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Aids




      Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a
      consigli medici – Consultare sempre e in ogni caso il proprio medico di fiducia.




                                                  AIDS




  Il Fiocco rosso è il simbolo universale della solidarietà verso le persone sieropositive e quelle
                                     che convivono con l'AIDS

                                                  Sinonimi

  Sindrome da immunodeficienza acquisita
                           nza



La Sindrome     da    ImmunoDeficienza         Acquisita (SIDA)       o Acquired      Immune       Deficiency
Syndrome (AIDS) in inglese, è un insieme di manifestazioni dovute alladeplezione di linfociti T
                          ,                                       alladeplezione
derivante dall'infezione con il virus HIV o HIV-2.
                                      HIV-1




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Descrizione




In queste manifestazioni sono comprese infezioni da microrganismi rari o non patogeni ed
insorgenza di tumori sia comuni nella popolazione generale sia caratteristici delle persone
immunocompromesse sia peculiari di chi presenta tale sindrome. L'agente eziologico della
patologia è il virus HIV.[1][2] La sindrome è, allo stato attuale, curabile con numerosi farmaci
ma ancora non guaribile, nel senso che non è possibile eradicare totalmente il virus dall'ospite.
Le terapie odierne, di gran lunga meglio tollerate di quelle usate al momento dell'emergenza
dei primi anni '80, riescono a ridurre la viremia (quantità di virus presente nel sangue) a livelli
bassissimi o non rilevabili consentendo la rigenerazione dei linfociti e la prosecuzione di una
vita esente dalle malattie opportunistiche che normalmente si presentano nelle persone non
curate. L'andamento clinico-patologico della sindrome è estremamente variabile tra gli
individui per il fatto che la progressione dell'infezione dipende da fattori genetici sia del
virus[3] che dell'ospite    [4]
                                  che dalle condizioni igieniche e dalle co-infezioni   [5]
                                                                                              . Nei paesi in cui le
costose cure antiretrovirali e le cure per le infezioni opportunistiche e neoplastiche sono
maggiormente disponibili, o come in Italia pagate dal SSN, la mortalità dell'AIDS è di molto
          [6]                                                                            [7]
ridotta         , bilanciata però dai problemi causati dagli effetti collaterali               dallo sviluppo di
resistenza ai farmaci, dalla scarsa aderenza ai regimi terapeutici prescritti.




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Epidemiologia

                                                   Galleria di immagini degli interpreti principali
Si pensa che la sindrome abbia
avuto      origine          nell'Africa
                                 Africa    sub (1/2)▶
                                           sub-
                [8]
sahariana             per    mutazione        di
un retrovirus animale,                     forse
della scimmia,               che          nel XX
secolo fu              trasmesso            alla
popolazione            umana       diventando
poi                   una epidemiaglobale.
                                  globale.
La UNAIDS e il WHO stimano 25
milioni    di     morti      dalla scoperta
della sindrome, il che ne ha fatto
una delle più terribili epidemie
della storia. Nel solo 2005 sono
                                                                   Un confronto internazionale, 2005
stati stimati circa 3,1 milioni di
morti di cui 570.000 bambini.

Globalmente, si stima che le persone affette dall'HIV siano 33 milioni circa (fonte UNAIDS,
       ente,
2007). Solo nel 2005, un numero compreso tra 4,3 e 6,6 milioni di persone è stato infettato e
un numero compreso tra 2,8 e 3,6 milioni di persone è morto per l'AIDS, un in
                                                                           incremento dal
2004 e il numero più alto dal 1981.

Il più recente report di valutazione del World Bank's Operations Evaluation Departmen valuta
                                                                            Department
l'efficacia dell'assistenza offerta dalla
                                    dallaBanca Mondiale agli stati in termini di definizione delle
strategie, lavoro analitico e prestiti con l'esplicito obiettivo di ridurre l'impatto epidemico
dell'AIDS. Questa è la prima valutazione generale dell'aiuto della Banca Mondiale alle nazioni,
dall'inizio dell'epidemia di HIV/AIDS fino a metà del 2004. Trattando di implementazioni di
                                                  del
programmi governativi per i governi, il rapporto fornisce indicazioni su come i programmi
nazionali per la lotta all'AIDS possono essere resi più efficaci.

Nei paesi dell'Africa Sub Sahariana vi sono circa 25
                                                  25-28 milioni di persone infette da HIV, più
                                                           ioni
del 60% di tutta la popolazione aids e più dei tre quarti delle donne. In America latina e
nell'area caraibica, nello scorso anno, vi sono state circa 2.000 infezioni che hanno portato il
numero di sieropositivi a circa 2 milioni. Con i suoi 100.000 morti tale area è quella che è stata
più colpita dopo l'Africa Sub Sahariana.

In medio oriente ed in Nord Africa, ad eccezione del Sudan, tutta l'area presenta una
                                                          ,
prevalenza di HIV bassa. Attualmente vi sono circa 600.000 infetti dal virus (compresi i 55.000



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che si sono aggiunti lo scorso anno) e nel 2003 l'AIDS ha ucciso circa 45.000 persone.

Nei paesi dell'Europa dell'Est e dell'Asia Centrale l'epidemia è in espansione con 1,3 milioni di
persone sieropositive contro le 160.000 del 1995.



Patogenesi

Ciò che l'infezione virale provoca è la comparsa di uno stato infiammatorio cronico che si
risolve in un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sebbene una risposta
immune particolarmente forte può essere utile per controllare la replicazione virale, il
mantenimento di un tale stato nel corso del tempo può portare a progressivo esaurimento e
deplezione                                                                               cellulare.
Evento centrale nella patogenesi dell'infezione da HIV è l'interessamento della linea linfocitaria.
Effettivamente oltre alla riduzione numerica si notano anche vari fenomeni imputabili alla
riduzione funzionale dei linfociti T:


   Riduzione della risposta proliferativa alla stimolazione antigenica,
   Sbilanciamento della risposta Th1 a favore di quella Th2. Ciò determina una riduzione
   dell'immunità cellulare a tutto vantaggio di quella umorale,
   Mancanza o riduzione della risposta T ad opera di antigeni cui si era precedentemente
   suscettibili. Si ipotizza che ciò possa essere dovuto ad una precoce deplezione dei linfociti
   CD4 di memoria probabilmente a causa della loro alta espressione del recettore CCR5.

Attualmente si ritiene che tutti questi fenomeni non abbiano una base univoca ma
multifattoriale:


   è noto che l'HIV sia in grado di uccidere direttamente la cellula per lisi (effetto citopatico).
   Ciò potrebbe avvenire per accumulo eccessivo di particelle o materiale genetico o proteico
   di natura virale. Si pensa che a ciò si possa aggiungere un'inibizione eccedente
   dell'espressione proteica della cellula ospite,
   l'HIV è in grado di generare sincizi per la fusione delle membrane cellulari di cellule infette
   tra loro oppure con cellule sane a causa del legame che si può formare tra gp120 e CD4. A
   seguito della fusione si determina un forte rigonfiamento e morte cellulare in poche ore.
   Sembrerebbe che la capacità di formare sincizi sia limitata solo ai ceppi T-tropici di HIV-1.
   la formazione di anticorpi contro proteine dell'envelope virale può essere responsabile della
   lisi di cellule esprimenti questi antigeni sulla loro superficie. Possono intervenire diversi
   fenomeni in quest'evento: la lisi mediata da linfociti T specifici o ad opera di cellule
   citotossiche (NK, granulociti, fagociti mononucleati),
   apoptosi linfocitaria. Questo fenomeno coinvolgerebbe sia i linfociti T CD4+ che quelli


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   CD8+. Per i primi si sospetta il coinvolgimento del legame CD4-gp120 nella genesi del
   fenomeno cui si aggiunge l'attivazione linfocitaria per stimolazione del recettore per
   l'antigene

(TCR) con conseguente aggregazione dei CD4 e scatenamento del fenomeno apoptotico. Nella
genesi di questo fenomeno, tuttavia, sono coinvolti altri fattori. Varie proteine virali, env, vpr,
nef, vpu e tat hanno dimostrato di indurre apoptosi in linfociti T non infetti sebbene tra essa si
ritenga che in vivo l'azione più importante venga svolta da env. Anche l'attivazione del
recettore CXCR4 riveste una certa importanza in quanto esso è in grado di indurre una cascata
molecolare apoptotica indipendente dal recettore Fas. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che
l'attivazione di CXCR4 è un evento importante nello sviluppo dell'apoptosi sia dei linfociti CD4+
che CD8+.


   perdita dei precursori delle cellule immunitarie. Si ritiene che ciò possa avvenire o per
   infezione diretta delle o di cellule progenitrici situate nel timo o di cellule accessorie capaci
   di secernere citochine e fattori necessari al processo di differenziazione.
   si è notato un certo grado di omologia tra gp120, gp41 e gli antigeni HLA-DR e HLA-DQ.
   Ciò ha portato ad ipotizzare che eventuali anticorpi contro le proteine virali possano cross-
   reagire con le proteine HLA espresse su linfociti specifici determinando, così, un blocco del
   legame di quest'ultimi con il recettore CD4 delle cellule infette cui segue un'inibizione di
   tipo funzionale,
   sembrerebbe che il legame di gp120 o gp41 sul CD4 sia in grado di inibire la funzione dei
   linfociti T helper rendendoli incapaci di rispondere alla stimolazione mediata da CD3,
   possibile legame di superantigeni di origine virale alla catena b del TCR con conseguente
   anergia linfocitaria.

In corso di infezione da HIV vengono a crearsi due compartimenti virologici distinti ma
comunicanti:


   un compartimento attivo costituito dal virus libero nel sangue e da quello contenuto
   all'interno di linfociti caratterizzato da una replicazione virale elevata,
   un compartimento di latenza costituito da linee cellulari e zone anatomiche dell'organismo
   dove il virus resta in uno stato latente e che fungono, perciò, da serbatoi (reservoir).

Se il compartimento attivo gioca un ruolo importante nel danneggiare il sistema immunitario,
quello   di   latenza   è   il   principale   responsabile   della   mancata   eradicazione   del   virus
dall'organismo.

I reservoir di      HIV          vengono        suddivisi      in      cellulari    ed        anatomici.
Quelli cellulari sono costituiti dalle cellule follicolari-dendritiche, dai linfociti CD4+ quiescenti e
dai monociti-macrofagi.


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Dei reservoir anatomici fanno parte, invece, il sistema nervoso centrale ed i testicoli (sebbene
altri compartimenti dell'organismo siano sospettati di avere una funzione simile).

Le cellule follicolari dendritiche sembrano avere un ruolo importante, almeno nelle prime fasi
dell'infezione, a causa della loro funzione di presentazione dell'antigene, nel portare il virus a
contatto con gli organi linfoidi o i linfociti CD4+. Oltre a ciò si è visto che sono capaci di
trattenere sulla loro superficie un elevato quantitativo di virioni. Tuttavia in corso di terapia
antiretrovirale tale numero si riduce drasticamente a tal punto che qualche autore sostiene che
esse, in corso di terapia antiretrovirale efficace, perdano la loro funzione di reservoir o, al
massimo, che diventi di secondo piano. È da notare, tuttavia, che tale conclusione non è
unanimemente condivisa.

