1. capitolo I u obiettivo: fare gol
come si fa gol?
> su cross;
> su iniziativa individuale;
> su combinazioni a due o a tre;
> su errore dell’avversario;
> su calcio piazzato.
Le azioni che preparano l’ultimo passaggio, quelle cioè che permettono ad un
giocatore di finalizzare il gioco tirando in porta, riscuotono sempre il favore del
pubblico… attenzione quindi alle squadre che soffocano il gioco avversario
ammassandosi intorno alla palla!
u cross e ricezione
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5
11
4
9
11
2
10
I gol segnati su cross, in particolare su quelli all’indietro, sono spesso molto
spettacolari. 11 è spostato in profondità sulla fascia sinistra. 10 gli passa il pallone sulla corsa, 11 supera l’avversario e crossa al centro. 9, che ha anticipato
e superato 4, riceve al volo e fa gol.
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2. capitolo II u dalla tecnica alla tattica
T
ermini come “allargamento sulle fasce” o “attacco”, “ripiegamento
strategico”o “manovra di diversione” nascono dal vocabolario militare.
Così il calcio, dove due squadre si affrontano per contendersi un pallone, è prima di tutto una “guerra” che divide gli spettatori. Alcuni di loro si identificano con i tattici e sognano di vedere ciò che più amano: la raffinatezza dei
tocchi, gli scambi corti, il gioco del gatto col topo di cui apprezzano l’astuzia,
la riflessione, l’intelligenza. Gli altri preferiscono invece la forza, l’impegno, la
determinazione, i grandi spazi.
Giocatori, spettatori, dirigenti, giornalisti, o allenatori: in quale gruppo vi collocate? Bisogna rafforzare le linee o filtrarle, sfondarle o aggirarle? La guerra
teorica delle tattiche e delle strategie oppone i dialettici del calcio, e non solamente gli attori in campo. L’obiettivo resta sempre vincere senza infrangere
le regole.
Ad ogni modo, di forza o di finezza, alcuni giocatori sono riusciti ad imporre la
loro personalità.
Un giocatore non può giocare contro la propria natura. Un allenatore competente non può incatenare l’attore più eclettico, ma deve disporre in campo
il “blocco squadra” e una strategia che siano adatti all’avversario, tenendo
conto dei suoi punti di forza e di debolezza.
Se il gruppo dei giocatori agisce nel rispetto dell’avversario, il gioco sarà più
limpido e lo spettacolo più apprezzato. L’importanza della sfida non deve sistematicamente snaturare ed appiattire il gioco.
Quando una squadra ha una grande superiorità su quella avversaria, monopolizza il pallone e conduce il gioco a proprio piacimento; può quindi concretizzare la sua supremazia in campo realizzando numerosi gol. Le sue costruzioni
di gioco sono spettacolari, l’avanzamento del pallone è rapido e preciso, ed
i piazzamenti degli attaccanti sono adatti a moltiplicare le conclusioni. Non
si può però impedire ad una squadra considerata più debole di organizzarsi
di conseguenza, occupando la sua metà campo e puntando esclusivamente
sul contropiede. La sua prima preoccupazione diventa quella di evitare una
pioggia di gol, ma non è escluso, al momento di una delle sue rare incursioni
nell’area avversaria, che possa anche riuscire a segnare. Se ci si trova allora in
grande difficoltà a trovare spazio per il tiro, visto il disturbo del blocco difensivo
avversario disposto in modo chiuso e compatto, starà alla squadra più forte
cercare delle soluzioni vincenti.
Quali sono, in modo schematico, le organizzazioni difensive più spesso adottate e più adatte al gioco moderno?
Essendo l’obiettivo quello di far avanzare il pallone nelle fila avversarie, il dispositivo difensivo di una squadra ha come principio di base:
> la protezione della propria porta
> la riconquista del pallone per passare dall’azione difensiva a quella
offensiva.
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3. capitolo III u in cerca del gioco combinato
R
ispetto il pensiero dei sognatori e dei teorici idealisti. Nel caso specifico
del “duello”, aspetto di leggere quello che loro consigliano per arrivare
a rifiutare questo termine.
Tranne quando il giocatore, con il suo anticipo, con la sua velocità, o per il
vantaggio di una deviazione, s’impossessa del pallone con un’apparente facilità, il duello è un elemento costitutivo e fondamentale del gioco del calcio.
A seconda della zona del campo, esso mette in evidenza un certo numero di
qualità che permettono, in assenza di opposizione, di appropriarsi del pallone,
di mantenerne il possesso, di passarlo…o di concludere a rete.
Quando al giocatore in possesso di palla questa viene sottratta nel rispetto
delle regole, si tratta di un duello. Il faccia a faccia portiere-attaccante, è un
duello. La palla che passa di compagno in compagno, non esclude il disturbo
od il tentativo di disturbo da parte degli avversari che cercano di riprendere il
pallone. