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Abed – sceneggiatura
di Dante Angrisani; Liceo Classico “L. Da Vinci”;
docente referente: Rosa Lezza
Scena 1: Caserma dei carabinieri di Bari, oggi
(Mentre il capitano si trova seduto alla sua scrivania, entra un
carabiniere)
Carabiniere: Capitano, c’è qualcuno che vorrebbe parlarle: è uno dei
lavoratori clandestini di quel campo di pomodori che abbiamo chiuso
qualche giorno fa, si ricorda?
Capitano: Prego, fatelo entrare.
(Entra in scena Omar, l’amico di Abed)
Capitano: Si sieda pure. (Omar si siede su una sedia posta davanti alla
scrivania) Come si chiama?
Omar: Il mio nome è Omar Marrash. Ho quasi 40 anni, e vengo dalla Siria.
Lasciai il mio paese alcuni anni fa insieme alla mia famiglia, per evitare di
essere ucciso dei soldati dell’Opposizione. (Si interrompe per qualche
secondo) Perdonatemi, il mio italiano non è ancora molto buono.
Capitano: Non ti preoccupare, non mi interessa la tua pronuncia. Ma
dimmi: di cosa volevi parlarmi?
Omar: (riprende) Una volta arrivato in Italia ho trovato lavoro in un
campo di pomodori, insieme ad altri clandestini. La paga non era delle
migliori, ma almeno bastava per non morire di fame o di sete… Dopo
alcuni mesi che lavoravo lì e avevo iniziato a guadagnare qualcosa, riuscii
a comprare un sacco pelo dove dormire, dato che fino ad allora avevo
dormito in rifugi di fortuna, come vicoli bui, marciapiedi e case
abbandonate.
Capitano: Mi dispiace davvero tanto, nessun essere umano dovrebbe mai
soffrire così, di qualunque etnia fa parte. Oh, mi perdoni, l’ho interrotta:
vada pure avanti. Vuole raccontarmi la sua storia?
Omar: (prima esitando) Ecco… non sono qui per raccontarvi la mia storia,
bensì quella di un mio caro amico somalo che… non rivedrò mai più… (si
blocca per un momento e tira su col naso)
Capitano: (mettendogli una mano sulla spalla per consolarlo) È sicuro che
se la sente?
Omar: Certo, certo… Devo farlo, perché voglio che tutti sappiano cosa ha
dovuto passare il mio amico… (dopo essersi ripreso, inizia a raccontare,
mentre il capitano si appresta a prendere appunti)
Scena 2: Bari, Via Cataldo Nitti, 21 giorni prima
(È l'alba. Abed si sveglia. Dopo un sonoro sbadiglio si siede sul suo sacco a
pelo e vede che nel suo cappellino che aveva lasciato a terra la sera
prima, ci sono ben €12. Con un’espressione raggiante, si mette i soldi in
tasca e si reca nel bar più vicino per fare colazione)
Abed: (tra sé e sé) Finalmente potrò fare una colazione come si deve! Ma
devo anche pensare a risparmiare qualcosa per pranzo e cena...
(Entra nel bar. Abed si rivolge al barista)
Abed: Mi scusi, posso avere un cornetto e una bottiglia d'acqua?
Barista: Minerale o frizzante?
Abed: Non mi importa...
Barista: (alquanto sorpreso) D’accordo…
(Mentre il barista prende quanto ordinato, due ragazzi si avvicinano ad
Abed)
Ragazzo 1: Ehi, tu. Quelli come te di solito non vanno a mangiare nei
cassonetti?
(Abed tenta di ignorarlo, ma un altro gli mette una mano sulla spalla)
Ragazzo 2: Ehi, negro, Gabri ti ha fatto una domanda. Perché non torni a
mangiare pattumiera e ci offri quel bel cornetto?
Abed: (sospirando) No, ragazzi. Mi sono guadagnato i soldi per questo
cornetto e non intendo darvelo.
Ragazzo 2: Oh, davvero? (Il ragazzo spinge Abed giù dallo sgabello del bar)
Ragazzo 1: (Afferra il cornetto e lo addenta) Mmm, ottimo... Vedi, negro?
Se l'avessi mangiato tu non avresti sentito quanto è buono: sei troppo
abituato a mangiare schifezze per apprezzare queste cose, quindi mangia
quelle, che ti competono!
Barista: Ora basta, ragazzi. Se non ve ne andate subito, chiamo i
carabinieri.
(I due ragazzi se ne vanno ridacchiando. Mentre Abed, mortificato, si
rialza da terra, gli si avvicina Omar)
Omar: Abed! Tutto bene? Lascia che ti aiuti: tieni, prendi un pezzo di
questa ciambella che stavo mangiando.
Abed: Grazie... Aspetta... Omar? Sei proprio tu?
(I due si abbracciano)
Abed: Omar, cosa ci fai qui? Non ti vedo da mesi!
Omar: Mi trovavo da queste parti, per cui avevo pensato di venirti a
trovare; non trovandoti al tuo solito posto ho perlustrato un po’ la zona, e
quando ti ho visto in difficoltà sono subito accorso.
Abed: Dimmi: alla fine sei riuscito a trovare un lavoro?
Omar: (sospirando) Be’, non era proprio il lavoro che avevo in mente, ma
non mi lamento, purché riceva la mia paga giornaliera. Anzi, era proprio di
questo che volevo parlarti: ho parlato col capo e mi ha detto di essere
sempre felice di “accettare uomini in gamba e con voglia di lavorare”; so
che il lavoro non è dei migliori, la paga è di 10 euro al giorno, ma… se
magari avessi bisogno di soldi…
Abed: (spalanca gli occhi) Cosa? Un lavoro?! Per me?! Omar, dimmi che
non stai scherzando!
