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Il lettore di Compact Disc, (abbreviazioni diffuse nel linguaggio comune “Lettore CD) è
una tipologia di drive la quale si differenzia per essere destinata alla lettura dei dati
memorizzati su compact disc. I lettori CD sono in grado di leggere, oltre ai formati fisici del
CD come il CD-R e CD-RW, i numerosi formati logici del CD (CD Audio, Video CD,
Super Video CD, ecc.) se il computer è dotato di un software apposito.
Tipico lettore CD interno.
FUNZIONAMENTO DEL LETTORE CD
Il lettore CD legge i dischi tramite un diodo laser. I dati sono scritti sul disco come una serie
di microscopiche incisioni (pits), separate da spazi (lands). La superficie riflettente del
disco, fatta di alluminio, viene illuminata dal raggio laser per leggerne i dati. A causa della
profondità dei pit,la fase del raggio riflesso è traslata rispetto a quella del raggio emesso
inizialmente. La loro sovrapposizione causa un'interferenza distruttiva che diminuisce
l'intensità del raggio riflesso. Il cambiamento di intensità del raggio è misurato e trasformato
in dati binari che,decodificati, permettono la lettura dei dati immagazzinati sul supporto.
(Diodi laser di un masterizzatore cd su una griglia di 1mm)
La radio è l'apparecchio elettronico che permette di trasmettere e/o ricevere onde radio. In
particolare, se è in grado solo di trasmettere è chiamato radiotrasmettitore o
radiotrasmittente, se è in grado solo di ricevere è chiamato radioricevitore o radioricevente
(nelle apparecchiature HiFi si usa solitamente il termine sintonizzatore o tuner), se è in
grado sia di ricevere che di trasmettere è chiamato ricetrasmettitore o ricetrasmittente.
FUNZIONAMENTO E TIPI
Il funzionamento di un apparecchio radio consiste nel ricevere un segnale radio di frequenza
prestabilita (il canale) e questo avviene con la sintonia. Quindi il segnale inserito nell'onda
elettromagnetica in fase di trasmissione,detta modulazione, deve essere estratto per mezzo
della rivelazione per essere destinato all'uso finale, per esempio emesso come suono da un
altoparlante. Nel corso della storia delle radio si sono succedute differenti tipologie di
circuiti elettronici che, sebbene tutte con identico fine, hanno progressivamente reso l'uso
dell'apparecchio radio più semplice e confortevole per l'utilizzatore comune. Le principali
configurazioni storiche sono:
Soluzioni elettromeccaniche, le prime impiegate ai tempi di Marconi:
-Coherer e Decoder Magnetico
Soluzioni elettroniche :
-Ricevitore a rivelazione diretta (Radio a diodo, radio a galena)
-Rigenerativo (o a reazione)
-Reflex
-Eterodina e Supereterodina (quest’ultima, utilizzata anche oggi)
Un auricolare o cuffia è un dispositivo in grado di far ascoltare la fonte audio (radio,
walkman, lettore CD ecc.) dove è collegato. Questo dispositivo può essere monocassa o
bicassa: in quest'ultimo caso permette l'ascolto stereofonico e su ogni cassa è impressa la
lettera L (left) o R (right), ad indicare l'orecchio a cui va applicata. Generalmente per cuffia
s'intende un dispositivo munito di grandi casse con tanto d'imbottitura insonorizzante, unite
tra loro tramite un supporto rigido, per auricolari i dispositivi che si appoggiano nel
padiglione auricolare, mentre per auricolare in ear ci si riferisce ai dispositivi che
s'introducono nel condotto uditivo.
TIPOLOGIE
Le cuffie si dividono in diverse categorie:
Esterne: sono la tipologia più ingombrante e pesante, in quanto hanno una struttura
importante, che comprende il supporto delle cuffie (ma può essercene anche solo
una, avendo così un orecchio che ascolta l'ambiente esterno) ed il sistema
d'insonorizzazione passiva dal rumore esterno.
Le casse esterne garantiscono una mgliore resa del suono (specialmente alle basse
frequenze), sia grazie alla maggior dimensione della cassa stessa che all'insonorizzazione
passiva attuata dalla copertura esterna delle stesse. Inoltre, anche se più confortevoli per
l'orecchio, possono risultare scomode per il loro peso o per l'interferenza con la capigliatura.
In questa categoria rientrano anche dei modelli con casse acustiche piccole, come i modelli
degli auricolari, che si differenziano da questi solo per il supporto rigido che unisce le casse
e che le sorregge sul capo dell'utilizzatore. (Auricolari come quelli forniti
nella maggior parte dei dispositivi, che si applicano nella parte esterna del canale uditivo)
Auricolari: sono le cuffiette più comuni dei piccoli dispositivi elettronici, che vanno
posizionate nella conca del padiglione auricolare e possono essere munite o meno di
supporto padigliare, il quale permette una maggiore stabilità della cuffietta, la quale
in questo caso non appoggia unicamente sul trago e sull'antitrago. Un altro
accorgimento che può essere presente è il perimetro gommato o il rivestimento
poroso removible, che permettono una migliore adesione e nell'ultimo caso anche un
lavaggio dello stesso per garantire una maggiore igiene; questa categoria di cuffietta
però, pur garantendo una leggerezza e portabilità elevata, non permette
un'insonorizzazione ottimale negli ambienti rumorosi.
In ear: si vanno a posizionare all'interno del condotto uditivo e sono sorrette dallo
stesso, quindi non richiedono supporti accessori o ne hanno di molto ridotti. Questa
tipologia permette d'ottenere i vantaggi di portabilità e leggerezza delle cuffiette
auricolari e l'insonorizzazione passiva delle cuffie esterne.
(Cuffia esterna monocassa con microfono)
Tutte le categorie di cuffie possono essere o meno munite di microfono, dove nei modelli
esterni è generalmente posizionato su un'asta orientabile, mentre nelle cuffiette auricolari o
in ear è posto sul cavo della cuffietta (o posto direttamente su una prolunga della cuffietta,
nei modelli wireless).
Un altro sistema che può essere presente nella cuffia è un software che riduce in modo
attivo il rumore esterno, andando a modificare il segnale acustico in base al rumore esterno.
CUFFIE AD ALTA FEDELTA’
Esistono diverse tipologie di cuffia ad alta fedeltà: le due principali tecnologie impiegate per
la costruzione di cuffie sono:
Dinamica: è costituita da una coppia di altoparlanti del tutto simili a quelli utilizzati
nei diffusori audio, ma di ridotte dimensioni.
Elettrostatica: è di costruzione più complessa e per funzionare ha bisogno di una
tensione ausiliaria, fornita da un circuito alimentatore, integrato normalmente
all'interno del proprio preamplificatore dedicato. Una cuffia elettrostatica ha bisogno
di un piccolo apparecchio in più; presenta una risposta in frequenza più lineare
rispetto ad una cuffia dinamica, ma di solito è anche più costosa e delicata.
(Auricolari "in ear", si applicano nella parte interna del canale uditivo)
Basti pensare che lo spessore del diaframma di emissione di alcuni modelli di cuffie Stax,
storico costruttore giapponese di questa tipologia, è di soli 1,35 micrometri. Questa
caratteristica permette un'amplissima estensione in frequenza, dichiarata da 6 Hz a oltre
40 kHz; in alcuni modelli di altri produttori, il limite superiore di frequenza dichiarato
supera i 100 kHz. Molti audiofili considerano la cuffia stereofonica un valido trasduttore per
l'ascolto di musica registrata, opinione comunque non condivisa in modo unanime. Occorre
altresì dire, che è nella fase di missaggio di un brano musicale stereofonico che viene
ottimizzata la riproduzione, privilegiando l'ascolto con una coppia di diffusori oppure con
una cuffia stereofonica; con la presa diretta binaurale del suono con testa artificiale, tramite
sofisticate procedure si può ottenere l'identica riproduzione spaziale del suono, sia con una
coppia di diffusori che con una cuffia stereo.
