1. Globalizzazione:
storia, questioni e prospettive
Amedeo Lepore - Università di Bari
Dipartimento di Studi Europei,
Giuspubblicistici e Storico-economici
2. Concetto di Globalizzazione
Neologismo di origine Superare le barriere
anglossassone con il materiali e immateriali
quale si definisce un alla circolazione di
insieme di fenomeni di persone, cose,
informazioni, conoscenze e
elevata intensità e
idee.
rapidità su scala Uniformare le condizioni
mondiale, in campo economiche, gli stili di vita
economico, sociale, e una visione del mondo
culturale, e ideologico universalmente condivisa.
tendenti a:
3. La fine della storia
ü …Francis Fukuyama, nel suo libro La fine
della storia e l ultimo uomo, difende la tesi
che la storia è inevitabilmente destinata a
finire, non nel senso che terminano gli
eventi, ma nel senso che, oltre questo
modello, non si andrà, e il modello è
esattamente quello della
liberaldemocrazia, che si è affermato
grazie al progresso scientifico occidentale
e al desiderio tipicamente umano di
gareggiare gli uni con gli altri per essere
riconosciuti.
ü Per Fukuyama la globalizzazione viene ad
essere l esito unico e migliore della storia
stessa. Ma è veramente così?
4. George Soros – Finanziere internazionale
Il sistema capitalistico globale ha creato un terreno di
gioco molto irregolare.
Il divario tra ricchi e poveri è sempre maggiore.
Dobbiamo trovare una soluzione diversa perché un
sistema che non offre speranza e opportunità ai
perdenti è passibile di distruzione da parte dei
disperati.
5. Modello di globalizzazione
Paese B Più
Es. Guatemala
Risorse Naturali Sviluppo
Es. Nike, Wal-
Mart, Toyota
GLOBALIZZAZIONE
Paese A Paese C
Es. United States Es. Vietnam
Mercato, Capitale, Lavoro a buon
Tecnologia mercato
Meno
Sviluppo
6. La parola globalizzazione - (1)
Il termine globalizzazione è comparso per la prima volta nel
Webster s New International Dictionary nel 1961. La sua origine viene
fatta risalire ad un articolo dell Economist dell aprile 1959 sui
contingentamenti delle importazioni nel settore automobilistico
(Globalized quota). Il termine è divenuto di uso comune nei paesi di
lingua anglosassone negli anni sessanta del secolo scorso. Ancora nel
1989 l Oxford English Dictionary la definiva come «la possibilità
attraverso la quale gli eventi possono essere vissuti simultaneamente
da ciascuno», citando espressamente l immagine del «villaggio
globale» coniata negli anni sessanta del Novecento dal sociologo dei
mass-media Marshall McLuhan. Secondo tale etimologia, l idea della
globalità nasce insieme agli sviluppi dei moderni mezzi di
comunicazione di massa: con il lancio del satellite Telstar nel 1962 la
tecnologia televisiva acquisisce la facoltà di collegare l intero pianeta.
Il limite fisico della distanza viene superato dalla mondovisione (che
tecnicamente si realizza in modo completo nel 1967), capace di
stringere in unità di tempo e di spazio tutti gli abitanti del pianeta,
ripristinando la possibilità di quei contatti visivi «faccia a faccia», che
il passaggio dalla comunità premoderna alla società moderna,
anonima e spersonalizzante, aveva cancellato.
7. La parola globalizzazione - (2)
In questa sua prima formulazione il concetto di globale appartiene
interamente alla sfera delle scienze sociali, che si occupa dei media ed
appare, a propria volta, come il riflesso della crescente centralità
assunta da questa branca di realtà e di pensiero. Sempre ai primi anni
sessanta, infatti, risale il neologismo di «società dell informazione»,
attraverso il quale si sintetizza il processo che tra il 1940 e il 1960
vede gli addetti a questo settore negli Stati Uniti registrare il maggior
incremento di tutta la propria storia precedente e successiva fino a
coprire una salda maggioranza relativa (oltre il 40%) della forza
lavoro totale. Emergono così due aspetti per molti versi centrali e
ricorrenti nelle problematiche connesse alla globalizzazione: il ruolo-
guida esercitato dagli Stati Uniti nel processo di modernizzazione, che
dal centro si allarga ad una periferia in espansione anche oltre i
tradizionali confini del mondo occidentale e, insieme, la dinamica di
accentuata terziarizzazione (di cui, il mondo delle comunicazioni
rappresenta solo una faccia), che interessa le società «post-
industriali» e «post-fordiste» più sviluppate.
8. La parola globalizzazione - (3)
A un estensione di questo approccio culturale alla
globalizzazione si deve peraltro uno dei primi studi
centrati sullo sviluppo organico di tale categoria:
Globalization. Social Theory and Global Culture del
sociologo statunitense Roland Robertson (1992).
«La globalizzazione come concetto - sostiene
Robertson - si riferisce sia alla compressione del
mondo che all intensificata coscienza dell unitarietà
del mondo».
9. La parola globalizzazione - (4)
Tale definizione, centrata sulla dimensione spaziale e sulla sua
percezione, è esemplificativa di tutta quella letteratura
associata alla «morte della distanza» (Cairncross,1997), alla
«one-worldness» (Greider, 1997), all intensificarsi delle
relazioni sociali che uniscono nel mondo luoghi distanti tra loro,
in modo tale che ciò che accade a livello locale sia influenzato
da ciò che accade a migliaia di chilometri di
distanza (Giddens, 2000). Ciò che tale definizione enfatizza è
come ora il mondo sia più piccolo e come ciò che prima era
lontano ora lo sia meno. Sebbene possa riferirsi ai piani più
diversi delle relazioni sociali, da quelli politici e militari
(Keohane e Nye, 2000) a quelli culturali, è sul piano
strettamente economico che questa definizione trova la sua
essenza. La globalizzazione è fondamentalmente un fenomeno
economico: è la tendenza dell economia ad assumere una
dimensione mondiale, anche se poi il fenomeno economico
della crescente integrazione dei mercati dei beni, dei servizi e
dei fattori produttivi può dar luogo a implicazioni politiche,
culturali e ambientali.
10. La parola globalizzazione - (5)
Analizzata da questo punto di vista, la globalizzazione
diventa un fenomeno di lungo periodo, addirittura
retrodatabile all epoca delle scoperte geografiche nel
«lungo XVI secolo» e quindi al momento storico in cui la
civiltà occidentale, attraverso le «vele e i cannoni» di cui ha
parlato Carlo M. Cipolla, conquista un punto di vista globale
e assume la guida esclusiva di un processo non reciproco
di conoscenza e conquista delle civiltà altre . Come ha
notato Malcom Waters nel 1995, si tratta di un fenomeno
almeno contemporaneo alla modernizzazione del mondo,
con alcuni aspetti di esso avviatisi fin dal Cinquecento.
11. La parola globalizzazione - (6)
Specchio esemplare e contraltare negativo di tale peculiarità
occidentale può essere considerata la fugace parabola della
marineria cinese, protagonista nella prima metà del XV secolo
- in netto anticipo su Cristoforo Colombo - di diverse spedizioni
nell Oceano Indiano fino a raggiungere le coste dell Africa.
Manifestazione di una potenza manifatturiera senza rivali, con
flotte che contavano circa 300 navi (alcune delle quali a nove
alberi e lunghe più di cento metri), le spedizioni cinesi erano
tuttavia prive di finalità commerciali e, a differenza di quelle
occidentali successive, non riuscirono ad innescare cicli
economici virtuosi. Per di più, il potere dei mandarini le vide
con crescente diffidenza e arrivò a punirle con la pena di morte
agli inizi del secolo successivo, vanificando definitivamente
quel vantaggio competitivo allora acquisito dalla civiltà
cinese.
