Tutte le premesse delineate fino a questo punto concorrono a creare la situazione ottimale per un progetto di e-learning. Esso, infatti, trova nel confronto esperienziale, nell’apprendimento collaborativo e nella gestione flessibile di tempi e modi dell’apprendimento la sua caratteristica unica e distintiva rispetto alla formazione tradizionale.
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I contenuti di un progetto e-learning
E-learning e formazione professionale
L’e-learning comporta un notevole cambiamento nelle modalità di svolgimento delle attività
formative, dei ruoli ricoperti dagli attori coinvolti e delle risorse impiegate per diffondere la
conoscenza. Tali modifiche determinano numerose problematiche, ma al tempo stesso rappresentano
anche delle sfide da raccogliere per arrivare alla diffusione di questa modalità di formazione, in tutti gli
ambiti nei quali la sua applicazione può creare un valore aggiunto rispetto ai sistemi finora utilizzati.
Un corso on line è strutturato in moduli. Ciascun modulo ha una sua autonomia, ma deve inserirsi con
coerenza nel progetto complessivo del corso.
Peculiare del modulo è il rapporto fra gli obiettivi di formazione, i contenuti e le discipline, rispetto
all’insegnamento tradizionale. In quest’ultimo la disciplina costituisce il contenuto dell’apprendimento.
Nell’approccio modulare, invece, la disciplina è strumentale rispetto al contenuto.
Il progettista deve chiedersi come può migliorare le performance aziendali con il contenuto formativo
all'interno del corso. In pratica questo strumento formativo deve identificare gli apporti concreti che può
offrire al miglioramento della “catena del valore aziendale”: l'accelerazione dei processi di apprendimento,
fornire una distribuzione capillare delle informazioni, trasferire metodologie di lavoro e di
comportamento, far apprendere tecniche, migliorare la qualità di lavoro, rapidità di aggiornamento, ect,
con l'obiettivo di una crescita d elle risorse umane dell'impresa che si rifletterà con un ritorno
economico per l'impresa e vantaggio competitivo. Inoltre è importante allineare il percorso di studio
personalizzato sui gap di competenze individuali L'offerta formativa deve essere la risposta al GAP di
competenza rilevata attraverso valutazione condotta sui discenti. Quindi differenziare i percorsi
formativi secondo le necessità formative del discente dopo aver valutato le competenze e ovviamente
dopo avere inizialmente definito i profili professionali. Un prodotto per la formazione in
autoapprendimento ha sicuramente dei vantaggi e svantaggi. E’ necessario che il progettista inserisca nel
prodotto formativo in autoapprendimento (e-learning o CBT) tutte le facilitazioni e servizi possibili,
affinché il discente senta meno la differenza con la formazione tradizionale in aula. Solo cosi la
formazione in autoapprendimento può essere considerata un valido strumento di apprendimento
alternativo al tradizionale.
La tecnologia messa al servizio della didattica favorisce l’adozione della metodologia più congeniale per
produrre ed erogare contenuti efficaci: ne consegue che la continua evoluzione delle tecnologie influisce
sul modo di fare e-learning. E-learning non è solo applicazione di nuove tecnologie per la formazione. E’
necessario un metodo di progettazione di soluzioni che consenta di compiere le scelte più adeguate per il
contesto in cui queste devono essere applicate: Formazione totalmente a distanza o formazione
mista? Progettazione di un percorso di studio o selezione di un repository di
informazioni non strutturate? Realizzazione dei contenuti o acquisto di pacchetti
(Learning Object) da società editoriali specializzate?
La tecnologia basata su Internet offre soluzioni per la gestione della conoscenza. L’ontologia consente di
evidenziare relazioni tra contenuti che apparentemente sembrano indipendenti tra loro, dando un valore
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aggiunto a ogni informazione. In futuro saranno inoltre applicabili soluzioni di e-learning basate sul web
semantico.; un’evoluzione di Internet che da semplice sistema di comunicazione e recupero di
documenti diventa sistema “intelligente”, capace di comprendere il contenuto dei documenti (e quindi
anche dei contenuti didattici) e di presentare, su richiesta dell’utente, solo le informazioni di cui
effettivamente ha bisogno. Ontologie, domini di conoscenza, motori inferenziali, sono solo alcune delle parole
chiave con cui impareremo a confrontarci nell’era del Web Semantico per una nuova evoluzione della
gestione della conoscenza.
