4LIFE INTERNATIONAL GROUP (www.4lifegroup.it ) nasce con l'intento di far conoscere a tutti un prodotto innovativo, il TRANSFER FACTOR, completamente naturale al 100%, frutto di 50 anni di ricerche e coperto con 4 brevetti mondiali, capace di informare e potenziare il nostro Sistema Immunitario affinchè il nostro organismo reagisca meglio alle più svariate malattie provocate da virus, neoplasie, allergie e malattie autoimmuni.
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Aids
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a
consigli medici – Consultare sempre e in ogni caso il proprio medico di fiducia.
AIDS
Il Fiocco rosso è il simbolo universale della solidarietà verso le persone sieropositive e quelle
che convivono con l'AIDS
Sinonimi
Sindrome da immunodeficienza acquisita
nza
La Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita (SIDA) o Acquired Immune Deficiency
Syndrome (AIDS) in inglese, è un insieme di manifestazioni dovute alladeplezione di linfociti T
, alladeplezione
derivante dall'infezione con il virus HIV o HIV-2.
HIV-1
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Descrizione
In queste manifestazioni sono comprese infezioni da microrganismi rari o non patogeni ed
insorgenza di tumori sia comuni nella popolazione generale sia caratteristici delle persone
immunocompromesse sia peculiari di chi presenta tale sindrome. L'agente eziologico della
patologia è il virus HIV.[1][2] La sindrome è, allo stato attuale, curabile con numerosi farmaci
ma ancora non guaribile, nel senso che non è possibile eradicare totalmente il virus dall'ospite.
Le terapie odierne, di gran lunga meglio tollerate di quelle usate al momento dell'emergenza
dei primi anni '80, riescono a ridurre la viremia (quantità di virus presente nel sangue) a livelli
bassissimi o non rilevabili consentendo la rigenerazione dei linfociti e la prosecuzione di una
vita esente dalle malattie opportunistiche che normalmente si presentano nelle persone non
curate. L'andamento clinico-patologico della sindrome è estremamente variabile tra gli
individui per il fatto che la progressione dell'infezione dipende da fattori genetici sia del
virus[3] che dell'ospite [4]
che dalle condizioni igieniche e dalle co-infezioni [5]
. Nei paesi in cui le
costose cure antiretrovirali e le cure per le infezioni opportunistiche e neoplastiche sono
maggiormente disponibili, o come in Italia pagate dal SSN, la mortalità dell'AIDS è di molto
[6] [7]
ridotta , bilanciata però dai problemi causati dagli effetti collaterali dallo sviluppo di
resistenza ai farmaci, dalla scarsa aderenza ai regimi terapeutici prescritti.
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Epidemiologia
Galleria di immagini degli interpreti principali
Si pensa che la sindrome abbia
avuto origine nell'Africa
Africa sub (1/2)▶
sub-
[8]
sahariana per mutazione di
un retrovirus animale, forse
della scimmia, che nel XX
secolo fu trasmesso alla
popolazione umana diventando
poi una epidemiaglobale.
globale.
La UNAIDS e il WHO stimano 25
milioni di morti dalla scoperta
della sindrome, il che ne ha fatto
una delle più terribili epidemie
della storia. Nel solo 2005 sono
Un confronto internazionale, 2005
stati stimati circa 3,1 milioni di
morti di cui 570.000 bambini.
Globalmente, si stima che le persone affette dall'HIV siano 33 milioni circa (fonte UNAIDS,
ente,
2007). Solo nel 2005, un numero compreso tra 4,3 e 6,6 milioni di persone è stato infettato e
un numero compreso tra 2,8 e 3,6 milioni di persone è morto per l'AIDS, un in
incremento dal
2004 e il numero più alto dal 1981.
Il più recente report di valutazione del World Bank's Operations Evaluation Departmen valuta
Department
l'efficacia dell'assistenza offerta dalla
dallaBanca Mondiale agli stati in termini di definizione delle
strategie, lavoro analitico e prestiti con l'esplicito obiettivo di ridurre l'impatto epidemico
dell'AIDS. Questa è la prima valutazione generale dell'aiuto della Banca Mondiale alle nazioni,
dall'inizio dell'epidemia di HIV/AIDS fino a metà del 2004. Trattando di implementazioni di
del
programmi governativi per i governi, il rapporto fornisce indicazioni su come i programmi
nazionali per la lotta all'AIDS possono essere resi più efficaci.
Nei paesi dell'Africa Sub Sahariana vi sono circa 25
25-28 milioni di persone infette da HIV, più
ioni
del 60% di tutta la popolazione aids e più dei tre quarti delle donne. In America latina e
nell'area caraibica, nello scorso anno, vi sono state circa 2.000 infezioni che hanno portato il
numero di sieropositivi a circa 2 milioni. Con i suoi 100.000 morti tale area è quella che è stata
più colpita dopo l'Africa Sub Sahariana.
