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Counselling, definizione e ambiti operativi
1. Dr. Bruno Marzemin – Psicologo – Iscritto all’OPL n° 03/8312 del 9/6/2004
2. Il termine counseling (o anche counselling secondo l'inglese britannico)
indica un'attività professionale che tende ad orientare, sostenere e
sviluppare le potenzialità del cliente, promuovendone atteggiamenti
cliente
attivi, propositivi e stimolando le capacità di scelta.
scelta
Si occupa di problemi non specifici (prendere decisioni, miglioramento
delle relazioni interpersonali) e contestualmente circoscritti (famiglia,
lavoro, scuola).
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3. Il sostantivo counseling deriva dal verbo inglese to counsel, che risale a sua
volta dal verbo latino consulo-ere, traducibile in "consolare", "confortare",
"venire in aiuto“. Quest'ultimo si compone della particella cum ("con",
aiuto“
"insieme") e solere ("alzare", "sollevare"), sia propriamente come atto, che
nell'accezione di "aiuto a sollevarsi". È omologo un altro verbo latino:
consulto-are, iterativo di consultum, participio passato di consulo, col
significato di "consigliarsi", "deliberare", "riflettere". Ciò pone il termine tra
le forme del verbo italiano "consultare" come ricorso a competenze
superiori per necessità contingenti.
contingenti
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4. La traduzione di counseling nell'italiano consulenza è controversa in quanto un
altro termine, consulting, ha in inglese il medesimo significato.
È altresì problematica la sua traduzione con "consiglio". La similarità linguistica
"consiglio"
tra le parole "counseling" e "consiglio" può infatti trarre in inganno. Secondo
Pagani «[...] uno degli elementi distintivi del counseling rispetto alla situazione
del consiglio è che, nel primo caso, la relazione si svolge con un esperto ed è
finalizzata alla ricerca di una strategia per rendere possibili scelte o modifiche,
modifiche
nel secondo caso, invece, la relazione è paritaria e consiste nel suggerire [...]».
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6. La prima attestazione dell'uso del termine counseling per indicare
un'attività rivolta a problemi sociali o psicologici risale al 1908 da parte
di Frank Parsons. Nel 1951 la parola counselling è usata da Carl R.
Parsons
Rogers per indicare una relazione nella quale il cliente è assistito nelle
proprie difficoltà senza rinunciare alla libertà di scelta e alla propria
responsabilità.
L'attività di counseling è svolta da un counselor, un professionista
in grado di aiutare un interlocutore in problematiche personali e
private. In base al bagaglio di abilità possedute, le competenze
private
proprie all'attività di counseling possono essere presenti
nell'attività di diverse figure professionali quali psicologi, medici,
psicologi
assistenti e operatori sociali, educatori professionali.
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7. Essa è finalizzata a «consentire ad un individuo una visione
realistica di sé e dell'ambiente sociale in cui si trova ad operare, in
modo da poter meglio affrontare le scelte relative alla professione,
al matrimonio, alla gestione dei rapporti interpersonali, con la
riduzione al minimo della conflittualità dovuta a fattori soggettivi»,
ed è inoltre «un'attività di competenza relazionale che utilizza
mezzi comunicazionali per agevolare l'autoconoscenza di se
stessi attraverso la consapevolezza e lo sviluppo ottimale delle
risorse personali, per migliorare il proprio stile di vita in maniera
più soddisfacente e creativo».
creativo»
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8. Secondo Rollo May – uno dei padri fondatori del counseling insieme a Rogers
– il counselor ha il compito di «favorire lo sviluppo e l'utilizzazione delle
potenzialità del cliente, aiutandolo a superare eventuali problemi di personalità
che gli impediscono di esprimersi pienamente e liberamente nel mondo esterno
[...] il superamento del problema, la vera trasformazione, comunque,
spetta solamente al cliente: il counselor può solo guidarlo, con empatia e
cliente
rispetto, a ritrovare la libertà di essere se stesso».
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9. La BACP (British Association for Counselling and Psychotherapy) fornisce la
seguente definizione dell'attività di counseling: «Il counselor può indicare le
opzioni di cui il cliente dispone e aiutarlo e seguire quella che sceglierà. Il
counselor può aiutare il cliente a esaminare dettagliatamente le situazioni o i
comportamenti che si sono rivelati problematici e trovare un punto piccolo ma
cruciale da cui sia possibile originare qualche cambiamento. Qualunque
cambiamento
approccio usi il counselor [...] lo scopo fondamentale è l'autonomia del cliente:
cliente
che possa fare le sue scelte, prendere le sue decisioni e porle in essere».