I linfociti CD4+ quiescenti possono essere infettati da HIV anche se le modalità di questo
fenomeno non sono ancora chiare. I linfociti quiescenti vengono sottoposti a maturazione nel
timo e da lì emergono rimanendo in uno stato latente fino all'incontro con l'antigene. Si ritiene
che l'infezione col virus possa avvenire o nello stadio immaturo all'interno del timo (organo nel
quale il virus è stato rintracciato) o nello stadio di quiescenza una volta completata la
maturazione. In tal caso si ritiene che a causa dello stato di quiete della cellula il genoma virale
si trovi nella forma non integrata. Un'altra ipotesi sostiene che il virus infetti linfociti attivi i
quali, una volta concluso il loro stato di attività, possono andare incontro ad uno stato di
latenza, ammesso che siano riusciti a sopravvivere. In tal caso il genoma virale si trova nella
forma integrata anche se non si ha produzione di virioni.

I monociti/macrofagi sono un compartimento sottoposto ad un'infezione cronica e produttiva
da parte di HIV, essendo poco sensibili agli effetti citopatici del virus. La continua produzione
virale e la capacità dei monociti di veicolare il virus in quasi tutto l'organismo rendono tale
compartimento il più importante nel mantenimento dell'infezione. È noto,inoltre, che i
monociti/macrofagi sono la principale fonte di virus in caso di interruzione o fallimento della
terapia antiretrovirale.

È noto che HIV si può ritrovare nel sistema nervoso centrale di individui infetti. Da alcuni dati
si ipotizza che la penetrazione del virus possa avvenire in tempi molto precoci dopo l'ingresso
nell'organismo. Nel sistema nervoso centrale l'infezione virale è limitata ai macrofagi ed alle
cellule della microglia mentre gli altri tipi cellulari non sembrano essere coinvolti (tranne
gli astrociti la cui infezione, come si è affermato precedentemente, non è produttiva).
L'assoluta particolarità del sistema nervoso centrale quale elemento di riserva di HIV la si
evince anche dal fatto che il virus in esso presente è genotipicamente e

Il più delle volte l'exitus avviene a seguito delle infezioni opportunistiche tra cui più spesso per
le polmoniti.




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La terapia

Attualmente, l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta highly active antiretroviral
therapy (HAART) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali. Il
suo utilizzo, a partire dal suo ingresso nel 1995, ha consentito di ridurre la morbilità e
la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus. Tale terapia, inoltre, permette
anche un miglioramento dei parametri immunitari con un netto aumento del linfociti CD4+ che
sembra permanere fino a 4-5 anni cui si accompagna un abbassamento della carica virale
plasmatica                                                                                    e liquorale.
L'utilizzo della HAART, tuttavia, in uno studio preliminare condotto su dieci persone infette da
HIV-2 sembra avere una minore efficacia rispetto ai risultati che si ottengono con HIV-1.
Attualmente la terapia antiretrovirale utilizza farmaci appartenenti a tre classi:


    gli inibitori della trascrittasi inversa, a loro volta distinti in inibitori nucleosidici, nucleotidici
    e non nucleosidici,
    gli inibitori della proteasi,
    gli inibitori della fusione,

Gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa per esplicare la loro azione devono venir
trifosforilati     dalle chinasi endocellulari       e      successivamente         competono          con
i desossinucleotidi endogeni durante il processo di retrotrascrizione. L'efficacia di tali composti
dipende dalla concentrazione intracellulare loro e dei desossinucleotidi con cui si trovano a
competere. Ciò significa che cellule come i macrofagi, che hanno un metabolismo limitato ed in
conseguenza di ciò una concentrazione molto bassa di desossinucleotidi, sono assai sensibili
all'azione di tali farmaci.

Gli inibitori nucleotidici, di cui in Italia è registrato solo il Tenofovir si comportano come inibitori
competitivi della trascrittasi inversa, come gli inibitori nucleosidici, ma, a differenza di
quest'ultimi,    presentano    un   gruppofosfato legato     ad   una purina od     una pirimidina.    Ciò
permette l'eliminazione della prima tappa di fosforilazione semplificando le tappe di
metabolizzazione riducendole a due. Anche tale categoria di farmaci, così come gli inibitori
nucleosidici, presenta un'azione maggiore sui macrofagi che sui linfociti infettati. Si è visto che
l'indice terapeutico del Tenofovir sui monociti/macrofagi si aggira intorno a 15000 mentre sui
linfociti si situa su 20.

Gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa esplicano la loro attività legandosi
direttamente al sito attivo dell'enzima determinandone il blocco dell'azione. Tali farmaci sono
indipendenti dal metabolismo cellulare in quanto non necessitano di alcuna modificazione e non
risentono della concentrazione di dessosinucleotidi. A seguito di ciò il loro effetto su


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monociti/macrofagi e linfociti sembra essere equivalente.

Gli inibitori della proteasi vanno a bloccare l'ultima parte del ciclo replicativo di HIV in quanto
impediscono la maturazione delle proteine virali. Ciò determina un blocco dell'assemblaggio e
del rilascio di nuovi virioni. Un tale meccanismo d'azione fa sì che gli inibitori della proteasi
siano utili in tutte quelle situazioni in cui le fasi iniziali del ciclo virale sono già passate
rendendo perciò inutile l'uso degli inibitori della trascrittasi inversa. Una simile situazione si
rinviene nei macrofagi i quali, come si è visto precedentemente, fungono da reservoir di HIV ai
cui effetti citopatici sono poco sensibili. In tali cellule il genoma virale è già integrato in quello
dell'ospite per cui gli unici composti in grado di bloccare la replicazione virale a questo livello
attualmente sono gli inibitori della proteasi. Sfortunatamente la concentrazione efficace di
questi composti sui monociti/macrofagi e maggiore di quella dei linfociti CD4+ attivi e spesso
sono equivalenti alle massime concentrazioni plasmatiche raggiungibili in vivo. Ciò non solo
può favorire la comparsa di effetti avversi ma può anche rendere ragione del fatto che in alcuni
distretti dell'organismo l'inibizione della replicazione virale nei monociti/macrofagi ottenuta in
tal modo sia incompleta.

Gli inibitori della fusione sono una categoria di farmaci usciti di recente di cui, al momento,
l'unico esponente è l'Enfuvirtide, determinano un blocco del processo di fusione del virus con la
membrana della cellula ospite. Questo processo si articola in tre fasi: aggancio, legame ai
corecettori e fusione delle membrane. Enfuvirtide è un peptide che mima un motivo della
proteina gp41. Quando la proteina gp120 si aggancia ai suoi recettori, gp41 subisce una serie
di cambiamenti conformazionali che culminano nella formazione di una struttura a tre foglietti
β che funziona da ponte tra il virione e la cellula da infettare. Enfuvirtide determina un blocco
della regione amino-terminale della gp41 impedendo la formazione dei tre foglietti.




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Sintomatologia




Quadro sintomatologico dell'AIDS


I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un
normale sistema           immunitario.              La         maggior              parte      sono      infezioni            causate
                                                                         [9]
da batteri, virus, funghi, parassiti e altri organismi                         . Negli individui affetti da AIDS sono
comuni   le infezioni      opportunistiche,              e    aumenta          il   rischio    di   sviluppare        varie    forme
di tumore come      il Sarcoma         di         Kaposi, tumori          del        cervello e linfomi.    Sintomi           comuni
sono febbre, sudorazione specie notturna, ingrossamento ghiandolare, tremore, debolezza e
                  [10]
perdita di peso          . La sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è di 4-5 anni dal
                                                                  [11]
momento della diagnosi di AIDS conclamato                                . Senza il supporto terapeutico la morte
                                       [12]
sopravviene    entro       un   anno          .    La        maggior     parte        dei     pazienti   muore        per infezioni
                                                                                                           [13]
opportunistiche dovute al progressivo indebolimento delsistema immunitario                                        .




Definizione di AIDS e infezione da HIV

Fin dal 1982 sono state coniate varie definizioni per il monitoraggio epidemiologico
dell'infezione: tra queste la definizione Bangui e quella dell'Organizzazione Mondiale della
Sanità datata 1994. Tuttavia, non sono da intendersi come utili per la classificazione clinica dei
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pazienti, in quanto non sono appropriate e specifiche. Il sistema di classificazione usato
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e quello del CDCCenters for Disease Control può
essere utilizzato solo nei paesi sviluppati.




Classificazione delle infezioni e malattie da HIV dell'OMS

Nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raggruppato i diversi tipi di casi
definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel settembre del
2005. La maggior parte di queste infezioni opportunistiche può essere facilmente curata in
soggetti altrimenti sani.


      Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS
      Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto
      respiratorio superiore
      Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e
      tubercolosi
      Stadio IV: include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o
      polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS.



Sistema di Classificazione delle Infezioni da HIV secondo i CDC

Negli USA, la       definizione di   AIDS   è governata   dai Centers   for Disease       Control   and
Prevention (CDC). Nel 1993, i CDC allargarono la loro definizione di AIDS andando ad includere
persone sane ma positive al test per l'HIV, e con un numero di linfocitiT CD4+ inferiore a 200
per     l di sangue. La maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli Stati Uniti sono diagnosticati
                                                                                   [14]
quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione da HIV            .




Manifestazioni cliniche dell'AIDS

Le principali patologie polmonari


      Polmonite da Pneumocystis jiroveci
      Tubercolosi

Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale


      Esofagiti
      Diarrea cronica

Le principali patologie neurologiche


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   Toxoplasmosi
   Leucoencefalite multifocale progressiva
   AIDS Dementia Complex



Trasmissione

Dagli inizi dell'epidemia, sono state individuate principalmente tre vie di trasmissioni dell'HIV:


   Sessualmente. La maggior parte delle infezioni del virus dell'HIV avvennero, e avvengono
   tuttora, attraverso rapporti sessuali non protetti. La trasmissione sessuale può insorgere
   quando c'è contatto fra le secrezioni sessuali di un partner infetto con le mucose genitali,
   della bocca o del retto dell'altro. Nonostante la probabilità di trasmissione non sia elevata, il
   grande numero di esposizioni di questo tipo fa sì che sia la causa prevalente della diffusione
   del virus.


   Sangue e suoi derivati. Questa via di trasmissione è particolarmente importante per gli
   utilizzatori di droghe introvenose, emofiliaci e riceventi di trasfusioni di sangue e suoi
   derivati. Gli operatori del settore sanitario (infermieri, tecnici di laboratorio, dottori etc)
   sono anche coinvolti, sebbene più raramente. Sono interessati da questa via di
   trasmissione anche chi pratica o si fa praticare tatuaggi e piercing.


   Madre-figlio. La trasmissione del virus da madre a figlio può accadere in utero durante le
   ultime settimane di gestazione e alla nascita. Anche l'allattamento al seno presenta un
   rischio di infezione per il bambino. In assenza di trattamento, il tasso di trasmissione tra
   madre e figlio è del 25%. Tuttavia, dove un trattamento è disponibile, combinandolo con la
   possibilità di un parto cesareo, il rischio è stato ridotto all'1%.