In medio oriente ed in Nord Africa, ad eccezione del Sudan, tutta l'area presenta una
,
prevalenza di HIV bassa. Attualmente vi sono circa 600.000 infetti dal virus (compresi i 55.000
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3
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che si sono aggiunti lo scorso anno) e nel 2003 l'AIDS ha ucciso circa 45.000 persone.
Nei paesi dell'Europa dell'Est e dell'Asia Centrale l'epidemia è in espansione con 1,3 milioni di
persone sieropositive contro le 160.000 del 1995.
Patogenesi
Ciò che l'infezione virale provoca è la comparsa di uno stato infiammatorio cronico che si
risolve in un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sebbene una risposta
immune particolarmente forte può essere utile per controllare la replicazione virale, il
mantenimento di un tale stato nel corso del tempo può portare a progressivo esaurimento e
deplezione cellulare.
Evento centrale nella patogenesi dell'infezione da HIV è l'interessamento della linea linfocitaria.
Effettivamente oltre alla riduzione numerica si notano anche vari fenomeni imputabili alla
riduzione funzionale dei linfociti T:
Riduzione della risposta proliferativa alla stimolazione antigenica,
Sbilanciamento della risposta Th1 a favore di quella Th2. Ciò determina una riduzione
dell'immunità cellulare a tutto vantaggio di quella umorale,
Mancanza o riduzione della risposta T ad opera di antigeni cui si era precedentemente
suscettibili. Si ipotizza che ciò possa essere dovuto ad una precoce deplezione dei linfociti
CD4 di memoria probabilmente a causa della loro alta espressione del recettore CCR5.
Attualmente si ritiene che tutti questi fenomeni non abbiano una base univoca ma
multifattoriale:
è noto che l'HIV sia in grado di uccidere direttamente la cellula per lisi (effetto citopatico).
Ciò potrebbe avvenire per accumulo eccessivo di particelle o materiale genetico o proteico
di natura virale. Si pensa che a ciò si possa aggiungere un'inibizione eccedente
dell'espressione proteica della cellula ospite,
l'HIV è in grado di generare sincizi per la fusione delle membrane cellulari di cellule infette
tra loro oppure con cellule sane a causa del legame che si può formare tra gp120 e CD4. A
seguito della fusione si determina un forte rigonfiamento e morte cellulare in poche ore.
Sembrerebbe che la capacità di formare sincizi sia limitata solo ai ceppi T-tropici di HIV-1.
la formazione di anticorpi contro proteine dell'envelope virale può essere responsabile della
lisi di cellule esprimenti questi antigeni sulla loro superficie. Possono intervenire diversi
fenomeni in quest'evento: la lisi mediata da linfociti T specifici o ad opera di cellule
citotossiche (NK, granulociti, fagociti mononucleati),
apoptosi linfocitaria. Questo fenomeno coinvolgerebbe sia i linfociti T CD4+ che quelli
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CD8+. Per i primi si sospetta il coinvolgimento del legame CD4-gp120 nella genesi del
fenomeno cui si aggiunge l'attivazione linfocitaria per stimolazione del recettore per
l'antigene
(TCR) con conseguente aggregazione dei CD4 e scatenamento del fenomeno apoptotico. Nella
genesi di questo fenomeno, tuttavia, sono coinvolti altri fattori. Varie proteine virali, env, vpr,
nef, vpu e tat hanno dimostrato di indurre apoptosi in linfociti T non infetti sebbene tra essa si
ritenga che in vivo l'azione più importante venga svolta da env. Anche l'attivazione del
recettore CXCR4 riveste una certa importanza in quanto esso è in grado di indurre una cascata
molecolare apoptotica indipendente dal recettore Fas. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che
l'attivazione di CXCR4 è un evento importante nello sviluppo dell'apoptosi sia dei linfociti CD4+
che CD8+.
perdita dei precursori delle cellule immunitarie. Si ritiene che ciò possa avvenire o per
infezione diretta delle o di cellule progenitrici situate nel timo o di cellule accessorie capaci
di secernere citochine e fattori necessari al processo di differenziazione.
si è notato un certo grado di omologia tra gp120, gp41 e gli antigeni HLA-DR e HLA-DQ.
Ciò ha portato ad ipotizzare che eventuali anticorpi contro le proteine virali possano cross-
reagire con le proteine HLA espresse su linfociti specifici determinando, così, un blocco del
legame di quest'ultimi con il recettore CD4 delle cellule infette cui segue un'inibizione di
tipo funzionale,
sembrerebbe che il legame di gp120 o gp41 sul CD4 sia in grado di inibire la funzione dei
linfociti T helper rendendoli incapaci di rispondere alla stimolazione mediata da CD3,
possibile legame di superantigeni di origine virale alla catena b del TCR con conseguente
anergia linfocitaria.