I COMPONENTI DI UNA CUFFIA
La struttura di questo tipo di cuffie per alta fedeltà è composta da un archetto flessibile che
può essere in metallo o plastica, dove ai lati sono fissati i padiglioni contenenti gli
altoparlanti. Da parte del costruttore vengono adottati vari accorgimenti volti ad offrire sia
un buon comfort, dato che l'oggetto può essere tenuto sulle orecchie anche molte ore, sia
offrire le migliori prestazioni di ascolto. Sulla sommità della testa non poggia direttamente
l'archetto di supporto dei padiglioni, bensì un secondo archetto parallelo al primo, costituito
da materiale morbido, solitamente pelle animale o sintetica, oppure velluto; in modo simile
è costituita la guarnizione dei padiglioni volta a chiudere quasi ermeticamente l'orecchio
all'interno di questi. Un parametro espresso in dB indica il grado di isolamento acustico
rispetto all'ambiente esterno; questa caratteristica veniva tenuta in grande considerazione
negli anni 60-70 da una delle società considerate pioniere in questo campo, la statunitense
Koss. La guarnizione attorno ai padiglioni delle prime versioni dello storico modello PRO-4
dinamico erano costituite da una camera d'aria in materiale plastico flessibile, riempita al
suo interno di olio. Per ottenere buona qualità del suono riprodotto al pari dei diffusori, i
padiglioni devono avere massima rigidità e insensibilità alle vibrazioni: solitamente sono
realizzati in resine plastiche ad alta densità. Nel 1989 la Sony mise in commercio un
modello ad alte prestazioni (MDR-R10) il quale aveva i padiglioni realizzati con un legno
particolare, stagionato 200 anni, ad un prezzo sul mercato italiano di 5 milioni di lire.
Alcuni modelli incorporano nei padiglioni piccoli potenziometri per permettere la
regolazione del volume audio. Lo sdoppiamento del cavo stereofonico può avvenire
all'esterno dei padiglioni oppure all'interno di uno di questi; in questo caso si ha il vantaggio
di avere l'ingresso del cavo unicamente in un solo padiglione.
(Auricolari con membrana trasparente e senza la copertura esterna)
Caratteristiche Tecniche delle Cuffie
Esistono quattro parametri principali da prendere in considerazione per valutare la qualità
delle cuffie.
Il primo parametro è la Risposta in frequenza, ossia la gamma di frequenze che la cuffia è
in grado di riprodurre. La Risposta in frequenza viene, di solito, espressa in Hz (o in
multipli di Hz). Una buona cuffia deve poter offrire la possibilità di ascoltare tutti i suoni
percepibili dall’orecchio umano. L'intervallo di suoni teoricamente percepibile dall’uomo va
dai 18 Hz ai 22'000 Hz. Si parla, in questo caso, di “percezione teorica” perché, in realtà,
solo un “orecchio” ben allenato, “sano” e giovane riesce a percepire tutti i suoni compresi in
questa gamma dinamica: generalmente, invece, un orecchio medio percepisce una gamma di
frequenze compresa tra i 20 Hz ed i 20'000 Hz. Pertanto una buona cuffia dovrebbe avere
una Risposta in frequenza di almeno 20 - 22'000 Hz (se risulta inferiore significa che
verrebbero “tagliati” o perlomeno fortemente attenuati i suoni con frequenza molto bassa e
quelli con frequenza molto alta, pertanto la cuffia non riprodurrebbe fedelmente il brano
musicale), ancora meglio se la Risposta in frequenza è pari a 18 - 22'000 Hz. Risposte in
frequenza più “ampie” sono del tutto inutili, poiché l’orecchio umano non riesce a percepire
suoni emessi a frequenze più basse e più alte rispetto alla gamma 18 - 22'000 Hz.
Il secondo parametro, strettamente legato al primo, è la linearità in frequenza, ovvero
quanto sia costante il livello di suono emesso, spaziando tra i due estremi di frequenza
dichiarati, ottenere la linearita assoluta non è possibile, in qualche punto nell'intervallo di
frequenza dichiarato si avranno delle esaltazioni o attenuazioni del segnale riprodotto, lo
scostamento medio rispetto ad un segnale di riferimento è espresso in dB, minore è il valore,
migliore risulta la linearita della cuffia. Questo dato, sempre fornito allegato agli
amplificatori, non sempre viene fornito dai produttori di cuffie e diffusori, il miglior modo
di rappresentarlo è fornirlo sotto forma di grafico, come avviene per gli amplificatori.
Il terzo parametro è la Sensibilità, ovvero, in modo analogo ai diffusori, quanta pressione
acustica espressa in dB riesce a fornire, dato un preciso valore di tensione applicato. Questo
dato indica il massimo livello di suono riproducibile fedelmente. Più il valore in dB è
elevato (più è alta la Sensibilità), più alto è il volume di suono riprodotto in modo fedele.
Delle buone cuffie dovrebbero avere una sensibilità pari o superiore ad 85 dB (valori
inferiori a 85dB potrebbero indicare una cuffia di basse prestazioni). Le cuffie audio ad alta
fedeltà hanno generalmente un valore di sensibilità molto elevato e compreso tra i 95 db ed i
109 dB (ottimo valore); alcune cuffie dichiarano valori pari o superiori a 110 dB.
Il quarto parametro è l’Impedenza, ovvero la resistenza di una bobina ad essere attraversata
da un campo elettromagnetico in corrente alternata, l'unità di misura di entrambe è l'ohm. I
valori di impedenza adottati dai costruttori per le cuffie dinamiche, variano notevolmente,
da un minimo di 8 a un massimo di 600, la notevole differenza di questo valore è in ragione
dalle diverse tipologie di amplificatore al quale la cuffia andrà collegata. L'intensità del
suono prodotto dipende dal valore di corrente che circola nella bobina dell'auricolare,
spargendo watt, ovvero potenza, dalla legge di Ohm, W=V*V/R, dove R è l'impedenza della
cuffia, ne consegue che maggiore è la tensione disponibile all'uscita dell'amplificatore, più
alto può essere il valore di impedenza della cuffia, un impianto Hi-Fi casalingo alimentato
dalla rete, non ha problemi a fornire il segnale per la cuffia a livelli anche di decine di volt,
per contro, un lettore mp3 portatile alimentato da piccole batterie, necessariamente il livello
di tensione fornito all'uscita cuffia, non potrà superare quello delle batterie che lo alimenta,
ne consegue che per avere un adeguato volume in uscita, necessariamente si deve scendere
col valore di impedenza. La qualità del suono di una cuffia è indipendente dall'impedenza
dei trasduttori adottati, basti pensare alla storica cuffia ad alta fedeltà modello PRO-4 del
costruttore Koss, avente nelle prime versioni un'impedenza di 8 ohm.
CUFFIE SENZA FILI
Le cuffie prive del filo per il trasporto del segnale audio sfruttano varie tecnologie differenti.
Il segnale, infatti, viene trasmesso tramite raggi infrarossi, bluetooth oppure wireless. In
questi casi il sistema è costituito da un trasmettitore collegato all'apparecchio riproduttore
(televisore, Hi-fi, radio), il quale trasmette il segnale al ricevitore integrato nella cuffia.Al
vantaggio di non avere fili si contrappone tuttavia la resa sonora, inferiore alle migliori
cuffie ad alta fedeltà. E questo vale per tutte e 3 le soluzioni.
