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L’ALLEANZA TERAPEUTICA:




       Prof. Angelo R. Pennella


           SIRPIDI
          13 gennaio 2006

                  1
La metafora archeologica

La nostra “storia” si avvia tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del
Novecento, quando l’archeologia non fu più circoscritta al lavoro d’archivio
e alla ricerca documentaria…




…ma fu sempre più interessata ed impegnata nella raccolta di reperti e
manufatti antichi…

                                      2
La metafora archeologica (segue)

Non a caso, Freud propose in Etiologia dell’isteria
e in Studi sull’isteria la metafora archeologica per
illustrare il lavoro dell’analista.




             3
La metafora archeologica (segue)

La metafora archeologica si fonda su alcune interessanti analogie:
                              a) l’analista, come l’archeologo, non
                               a) l’analista, come l’archeologo, non
                              può limitarsi ad osservare ciò che è
                               può limitarsi ad osservare ciò che è
                                        rimasto del passato
                                         rimasto del passato




                                  4
La metafora archeologica (segue)




a) l’analista, come l’archeologo, non
 a) l’analista, come l’archeologo, non
può limitarsi ad osservare ciò che è
 può limitarsi ad osservare ciò che è
          rimasto del passato
           rimasto del passato
     b) come l’archeologo non può
     b) come l’archeologo non può
affidarsi esclusivamente a ciò che gli
 affidarsi esclusivamente a ciò che gli
indigeni possono riferire a proposito
 indigeni possono riferire a proposito
              del passato
               del passato




    5
La metafora archeologica (segue)




a) l’analista, come l’archeologo, non
 a) l’analista, come l’archeologo, non
può limitarsi ad osservare ciò che è
 può limitarsi ad osservare ciò che è
          rimasto del passato
           rimasto del passato
     b) come l’archeologo non può
     b) come l’archeologo non può
affidarsi esclusivamente a ciò che gli
 affidarsi esclusivamente a ciò che gli
indigeni possono riferire a proposito
 indigeni possono riferire a proposito
              del passato
               del passato
   c) entrambi hanno necessità di
    c) entrambi hanno necessità di
 dissotterrare elementi e reperti che
 dissotterrare elementi e reperti che
possano chiarire il senso di ciò che è
possano chiarire il senso di ciò che è
               visibile
                visibile




    6
La metafora archeologica (segue)


Gli scavi devono però necessariamente coinvolgere le popolazioni del
luogo, popolazioni a cui l’archeologo deve fornire sia gli strumenti più
adatti al lavoro, sia la motivazione a svolgere l’attività di recupero.



Tutto questo implica però…




   …la partecipazione e la collaborazione del “paziente-indigeno”
   …la partecipazione e la collaborazione del “paziente-indigeno”



                                    7
Ci si sta dunque riferendo alla


ALLEANZA TERAPEUTICA
ALLEANZA TERAPEUTICA




               8
Le declinazioni del transfert

Freud (1912) sottolineò la necessità di distinguere e trattare in modo
differenziato la traslazione «positiva» da quella «negativa», cioè i
sentimenti amorevoli esperiti dal paziente nei confronti dell’analista da
quelli libidici od ostili.




“La traslazione positiva si scompone a sua volta in traslazione di sentimenti
amichevoli o affettuosi, capaci di pervenire alla coscienza, e in traslazione delle
propaggini di tali sentimenti nell’inconscio.
[…] la traslazione sul medico è [dunque] idonea alla resistenza nella cura solo
se si tratta di traslazione negativa o di traslazione positiva di impulsi erotici
rimossi. Se «eliminiamo» la traslazione rendendola cosciente, non facciamo
altro che distogliere queste due componenti dell’atto emotivo dalla persona del
medico;
l’altra componente capace di giungere alla coscienza e irreprensibile, continua
a sussistere ed è in psicoanalisi portatrice di successo, esattamente come in
altri metodi di cura.” (Freud, 1912, p. 195)
                                         9
Le declinazioni del transfert (segue)