In corso di infezione da HIV vengono a crearsi due compartimenti virologici distinti ma
comunicanti:
un compartimento attivo costituito dal virus libero nel sangue e da quello contenuto
all'interno di linfociti caratterizzato da una replicazione virale elevata,
un compartimento di latenza costituito da linee cellulari e zone anatomiche dell'organismo
dove il virus resta in uno stato latente e che fungono, perciò, da serbatoi (reservoir).
Se il compartimento attivo gioca un ruolo importante nel danneggiare il sistema immunitario,
quello di latenza è il principale responsabile della mancata eradicazione del virus
dall'organismo.
I reservoir di HIV vengono suddivisi in cellulari ed anatomici.
Quelli cellulari sono costituiti dalle cellule follicolari-dendritiche, dai linfociti CD4+ quiescenti e
dai monociti-macrofagi.
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Dei reservoir anatomici fanno parte, invece, il sistema nervoso centrale ed i testicoli (sebbene
altri compartimenti dell'organismo siano sospettati di avere una funzione simile).
Le cellule follicolari dendritiche sembrano avere un ruolo importante, almeno nelle prime fasi
dell'infezione, a causa della loro funzione di presentazione dell'antigene, nel portare il virus a
contatto con gli organi linfoidi o i linfociti CD4+. Oltre a ciò si è visto che sono capaci di
trattenere sulla loro superficie un elevato quantitativo di virioni. Tuttavia in corso di terapia
antiretrovirale tale numero si riduce drasticamente a tal punto che qualche autore sostiene che
esse, in corso di terapia antiretrovirale efficace, perdano la loro funzione di reservoir o, al
massimo, che diventi di secondo piano. È da notare, tuttavia, che tale conclusione non è
unanimemente condivisa.
I linfociti CD4+ quiescenti possono essere infettati da HIV anche se le modalità di questo
fenomeno non sono ancora chiare. I linfociti quiescenti vengono sottoposti a maturazione nel
timo e da lì emergono rimanendo in uno stato latente fino all'incontro con l'antigene. Si ritiene
che l'infezione col virus possa avvenire o nello stadio immaturo all'interno del timo (organo nel
quale il virus è stato rintracciato) o nello stadio di quiescenza una volta completata la
maturazione. In tal caso si ritiene che a causa dello stato di quiete della cellula il genoma virale
si trovi nella forma non integrata. Un'altra ipotesi sostiene che il virus infetti linfociti attivi i
quali, una volta concluso il loro stato di attività, possono andare incontro ad uno stato di
latenza, ammesso che siano riusciti a sopravvivere. In tal caso il genoma virale si trova nella
forma integrata anche se non si ha produzione di virioni.
I monociti/macrofagi sono un compartimento sottoposto ad un'infezione cronica e produttiva
da parte di HIV, essendo poco sensibili agli effetti citopatici del virus. La continua produzione
virale e la capacità dei monociti di veicolare il virus in quasi tutto l'organismo rendono tale
compartimento il più importante nel mantenimento dell'infezione. È noto,inoltre, che i
monociti/macrofagi sono la principale fonte di virus in caso di interruzione o fallimento della
terapia antiretrovirale.
È noto che HIV si può ritrovare nel sistema nervoso centrale di individui infetti. Da alcuni dati
si ipotizza che la penetrazione del virus possa avvenire in tempi molto precoci dopo l'ingresso
nell'organismo. Nel sistema nervoso centrale l'infezione virale è limitata ai macrofagi ed alle
cellule della microglia mentre gli altri tipi cellulari non sembrano essere coinvolti (tranne
gli astrociti la cui infezione, come si è affermato precedentemente, non è produttiva).
L'assoluta particolarità del sistema nervoso centrale quale elemento di riserva di HIV la si
evince anche dal fatto che il virus in esso presente è genotipicamente e
Il più delle volte l'exitus avviene a seguito delle infezioni opportunistiche tra cui più spesso per
le polmoniti.
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La terapia
Attualmente, l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta highly active antiretroviral
therapy (HAART) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali. Il
suo utilizzo, a partire dal suo ingresso nel 1995, ha consentito di ridurre la morbilità e
la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus. Tale terapia, inoltre, permette
anche un miglioramento dei parametri immunitari con un netto aumento del linfociti CD4+ che
sembra permanere fino a 4-5 anni cui si accompagna un abbassamento della carica virale
plasmatica e liquorale.
L'utilizzo della HAART, tuttavia, in uno studio preliminare condotto su dieci persone infette da
HIV-2 sembra avere una minore efficacia rispetto ai risultati che si ottengono con HIV-1.