Omar: No, non sto scherzando, amico mio. Puoi iniziare quando vuoi, se ti
va.
Abed: Ma ovvio che accetto! Sono stufo di dover raccattare cibo e acqua
per sopravvivere ed essere continuamente insultato! Avevo proprio
bisogno di un lavoro! 10 euro al giorno sono sufficienti per me: a stento
oggi ho avuto 12 euro con l’elemosina, mentre con questo lavoro mi
basterà lavorare per una settimana e avrò guadagnato quasi sette volte
ciò che ho avuto oggi! Grazie, Omar: sei un vero amico!
Omar: Non c’è di che, Abed. Se vuoi iniziare oggi, però, dobbiamo
sbrigarci: dobbiamo prendere l’autobus delle otto per uscire dalla città e
poi dovremo fare un tratto a piedi.
Abed: (raggiante) Non dire altro! Andiamo, non vedo l’ora di arrivare!
Oggi pago io il biglietto per l’autobus, tanto tra pochi giorni diventerò
ricco! Sono così felice!
Omar: Allora non perdiamo altro tempo: su, va a prendere la tua roba,
(guarda l’orologio del bar) l’autobus è tra meno di un’ora.
(I due si abbracciano un’altra volta ed escono dal bar)
Scena 3: (Dopo aver preso l’autobus ed essere usciti dall’area cittadina di
Bari, Abed e Omar iniziano a camminare verso l’aperta campagna. Dopo
una camminata di circa 15 minuti, arrivano a destinazione: un grande
campo di pomodori, pieno di uomini, dai tratti africani o mediorientali,
alcuni più giovani, altri più anziani.)
Abed: (guardandosi attorno) Ehi, Omar: ero talmente emozionato per
questo lavoro, che mi sono scordato di chiederti che lavoro è. (ridacchia)
Omar: (indicando un uomo leggermente sovrappeso con una camicia
bianca, pelato e con dei folti baffi) Se vuoi, puoi direttamente chiedere al
capo, amico. Io ora vado al mio posto, sono già in ritardo, e più tardi
inizio, meno soldi guadagno. A dopo!
(Dopo aver salutato Omar, Abed si reca dal capo)
Abed: Buongiorno, signore. Vorrei cominciare a lavorare qui.
Capo: Bene, più uomini lavorano qui, meglio è. Come ti chiami?
Abed: (balbettando) A-Abed. Abed Farah. Ho 23 anni, vengo dalla
Somalia, e…
Capo: (interrompendolo) Ehi, ti ho chiesto solo come ti chiami, non di
raccontarmi tutta la tua storia.
Abed: (leggermente imbarazzato) M-mi scusi, signore.
Capo: Così va meglio: il rispetto per il proprio superiore è la prima regola.
Comunque, se vuoi vedere 10 euro a fine giornata, prendi un cesto e una
zappa da quel capannone laggiù e occupa un posto libero in mezzo ai
pomodori.
Abed: (leggermente confuso) Un cesto e una zappa? Per fare cosa?
Capo: (alzando la voce) Per raccogliere i pomodori, imbecille! Cos’altro ti
aspettavi si facesse qui? Ora prendi un cesto e una zappa e comincia a
lavorare: alle 13 c’è una pausa pranzo di dieci minuti e la giornata termina
alle 8 di sera. Se avrai lavorato egregiamente, quando il sole sarà
tramontato ti darò la tua paga.
(Abed annuisce e si reca nel capannone per prendere il necessario per
lavorare. Fatto ciò, entra nel campo, trova un posto libero e comincia a
lavorare. Accanto a lui c’è Omar.)
Omar: Bene, ci hanno messi a lavorare vicini, eh?
Abed: Sì, sono felice. Non vedo l’ora di avere la mia prima paga!
Omar: Allora ti conviene iniziare subito: più pomodori raccogli, meglio è;
almeno, così dice il capo.
(Le ore passano, e sempre più pomodori finiscono nel cesto di Abed; ogni
volta che un cesto è colmo, Abed e gli altri braccianti si recano nel
capannone per prenderne un altro. Dopo circa quattro ore di lavoro
ininterrotto, Abed è grondante di sudore e il suo stomaco comincia a
gorgogliare rumorosamente. Un altro bracciante, apparentemente
giovanissimo, gli si avvicina, con due pomodori in mano)
Bracciante nigeriano: Ehi, amico, hai fame?
Abed: Be’, sì, ma tra meno di un’ora ci sarà la pausa pranzo, quindi posso
ancora resistere.
Bracciante nigeriano: Perché aspettare? Non vedi quanti pomodori ci
sono in giro? Mangiane uno o due come faccio io, solo per alleggerire un
po’ la fame!
Abed: Non so… ammetto di essere tentato…
Bracciante nigeriano: Avanti: cosa può mai succedere per due pomodori
in meno? Forza, prendi!
(Il bracciante lancia un pomodoro ad Abed. Proprio quando stava per
ringraziarlo, tra le piante sbuca il capo della piantagione)
Capo: (furioso) Chi intende oziare qui?! (Osservando il bracciante
nigeriano) Tu, hai mangiato un pomodoro?
Bracciante nigeriano: (balbettando) N-no, signore, assolutamente.
Capo: (avvicinandosi a lui) Bugiardo! Sulla tua bocca ci sono macchie di
succo di pomodoro: sarai punito per questo!
Bracciante nigeriano: (terrorizzato) N-no, la prego, non lo farò mai più, lo
giuro!