“La prima meta del trattamento rimane quella di legare il paziente alla
cura e alla persona del medico […]
Se gli si dimostra un interesse serio, se si eliminano accuratamente le
resistenze che compaiono all’inizio e si evitano passi falsi, il paziente
sviluppa da solo tale attaccamento ed inserisce il medico fra le imagines
di quelle persone dalle quali è stato abituato a ricevere del bene.
Naturalmente ci si può giocare questo primo successo se dall’inizio si
adotta un punto di vista che non sia quello dell’immedesimazione, per
esempio un punto di vista moraleggiante, oppure se ci si atteggia a
rappresentante o mandatario di una parte, per esempio dell’altro
membro della coppia coniugale e simili.” (Freud, 1913, p. 425)



L’instaurazione di un rapporto di collaborazione con il paziente da parte
L’instaurazione di un rapporto di collaborazione con il paziente da parte
dell’analista fu quindi considerato da Freud un necessario pre-requisito
dell’analista fu quindi considerato da Freud un necessario pre-requisito
allo sviluppo del processo terapeutico, ma anche un importante obiettivo
allo sviluppo del processo terapeutico, ma anche un importante obiettivo
– sia pure iniziale – a cui l’analista deve tendere.
– sia pure iniziale – a cui l’analista deve tendere.

                                   10
Le declinazioni del transfert (segue)




“Quando qualcuno, che per il resto è padrone di sé,
soffre a causa di un conflitto interno che non è in
grado di risolvere da solo, e si rivolge allora allo
psicoanalista, gli descrive la propria sofferenza e lo
prega di aiutarlo.
In questo caso il medico lavora solidamente con una
parte della personalità psicologicamente dimidiata
contro l’altra parte con cui essa è in conflitto.
Situazioni diverse da questa sono più o meno
sfavorevoli per l’analisi.” (Freud, 1920, p. 144)




                 11
Le declinazioni del transfert (segue)


        Sterba (1934, 1940) sottolinea la necessità di sviluppare
        nel paziente una specifica capacità di distinguere gli
        elementi psichici focalizzati sulla realtà da quelli che non lo
        sono.

        Fin dall’inizio della terapia, lo si dovrebbe incoraggiare a
        «co-operare» con l’analista contro qualcosa (il sintomo, la
        difesa, la psicopatologia) che si trova in lui e che è
        all’origine del suo disagio.

Sterba, in altri termini, ipotizza l’attivazione di una
Sterba, in altri termini, ipotizza l’attivazione di una
            scissione terapeutica dell’Io
            scissione terapeutica dell’Io
tesa a promuovere la differenziazione tra una parte
tesa a promuovere la differenziazione tra una parte
      “osservante” ed una parte “esperente”
      “osservante” ed una parte “esperente”


                              12
Le declinazioni del transfert (segue)


Elizabeth Zetzel introduce nel 1956 il concetto di «alleanza terapeutica»,
indicando con questo termine:




“un rapporto stabile e positivo tra l’analista e il paziente, che mette in
“un rapporto stabile e positivo tra l’analista e il paziente, che mette in
grado quest’ultimo d’impegnarsi produttivamente nel lavoro d’analisi.
grado quest’ultimo d’impegnarsi produttivamente nel lavoro d’analisi.
Ciò permette che avvenga una scissione nell’Io del paziente. La parte
Ciò permette che avvenga una scissione nell’Io del paziente. La parte
dell’Io del paziente che osserva si allea con l’analista in un rapporto di
dell’Io del paziente che osserva si allea con l’analista in un rapporto di
lavoro analitico. Essa gradualmente s’identifica con l’analista nell’analiz-
lavoro analitico. Essa gradualmente s’identifica con l’analista nell’analiz-
zare e modificare le difese patologiche che l’Io in posizione di difesa ha
zare e modificare le difese patologiche che l’Io in posizione di difesa ha
innalzato contro le situazioni di pericolo interno.
innalzato contro le situazioni di pericolo interno.
Il rapporto tra l’Io osservante del paziente e l’analista è basato su una
Il rapporto tra l’Io osservante del paziente e l’analista è basato su una
relazione oggettuale e dipende dalla capacità del paziente di formare e
relazione oggettuale e dipende dalla capacità del paziente di formare e
sostenere un rapporto significativo uno-a-uno.” (Zetzel, Meissner, 1973, p. 357)
sostenere un rapporto significativo uno-a-uno.” (Zetzel, Meissner, 1973, p. 357)