L'HIV è stato trovato nella saliva, lacrime e urina di individui infetti, ma vista la bassa
concentrazione del virus in questi liquidi biologici, il rischio di trasmissione è considerato
trascurabile.


   Da notare come le zanzare, da sempre sospettate di essere un possibile veicolo di
   infezione, siano invece sostanzialmente innocue, sia perché il virus non si può replicare
   all'interno delle ghiandole salivari dell'insetto (trasmissione biologica)[15] sia per via della
   bassissima probabilità di infezione: è stato calcolato che una persona dovrebbe essere
   morsa da 10 milioni di zanzare (portatrici del virus) per avere una probabilità di essere
   infettato.[16] Questa falsa credenza è diffusa nei paesi meno sviluppati.[17] Le zanzare sono
   in effetti responsabili della trasmissione di altre patologie a eziologia virale come per
   esempiodengue e febbre gialla per le quali però si verificano epidemie stagionali.



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  La zanzara dopo un pasto ematico, riposa per circa 24 ore, tempo sufficiente alla
  scomparsa del virus dall'insetto. Anche qualora la zanzara punga due individui in
  successione di cui il primo sieropositivo, la possibilità di contagio (trasmissione
  meccanica) è nulla perché il canale attraverso cui viene iniettata la saliva e quello
  attraverso il quale viene prelevato il sangue sono due condotti differenti, non in
  comunicazione     tra     di   loro.   Un   discorso   analogo    può   essere   fatto     anche   per
  altri artropodi ematofagi come pulci, zecche e cimici.



Profilassi post-esposizione

In caso di possibile esposizione al virus, subito dopo un evento a rischio in base alle vie di
trasmissione appena descritte, è possibile sottoporsi ad un particolare trattamento
farmacologico noto come profilassi post-esposizione, in grado di ridurre notevolmente le
probabilità di contagio, se applicato correttamente e nei tempi appropriati.




Cura

Al momento non si guarisce dall'HIV o dall'AIDS e non esistono vaccini. L'infezione da HIV
porta all'AIDS ed, alla fine, al decesso. Tuttavia nei paesi occidentali la maggior parte dei
pazienti sopravvive per molti anni dopo la diagnosi grazie alla disponibilità sul mercato
della   terapia   antiretrovirale        ad   elevata    attività   (Highly   Active       Antiretroviral
                   [18]
Therapy o HAART           .) In mancanza della HAART, il passaggio dall'infezione da HIV
all'AIDS si verifica in un arco di tempo che va dai 9 ai dieci anni e il tasso medio di
sopravvivenza dopo che si sviluppa l'AIDS è di 9.2 mesi (Morgan e altri, 2002b). La
HAART aumenta notevolmente il tempo che intercorre dalla diagnosi alla morte mentre
continua la ricerca volta allo sviluppo di nuovi farmaci e di vaccini.

Le migliori possibilità offerte attualmente dalla HAART consistono in combinazioni o
"cocktail" di farmaci in gruppi di almeno tre medicinali appartenenti ad almeno due
famiglie, o "classi" di agenti antiretrovirali. I regimi tipici consistono in due analoghi
nucleosidici della trascrittasi inversa (nucleoside analogue reverse transcriptase inhibitors,
NRTI) insieme a un inibitore della proteasi oppure un analogo non nucleosidico della
trascrittasi inversa (non nucleoside reverse transcriptase inhibitor, NNRTI).

I trattamenti antiretrovirali, congiuntamente alle cure mirate alla prevenzione delle
infezioni che approfittano delle vulnerabilità create dall'AIDS hanno avuto un certo ruolo
nel ritardare l'insorgenza delle complicanze associate all'AIDS, riducendo i sintomi ed
estendendo la vita dei pazienti. Negli ultimi dieci anni si è riusciti a prolungare ed a
migliorare la qualità di vita delle persone affette da AIDS con risultati notevoli. [1], [2].


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Tuttavia, le linee guida per il trattamento cambiano costantemente. Le linee guida attuali
per    la   terapia   antiretrovirale dell'Organizzazione   Mondiale   della   Sanità riflettono   i
cambiamenti apportati alle linee-guida nel2003 poiché in strutture in cui le risorse a
disposizione sono limitate (per es. nei paesi in via di sviluppo) ad adulti e adolescenti
infettati dall'HIV si raccomanda di iniziare a sottoporsi alla terapia ARV (antiretrovirale)
quando l'infezione da HIV sia confermata e sia presente una delle seguenti condizioni:


  Infezione da HIV in fase avanzata:
  Fase 4 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS), a prescindere dalla percentuale di
      linfociti T di tipo CD4+;
  Fase 3 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti in
      base al tasso rilevato di linfociti T di tipo CD4 quando questo risulti inferione ai 350/ l;
  Fase 1 o 2 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti
      in base al quantitativo rilevato di linfociti T di tipo CD4+, quando questo risulti
      inferiore a 200/ l.

Lo U.S. Department of Health and Human Services (Dipartimento della Sanità e dei Servizi
Sociali degli Stati Uniti), l'agenzia federale responsabile del controllo delle politiche
sull'HIV/AIDS negli Stati Uniti, ha reso noto in data 6 ottobre 2005 quanto segue:


  Tutti i pazienti con precedenti di patologie da cui si desume l'effetto dell'AIDS o con
      sintomi severi di infezione da HIV a prescindere dal loro tasso di linfociti T di tipo
      CD4+ devono venir trattati con la ART (terapia antiretrovirale).
  La terapia antiretrovirale è anche consigliata per i pazienti asintomatici con una conta di
      linfociti T tipo CD4+ inferiore a 200/ l;
  I pazienti asintomatici con percentuale di linfociti T tipo CD4+ maggiore di 201-350/ l
      debbono ricevere cure dopo una valutazione rischio-beneficio ed in accordo con i
      desideri del paziente;
  Per i pazienti asintomatici con un tasso di linfociti T tipo CD4+ superiore a 350/ l e con
      HIV RNA nel plasma maggiore a 100,000 copie/ml la maggior parte dei medici
      rimandano le misure terapeutiche ma secondo alcuni si potrebbe dare il via al
      trattamento.
  Si raccomanda di differire la terapia per i pazienti con un tasso di linfociti T tipo CD4+
      superiore a >350/ l con RNA HIV inferiore a 100.000 copie/ml.

Il regime preferenziale con cui iniziare è uno dei due seguenti:


  enfavirez + lamivudina o emtricitabina + zidovudina o tenofovir; altrimenti
  lopinavir rafforzato da ritonavir + zidovudina + lamivudina o emtricitabine.



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Inoltre, il DHHS consiglia ai dottori di accertare la carica virale, la rapidità del declino dei
linfociti CD4+ e il grado di risposta del paziente nel decidere quando iniziare il
trattamento. [3]

Ci sono non poche preoccupazioni sui regimi antiretrovirali. Le medicine possono avere
                           [19]
seri effetti collaterali          . I regimi possono essere complessi, e imporre al paziente di
assumere pillole diverse volte al giorno. Se il paziente non assume la terapia
                                                                         [20]
correttamente, può svilupparsi una certa resistenza al farmaco                  . Inoltre, i farmaci
retrovirali sono costosi e la maggior parte degli individui infetti nel mondo non hanno
accesso alle medicine e ai trattamenti per l'HIV e l'AIDS.

La ricerca volta a migliorare i trattamenti attuali si occupa di diminuire gli effetti collaterali
degli attuali medicinali, semplificare i regimi farmacologici per migliorarne l'effetto e
determinare l'ordine ottimale tra una cura e l'altra per contenere la resistenza ai farmaci.

In lingua italiana, è possibile scaricare anche il documento del Ministero della Salute di
dicembre 2005 "Aggiornamento delle conoscenze in tema di terapia antiretrovirale" dal
seguente i

Da quando l'AIDS è entrato nella coscienza collettiva sono state utilizzate diverse forme
di medicina alternativa per cercare di curare i suoi sintomi. Nel primo decennio
dell'epidemia quando nessuna cura convenzionale era disponibile, molte persone affette
da AIDS hanno sperimentato terapie alternative (massaggio, medicine a base di di erbe
e fiori, l'agopuntura). Tuttavia, nessuna di queste ha dimostrato di avere alcun effetto
positivo nel trattamento dell' HI

Quasi la metà delle persone infette da HIV non lo sanno finché non gli viene diagnosticato
l'AIDS. I kit per il test dell' HIV sono usati per monitorare il sangue dei donatori e i
derivati dal sangue, ma anche per diagnosticare, curare e sottoporre a controlli pazienti
con HIV. I test dell'HIV rilevano la presenza di anticorpi HIV, di antigeni HIV o dell'HIV nel
siero, plasma, nei fluidi orali, su macchie di sangue essiccato o nell'urina dei pazienti.




Origine dell' HIV/AIDS

La data ufficiale che segna l'inizio dell'epidemia dell'AIDS è il 5 giugno, 1981, quando
il centro per il monitoraggio e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti identificò
un'epidemia di pneumocistosi polmonaredovute a pneumocystis carinii (ora riclassificato
come Pneumocystis jiroveci) in cinque uomini gay di Los Angeles. Benché la sindrome
fosse    stata     chiamata            inizialmente   GRID,   o Gay-Related Immune Deficiency
(cioè immunodeficienza dei gay), le autorità sanitarie si accorsero ben presto che quasi
metà della popolazione, in cui era stata riscontrata, non era omosessuale. Nel 1982 il CDC


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                                                                                                       14
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introdusse il termine AIDS per descrivere più esaustivamente la sindrome appena
scoperta.

Tre dei primi casi noti di infezione da HIV risalgono a:


    1. Un    campione      di   plasma         estratto   nel 1959 da     un adulto maschio residente
                                                               [21]
        nell'attuale Repubblica Democratica del Congo                 .
    2. Campioni di tessuto contenenti l'HIV, estratto da un adolescente di nazionalità
        statunitense morto a Saint Louis nel 1969.
    3. Campioni di tessuto contenenti l'HIV estratti da un marinaio norvegese morto
        intorno al 1976.