(Ma il capo si sfila la cintura e comincia a frustare senza sosta il povero
ragazzo per un intero minuto. Quando il ragazzo è a terra, pesto e
dolorante, il capo si rivolge agli altri braccianti)
Capo: Che questo sia di lezione per tutti i pigroni! C’è qualcun altro che
vuole ancora mangiare un pomodoro? (Non ricevendo risposta, dice:)
Bene, esattamente quello che volevo sentire. Ora tornate al lavoro, e
siate grati che non vi riduco la razione di cibo per pranzo!
(I braccianti tornano al lavoro, e Abed, spaventato, fa cadere il pomodoro
nel cesto, mentre il giovane nigeriano è ancora a terra a lamentarsi per il
dolore)
Abed: Omar, ma nessuno aiuta quel poveretto?
Omar: (sospirando) Vorrei tanto, amico, ma se lo faccio rischierei di
perdere la mia paga giornaliera, e anche subire la sua stessa sorte;
quando si sarà ripreso, tornerà a lavorare. So che è una vita dura, Abed, lo
so da un pezzo, ma è il prezzo della sopravvivenza, almeno per noi
clandestini. Ora torniamo al lavoro. Tra poco ci sarà la pausa pranzo.
(Dopo la pausa pranzo, i braccianti tornano a lavorare. La giornata
lavorativa continua, zappata dopo zappata, pomodoro dopo pomodoro. I
braccianti lavorano così duramente che perdono la cognizione del tempo.
Quando il sole finalmente tramonta, il capo suona un fischietto,
annunciando la fine della giornata. I braccianti, stremati, accorrono dal
capo per ricevere la paga: il capo la elargisce a tutti, tranne che al ragazzo
nigeriano. Poi i braccianti che hanno un sacco a pelo, Abed e Omar
compresi, lo stendono all’interno del capannone.)
Abed: Che giornata, Omar: ho avuto davvero paura quando il capo ha
malmenato quel ragazzo…
Omar: Purtroppo non è la prima volta che succede: accade ogni volta che
un lavoratore si prende una pausa non autorizzata o non obbedisce a un
ordine. (Sospirando) Forse non avrei mai dovuto portarti qui: ti avrei
risparmiato tutto questo…
Abed: Scherzi? Ti sono estremamente grato di avermi salvato dalla strada
e di avermi dato la possibilità di guadagnare! Mi dispiace tanto per quel
ragazzo, ma finché io non sgarrerò non mi accadrà nulla, giusto?
Omar: Be’, immagino di sì…
Abed: E allora né io né te dobbiamo preoccuparci: continuiamo a lavorare
come sempre e non ci succederà nulla. Buonanotte, Omar.
Omar: Buonanotte, Abed; ci vediamo domattina.
Scena 4: (il mattino seguente i braccianti vengono svegliati dalle urla del
capo)
Capo: Sveglia! Sveglia, pelandroni! Si torna a lavorare! Su, forza!
(I braccianti si alzano, vanno a prendere la zappa e il cesto e la giornata
comincia. La giornata va avanti abbastanza bene fino alla pausa pranzo.
Mentre mangiano una piccola porzione di pastasciutta, Omar si rivolge ad
Abed)
Omar: Amico, devo dire che ti ho visto parecchio diligente stamattina, e
sei solo al tuo secondo giorno di lavoro: ti sei svegliato col piede giusto?
Abed: Più o meno; semplicemente, visto ciò che è accaduto ieri, ho capito
qual è la logica di questo posto: lavora tanto e sarai ricompensato, lavora
poco e sarai punito; è piuttosto semplice a dirsi, ma, devo ammetterlo, è
parecchio difficile a farsi: in più, il sole che c’è oggi chi sta facendo
davvero sentire male.
Omar: (preoccupato) Sicuro di stare bene, amico? Se non te la senti, puoi
anche astenerti dal lavorare per un’ora; la tua paga odierna sarà ridotta,
ma…
Abed: Oh no, è fuori discussione: non solo non sarebbe giusto nei
confronti degli altri che come me e te stanno qui tutto il giorno a
spaccarsi la schiena, indipendentemente da come stanno, ma non posso
assolutamente permettermi di perdere neanche un giorno di paga,
altrimenti domani potrei non avere da mangiare! Non temere, Omar: ti
ringrazio di essere così premuroso nei miei confronti, ma so quello che
faccio.
Capo: (soffiando nel fischietto) La pausa pranzo è finita! Si torna a
lavorare, cialtroni!
Abed: Forza, ora. Andiamo, Omar.
(I braccianti poggiano per terra i piatti vuoti e riprendono a lavorare. Ad
un tratto, verso le 4 di pomeriggio, quando il sole picchia più forte, Abed
comincia ad avere dei giramenti di testa, e Omar se ne accorge)
Omar: Abed! Tutto bene?
Abed: Sì, sì, tutto bene, davvero. Devo solo… sedermi un momento…
(Abed si accascia a terra, privo di sensi. Omar gli corre incontro)
Omar: (allarmato) Abed! Abed, mi senti? (Non ricevendo risposta, Omar
comincia a gridare) Aiuto! Per favore, qualcuno venga ad aiutarmi! Il mio
amico è svenuto!
(Sentendo le grida, il capo accorre)
Capo: Cos’è tutto questo baccano?
Omar: Signore, il mio amico è privo di sensi: deve trattarsi di
un’insolazione!
Capo: Be’, sapete come funziona, no? Lasciatelo lì, si riprenderà prima o
poi.
Omar: Lei non capisce! Se non lo portiamo subito al riparo dal sole
potrebbe morire! La prego, mi permetta di portarlo nel capannone!
Capo: Se lo fai, puoi dire addio alla tua paga di oggi.
Omar: (disperato) Non m’importa! La supplico, lasciatemi salvare il mio
amico!