                                      13
Le declinazioni del transfert (segue)


Un aspetto interessante delle riflessioni della Zetzel riguarda la sua
proposta di connessione tra l’alleanza terapeutica e la relazione madre–
bambino:

  secondo la Zetzel, la capacità del paziente di cooperare al trattamento
  e di condividerne gli obiettivi si radica infatti nell’esperienza relazionale
  vissuta con la propria madre.

                   Erikson ha utilizzato la parola fiducia (trust), preferen-
                   dola a confidence, per la sua            «semplicità» e
                   «reciprocità».

                   Secondo Erikson, la sensazione di fiducia che l’indivi-
                   duo può vivere nei confronti di se stesso e degli altri
                   non dipende tanto dal nutrimento materiale o dalle
                   manifestazioni d’affetto ricevute dal bambino nella
   Erik Erikson
                   prima infanzia, quanto dalla qualità della relazione.


                                      14
Le declinazioni del transfert (segue)


                 Greenson propose nel 1965 il concetto di «alleanza di
                 lavoro» perché sottolinea le componenti più mature e
                 razionali del paziente, quelle con cui egli riesce a mantenere
                 un efficiente rapporto con l’analista anche in quelle situazioni
                 in cui si sviluppa un’intensa nevrosi di transfert.
Ralph Greenson




“L’essenza dell’alleanza di lavoro è costituita dalla motivazione del
paziente a vincere la sua malattia, dal suo senso di infelicità, dal
desiderio cosciente e razionale di collaborare e dalla sua capacità di
seguire le consegne e gli insight proposti dall’analista. La vera alleanza
si costituisce prevalentemente tra l’Io razionale del paziente e l’Io
analizzante dell’analista […] e il mezzo che la rende possibile è la
parziale identificazione del paziente con l’approccio dell’analista nei
suoi tentativi di comprendere il comportamento del paziente.” (Greenson,
                                                                    (Greenson,
1965, p. 163)
1965, p. 163)



                                         15
Le declinazioni del transfert (segue)




La definizione di «alleanza di lavoro» si fonda
tuttavia su una preliminare ri-definzione del
concetto di transfert, che Greenson utilizza solo
per ciò che risulta essere:
   una ripetizione del passato
   inappropriato a “qui ed ora” della situazione
   analitica
Secondo Greenson si può ricorrere al concetto di
transfert solo quando «l’analista e l’analisi
divengono la preoccupazione centrale della vita
del paziente».




            16
Le declinazioni del transfert (segue)


Ma perché tante incertezze nella ricerca di una definizione? Si tratta di
una difficoltà terminologica?

In realtà il problema è che molti dei concetti a cui abbiamo fatto
riferimento, si pensi alla «scissione dell’Io» di Sterba o alla
«identificazione con l’analista che analizza» della Zetzel sono concetti
monadici, a differenza del transfert e di tutti i concetti relazionali che sono
inevitabilmente diadici (Thomä, Kächele, 1985).




                                      17
Le declinazioni del transfert (segue)




Ma è anche fondamentale ricordare che la “realtà” è un fenomeno
sostanzialmente soggettivo ed intersoggettivo.


“la diade paziente-terapeuta implica una relazione complessa con
svariate dimensioni, consce ed inconsce, reali e fantasmatiche.
Come ci potremmo aspettare, le realtà sono influenzate in vario
grado dalle fantasie e dai ricordi inconsci […] dei due
partecipanti; la dimensione della fantasia è evocata, di volta in
volta, in maggiore o minor misura, da aspetti di queste realtà.”
(Langs, 1973-74, p. 417)




                               18
Le declinazioni del transfert (segue)




Atwood e Stolorow (1984), ad esempio, hanno evidenziato che uno degli
assunti fondamentali del pensiero psicoanalitico classico riguardava
l’esistenza di una realtà oggettiva nota all’analista,

assunto su cui si fondava la concezione tradizionale del transfert in cui si
proponeva la dicotomia tra l’esperienza (distorta) del paziente nei
confronti dell’analista e l’esperienza (reale) dell’analista nei confronti di sé
stesso.