Attualmente la terapia antiretrovirale utilizza farmaci appartenenti a tre classi:
gli inibitori della trascrittasi inversa, a loro volta distinti in inibitori nucleosidici, nucleotidici
e non nucleosidici,
gli inibitori della proteasi,
gli inibitori della fusione,
Gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa per esplicare la loro azione devono venir
trifosforilati dalle chinasi endocellulari e successivamente competono con
i desossinucleotidi endogeni durante il processo di retrotrascrizione. L'efficacia di tali composti
dipende dalla concentrazione intracellulare loro e dei desossinucleotidi con cui si trovano a
competere. Ciò significa che cellule come i macrofagi, che hanno un metabolismo limitato ed in
conseguenza di ciò una concentrazione molto bassa di desossinucleotidi, sono assai sensibili
all'azione di tali farmaci.
Gli inibitori nucleotidici, di cui in Italia è registrato solo il Tenofovir si comportano come inibitori
competitivi della trascrittasi inversa, come gli inibitori nucleosidici, ma, a differenza di
quest'ultimi, presentano un gruppofosfato legato ad una purina od una pirimidina. Ciò
permette l'eliminazione della prima tappa di fosforilazione semplificando le tappe di
metabolizzazione riducendole a due. Anche tale categoria di farmaci, così come gli inibitori
nucleosidici, presenta un'azione maggiore sui macrofagi che sui linfociti infettati. Si è visto che
l'indice terapeutico del Tenofovir sui monociti/macrofagi si aggira intorno a 15000 mentre sui
linfociti si situa su 20.
Gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa esplicano la loro attività legandosi
direttamente al sito attivo dell'enzima determinandone il blocco dell'azione. Tali farmaci sono
indipendenti dal metabolismo cellulare in quanto non necessitano di alcuna modificazione e non
risentono della concentrazione di dessosinucleotidi. A seguito di ciò il loro effetto su
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monociti/macrofagi e linfociti sembra essere equivalente.
Gli inibitori della proteasi vanno a bloccare l'ultima parte del ciclo replicativo di HIV in quanto
impediscono la maturazione delle proteine virali. Ciò determina un blocco dell'assemblaggio e
del rilascio di nuovi virioni. Un tale meccanismo d'azione fa sì che gli inibitori della proteasi
siano utili in tutte quelle situazioni in cui le fasi iniziali del ciclo virale sono già passate
rendendo perciò inutile l'uso degli inibitori della trascrittasi inversa. Una simile situazione si
rinviene nei macrofagi i quali, come si è visto precedentemente, fungono da reservoir di HIV ai
cui effetti citopatici sono poco sensibili. In tali cellule il genoma virale è già integrato in quello
dell'ospite per cui gli unici composti in grado di bloccare la replicazione virale a questo livello
attualmente sono gli inibitori della proteasi. Sfortunatamente la concentrazione efficace di
questi composti sui monociti/macrofagi e maggiore di quella dei linfociti CD4+ attivi e spesso
sono equivalenti alle massime concentrazioni plasmatiche raggiungibili in vivo. Ciò non solo
può favorire la comparsa di effetti avversi ma può anche rendere ragione del fatto che in alcuni
distretti dell'organismo l'inibizione della replicazione virale nei monociti/macrofagi ottenuta in
tal modo sia incompleta.
Gli inibitori della fusione sono una categoria di farmaci usciti di recente di cui, al momento,
l'unico esponente è l'Enfuvirtide, determinano un blocco del processo di fusione del virus con la
membrana della cellula ospite. Questo processo si articola in tre fasi: aggancio, legame ai
corecettori e fusione delle membrane. Enfuvirtide è un peptide che mima un motivo della
proteina gp41. Quando la proteina gp120 si aggancia ai suoi recettori, gp41 subisce una serie
di cambiamenti conformazionali che culminano nella formazione di una struttura a tre foglietti
β che funziona da ponte tra il virione e la cellula da infettare. Enfuvirtide determina un blocco
della regione amino-terminale della gp41 impedendo la formazione dei tre foglietti.
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Sintomatologia
Quadro sintomatologico dell'AIDS
I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un
normale sistema immunitario. La maggior parte sono infezioni causate
[9]
da batteri, virus, funghi, parassiti e altri organismi . Negli individui affetti da AIDS sono
comuni le infezioni opportunistiche, e aumenta il rischio di sviluppare varie forme
di tumore come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi. Sintomi comuni
sono febbre, sudorazione specie notturna, ingrossamento ghiandolare, tremore, debolezza e
[10]
perdita di peso . La sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è di 4-5 anni dal
[11]
momento della diagnosi di AIDS conclamato . Senza il supporto terapeutico la morte
[12]
sopravviene entro un anno . La maggior parte dei pazienti muore per infezioni
[13]
opportunistiche dovute al progressivo indebolimento delsistema immunitario .
