Siccome siamo interessati al solo comune di Casalnuovo, abbiamo eseguito una selezione sullo shp dei confini comunali in modo da evidenziare solo il suddetto comune. Abbiamo quindi provveduto ad esportare il dato selezionato in un nuovo shp, chiamato “Casalnuovo”, che ci è servito in seguito per tagliare i quadranti della CTR estraendo così le sole informazioni relative a Casalnuovo. Per ottenere la CTR del solo comune in esame abbiamo usato le operazioni di Geoprocessing. Innanzitutto abbiamo usato il comando MERGE per unire i 4 quadranti. Poiché abbiamo a che fare con gruppi di layer creati con un CAD21 abbiamo dovuto eseguire l’operazione per ognuno dei livelli di layer. Il risultato di questa operazione si è concretizzato con la creazione dei seguenti 5 shp:  Annotation;  Multipatch;  Point;  Polyline;  Polygon. Per ognuno di questi 5 shp abbiamo eseguito una operazione di CLIP sfruttando come file di clip lo shp che contiene i solo confini del comune in esame. Abbiamo quindi ottenuto altri 5 shp ma questa volta al loro interno troviamo solo le informazioni che riguardano il comune di Casalnuovo. Il nostro obiettivo è quello di ottenere un unico shp che contenga tutte le informazioni relative al comune in esame. Con le operazioni effettuate pocanzi continuiamo ad avere i dati disgregati per cui dobbiamo eseguire alcuni processi di editing finalizzati alla realizzazione dello shp di nostro interesse. Come prima cosa dallo shp “Polyline” ci siamo estratti, tramite SELECT BY ATTRIBUTES, le informazioni riguardanti l’edificato. Questo perché abbiamo 21 In informatica, l'acronimo inglese CAD viene usato per indicare due concetti correlati ma differenti:  Computer-Aided Drafting, cioè disegno tecnico assistito dall'elaboratore;  Computer-Aided Design, cioè progettazione assistita dall'elaboratore.
  • 67. 66 riscontrato che lo shp “Polygon” non riportava tutti i poligoni, e quindi gli edifici, presenti nel comune di interesse. Poiché nello shp “Polyline” sono rappresentate le coperture della singola tipologia di edificio, dando la possibilità di distinguere gli edifici industriali da quelli generici, dalle serre ecc.., abbiamo scritto una query che dal field “Layer” ci consentisse di selezionare le polilinee di nostro interesse. Con il corretto uso della sintassi SQL abbiamo eseguito l’operazione di selezione e infine abbiamo esportato i dati. Abbiamo quindi esportato queste informazioni in un nuovo shp. Lo shp appena creato lo abbiamo rielaborato usando da ArcToolbox l’operazione di FEAUTURE TO POLYGON che ci consente di convertire lo shp polilineare in uno poligonale, questo shp lo abbiamo chiamato “Polyline to Polygon”. A questo punto nel GeoDB, in cui finora abbiamo esportato i dati estratti dalle cartografie, abbiamo creato un feauture dataset al cui interno abbiamo creato una feauture class poligonale che abbiamo chiamato “Infrastruttura viaria”; grazie a quest’ultima, avviando l’editor, siamo in grado di digitalizzare il tessuto stradale e quello ferroviario. Torniamo di nuovo ad effettuare una operazione di geoprocessing usando il comando UNION, andando a fondere in un unico shp gli shp:  Casalnuovo;  Polygon;  Polyline to Polygon;  Infrastruttura viaria. Abbiamo così ottenuto una prima bozza di carta d’uso del suolo del nostro comune; tramite l’editor andiamo a correggere le imperfezioni. L’imperfezione più grande a cui dobbiamo far fronte dipende dal fatto che le aree esterne all’abitato risultano far parte di un unico poligono nonostante questo poligono sia percorso e tagliato interamente dal tracciato stradale e ferroviario. E’ come se durante l’operazione di UNION che abbiamo effettuato poco prima, è stata
  • 68. 67 eseguita automaticamente un DISSOLVE sui poligoni che facevano parte dello shp “Casalnuovo”. Per risolvere questo problema avviamo l’editor, attiviamo la barra ADVANCED EDITING, selezioniamo il poligono di nostro interesse e clicchiamo su EXPLODE MULTIPART FEAUTURE. A questo punto possiamo andare a ritagliare le aree che risultano omogenee nello shp ma che nella realtà sono ben distinte. In pratica ci troveremo a dover ritagliare, ad esempio, le aree di pertinenza di alcune scuole, separeremo le aree residenziali da quelle industriali oppure dovremo suddividere le colture in modo da ottenere una corretta rappresentazione dell’utilizzazione agricola del territorio. A questo punto abbiamo sfruttato le informazioni in nostro possesso per creare un GeoDBche ci consentisse in seguito di tematizzare la nostra carta in funzione dell’utilizzazione del suolo. Per rappresentare le superfici agricole abbiamo attinto alle informazioni possedute nella CUAS del 2009 poiché dalla CTR non si evinceva il tipo di uso agricolo del suolo.