                                       19

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Alleanza terapeutica

  • 1. L’ALLEANZA TERAPEUTICA: Prof. Angelo R. Pennella SIRPIDI 13 gennaio 2006 1
  • 2. La metafora archeologica La nostra “storia” si avvia tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento, quando l’archeologia non fu più circoscritta al lavoro d’archivio e alla ricerca documentaria… …ma fu sempre più interessata ed impegnata nella raccolta di reperti e manufatti antichi… 2
  • 3. La metafora archeologica (segue) Non a caso, Freud propose in Etiologia dell’isteria e in Studi sull’isteria la metafora archeologica per illustrare il lavoro dell’analista. 3
  • 4. La metafora archeologica (segue) La metafora archeologica si fonda su alcune interessanti analogie: a) l’analista, come l’archeologo, non a) l’analista, come l’archeologo, non può limitarsi ad osservare ciò che è può limitarsi ad osservare ciò che è rimasto del passato rimasto del passato 4
  • 5. La metafora archeologica (segue) a) l’analista, come l’archeologo, non a) l’analista, come l’archeologo, non può limitarsi ad osservare ciò che è può limitarsi ad osservare ciò che è rimasto del passato rimasto del passato b) come l’archeologo non può b) come l’archeologo non può affidarsi esclusivamente a ciò che gli affidarsi esclusivamente a ciò che gli indigeni possono riferire a proposito indigeni possono riferire a proposito del passato del passato 5
  • 6. La metafora archeologica (segue) a) l’analista, come l’archeologo, non a) l’analista, come l’archeologo, non può limitarsi ad osservare ciò che è può limitarsi ad osservare ciò che è rimasto del passato rimasto del passato b) come l’archeologo non può b) come l’archeologo non può affidarsi esclusivamente a ciò che gli affidarsi esclusivamente a ciò che gli indigeni possono riferire a proposito indigeni possono riferire a proposito del passato del passato c) entrambi hanno necessità di c) entrambi hanno necessità di dissotterrare elementi e reperti che dissotterrare elementi e reperti che possano chiarire il senso di ciò che è possano chiarire il senso di ciò che è visibile visibile 6
  • 7. La metafora archeologica (segue) Gli scavi devono però necessariamente coinvolgere le popolazioni del luogo, popolazioni a cui l’archeologo deve fornire sia gli strumenti più adatti al lavoro, sia la motivazione a svolgere l’attività di recupero. Tutto questo implica però… …la partecipazione e la collaborazione del “paziente-indigeno” …la partecipazione e la collaborazione del “paziente-indigeno” 7
  • 8. Ci si sta dunque riferendo alla ALLEANZA TERAPEUTICA ALLEANZA TERAPEUTICA 8
  • 9. Le declinazioni del transfert Freud (1912) sottolineò la necessità di distinguere e trattare in modo differenziato la traslazione «positiva» da quella «negativa», cioè i sentimenti amorevoli esperiti dal paziente nei confronti dell’analista da quelli libidici od ostili. “La traslazione positiva si scompone a sua volta in traslazione di sentimenti amichevoli o affettuosi, capaci di pervenire alla coscienza, e in traslazione delle propaggini di tali sentimenti nell’inconscio. […] la traslazione sul medico è [dunque] idonea alla resistenza nella cura solo se si tratta di traslazione negativa o di traslazione positiva di impulsi erotici rimossi. Se «eliminiamo» la traslazione rendendola cosciente, non facciamo altro che distogliere queste due componenti dell’atto emotivo dalla persona del medico; l’altra componente capace di giungere alla coscienza e irreprensibile, continua a sussistere ed è in psicoanalisi portatrice di successo, esattamente come in altri metodi di cura.” (Freud, 1912, p. 195) 9
