Lorenzo D'Emidio- Lavoro sulla Bioarchittetura.pptx
Donna nelle religioni monoteiste
1. La religione musulmana, al tempo della
sua prima diffusione (Penisola Arabica
650 d. C.) ha portato un’innovazione
sociale edulcorata dalla resistenza di
tradizioni e pratiche preesistenti, nonché
dalla “contaminazione” con civiltà
radicalmente patriarcali, come l’impero
sassanide (persiano).
Citazioni del Corano riconoscono, almeno
in teoria, a uomini e donne pari
responsabilità sociali, finanche il diritto al
voto, secondo un’interpretazione
controversa, però: si noti, infatti, che in
molti paesi a maggioranza islamica il voto
alle donne è di recente istituzione (salvo
per l’Egitto, 1927), mentre in Arabia
Saudita è tuttora negato.
La donna nella religione
musulmana
Tratto da Dal “RisVeglio
Duemila” N. 14/2011
Marisa Iannucci , artista
ravennate, convertita all’Islam
2. La donna ha un diritto di eredità, avendo capacità giuridica, nonché
alla dote, di cui dispone autonomamente per i propri bisogni
personali, poiché alla famiglia provvede solo l’uomo, salvo diversa
pattuizione.
Il matrimonio musulmano è un contratto
consensuale – se avviene in età precoce,
però, titolare della volontà matrimoniale è
il tutore che esercita un potere di
costrizione –, prevede la poligamia (salvo
clausole di esclusione), limitata a quattro
mogli.
3. Il divorzio è, naturalmente, ammesso
trattandosi di un mero contratto, ma,
mentre la donna per divorziare deve
rivolgersi al tribunale, l’uomo può, più
agevolmente, ripudiare la moglie con
una semplice dichiarazione; in tutti i
casi, peraltro, la tutela dei figli minori
resta sempre in capo all’uomo, che, del
resto, è l’unico indiscusso titolare della
loro educazione (alla madre spetta la
mera cura) e di ogni decisione,
essendone il solo rappresentante
legale.
4. La libertà di parola, che non è per
nulla scontata (basti pensare alle
società orientali, integraliste,
attuali) è riconosciuta alle donna
fin dalle pagine del Vangelo: anzi
Gesù stupisce, portando a
compimento l’antica legge
(l’ebraismo già conferisce alla
donna una sua dignità, vincolata,
però, alla fecondità-maternità)
anche in questo: le donne
interloquiscono con lui al pari
degli uomini, perfino le pagane,
come la Cananea.
La donna nella religione
La donna nella religione
cristiana
cristiana
Dal “RisVeglio Duemila” N.
Dal “RisVeglio Duemila” N.
13/2011
13/2011
Adriana Valerio, teologa,
Adriana Valerio, teologa,
docente di Storia del
docente di Storia del
Cristianesimo presso al
Cristianesimo presso al
Facoltà di Lettere
Facoltà di Lettere
dell’Università Federico II di
dell’Università Federico II di
Napoli
Napoli
5. Tenuto conto del processo di
inculturazione della religione
cristiana nella civiltà greco-romana
(certo giuridicamente più avanzata
e meno insensibile alla dignità
femminile di quelle limitrofe o
barbare) dove, comunque, l’autorità
era saldamente in mani maschili, si
può ben sostenere che il
Cristianesimo, riconoscendo alla
donna ruoli autorevoli, alternativi a
quelli tradizionali, ha preparato, nei
secoli e, si noti, proprio a partire
dall’Occidente, il terreno per il pieno
raggiungimento di pari dignità e
diritti.
6. Le donne sono le discepole che non
abbandonano Gesù quando è sulla Croce, lo
servono e ne hanno cura fino alla fine e, così,
sono anche le prime testimoni della
Risurrezione; nelle prime comunità cristiane
supportano gli apostoli e contribuiscono con i
loro beni e servizi (diaconia), inoltre accolgono
nelle loro case. Paolo ha accanto a sé
diaconesse che menziona ed elogia nei suoi
scritti (benché ciò sia poco noto, essendo stati
rimarcati tratti più critici nelle sue lettere). Nel
Medioevo alcune donne cristiane predicano,
come Ildegarde di Bingen, addirittura, su
designazione vescovile, o come Domenica da
Paradiso a Firenze, discepola di Savonarola,
scrivono trattati, lettere ai Papi, perfino
redarguendoli, come Brigida, laica!
7. La donna
nell’Ebraismo
Dal “RisVeglio
Duemila” N.