Sono due le specie di HIV che infettano gli esseri umani: l'HIV-1 e l'HIV-2. L'HIV-1 è più
virulento e si trasmette più facilmente. L'HIV-1 è la fonte della maggioranza delle infezioni
da HIV nel mondo, mentre l'HIV-2 si trasmette meno facilmente, è più antico ed è per lo
                                      [22]
più diffuso nell'Africa occidentale          . Sia l'HIV-1 sia l'HIV-2 derivano da virus analoghi che
infettano i primati. L'HIV-1 deriva da un virus dello Scimpanzé comune (Pan troglodytes
troglodytes). L'origine dell'HIV-2 è attribuita con certezza al Cercocebus atys (ing. Sooty
Mangabey), un cercopiteco presente in Guinea Bissau, Gabon e Camerun




Ultime scoperte

Il 10% della popolazione europea presenta una variante genetica, la d32, che produce un
numero scarso di proteine-recettori CCR5 sui globuli bianchi. Ciò non provoca nessun
disturbo alla salute, tanto che la grande diffusione della variante d32 e' stata notata solo
dopo la comparsa dell'AIDS, in quanto chi ha meno recettori CCR5 sui globuli bianchi
corre meno rischi di essere infettato dal virus HIV. Ma l'HIV e' comparso in Europa solo 25
anni fa; in questo caso sembra che la difesa fosse pronta prima che arrivasse il nemico.
La genetista Alison Galvani, della Yale University, ipotizza che la variante genetica che
protegge dall'HIV protegga anche da un altro killer, il vaiolo, un virus che condivide
importanti carattersitiche con l'HIV. Analizzando la diffusione del vaiolo in Europa la
ricercatrice ha scoperto che essa coincide con l'attuale prevalenza della variante D32 nel
continente. Questa mutazione, quindi, potrebbe essere stata selezionata in passato come
difesa contro un virus per poi venire utile in seguito contro un altro.




Una guarigione

Un paziente americano (residente in Germania) affetto da HIV e da leucemia sembra
avere di recente ottenuto i benefici della variante genetica d32 grazie ad una donazione di
midollo osseo da un paziente con questa caratteristica. Dopo 600 giorni dal trapianto del
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midollo sia la leucemia che il virus sembrano scomparsi, sebbene potrebbe ancora essere
nell'organismo, ma solo incapace di infettare le cellule[23].

È infatti noto che il virus va ad insinuarsi in alcuni serbatoi all'interno del corpo umano, tra
cui anche il sistema nervoso centrale e alcuni tipi di cellule immunitarie, rimanendo
latente.



Ipotesi alternative sull'Aids

   « Sappiamo che errare è umano, ma l'ipotesi Hiv-Aids è un errore macroscopico. Lo
   dico forte e chiaro per mettere in guardia la gente »

   (Kary B. Mullis, Premio Nobel per la chimica nel 1993 per aver scoperto la reazione a
   catena della polimerasi)


Alcuni scienziati ed attivisti hanno messo in discussione la connessione tra HIV ed AIDS,
l'esistenza stessa del virus, o la validità delle attuali metodologie diagnostiche. I dissidenti
criticano l'attuale approccio all'AIDS basato su HIV, affermando che ciò sarebbe sfociato in
diagnosi inaccurate, terrorismo psicologico, trattamenti "tossici" ed al dispendio di fondi
pubblici.

Queste considerazioni suscitano resistenze ed irritazione nella maggior parte della
comunità scientifica, la quale accusa i dissidenti d'ignorare le chiare evidenze scientifiche
sul ruolo causale dell'HIV nell'etiopatogenesi dell'AIDS, e di rappresentare, con le loro tesi
indimostrate, una seria minaccia per la salute pubblica. Il dibattito e le controversie su
questo punto, iniziate dai primi anni 80, continuano tutt'ora ed hanno suscitato
infervoramenti intensi e profondi da entrambe le parti.

L'emergere di tali movimenti ed idee "negazioniste" ha portato quindi, da parte di oltre
5000 tra medici e scienziati (tra cui 11 vincitori di Premio Nobel), alla sottoscrizione
dell'importante documento noto comeDichiarazione di Durban, nel quale si afferma che il
legame causale tra HIV e AIDS è chiaramente definito, esaustivo ed univoco.

Le conseguenze pericolose del "negazionismo" si sono manifestate in maniera lampante
in Sudafrica, dove politiche sanitarie relative all'AIDS basate su un approccio negazionista,
e sull'uso di inefficaci rimedi tradizionali, hanno portato ad un'enorme diffusione del virus:
si stima che il 20% della popolazione adulta sia sieropositivo[2], contro il 6,1% medio
dell'Africa subsahariana[24].




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AIDS e religione


  Il Santo protettore degli ammalati di AIDS è Pellegrino Laziosi da Forlì.



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 Tovanabutra, S., Robison, V., Wongtrakul, J., Sennum, S., Suriyanon, V., Kingkeow, D.,