(Sospirando, il capo acconsente e Omar porta Abed nel capannone e
comincia a rinfrescarlo con la sua bottiglia d’acqua. Dopo alcuni minuti,
Abed riapre gli occhi)
Abed: Urgh… O-Omar…? Cosa è successo?
Omar: Mi hai fatto prendere un colpo: sei svenuto, probabilmente per
un’insolazione; temevo saresti morto. Devi stare più attento a queste
cose, Abed.
Abed: Tranquillo, sto bene, ora. Meglio che torni a lavorare.
Omar: Abed, non puoi continuare a maltrattarti così!
Abed: (cambiando tono di voce) Senti, Omar, so perfettamente quali
rischi corro, ma preferisco questo, piuttosto che morire di fame o di sete!
Ora, se vuoi scusarmi, torno a lavorare, prima di perdere il mio giorno di
paga!
(Abed torna a lavorare e Omar, a testa bassa, lo segue)
Scena 5: (Durante la stessa settimana dell’incidente, Abed era svenuto
altre tre volte, ma non si era mai fatto troppi problemi. Era il
quattordicesimo giorno che Abed lavorava alla piantagione e quel giorno
sembrava uno come tutti gli altri.)
Capo: Sveglia, poltroni! Si va a lavorare! Oggi voglio che sgobbiate più del
solito! (Indicando verso Abed) Soprattutto tu, come ti chiami…
Abed: Abed, sono Abed, signore.
Capo: Be’ ‘Abed’, durante questi giorni ti ho visto svenire altre tre volte,
proprio tu che sembravi il più determinato a lavorare e a guadagnare: non
ti starai rammollendo, vero?
Abed: (trasalendo) No, no, assolutamente no, signore: le assicuro che
faccio del mio meglio ogni giorno e sono e sarò sempre pronto a lavorare
per lei.
Capo: Bene, Abed. Oggi ti terrò d’occhio e se ti impegnerai oltre le tue
capacità, ti darò il doppio della tua paga!
(Il capo esce dal capannone)
Abed: Omar, hai sentito? Finalmente, tutti i miei sacrifici sono serviti a
qualcosa!
Omar: (sospirando) Abed, so che non mi vorrai dare ascolto, ma ti prego,
cerca di capire: le tue condizioni stanno peggiorando e i tuoi svenimenti
lo dimostrano: sei davvero pronto a mettere a rischio tutto solo per avere
per un giorno 10 euro in più?
Abed: Ti ho già detto che so che cosa rischio comportandomi così, ma
forse non capisci che per me questa è l’occasione di spiccare tra gli altri, e
magari, se continuo ad impegnarmi, il capo potrebbe raddoppiarmi la
paga permanentemente! Ora su, andiamo a lavorare!
(Quel giorno il sole era davvero cocente, tanto che il suolo scottava come
la sabbia di un deserto. I braccianti lavorano imperterriti, con i piedi
screpolati e con le piante rosse. Mentre Abed coglie più pomodori
possibili più velocemente possibile, il capo lo guarda compiaciuto. Verso
mezzogiorno, il sole picchia talmente forte che si vede del fumo salire dal
terreno. Abed comincia di nuovo a sentirsi male: è esausto e suda
tantissimo, ma cerca di resistere, mentre il capo continua ad incitarlo.
All’improvviso Abed sente un forte dolore al petto e si accascia a terra.
Omar, allarmato, corre verso di lui.)
Capo: (con aria seccata) Oh, cielo, un altro svenimento? Be’, temo che
non potrò raddoppiargli la paga oggi.
(Omar prova a rianimarlo, ma non risponde; poggia l’orecchio sul suo
petto e nota che il cuore non batte più.)
Omar: Non è solo uno svenimento, temo sia un attacco di cuore! Presto,
signore, chiami un’ambulanza!
Capo: (rendendosi conto che chiamare un’ambulanza rivelerebbe la sua
attività illecita) Ma… magari si tratta solo di un altro svenimento?
Omar: (disperato) Infarto o meno, il suo cuore non batte! La supplico,
chiami un’ambulanza!
(Allora il capo si convince e chiama il 118.)
Scena 6: Caserma dei carabinieri di Bari, oggi
Omar: Purtroppo il campo di pomodori si trovava in mezzo al nulla, quindi
l’ambulanza ci ha messo quasi mezz’ora ad arrivare; quando è arrivata vi
hanno caricato Abed, anche se ormai… (si blocca e tira su col naso,
asciugandosi una lacrima)
(Il capitano dei carabinieri, appena finisce di prendere appunti è
visibilmente scosso. Approfittando del silenzio, prende la parola)
Capitano: Mi… mi dispiace davvero… Se solo avessimo saputo dell’attività
illegale qualche giorno prima, forse Abed avrebbe potuto… (si blocca)
Omar: Almeno, dopo questo episodio, probabilmente è girata voce del
campo clandestino, dato che alcuni giorni fa siete venuto voi con i vostri
colleghi a risolvere la situazione.
Capitano: Voglio comunque che lei sappia che il campo è chiuso
definitivamente e tutti voi sarete rimessi in libertà; inoltre abbiamo
scoperto che il vostro “capo” era un importante rappresentante di un clan
mafioso e ora è in carcere e spero che ci rimanga per un bel po’, anche se
quando si parla di mafiosi devi sempre vedertela con i loro avvocati e con
i loro parenti, quindi non posso assicurare che rimarrà in cella fino alla
fine della sua pena.
Omar: La ringrazio di tutto, capitano, lei è davvero una brava persona. (si
alza dalla sedia) Posso andare, ora?