Definizione di AIDS e infezione da HIV
Fin dal 1982 sono state coniate varie definizioni per il monitoraggio epidemiologico
dell'infezione: tra queste la definizione Bangui e quella dell'Organizzazione Mondiale della
Sanità datata 1994. Tuttavia, non sono da intendersi come utili per la classificazione clinica dei
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10. TRANSFER.FACTOR.PLUS@4LIFEGROUP.COM www.4lifegroup.it
pazienti, in quanto non sono appropriate e specifiche. Il sistema di classificazione usato
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e quello del CDCCenters for Disease Control può
essere utilizzato solo nei paesi sviluppati.
Classificazione delle infezioni e malattie da HIV dell'OMS
Nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raggruppato i diversi tipi di casi
definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel settembre del
2005. La maggior parte di queste infezioni opportunistiche può essere facilmente curata in
soggetti altrimenti sani.
Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS
Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto
respiratorio superiore
Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e
tubercolosi
Stadio IV: include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o
polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS.
Sistema di Classificazione delle Infezioni da HIV secondo i CDC
Negli USA, la definizione di AIDS è governata dai Centers for Disease Control and
Prevention (CDC). Nel 1993, i CDC allargarono la loro definizione di AIDS andando ad includere
persone sane ma positive al test per l'HIV, e con un numero di linfocitiT CD4+ inferiore a 200
per l di sangue. La maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli Stati Uniti sono diagnosticati
[14]
quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione da HIV .
Manifestazioni cliniche dell'AIDS
Le principali patologie polmonari
Polmonite da Pneumocystis jiroveci
Tubercolosi
Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale
Esofagiti
Diarrea cronica
Le principali patologie neurologiche
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Toxoplasmosi
Leucoencefalite multifocale progressiva
AIDS Dementia Complex
Trasmissione
Dagli inizi dell'epidemia, sono state individuate principalmente tre vie di trasmissioni dell'HIV:
Sessualmente. La maggior parte delle infezioni del virus dell'HIV avvennero, e avvengono
tuttora, attraverso rapporti sessuali non protetti. La trasmissione sessuale può insorgere
quando c'è contatto fra le secrezioni sessuali di un partner infetto con le mucose genitali,
della bocca o del retto dell'altro. Nonostante la probabilità di trasmissione non sia elevata, il
grande numero di esposizioni di questo tipo fa sì che sia la causa prevalente della diffusione
del virus.
Sangue e suoi derivati. Questa via di trasmissione è particolarmente importante per gli
utilizzatori di droghe introvenose, emofiliaci e riceventi di trasfusioni di sangue e suoi
derivati. Gli operatori del settore sanitario (infermieri, tecnici di laboratorio, dottori etc)
sono anche coinvolti, sebbene più raramente. Sono interessati da questa via di
trasmissione anche chi pratica o si fa praticare tatuaggi e piercing.
Madre-figlio. La trasmissione del virus da madre a figlio può accadere in utero durante le
ultime settimane di gestazione e alla nascita. Anche l'allattamento al seno presenta un
rischio di infezione per il bambino. In assenza di trattamento, il tasso di trasmissione tra
madre e figlio è del 25%. Tuttavia, dove un trattamento è disponibile, combinandolo con la
possibilità di un parto cesareo, il rischio è stato ridotto all'1%.
L'HIV è stato trovato nella saliva, lacrime e urina di individui infetti, ma vista la bassa
concentrazione del virus in questi liquidi biologici, il rischio di trasmissione è considerato
trascurabile.
Da notare come le zanzare, da sempre sospettate di essere un possibile veicolo di
infezione, siano invece sostanzialmente innocue, sia perché il virus non si può replicare
all'interno delle ghiandole salivari dell'insetto (trasmissione biologica)[15] sia per via della
bassissima probabilità di infezione: è stato calcolato che una persona dovrebbe essere
morsa da 10 milioni di zanzare (portatrici del virus) per avere una probabilità di essere
infettato.[16] Questa falsa credenza è diffusa nei paesi meno sviluppati.[17] Le zanzare sono
in effetti responsabili della trasmissione di altre patologie a eziologia virale come per
esempiodengue e febbre gialla per le quali però si verificano epidemie stagionali.
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La zanzara dopo un pasto ematico, riposa per circa 24 ore, tempo sufficiente alla
scomparsa del virus dall'insetto. Anche qualora la zanzara punga due individui in
successione di cui il primo sieropositivo, la possibilità di contagio (trasmissione
meccanica) è nulla perché il canale attraverso cui viene iniettata la saliva e quello
attraverso il quale viene prelevato il sangue sono due condotti differenti, non in
comunicazione tra di loro. Un discorso analogo può essere fatto anche per
altri artropodi ematofagi come pulci, zecche e cimici.