Progettare e realizzare contenuti all’interno di un percorso di apprendimento svolto in modalità e-
learning è un’attività di primaria importanza poiché riguarda una delle voci generalmente più rilevanti sia
dal punto di vista dei costi che da quello della qualità complessiva dell’intervento.
Lo sviluppo di contenuti è legato alla necessità di fornire ai discenti due principali
tipologie di materiali:
• informazioni strutturate e selezionate in base agli obiettivi didattici (lezioni);
• supporti per la comprensione, l’approfondimento o il consolidamento (glossari, articoli, esercizi,
ecc.).
I contenuti possono essere classificati a seconda del loro grado di strutturazione e del “momento in cui
vengono prodotti”. In questo senso si possono individuare tre tipologie di contenuto:
• Contenuti “predefiniti”, ovvero strutturati e “chiusi” prima dell’inizio del corso:
lezioni, casi di studio applicativi, approfondimenti, simulazioni, esercizi oppure materiali di supporto
quali glossari, manuali, linkografie, bibliografie, ecc. Tali materiali possono essere realizzati con formati
multimediali differenti a seconda del contesto specifico. Ad esempio, le lezioni possono essere costituite
da testi, da video, da mappe commentate, da interazioni, ecc.
• Contenuti “live”: essi, al contrario dei contenuti “predefiniti”, si costruiscono durante il corso. Si tratta
in generale di nuovi contenuti offerti ai discenti lungo il percorso, che arricchiscono o completano lo
stesso in base alle esigenze emerse durante l’attività formativa. Esempi di questa tipologia sono i
seminari e le web conference erogate in modalità live” (in diretta) e archiviate sotto forma di
registrazione.
L’archivio delle registrazioni costituisce un bacino di contenuti da fruire come contenuti statici, da
navigare e ascoltare in qualsiasi momento. Appartengono alla stessa categoria altre tipologie di contenuti
come gli audio di un podcast o i post di blog e forum nei quali il docente introduce riflessioni che
completano il percorso di apprendimento.
• Contenuti “aperti”: essi si presentano in forma di spunti da elaborare, frame da integrare, semilavorati
che vengono offerti ai discenti come tracce sulle quali sviluppare attività di approfondimento e di
integrazione. Quest’ultima tipologia, inizialmente trascurata dal mondo dell’e-learning, sta acquistando
sempre più importanza grazie a tutti gli strumenti disponibili in rete che permettono lo sviluppo
collaborativo di contenuti (wiky, blog, ecc.).
Infine è interessante riflettere sull’utilità e l’opportunità di introdurre contenuti all’interno di un
percorso didattico. L’affermazione può apparire provocatoria, ma non è a priori indispensabile che un
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percorso di e-learning contenga contenuti strutturati: è possibile, infatti, progettare un corso basato
esclusivamente su attività che prevedono la collaborazione tra i discenti e l’interazione con tutor di
processo e docenti, senza inserire contenuti a supporto. Se l’obiettivo, ad esempio, è quello che i
discenti apprendano modalità efficienti di lavoro di gruppo, è possibile proporre un corso costituito
esclusivamente di attività, i cui risultati sono poi commentati dal docente che porterà gli studenti ad
estrarre e razionalizzare i modelli di comportamento più efficaci.