Capitano: Certamente, non intendo trattenerla ancora. Ah, comunque,
racconterò questa storia ai miei figli e a tutti quelli che conosco, in modo
che Abed non sia morto invano; Abed diventerà il simbolo di tutti gli
immigrati che hanno dovuto subire la vostra stessa sorte.
(Omar, sorridendo, esce dalla stanza e chiude la porta dietro di lui.)
Fine

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69 Da Vinci Molfetta Abed

  • 1. Abed – sceneggiatura di Dante Angrisani; Liceo Classico “L. Da Vinci”; docente referente: Rosa Lezza Scena 1: Caserma dei carabinieri di Bari, oggi (Mentre il capitano si trova seduto alla sua scrivania, entra un carabiniere) Carabiniere: Capitano, c’è qualcuno che vorrebbe parlarle: è uno dei lavoratori clandestini di quel campo di pomodori che abbiamo chiuso qualche giorno fa, si ricorda? Capitano: Prego, fatelo entrare. (Entra in scena Omar, l’amico di Abed) Capitano: Si sieda pure. (Omar si siede su una sedia posta davanti alla scrivania) Come si chiama? Omar: Il mio nome è Omar Marrash. Ho quasi 40 anni, e vengo dalla Siria. Lasciai il mio paese alcuni anni fa insieme alla mia famiglia, per evitare di essere ucciso dei soldati dell’Opposizione. (Si interrompe per qualche secondo) Perdonatemi, il mio italiano non è ancora molto buono. Capitano: Non ti preoccupare, non mi interessa la tua pronuncia. Ma dimmi: di cosa volevi parlarmi? Omar: (riprende) Una volta arrivato in Italia ho trovato lavoro in un campo di pomodori, insieme ad altri clandestini. La paga non era delle migliori, ma almeno bastava per non morire di fame o di sete… Dopo alcuni mesi che lavoravo lì e avevo iniziato a guadagnare qualcosa, riuscii a comprare un sacco pelo dove dormire, dato che fino ad allora avevo dormito in rifugi di fortuna, come vicoli bui, marciapiedi e case abbandonate. Capitano: Mi dispiace davvero tanto, nessun essere umano dovrebbe mai soffrire così, di qualunque etnia fa parte. Oh, mi perdoni, l’ho interrotta: vada pure avanti. Vuole raccontarmi la sua storia?
  • 2. Omar: (prima esitando) Ecco… non sono qui per raccontarvi la mia storia, bensì quella di un mio caro amico somalo che… non rivedrò mai più… (si blocca per un momento e tira su col naso) Capitano: (mettendogli una mano sulla spalla per consolarlo) È sicuro che se la sente? Omar: Certo, certo… Devo farlo, perché voglio che tutti sappiano cosa ha dovuto passare il mio amico… (dopo essersi ripreso, inizia a raccontare, mentre il capitano si appresta a prendere appunti) Scena 2: Bari, Via Cataldo Nitti, 21 giorni prima (È l'alba. Abed si sveglia. Dopo un sonoro sbadiglio si siede sul suo sacco a pelo e vede che nel suo cappellino che aveva lasciato a terra la sera prima, ci sono ben €12. Con un’espressione raggiante, si mette i soldi in tasca e si reca nel bar più vicino per fare colazione) Abed: (tra sé e sé) Finalmente potrò fare una colazione come si deve! Ma devo anche pensare a risparmiare qualcosa per pranzo e cena... (Entra nel bar. Abed si rivolge al barista) Abed: Mi scusi, posso avere un cornetto e una bottiglia d'acqua? Barista: Minerale o frizzante? Abed: Non mi importa... Barista: (alquanto sorpreso) D’accordo… (Mentre il barista prende quanto ordinato, due ragazzi si avvicinano ad Abed) Ragazzo 1: Ehi, tu. Quelli come te di solito non vanno a mangiare nei cassonetti? (Abed tenta di ignorarlo, ma un altro gli mette una mano sulla spalla) Ragazzo 2: Ehi, negro, Gabri ti ha fatto una domanda. Perché non torni a mangiare pattumiera e ci offri quel bel cornetto?
  • 3. Abed: (sospirando) No, ragazzi. Mi sono guadagnato i soldi per questo cornetto e non intendo darvelo. Ragazzo 2: Oh, davvero? (Il ragazzo spinge Abed giù dallo sgabello del bar) Ragazzo 1: (Afferra il cornetto e lo addenta) Mmm, ottimo... Vedi, negro? Se l'avessi mangiato tu non avresti sentito quanto è buono: sei troppo abituato a mangiare schifezze per apprezzare queste cose, quindi mangia quelle, che ti competono! Barista: Ora basta, ragazzi. Se non ve ne andate subito, chiamo i carabinieri. (I due ragazzi se ne vanno ridacchiando. Mentre Abed, mortificato, si rialza da terra, gli si avvicina Omar) Omar: Abed! Tutto bene? Lascia che ti aiuti: tieni, prendi un pezzo di questa ciambella che stavo mangiando. Abed: Grazie... Aspetta... Omar? Sei proprio tu? (I due si abbracciano) Abed: Omar, cosa ci fai qui? Non ti vedo da mesi! Omar: Mi trovavo da queste parti, per cui avevo pensato di venirti a trovare; non trovandoti al tuo solito posto ho perlustrato un po’ la zona, e quando ti ho visto in difficoltà sono subito accorso. Abed: Dimmi: alla fine sei riuscito a trovare un lavoro? Omar: (sospirando) Be’, non era proprio il lavoro che avevo in mente, ma non mi lamento, purché riceva la mia paga giornaliera. Anzi, era proprio di questo che volevo parlarti: ho parlato col capo e mi ha detto di essere sempre felice di “accettare uomini in gamba e con voglia di lavorare”; so che il lavoro non è dei migliori, la paga è di 10 euro al giorno, ma… se magari avessi bisogno di soldi… Abed: (spalanca gli occhi) Cosa? Un lavoro?! Per me?! Omar, dimmi che non stai scherzando!