12. La parola globalizzazione - (7)
Si tratta certamente di un dettaglio minore, che si inserisce in un
quadro ben più ampio (la Riforma, il Rinascimento, la cacciata degli
arabi dal suolo europeo…) e che, tuttavia, ci ricorda come nelle svolte
epocali pesino anche il coraggio e la paura, le vittorie e le sconfitte
degli uomini. Resta comunque il fatto - è Amartya Sen a ricordarlo
(Globalizzazione e libertà, 2002) - che «nella parte finale del millennio
appena trascorso il flusso è stata in larga misura dall Occidente verso
l Oriente, ma al suo inizio (attorno all anno Mille) l Europa stava
assimilando la scienza e la tecnologia cinesi e la matematica indiana e
araba». D altra parte, nell analisi di Robertson, la specifica vocazione
globalizzante del vecchio continente è destinata a contagiare prima il
nord America e poi altre zone del resto del mondo. Soprattutto dopo il
1870, l evoluzione coloniale, economica e finanziaria del mondo
include un numero sempre maggiore di paesi all interno di una
«società internazionale» contrassegnata dalla modernità: una sorta di
Gesellschaft internazionale che sussume e riposiziona le Gemeinschaft
locali, le loro economie e le loro culture.
13. La parola globalizzazione - (8)
Globalizzazione come occidentalizzazione, dunque. Ma sono
interessanti i diversi punti di intersezione tra questo tipo di
approccio e la ricerca storiografica. In primo luogo,
l interazione tra capitalismo e cultura nel lungo e lunghissimo
periodo, vista come chiave esplicativa dei differenziali di
crescita economica a livello mondiale. Il «miracolo europeo» -
per usare il titolo di una delle opere più rappresentative di
questo filone di studi storici (E. L. Jones, Il miracolo europeo,
1981) - si spiega così con diversità culturali e antropologiche,
relative al ruolo di stimolo e apertura esercitato dalle religioni,
allo sviluppo di una forma mentale individualistica, a un
rapporto uomo-ambiente contraddistinto da minori necessità di
disciplina e coordinamento collettivo di grandi opere per lo
sfruttamento della terra e la regimentazione delle acque
(fondamento storico, al contrario, di grandi imperi introversi e
autoreferenziali come quello cinese).
14. La parola globalizzazione - (9)
Si tratta tuttavia di una visione non priva di rischi. Un grande
storico dell economia come David Landes (La ricchezza e la
povertà delle nazioni, 1998) ad esempio, ne offre una versione
radicale e polemica contro ogni interpretazione dello sviluppo
mondiale in termini di «scambio ineguale» e di dominio
imperialistico o neoloniale: il sottosviluppo diventa il frutto di
incapacità più o meno connaturate, dovute al clima o
all ambiente, insopprimibili e immodificabili. Il rischio grave -
che sorprende in un autore così attento alle capacità
trasformatrici dell imprenditoria umana - è quindi quello di una
sorta di determinismo culturale, pronto a cristallizzare e
giustificare le gerarchie del mondo, riconducendole a differenze
antropologiche immobili nel tempo.
15. La parola globalizzazione - (10)
Ma, in secondo luogo, il rapporto tra capitalismo e cultura può essere
svolto anche nel breve e medio periodo. Nel corso degli anni novanta
del secolo scorso, sono fioriti studi sui diversi capitalismi nazionali e in
particolare su quello giapponese, che ne hanno messo in luce i
particolari fondamenti extraeconomici (come il forte senso di
appartenenza alla comunità nazionale e aziendale) e le ricadute in
termini di spinta alla produttività e all innovazione, di controllo della
qualità, di attenzione al cliente-consumatore. Si sono così enfatizzate
le differenze strutturali tra uno stock market capitalism anglosassone
individualista-liberista e un welfare capitalism europeo e giapponese
più attento ai valori della coesione e della solidarietà sociale. La
globalizzazione - è il senso di queste analisi - sembra moltiplicare,
anziché uniformare, i modelli di Occidente. Le vie allo sviluppo sono
plurali e molteplici, frutto di differenze culturali che, invece di
rappresentare ostacoli fissi e insormontabili, entrano in dialettica con
le dinamiche della modernità e con gli esempi forniti dagli altri popoli.
Inventate dai giapponesi, «qualità totale» e «produzione snella» sono
diventate nel corso degli anni ottanta parole d ordine del lavoro
industriale a tutte le latitudini.
16. La parola globalizzazione - (11)
Vi è infine un terzo terreno d intreccio, che tende invece a lasciare
sullo sfondo i fattori culturali: quello legato alla categoria di
«economia-mondo» elaborata da Immanuel Wallerstein. La
globalizzazione, secondo questo approccio, corrisponde all espansione
del mercato capitalistico e avviene sempre in connessione con
l ascesa economica (e militare) di uno Stato-leader, che costituisce il
centro del sistema, subordinando a sé le altre nazioni della periferia e
della semiperiferia. Nel modello, anche troppo lineare, proposto da
Giovanni Arrighi (Il lungo XX secolo, 1994), l ultimo mezzo millennio
di storia si configura così come la sequenza di cicli secolari, ognuno
dei quali contraddistinto dalla presenza di una potenza egemone:
Repubbliche marinare, Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti. Ogni ciclo
passa per una fase iniziale di accentuata finanziarizzazione
dell economia globale, una fase intermedia di industrializzazione e
una fase finale di rinnovata finanziarizzazione. Ogni ciclo si
sovrappone all altro, nel senso che la sua fase iniziale coincide con la
fase finale di quello precedente: la progressiva finanziarizzazione del
paese-leader precedente porta all industrializzazione del nuovo
paese-leader, segnando la decadenza del primo e l ascesa del
secondo.
17. La parola globalizzazione - (12)
A cavallo tra gli anni ottanta e novanta del secolo scorso,
storici come Paul Kennedy (Ascesa e declino delle grandi
potenze, 1987) ed economisti come Lester Thurow (Testa a
testa, 1992) hanno teorizzato l incipiente declino dell impero
americano, leggendo in questa chiave sia la finanziarizzazione
dell economia statunitense - a partire dall espansione del
mercato di «eurodollari» e «petrodollari» dei primi anni
settanta -, sia il miracolo produttivo e tecnologico giapponese -
almeno in parte finanziato da quegli stessi dollari -. Ma è assai
improbabile che oggi, di fronte alla crisi prolungata del
Giappone e alla resurrezione della leadership statunitense,
qualcuno di questi studiosi possa aver mantenuto le
convinzioni di allora. Attraverso la categoria di «economia-
mondo», comunque, entra in ballo un ulteriore piano di
ricerca: quello della storia politica e delle relazioni
internazionali.
18. La parola globalizzazione - (13)
Nel senso comune diffuso, la parola globalizzazione si trova
allora a comprendere (e confondere) altri passaggi storici affatto
diversi: la fine della guerra fredda e la paventata reductio ad
unum del mondo sotto il dominio dell unica «iperpotenza»
rimasta, insieme alla rivoluzione informatica, destinata ad
accrescere verticalmente le possibilità di trasmissione delle
informazioni, ma anche ad approfondire l ineguaglianza - con il
cosiddetto digital divide - e a ribadire su altri piani (Internet e la
new economy) la supremazia americana. Ma nel corso degli anni
novanta, sulla scorta delle teorizzazioni di Bill Gates o Nicholas
Negroponte, il computer e la rete telematica vengono indicati
come un nuovo possente strumento in grado di cancellare
distanze geografiche e sociali, dando anche ai più svantaggiati
del pianeta una chiave di accesso paritario al nuovo universo
interconnesso della comunicazione.
19. La parola globalizzazione - (14)
Convergenza e divergenza (o, se si preferisce, globalizzazione e
frammentazione) diventano quindi i poli interpretativi di un dibattito
che, di volta in volta, sottolinea nelle dinamiche attuali la tendenza a
una «cocacolonization» del mondo, sotto le insegne degli stili di vita e
di consumo del capitalismo statunitense, se non addirittura la «fine
dello Stato-nazione», intaccato nella sua sovranità territoriale (e
impositiva) dalla mobilità del capitale finanziario, dalle strategie
multinazionali delle grandi compagnie private, dalla costituzione di
nuovi organismi soprannazionali come l Unione Europea o il Fondo
monetario internazionale. Eppure dai 40 Stati del 1900 siamo passati
ai 180 attuali: la sola Europa da 23 a 50, con 32 mila chilometri di
frontiera in più rispetto ai 18 mila di inizio secolo. Il numero di conflitti
armati, in calo fino al 1997, tende nuovamente a risalire. Allo stesso
tempo, con la fine della guerra fredda, l idea che la democrazia
occidentale rappresenti il meno peggiore dei mondi possibili acquista
una forza senza precedenti.