  • 71. 70 Noto l’utilizzo del suolo di tutto il comune, abbiamo inserito nel GeoDB le informazioni relative ai 4 livelli della Corine Land Cover (CLC) che abbiamo indagato. Il primo livello della CLC fa una distinzione molto generale tra aree artificiali, agricole, aree boscate e ambienti semi-naturali, zone umide, corpi idrici. I livelli successivi scendono più nel dettaglio andando a descrivere in maniera via via più accurata l’uso che se ne fa del suolo. Per quanto riguarda il comune in esame al primo livello della CLC abbiamo solo le aree artificiali e quelle agricole. Al livello successivo riusciamo ad avere già un quadro un po’ più chiaro sull’utilizzo del suolo casalnuovese. Possiamo infatti dividere l’area artificiale nelle seguenti 4 categorie:  1.1 - zone urbane di tipo residenziale;  1.2 - zone industriali, commerciali ed infrastrutturali;  1.3 - zone estrattive, cantieri, discariche e terreni artefatti ed abbandonati;  1.4 - zone verdi artificiali non agricole. Mentre per le aree agricole abbiamo:  2.1 – seminativi;  2.2 - colture permanenti;  2.3 - prati stabili (foraggere permanenti);  2.4 - zone agricole eterogenee. Al terzo livello della CLC abbiamo un dettaglio ancora maggiore, possiamo infatti andare a distinguere la zona residenziale a tessuto continuo da quella a tessuto discontinuo, oppure siamo in grado di distinguere la rete stradale e ferroviaria dalle zone industriali. Il quarto livello è quello in cui abbiamo avuto il dettaglio massimo. In questo livello la caratterizzazione del territorio ci ha consentito di suddividerlo in più
  • 72. 71 aree, di seguito abbiamo inserito la legenda della carta relativa a questo livello di dettaglio:  1.1.1.1 - area del centro urbano;  1.1.1.2 - area del centro storico;  1.1.2.3 - aree con edificato discontinuo con vegetazione;  1.2.1.1 - unità industriali e commerciali;  1.2.1.2 - aree per impianti speciali;  1.2.2.1 - rete stradale ed aree associate;  1.2.2.2 - rete ferroviaria ed aree associate;  1.3.3.1 - cantieri;  1.4.1.2 - cimiteri;  1.4.2.1 - impianti sportivi;  2.1.1.1 - prevalentemente seminativi senza vegetazione sparsa;  2.1.1.3 - serre;  2.2.2.1 - frutteti;  2.3.1.1 - pascoli (prati e pascoli) prevalentemente senza alberi e arbusti;  2.3.1.2 - pascoli (prati e pascoli) con alberi e arbusti;  2.4.1.1 - colture temporanee associate a colture permanenti. Non siamo riusciti ad andare oltre, approfondendo l’uso che se ne fa del suolo con un altro livello, a causa della scarsità delle informazioni reperibili dagli enti preposti come comune, provincia e regione. 3.3 - Applicazioni a servizio del comune di Casalnuovo Nelle due applicazioni che seguono abbiamo usato l’operatore di geoprocessing “BUFFER”. “Il buffer (cuscinetto, tampone) è una funzione di geoprocessing
  • 73. 72 che permette di definire aree di rispetto di elementi geografici attraverso la creazione, attorno a questi ultimi e ad una certa distanza, di un nuovo layer poligonale, definito appunto piano informativo di buffer. La forma di questo layer varia a seconda del tipo di primitiva geografica su cui viene applicata la funzione: per un punto essa sarà un cerchio, per una linea diritta sarà una figura geometrica avente due lati paralleli alla linea raccordati da due semi- circonferenze. In caso di polilinee e poligoni di forma complessa, il poligono di buffer è costituito da polilinee il cui andamento è parallelo alle polilinee originali, ad una determinata distanza. Per i poligoni, un buffer può essere definito sia al suo interno, sia all'esterno.”22 3.3.1 - Distribuzione dei servizi urbani Per questa applicazione ci siamo concentrati sulle suole, andando ad indagare se la loro distribuzione sul territorio casalnuovese fosse più o meno omogenea. In particolare abbiamo considerato i seguenti ordini di scuole pubbliche:  scuola per l’infanzia;  scuola primaria;  scuola secondaria di primo grado. Il raggio di influenza delle scuole dell’obbligo si misura in base alla massima distanza percorribile a piedi da parte dell’utente (alunno). Per le scuole per l’infanzia il raggio è pari a 300m, per le scuole primarie è 500m, per le scuole secondarie di primo grado è 1000m.23 22 Dainelli, N., Bonechi, F., Spagnolo, M., & Canessa, A. (2008). Cartografia numerica - Manuale pratico per l'utilizzo dei GIS. Palermo: Dario Flaccovio Editore. 23 Petroncelli E., Stanganelli M. & Cataldo A. (2011). Assetto del territorio. Dalle norme al processo di piano. Liguori Editore
  • 74. 73 Figura 17 - Area di influenza delle scuole per l'infanzia
  • 75. 74 Figura 18 - Area di influenza delle scuole primarie
  • 76. 75 Figura 19 - Area di influenza delle scuole secondarie di primo grado