  • 4. Omar: No, non sto scherzando, amico mio. Puoi iniziare quando vuoi, se ti va. Abed: Ma ovvio che accetto! Sono stufo di dover raccattare cibo e acqua per sopravvivere ed essere continuamente insultato! Avevo proprio bisogno di un lavoro! 10 euro al giorno sono sufficienti per me: a stento oggi ho avuto 12 euro con l’elemosina, mentre con questo lavoro mi basterà lavorare per una settimana e avrò guadagnato quasi sette volte ciò che ho avuto oggi! Grazie, Omar: sei un vero amico! Omar: Non c’è di che, Abed. Se vuoi iniziare oggi, però, dobbiamo sbrigarci: dobbiamo prendere l’autobus delle otto per uscire dalla città e poi dovremo fare un tratto a piedi. Abed: (raggiante) Non dire altro! Andiamo, non vedo l’ora di arrivare! Oggi pago io il biglietto per l’autobus, tanto tra pochi giorni diventerò ricco! Sono così felice! Omar: Allora non perdiamo altro tempo: su, va a prendere la tua roba, (guarda l’orologio del bar) l’autobus è tra meno di un’ora. (I due si abbracciano un’altra volta ed escono dal bar) Scena 3: (Dopo aver preso l’autobus ed essere usciti dall’area cittadina di Bari, Abed e Omar iniziano a camminare verso l’aperta campagna. Dopo una camminata di circa 15 minuti, arrivano a destinazione: un grande campo di pomodori, pieno di uomini, dai tratti africani o mediorientali, alcuni più giovani, altri più anziani.) Abed: (guardandosi attorno) Ehi, Omar: ero talmente emozionato per questo lavoro, che mi sono scordato di chiederti che lavoro è. (ridacchia) Omar: (indicando un uomo leggermente sovrappeso con una camicia bianca, pelato e con dei folti baffi) Se vuoi, puoi direttamente chiedere al capo, amico. Io ora vado al mio posto, sono già in ritardo, e più tardi inizio, meno soldi guadagno. A dopo! (Dopo aver salutato Omar, Abed si reca dal capo)
  • 5. Abed: Buongiorno, signore. Vorrei cominciare a lavorare qui. Capo: Bene, più uomini lavorano qui, meglio è. Come ti chiami? Abed: (balbettando) A-Abed. Abed Farah. Ho 23 anni, vengo dalla Somalia, e… Capo: (interrompendolo) Ehi, ti ho chiesto solo come ti chiami, non di raccontarmi tutta la tua storia. Abed: (leggermente imbarazzato) M-mi scusi, signore. Capo: Così va meglio: il rispetto per il proprio superiore è la prima regola. Comunque, se vuoi vedere 10 euro a fine giornata, prendi un cesto e una zappa da quel capannone laggiù e occupa un posto libero in mezzo ai pomodori. Abed: (leggermente confuso) Un cesto e una zappa? Per fare cosa? Capo: (alzando la voce) Per raccogliere i pomodori, imbecille! Cos’altro ti aspettavi si facesse qui? Ora prendi un cesto e una zappa e comincia a lavorare: alle 13 c’è una pausa pranzo di dieci minuti e la giornata termina alle 8 di sera. Se avrai lavorato egregiamente, quando il sole sarà tramontato ti darò la tua paga. (Abed annuisce e si reca nel capannone per prendere il necessario per lavorare. Fatto ciò, entra nel campo, trova un posto libero e comincia a lavorare. Accanto a lui c’è Omar.) Omar: Bene, ci hanno messi a lavorare vicini, eh? Abed: Sì, sono felice. Non vedo l’ora di avere la mia prima paga! Omar: Allora ti conviene iniziare subito: più pomodori raccogli, meglio è; almeno, così dice il capo. (Le ore passano, e sempre più pomodori finiscono nel cesto di Abed; ogni volta che un cesto è colmo, Abed e gli altri braccianti si recano nel capannone per prenderne un altro. Dopo circa quattro ore di lavoro ininterrotto, Abed è grondante di sudore e il suo stomaco comincia a
  • 6. gorgogliare rumorosamente. Un altro bracciante, apparentemente giovanissimo, gli si avvicina, con due pomodori in mano) Bracciante nigeriano: Ehi, amico, hai fame? Abed: Be’, sì, ma tra meno di un’ora ci sarà la pausa pranzo, quindi posso ancora resistere. Bracciante nigeriano: Perché aspettare? Non vedi quanti pomodori ci sono in giro? Mangiane uno o due come faccio io, solo per alleggerire un po’ la fame! Abed: Non so… ammetto di essere tentato… Bracciante nigeriano: Avanti: cosa può mai succedere per due pomodori in meno? Forza, prendi! (Il bracciante lancia un pomodoro ad Abed. Proprio quando stava per ringraziarlo, tra le piante sbuca il capo della piantagione) Capo: (furioso) Chi intende oziare qui?! (Osservando il bracciante nigeriano) Tu, hai mangiato un pomodoro? Bracciante nigeriano: (balbettando) N-no, signore, assolutamente. Capo: (avvicinandosi a lui) Bugiardo! Sulla tua bocca ci sono macchie di succo di pomodoro: sarai punito per questo! Bracciante nigeriano: (terrorizzato) N-no, la prego, non lo farò mai più, lo giuro! (Ma il capo si sfila la cintura e comincia a frustare senza sosta il povero ragazzo per un intero minuto. Quando il ragazzo è a terra, pesto e dolorante, il capo si rivolge agli altri braccianti) Capo: Che questo sia di lezione per tutti i pigroni! C’è qualcun altro che vuole ancora mangiare un pomodoro? (Non ricevendo risposta, dice:) Bene, esattamente quello che volevo sentire. Ora tornate al lavoro, e siate grati che non vi riduco la razione di cibo per pranzo!