20. La parola globalizzazione - (15)
Nel dibattito delle scienze politiche, la globalizzazione si
configura come una tendenza strutturale alla semplificazione
delle relazioni internazionali (dal Congresso di Vienna al
sistema della guerra fredda), che da sempre, tuttavia, si
accompagna a una tendenza opposta indirizzata alla loro
frammentazione. La fuoruscita dalla guerra fredda, nella
fattispecie, moltiplica le aree integrate commerciali (come
Nafta e Mercosur), ma anche le medie potenze regionali (come
Irak o Pakistan), interessate a politiche egemoniche ed
espansive. Identità locali (quasi sempre fondate
sull individuazione di un nemico vicino e minaccioso) si
sostituiscono alle identità ideologiche ed universalistiche,
proprie della contrapposizione tra democrazia e comunismo.
21. La parola globalizzazione - (16)
È su questi dati di fatto che si appoggia la ben nota tesi di un
politologo come Huntington sullo «scontro di civiltà»: con un
salto logico, mai ben esplicitato e discusso, un approccio
realista alla storia delle relazioni internazionali viene
trasposto dal sistema degli Stati e dei loro interessi nazionali a
quello di indifferenziati blocchi culturali-religiosi, contraddistinti
da identità assai più antiche di quelle della guerra fredda e
quindi ancora più immobili, monolitiche, non negoziabili.
Nazionalismi laici, fondamentalismi religiosi, populismi
localistici diventano beni-rifugio identitari, il cui bisogno e la
cui forza nascono dallo spaesamento di un mondo che non sa
più chi lo governi.
22. La parola globalizzazione - (17)
Al tempo stesso la globalizzazione incarna un movimento di
coscienza, proiettato nel senso diametralmente opposto. Appena due
anni dopo la definizione mediatica del 1989, l Oxford Dictionary of
New Words del 1991 considera la parola globalizzazione come
essenzialmente mutuata dal «gergo ambientalista» e definibile come
«recettività e comprensione nei confronti di culture diverse dalla
propria, spesso come parte di un atteggiamento di interesse per i
problemi ecologici e socioeconomici mondiali». Al percorso
etimologico originario, strettamente connesso alla dimensione
comunicativa, si sostituisce un accezione diversa che riflette
l emergere di una dimensione soggettiva e militante, legata alla
portata sovranazionale della questione ecologica. Sulla parola
globalizzazione, viene così a riverberarsi una sorta di onda lunga del
sessantotto e della sua «contestazione globale», intesa e percepita
come manifestazione dell unità di condizione e destino dell intero
genere umano.
23. La parola globalizzazione - (18)
Accade però che, nel lungo riflusso seguito agli anni settanta del
Novecento, l aspetto dell ingiustizia socioeconomica si perda per strada
- almeno nei dizionari oxoniensi - a tutto vantaggio di un enfasi più
trasversale e neutra posta sulla rete mediatica o sull emergenza
ambientale. Già nel 1975, peraltro, il Larousse francese forniva una
definizione soggettiva e volontaria della «mondialisation» come «azione
di rendere mondiale, espansione intesa al mondo intero», mentre nel
Trésor de la langue française edito da Gallimard nel 1985 trovano posto
solo il sostantivo «mondialisme» e il verbo «mondialiser», indicati
rispettivamente come «attitudine a considerare tutti i popoli come
interdipendenti gli uni agli altri o costituenti una sola comunità umana»
e come «dare un carattere, una dimensione mondiale a qualcosa». A
differenza di quelle inglesi, entrambe le fonti di oltralpe concordano
comunque nel considerare soggetti privilegiati di tale attitudine e di tale
azione i poteri forti dell economia, alle prese con un attività di
produzione e commercio rivolta a un pubblico sempre più ampio e
internazionale.
24. La parola globalizzazione - (19)
Colpisce, nella mappa di saperi delineata, la marginalità di
riferimenti alla sfera più propriamente economica. È invece
proprio in quest ultima accezione che il termine «globalization»
compare nel 1992 per la prima volta sullo Human Development
Report annuale delle Nazioni Unite, con uno specifico riferimento
alla crescita del commercio mondiale tra Asia, Europa e Nord
America. Buona parte di questi scambi, sottolinea il Report,
avvengono intra-firm, cioè tra casa madre e filiali estere della
stessa azienda (rilevazioni più vicine ai giorni nostri li stimano
attorno a un terzo del totale mondiale di importazioni ed
esportazioni). Già nel 1988, un altro rapporto delle Nazioni Unite
definisce come «transnazionali» questo genere di imprese
contraddistinte - rispetto alle «multinazionali» della generazione
precedente - da un grado assai più elevato di integrazione e di
distribuzione orizzontale del potere e delle conoscenze tra le
diverse sedi nazionali.
25. La parola globalizzazione - (20)
Si delinea così un nuovo terreno di intreccio tra la parola
globalizzazione e altri settori delle scienze sociali: in particolare
la storia d impresa e la geografia economica. Per la verità, fino a
tutti gli anni settanta del secolo scorso, il dibattito delle scienze
economiche sembra preferire largamente il termine di
«internazionalizzazione», con il quale si indica lo svolgimento di
attività all estero, non più soltanto attraverso la tradizionale
forma commerciale delle esportazioni, ma anche attraverso la
nuova forma produttiva degli investimenti diretti. Si tratta di un
mutamento strategico, che ha per protagoniste soprattutto le
compagnie multinazionali giapponesi: sia quelle maggiori, che
attraverso gli investimenti esteri puntano ad aggirare regimi
protezionistici stranieri (e quelli statunitensi, in particolare), sia
di quelle minori, che vanno alla ricerca di forza lavoro a basso
costo nell area asiatica orientale e meridionale.
26. La parola globalizzazione - (21)
Il costante incremento della massa di denaro impiegata al di
fuori dei confini nazionali (dai 37 miliardi di dollari del 1982 ai
1.150 del 2000) mette in moto una serie di processi paralleli che
modificano in profondità il sistema economico mondiale. Il
mercato finanziario mondiale, che nel 1974 equivaleva a un
valore complessivo di 15 miliardi di dollari, sale nel 1983 a 60
miliardi e oggi sfiora i 1.300; la rete delle transazioni effettuate
per via telematica (perfezionata a metà degli anni Ottanta)
accentua la volatilità di questi capitali; mentre il nuovo mercato
dei derivati borsistici (opzioni sui cambi e sui tassi di interesse,
scommesse sull andamento di titoli azionari, ecc.) ne indebolisce
i legami con l effettiva produzione di ricchezza. Per di più,
queste dinamiche di internazionalizzazione e finanziarizzazione
dell economia mondiale si connettono strettamente a una
crescente delocalizzazione dei posti di lavoro industriali dal nord
al sud del mondo.
27. La parola globalizzazione - (22)
Tra il 1950 e il 1990, la quota detenuta dai paesi in via di
sviluppo sullo stock mondiale di questi posti di lavoro cresce
da 1/3 a quasi 2/3. Le 200 maggiori aziende del mondo
occupano oggi soltanto lo 0,3% della forza lavoro mondiale,
ma producono circa 1/3 delle merci in commercio. A sua volta,
la delocalizzazione del comparto industriale si accompagna a
un accentuata terziarizzazione delle economie avanzate: nello
stesso quarantennio, la quota di posti di lavoro nel settore dei
servizi detenuta dai paesi sviluppati sul totale mondiale passa
dal 33% al 58%. Il mondo pare insomma dividersi tra «paesi
del braccio», contraddistinti dal basso costo e dalla tenue o
nulla protezione sindacale della manodopera e «paesi della
mente», che accentrano le funzioni strategiche, finanziarie e di
ricerca.
28. La parola globalizzazione - (23)
È indagando su questo complesso di fenomeni che gli economisti
accedono all uso del termine «globalizzazione», inteso in
un accezione precisamente delimitata: l insieme dei movimenti
transfrontalieri di merci, capitali e persone. È una definizione che
apre un importante terreno di collaborazione con la ricerca
storica: in particolare, attraverso il raffronto comparativo con
un altra fase storica - quella a cavallo tra Otto e Novecento -,
durante la quale quegli stessi movimenti transfrontalieri
raggiunsero dimensioni di scala senza precedenti e paragonabili
alle attuali.