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  Zhu T, Korber BT, Nahmias AJ, Hooper E, Sharp PM, Ho DD.(1998) An African HIV-1
   Sequence from 1959 and Implications for the Origin of the Epidemic. Nature 391,
   594–597 PMID 9468138
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  • 2. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Descrizione In queste manifestazioni sono comprese infezioni da microrganismi rari o non patogeni ed insorgenza di tumori sia comuni nella popolazione generale sia caratteristici delle persone immunocompromesse sia peculiari di chi presenta tale sindrome. L'agente eziologico della patologia è il virus HIV.[1][2] La sindrome è, allo stato attuale, curabile con numerosi farmaci ma ancora non guaribile, nel senso che non è possibile eradicare totalmente il virus dall'ospite. Le terapie odierne, di gran lunga meglio tollerate di quelle usate al momento dell'emergenza dei primi anni '80, riescono a ridurre la viremia (quantità di virus presente nel sangue) a livelli bassissimi o non rilevabili consentendo la rigenerazione dei linfociti e la prosecuzione di una vita esente dalle malattie opportunistiche che normalmente si presentano nelle persone non curate. L'andamento clinico-patologico della sindrome è estremamente variabile tra gli individui per il fatto che la progressione dell'infezione dipende da fattori genetici sia del virus[3] che dell'ospite [4] che dalle condizioni igieniche e dalle co-infezioni [5] . Nei paesi in cui le costose cure antiretrovirali e le cure per le infezioni opportunistiche e neoplastiche sono maggiormente disponibili, o come in Italia pagate dal SSN, la mortalità dell'AIDS è di molto [6] [7] ridotta , bilanciata però dai problemi causati dagli effetti collaterali dallo sviluppo di resistenza ai farmaci, dalla scarsa aderenza ai regimi terapeutici prescritti. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 2
  • 3. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Epidemiologia Galleria di immagini degli interpreti principali Si pensa che la sindrome abbia avuto origine nell'Africa Africa sub (1/2)▶ sub- [8] sahariana per mutazione di un retrovirus animale, forse della scimmia, che nel XX secolo fu trasmesso alla popolazione umana diventando poi una epidemiaglobale. globale. La UNAIDS e il WHO stimano 25 milioni di morti dalla scoperta della sindrome, il che ne ha fatto una delle più terribili epidemie della storia. Nel solo 2005 sono Un confronto internazionale, 2005 stati stimati circa 3,1 milioni di morti di cui 570.000 bambini. Globalmente, si stima che le persone affette dall'HIV siano 33 milioni circa (fonte UNAIDS, ente, 2007). Solo nel 2005, un numero compreso tra 4,3 e 6,6 milioni di persone è stato infettato e un numero compreso tra 2,8 e 3,6 milioni di persone è morto per l'AIDS, un in incremento dal 2004 e il numero più alto dal 1981. Il più recente report di valutazione del World Bank's Operations Evaluation Departmen valuta Department l'efficacia dell'assistenza offerta dalla dallaBanca Mondiale agli stati in termini di definizione delle strategie, lavoro analitico e prestiti con l'esplicito obiettivo di ridurre l'impatto epidemico dell'AIDS. Questa è la prima valutazione generale dell'aiuto della Banca Mondiale alle nazioni, dall'inizio dell'epidemia di HIV/AIDS fino a metà del 2004. Trattando di implementazioni di del programmi governativi per i governi, il rapporto fornisce indicazioni su come i programmi nazionali per la lotta all'AIDS possono essere resi più efficaci. Nei paesi dell'Africa Sub Sahariana vi sono circa 25 25-28 milioni di persone infette da HIV, più ioni del 60% di tutta la popolazione aids e più dei tre quarti delle donne. In America latina e nell'area caraibica, nello scorso anno, vi sono state circa 2.000 infezioni che hanno portato il numero di sieropositivi a circa 2 milioni. Con i suoi 100.000 morti tale area è quella che è stata più colpita dopo l'Africa Sub Sahariana. In medio oriente ed in Nord Africa, ad eccezione del Sudan, tutta l'area presenta una , prevalenza di HIV bassa. Attualmente vi sono circa 600.000 infetti dal virus (compresi i 55.000 +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 3
  • 4. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it che si sono aggiunti lo scorso anno) e nel 2003 l'AIDS ha ucciso circa 45.000 persone. Nei paesi dell'Europa dell'Est e dell'Asia Centrale l'epidemia è in espansione con 1,3 milioni di persone sieropositive contro le 160.000 del 1995. Patogenesi Ciò che l'infezione virale provoca è la comparsa di uno stato infiammatorio cronico che si risolve in un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sebbene una risposta immune particolarmente forte può essere utile per controllare la replicazione virale, il mantenimento di un tale stato nel corso del tempo può portare a progressivo esaurimento e deplezione cellulare. Evento centrale nella patogenesi dell'infezione da HIV è l'interessamento della linea linfocitaria. Effettivamente oltre alla riduzione numerica si notano anche vari fenomeni imputabili alla riduzione funzionale dei linfociti T: Riduzione della risposta proliferativa alla stimolazione antigenica, Sbilanciamento della risposta Th1 a favore di quella Th2. Ciò determina una riduzione dell'immunità cellulare a tutto vantaggio di quella umorale, Mancanza o riduzione della risposta T ad opera di antigeni cui si era precedentemente suscettibili. Si ipotizza che ciò possa essere dovuto ad una precoce deplezione dei linfociti CD4 di memoria probabilmente a causa della loro alta espressione del recettore CCR5. Attualmente si ritiene che tutti questi fenomeni non abbiano una base univoca ma multifattoriale: è noto che l'HIV sia in grado di uccidere direttamente la cellula per lisi (effetto citopatico). Ciò potrebbe avvenire per accumulo eccessivo di particelle o materiale genetico o proteico di natura virale. Si pensa che a ciò si possa aggiungere un'inibizione eccedente dell'espressione proteica della cellula ospite, l'HIV è in grado di generare sincizi per la fusione delle membrane cellulari di cellule infette tra loro oppure con cellule sane a causa del legame che si può formare tra gp120 e CD4. A seguito della fusione si determina un forte rigonfiamento e morte cellulare in poche ore. Sembrerebbe che la capacità di formare sincizi sia limitata solo ai ceppi T-tropici di HIV-1. la formazione di anticorpi contro proteine dell'envelope virale può essere responsabile della lisi di cellule esprimenti questi antigeni sulla loro superficie. Possono intervenire diversi fenomeni in quest'evento: la lisi mediata da linfociti T specifici o ad opera di cellule citotossiche (NK, granulociti, fagociti mononucleati), apoptosi linfocitaria. Questo fenomeno coinvolgerebbe sia i linfociti T CD4+ che quelli +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 4
  • 5. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it CD8+. Per i primi si sospetta il coinvolgimento del legame CD4-gp120 nella genesi del fenomeno cui si aggiunge l'attivazione linfocitaria per stimolazione del recettore per l'antigene (TCR) con conseguente aggregazione dei CD4 e scatenamento del fenomeno apoptotico. Nella genesi di questo fenomeno, tuttavia, sono coinvolti altri fattori. Varie proteine virali, env, vpr, nef, vpu e tat hanno dimostrato di indurre apoptosi in linfociti T non infetti sebbene tra essa si ritenga che in vivo l'azione più importante venga svolta da env. Anche l'attivazione del recettore CXCR4 riveste una certa importanza in quanto esso è in grado di indurre una cascata molecolare apoptotica indipendente dal recettore Fas. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che l'attivazione di CXCR4 è un evento importante nello sviluppo dell'apoptosi sia dei linfociti CD4+ che CD8+. perdita dei precursori delle cellule immunitarie. Si ritiene che ciò possa avvenire o per infezione diretta delle o di cellule progenitrici situate nel timo o di cellule accessorie capaci di secernere citochine e fattori necessari al processo di differenziazione. si è notato un certo grado di omologia tra gp120, gp41 e gli antigeni HLA-DR e HLA-DQ. Ciò ha portato ad ipotizzare che eventuali anticorpi contro le proteine virali possano cross- reagire con le proteine HLA espresse su linfociti specifici determinando, così, un blocco del legame di quest'ultimi con il recettore CD4 delle cellule infette cui segue un'inibizione di tipo funzionale, sembrerebbe che il legame di gp120 o gp41 sul CD4 sia in grado di inibire la funzione dei linfociti T helper rendendoli incapaci di rispondere alla stimolazione mediata da CD3, possibile legame di superantigeni di origine virale alla catena b del TCR con conseguente anergia linfocitaria. In corso di infezione da HIV vengono a crearsi due compartimenti virologici distinti ma comunicanti: un compartimento attivo costituito dal virus libero nel sangue e da quello contenuto all'interno di linfociti caratterizzato da una replicazione virale elevata, un compartimento di latenza costituito da linee cellulari e zone anatomiche dell'organismo dove il virus resta in uno stato latente e che fungono, perciò, da serbatoi (reservoir). Se il compartimento attivo gioca un ruolo importante nel danneggiare il sistema immunitario, quello di latenza è il principale responsabile della mancata eradicazione del virus dall'organismo. I reservoir di HIV vengono suddivisi in cellulari ed anatomici. Quelli cellulari sono costituiti dalle cellule follicolari-dendritiche, dai linfociti CD4+ quiescenti e dai monociti-macrofagi. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 5
  • 6. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Dei reservoir anatomici fanno parte, invece, il sistema nervoso centrale ed i testicoli (sebbene altri compartimenti dell'organismo siano sospettati di avere una funzione simile). Le cellule follicolari dendritiche sembrano avere un ruolo importante, almeno nelle prime fasi dell'infezione, a causa della loro funzione di presentazione dell'antigene, nel portare il virus a contatto con gli organi linfoidi o i linfociti CD4+. Oltre a ciò si è visto che sono capaci di trattenere sulla loro superficie un elevato quantitativo di virioni. Tuttavia in corso di terapia antiretrovirale tale numero si riduce drasticamente a tal punto che qualche autore sostiene che esse, in corso di terapia antiretrovirale efficace, perdano la loro funzione di reservoir o, al massimo, che diventi di secondo piano. È da notare, tuttavia, che tale conclusione non è unanimemente condivisa. I linfociti CD4+ quiescenti possono essere infettati da HIV anche se le modalità di questo fenomeno non sono ancora chiare. I linfociti quiescenti vengono sottoposti a maturazione nel timo e da lì emergono rimanendo in uno stato latente fino all'incontro con l'antigene. Si ritiene che l'infezione col virus possa avvenire o nello stadio immaturo all'interno del timo (organo nel quale il virus è stato rintracciato) o nello stadio di quiescenza una volta completata la maturazione. In tal caso si ritiene che a causa dello stato di quiete della cellula il genoma virale si trovi nella forma non integrata. Un'altra ipotesi sostiene che il virus infetti linfociti attivi i quali, una volta concluso il loro stato di attività, possono andare incontro ad uno stato di latenza, ammesso che siano riusciti a sopravvivere. In tal caso il genoma virale si trova nella forma integrata anche se non si ha produzione di virioni. I monociti/macrofagi sono un compartimento sottoposto ad un'infezione cronica e produttiva da parte di HIV, essendo poco sensibili agli effetti citopatici del virus. La continua produzione virale e la capacità dei monociti di veicolare il virus in quasi tutto l'organismo rendono tale compartimento il più importante nel mantenimento dell'infezione. È noto,inoltre, che i monociti/macrofagi sono la principale fonte di virus in caso di interruzione o fallimento della terapia antiretrovirale. È noto che HIV si può ritrovare nel sistema nervoso centrale di individui infetti. Da alcuni dati si ipotizza che la penetrazione del virus possa avvenire in tempi molto precoci dopo l'ingresso nell'organismo. Nel sistema nervoso centrale l'infezione virale è limitata ai macrofagi ed alle cellule della microglia mentre gli altri tipi cellulari non sembrano essere coinvolti (tranne gli astrociti la cui infezione, come si è affermato precedentemente, non è produttiva). L'assoluta particolarità del sistema nervoso centrale quale elemento di riserva di HIV la si evince anche dal fatto che il virus in esso presente è genotipicamente e Il più delle volte l'exitus avviene a seguito delle infezioni opportunistiche tra cui più spesso per le polmoniti. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 6