Il microfono è un trasduttore di tipo elettro-meccanico in
grado di convertire le onde di pressione sonora in segnali elettrici. Esistono diversi tipi di
microfono che basano il proprio funzionamento su differenti tecnologie e metodi di
conversione.I microfoni vengono classificati principalmente secondo la tipologia di
funzionamento,cioè, il tipo di trasduttore,e la figura polare, ovvero la diversa sensibilità del
trasduttore in relazione alla direzione di provenienza del suono. Altre caratteristiche
tecniche sono la banda passante / risposta in frequenza, dinamica, sensibilità, l'impedenza e
la necessità o meno di alimentazione.Vi sono poi le caratteristiche psico-acustiche:
trasparenza del suono, risposta ai transienti, selettività, resa sulle armoniche, ecc.Possono
fare parte del sistema microfonico, a seconda del tipo: trasduttori meccanici ed elettrici,
cavità di risonanza, tubi ad interferenza, filtri, sospensioni, alimentatori, amplificatori.
TIPI DI MICROFONI
Il Microfono a carbone.Praticamente non più
utilizzato, il microfono a carbone sfrutta la variazione di resistività di granuli di carbone
sottoposti ad agitazione meccanica dalla sottile membrana che chiude la capsula che li
contiene. Economico da costruire, può coprire un campo di frequenza molto limitata. Erano
di questo tipo i primi microfoni radiofonici (quelli stile anni '30, che si vedono nei vecchi
film), ma anche le capsule microfoniche adottate per i telefoni a cornetta in uso fino agli
anni 80; agitando tra le dita la capsula, è percepibile il movimento dei granuli, simili a
zucchero.
Il Microfono dinamico (magnetico). Il
microfono dinamico è strutturalmente simile ad un piccolissimo altoparlante, con
funzionamento inverso: sfrutta il fenomeno dell'induzione elettromagnetica per convertire il
movimento di una membrana (la parte destinata a raccogliere le pressioni sonore,
normalmente costituita da una pellicola di mylar, poliestere dello spessore di pochi decimi
di mm) in forzaelettromotrice, grazie ad un avvolgimento di filo conduttore sottilissimo
meccanicamente fissato alla membrana stessa chiamato bobina mobile. Tale struttura è
immersa nel campo magnetico generato da un nucleo di magnete permanente. Il movimento
della bobina mobile nel campo magnetico genera, ai capi del filo di cui è composta, una
corrente elettrica proporzionale all'ampiezza dei movimenti dell'avvolgimento e quindi, in
definitiva, alla magnitudo del segnale acustico: questa corrente costituisce il segnale
elettrico audio il quale, tramite un cavo oppure via radio, viene trasferito alla consolle o agli
outboard.
Il Microfono a nastro.Usano un nastro
sottile e, a volte, ondulato sospeso in un campo magnetico. Il nastro è collegato da un
circuito elettrico all'uscita audio del microfono cosicché le sue vibrazioni nel campo
magnetico possano generare un segnale elettrico. Sia il microfono a nastro che quello a
bobina mobile hanno in comune la caratteristica di produrre il suono per induzione
magnetica.
Il Microfono a Condensatore. Il microfono a
condensatore e il microfono a elettrete sfruttano le variazioni di capacità del condensatore,
realizzato con una lamina metallica o di plastica metallizzata costituente l'armatura fissa del
condensatore, ed una seconda, mobile, (la membrana).La capsula del microfono a
condensatore, avendo caratteristiche di alta sensibilità, si presta a prelevare suoni anche a
grande distanza: per tale uso è possibile accentuare le caratteristiche direzionali del
microfono, montando la capsula all'interno di tubi progettati e calibrati per ottenere
determinate interferenze additive e sottrattive.Viene spesso impiegato nella sonorizzazione
di molti film durante la presa diretta. Altri impieghi del microfono a condensatore sono:
conferenze, televisione (microfoni lavalier), traduzioni simultanee ecc.Il microfono a
condensatore, il cui principio di funzionamento si basa sulla variazione di un campo
elettrico, per funzionare ha bisogno di una batteria per amplificare il segnale generato dalla
capsula che risulterebbe altrimenti troppo debole. Spesso alternativamente alla batteria si
fornisce l'alimentazione tramite lo stesso cavo microfonico (alimentazione microfonica).
questa si distingue per la tipologia del circuito microfonico quali (alimentazione 12 volt T
negativa o positiva) (alimentazione phantom 12 o 48 volt positiva o negativa) Molto spesso
tali microfoni, specialmente se di buona qualità, sono composti da due moduli separati: il
modulo di alimentazione (con batteria da pochi volt, fino ai 48 volt) ed il modulo microfono
vero e proprio che può essere ad una, due o quattro celle, per distanze piccole, medie e
grandi.La batteria potrebbe non essere necessaria nel caso in cui l'amplificatore al quale
viene allacciato sia provvisto di alimentazione : questo metodo permette di fornire l'energia
necessaria al preamplificatore contenuto all'interno del microfono.
Il mouse è un dispositivo in grado di inviare
un input ad un computer in modo tale che ad un suo movimento ne corrisponda uno analogo
di un indicatore sullo schermo detto puntatore. È inoltre dotato di uno o più tasti ai quali
possono essere assegnate varie funzioni.Esistono due possibili spiegazioni riguardo
l’etimologia del nome. La più comune è la parola mouse (ovvero topo) in relazione alla
somiglianza del dispositivo con il roditore.La seconda spiega la parola come un acronimo
che, a seconda delle versioni può essere Manually Operated User Selection Equipment
oppure Machine Operator’s Unique Spotting Equipment.
FUNZIONAMENTO
Le tecnologie utilizzate nei mouse hanno essenzialmente tre finalità:
1. rilevare il movimento del mouse
2. inviare il dato al dispositivo a cui il mouse è collegato
3. permettere l'attivazione di funzioni
Mouse meccanici
(Schema di un tipico mouse a pallina)
Nel tipo di mouse più vecchio, detto informalmente "a pallina", vi sono:
Una sfera solitamente in metallo rivestita di gomma, che muove le ruote forate (ruote
foniche) dell'encoder;
due encoder, caratterizzati da:
o due ruote forate disposte ortogonalmente tra loro;
o quattro sensori, per misurare la velocità di rotazione delle ruote foniche;
o due fonti luminose infrarossi;
trasmissioni al computer.
I mouse di questo tipo, pur avendo il pregio di essere economici, hanno lo svantaggio di
sporcarsi molto facilmente con l'utilizzo: la polvere, infatti, tende a incastrarsi nelle rotelle
che rilevano il movimento, rendendone l'utilizzo saltellante e impreciso.
Mouse ottici
I primi mouse ottici utilizzavano un LED e un trasduttore
ottico-elettrico per rilevare il movimento relativo alla superficie d'appoggio. Questi mouse
potevano essere utilizzati solo su una speciale superficie metallica con una rete di sottili
linee blu e grigie. Successivamente i mouse ottici poterono incorporare chip per
l'elaborazione dell'immagine, in modo da poter essere utilizzati su un maggior numero di
superfici comuni. Questo permise il diffondersi di massa del dispositivo. Rispetto ai mouse
tradizionali la struttura interna del mouse è quindi molto semplificata, infatti al posto della
pallina, delle ghiere e dei sensori che captano i movimenti lungo i due assi di movimento, ci
sono solamente un chip, un sensore ottico e un LED di illuminazione. Il processore di un
mouse ottico è naturalmente molto più complesso di quello presente in un mouse
tradizionale, a causa della maggiore elaborazione necessaria. Comunque un dispositivo a
stato solido, per quanto complesso, è in generale molto più affidabile di un organo
meccanico. Inoltre la totale mancanza di aperture dove si possono infiltrare sporco e polvere
permette una vita media del mouse di gran lunga superiore a quelli tradizionali, senza alcun
bisogno di manutenzione. Un altro vantaggio dei mouse ottici è la possibilità di funzionare
con qualunque inclinazione, anche capovolto. Per contro non è in grado di funzionare su un
vetro o su superfici prive di almeno una minima trama ottica. L'unico problema può essere
dato dall'utilizzo su una superficie riflettente. Poiché il LED illumina il piano d'appoggio e il
sensore acquisisce l'immagine, qualsiasi materiale riflettente inganna l'acquisizione
dell'immagine e quindi la rilevazione precisa del movimento.