29. La parola globalizzazione - (24)
Sono ormai diversi gli storici che leggono gli ultimi 150 anni
come la sequenza pendolare di tre fasi diverse. A una prima
epoca di globalizzazione, contraddistinta dal colonialismo, dal
predominio monetario e finanziario della sterlina inglese, dalla
«grande emigrazione», segue una fase di drastica
«deglobalizzazione», segnata dalle due guerre mondiali, dalla
«grande crisi», dalla contrazione del commercio mondiale.
Dopo il 1945, «l età dell oro» del capitalismo occidentale - per
usare l immagine coniata da Hobsbawm - inaugura un nuovo
periodo di globalizzazione, destinato a durare fino ai giorni
nostri, nel corso del quale il commercio mondiale cresce
costantemente a un ritmo superiore a quello della produzione.
30. La parola globalizzazione - (25)
Rapportata a questa dimensione storica, la globalizzazione
attuale perde molto della propria presunta unicità e novità,
ma soprattutto acquisisce uno sfondo comparativo, che
consente di apprezzare e misurare meglio le effettive diversità
della fase odierna. I migranti di oggi sono di più o di meno
rispetto a un secolo fa? Come è cambiata la loro tipologia
familiare, sociale, culturale? E come gli atteggiamenti e le
legislazioni delle nazioni destinate ad accoglierli? Ciascuna di
queste domande mette capo a risposte che comunque
usufruiscono di una proficua circolarità delle conoscenze tra
documentazione storica di un secolo fa e inchiesta sociologica
contemporanea.
31. La parola globalizzazione - (26)
Uno dei possibili terreni di tale scambio reciproco riguarda
proprio la storia d impresa: multinazionali e investimenti esteri
affondano, infatti, le proprie radici nella prima globalizzazione
di inizio Novecento. È interessante notare come il dibattito
degli storici economici su questo tema presenti molti punti di
contatto con quello dei politologi, mettendo a confronto le tesi
di chi sottolinea il carattere transnazionale degli interessi delle
grandi corporation, oggi ormai coinvolte negli equilibri
legislativi ed economici di molti paesi e chi, al contrario,
sostiene che esse mantengano una salda identità nazionale,
centrata sul luogo di residenza della casa-madre rispetto alla
localizzazione delle filiali estere.
32. La parola globalizzazione - (27)
La ricerca della business history torna così ad intrecciarsi con quella
del rapporto tra capitalismo e culture. Da una parte, infatti, la novità
dell impresa transnazionale globale viene colta nella sua capacità di
conseguire vantaggi attraverso l innovazione tecnologica e la sua
universale applicazione in contesti differenti, fino alla realizzazione di
prodotti globali per consumatori globali, del tutto indipendenti e
indifferenti rispetto alle frontiere degli stati nazionali. Dall altra, si
sottolinea invece il ruolo attivo dei contesti locali e la conseguente
necessità, per le imprese multinazionali, di una loro immersione nel
bagaglio specifico di competenze e relazioni richiesto dalle diverse
aree geografiche di penetrazione. La Coca Cola, merce globale per
antonomasia, viene reclamizzata in 50 paesi, con 35 spot pubblicitari
diversi, modellati secondo culture e gusti di pubblici locali e nazionali
anche radicalmente differenti. È proprio in relazione a questa
commistione che è invalso nell uso comune il neologismo di glocal,
coniato dallo stesso Robertson.
33. La parola globalizzazione - (28)
Tuttavia, uno dei più appariscenti segnali di cambiamento nel
dibattito delle scienze sociali attorno a questi problemi sembra
proprio il punto di vista globale : cioè, la loro connessione
reciproca nel segno dell interdipendenza e la riconquistata
centralità della questione del sottosviluppo. All inizio del
Novecento, Asia, Africa e America Latina erano i destinatari di
2/3 di un movimento internazionale di capitali, che in
proporzione non era troppo distante dall attuale. Secondo stime
grossolane nel 1913, il flusso degli investimenti esteri dei paesi
maggiori superava il 3% del loro prodotto interno lordo, contro
il 2% del 1990 e il 7,6% del 2000. Ma, alla fine del secolo, tale
percentuale si è ridotta a 1/3 e la partecipazione al commercio
mondiale di Africa e Sud America è oggi in calo vistoso.
Viceversa, cresce quella del continente asiatico: non solo del
Giappone, ma anche dei paesi di nuova industrializzazione
(compresa la Cina, diventata ormai la seconda destinazione,
dopo gli Usa, di investimenti esteri).
34. La parola globalizzazione - (29)
La categoria di «Terzo Mondo» - fino all altro ieri riferimento
consolidato del dibattito corrente - si scompone e si modifica
sensibilmente. Per effetto delle protezioni statali accordate ai
produttori europei e nordamericani e della minore produttività
della loro agricoltura (nonostante un costo del lavoro
enormemente più basso), i paesi in via di sviluppo diventano
importatori netti di materie prime, mentre, quelli che riescono
ad entrare nel mercato mondiale dei manufatti, si espongono
alle crisi finanziarie determinate dal flusso incontrollato dei
capitali mossi da investitori stranieri. Ciò non toglie che i
macroindicatori continuino a indicare un costante incremento
dell ineguaglianza su scala mondiale, sia all interno delle
nazioni sia tra di esse: il rapporto tra il reddito annuo del quinto
di popolazione terrestre più ricco e il quinto più povero passa da
30 a 1 nel 1960, a 86 a 1 nel 2000; lo stesso rapporto, negli
Stati Uniti, passa dal 7,5 a 1 del 1980, all 8,9 a 1 del 2000.
35. La parola globalizzazione - (30)
La globalizzazione, quindi, in parte muta e in parte accentua le
dimensioni del problema. Nella severa classificazione proposta
dal sociologo tedesco Ulrich Beck (Che cos è la globalizzazione,
1997) il termine «globalizzazione» indica «il processo in seguito
al quale gli stati nazionali e la loro sovranità vengono
condizionati e connessi trasversalmente da attori
transnazionali», mentre globalità «significa: viviamo da tempo
in una società mondiale e questo nel senso che la
rappresentazione di spazi chiusi diviene fittizia» e ancora
globalismo identifica «il punto di vista secondo cui il mercato
mondiale rimuove o sostituisce l azione politica, vale a dire
l ideologia del dominio del mercato mondiale, l ideologia del
neoliberismo».
36. La parola globalizzazione - (31)
Nella questione dell ineguaglianza e del sottosviluppo tutti e tre
questi piani di coscienza e di azione vengono simultaneamente e
pesantemente coinvolti. A metà degli anni novanta del secolo scorso -
al culmine di un ciclo cinquantennale, che ha visto gli scambi crescere
a un ritmo doppio rispetto alla produzione - si costituisce infatti un
nuovo attore transnazionale , l Organizzazione mondiale del
commercio (WTO), che ingloba i precedenti cicli di accordi
commerciali tra le nazioni, sulla base di una filosofia di intervento
molto rigida ed omogenea: una vera e propria ortodossia neoliberista
e monetarista (frutto di quel ciclo lungo della cultura occidentale, che
si situa alle radici della fortuna della parola «globalizzazione»), fedele
alla stabilità dei cambi, alla difesa delle valute nazionali, ai tagli della
spesa pubblica, alle privatizzazioni e alla deregulation della vita
economica. È questa la ricetta che viene indifferentemente applicata
ai paesi in via di sviluppo, sulla scorta dell esempio positivo fornito
dalle «tigri asiatiche» (Corea del sud, Hong Kong, Taiwan e
Singapore), che hanno saputo imporsi sulla scena mondiale della
produzione industriale.
37. La parola globalizzazione - (32)
Anche se si tratta di un esempio assai ristretto: finora è riuscito ad
interessare non più del 2% della popolazione mondiale e, peraltro, si è
avvalso di un forte sostegno dei rispettivi Stati nazionali (in termini di
agevolazioni fiscali, protezioni doganali, limitazioni dei diritti politici e
sindacali), che mal si accorda con l ideologia liberista del «globalismo».
Non per caso, si presenta come scomoda e scabrosa - dal punto di
vista della tutela dei diritti umani - la problematica inclusione della Cina
in questo novero di nazioni in via di grande sviluppo, guidato dalle
esportazioni e dagli investimenti stranieri.