  • 10. Le declinazioni del transfert (segue) “La prima meta del trattamento rimane quella di legare il paziente alla cura e alla persona del medico […] Se gli si dimostra un interesse serio, se si eliminano accuratamente le resistenze che compaiono all’inizio e si evitano passi falsi, il paziente sviluppa da solo tale attaccamento ed inserisce il medico fra le imagines di quelle persone dalle quali è stato abituato a ricevere del bene. Naturalmente ci si può giocare questo primo successo se dall’inizio si adotta un punto di vista che non sia quello dell’immedesimazione, per esempio un punto di vista moraleggiante, oppure se ci si atteggia a rappresentante o mandatario di una parte, per esempio dell’altro membro della coppia coniugale e simili.” (Freud, 1913, p. 425) L’instaurazione di un rapporto di collaborazione con il paziente da parte L’instaurazione di un rapporto di collaborazione con il paziente da parte dell’analista fu quindi considerato da Freud un necessario pre-requisito dell’analista fu quindi considerato da Freud un necessario pre-requisito allo sviluppo del processo terapeutico, ma anche un importante obiettivo allo sviluppo del processo terapeutico, ma anche un importante obiettivo – sia pure iniziale – a cui l’analista deve tendere. – sia pure iniziale – a cui l’analista deve tendere. 10
  • 11. Le declinazioni del transfert (segue) “Quando qualcuno, che per il resto è padrone di sé, soffre a causa di un conflitto interno che non è in grado di risolvere da solo, e si rivolge allora allo psicoanalista, gli descrive la propria sofferenza e lo prega di aiutarlo. In questo caso il medico lavora solidamente con una parte della personalità psicologicamente dimidiata contro l’altra parte con cui essa è in conflitto. Situazioni diverse da questa sono più o meno sfavorevoli per l’analisi.” (Freud, 1920, p. 144) 11
  • 12. Le declinazioni del transfert (segue) Sterba (1934, 1940) sottolinea la necessità di sviluppare nel paziente una specifica capacità di distinguere gli elementi psichici focalizzati sulla realtà da quelli che non lo sono. Fin dall’inizio della terapia, lo si dovrebbe incoraggiare a «co-operare» con l’analista contro qualcosa (il sintomo, la difesa, la psicopatologia) che si trova in lui e che è all’origine del suo disagio. Sterba, in altri termini, ipotizza l’attivazione di una Sterba, in altri termini, ipotizza l’attivazione di una scissione terapeutica dell’Io scissione terapeutica dell’Io tesa a promuovere la differenziazione tra una parte tesa a promuovere la differenziazione tra una parte “osservante” ed una parte “esperente” “osservante” ed una parte “esperente” 12
  • 13. Le declinazioni del transfert (segue) Elizabeth Zetzel introduce nel 1956 il concetto di «alleanza terapeutica», indicando con questo termine: “un rapporto stabile e positivo tra l’analista e il paziente, che mette in “un rapporto stabile e positivo tra l’analista e il paziente, che mette in grado quest’ultimo d’impegnarsi produttivamente nel lavoro d’analisi. grado quest’ultimo d’impegnarsi produttivamente nel lavoro d’analisi. Ciò permette che avvenga una scissione nell’Io del paziente. La parte Ciò permette che avvenga una scissione nell’Io del paziente. La parte dell’Io del paziente che osserva si allea con l’analista in un rapporto di dell’Io del paziente che osserva si allea con l’analista in un rapporto di lavoro analitico. Essa gradualmente s’identifica con l’analista nell’analiz- lavoro analitico. Essa gradualmente s’identifica con l’analista nell’analiz- zare e modificare le difese patologiche che l’Io in posizione di difesa ha zare e modificare le difese patologiche che l’Io in posizione di difesa ha innalzato contro le situazioni di pericolo interno. innalzato contro le situazioni di pericolo interno. Il rapporto tra l’Io osservante del paziente e l’analista è basato su una Il rapporto tra l’Io osservante del paziente e l’analista è basato su una relazione oggettuale e dipende dalla capacità del paziente di formare e relazione oggettuale e dipende dalla capacità del paziente di formare e sostenere un rapporto significativo uno-a-uno.” (Zetzel, Meissner, 1973, p. 357) sostenere un rapporto significativo uno-a-uno.” (Zetzel, Meissner, 1973, p. 357) 13