Profilassi post-esposizione
In caso di possibile esposizione al virus, subito dopo un evento a rischio in base alle vie di
trasmissione appena descritte, è possibile sottoporsi ad un particolare trattamento
farmacologico noto come profilassi post-esposizione, in grado di ridurre notevolmente le
probabilità di contagio, se applicato correttamente e nei tempi appropriati.
Cura
Al momento non si guarisce dall'HIV o dall'AIDS e non esistono vaccini. L'infezione da HIV
porta all'AIDS ed, alla fine, al decesso. Tuttavia nei paesi occidentali la maggior parte dei
pazienti sopravvive per molti anni dopo la diagnosi grazie alla disponibilità sul mercato
della terapia antiretrovirale ad elevata attività (Highly Active Antiretroviral
[18]
Therapy o HAART .) In mancanza della HAART, il passaggio dall'infezione da HIV
all'AIDS si verifica in un arco di tempo che va dai 9 ai dieci anni e il tasso medio di
sopravvivenza dopo che si sviluppa l'AIDS è di 9.2 mesi (Morgan e altri, 2002b). La
HAART aumenta notevolmente il tempo che intercorre dalla diagnosi alla morte mentre
continua la ricerca volta allo sviluppo di nuovi farmaci e di vaccini.
Le migliori possibilità offerte attualmente dalla HAART consistono in combinazioni o
"cocktail" di farmaci in gruppi di almeno tre medicinali appartenenti ad almeno due
famiglie, o "classi" di agenti antiretrovirali. I regimi tipici consistono in due analoghi
nucleosidici della trascrittasi inversa (nucleoside analogue reverse transcriptase inhibitors,
NRTI) insieme a un inibitore della proteasi oppure un analogo non nucleosidico della
trascrittasi inversa (non nucleoside reverse transcriptase inhibitor, NNRTI).
I trattamenti antiretrovirali, congiuntamente alle cure mirate alla prevenzione delle
infezioni che approfittano delle vulnerabilità create dall'AIDS hanno avuto un certo ruolo
nel ritardare l'insorgenza delle complicanze associate all'AIDS, riducendo i sintomi ed
estendendo la vita dei pazienti. Negli ultimi dieci anni si è riusciti a prolungare ed a
migliorare la qualità di vita delle persone affette da AIDS con risultati notevoli. [1], [2].
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Tuttavia, le linee guida per il trattamento cambiano costantemente. Le linee guida attuali
per la terapia antiretrovirale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità riflettono i
cambiamenti apportati alle linee-guida nel2003 poiché in strutture in cui le risorse a
disposizione sono limitate (per es. nei paesi in via di sviluppo) ad adulti e adolescenti
infettati dall'HIV si raccomanda di iniziare a sottoporsi alla terapia ARV (antiretrovirale)
quando l'infezione da HIV sia confermata e sia presente una delle seguenti condizioni:
Infezione da HIV in fase avanzata:
Fase 4 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS), a prescindere dalla percentuale di
linfociti T di tipo CD4+;
Fase 3 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti in
base al tasso rilevato di linfociti T di tipo CD4 quando questo risulti inferione ai 350/ l;
Fase 1 o 2 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti
in base al quantitativo rilevato di linfociti T di tipo CD4+, quando questo risulti
inferiore a 200/ l.
Lo U.S. Department of Health and Human Services (Dipartimento della Sanità e dei Servizi
Sociali degli Stati Uniti), l'agenzia federale responsabile del controllo delle politiche
sull'HIV/AIDS negli Stati Uniti, ha reso noto in data 6 ottobre 2005 quanto segue:
Tutti i pazienti con precedenti di patologie da cui si desume l'effetto dell'AIDS o con
sintomi severi di infezione da HIV a prescindere dal loro tasso di linfociti T di tipo
CD4+ devono venir trattati con la ART (terapia antiretrovirale).
La terapia antiretrovirale è anche consigliata per i pazienti asintomatici con una conta di
linfociti T tipo CD4+ inferiore a 200/ l;
I pazienti asintomatici con percentuale di linfociti T tipo CD4+ maggiore di 201-350/ l
debbono ricevere cure dopo una valutazione rischio-beneficio ed in accordo con i
desideri del paziente;
Per i pazienti asintomatici con un tasso di linfociti T tipo CD4+ superiore a 350/ l e con
HIV RNA nel plasma maggiore a 100,000 copie/ml la maggior parte dei medici
rimandano le misure terapeutiche ma secondo alcuni si potrebbe dare il via al
trattamento.