Sul piano economico, convergenza e divergenza tornano così a
presentarsi come termini chiave. Le politiche monetariste di
aggiustamento strutturale, proposte dal Fondo monetario ai paesi
poveri, sono oggi in discussione per l esiguità dei risultati raggiunti, a
fronte di costi sociali assai elevati. E la storia del pensiero economico
ricorda, a questo proposito, che in passato altri approcci keynesiani,
più orientati al sostegno dell occupazione e della domanda, sono stati
possibili. In altre parole, che l esperienza storica dell Occidente non è
mai riducibile a un pensiero unico .
38. La parola globalizzazione - (33)
Proprio all epoca della «prima globalizzazione» risale Folkways
(tradotto in italiano nel 1962 con il titolo di Costumi di
gruppo), lo studio di un professore di storia di Yale, William
Graham Sumner, che nel 1906 formulava per la prima volta il
concetto di etnocentrismo: quando «il proprio gruppo è
considerato il centro di ogni cosa e tutti gli altri sono
classificati e valutati in rapporto ad esso». Oggi come ieri, la
compressione del mondo può dare adito a paure o tentazioni
uniformanti oppure accrescere le opportunità di confronto e
commistione, può ridurre oppure aumentare le diversità del
pianeta. E anche per gli storici, in fondo, si presentano
alternative non troppo dissimili: fare dell Occidente il punto di
vista privilegiato e l unità di misura della propria ricerca,
oppure allargare in senso estensivo il proprio orizzonte,
limitandosi alla giustapposizione multiculturalista delle
diversità, oppure ancora approfondire in senso intensivo
l analisi delle interazioni e commistioni reciproche tra le
economie e le culture dei popoli.
39. La parola globalizzazione - (34)
Chiunque abbia a cuore la comprensione del
presente non può più prescindere dalla conoscenza
di situazioni particolari e lontane e non può più
limitarsi all osservazione neutra e tollerante delle
loro storiche differenze. Anche perché quelle
differenze sono in larga misura il frutto di incontri e
scontri con la civiltà occidentale e la sua espansione.
Una storia a dimensione globale, in altre parole, non
può non percorrere una strada difficile, ancora tutta
da esplorare e oggi forse tracciabile soltanto in
negativo, come un doppio rifiuto: il rifiuto
dell etnocentrismo «occidentalista» e del relativismo
culturale «terzomondista».
40. Global - (1)
L'aggettivo "global" si propaga, inizialmente in francese, tra il
1840 e il 1864. "Le Globe", oltre tutto, è, in Francia, uno dei
giornali dei sansimoniani. Grazie al belga Ovide Decroly
(1871-1932) si ha poi il metodo globale. E "globalizzazione"
diventa così, a partire dal 1956, una parola "tecnica" della
psicopedagogia. Vediamo l'unico significato che ci offre nel
1970, ad vocem, Battaglia (Utet): "Processo conoscitivo
secondo il quale la psiche infantile percepisce la realtà esterna
prima sincretisticamente, e in modo generico e indistinto, e
solo in un secondo momento la analizza e la distingue nei
singoli elementi particolari che la compongono". Questo
significato, oggi, è certamente oscurato. Di prepotenza è
apparso il significato che così, dopo aver proposto in prima
istanza ancora quello relativo al metodo globale, definisce il
Grande dizionario italiano dell'uso (Utet, 2000), diretto da De
Mauro: "Tendenza di mercati, imprese e comunità nazionali a
operare in una dimensione mondiale, superando i confini dei
singoli Stati".
41. Global - (2)
È, questo, un significato esploso recentissimamente. Non si
trova nelle edizioni più recenti del Dizionario di politica (Tea,
1990), curato da Bobbio, Matteucci e Pasquino, e del
Dizionario di sociologia (Tea, 1993), curato da Gallino. Persino
in Società internazionale (Jaca Book, 1996), a cura di Armao e
Parsi, non c'è una voce specifica, ma solo un rimando
nell'indice analitico. È vero, Croce, in Teoria e storia della
storiografia (1917), ha definito le poco amate storie universali
"storie globali dell'umanità". È vero, intorno al 1968, appare il
termine "contestazione globale". Sempre nel 1968, in
francese, compare, dentro la vulgata strutturalistica, proprio il
termine "globalisation", che significa "considerare un problema
nel suo insieme". Ma non sono queste le piste che conducono
all'oggi.
All'origine c'è piuttosto il global village di Marshall McLuhan
(1911-1980), sociologo e tomista.
42. Global - (3)
In Gutenberg Galaxy (1962), McLuhan scrive che la "nuova
interdipendenza elettronica ricrea il mondo nell'immagine del
villaggio globale". Intanto, negli anni sessanta, l'"Economist",
lo "Spectator" e il "Sunday Times" utilizzano "globalization"
come termine in grado di descrivere i processi economici. Dal
1953 esiste già (in francese, e con significato politico)
"mondialisation", presente in italiano dal 1986 e ancora
utilizzato. Il suo affine "mondialismo", tuttavia, è diventata
una parola di spregio, usata da correnti razziste. Termine
onnicomprensivo (ha dell'economico, del culturale, del
sociologico), "globalizzazione" si è invece imposto, in seguito
alla caduta dei due blocchi , come esito della diffusione
molecolare del personal computer. Il fatto è che, a partire dal
1914, eventi molto diversi tra loro (guerre, nazionalfascismi,
comunismi, Stati sociali) hanno di fatto ostacolato l'incedere
della macchina capitalistica, che ora ha ripreso, con l'ausilio
delle tecnologie della comunicazione, il suo cammino,
appunto, "globalizzante".
43.
44. Gli elementi principali
•
(l indice)
La globalizzazione: definizione e dimensioni.
• La globalizzazione: megatrends, grafici e tabelle (come è
cambiata l economia mondiale dal 1950 ad oggi).
• La storia della globalizzazione (le tre ondate dal 1870 a oggi).
• Le determinanti della globalizzazione: progresso tecnico
(trasporti e comunicazioni) e Internet.
• L integrazione internazionale e i problemi della
globalizzazione.
• I dati di Angus Maddison.
• Europa e globalizzazione: le cifre e l allargamento.
• Altri dati e informazioni: le imprese multinazionali e
trasnazionali; i principali indicatori; l indice di globalizzazione.
Riferimento bibliografico al tema introduttivo:
L. De Benedictis, R. Helg, Globalizzazione, Rivista di Politica Economica , 2002
45. Che cos è la
Globalizzazione?
Difficoltà di definizione.
• Dal punto di vista economico si parla di crescente
integrazione fra sistemi economici, ovvero di assenza
di barriere o maggiore facilità negli scambi di merci e
servizi, nei movimenti di capitali e di persone.
• Implicazioni: aumento dell interdipendenza dei
mercati nazionali (sia mercati finanziari, che mercati
dei beni), un aumento del flusso di lavoratori e delle
conoscenze attraverso i confini, un aumento dei flussi
di informazione.
• La globalizzazione, come fase dell integrazione
economica internazionale in cui il potere regolatorio
dei governi viene meno.
46. Definizione di globalizzazione
Quell insieme di processi per cui:
• Aumentano quanto a numero e si rafforzano quanto a
intensità i contatti, le relazioni, gli scambi e i rapporti
di dipendenza e di interdipendenza fra le diverse
aree del mondo.
• Si trasforma la rilevanza che le dimensioni spazio e
tempo hanno sul numero, sulla natura e
sull intensità di tali relazioni e rapporti.
• Aumenta e si diffonde tra gli abitanti del pianeta la
consapevolezza dell esistenza di tali legami e
rapporti, nonché della rilevanza che essi assumono
per la propria esistenza personale.
48. La contrazione del mondo I
L’orizzonte si riduce
Anno Popolazione Tempo
(milioni) (anni)
1804 1,000
1927 2,000 123
1960 3,000 33
1974 4,000 14
1987 5,000 13
1999 6,000 12
49. La contrazione del mondo II
Anno Anni per penetrare
d’invenzione nel 25% del mercato
Elettricità per uso 1873 46
familiare
Telefono 1875 35
Radio 1906 22
Televisione 1925 26
PC 1975 15
Tel. cellulare 1983 13
Internet 1991 7
50. La contrazione del mondo III
La diffusione delle tecnologie. Numero di anni
(dall inizio a 50 milioni di utenti)
51. Un fenomeno multidimensionale
• Dimensione economica.
• Dimensione culturale.
• Dimensione politica.
• Dimensione del rischio.
52. Dimensione economica
• Le Borse mondiali, un mercato sempre aperto.