Mouse Laser
I mouse laser, invece, sono essenzialmente mouse ottici che
utilizzano un laser al posto di un LED per l'illuminazione del piano d'appoggio. Come
conseguenza si ha una maggiore risoluzione nell'acquisizione dell'immagine, che si traduce
in migliore precisione e sensibilità di movimento. Guardare direttamente il laser di un
mouse può causare danni alla retina. Durante il normale utilizzo il laser o il LED sono
puntati verso la superficie d'appoggio e coperti dal mouse stesso, quindi i rischi sono nulli e
legati solo ed esclusivamente ad un utilizzo improprio. Detto ciò i danni alla retina si
manifestano solo se il laser viene osservato per lunghi periodi di tempo. Si consiglia
comunque di non guardarlo.
Mouse con il cavo.
Il collegamento via cavo esiste fin dai primi mouse e sopravvive ancora oggi perché
semplice, economico ed esente da rilevanti svantaggi. Il cavo inizia dalla parte anteriore del
mouse e termina con un connettore per l'inserimento nel dispositivo.Mouse tradizionali
avevano un connettore seriale mentre i mouse Apple avevano un connettore ADB, entrambe
tipologie non più utilizzate. Attualmente i connettori sono di tipo PS/2 oppure USB.
Mouse senza filo.
( Moderno mouse wireless: 1, 2, 4 i pulsanti sinistro,destro e laterale 3. la rotellina 5.
la base di ricarica)
Un mouse senza filo (wirless) è collegato al dispositivo tramite un piccolo ricevitore, con il
quale comunica attraverso onde radio, raggi infrarossi o via Bluetooth. La mancanza del
cavo rende necessarie alcune aggiunte al corredo di un mouse tradizionale:
batterie d'alimentazione
ricevitore, ovvero un dispositivo collegato via cavo al computer che riceve i segnali
del mouse
ricaricatore (5, opzionale) il ricevitore può fungere anche da base di ricarica
richiedendo un ulteriore cavo di alimentazione
La mancanza di un cavo e quindi di un legame fisico con il computer è un indiscutibile
vantaggio in caso di ambienti di lavoro affollati o in caso di utilizzo con computer
portatili.Tuttavia esistono alcuni contro, come la necessità di alimentare separatamente la
base di ricarica, possibili interferenze con il segnale radio e l'eventualità che l'utente si
dimentichi di appoggiare il mouse sulla base di ricarica a computer spento ottenendo così un
mouse non funzionante fino a ricarica effettuata. Per ovviare a questo inconveniente alcuni
mouse dotati di pile sostituibili sono provvisti di un interruttore sul lato inferiore per poterli
spegnere durante l'inattività.Lo scarso peso/frequenza degli svantaggi ha permesso una
buona diffusione dei mouse senza filo.
Utilizzi Comuni
Clic
Una breve pressione di un pulsante con immediato rilascio è detta clic o fare clic o, in
inglese, click. Un clic con il tasto sinistro (nei mouse a due pulsanti) serve tipicamente a
selezionare un oggetto come un’ icona o un comando da un menu, mentre un clic con il
tasto destro richiama un menu contestuale. Un clic con il tasto centrale, o l'equivalente
pressione della rotella di scorrimento, non ha un significato comune ben definito, ma
dipende dal contesto e dall'applicativo. In Mozilla Firefox e in Internet Explorer per
esempio, cliccare con mouse3 su un collegamento permette di aprirlo direttamente in una
nuova scheda , mentre cliccando con il tasto centrale in una qualunque altra parte della
pagina lega lo scorrimento della pagina direttamente al movimento del mouse fino a un
nuovo clic (funzionante solo su sistema operativo Microsoft). I tasti addizionali a volte sono
utilizzati nella consultazione di ipertesti replicando il comportamento dei pulsanti Avanti e
Indietro dell'interfaccia grafica, ma in linea di massima la loro configurazione è lasciata alle
necessità e al gusto dell'utente.
Doppio clic
Due clic in rapida successione a mouse fermo sono detti doppio clic. Nonostante sia
possibile eseguire un doppio clic con qualsiasi pulsante del mouse, l'utilizzo preponderante,
se non esclusivo, riguarda il tasto sinistro. Nell'ambito dei sistemi Microsoft Windows esiste
solo il doppio clic con il tasto di sinistra. Nei programmi applicativi il doppio clic assume
significati diversi, ma nei sistemi operativi dotati di interfaccia grafica a icone il doppio clic
è da sempre e sinonimo di esecuzione dell'azione predefinita associata all'oggetto, ovvero al
punto sensibile sul quale il doppio clic viene eseguito. Nell'ambito dei sistemi Microsoft
Windows il significato implicito principale è l'esecuzione del comando Apri (Open), tuttavia
eseguendo il doppio clic sull'icona in alto a sinistra in corrispondenza della barra del titolo
della finestra il significato implicito, ovvero l'azione predefinita associata al doppio clic, è
Chiudi (Close). Tale significato predefinito può essere modificato ovvero personalizzato,
per esempio, per associare il doppio clic all'esecuzione del comando Stampa (Print). In
Microsoft Windows e nei sistemi operativi Apple già dal System 6 eseguire un doppio clic
su un'icona poteva avere i seguenti significati:
esegui il programma associato all'icona
apri il documento associato all'icona eseguendo il programma associato al tipo di file
apri la directory associata all'icona
Tutti e tre adattano il concetto di esecuzione all'oggetto coinvolto. L'associazione doppio
clic-esecuzione non è però universale: KDE per esempio esegue con un singolo clic e per
selezionare un'icona è necessaria un'operazione di trascinamento. Non tutti gli elementi di
un'interfaccia grafica sono suscettibili a un doppio clic. I menu e i pulsanti tipicamente
rispondono ai singoli clic e interpretano un doppio clic come due clic distinti.
Triplo clic
È utilizzato in alcuni elaboratori di testo (ad esempio Microsoft Word) per selezionare
l'intero paragrafo.
Trascinamento e drag and drop
Selezione multipla di icone mediante trascinamento su KDE
Premere un pulsante e muovere il mouse tenendo il pulsante premuto è detto trascinare. Se
non è esplicitamente specificato quale sia il pulsante in questione, si intende quello sinistro.
Il significato comune dell'azione è la selezione multipla di oggetti:
in un sistema operativo con interfaccia grafica si possono selezionare più icone
racchiudendole nel rettangolo avente come diagonale il segmento che va dal punto in
cui si è premuto inizialmente il pulsante al punto in cui si trova attualmente il cursore
in un elaboratore testi si può trascinare da un punto del testo a un altro, selezionando
tutti i caratteri compresi
trascinando in un programma di grafica computerizzata si può selezionare parte
dell'immagine, disegnare o deformare una figura, ridimensionare un livello ecc.
Il drag and drop (letteralmente trascina e lascia) è il trascinamento applicato a un oggetto,
spesso utilizzato per un'operazione di spostamento. Effettuare un drag & drop è simile
all'afferrare qualcosa, trasportarlo e poi appoggiarlo. Applicato alle interfacce grafiche viene
usato per spostare o copiare file e directory dentro un'altra directory o per spostare finestre
trascinandole per la barra del titolo. L'utilizzo negli applicativi è molto vario, ma comunque
coerente con l'idea di base di movimento.