Si raccomanda di differire la terapia per i pazienti con un tasso di linfociti T tipo CD4+
superiore a >350/ l con RNA HIV inferiore a 100.000 copie/ml.
Il regime preferenziale con cui iniziare è uno dei due seguenti:
enfavirez + lamivudina o emtricitabina + zidovudina o tenofovir; altrimenti
lopinavir rafforzato da ritonavir + zidovudina + lamivudina o emtricitabine.
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Inoltre, il DHHS consiglia ai dottori di accertare la carica virale, la rapidità del declino dei
linfociti CD4+ e il grado di risposta del paziente nel decidere quando iniziare il
trattamento. [3]
Ci sono non poche preoccupazioni sui regimi antiretrovirali. Le medicine possono avere
[19]
seri effetti collaterali . I regimi possono essere complessi, e imporre al paziente di
assumere pillole diverse volte al giorno. Se il paziente non assume la terapia
[20]
correttamente, può svilupparsi una certa resistenza al farmaco . Inoltre, i farmaci
retrovirali sono costosi e la maggior parte degli individui infetti nel mondo non hanno
accesso alle medicine e ai trattamenti per l'HIV e l'AIDS.
La ricerca volta a migliorare i trattamenti attuali si occupa di diminuire gli effetti collaterali
degli attuali medicinali, semplificare i regimi farmacologici per migliorarne l'effetto e
determinare l'ordine ottimale tra una cura e l'altra per contenere la resistenza ai farmaci.
In lingua italiana, è possibile scaricare anche il documento del Ministero della Salute di
dicembre 2005 "Aggiornamento delle conoscenze in tema di terapia antiretrovirale" dal
seguente i
Da quando l'AIDS è entrato nella coscienza collettiva sono state utilizzate diverse forme
di medicina alternativa per cercare di curare i suoi sintomi. Nel primo decennio
dell'epidemia quando nessuna cura convenzionale era disponibile, molte persone affette
da AIDS hanno sperimentato terapie alternative (massaggio, medicine a base di di erbe
e fiori, l'agopuntura). Tuttavia, nessuna di queste ha dimostrato di avere alcun effetto
positivo nel trattamento dell' HI
Quasi la metà delle persone infette da HIV non lo sanno finché non gli viene diagnosticato
l'AIDS. I kit per il test dell' HIV sono usati per monitorare il sangue dei donatori e i
derivati dal sangue, ma anche per diagnosticare, curare e sottoporre a controlli pazienti
con HIV. I test dell'HIV rilevano la presenza di anticorpi HIV, di antigeni HIV o dell'HIV nel
siero, plasma, nei fluidi orali, su macchie di sangue essiccato o nell'urina dei pazienti.
Origine dell' HIV/AIDS
La data ufficiale che segna l'inizio dell'epidemia dell'AIDS è il 5 giugno, 1981, quando
il centro per il monitoraggio e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti identificò
un'epidemia di pneumocistosi polmonaredovute a pneumocystis carinii (ora riclassificato
come Pneumocystis jiroveci) in cinque uomini gay di Los Angeles. Benché la sindrome
fosse stata chiamata inizialmente GRID, o Gay-Related Immune Deficiency
(cioè immunodeficienza dei gay), le autorità sanitarie si accorsero ben presto che quasi
metà della popolazione, in cui era stata riscontrata, non era omosessuale. Nel 1982 il CDC
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introdusse il termine AIDS per descrivere più esaustivamente la sindrome appena
scoperta.
Tre dei primi casi noti di infezione da HIV risalgono a:
1. Un campione di plasma estratto nel 1959 da un adulto maschio residente
[21]
nell'attuale Repubblica Democratica del Congo .
2. Campioni di tessuto contenenti l'HIV, estratto da un adolescente di nazionalità
statunitense morto a Saint Louis nel 1969.
3. Campioni di tessuto contenenti l'HIV estratti da un marinaio norvegese morto
intorno al 1976.
Sono due le specie di HIV che infettano gli esseri umani: l'HIV-1 e l'HIV-2. L'HIV-1 è più
virulento e si trasmette più facilmente. L'HIV-1 è la fonte della maggioranza delle infezioni
da HIV nel mondo, mentre l'HIV-2 si trasmette meno facilmente, è più antico ed è per lo
[22]
più diffuso nell'Africa occidentale . Sia l'HIV-1 sia l'HIV-2 derivano da virus analoghi che
infettano i primati. L'HIV-1 deriva da un virus dello Scimpanzé comune (Pan troglodytes
troglodytes). L'origine dell'HIV-2 è attribuita con certezza al Cercocebus atys (ing. Sooty
Mangabey), un cercopiteco presente in Guinea Bissau, Gabon e Camerun
Ultime scoperte
Il 10% della popolazione europea presenta una variante genetica, la d32, che produce un
numero scarso di proteine-recettori CCR5 sui globuli bianchi. Ciò non provoca nessun
disturbo alla salute, tanto che la grande diffusione della variante d32 e' stata notata solo
dopo la comparsa dell'AIDS, in quanto chi ha meno recettori CCR5 sui globuli bianchi
corre meno rischi di essere infettato dal virus HIV. Ma l'HIV e' comparso in Europa solo 25
anni fa; in questo caso sembra che la difesa fosse pronta prima che arrivasse il nemico.