Analogamente AssoCounseling definisce l'attività di counseling come: «[...] un
intervento informativo, esplicativo e di supporto finalizzato non tanto a trovare
soluzioni, ma a far sì che il cliente mobiliti le proprie risorse per convivere meno
dolorosamente con la propria situazione di vita reale nel quotidiano».
quotidiano
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10. L'attività di counselling può essere svolta in ambito privato
(individuale, di coppia, familiare, di gruppo),
comunitario (scolastico, religioso, interculturale, etc.),
lavorativo (aziendale, socio-lavorativo, etc.)
e socio-assistenziale (artistico, esistenziale, sociale, etc.).
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11. Negli Stati Uniti notizie su attività di counseling si trovano fin dai
primi anni del Novecento, quando alcuni operatori sociali adottano il
termine per definire l'attività di orientamento professionale rivolta
ai soldati che rientrano dalla guerra e che necessitano di una
ricollocazione professionale. Negli anni cinquanta nascono la
Division of Counseling Psychology dell'APA (American Psychological
Association) e l'American Personnel and Guidance Association.
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12. Successivi sviluppi avvengono per l'influenza di attività di ricerca e culturali
quali:
l'orientamento scolastico rivolto agli studenti al termine delle scuole
superiori;
l'orientamento professionale rivolto prevalentemente ad ex lavoratori
necessitanti di una nuova collocazione professionale;
l'assistenza sociale e infermieristica;
le psicoterapie – in particolare comportamentista e psicoanalitica – col
sostanziale contributo dell'orientamento umanistico-esistenziale,
dell'esistenzialismo e dei movimenti olistici orientati alla salute finalizzati alla
prevenzione dei problemi psicologici tesi all'abbandono dei modelli
centrati sulla psicopatologia in favore di criteri orientati alla salute e alla
prevenzione psichica.
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13. Il Italia si possono rintracciare attività affini al counseling nella storia
dell'assistenza sociale che ebbe inizio intorno agli anni venti. Tali
iniziative assistenziali, formalmente costituitesi nel 1929, avevano
carattere filantropico e volontario e nascevano nello stesso periodo
delle prime scuole per assistenti sociali.
Il termine counselor inizia ad essere utilizzato a partire dagli anni
novanta nei corsi di formazione organizzati da scuole di
psicoterapia e nell'associazionismo finalizzato a regolamentare tale
attività. Nel 2000, negli elenchi del "IV Rapporto di monitoraggio sulle
Associazioni rappresentative delle Professioni non regolamentate" del
CNEL, sono riportate per la prima volta due associazioni di counseling.
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14. Attualmente il counseling in Italia non è una professione regolamentata: lo Stato non indica
cioè i requisiti minimi necessari per esercitarla. Non esiste alcuna normativa di riferimento,
nessun percorso formativo obbligatorio né tanto meno l'obbligo per il professionista di iscrizione
ad un qualche albo professionale. In questo quadro normativo «chiunque può definirsi counselor
e asserire di esercitare il counseling».
Per il suo specifico settore di intervento il counselor non va confuso con altre
figure professionali, quali, ad esempio: lo psicologo, lo psicoterapeuta, lo psichiatra
o lo psicoanalista. Infatti l'attività di counseling non prevede l'utilizzo di tecniche
e metodologie di intervento proprie delle figure professionali su citate quali, ad
esempio: la somministrazione o prescrizione di farmaci, l'utilizzo di reattivi
psicodiagnostici e, più in generale, quelle attività che nel dettaglio sono proprie della
figura dello psicologo o del medico.
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15. Benché in assenza di una normativa specifica, nella sostanza, è opportuno e
necessario:
possedere una formazione teorica e pratica adeguata;
avere fatto personale esperienza e pratica dei contenuti teorici per evitare
di operare «sulla base dei propri più o meno rigidi pregiudizi» in modo da
superare l'eventuale etnocentrismo: la tendenza ad utilizzare la propria
cultura come paragone per le altre;
adempiere ai doveri fiscali mediante l'apertura di una partita IVA e di una
posizione previdenziale presso l'INPS ed emettere, per le proprie prestazioni,
fatture comprensive degli oneri di Legge.
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16. Nei corsi offerti dalle scuole di formazione si mutuano le tecniche dai principali
modelli della psicologia. Tali corsi in media hanno una durata di tre anni ed
i seguenti contenuti:
teorie e tecniche di counseling;
esercitazioni pratiche;
training personale individuale o di gruppo;
supervisione dell'attività iniziale.
Al termine del corso viene rilasciato un attestato di frequenza con carattere
privatistico. Per i corsi erogati da Agenzie Formative accreditate dalle Regioni
viene rilasciato un attestato di qualifica professionale.