  • 7. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it La terapia Attualmente, l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta highly active antiretroviral therapy (HAART) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali. Il suo utilizzo, a partire dal suo ingresso nel 1995, ha consentito di ridurre la morbilità e la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus. Tale terapia, inoltre, permette anche un miglioramento dei parametri immunitari con un netto aumento del linfociti CD4+ che sembra permanere fino a 4-5 anni cui si accompagna un abbassamento della carica virale plasmatica e liquorale. L'utilizzo della HAART, tuttavia, in uno studio preliminare condotto su dieci persone infette da HIV-2 sembra avere una minore efficacia rispetto ai risultati che si ottengono con HIV-1. Attualmente la terapia antiretrovirale utilizza farmaci appartenenti a tre classi: gli inibitori della trascrittasi inversa, a loro volta distinti in inibitori nucleosidici, nucleotidici e non nucleosidici, gli inibitori della proteasi, gli inibitori della fusione, Gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa per esplicare la loro azione devono venir trifosforilati dalle chinasi endocellulari e successivamente competono con i desossinucleotidi endogeni durante il processo di retrotrascrizione. L'efficacia di tali composti dipende dalla concentrazione intracellulare loro e dei desossinucleotidi con cui si trovano a competere. Ciò significa che cellule come i macrofagi, che hanno un metabolismo limitato ed in conseguenza di ciò una concentrazione molto bassa di desossinucleotidi, sono assai sensibili all'azione di tali farmaci. Gli inibitori nucleotidici, di cui in Italia è registrato solo il Tenofovir si comportano come inibitori competitivi della trascrittasi inversa, come gli inibitori nucleosidici, ma, a differenza di quest'ultimi, presentano un gruppofosfato legato ad una purina od una pirimidina. Ciò permette l'eliminazione della prima tappa di fosforilazione semplificando le tappe di metabolizzazione riducendole a due. Anche tale categoria di farmaci, così come gli inibitori nucleosidici, presenta un'azione maggiore sui macrofagi che sui linfociti infettati. Si è visto che l'indice terapeutico del Tenofovir sui monociti/macrofagi si aggira intorno a 15000 mentre sui linfociti si situa su 20. Gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa esplicano la loro attività legandosi direttamente al sito attivo dell'enzima determinandone il blocco dell'azione. Tali farmaci sono indipendenti dal metabolismo cellulare in quanto non necessitano di alcuna modificazione e non risentono della concentrazione di dessosinucleotidi. A seguito di ciò il loro effetto su +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 7
  • 8. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it monociti/macrofagi e linfociti sembra essere equivalente. Gli inibitori della proteasi vanno a bloccare l'ultima parte del ciclo replicativo di HIV in quanto impediscono la maturazione delle proteine virali. Ciò determina un blocco dell'assemblaggio e del rilascio di nuovi virioni. Un tale meccanismo d'azione fa sì che gli inibitori della proteasi siano utili in tutte quelle situazioni in cui le fasi iniziali del ciclo virale sono già passate rendendo perciò inutile l'uso degli inibitori della trascrittasi inversa. Una simile situazione si rinviene nei macrofagi i quali, come si è visto precedentemente, fungono da reservoir di HIV ai cui effetti citopatici sono poco sensibili. In tali cellule il genoma virale è già integrato in quello dell'ospite per cui gli unici composti in grado di bloccare la replicazione virale a questo livello attualmente sono gli inibitori della proteasi. Sfortunatamente la concentrazione efficace di questi composti sui monociti/macrofagi e maggiore di quella dei linfociti CD4+ attivi e spesso sono equivalenti alle massime concentrazioni plasmatiche raggiungibili in vivo. Ciò non solo può favorire la comparsa di effetti avversi ma può anche rendere ragione del fatto che in alcuni distretti dell'organismo l'inibizione della replicazione virale nei monociti/macrofagi ottenuta in tal modo sia incompleta. Gli inibitori della fusione sono una categoria di farmaci usciti di recente di cui, al momento, l'unico esponente è l'Enfuvirtide, determinano un blocco del processo di fusione del virus con la membrana della cellula ospite. Questo processo si articola in tre fasi: aggancio, legame ai corecettori e fusione delle membrane. Enfuvirtide è un peptide che mima un motivo della proteina gp41. Quando la proteina gp120 si aggancia ai suoi recettori, gp41 subisce una serie di cambiamenti conformazionali che culminano nella formazione di una struttura a tre foglietti β che funziona da ponte tra il virione e la cellula da infettare. Enfuvirtide determina un blocco della regione amino-terminale della gp41 impedendo la formazione dei tre foglietti. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 8
  • 9. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Sintomatologia Quadro sintomatologico dell'AIDS I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un normale sistema immunitario. La maggior parte sono infezioni causate [9] da batteri, virus, funghi, parassiti e altri organismi . Negli individui affetti da AIDS sono comuni le infezioni opportunistiche, e aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi. Sintomi comuni sono febbre, sudorazione specie notturna, ingrossamento ghiandolare, tremore, debolezza e [10] perdita di peso . La sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è di 4-5 anni dal [11] momento della diagnosi di AIDS conclamato . Senza il supporto terapeutico la morte [12] sopravviene entro un anno . La maggior parte dei pazienti muore per infezioni [13] opportunistiche dovute al progressivo indebolimento delsistema immunitario . Definizione di AIDS e infezione da HIV Fin dal 1982 sono state coniate varie definizioni per il monitoraggio epidemiologico dell'infezione: tra queste la definizione Bangui e quella dell'Organizzazione Mondiale della Sanità datata 1994. Tuttavia, non sono da intendersi come utili per la classificazione clinica dei +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 9
  • 10. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it pazienti, in quanto non sono appropriate e specifiche. Il sistema di classificazione usato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e quello del CDCCenters for Disease Control può essere utilizzato solo nei paesi sviluppati. Classificazione delle infezioni e malattie da HIV dell'OMS Nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raggruppato i diversi tipi di casi definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel settembre del 2005. La maggior parte di queste infezioni opportunistiche può essere facilmente curata in soggetti altrimenti sani. Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto respiratorio superiore Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e tubercolosi Stadio IV: include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS. Sistema di Classificazione delle Infezioni da HIV secondo i CDC Negli USA, la definizione di AIDS è governata dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Nel 1993, i CDC allargarono la loro definizione di AIDS andando ad includere persone sane ma positive al test per l'HIV, e con un numero di linfocitiT CD4+ inferiore a 200 per l di sangue. La maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli Stati Uniti sono diagnosticati [14] quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione da HIV . Manifestazioni cliniche dell'AIDS Le principali patologie polmonari Polmonite da Pneumocystis jiroveci Tubercolosi Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale Esofagiti Diarrea cronica Le principali patologie neurologiche +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 10
  • 11. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Toxoplasmosi Leucoencefalite multifocale progressiva AIDS Dementia Complex Trasmissione Dagli inizi dell'epidemia, sono state individuate principalmente tre vie di trasmissioni dell'HIV: Sessualmente. La maggior parte delle infezioni del virus dell'HIV avvennero, e avvengono tuttora, attraverso rapporti sessuali non protetti. La trasmissione sessuale può insorgere quando c'è contatto fra le secrezioni sessuali di un partner infetto con le mucose genitali, della bocca o del retto dell'altro. Nonostante la probabilità di trasmissione non sia elevata, il grande numero di esposizioni di questo tipo fa sì che sia la causa prevalente della diffusione del virus. Sangue e suoi derivati. Questa via di trasmissione è particolarmente importante per gli utilizzatori di droghe introvenose, emofiliaci e riceventi di trasfusioni di sangue e suoi derivati. Gli operatori del settore sanitario (infermieri, tecnici di laboratorio, dottori etc) sono anche coinvolti, sebbene più raramente. Sono interessati da questa via di trasmissione anche chi pratica o si fa praticare tatuaggi e piercing. Madre-figlio. La trasmissione del virus da madre a figlio può accadere in utero durante le ultime settimane di gestazione e alla nascita. Anche l'allattamento al seno presenta un rischio di infezione per il bambino. In assenza di trattamento, il tasso di trasmissione tra madre e figlio è del 25%. Tuttavia, dove un trattamento è disponibile, combinandolo con la possibilità di un parto cesareo, il rischio è stato ridotto all'1%. L'HIV è stato trovato nella saliva, lacrime e urina di individui infetti, ma vista la bassa concentrazione del virus in questi liquidi biologici, il rischio di trasmissione è considerato trascurabile. Da notare come le zanzare, da sempre sospettate di essere un possibile veicolo di infezione, siano invece sostanzialmente innocue, sia perché il virus non si può replicare all'interno delle ghiandole salivari dell'insetto (trasmissione biologica)[15] sia per via della bassissima probabilità di infezione: è stato calcolato che una persona dovrebbe essere morsa da 10 milioni di zanzare (portatrici del virus) per avere una probabilità di essere infettato.[16] Questa falsa credenza è diffusa nei paesi meno sviluppati.[17] Le zanzare sono in effetti responsabili della trasmissione di altre patologie a eziologia virale come per esempiodengue e febbre gialla per le quali però si verificano epidemie stagionali. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 11
  • 12. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it La zanzara dopo un pasto ematico, riposa per circa 24 ore, tempo sufficiente alla scomparsa del virus dall'insetto. Anche qualora la zanzara punga due individui in successione di cui il primo sieropositivo, la possibilità di contagio (trasmissione meccanica) è nulla perché il canale attraverso cui viene iniettata la saliva e quello attraverso il quale viene prelevato il sangue sono due condotti differenti, non in comunicazione tra di loro. Un discorso analogo può essere fatto anche per altri artropodi ematofagi come pulci, zecche e cimici. Profilassi post-esposizione In caso di possibile esposizione al virus, subito dopo un evento a rischio in base alle vie di trasmissione appena descritte, è possibile sottoporsi ad un particolare trattamento farmacologico noto come profilassi post-esposizione, in grado di ridurre notevolmente le probabilità di contagio, se applicato correttamente e nei tempi appropriati. Cura Al momento non si guarisce dall'HIV o dall'AIDS e non esistono vaccini. L'infezione da HIV porta all'AIDS ed, alla fine, al decesso. Tuttavia nei paesi occidentali la maggior parte dei pazienti sopravvive per molti anni dopo la diagnosi grazie alla disponibilità sul mercato della terapia antiretrovirale ad elevata attività (Highly Active Antiretroviral [18] Therapy o HAART .) In mancanza della HAART, il passaggio dall'infezione da HIV all'AIDS si verifica in un arco di tempo che va dai 9 ai dieci anni e il tasso medio di sopravvivenza dopo che si sviluppa l'AIDS è di 9.2 mesi (Morgan e altri, 2002b). La HAART aumenta notevolmente il tempo che intercorre dalla diagnosi alla morte mentre continua la ricerca volta allo sviluppo di nuovi farmaci e di vaccini. Le migliori possibilità offerte attualmente dalla HAART consistono in combinazioni o "cocktail" di farmaci in gruppi di almeno tre medicinali appartenenti ad almeno due famiglie, o "classi" di agenti antiretrovirali. I regimi tipici consistono in due analoghi nucleosidici della trascrittasi inversa (nucleoside analogue reverse transcriptase inhibitors, NRTI) insieme a un inibitore della proteasi oppure un analogo non nucleosidico della trascrittasi inversa (non nucleoside reverse transcriptase inhibitor, NNRTI). I trattamenti antiretrovirali, congiuntamente alle cure mirate alla prevenzione delle infezioni che approfittano delle vulnerabilità create dall'AIDS hanno avuto un certo ruolo nel ritardare l'insorgenza delle complicanze associate all'AIDS, riducendo i sintomi ed estendendo la vita dei pazienti. Negli ultimi dieci anni si è riusciti a prolungare ed a migliorare la qualità di vita delle persone affette da AIDS con risultati notevoli. [1], [2]. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 12