• Commercio internazionale.
• Imprese multinazionali e concorrenza globale.
• Organizzazioni internazionali:
– WTO (World Trade Organization);
– FMI (Fondo Monetario Internazionale);
– Banca Mondiale (World Bank).
• Blocchi economici regionali:
– UE (Unione Europea);
– NAFTA (North America Free Trade Agreement).
• Spostamento delle attività produttive verso le aree
più convenienti (manodopera meno costosa).
• Fusione (o acquisizione) tra imprese di paesi diversi.
53. Dimensione politica
• Organizzazioni che tentano il coordinamento
a livello mondiale:
– ONU;
– G8, G10, G22, G77;
– Lega Araba;
– Unione Europea,
– Organizzazione Unità Africana.
• Organizzazioni che regolano aspetti specifici
della società:
– Navigazione;
– trasporto aereo;
– Poste;
– W3C (World Wide Web Consortium).
• Organizzazioni militari:
– NATO.
54. Dimensione culturale
• Consumismo diffuso.
• Mezzi di comunicazione di massa:
– TV, stampa;
– telefonia fissa e mobile;
– Internet.
• Credi religiosi, che generano comunanze
sovranazionali.
• Mezzi di spostamento, che hanno ridotto le distanze.
• Formazione di culture e stili di vita ibridi.
• Esistenza di competizioni mondiali e
dell organizzazione planetaria dello sport.
• Premi e riconoscimenti dal valore planetario:
– culturali (Nobel…);
– premi musicali e cinematografici (Oscar…);
– gare di bellezza;
– record sportivi e guinnes dei primati.
55. Dimensione del rischio
• Intensità:
– Guerra nucleare o catastrofi, che possano distruggere la
terra.
• Eventi contingenti:
– Cambiamenti del mercato del lavoro, delle congiunture
economiche.
• Ambiente:
– Rischio di catastrofi naturali e di una natura socializzata.
• Terrorismo.
56. La globalizzazione: megatrends
• Popolazione mondiale (1820-1998).
• PIL mondiale (1820-1998).
• Esportazioni mondiali (1870-1998).
57. Popolazione mondiale 1820
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total 1041 mln
58. Popolazione mondiale 1870
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total 1270 mln
59. Popolazione mondiale 1913
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total 1791 mln
60. Popolazione mondiale 1950
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total 2525 mln
61. Popolazione mondiale 1973
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total 3913 mln
62. Popolazione mondiale 1998
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total 5907 mln
63. PIL mondiale 1820
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $ 1101 mld (1990 PPP $)
64. PIL mondiale 1870
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $ 1101 mld (1990 PPP $)
65. PIL mondiale 1913
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $2705 mld (1990 PPP $)
66. PIL mondiale 1950
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $5336 mld (1990 PPP $)
67. PIL mondiale 1973
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $16059 mld (1990 PPP $)
68. PIL mondiale 1998
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $32726 mld (1990 PPP $)
69. Esportazioni mondiali 1870
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $50 mld 1990 PPP $
70. Esportazioni mondiali 1913
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $212 mld 1990 PPP $
71. Esportazioni mondiali 1950
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $296 mld 1990 PPP $
72. Esportazioni mondiali 1973
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $1648 mld 1990 PPP $
73. Esportazioni mondiali 1998
Richard T. Griffiths (Leiden University)
Constructed from A. Maddison, The World Economy (2001) Total $5817 mld 1990 PPP $
74. La globalizzazione: grafici e tabelle
• Produzione e scambi mondiali di merci (1950-2000).
• Rapporto tra il volume degli scambi e della produzione
mondiali (1950-2000).
• Scambi e investimenti internazionali (1970-2001).
• I tassi di crescita annuali delle esportazioni
(1949-2003).
• Dinamica: le esportazioni mondiali crescono più
rapidamente del PIL mondiale (1960-2000).
• Dinamica: il PIL mondiale cresce più rapidamente
della popolazione mondiale (1960-2000).
• Dinamica: il commercio mondiale cresce più
rapidamente della produzione mondiale.
• OCSE e PVDS: quote di commercio, popolazione e
PIL.
75. La globalizzazione: grafici e tabelle
• Dazi doganali medi nei paesi industriali.
• Dazi doganali medi di importazione dei maggiori
PVS.
• Commercio internazionale PVS.
• Ratios apertura commercio (XGS/GDP%).
• La crescita della produzione manifatturiera nei
paesi di nuova industrializzazione (1963-2002).
• Miracoli e disastri della crescita (1960-1990).
• La crescita nel mondo (1950-1995).
• Caratteristiche socio-economiche dei paesi
maggiormente globalizzati rispetto a quelli meno
globalizzati.
80. Dinamica: le esportazioni mondiali crescono
più rapidamente del PIL mondiale (1960-2000)
30
25
world exports (% GDP)
20
15
10
5
0
1960 1970 1980 1990 2000
81. Dinamica: il PIL mondiale cresce più
rapidamente della popolazione mondiale
(1960-2000)
500
GDP
400
index (1960 = 100)
300
population
200
100
0
1960 1970 1980 1990 2000
82. Dinamica: il commercio mondiale cresce più
rapidamente della produzione mondiale
• Produzione • Commercio
mondiale mondiale
• 1981-1990: 2.8% • 1981-1990: 4.5%
• 1992: 1.7% • 1992: 5.7%
• 1994: 2.9 % • 1994: 10.5%
• 1996: 3.2% • 1996: 5.5%
• 1998: 2.5% • 1998: 7%
Fonte: ONU, 1998
83. OCSE e PVS: quote di commercio, popolazione e PIL
80
70
60
50
OECD
40 LDCs
30
20
10
0
Trade Population GDP
Fonte: IMF/WEO
84. Dazi doganali medi nei paesi industriali
50
40%
40
30
20 15%
10 4.5%
0
Dopoguerra anni 60 anni 90
Fonte: WTO
85. Dazi doganali medi di importazione
dei maggiori PVS
40
35 34
30
24
25
20
14
15
10
5
0
Fonte: WTO
86. Commercio internazionale - PVS
I paesi che si sono aperti al commercio estero sono quelli
che hanno avuto le performance migliori
Rapporto apertura/crescita
87. Ratios di apertura del commercio (XGS/GDP%)
350% France= 25%
Brazil= 16%
300% India= 14%
USA= 9%
250%
200%
150%
100%
50%
0%
China Hongkong Singapour Taiwan Korea Malaysia Philippines Thailand Indonesia
88. La crescita della produzione manifatturiera nei paesi
di nuova industrializzazione (1963-2002)
a 1994; b 1995; c 1996; d 1998
Fonte: Dicken (1998, Table 2.3; 2003, Table 3.6); UNIDO, www.unido.org/geostat; World Bank (2004),
World Development Indicators 04, The World Bank, Washington, Table 4.1.
89. La crescita nel mondo (1950-1995)
Annual Average Growth Rate of GDP per Capita
Growth Ratio of GDP per Share of
capita at end to World Population, 1998
beginning
More developed 2.7 3.1 20
Less Developed: 2.5 2.9 80
China 3.8 5.0 21
India 2.2 2.5 17
Rest of Asia 3.7 4.6 21
Latin America 1.6 1.9 9
Northern Africa 2.1 2.4 2
Sub-Saharan Africa 0.5 1.2 11
Source: Richard Easterlin, “The Worldwide Standard of Living Since 1800”, Journal of
Economic Perspectives, 2000.
90. Miracoli e disastri della crescita
(1960-1990)
Annual Average Growth Rate of GDP per Worker 1960-1990
Miracles Growth Disasters Growth
Korea 6.1 Ghana -0.3
Botswana 5.9 Venezuala -0.5
Hong Kong 5.8 Mozambique -0.7
Taiwan 5.8 Nicaragua -0.7
Singapore 5.4 Mauritania -0.8
Japan 5.2 Zambia -0.8
Malta 4.8 Mali -1.0
Cyprus 4.4 Madagascar -1.3
Seychelles 4.4 Chad -1.7
Lesotho 4.4 Guyana -2.1
Note: Figures for Botswana and Malta based on 1960-1989.
Source: Jonathan Temple, “The New Growth Evidence”, Journal of Economic Literature,
1999.
93. La globalizzazione (I)
L’apertura dei mercati è stata caratterizzata da una grande crescita
del commercio.