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17. A differenza del paziente nella psicoterapia, il cliente nel
counselling non ha bisogno di essere curato né aiutato a
superare una sofferenza psicologica, ma si avvale delle
competenze del counselor come sussidio delle capacità che già
possiede in modo da conseguire gli obiettivi che desidera, nei
modi e nei tempi che gli sono consoni
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19. Non esistendo una precisa normativa in merito, gli utenti del counselling e i
counselor, come ogni cittadino, sono soggetti alla Legge ordinaria e alle
istituzioni competenti:
il Tribunale che, nelle sue diverse esplicazioni, applica quanto è previsto dalle
leggi e dai codici; in particolare dal Codice civile che regola le norme di
esecuzione di un contratto o di un mandato;
l'AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) riguardo al
rispetto delle norme che regolano la concorrenza, la pubblicità ingannevole e
gli abusi relativi.
il Garante della privacy, che vigila sul rispetto delle norme relative al
trattamento dei dati (personali, sensibili, identificativi, etc.) dei cittadini da
parte di singoli professionisti e/o di persone giuridiche.
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20. Le maggiori critiche all'attività di counselling vengono mosse da una parte della
categoria degli psicologi (alcuni Ordini regionali ed alcune associazioni di categoria) e
riguardano, in particolare, i seguenti punti:
la non regolamentazione della professione di counselling nuoce agli utenti in quanto
vengono a mancare i presupposti minimi per la tutela che, invece, una professione
regolamentata garantisce (Legge di ordinamento, codice deontologico, etc.);
l'attività di counselling è in realtà attività di consulenza psicologica e, pertanto, i
counselor che si definiscono tali ma che non sono psicologi iscritti all'Ordine compiono
un abuso (esercizio abusivo della professione);
molte competenze del counseling sono competenze proprie alla professione di
psicologo e dunque, le stesse scuole di formazione che erogano corsi di counseling a
non psicologi, compiono un abuso in riferimento all'art. 21 del codice deontologico
degli psicologi;
molte competenze del counseling, essendo competenze proprie alla professione di
psicologo, possono essere esercitate solo da psicologi iscritti all'Albo, ex art. 1, L.
56/89.
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21. Le associazioni di categoria di counselling ed alcune associazioni di categoria di psicologi,
sostengono invece che:
già l'Antitrust si è espresso nel 1999 rispetto alla non obbligatorietà dell'esistenza di un Ordine
professionale per esercitare una professione;
l'ENPAP (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza degli Psicologi) nel 2003 effettua una
delibera suggerendo al Ministero della Giustizia di comprendere anche professioni affini alla
psicologia tra i propri contribuenti;
la giurisprudenza attualmente esistente in Italia non ha fino ad oggi rilevato –
nonostante precise accuse rivolte ai counselor di esercizio abusivo della professione di
psicologo ai sensi dell'art. 348 del Codice penale – abusi di professione da parte di
counselor;
i tentativi effettuati dalle commissioni deontologiche degli Ordini territoriali degli
psicologi si sono, fino ad oggi, conclusi con l'archiviazione dei procedimenti disciplinari
precedentemente aperti per violazione dell'art. 21 del codice deontologico;
il recepimento della Direttiva dell'Unione Europea 2005/36/CE offre la possibilità per le
associazioni di categoria di counseling di potersi iscrivere in uno speciale elenco redatto dal
Ministero della Giustizia;
il successivo Decreto Interministeriale (Ministero della Giustizia e Ministero delle Politiche
Europee) che istituisce il procedimento per la valutazione delle istanze di riconoscimento delle
associazioni di categoria.
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22. E' buona norma capire che ogni cliente è unico e diverso dai
precedenti, e pertanto la seduta che abbiamo affrontato in precedenza
precedenti
risulterà esser completamente nuova con il successivo. Come accade
per la psicoterapia, pure il counselling deve adattarsi alla persona, e
persona
non viceversa.
Altra norma da rispettare - e chiarire più volte al cliente - è la
normativa e la tutela dei dati personali: qualsiasi cosa, comprese le
personali
più intime e personali, rimarranno "in quella stanza e da lì non
usciranno". Lo stesso vale anche per i colleghi eventualmente
presenti nell'ufficio. Questo contribuisce fortemente a creare quel
clima di cordialità e di "ponte" necessario ad un buon colloquio
conoscitivo ed orientativo.
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23. Il professionista deve sempre e comunque motivare e spiegare
qualsiasi azione, frase o domanda che rivolge al cliente: non solo
cliente
perchè sta facendo delle domande a corsi particolari effettuati da esso,
ma anche perchè nel prendere appunti usa alternativamente la penna
rossa e la penna blu.