INDICE
Lettore CD (Pag. 3)
Radio (Pag.4)
Auricolari/Cuffie (Pag.5-6-
7-8-9-10)
Microfono (Pag.11-12-13-
14)
Mouse (Pag.15-16-17-18-
19-20-21)
Relazione dispositivi input output

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Relazione dispositivi input output

  • 1.
  • 2. Il lettore di Compact Disc, (abbreviazioni diffuse nel linguaggio comune “Lettore CD) è una tipologia di drive la quale si differenzia per essere destinata alla lettura dei dati memorizzati su compact disc. I lettori CD sono in grado di leggere, oltre ai formati fisici del CD come il CD-R e CD-RW, i numerosi formati logici del CD (CD Audio, Video CD, Super Video CD, ecc.) se il computer è dotato di un software apposito. Tipico lettore CD interno. FUNZIONAMENTO DEL LETTORE CD Il lettore CD legge i dischi tramite un diodo laser. I dati sono scritti sul disco come una serie di microscopiche incisioni (pits), separate da spazi (lands). La superficie riflettente del disco, fatta di alluminio, viene illuminata dal raggio laser per leggerne i dati. A causa della profondità dei pit,la fase del raggio riflesso è traslata rispetto a quella del raggio emesso inizialmente. La loro sovrapposizione causa un'interferenza distruttiva che diminuisce l'intensità del raggio riflesso. Il cambiamento di intensità del raggio è misurato e trasformato in dati binari che,decodificati, permettono la lettura dei dati immagazzinati sul supporto. (Diodi laser di un masterizzatore cd su una griglia di 1mm)
  • 3. La radio è l'apparecchio elettronico che permette di trasmettere e/o ricevere onde radio. In particolare, se è in grado solo di trasmettere è chiamato radiotrasmettitore o radiotrasmittente, se è in grado solo di ricevere è chiamato radioricevitore o radioricevente (nelle apparecchiature HiFi si usa solitamente il termine sintonizzatore o tuner), se è in grado sia di ricevere che di trasmettere è chiamato ricetrasmettitore o ricetrasmittente. FUNZIONAMENTO E TIPI Il funzionamento di un apparecchio radio consiste nel ricevere un segnale radio di frequenza prestabilita (il canale) e questo avviene con la sintonia. Quindi il segnale inserito nell'onda elettromagnetica in fase di trasmissione,detta modulazione, deve essere estratto per mezzo della rivelazione per essere destinato all'uso finale, per esempio emesso come suono da un altoparlante. Nel corso della storia delle radio si sono succedute differenti tipologie di circuiti elettronici che, sebbene tutte con identico fine, hanno progressivamente reso l'uso dell'apparecchio radio più semplice e confortevole per l'utilizzatore comune. Le principali configurazioni storiche sono: Soluzioni elettromeccaniche, le prime impiegate ai tempi di Marconi: -Coherer e Decoder Magnetico Soluzioni elettroniche : -Ricevitore a rivelazione diretta (Radio a diodo, radio a galena) -Rigenerativo (o a reazione) -Reflex -Eterodina e Supereterodina (quest’ultima, utilizzata anche oggi)
  • 4. Un auricolare o cuffia è un dispositivo in grado di far ascoltare la fonte audio (radio, walkman, lettore CD ecc.) dove è collegato. Questo dispositivo può essere monocassa o bicassa: in quest'ultimo caso permette l'ascolto stereofonico e su ogni cassa è impressa la lettera L (left) o R (right), ad indicare l'orecchio a cui va applicata. Generalmente per cuffia s'intende un dispositivo munito di grandi casse con tanto d'imbottitura insonorizzante, unite tra loro tramite un supporto rigido, per auricolari i dispositivi che si appoggiano nel padiglione auricolare, mentre per auricolare in ear ci si riferisce ai dispositivi che s'introducono nel condotto uditivo. TIPOLOGIE Le cuffie si dividono in diverse categorie: Esterne: sono la tipologia più ingombrante e pesante, in quanto hanno una struttura importante, che comprende il supporto delle cuffie (ma può essercene anche solo una, avendo così un orecchio che ascolta l'ambiente esterno) ed il sistema d'insonorizzazione passiva dal rumore esterno. Le casse esterne garantiscono una mgliore resa del suono (specialmente alle basse frequenze), sia grazie alla maggior dimensione della cassa stessa che all'insonorizzazione passiva attuata dalla copertura esterna delle stesse. Inoltre, anche se più confortevoli per l'orecchio, possono risultare scomode per il loro peso o per l'interferenza con la capigliatura. In questa categoria rientrano anche dei modelli con casse acustiche piccole, come i modelli degli auricolari, che si differenziano da questi solo per il supporto rigido che unisce le casse e che le sorregge sul capo dell'utilizzatore. (Auricolari come quelli forniti nella maggior parte dei dispositivi, che si applicano nella parte esterna del canale uditivo)
  • 5. Auricolari: sono le cuffiette più comuni dei piccoli dispositivi elettronici, che vanno posizionate nella conca del padiglione auricolare e possono essere munite o meno di supporto padigliare, il quale permette una maggiore stabilità della cuffietta, la quale in questo caso non appoggia unicamente sul trago e sull'antitrago. Un altro accorgimento che può essere presente è il perimetro gommato o il rivestimento poroso removible, che permettono una migliore adesione e nell'ultimo caso anche un lavaggio dello stesso per garantire una maggiore igiene; questa categoria di cuffietta però, pur garantendo una leggerezza e portabilità elevata, non permette un'insonorizzazione ottimale negli ambienti rumorosi. In ear: si vanno a posizionare all'interno del condotto uditivo e sono sorrette dallo stesso, quindi non richiedono supporti accessori o ne hanno di molto ridotti. Questa tipologia permette d'ottenere i vantaggi di portabilità e leggerezza delle cuffiette auricolari e l'insonorizzazione passiva delle cuffie esterne. (Cuffia esterna monocassa con microfono) Tutte le categorie di cuffie possono essere o meno munite di microfono, dove nei modelli esterni è generalmente posizionato su un'asta orientabile, mentre nelle cuffiette auricolari o in ear è posto sul cavo della cuffietta (o posto direttamente su una prolunga della cuffietta, nei modelli wireless). Un altro sistema che può essere presente nella cuffia è un software che riduce in modo attivo il rumore esterno, andando a modificare il segnale acustico in base al rumore esterno.
  • 6. CUFFIE AD ALTA FEDELTA’ Esistono diverse tipologie di cuffia ad alta fedeltà: le due principali tecnologie impiegate per la costruzione di cuffie sono: Dinamica: è costituita da una coppia di altoparlanti del tutto simili a quelli utilizzati nei diffusori audio, ma di ridotte dimensioni. Elettrostatica: è di costruzione più complessa e per funzionare ha bisogno di una tensione ausiliaria, fornita da un circuito alimentatore, integrato normalmente all'interno del proprio preamplificatore dedicato. Una cuffia elettrostatica ha bisogno di un piccolo apparecchio in più; presenta una risposta in frequenza più lineare rispetto ad una cuffia dinamica, ma di solito è anche più costosa e delicata. (Auricolari "in ear", si applicano nella parte interna del canale uditivo) Basti pensare che lo spessore del diaframma di emissione di alcuni modelli di cuffie Stax, storico costruttore giapponese di questa tipologia, è di soli 1,35 micrometri. Questa caratteristica permette un'amplissima estensione in frequenza, dichiarata da 6 Hz a oltre 40 kHz; in alcuni modelli di altri produttori, il limite superiore di frequenza dichiarato supera i 100 kHz. Molti audiofili considerano la cuffia stereofonica un valido trasduttore per l'ascolto di musica registrata, opinione comunque non condivisa in modo unanime. Occorre altresì dire, che è nella fase di missaggio di un brano musicale stereofonico che viene ottimizzata la riproduzione, privilegiando l'ascolto con una coppia di diffusori oppure con una cuffia stereofonica; con la presa diretta binaurale del suono con testa artificiale, tramite sofisticate procedure si può ottenere l'identica riproduzione spaziale del suono, sia con una coppia di diffusori che con una cuffia stereo.