Evoluzione del commercio come % del PIL.
70
60
50
percent
40
30
20
10
0
70
73
76
79
82
85
88
91
94
97
00
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
20
year
94. La globalizzazione (II)
L’aumento è generalizzato...
80
70
60
Percentage trade in GDP
50 Brazil
China
40 Germany
India
Italy
30
Mexico
Spain
20
United States
10
0
75
77
79
81
83
85
87
89
91
93
95
97
99
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
95. La globalizzazione (III)
…e ha luogo fondamentalmente nelle manifatture.
250
200
Index 1990 = 100
150
Agriculture
Manufacturing
100
50
0
1970
1973
1976
1979
1982
1985
1988
1991
1994
1997
2000
year
96. La globalizzazione (IV)
Relazione tra commercio agricultura e industria.
2
1,8
1,6
1,4
1,2
Brazil
Ratio
1 China
Germany
0,8 India
Italy
0,6 Mexico
Spain
0,4 USA
0,2
0
80
82
84
86
88
90
92
94
96
98
00
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
20
Year
97. Quando inizia la globalizzazione
Tre ipotesi:
• Può essere considerata un processo esistente sin dall inizio
della storia, che ha man mano aumentato i suoi effetti
giungendo recentemente ad una improvvisa accelerazione.
• È contemporanea alla modernizzazione e allo sviluppo del
capitalismo e ha visto una recente accelerazione.
• È un fenomeno recente associato ad altri processi sociali
chiamati post-industrializzazione, post-modernizzazione o
disorganizzazione del capitalismo.
Punto comune:
la situazione attuale come momento di rottura degli equilibri preesistenti.
99. Cinque fasi di sviluppo
• Fase germinale
– Dagli inizi del XV secolo alla metà del XVIII.
– Affermazione degli stati nazionali; conquista dei territori
extraeuropei.
• Fase iniziale
– Dalla metà del XVIII secolo agli anni 70 dell 800.
– Passaggio dallo stato nazionale alle relazioni internazionali.
• Fase del decollo
– Dagli anni 70 dell 800 agli anni 20 del 900.
– Società nazionali, individui, società internazionale, idea di umanità.
• Fase della lotta per l egemonia
– Dagli anni 20 agli anni 60 del 900.
– Guerre e dispute per la supremazia. Nascita delle Nazioni Unite.
Circostanze discordanti circa la modernità. Guerra fredda.
• Fase dell incertezza
– Dagli anni 60 al 2000.
– Presa di coscienza della dimensione globale e dei rischi.
Cittadinanza planetaria.
100. …o quattro fasi di globalizzazione?
Prima fase Seconda fase Terza fase Quarta fase
Dal XV al XIX Dal XIX alla fine Dalla fine del XX L’inizio del XXI
secolo del XX secolo secolo all’inizio secolo
del XXI secolo
L’espansione del
La conquista delle La globalizzazione La globalizzazione
capitalismo non-
risorse dei mercati del talento
occidentale
Ruolo centrale Ruolo centrale del Ruolo centrale
Ruolo centrale
dell’Europa Nord America globale
dell’Oriente
Sviluppo e
Colonizzazione Imprese crescita di nuove Nascita
multinazionali economie e dell’imprenditore
mercati globali globale
101. Il terzo atto , ovvero le tre
ondate della globalizzazione
• Daniel Cohen, nel suo recentissimo volume Globalization and
Its Enemies, sostiene che la globalizzazione attuale sia il terzo
atto di una storia, iniziata con i conquistadores spagnoli nel XVI
secolo e proseguita con l impero britannico del commercio
libero nel XIX secolo. In quell epoca, una rivoluzione nei
trasporti e nelle comunicazioni non realizzò la diffusione della
ricchezza, ma favorì la polarizzazione del mondo. Questo
stesso fenomeno, nel XXI secolo, può realizzare una
distribuzione della ricchezza migliore di quella seguita
all innovazione del telegrafo? Presumibilmente si, guardando
alla Cina; probabilmente no, guardando, al contrario, all Africa.
In ogni caso, i paesi poveri richiedono molti sforzi e ingenti
investimenti per diventare global players...
102. Le ondate di colonizzazione e
decolonizzazione dal XV secolo a oggi
Fonte: David P. Henige, Colonial Governors
104. La storia della globalizzazione
• La globalizzazione non è un fenomeno
nuovo.
• Le fasi della globalizzazione.
• Confronto tra l inizio del XX secolo
(prima ondata) e gli anni dal 1950 ad
oggi (seconda e terza ondata), i due
periodi di maggiore crescita del reddito
nella storia mondiale.
105. La storia della globalizzazione
• Richard E. Baldwin e Philippe Martin
(1999) suggeriscono che nella storia
economica mondiale si sono succedute
due epoche di globalizzazione: una che
va dal 1870 al 1914 e l altra che va dal
1960 ad oggi (quest ultima, divisa in
due ondate). Somiglianze e differenze
caratterizzano i due periodi.
106. La storia della globalizzazione
Somiglianze: secondo Simon Kuznets (1965), nel 1910
il grado di apertura medio dei paesi industrializzati
era il 40%, valore non molto dissimile da quello
evidenziato da Baldwin e Martin per gli stessi paesi
nel 1995 (50%). Jeffrey G. Williamson (1996) ha
segnalato che, anche nella prima ondata di
globalizzazione, si sono verificati importanti
aggiustamenti strutturali e ripercussioni rilevanti sui
prezzi dei fattori. Anche le cause sembrano simili:
entrambe le epoche sono seguite ad un processo di
riduzione delle barriere agli scambi internazionali.
107. La storia della globalizzazione
Differenze:
• Se il grado di apertura commerciale non è dissimile, la
composizione dei flussi commerciali lo è in modo rilevante: la
I epoca era caratterizzata dallo scambio tra manufatti e beni
primari, la II dal commercio intra-industriale.
• Nella II epoca, dominano i movimenti di capitale a breve, a
differenza della I.
• Nella I epoca, i movimenti di persone erano più consistenti
rispetto alla II.
• Nella I epoca, il Nord si industralizza e il Sud si de-
industrializza. Nella II epoca avviene il contrario.
108. La storia della globalizzazione
Differenze:
• L aggiustamento strutturale, nella I epoca, ha prodotto
effetti redistributivi a vantaggio del lavoro e a svantaggio
della rendita nel Nord (il contrario nel Sud); mentre, nella
II epoca, ha ampliato i differenziali di reddito tra lavoro
qualificato e lavoro non qualificato nel Nord.
• Mentre la riduzione delle barriere artificiali ha riguardato
entrambe le epoche, la riduzione delle barriere naturali si
è manifestata diversamente nelle due epoche: la II è
stata contraddistinta, soprattutto, dal calo dei costi di
trasmissione delle informazioni.
109. Il prodotto mondiale (milioni di $ USA 1990 - PPA)
4. Auto e Sintetici
40000!
Produzione di massa
35000!
3. Elettricità-Acciaio
2. Vapore/Ferrovie
30000!
5. IT & Computers
6? Biotech & Nano
1. Rivoluzione Industriale
25000!
20000!
15000!
10000!
5000!
1000!
500!
0!
1! 400! 600! 800! 1000! 1200! 1300! 1400! 1600! 1700! 1800! 1900! 1920! 1940! 1960! 1980! 2000!
Anno
117. Produzione e popolazione mondiale
Product $30 trillions Population 6.2 mm.
Developed !
Emerging! Economies!
Economies! 15%!
21%!
Developed ! Emerging !
Economies! Economies!
79%! 85%!