LA PROGETTAZIONE
Come è facile immaginare, differenti tipologie di contenuto sono collegate a differenti tipologie di
attività, le quali a loro volta rispondono a obiettivi e metodologie didattiche specifiche. Al fine di
definire nel dettaglio le caratteristiche dei contenuti il progettista o il gruppo di progettisti deve
prendere decisioni formalizzate e bene esplicitate in merito a:
• l’obiettivo didattico prefissato;
• l’articolazione dei contenuti (la strutturazione in aree didattiche, capitoli, lezioni, moduli);
• il formato mediale di erogazione (testo, audio, animazioni, video, ecc.);
• la modalità d’accesso (web, mobile, ecc.);
• il livello di integrazione con le attività proposte durante il percorso (si ha un risultato tanto migliore
quanto più le attività in presenza e online si integrano con i contenuti che vengono offerti ai discenti).
Per ogni contenuto devono essere individuati il responsabile di produzione e le risorse umane coinvolte
sia nella stesura dei contenuti, sia nella loro traduzione all’interno dei formati mediali prestabiliti. È
necessaria, quindi, una fase di progettazione di dettaglio dei contenuti che deve svolgere l’ente erogatore
del corso, nel caso in cui i contenuti siano interni all’organizzazione e ci si voglia far carico di tale
attività, o il fornitore esterno, nel caso si decida di delegare l’attività in outsourcing. Anche in
quest’ultimo caso, sarà comunque utile fornire linee guida chiare e monitorare l’andamento della
progettazione di dettaglio.
La progettazione e la realizzazione dei contenuti per l’e-learning sono attività complesse
che devono tener conto di molti fattori e delle loro interdipendenze, quali:
- la natura e la dimensione intrinseca dei contenuti stessi;
- le caratteristiche dell’utenza alla quale si riferiscono;
- la coerenza con il modello didattico prescelto il quale:
- dovrà aderire agli stili cognitivi dei discenti;
- dovrà contestualizzare pienamente i contenuti nel contesto di riferimento;
- gli aspetti di multimedialità, interattività, adattività ed interoperabilità dei contenuti;
- gli aspetti relativi alla valutazione - in tutte le sue modalità - di quanto appreso;
- la rispondenza dei contenuti a standard che ne permettano la modularizzazione e la riusabilità;
- il costo nelle fasi di progettazione/produzione e nelle fasi di erogazione;
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- il rispetto dei principi di base del diritto d’autore.
IL FORMATO MEDIALE
Per “formati mediali” si intende il mix di media utilizzati: testo, audio, animazioni, immagini, ecc. Nella
scelta dei formati mediali entrano in gioco una serie di elementi, quali:
• le caratteristiche dell’utenza. E’ utile conoscere le competenze relative al contenuto, le competenze
trasversali (informatiche, linguistiche, ecc.), i modelli di apprendimento, ecc.;
• la tipologia di contenuto (esistono contenuti che si prestano a supporti di tipo visuale, piuttosto che
audio o testuale);
• i vincoli di tempi, costi, risorse umane necessarie alla produzione. I diversi media impegnano le risorse
di produzione a diversi livelli: produrre testi è diverso da produrre animazioni come, allo stesso modo,
produrre video è diverso da produrre audio;
• il riutilizzo e la manutenibilità. È utile scegliere il mix di media in prospettiva di riutilizzo futuro e,
quindi, della necessità di aggiornamento: i vari media hanno diverse possibilità di essere integrati,
spezzettati, riorganizzati con facilità. In genere, i media poveri sono più mantenibili rispetto a quelli
ricchi (è più semplice e veloce aggiornare un testo o una mappa rispetto ad audio, animazioni e video);
• l’accessibilità dei materiali, nell’ottica di favorire l’utilizzo da parte di varie tipologie di utenti;
• la verifica della pre-esistenza di materiali didattici analoghi - e quindi riutilizzabili - veicolabili
attraverso il medium prescelto o su altri media.
Nel caso in cui si progetti un formato che prevede una forte appropriazione e rielaborazione dei
contenuti da parte degli utenti potrebbe essere più conveniente scegliere media “poveri” come testi,
mappe e immagini statiche che consentono una facile integrazione e rielaborazione da parte degli utenti
piuttosto che media “raffinati” come possono essere animazioni, audio e video che invece si presentano
per loro stessa natura meno “malleabili”.