  • 7. I COMPONENTI DI UNA CUFFIA La struttura di questo tipo di cuffie per alta fedeltà è composta da un archetto flessibile che può essere in metallo o plastica, dove ai lati sono fissati i padiglioni contenenti gli altoparlanti. Da parte del costruttore vengono adottati vari accorgimenti volti ad offrire sia un buon comfort, dato che l'oggetto può essere tenuto sulle orecchie anche molte ore, sia offrire le migliori prestazioni di ascolto. Sulla sommità della testa non poggia direttamente l'archetto di supporto dei padiglioni, bensì un secondo archetto parallelo al primo, costituito da materiale morbido, solitamente pelle animale o sintetica, oppure velluto; in modo simile è costituita la guarnizione dei padiglioni volta a chiudere quasi ermeticamente l'orecchio all'interno di questi. Un parametro espresso in dB indica il grado di isolamento acustico rispetto all'ambiente esterno; questa caratteristica veniva tenuta in grande considerazione negli anni 60-70 da una delle società considerate pioniere in questo campo, la statunitense Koss. La guarnizione attorno ai padiglioni delle prime versioni dello storico modello PRO-4 dinamico erano costituite da una camera d'aria in materiale plastico flessibile, riempita al suo interno di olio. Per ottenere buona qualità del suono riprodotto al pari dei diffusori, i padiglioni devono avere massima rigidità e insensibilità alle vibrazioni: solitamente sono realizzati in resine plastiche ad alta densità. Nel 1989 la Sony mise in commercio un modello ad alte prestazioni (MDR-R10) il quale aveva i padiglioni realizzati con un legno particolare, stagionato 200 anni, ad un prezzo sul mercato italiano di 5 milioni di lire. Alcuni modelli incorporano nei padiglioni piccoli potenziometri per permettere la regolazione del volume audio. Lo sdoppiamento del cavo stereofonico può avvenire all'esterno dei padiglioni oppure all'interno di uno di questi; in questo caso si ha il vantaggio di avere l'ingresso del cavo unicamente in un solo padiglione. (Auricolari con membrana trasparente e senza la copertura esterna)
  • 8. Caratteristiche Tecniche delle Cuffie Esistono quattro parametri principali da prendere in considerazione per valutare la qualità delle cuffie. Il primo parametro è la Risposta in frequenza, ossia la gamma di frequenze che la cuffia è in grado di riprodurre. La Risposta in frequenza viene, di solito, espressa in Hz (o in multipli di Hz). Una buona cuffia deve poter offrire la possibilità di ascoltare tutti i suoni percepibili dall’orecchio umano. L'intervallo di suoni teoricamente percepibile dall’uomo va dai 18 Hz ai 22'000 Hz. Si parla, in questo caso, di “percezione teorica” perché, in realtà, solo un “orecchio” ben allenato, “sano” e giovane riesce a percepire tutti i suoni compresi in questa gamma dinamica: generalmente, invece, un orecchio medio percepisce una gamma di frequenze compresa tra i 20 Hz ed i 20'000 Hz. Pertanto una buona cuffia dovrebbe avere una Risposta in frequenza di almeno 20 - 22'000 Hz (se risulta inferiore significa che verrebbero “tagliati” o perlomeno fortemente attenuati i suoni con frequenza molto bassa e quelli con frequenza molto alta, pertanto la cuffia non riprodurrebbe fedelmente il brano musicale), ancora meglio se la Risposta in frequenza è pari a 18 - 22'000 Hz. Risposte in frequenza più “ampie” sono del tutto inutili, poiché l’orecchio umano non riesce a percepire suoni emessi a frequenze più basse e più alte rispetto alla gamma 18 - 22'000 Hz. Il secondo parametro, strettamente legato al primo, è la linearità in frequenza, ovvero quanto sia costante il livello di suono emesso, spaziando tra i due estremi di frequenza dichiarati, ottenere la linearita assoluta non è possibile, in qualche punto nell'intervallo di frequenza dichiarato si avranno delle esaltazioni o attenuazioni del segnale riprodotto, lo scostamento medio rispetto ad un segnale di riferimento è espresso in dB, minore è il valore, migliore risulta la linearita della cuffia. Questo dato, sempre fornito allegato agli amplificatori, non sempre viene fornito dai produttori di cuffie e diffusori, il miglior modo di rappresentarlo è fornirlo sotto forma di grafico, come avviene per gli amplificatori. Il terzo parametro è la Sensibilità, ovvero, in modo analogo ai diffusori, quanta pressione acustica espressa in dB riesce a fornire, dato un preciso valore di tensione applicato. Questo
  • 9. dato indica il massimo livello di suono riproducibile fedelmente. Più il valore in dB è elevato (più è alta la Sensibilità), più alto è il volume di suono riprodotto in modo fedele. Delle buone cuffie dovrebbero avere una sensibilità pari o superiore ad 85 dB (valori inferiori a 85dB potrebbero indicare una cuffia di basse prestazioni). Le cuffie audio ad alta fedeltà hanno generalmente un valore di sensibilità molto elevato e compreso tra i 95 db ed i 109 dB (ottimo valore); alcune cuffie dichiarano valori pari o superiori a 110 dB. Il quarto parametro è l’Impedenza, ovvero la resistenza di una bobina ad essere attraversata da un campo elettromagnetico in corrente alternata, l'unità di misura di entrambe è l'ohm. I valori di impedenza adottati dai costruttori per le cuffie dinamiche, variano notevolmente, da un minimo di 8 a un massimo di 600, la notevole differenza di questo valore è in ragione dalle diverse tipologie di amplificatore al quale la cuffia andrà collegata. L'intensità del suono prodotto dipende dal valore di corrente che circola nella bobina dell'auricolare, spargendo watt, ovvero potenza, dalla legge di Ohm, W=V*V/R, dove R è l'impedenza della cuffia, ne consegue che maggiore è la tensione disponibile all'uscita dell'amplificatore, più alto può essere il valore di impedenza della cuffia, un impianto Hi-Fi casalingo alimentato dalla rete, non ha problemi a fornire il segnale per la cuffia a livelli anche di decine di volt, per contro, un lettore mp3 portatile alimentato da piccole batterie, necessariamente il livello di tensione fornito all'uscita cuffia, non potrà superare quello delle batterie che lo alimenta, ne consegue che per avere un adeguato volume in uscita, necessariamente si deve scendere col valore di impedenza. La qualità del suono di una cuffia è indipendente dall'impedenza dei trasduttori adottati, basti pensare alla storica cuffia ad alta fedeltà modello PRO-4 del costruttore Koss, avente nelle prime versioni un'impedenza di 8 ohm. CUFFIE SENZA FILI Le cuffie prive del filo per il trasporto del segnale audio sfruttano varie tecnologie differenti. Il segnale, infatti, viene trasmesso tramite raggi infrarossi, bluetooth oppure wireless. In questi casi il sistema è costituito da un trasmettitore collegato all'apparecchio riproduttore (televisore, Hi-fi, radio), il quale trasmette il segnale al ricevitore integrato nella cuffia.Al vantaggio di non avere fili si contrappone tuttavia la resa sonora, inferiore alle migliori cuffie ad alta fedeltà. E questo vale per tutte e 3 le soluzioni.