119. Il mondo in movimento I
Anni 1-13 1500 1800 1900 1945 1960 1980 1985 1995 2004
00 1700 1990 1998
Popolaz. 300 760 1000 1650 2000 3000 4430 5220 5900 6440
mondiale
∆% 0,1% 0,1% 1,5% 2% 2,2% 2,2% 1,7% 1,6% 1,3% 1,15%
Durata 24 30 38 42 45 55 60 62 65 66
della vita
OECD 55 66 75 77 77
LDCs 26 40 46 65 66
Highest 80 81
JAPAN
Lowest 43 37
MALAWI
120. Il mondo in movimento II
Anni 1500 1750 1800 1900 1960 1980 1985 1995 2002 2004
1700 1990 1998
Popolaz. 550 760 1000 1650 3000 4400 5220 5900 6200 6440
mondiale
∆% 0,1% 0,4% 1,5% 2% 2,2% 1,7% 1,6% 1,3% 1,2% 1,15%
Output $330 $440 $760 $2000 $6500 $11000 $20000 $29000 $32200 $37250
mondiale
$b
∆% 0,4% 0,4% 1% 3,5% 2,4% 2,5% 3,3% 2,8% 3% 4,6%
Reddito $500 $600 $800 $1000 $2150 $2500 $3800 $4900 $5200 $5780
pro capite
∆% 0,1% 0,2% 0,5% 1,3% 3% 1,5% 0,5%
Disug. di 1 1 4 10 25 45 50 60 70 75
reddito
121. Cicli di Innovazione Tecnologica
Genetics
Nanotechnologies
Internet
Computers
Aeronautics
Transportation
Chemistry
Automobile
Electricity
Steam Telephone
Radio
railway
1814 1870 1900 1950 1980 1990 2020
122. Popolazione globale e povertà:
con < 1$ US/giorno (1820-2004)
milioni
1500
1400 Population
1300
1200
1100
1000
900
800
700
600
500
1820 1880 1940 1990 2000 2004
il 50% della popolazione (2,8 miliardi) con < 2$ USA/giorno
123. Popolazione globale e povertà - I
Numero di persone (milioni) che
vivono con meno di 1 $ al giorno
124. Popolazione globale e povertà II
Popolazione che vive con meno di 1 $ al giorno nei PVS (1990 e 1998)
Numero di persone con meno di US$1 Poverty Rate (%)
al giorno (millioni)
1990 1998 1990 1998
East Asia 452.4 278.3 27.6 15.3
Excluding China 92.0 65.1 18.5 11.3
South Asia 495.1 522.0 44.0 40.0
Sub-Saharan 242.3 290.9 47.7 46.3
Africa
Latin America 73.8 78.2 16.8 15.6
Middle East/N. 5.7 5.5 2.4 1.9
Africa
Europe & Cent. 7.1 24.0 1.6 5.1
Asia
Totale 1276.4 1198.9 29.0 24.0
Fonte: World Bank. Global Economic Prospects and the Developing Countries 2000. (2000).
130. Cina, India, Giappone: quote % del PIL globale
35
China
India
30
Japan
25
China= 13%
20 Japan= 7%
India= 6%
15
10
5
0
1820 1870 1913 1950 1973 1998 2001 2004
131. Europa, Giappone, USA: quote di Esportazioni/PIL in %
25
Europe
Japan
20
USA
15
10
5
0
1870 1890 1913 1929 1938 1950 1972 1992 2002
132. Una rassegna sintetica dei tassi di crescita
World US UK Jap
1820- 0.6 1.3 1.2 0.1
1870
1870- 1.3 1.8 1.0 1.4
1913
1913- 0.9 1.6 0.8 0.9
1950
1950- 2.9 2.4 2.5 8.0
1973
1973- 1.2 1.4 1.4 3.0
1992
133. Il PIL pro capite in quattro paesi (1820-2000)
Fonte: A. Maddison, Monitoring the World Economy 1820-1992, Paris, Organization for Economic
Cooperation and Development, 1995
139. La crescita economica degli Stati Uniti (1890-1995).
PIL reale per lavoratore a prezzi del 1995
140. I tassi di crescita per periodi
negli Stati Uniti (1870-2000)
1870-1913 1913-1972 1972-1995 1995-2000
Produzione 4,42% 3,14% 2,75% 4,90%
Output per 1.18% 1.86% 1.04% 2.65%
ora
PTF 0,77% 1,60% 0,62% 1,79%
(produttività
totale dei fattori)
141. IDE degli USA in percentuale del PIL
(1914-1996)
20
18
16
14
12
10 U.S. FDI Abroad
8 FDI in U.S.
6
4
2
0
1914 1929 1960 1996
Fonte: Bordo et al., 1999
142. Flussi di capitale - Gran Bretagna (1860-1877)
Millions of pounds
100 German and Austrian stock market crashes
80
60
40
20
0
1866 1868 1870 1872 1874 1876
Flussi di capitale - Stati Uniti (1923 - 1933)
U.S. and UK
Millions of U.S. dollars stock Defaults in
market crashes Latin America
1500
1000
500
0
1923 1925 1927 1929 1931 1933
143. Flussi di capitale - Emisfero
occidentale (1970–1985)
Millions of US dollars
100000
50000 Mexico defaults
0 (August 1982)
-50000
1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984
144. Flussi di capitale privato (1985-2003)
(Billions of U.S. dollars)
European Union Western Hemisphere
200 50
150 Mexico
40
100 30
50
20
0
-50 10
-100 ERM 0
(1992-93)
-150 -10
1985 1989 1993 1997 2001 1985 1989 1993 1997 2001
Asia Emerging Market Economies
100 Mexico Asia Turkey
250
80 Asian crisis 200
60 Russia
40 150
20 100 Brazil Argentina
0
-20 50
-40 0
1985 1989 1993 1997 2001 1985 1989 1993 1997 2001
145. L’avvicendamento dei leader globali
US leadership
Dutch decline British
Northern Italy Netherlands empire
Belgium
1500 1600 1750 1820 1900
Fonte: A. Maddison
147. Le tre ondate della globalizzazione
Stock di
capitale estero
I ondata
Crollo
II ondata III ondata
su Pil dei Pvs
Esportazioni
di beni su Pil
mondiale
Emigranti
verso gli Stati
Uniti, milioni
(scala destra)
151. Gli effetti dell apertura
(flussi di beni e di fattori produttivi)
• Esportazioni mondiali in % del PIL mondiale
(1870-1998):
• 1870 4.2%
• 1890 6%
• 1910 8% (I globalizzazione)
• 1930 5%
• 1950 4.2%
• 1970 10%
• 1990 16.5% (II globalizzazione).
152. I movimenti di persone
• Tra il 1870 e il 1925, 100 milioni di persone
lasciarono il loro paese (1/10 della popolazione
mondiale nel 1870).
• Circa 50 milioni emigrarono dall Europa verso
l America e l Australia.
• Il resto emigrò dalla Cina e dall India verso
l America e altre parti dell Asia.
• Il paese che ricevette il maggior flusso di
migranti furono gli USA (nel 1910, il 14,7% della
popolazione americana era nata all estero; nel
2000, tale percentuale è stata del 10,4%).
153. Globalizzazione e migrazioni
America latina 1,1
In % della popolazione
Oceania 19,1
America 13,0
settentrionale
Asia 1,4
Europa 7,7
0 10 20 30 40 50 60
Milioni
154. Migrazioni mondiali
Milioni
250
In % popolazione
200
mondiale
150
100
50 2.3 2.1 2.2 2.9 2.6
0
1965 1975 1985 2000 2050
157. I ondata: 1870-1914
• Comincia intorno al 1870 ed è caratterizzata
da una forte crescita dei flussi di capitale, da
una forte crescita dei flussi migratori e dal
raddoppio del commercio internazionale.
• Viene sospinta da politiche di liberalizzazione
commerciale e dallo sviluppo della tecnologia
che riduce i costi di trasporto.
• I PVS (molti sono colonie) si specializzano
nella produzione di commodities primarie, che
esportano nei paesi industriali in cambio di
manufatti.
158. Nel 1919, John Maynard Keynes scriveva:
«Che straordinaria stagione nel progresso dell uomo fu
quella che terminò bruscamente nell agosto del 1914! (...)
L abitante di Londra poteva ordinare per telefono, mentre
sorseggiava il suo tè del mattino a letto, una quantità di
prodotti provenienti dall intero globo e nello stesso modo
poteva investire la sua ricchezza nelle risorse naturali e
nelle nuove imprese di ogni angolo del globo (...) poteva
inoltre utilizzare mezzi di trasporto rapidi e a buon mercato
per recarsi in ogni nazione e clima senza bisogno di
passaporto o di altre formalità»
(J. M. Keynes, The Economic Consequences of the Peace, Londra, Macmillan, 1919, p. 6, trad. it. Le
conseguenze economiche della pace, a cura di V. Tasco, Milano, Fratelli Treves Editori, 1920; citato in
J. Sachs e A. Warner (1995), Economic reform and the process of global integration, in Brookings
Papers on Economic Activity , I)