  • 14. Le declinazioni del transfert (segue) Un aspetto interessante delle riflessioni della Zetzel riguarda la sua proposta di connessione tra l’alleanza terapeutica e la relazione madre– bambino: secondo la Zetzel, la capacità del paziente di cooperare al trattamento e di condividerne gli obiettivi si radica infatti nell’esperienza relazionale vissuta con la propria madre. Erikson ha utilizzato la parola fiducia (trust), preferen- dola a confidence, per la sua «semplicità» e «reciprocità». Secondo Erikson, la sensazione di fiducia che l’indivi- duo può vivere nei confronti di se stesso e degli altri non dipende tanto dal nutrimento materiale o dalle manifestazioni d’affetto ricevute dal bambino nella Erik Erikson prima infanzia, quanto dalla qualità della relazione. 14
  • 15. Le declinazioni del transfert (segue) Greenson propose nel 1965 il concetto di «alleanza di lavoro» perché sottolinea le componenti più mature e razionali del paziente, quelle con cui egli riesce a mantenere un efficiente rapporto con l’analista anche in quelle situazioni in cui si sviluppa un’intensa nevrosi di transfert. Ralph Greenson “L’essenza dell’alleanza di lavoro è costituita dalla motivazione del paziente a vincere la sua malattia, dal suo senso di infelicità, dal desiderio cosciente e razionale di collaborare e dalla sua capacità di seguire le consegne e gli insight proposti dall’analista. La vera alleanza si costituisce prevalentemente tra l’Io razionale del paziente e l’Io analizzante dell’analista […] e il mezzo che la rende possibile è la parziale identificazione del paziente con l’approccio dell’analista nei suoi tentativi di comprendere il comportamento del paziente.” (Greenson, (Greenson, 1965, p. 163) 1965, p. 163) 15
  • 16. Le declinazioni del transfert (segue) La definizione di «alleanza di lavoro» si fonda tuttavia su una preliminare ri-definzione del concetto di transfert, che Greenson utilizza solo per ciò che risulta essere: una ripetizione del passato inappropriato a “qui ed ora” della situazione analitica Secondo Greenson si può ricorrere al concetto di transfert solo quando «l’analista e l’analisi divengono la preoccupazione centrale della vita del paziente». 16
  • 17. Le declinazioni del transfert (segue) Ma perché tante incertezze nella ricerca di una definizione? Si tratta di una difficoltà terminologica? In realtà il problema è che molti dei concetti a cui abbiamo fatto riferimento, si pensi alla «scissione dell’Io» di Sterba o alla «identificazione con l’analista che analizza» della Zetzel sono concetti monadici, a differenza del transfert e di tutti i concetti relazionali che sono inevitabilmente diadici (Thomä, Kächele, 1985). 17
  • 18. Le declinazioni del transfert (segue) Ma è anche fondamentale ricordare che la “realtà” è un fenomeno sostanzialmente soggettivo ed intersoggettivo. “la diade paziente-terapeuta implica una relazione complessa con svariate dimensioni, consce ed inconsce, reali e fantasmatiche. Come ci potremmo aspettare, le realtà sono influenzate in vario grado dalle fantasie e dai ricordi inconsci […] dei due partecipanti; la dimensione della fantasia è evocata, di volta in volta, in maggiore o minor misura, da aspetti di queste realtà.” (Langs, 1973-74, p. 417) 18
  • 19. Le declinazioni del transfert (segue) Atwood e Stolorow (1984), ad esempio, hanno evidenziato che uno degli assunti fondamentali del pensiero psicoanalitico classico riguardava l’esistenza di una realtà oggettiva nota all’analista, assunto su cui si fondava la concezione tradizionale del transfert in cui si proponeva la dicotomia tra l’esperienza (distorta) del paziente nei confronti dell’analista e l’esperienza (reale) dell’analista nei confronti di sé stesso. 19