  • 10. Il microfono è un trasduttore di tipo elettro-meccanico in grado di convertire le onde di pressione sonora in segnali elettrici. Esistono diversi tipi di microfono che basano il proprio funzionamento su differenti tecnologie e metodi di conversione.I microfoni vengono classificati principalmente secondo la tipologia di funzionamento,cioè, il tipo di trasduttore,e la figura polare, ovvero la diversa sensibilità del trasduttore in relazione alla direzione di provenienza del suono. Altre caratteristiche tecniche sono la banda passante / risposta in frequenza, dinamica, sensibilità, l'impedenza e la necessità o meno di alimentazione.Vi sono poi le caratteristiche psico-acustiche: trasparenza del suono, risposta ai transienti, selettività, resa sulle armoniche, ecc.Possono fare parte del sistema microfonico, a seconda del tipo: trasduttori meccanici ed elettrici, cavità di risonanza, tubi ad interferenza, filtri, sospensioni, alimentatori, amplificatori.
  • 11. TIPI DI MICROFONI Il Microfono a carbone.Praticamente non più utilizzato, il microfono a carbone sfrutta la variazione di resistività di granuli di carbone sottoposti ad agitazione meccanica dalla sottile membrana che chiude la capsula che li contiene. Economico da costruire, può coprire un campo di frequenza molto limitata. Erano di questo tipo i primi microfoni radiofonici (quelli stile anni '30, che si vedono nei vecchi film), ma anche le capsule microfoniche adottate per i telefoni a cornetta in uso fino agli anni 80; agitando tra le dita la capsula, è percepibile il movimento dei granuli, simili a zucchero. Il Microfono dinamico (magnetico). Il microfono dinamico è strutturalmente simile ad un piccolissimo altoparlante, con funzionamento inverso: sfrutta il fenomeno dell'induzione elettromagnetica per convertire il movimento di una membrana (la parte destinata a raccogliere le pressioni sonore, normalmente costituita da una pellicola di mylar, poliestere dello spessore di pochi decimi di mm) in forzaelettromotrice, grazie ad un avvolgimento di filo conduttore sottilissimo meccanicamente fissato alla membrana stessa chiamato bobina mobile. Tale struttura è immersa nel campo magnetico generato da un nucleo di magnete permanente. Il movimento della bobina mobile nel campo magnetico genera, ai capi del filo di cui è composta, una corrente elettrica proporzionale all'ampiezza dei movimenti dell'avvolgimento e quindi, in
  • 12. definitiva, alla magnitudo del segnale acustico: questa corrente costituisce il segnale elettrico audio il quale, tramite un cavo oppure via radio, viene trasferito alla consolle o agli outboard. Il Microfono a nastro.Usano un nastro sottile e, a volte, ondulato sospeso in un campo magnetico. Il nastro è collegato da un circuito elettrico all'uscita audio del microfono cosicché le sue vibrazioni nel campo magnetico possano generare un segnale elettrico. Sia il microfono a nastro che quello a bobina mobile hanno in comune la caratteristica di produrre il suono per induzione magnetica.
  • 13. Il Microfono a Condensatore. Il microfono a condensatore e il microfono a elettrete sfruttano le variazioni di capacità del condensatore, realizzato con una lamina metallica o di plastica metallizzata costituente l'armatura fissa del condensatore, ed una seconda, mobile, (la membrana).La capsula del microfono a condensatore, avendo caratteristiche di alta sensibilità, si presta a prelevare suoni anche a grande distanza: per tale uso è possibile accentuare le caratteristiche direzionali del microfono, montando la capsula all'interno di tubi progettati e calibrati per ottenere determinate interferenze additive e sottrattive.Viene spesso impiegato nella sonorizzazione di molti film durante la presa diretta. Altri impieghi del microfono a condensatore sono: conferenze, televisione (microfoni lavalier), traduzioni simultanee ecc.Il microfono a condensatore, il cui principio di funzionamento si basa sulla variazione di un campo elettrico, per funzionare ha bisogno di una batteria per amplificare il segnale generato dalla capsula che risulterebbe altrimenti troppo debole. Spesso alternativamente alla batteria si fornisce l'alimentazione tramite lo stesso cavo microfonico (alimentazione microfonica). questa si distingue per la tipologia del circuito microfonico quali (alimentazione 12 volt T negativa o positiva) (alimentazione phantom 12 o 48 volt positiva o negativa) Molto spesso tali microfoni, specialmente se di buona qualità, sono composti da due moduli separati: il modulo di alimentazione (con batteria da pochi volt, fino ai 48 volt) ed il modulo microfono vero e proprio che può essere ad una, due o quattro celle, per distanze piccole, medie e grandi.La batteria potrebbe non essere necessaria nel caso in cui l'amplificatore al quale viene allacciato sia provvisto di alimentazione : questo metodo permette di fornire l'energia necessaria al preamplificatore contenuto all'interno del microfono.
  • 14. Il mouse è un dispositivo in grado di inviare un input ad un computer in modo tale che ad un suo movimento ne corrisponda uno analogo di un indicatore sullo schermo detto puntatore. È inoltre dotato di uno o più tasti ai quali possono essere assegnate varie funzioni.Esistono due possibili spiegazioni riguardo l’etimologia del nome. La più comune è la parola mouse (ovvero topo) in relazione alla somiglianza del dispositivo con il roditore.La seconda spiega la parola come un acronimo che, a seconda delle versioni può essere Manually Operated User Selection Equipment oppure Machine Operator’s Unique Spotting Equipment. FUNZIONAMENTO Le tecnologie utilizzate nei mouse hanno essenzialmente tre finalità: 1. rilevare il movimento del mouse 2. inviare il dato al dispositivo a cui il mouse è collegato 3. permettere l'attivazione di funzioni
  • 15. Mouse meccanici (Schema di un tipico mouse a pallina) Nel tipo di mouse più vecchio, detto informalmente "a pallina", vi sono: Una sfera solitamente in metallo rivestita di gomma, che muove le ruote forate (ruote foniche) dell'encoder; due encoder, caratterizzati da: o due ruote forate disposte ortogonalmente tra loro; o quattro sensori, per misurare la velocità di rotazione delle ruote foniche; o due fonti luminose infrarossi; trasmissioni al computer. I mouse di questo tipo, pur avendo il pregio di essere economici, hanno lo svantaggio di sporcarsi molto facilmente con l'utilizzo: la polvere, infatti, tende a incastrarsi nelle rotelle che rilevano il movimento, rendendone l'utilizzo saltellante e impreciso. Mouse ottici I primi mouse ottici utilizzavano un LED e un trasduttore ottico-elettrico per rilevare il movimento relativo alla superficie d'appoggio. Questi mouse potevano essere utilizzati solo su una speciale superficie metallica con una rete di sottili
  • 16. linee blu e grigie. Successivamente i mouse ottici poterono incorporare chip per l'elaborazione dell'immagine, in modo da poter essere utilizzati su un maggior numero di superfici comuni. Questo permise il diffondersi di massa del dispositivo. Rispetto ai mouse tradizionali la struttura interna del mouse è quindi molto semplificata, infatti al posto della pallina, delle ghiere e dei sensori che captano i movimenti lungo i due assi di movimento, ci sono solamente un chip, un sensore ottico e un LED di illuminazione. Il processore di un mouse ottico è naturalmente molto più complesso di quello presente in un mouse tradizionale, a causa della maggiore elaborazione necessaria. Comunque un dispositivo a stato solido, per quanto complesso, è in generale molto più affidabile di un organo meccanico. Inoltre la totale mancanza di aperture dove si possono infiltrare sporco e polvere permette una vita media del mouse di gran lunga superiore a quelli tradizionali, senza alcun bisogno di manutenzione. Un altro vantaggio dei mouse ottici è la possibilità di funzionare con qualunque inclinazione, anche capovolto. Per contro non è in grado di funzionare su un vetro o su superfici prive di almeno una minima trama ottica. L'unico problema può essere dato dall'utilizzo su una superficie riflettente. Poiché il LED illumina il piano d'appoggio e il sensore acquisisce l'immagine, qualsiasi materiale riflettente inganna l'acquisizione dell'immagine e quindi la rilevazione precisa del movimento. Mouse Laser I mouse laser, invece, sono essenzialmente mouse ottici che utilizzano un laser al posto di un LED per l'illuminazione del piano d'appoggio. Come conseguenza si ha una maggiore risoluzione nell'acquisizione dell'immagine, che si traduce in migliore precisione e sensibilità di movimento. Guardare direttamente il laser di un mouse può causare danni alla retina. Durante il normale utilizzo il laser o il LED sono puntati verso la superficie d'appoggio e coperti dal mouse stesso, quindi i rischi sono nulli e legati solo ed esclusivamente ad un utilizzo improprio. Detto ciò i danni alla retina si manifestano solo se il laser viene osservato per lunghi periodi di tempo. Si consiglia comunque di non guardarlo.