Seguire interviste strutturate o modelli prestampati per fare una buona
seduta può andar bene per i primi colloqui, ma la differenza per una
buona seduta viene fatta da buoni appunti e una lucidità mentale nel
cogliere gli aspetti principali della persona che abbiamo davanti.davanti
Questo per carpirne le potenzialità, le risorse (anche quelle non
palesate) e indirizzare al meglio il cliente verso la strategia lavorativa
più efficace. Riuscire ad evocare interessi e voglia di fare è un
eccellente risultato: sarà poi il cliente a scegliere la propria strada,
risultato
com'è giusto che sia.
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24. L'esperienza del professionista conta, e conta parecchio nella
conta
seduta di counselling. Aver già fatto pratica in certi settori, come il
metalmeccanico, il chimico, ecc., contribuisce a creare quel ponte
comunicativo tra professionista e cliente, oltre a cogliere meglio
quali risorse organizzative e tecniche cui egli è vivo portatore.
Le pause pranzo e pause caffè sono ottimi momenti in cui la
persona si lascia più andare, e noi possiamo cogliere aspetti
interni che inseriremo nella strategia programmatica della presa di
coscienza delle risorse. La discrezione da parte nostra, unita ad
risorse
una buona educazione, da un lato ci fa identificare come persona
professionale, ma non troppo "affettata" e rigida nella teoria come
inizialmente si potrebbe dar da pensare.
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25. Se la persona inizia a parlare in dialetto o ad usare espressioni particolari è un segno
che ella trova confidenza in noi, che il ponte è gettato, si fida di noi e tutto riesce più
noi
semplice nella conduzione della seduta.
Stiamo però bene attenti a non farci invadere troppo nella nostra intimità e nei nostri
spazi propriamente personali: un conto è raccontare al cliente che siamo sposati, un
conto dar lui il nostro recapito telefonico privato.
Gli appunti che noi prenderemo usiamoli per tenere traccia di quanto fatto e vissuto
dal cliente. Organizziamoli come andiamo meglio noi, ma poi conserviamoli con le
cliente
dovute cautele: sono dati sensibilissimi, e come tali vanno conservati con maggior
scrupolo ed attenzione di altri.
Possiamo comunque tenere una piccola raccolta dei nostri colloqui, ma questo dovrà
colloqui
esser mirato per una nostra crescita personale, non per pubblicizzare il nostro
lavoro. Sono utili a fine giornata per fare un punto della situazione interno: dove
abbiamo agito meglio, quali sono stati i punti più deboli nel nostro rapportarci, cosa
migliorare.
Beninteso, il cliente deve sempre esser informato su questo.
questo
Se volessimo includere il resoconto della seduta in un nostro scritto o pubblicazione, chiedere sempre il
consenso al cliente, in carta scritta, sottolineando in modo chiaro la dicitura che comunque le sue generalità per
poter esser riconosciuto verranno omesse.
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26. Ed infine…
la redazione del curriculum vitae: fino a che punto insistere?
vitae
Confinare quest'ambito in un'ottica più generale formativa.
Cerchiamo e puntiamo di far capire al cliente come muoversi
e come "vendersi" nel mondo del lavoro.
I consigli, si sa, li dimentichiamo: una giusta intuizione
invece resta più a lungo...
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28. Bibliografia
Wikipedia, voce “counseling”;
Paola Binetti; Rosa Bruni, Il counseling in una prospettiva multimodale, Roma, Ma.Gi., 2004..
Vincenzo Calvo, Il colloquio di counseling, Bologna, Il Mulino, 2007.
Robert R. Carkhuff, L'arte di aiutare, Trento, Erikson, 1989.
Marcella Danon, Counseling. L'arte della relazione d'aiuto attraverso l'empatia, 2a ed. Como, RED, 2009..
A. Di Fabio, Counseling e relazione d'aiuto: linee guida e strumenti per l'autoverifica, Firenze, Giunti, 2003.
A. Di Fabio; S. Sirigatti, Counseling: prospettive e applicazioni, Firenze, Ponte alle Grazie, 2005.
Cecilia Edelstein, Il counseling sistemico pluralista: dalla teoria alla pratica, Trento, Erickson, 2007.
Margaret Hough, Abilità di counseling, Trento, Erickson, 1999.
Rollo May, L'arte del counseling, Roma, Astrolabio-Ubaldini, 1991. .
Roger Mucchielli, Apprendere il counseling, Trento, Erikson, 2006.
Carl R. Rogers, La terapia centrata sul cliente, Firenze, Martinelli, 1994..