La genetista Alison Galvani, della Yale University, ipotizza che la variante genetica che
protegge dall'HIV protegga anche da un altro killer, il vaiolo, un virus che condivide
importanti carattersitiche con l'HIV. Analizzando la diffusione del vaiolo in Europa la
ricercatrice ha scoperto che essa coincide con l'attuale prevalenza della variante D32 nel
continente. Questa mutazione, quindi, potrebbe essere stata selezionata in passato come
difesa contro un virus per poi venire utile in seguito contro un altro.
Una guarigione
Un paziente americano (residente in Germania) affetto da HIV e da leucemia sembra
avere di recente ottenuto i benefici della variante genetica d32 grazie ad una donazione di
midollo osseo da un paziente con questa caratteristica. Dopo 600 giorni dal trapianto del
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midollo sia la leucemia che il virus sembrano scomparsi, sebbene potrebbe ancora essere
nell'organismo, ma solo incapace di infettare le cellule[23].
È infatti noto che il virus va ad insinuarsi in alcuni serbatoi all'interno del corpo umano, tra
cui anche il sistema nervoso centrale e alcuni tipi di cellule immunitarie, rimanendo
latente.
Ipotesi alternative sull'Aids
« Sappiamo che errare è umano, ma l'ipotesi Hiv-Aids è un errore macroscopico. Lo
dico forte e chiaro per mettere in guardia la gente »
(Kary B. Mullis, Premio Nobel per la chimica nel 1993 per aver scoperto la reazione a
catena della polimerasi)
Alcuni scienziati ed attivisti hanno messo in discussione la connessione tra HIV ed AIDS,
l'esistenza stessa del virus, o la validità delle attuali metodologie diagnostiche. I dissidenti
criticano l'attuale approccio all'AIDS basato su HIV, affermando che ciò sarebbe sfociato in
diagnosi inaccurate, terrorismo psicologico, trattamenti "tossici" ed al dispendio di fondi
pubblici.
Queste considerazioni suscitano resistenze ed irritazione nella maggior parte della
comunità scientifica, la quale accusa i dissidenti d'ignorare le chiare evidenze scientifiche
sul ruolo causale dell'HIV nell'etiopatogenesi dell'AIDS, e di rappresentare, con le loro tesi
indimostrate, una seria minaccia per la salute pubblica. Il dibattito e le controversie su
questo punto, iniziate dai primi anni 80, continuano tutt'ora ed hanno suscitato
infervoramenti intensi e profondi da entrambe le parti.
L'emergere di tali movimenti ed idee "negazioniste" ha portato quindi, da parte di oltre
5000 tra medici e scienziati (tra cui 11 vincitori di Premio Nobel), alla sottoscrizione
dell'importante documento noto comeDichiarazione di Durban, nel quale si afferma che il
legame causale tra HIV e AIDS è chiaramente definito, esaustivo ed univoco.
Le conseguenze pericolose del "negazionismo" si sono manifestate in maniera lampante
in Sudafrica, dove politiche sanitarie relative all'AIDS basate su un approccio negazionista,
e sull'uso di inefficaci rimedi tradizionali, hanno portato ad un'enorme diffusione del virus:
si stima che il 20% della popolazione adulta sia sieropositivo[2], contro il 6,1% medio
dell'Africa subsahariana[24].
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AIDS e religione
Il Santo protettore degli ammalati di AIDS è Pellegrino Laziosi da Forlì.
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(EN) Altre fonti utilizzate per la stesura di questo articolo sono su en:AIDS/references
Voci correlate
AIDS. I rapporti umani non trasmettono il virus
Aids e cinema
AZT
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Giornata mondiale contro l'Aids
HIV
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Nastro rosso
Sieropositività
Sindrome
Test HIV
Profilassi post-esposizione ad HIV
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Collegamenti esterni
Sito e learning sulle modalità di trasmissione/prevenzione dell'HIV/AIDS
Sito di informazione e di servizio per la lotta all'AIDS
Anlaids Onlus - Associazione Nazionale per la Lotta contro l'AIDS
Campagna Nazionale sull'AIDS e le MST promossa dai Pionieri della Croce Rossa
Italiana
(EN) Informazioni sull'AIDS, (FR) AIDS
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