  • 13. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Tuttavia, le linee guida per il trattamento cambiano costantemente. Le linee guida attuali per la terapia antiretrovirale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità riflettono i cambiamenti apportati alle linee-guida nel2003 poiché in strutture in cui le risorse a disposizione sono limitate (per es. nei paesi in via di sviluppo) ad adulti e adolescenti infettati dall'HIV si raccomanda di iniziare a sottoporsi alla terapia ARV (antiretrovirale) quando l'infezione da HIV sia confermata e sia presente una delle seguenti condizioni: Infezione da HIV in fase avanzata: Fase 4 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS), a prescindere dalla percentuale di linfociti T di tipo CD4+; Fase 3 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti in base al tasso rilevato di linfociti T di tipo CD4 quando questo risulti inferione ai 350/ l; Fase 1 o 2 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti in base al quantitativo rilevato di linfociti T di tipo CD4+, quando questo risulti inferiore a 200/ l. Lo U.S. Department of Health and Human Services (Dipartimento della Sanità e dei Servizi Sociali degli Stati Uniti), l'agenzia federale responsabile del controllo delle politiche sull'HIV/AIDS negli Stati Uniti, ha reso noto in data 6 ottobre 2005 quanto segue: Tutti i pazienti con precedenti di patologie da cui si desume l'effetto dell'AIDS o con sintomi severi di infezione da HIV a prescindere dal loro tasso di linfociti T di tipo CD4+ devono venir trattati con la ART (terapia antiretrovirale). La terapia antiretrovirale è anche consigliata per i pazienti asintomatici con una conta di linfociti T tipo CD4+ inferiore a 200/ l; I pazienti asintomatici con percentuale di linfociti T tipo CD4+ maggiore di 201-350/ l debbono ricevere cure dopo una valutazione rischio-beneficio ed in accordo con i desideri del paziente; Per i pazienti asintomatici con un tasso di linfociti T tipo CD4+ superiore a 350/ l e con HIV RNA nel plasma maggiore a 100,000 copie/ml la maggior parte dei medici rimandano le misure terapeutiche ma secondo alcuni si potrebbe dare il via al trattamento. Si raccomanda di differire la terapia per i pazienti con un tasso di linfociti T tipo CD4+ superiore a >350/ l con RNA HIV inferiore a 100.000 copie/ml. Il regime preferenziale con cui iniziare è uno dei due seguenti: enfavirez + lamivudina o emtricitabina + zidovudina o tenofovir; altrimenti lopinavir rafforzato da ritonavir + zidovudina + lamivudina o emtricitabine. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 13
  • 14. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Inoltre, il DHHS consiglia ai dottori di accertare la carica virale, la rapidità del declino dei linfociti CD4+ e il grado di risposta del paziente nel decidere quando iniziare il trattamento. [3] Ci sono non poche preoccupazioni sui regimi antiretrovirali. Le medicine possono avere [19] seri effetti collaterali . I regimi possono essere complessi, e imporre al paziente di assumere pillole diverse volte al giorno. Se il paziente non assume la terapia [20] correttamente, può svilupparsi una certa resistenza al farmaco . Inoltre, i farmaci retrovirali sono costosi e la maggior parte degli individui infetti nel mondo non hanno accesso alle medicine e ai trattamenti per l'HIV e l'AIDS. La ricerca volta a migliorare i trattamenti attuali si occupa di diminuire gli effetti collaterali degli attuali medicinali, semplificare i regimi farmacologici per migliorarne l'effetto e determinare l'ordine ottimale tra una cura e l'altra per contenere la resistenza ai farmaci. In lingua italiana, è possibile scaricare anche il documento del Ministero della Salute di dicembre 2005 "Aggiornamento delle conoscenze in tema di terapia antiretrovirale" dal seguente i Da quando l'AIDS è entrato nella coscienza collettiva sono state utilizzate diverse forme di medicina alternativa per cercare di curare i suoi sintomi. Nel primo decennio dell'epidemia quando nessuna cura convenzionale era disponibile, molte persone affette da AIDS hanno sperimentato terapie alternative (massaggio, medicine a base di di erbe e fiori, l'agopuntura). Tuttavia, nessuna di queste ha dimostrato di avere alcun effetto positivo nel trattamento dell' HI Quasi la metà delle persone infette da HIV non lo sanno finché non gli viene diagnosticato l'AIDS. I kit per il test dell' HIV sono usati per monitorare il sangue dei donatori e i derivati dal sangue, ma anche per diagnosticare, curare e sottoporre a controlli pazienti con HIV. I test dell'HIV rilevano la presenza di anticorpi HIV, di antigeni HIV o dell'HIV nel siero, plasma, nei fluidi orali, su macchie di sangue essiccato o nell'urina dei pazienti. Origine dell' HIV/AIDS La data ufficiale che segna l'inizio dell'epidemia dell'AIDS è il 5 giugno, 1981, quando il centro per il monitoraggio e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti identificò un'epidemia di pneumocistosi polmonaredovute a pneumocystis carinii (ora riclassificato come Pneumocystis jiroveci) in cinque uomini gay di Los Angeles. Benché la sindrome fosse stata chiamata inizialmente GRID, o Gay-Related Immune Deficiency (cioè immunodeficienza dei gay), le autorità sanitarie si accorsero ben presto che quasi metà della popolazione, in cui era stata riscontrata, non era omosessuale. Nel 1982 il CDC +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 14
  • 15. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it introdusse il termine AIDS per descrivere più esaustivamente la sindrome appena scoperta. Tre dei primi casi noti di infezione da HIV risalgono a: 1. Un campione di plasma estratto nel 1959 da un adulto maschio residente [21] nell'attuale Repubblica Democratica del Congo . 2. Campioni di tessuto contenenti l'HIV, estratto da un adolescente di nazionalità statunitense morto a Saint Louis nel 1969. 3. Campioni di tessuto contenenti l'HIV estratti da un marinaio norvegese morto intorno al 1976. Sono due le specie di HIV che infettano gli esseri umani: l'HIV-1 e l'HIV-2. L'HIV-1 è più virulento e si trasmette più facilmente. L'HIV-1 è la fonte della maggioranza delle infezioni da HIV nel mondo, mentre l'HIV-2 si trasmette meno facilmente, è più antico ed è per lo [22] più diffuso nell'Africa occidentale . Sia l'HIV-1 sia l'HIV-2 derivano da virus analoghi che infettano i primati. L'HIV-1 deriva da un virus dello Scimpanzé comune (Pan troglodytes troglodytes). L'origine dell'HIV-2 è attribuita con certezza al Cercocebus atys (ing. Sooty Mangabey), un cercopiteco presente in Guinea Bissau, Gabon e Camerun Ultime scoperte Il 10% della popolazione europea presenta una variante genetica, la d32, che produce un numero scarso di proteine-recettori CCR5 sui globuli bianchi. Ciò non provoca nessun disturbo alla salute, tanto che la grande diffusione della variante d32 e' stata notata solo dopo la comparsa dell'AIDS, in quanto chi ha meno recettori CCR5 sui globuli bianchi corre meno rischi di essere infettato dal virus HIV. Ma l'HIV e' comparso in Europa solo 25 anni fa; in questo caso sembra che la difesa fosse pronta prima che arrivasse il nemico. La genetista Alison Galvani, della Yale University, ipotizza che la variante genetica che protegge dall'HIV protegga anche da un altro killer, il vaiolo, un virus che condivide importanti carattersitiche con l'HIV. Analizzando la diffusione del vaiolo in Europa la ricercatrice ha scoperto che essa coincide con l'attuale prevalenza della variante D32 nel continente. Questa mutazione, quindi, potrebbe essere stata selezionata in passato come difesa contro un virus per poi venire utile in seguito contro un altro. Una guarigione Un paziente americano (residente in Germania) affetto da HIV e da leucemia sembra avere di recente ottenuto i benefici della variante genetica d32 grazie ad una donazione di midollo osseo da un paziente con questa caratteristica. Dopo 600 giorni dal trapianto del +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 15
  • 16. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it midollo sia la leucemia che il virus sembrano scomparsi, sebbene potrebbe ancora essere nell'organismo, ma solo incapace di infettare le cellule[23]. È infatti noto che il virus va ad insinuarsi in alcuni serbatoi all'interno del corpo umano, tra cui anche il sistema nervoso centrale e alcuni tipi di cellule immunitarie, rimanendo latente. Ipotesi alternative sull'Aids « Sappiamo che errare è umano, ma l'ipotesi Hiv-Aids è un errore macroscopico. Lo dico forte e chiaro per mettere in guardia la gente » (Kary B. Mullis, Premio Nobel per la chimica nel 1993 per aver scoperto la reazione a catena della polimerasi) Alcuni scienziati ed attivisti hanno messo in discussione la connessione tra HIV ed AIDS, l'esistenza stessa del virus, o la validità delle attuali metodologie diagnostiche. I dissidenti criticano l'attuale approccio all'AIDS basato su HIV, affermando che ciò sarebbe sfociato in diagnosi inaccurate, terrorismo psicologico, trattamenti "tossici" ed al dispendio di fondi pubblici. Queste considerazioni suscitano resistenze ed irritazione nella maggior parte della comunità scientifica, la quale accusa i dissidenti d'ignorare le chiare evidenze scientifiche sul ruolo causale dell'HIV nell'etiopatogenesi dell'AIDS, e di rappresentare, con le loro tesi indimostrate, una seria minaccia per la salute pubblica. Il dibattito e le controversie su questo punto, iniziate dai primi anni 80, continuano tutt'ora ed hanno suscitato infervoramenti intensi e profondi da entrambe le parti. L'emergere di tali movimenti ed idee "negazioniste" ha portato quindi, da parte di oltre 5000 tra medici e scienziati (tra cui 11 vincitori di Premio Nobel), alla sottoscrizione dell'importante documento noto comeDichiarazione di Durban, nel quale si afferma che il legame causale tra HIV e AIDS è chiaramente definito, esaustivo ed univoco. Le conseguenze pericolose del "negazionismo" si sono manifestate in maniera lampante in Sudafrica, dove politiche sanitarie relative all'AIDS basate su un approccio negazionista, e sull'uso di inefficaci rimedi tradizionali, hanno portato ad un'enorme diffusione del virus: si stima che il 20% della popolazione adulta sia sieropositivo[2], contro il 6,1% medio dell'Africa subsahariana[24]. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 16
  • 17. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it AIDS e religione Il Santo protettore degli ammalati di AIDS è Pellegrino Laziosi da Forlì. Note 1. ^ Robert Gallo. A caccia di virus. Milano, Rizzoli, 1992. a b 2. ^ Michael Specter. AIDS. Le cure negate, Le Scienze, 468, 58. 3. ^ Campbell et al., 2004; Campbell et al., 2005; Senkaali et al., 2005 4. ^ Clerici et al., 1996; Morgan et al., 2002a; Tang et al., 2003 5. ^ Morgan et al., 2002b; Lawn et al., 2004 6. ^ Palella et al., 1998 7. ^ Montessori et al., 2004 8. ^ Gao et al., 1999 9. ^ Holmes et al., 2003 10. ^ Guss, 1994a; 1994b 11. ^ Schneider et al., 2005 12. ^ Morgan et al., 2002b 13. ^ Lawn et al., 2004 14. ^ MMWR, 1992 15. ^ Iqbal MM. (agosto 1999). Can we get AIDS from mosquito bites? . J La State Med Soc. 151. 16. ^ Bockarie MJ, Paru R. (1996). Can mosquitoes transmit AIDS? . P N G Med J. 39: 205-207. 17. ^ Mazloomy SS, Baghianimoghadam MH. (marzo-aprile 2008). Knowledge and attitude about HIV/ AIDS of schoolteachers in Yazd, Islamic Republic of Iran. . East Mediterr Health J. 14: 292-297.. 18. ^ Schneider e altri, 2005 19. ^ Saitoh et al., 2005 20. ^ Dybul et al., 2002 21. ^ Zhu et al., 1998 22. ^ Reeves and Doms, 2002 23. ^ Temporeale del 12 novembre 2008 24. ^ UNAIDS: 2006 Report on the global AIDS epidemic +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 17