  • 7. (I braccianti tornano al lavoro, e Abed, spaventato, fa cadere il pomodoro nel cesto, mentre il giovane nigeriano è ancora a terra a lamentarsi per il dolore) Abed: Omar, ma nessuno aiuta quel poveretto? Omar: (sospirando) Vorrei tanto, amico, ma se lo faccio rischierei di perdere la mia paga giornaliera, e anche subire la sua stessa sorte; quando si sarà ripreso, tornerà a lavorare. So che è una vita dura, Abed, lo so da un pezzo, ma è il prezzo della sopravvivenza, almeno per noi clandestini. Ora torniamo al lavoro. Tra poco ci sarà la pausa pranzo. (Dopo la pausa pranzo, i braccianti tornano a lavorare. La giornata lavorativa continua, zappata dopo zappata, pomodoro dopo pomodoro. I braccianti lavorano così duramente che perdono la cognizione del tempo. Quando il sole finalmente tramonta, il capo suona un fischietto, annunciando la fine della giornata. I braccianti, stremati, accorrono dal capo per ricevere la paga: il capo la elargisce a tutti, tranne che al ragazzo nigeriano. Poi i braccianti che hanno un sacco a pelo, Abed e Omar compresi, lo stendono all’interno del capannone.) Abed: Che giornata, Omar: ho avuto davvero paura quando il capo ha malmenato quel ragazzo… Omar: Purtroppo non è la prima volta che succede: accade ogni volta che un lavoratore si prende una pausa non autorizzata o non obbedisce a un ordine. (Sospirando) Forse non avrei mai dovuto portarti qui: ti avrei risparmiato tutto questo… Abed: Scherzi? Ti sono estremamente grato di avermi salvato dalla strada e di avermi dato la possibilità di guadagnare! Mi dispiace tanto per quel ragazzo, ma finché io non sgarrerò non mi accadrà nulla, giusto? Omar: Be’, immagino di sì… Abed: E allora né io né te dobbiamo preoccuparci: continuiamo a lavorare come sempre e non ci succederà nulla. Buonanotte, Omar. Omar: Buonanotte, Abed; ci vediamo domattina.
  • 8. Scena 4: (il mattino seguente i braccianti vengono svegliati dalle urla del capo) Capo: Sveglia! Sveglia, pelandroni! Si torna a lavorare! Su, forza! (I braccianti si alzano, vanno a prendere la zappa e il cesto e la giornata comincia. La giornata va avanti abbastanza bene fino alla pausa pranzo. Mentre mangiano una piccola porzione di pastasciutta, Omar si rivolge ad Abed) Omar: Amico, devo dire che ti ho visto parecchio diligente stamattina, e sei solo al tuo secondo giorno di lavoro: ti sei svegliato col piede giusto? Abed: Più o meno; semplicemente, visto ciò che è accaduto ieri, ho capito qual è la logica di questo posto: lavora tanto e sarai ricompensato, lavora poco e sarai punito; è piuttosto semplice a dirsi, ma, devo ammetterlo, è parecchio difficile a farsi: in più, il sole che c’è oggi chi sta facendo davvero sentire male. Omar: (preoccupato) Sicuro di stare bene, amico? Se non te la senti, puoi anche astenerti dal lavorare per un’ora; la tua paga odierna sarà ridotta, ma… Abed: Oh no, è fuori discussione: non solo non sarebbe giusto nei confronti degli altri che come me e te stanno qui tutto il giorno a spaccarsi la schiena, indipendentemente da come stanno, ma non posso assolutamente permettermi di perdere neanche un giorno di paga, altrimenti domani potrei non avere da mangiare! Non temere, Omar: ti ringrazio di essere così premuroso nei miei confronti, ma so quello che faccio. Capo: (soffiando nel fischietto) La pausa pranzo è finita! Si torna a lavorare, cialtroni! Abed: Forza, ora. Andiamo, Omar. (I braccianti poggiano per terra i piatti vuoti e riprendono a lavorare. Ad un tratto, verso le 4 di pomeriggio, quando il sole picchia più forte, Abed comincia ad avere dei giramenti di testa, e Omar se ne accorge)
  • 9. Omar: Abed! Tutto bene? Abed: Sì, sì, tutto bene, davvero. Devo solo… sedermi un momento… (Abed si accascia a terra, privo di sensi. Omar gli corre incontro) Omar: (allarmato) Abed! Abed, mi senti? (Non ricevendo risposta, Omar comincia a gridare) Aiuto! Per favore, qualcuno venga ad aiutarmi! Il mio amico è svenuto! (Sentendo le grida, il capo accorre) Capo: Cos’è tutto questo baccano? Omar: Signore, il mio amico è privo di sensi: deve trattarsi di un’insolazione! Capo: Be’, sapete come funziona, no? Lasciatelo lì, si riprenderà prima o poi. Omar: Lei non capisce! Se non lo portiamo subito al riparo dal sole potrebbe morire! La prego, mi permetta di portarlo nel capannone! Capo: Se lo fai, puoi dire addio alla tua paga di oggi. Omar: (disperato) Non m’importa! La supplico, lasciatemi salvare il mio amico! (Sospirando, il capo acconsente e Omar porta Abed nel capannone e comincia a rinfrescarlo con la sua bottiglia d’acqua. Dopo alcuni minuti, Abed riapre gli occhi) Abed: Urgh… O-Omar…? Cosa è successo? Omar: Mi hai fatto prendere un colpo: sei svenuto, probabilmente per un’insolazione; temevo saresti morto. Devi stare più attento a queste cose, Abed. Abed: Tranquillo, sto bene, ora. Meglio che torni a lavorare. Omar: Abed, non puoi continuare a maltrattarti così!