Lo standard SCORM
L’idea di definire standard che facilitino il riutilizzo dei contenuti in contesti didattici e tecnologici
diversi appare già nella seconda metà degli anni ’90 con la strutturazione dei contenuti stessi in Learning
Object (LO). Gli sforzi comuni mirano a raggiungere principalmente tre obiettivi:
1. rendere possibile la condivisione e lo scambio di learning object tra qualunque LMS;
2. consentire la riaggregazione dei LO in nuovi percorsi didattici differenti da quello originario;
3. facilitare la possibilità di effettuare una ricognizione dei materiali esistenti.
In una prospettiva più ampia, disporre di standard riconosciuti e largamente applicati
sui contenuti didattici offre vantaggi di vario tipo:
- il dare ai ricercatori una struttura di riferimento per condividere e confrontare dati relativi
all’applicabilità e all’efficacia dei LO;
- l’avere riferimenti applicabili in differenti contesti giuridici;
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- il dare un punto di riferimento al riconoscimento delle attività didattiche che potrebbero vedere i LO
come un’unità di misura di riferimento.
La riflessione sull’interoperabilità dei contenuti per l’e-learning ha portato alla definizione di standard
internazionali, come lo SCORM (Shareable Content Object Reference Model), ormai affermati a livello
mondiale. L’obiettivo principale è quello di favorire l’identificabilità e la tracciabilità dei contenuti
didattici, allo scopo di favorire il reimpiego dei materiali in diversi contesti didattici e l’interoperabilità
con un numero più ampio possibile di LMS attuali e futuri. Lo standard SCORM riguarda, pertanto, sia
le modalità di sviluppo dei singoli contenuti, sia le caratteristiche degli LMS. Fin dalle prime linee guida
gli obiettivi principali dello SCORM sono stati sintetizzati nell’acronimo RAID:
- riusabilità: deve essere facilmente modificabile e riusabile da e con differenti tools di sviluppo;
- accessibilità: deve garantire una facile individuazione delle informazioni presenti nel corso, tanto dai
discenti quanto dagli sviluppatori;
- interoperabilità: deve garantire il massimo della compatibilità a livello di hardware, di sistema
operativo e di browser;
- durabilità: non deve richiedere significativi interventi per nuove implementazioni del software.
Lo standard attualmente in uso, evolutosi attraverso fasi successive ed operativo dal 2003, è lo SCORM
2004 che dovrebbe consentire ai progettisti di LO standardizzati un maggiore controllo sul percorso di
apprendimento previsto per i diversi utilizzatori. È possibile, ad esempio, specificare un punteggio
minimo da raggiungere in un test per poter proseguire ai livelli superiori o rendere obbligatoria la
consultazione di materiali introduttivi prima di poter scegliere più liberamente il percorso tra i contenuti
formativi. Lo SCORM 2004 presenta, inoltre, una “test suite” molto robusta ed è stato riconosciuto da
produttori e istituzioni come il primo standard di riferimento globale per l’e-learning. Tali possibilità
hanno evidenti ricadute a livello di progettazione. Se inseriti in ottica di standardizzazione, i contenuti
devono essere progettati sia in funzione del contesto specifico, sia in relazione a possibili scenari
d’utilizzo. In questo senso, devono essere corredati di informazioni dettagliate che ne identifichino le
caratteristiche e i possibili contesti d’uso. Ci si è spinti anche a ipotizzare che l’adozione generalizzata di
standard porterebbe ad “agenti intelligenti” capaci di costruire dinamicamente e automaticamente lezioni
personalizzate per uno specifico utente. Di fatto, il concetto stesso che l’apprendimento sia un processo
articolabile in pillole autoconsistenti e riconfigurabili a piacere ha ovviamente dei limiti importanti dal
punto di vista pedagogico e identifica un modello in cui l’interazione sociale e il contesto di
apprendimento sono degli accessori marginali rispetto all’esistenza di contenuti che si dà per scontato
debbano essere “chiusi” e configurati indipendentemente dal contesto.
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