  • 17. Mouse con il cavo. Il collegamento via cavo esiste fin dai primi mouse e sopravvive ancora oggi perché semplice, economico ed esente da rilevanti svantaggi. Il cavo inizia dalla parte anteriore del mouse e termina con un connettore per l'inserimento nel dispositivo.Mouse tradizionali avevano un connettore seriale mentre i mouse Apple avevano un connettore ADB, entrambe tipologie non più utilizzate. Attualmente i connettori sono di tipo PS/2 oppure USB. Mouse senza filo. ( Moderno mouse wireless: 1, 2, 4 i pulsanti sinistro,destro e laterale 3. la rotellina 5. la base di ricarica) Un mouse senza filo (wirless) è collegato al dispositivo tramite un piccolo ricevitore, con il quale comunica attraverso onde radio, raggi infrarossi o via Bluetooth. La mancanza del cavo rende necessarie alcune aggiunte al corredo di un mouse tradizionale: batterie d'alimentazione ricevitore, ovvero un dispositivo collegato via cavo al computer che riceve i segnali del mouse ricaricatore (5, opzionale) il ricevitore può fungere anche da base di ricarica richiedendo un ulteriore cavo di alimentazione
  • 18. La mancanza di un cavo e quindi di un legame fisico con il computer è un indiscutibile vantaggio in caso di ambienti di lavoro affollati o in caso di utilizzo con computer portatili.Tuttavia esistono alcuni contro, come la necessità di alimentare separatamente la base di ricarica, possibili interferenze con il segnale radio e l'eventualità che l'utente si dimentichi di appoggiare il mouse sulla base di ricarica a computer spento ottenendo così un mouse non funzionante fino a ricarica effettuata. Per ovviare a questo inconveniente alcuni mouse dotati di pile sostituibili sono provvisti di un interruttore sul lato inferiore per poterli spegnere durante l'inattività.Lo scarso peso/frequenza degli svantaggi ha permesso una buona diffusione dei mouse senza filo. Utilizzi Comuni Clic Una breve pressione di un pulsante con immediato rilascio è detta clic o fare clic o, in inglese, click. Un clic con il tasto sinistro (nei mouse a due pulsanti) serve tipicamente a selezionare un oggetto come un’ icona o un comando da un menu, mentre un clic con il tasto destro richiama un menu contestuale. Un clic con il tasto centrale, o l'equivalente pressione della rotella di scorrimento, non ha un significato comune ben definito, ma dipende dal contesto e dall'applicativo. In Mozilla Firefox e in Internet Explorer per esempio, cliccare con mouse3 su un collegamento permette di aprirlo direttamente in una nuova scheda , mentre cliccando con il tasto centrale in una qualunque altra parte della pagina lega lo scorrimento della pagina direttamente al movimento del mouse fino a un nuovo clic (funzionante solo su sistema operativo Microsoft). I tasti addizionali a volte sono utilizzati nella consultazione di ipertesti replicando il comportamento dei pulsanti Avanti e Indietro dell'interfaccia grafica, ma in linea di massima la loro configurazione è lasciata alle necessità e al gusto dell'utente.
  • 19. Doppio clic Due clic in rapida successione a mouse fermo sono detti doppio clic. Nonostante sia possibile eseguire un doppio clic con qualsiasi pulsante del mouse, l'utilizzo preponderante, se non esclusivo, riguarda il tasto sinistro. Nell'ambito dei sistemi Microsoft Windows esiste solo il doppio clic con il tasto di sinistra. Nei programmi applicativi il doppio clic assume significati diversi, ma nei sistemi operativi dotati di interfaccia grafica a icone il doppio clic è da sempre e sinonimo di esecuzione dell'azione predefinita associata all'oggetto, ovvero al punto sensibile sul quale il doppio clic viene eseguito. Nell'ambito dei sistemi Microsoft Windows il significato implicito principale è l'esecuzione del comando Apri (Open), tuttavia eseguendo il doppio clic sull'icona in alto a sinistra in corrispondenza della barra del titolo della finestra il significato implicito, ovvero l'azione predefinita associata al doppio clic, è Chiudi (Close). Tale significato predefinito può essere modificato ovvero personalizzato, per esempio, per associare il doppio clic all'esecuzione del comando Stampa (Print). In Microsoft Windows e nei sistemi operativi Apple già dal System 6 eseguire un doppio clic su un'icona poteva avere i seguenti significati: esegui il programma associato all'icona apri il documento associato all'icona eseguendo il programma associato al tipo di file apri la directory associata all'icona Tutti e tre adattano il concetto di esecuzione all'oggetto coinvolto. L'associazione doppio clic-esecuzione non è però universale: KDE per esempio esegue con un singolo clic e per selezionare un'icona è necessaria un'operazione di trascinamento. Non tutti gli elementi di un'interfaccia grafica sono suscettibili a un doppio clic. I menu e i pulsanti tipicamente rispondono ai singoli clic e interpretano un doppio clic come due clic distinti.
  • 20. Triplo clic È utilizzato in alcuni elaboratori di testo (ad esempio Microsoft Word) per selezionare l'intero paragrafo. Trascinamento e drag and drop Selezione multipla di icone mediante trascinamento su KDE Premere un pulsante e muovere il mouse tenendo il pulsante premuto è detto trascinare. Se non è esplicitamente specificato quale sia il pulsante in questione, si intende quello sinistro. Il significato comune dell'azione è la selezione multipla di oggetti: in un sistema operativo con interfaccia grafica si possono selezionare più icone racchiudendole nel rettangolo avente come diagonale il segmento che va dal punto in cui si è premuto inizialmente il pulsante al punto in cui si trova attualmente il cursore in un elaboratore testi si può trascinare da un punto del testo a un altro, selezionando tutti i caratteri compresi trascinando in un programma di grafica computerizzata si può selezionare parte dell'immagine, disegnare o deformare una figura, ridimensionare un livello ecc. Il drag and drop (letteralmente trascina e lascia) è il trascinamento applicato a un oggetto, spesso utilizzato per un'operazione di spostamento. Effettuare un drag & drop è simile all'afferrare qualcosa, trasportarlo e poi appoggiarlo. Applicato alle interfacce grafiche viene usato per spostare o copiare file e directory dentro un'altra directory o per spostare finestre trascinandole per la barra del titolo. L'utilizzo negli applicativi è molto vario, ma comunque coerente con l'idea di base di movimento.
  • 21. INDICE Lettore CD (Pag. 3) Radio (Pag.4) Auricolari/Cuffie (Pag.5-6- 7-8-9-10) Microfono (Pag.11-12-13- 14) Mouse (Pag.15-16-17-18- 19-20-21)