  • 18. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Bibliografia Becker, S., Dezii, C. M., Burtcel, B., Kawabata, H. and Hodder, S. (2002) Young HIV- infected adults are at greater risk for medication nonadherence. MedGenMed. 4, 21 PMID 12466764 Campbell, G. R., Pasquier, E., Watkins, J., Bourgarel-Rey, V., Peyrot, V., Esquieu, D., Barbier, P., de Mareuil, J., Braguer, D., Kaleebu, P., Yirrell, D. L. and Loret E. P. (2004) The glutamine-rich region of the HIV-1 Tat protein is involved in T-cell apoptosis. J. Biol. Chem. 279, 48197-48204 PMID 15331610 Campbell, G. R., Watkins, J. D., Esquieu, D., Pasquier, E., Loret, E. P., Spector, S. A. (2005) The C terminus of HIV-1 Tat modulates the extent of CD178-mediated apoptosis of T cells. J. Biol. Chem. 280, 38376-39382 PMID 16155003 Adachi A, Gendelman HE, Koenig S, Folks T, Willey R, Rabson A, Martin MA. (1986) Production of acquired immunodeficiency syndrome-associated retrovirus in human and nonhuman cells transfected with an infectious molecular clone. J Virol. 59, 284- 291 PMID 3016298 Aldrovandi GM, Feuer G, Gao L, Jamieson B, Kristeva M, Chen IS, Zack JA. (1993) The SCID-hu mouse as a model for HIV-1 infection. Nature 363, 732-736 PMID 8515816 Baumann E, Bethell T, Bialy H, Duesberg PH, Farber C, Geshekter CL, Johnson PE, Maver RW, Schoch R, Stewart GT, et al. (1995) AIDS proposal. Group for the Scientific Reappraisal of the HIV/AIDS Hypothesis. Science 267, 945-946 PMID 7863335 Busch MP, Eble BE, Khayam-Bashi H, Heilbron D, Murphy EL, Kwok S, Sninsky J, Perkins HA, Vyas GN. (1991) Evaluation of screened blood donations for human immunodeficiency virus type 1 infection by culture and DNA amplification of pooled cells. N Engl J Med 325, 1-5 PMID 2046708 Canaani E, Tronick SR, Robbins KC, Andersen PR, Dunn CY, Aaronson SA. (1980) Cellular origin of the transforming gene of Moloney murine sarcoma virus. Cold Spring Harb Symp Quant Biol. 44 Pt 2, 727-734PMID 6253207 Ciesielski CA, Marianos DW, Schochetman G, Witte JJ, Jaffe HW. (1994) The 1990 Florida dental investigation. The press and the science. Ann Intern Med 121, 886- 888 PMID 7978703 Cohen J. (1994) The Duesberg phenomenon. Science 266, 1642-1644 PMID 7992043 Cohen J. (1994a) Duesberg and critics agree: Hemophilia is the best test. Science 266, 1645-1646 PMID 7992044 Cohen J. (1994b) Fulfilling Koch's postulates. Science 266, 1647 PMID 7992045 Cohen J. (1994c) The epidemic in Thailand. Science 266, 1647 PMID 7992046 Cohen J. (1994d) Could drugs, rather than a virus be the cause of AIDS? Science 266, 1648-1649 PMID 7992047 +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 18
  • 19. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Duesberg PH. (1987) Retroviruses as carcinogens and pathogens: expectations and reality. Cancer Res 47, 1199–220 PMID 3028606 Duesberg PH. (1988) HIV is not the cause of AIDS. Science 241, 514, 517 PMID 3399880 Duesberg PH. (1989) HIV and AIDS: correlation but not causation. Proceedings of the National Academy of Sciences 86, 755–64 PMID 2644642 Duesberg PH. (1992) AIDS acquired by drug consumption and other noncontagious risk factors. Pharmacol Ther. 55, 201-277 PMID 1492119 Duesberg PH. (1996a) Inventing the AIDS virus. Regnery Publishing, Inc. Duesberg PH. (1996b) AIDS: Virus or Drug Induced?Springer Papadopulos-Eleopulos E, Turner VF, Papadimitriou J, Page B, Causer D, Alfonso H, Mhlongo S, Miller T, Maniotis A, Fiala C. (2004) A critique of the Montagnier evidence for the HIV/AIDS hypothesis. Med Hypotheses 63, 597-601 PMID 15325002 Galéa P and Chermann JC (1998) HIV as the cause of AIDS and associated diseases Genetica 104, 133-142 PMID 10220906 Grisson RD, Chenine AL, Yeh LY, He J, Wood C, Bhat GJ, Xu W, Kankasa C, Ruprecht RM. (2004) Infectious molecular clone of a recently transmitted pediatric human immunodeficiency virus clade C isolate from Africa: evidence of intraclade recombination. J Virol. 78, 14066-14069 PMID 15564517 Horton R. (1995) Will Duesberg now concede defeat? Lancet 346, 656 PMID 7658817 Hirsch VM, Johnson PR. (1994) Pathogenic diversity of simian immunodeficiency viruses. Virus Res. 32, 183-203 PMID 8067053 Jackson JB, Kwok SY, Sninsky JJ, Hopsicker JS, Sannerud KJ, Rhame FS, Henry K, Simpson M, Balfour HH Jr. (1990) Human immunodeficiency virus type 1 detected in all seropositive symptomatic and asymptomatic individuals. J Clin Microbiol. 28, 16- 19 PMID 2298875 Jaffe HW, Darrow WW, Echenberg DF, O'Malley PM, Getchell JP, Kalyanaraman VS, Byers RH, Drennan DP, Braff EH, Curran JW, et al. (1985) The acquired immunodeficiency syndrome in a cohort of homosexual men. A six-year follow-up study. Ann Intern Med. 103, 210-214 PMID 2990275 Joag SV, Li Z, Foresman L, Stephens EB, Zhao LJ, Adany I, Pinson DM, McClure HM, Narayan O. (1996) Chimeric simian/human immunodeficiency virus that causes progressive loss of CD4+ T cells and AIDS in pig-tailed macaques. J. Virol. 70, 3189- 3197 PMID 8627799 Koch R. (1884) Mitt Kaiser Gesundh 2, 1-88 Koch R. (1893) J. Hyg. Inf. 14, 319-333 Liska V, Khimani AH, Hofmann-Lehmann R, Fink AN, Vlasak J, Ruprecht RM. (1999) +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 19
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  • 21. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Sinoussi F, Mendiola L, Chermann JC. (1973) Purification and partial differentiation of the particles of murine sarcoma virus (M. MSV) according to their sedimentation rates in sucrose density gradients. Spectra4,237-243 Tebit DM, Zekeng L, Kaptue L, Krausslich HG, Herchenroder O. (2003) Construction and characterisation of a full-length infectious molecular clone from a fast replicating, X4- tropic HIV-1 CRF02.AG primary isolate. Virology 313, 645-652 PMID 12954230 Toplin I. (1973) Tumor Virus Purification using Zonal Rotors. Spectra 4, 225-235 Urassa W, Godoy K, Killewo J, Kwesigabo G, Mbakileki A, Mhalu F, Biberfeld G. (1999) The accuracy of an alternative confirmatory strategy for detection of antibodies to HIV-1: experience from a regional laboratory in Kagera, Tanzania. J Clin Virol. 14, 25- 29 PMID 10548127 van den Berg H, Gerritsen EJ, van Tol MJ, Dooren LJ, Vossen JM. (1994) Ten years after acquiring an HIV-1 infection: a study in a cohort of eleven neonates infected by aliquots from a single plasma donation.Acta Paediatr. 83, 173-178 PMID 8193497 Weiss RA, Jaffe HW. (1990) Duesberg, HIV and AIDS. Nature 345, 659-660 PMID 2163025 Rossi Luca (1999) Sex Virus Feltrinelli-I Canguri ISBN 8807701073 Cayley, W. E. Jr. (2004) Effectiveness of condoms in reducing heterosexual transmission of HIV. Am. Fam. Physician. 70, 1268-1269 PMID 15508535 Clerici, M., Balotta, C., Meroni, L., Ferrario, E., Riva, C., Trabattoni, D., Ridolfo, A., Villa, M., Shearer, G.M., Moroni, M. and Galli, M. (1996) Type 1 cytokine production and low prevalence of viral isolation correlate with long-term non progression in HIV infection. AIDS Res. Hum. Retroviruses. 12, 1053-1061 PMID 8827221 Decker, C. F. and Lazarus, A. (2000) Tuberculosis and HIV infection. How to safely treat both disorders concurrently. Postgrad Med. 108, 57-60, 65-68 PMID 10951746 Dias, S. F., Matos, M. G., Goncalves, A. C. (2005) Preventing HIV transmission in adolescents: an analysis of the Portuguese data from the Health Behaviour School- aged Children study and focus groups. Eur. J. Public Health 15, 300-304 PMID 15941747 Dybul M, Fauci AS, Bartlett JG, Kaplan JE, Pau AK; Panel on Clinical Practices for Treatment of HIV. (2002) Guidelines for using antiretroviral agents among HIV- infected adults and adolescents. Ann Intern Med.137, 381-433 PMID 12617573 Feldman, C. (2005) Pneumonia associated with HIV infection. Curr Opin Infect Dis. 18, 165-170 PMID 15735422 Gao, F., et al. (1999) Origin of HIV-1 in the Chimpanzee Pan troglodytes troglodytes. Nature 397, 436–441 PMIID 9989410 Gray F, Adle-Biassette H, Chrétien F, Lorin de la Grandmaison G, Force G, Keohane C. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 21
  • 22. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it (2001) Neuropathology and neurodegeneration in human immunodeficiency virus infection. Pathogenesis of HIV-induced lesions of the brain, correlations with HIV- associated disorders and modifications according to treatments. Clin. Neuropathol. 20, 146-155 PMID 11495003 Guerrant, R. L., Hughes, J. M., Lima, N. L., Crane, J. (1990) Diarrhea in developed and developing countries: magnitude, special settings, and etiologies. Rev Infect Dis. 12 Suppl 1, S41-50 PMID 2406855 Guss, D. A. (1994a) The acquired immune deficiency syndrome: an overview for the emergency physician, Part 1. J. Emerg. Med. 12, 375-384 PMID 8040596 Guss, D. A. (1994b) The acquired immune deficiency syndrome: an overview for the emergency physician, Part 2. J. Emerg. Med. 12, 491-497 PMID 7963396 Heaton RK, Grant I, Butters N, White DA, Kirson D, Atkinson JH, McCutchan JA, Taylor MJ, Kelly MD, Ellis RJ, et al. (1995) The HNRC 500--neuropsychology of HIV infection at different disease stages. HIV Neurobehavioral Research Center. J. Int. Neuropsychol. Soc. 1, 231-251 PMID 9375218 Holmes, C. B., Losina, E., Walensky, R. P., Yazdanpanah, Y., Freedberg, K. A. (2003) Review of human immunodeficiency virus type 1-related opportunistic infections in sub-Saharan Africa. Clin Infect Dis. 36656-662 PMID 12594648 Laga, M., Nzila, N., Goeman, J. (1991) The interrelationship of sexually transmitted diseases and HIV infection: implications for the control of both epidemics in Africa. AIDS 5 Suppl 1, S55-S63 PMID 1669925 Lawn, S. D. (2004) AIDS in Africa: the impact of coinfections on the pathogenesis of HIV-1 infection. J. Infect.Dis. 48, 1-12 PMID 14667787 Luft, B. J. and Chua, A. (2000) Central Nervous System Toxoplasmosis in HIV Pathogenesis, Diagnosis, and Therapy. Curr. Infect. Dis. Rep. 2, 358-362 PMID 11095878 Marx, J. L. (1982) New disease baffles medical community. Science 217, 618-621 PMID 7089584 MMWR weekly (1992) 1993 Revised classification system for HIV infection and expanded surveillance case definition for AIDS among adolescents and adults. December 18, 41 (RR17), 001 Montessori, V., Press, N., Harris, M., Akagi, L., Montaner, J. S. (2004) Adverse effects of antiretroviral therapy for HIV infection. CMAJ 170, 229-238 PMID 14734438 Morgan, D., Mahe, C., Mayanja, B. and Whitworth, J. A. (2002a) Progression to symptomatic disease in people infected with HIV-1 in rural Uganda: prospective cohort study. BMJ 324, 193-196 PMID 11809639 Morgan, D., Mahe, C., Mayanja, B., Okongo, J. M., Lubega, R. and Whitworth, J. A. +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 22
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  • 24. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Kawichai, S., Tanan, P., Duerr, A., Nelson, K. E. (2002) Male viral load and heterosexual transmission of HIV-1 subtype E in northern Thailand. J. Acquir. Immune. Defic. Syndr. 29, 275-283 PMID 11873077 UNAIDS (2005) AIDS epidemic update. December 2005. Wadia RS, Pujari SN, Kothari S, Udhar M, Kulkarni S, Bhagat S, Nanivadekar A. (2001) Neurological manifestations of HIV disease. J. Assoc. Physicians India. 49, 343- 348 PMID 11291974 White DA, Heaton RK, Monsch AU. (1995) Neuropsychological studies of asymptomatic human immunodeficiency virus-type-1 infected individuals. The HNRC Group. HIV Neurobehavioral Research Center. J. Int. Neuropsychol. Soc. 1, 304-315 PMID 9375225 World Health Organisation (1990) Interim proposal for a WHO staging system for HIV infection and disease. WHO Wkly Epidem Rec 65, 221-228 PMID 1974812 Zaidi, S. A. and Cervia, J. S. (2002) Diagnosis and management of infectious esophagitis associated with human immunodeficiency virus infection. J. Int. Assoc. Physicians AIDS Care (Chic Ill) 1, 53-62 PMID 12942677 Zhu T, Korber BT, Nahmias AJ, Hooper E, Sharp PM, Ho DD.(1998) An African HIV-1 Sequence from 1959 and Implications for the Origin of the Epidemic. Nature 391, 594–597 PMID 9468138 (EN) Altre fonti utilizzate per la stesura di questo articolo sono su en:AIDS/references Voci correlate AIDS. I rapporti umani non trasmettono il virus Aids e cinema AZT FightAIDS@Home Giornata mondiale contro l'Aids HIV NAMES Project AIDS Memorial Quilt Nastro rosso Sieropositività Sindrome Test HIV Profilassi post-esposizione ad HIV Ryan White +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 24
  • 25. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it Collegamenti esterni Sito e learning sulle modalità di trasmissione/prevenzione dell'HIV/AIDS Sito di informazione e di servizio per la lotta all'AIDS Anlaids Onlus - Associazione Nazionale per la Lotta contro l'AIDS Campagna Nazionale sull'AIDS e le MST promossa dai Pionieri della Croce Rossa Italiana (EN) Informazioni sull'AIDS, (FR) AIDS +39 0121/32.66.66 - +39 328/431.24.89 – skype: giorgio.ubc.fingroup 25