  • 10. Abed: (cambiando tono di voce) Senti, Omar, so perfettamente quali rischi corro, ma preferisco questo, piuttosto che morire di fame o di sete! Ora, se vuoi scusarmi, torno a lavorare, prima di perdere il mio giorno di paga! (Abed torna a lavorare e Omar, a testa bassa, lo segue) Scena 5: (Durante la stessa settimana dell’incidente, Abed era svenuto altre tre volte, ma non si era mai fatto troppi problemi. Era il quattordicesimo giorno che Abed lavorava alla piantagione e quel giorno sembrava uno come tutti gli altri.) Capo: Sveglia, poltroni! Si va a lavorare! Oggi voglio che sgobbiate più del solito! (Indicando verso Abed) Soprattutto tu, come ti chiami… Abed: Abed, sono Abed, signore. Capo: Be’ ‘Abed’, durante questi giorni ti ho visto svenire altre tre volte, proprio tu che sembravi il più determinato a lavorare e a guadagnare: non ti starai rammollendo, vero? Abed: (trasalendo) No, no, assolutamente no, signore: le assicuro che faccio del mio meglio ogni giorno e sono e sarò sempre pronto a lavorare per lei. Capo: Bene, Abed. Oggi ti terrò d’occhio e se ti impegnerai oltre le tue capacità, ti darò il doppio della tua paga! (Il capo esce dal capannone) Abed: Omar, hai sentito? Finalmente, tutti i miei sacrifici sono serviti a qualcosa! Omar: (sospirando) Abed, so che non mi vorrai dare ascolto, ma ti prego, cerca di capire: le tue condizioni stanno peggiorando e i tuoi svenimenti lo dimostrano: sei davvero pronto a mettere a rischio tutto solo per avere per un giorno 10 euro in più?
  • 11. Abed: Ti ho già detto che so che cosa rischio comportandomi così, ma forse non capisci che per me questa è l’occasione di spiccare tra gli altri, e magari, se continuo ad impegnarmi, il capo potrebbe raddoppiarmi la paga permanentemente! Ora su, andiamo a lavorare! (Quel giorno il sole era davvero cocente, tanto che il suolo scottava come la sabbia di un deserto. I braccianti lavorano imperterriti, con i piedi screpolati e con le piante rosse. Mentre Abed coglie più pomodori possibili più velocemente possibile, il capo lo guarda compiaciuto. Verso mezzogiorno, il sole picchia talmente forte che si vede del fumo salire dal terreno. Abed comincia di nuovo a sentirsi male: è esausto e suda tantissimo, ma cerca di resistere, mentre il capo continua ad incitarlo. All’improvviso Abed sente un forte dolore al petto e si accascia a terra. Omar, allarmato, corre verso di lui.) Capo: (con aria seccata) Oh, cielo, un altro svenimento? Be’, temo che non potrò raddoppiargli la paga oggi. (Omar prova a rianimarlo, ma non risponde; poggia l’orecchio sul suo petto e nota che il cuore non batte più.) Omar: Non è solo uno svenimento, temo sia un attacco di cuore! Presto, signore, chiami un’ambulanza! Capo: (rendendosi conto che chiamare un’ambulanza rivelerebbe la sua attività illecita) Ma… magari si tratta solo di un altro svenimento? Omar: (disperato) Infarto o meno, il suo cuore non batte! La supplico, chiami un’ambulanza! (Allora il capo si convince e chiama il 118.) Scena 6: Caserma dei carabinieri di Bari, oggi Omar: Purtroppo il campo di pomodori si trovava in mezzo al nulla, quindi l’ambulanza ci ha messo quasi mezz’ora ad arrivare; quando è arrivata vi hanno caricato Abed, anche se ormai… (si blocca e tira su col naso, asciugandosi una lacrima)
  • 12. (Il capitano dei carabinieri, appena finisce di prendere appunti è visibilmente scosso. Approfittando del silenzio, prende la parola) Capitano: Mi… mi dispiace davvero… Se solo avessimo saputo dell’attività illegale qualche giorno prima, forse Abed avrebbe potuto… (si blocca) Omar: Almeno, dopo questo episodio, probabilmente è girata voce del campo clandestino, dato che alcuni giorni fa siete venuto voi con i vostri colleghi a risolvere la situazione. Capitano: Voglio comunque che lei sappia che il campo è chiuso definitivamente e tutti voi sarete rimessi in libertà; inoltre abbiamo scoperto che il vostro “capo” era un importante rappresentante di un clan mafioso e ora è in carcere e spero che ci rimanga per un bel po’, anche se quando si parla di mafiosi devi sempre vedertela con i loro avvocati e con i loro parenti, quindi non posso assicurare che rimarrà in cella fino alla fine della sua pena. Omar: La ringrazio di tutto, capitano, lei è davvero una brava persona. (si alza dalla sedia) Posso andare, ora? Capitano: Certamente, non intendo trattenerla ancora. Ah, comunque, racconterò questa storia ai miei figli e a tutti quelli che conosco, in modo che Abed non sia morto invano; Abed diventerà il simbolo di tutti gli immigrati che hanno dovuto subire la vostra stessa sorte. (Omar, sorridendo, esce dalla stanza e chiude la porta dietro di lui.) Fine