12/2011
dott.ssa
Claudia Milani,
ebraista
L’ebraismo è considerato una religione
maschilista, ma bisogna superare questi luoghi
comuni. È vero infatti che i testi sacri dell’ebraismo
risentono della cultura in cui sono nati, ma nel
primo capitolo della Genesi la donna è presentata
come contrapposta all’uomo, e non inferiore a lui.
Nel cap.31 dei Proverbi si parla della “donna di
valore” e di essa si danno le caratteristiche:
infonde fiducia e felicità, governa la casa e si
preoccupa per la famiglia, lavora costantemente,
soccorre chi ha bisogno, parla con saggezza. Nel
Seder di Pesah (il pranzo pasquale) quando si
commemora la liberazione del popolo ebraico,
accanto ai tre patriarchi vengono menzionate
anche le quattro matriarche, Sarah, Leah, Rachele
e Rebecca e questo per riconoscere la loro grande
importanza nella storia del popolo ebraico.
8. Quando Isacco si sposa, la nuvola che
proteggeva la sua tenda,
scomparsa alla morte di Sara,
ricompare all’arrivo di Rebecca: è la
presenza di Dio che si manifesta
anzitutto nelle donne. Nel racconto
biblico incontriamo molte importanti
figure femminili che hanno preso
iniziative per portare avanti la storia
della salvezza. Una figura forte e
vincente è quella di Deborah (in Giudici
4-5), giudice in Israele e profetessa.
Debora è protagonista del famoso
episodio in cui Barak, per suo ordine,
marcia contro Sisara, ma, a causa della
sua debolezza, Debora gli profetizza
che il Signore avrebbe fatto cadere
Sisara nelle mani di una donna.
9. Altre due ebree, Elisabetta madre di Giovanni
Battista e Miriam o Maria, madre di Gesù, si
trovano nelle Scritture cristiane, ma si
comprendono pienamente solo se viste
nell’orizzonte ebraico.
Elisabetta è equiparata ad Anna, madre di
Samuele, e ad altre donne bibliche nel desiderio
di un figlio che Dio le concede rovesciando la
sua sorte. Miriam di Nazaret osserva tutti i
precetti dell’ebraismo. Avvia Gesù al suo barmitzvà accompagnandolo a discutere coi dottori
del Tempio, come era richiesto a tutti i ragazzi
ebrei. Maria rimarrà poi sempre vicina al figlio
con discrezione, lo accompagnerà fino alla
morte in croce, come le donne ebree
accompagnano padri, figli, sposi nelle loro
imprese per la storia della salvezza.
10. Dio, spiegano i maestri d’Israele, ha
creato la donna non dalla creta, ma
dalla costola di Adamo, e questo
significa che le ha donato maggior
intelligenza che al maschio. Le ha
donato anche più fede, infatti è la
donna che trasmette l’ebraicità ai
figli, è la loro prima insegnante di
precetti religiosi. La realizzazione
della donna è il matrimonio, ma lo è
anche per l’uomo: infatti il precetto
impone a tutti di sposarsi e avere
figli. Se marito e moglie si amano di
amore autentico, la Shekinah, cioè la
presenza di Dio, è con loro.
11. Nell’ebraismo contemporaneo l’ebreo è di
discendenza matrilineare perché l’ebraismo dà molta
importanza alla prassi, cioè al corretto agire. Nelle
sinagoghe italiane, ortodosse, non ci sono donne
rabbino, come fra i conservativi americani; ma la
liturgia ebraica si svolge su due filoni, quello pubblico
e quello familiare. La donna ha un ruolo secondario
nella liturgia pubblica, ma primario in quella familiare.
Ha il compito di accendere i lumi dello Shabbat, come
segno di passaggio dal tempo profano al tempo
sacro. Infatti la donna è più vicina all’alternanza dei
tempi di Dio in quanto ha in sé biologicamente una
forma di scansione del tempo che le permette questa
comprensione in maniera istintiva, non con lo studio
come avviene per l’uomo.
12. Le norme di purità, che hanno valore
sacrale e non etico, riguardano la donna
perché essa, dando la vita, passa da una
condizione sacra a una profana. Se per
l’uomo la circoncisione segna nella carne
l’ingresso nell’ebraismo, per la donna non
ce n’è bisogno, perché essa ha già in sé
questo valore sacrale. Il Tempio di
Gerusalemme era l’unico luogo per i
sacrifici, ma, una volta distrutto, è stato
sostituito dalle case, divenute luogo di
culto, con la tavola come altare, dove si
svolge la liturgia domestica di cui la
donna è ministro.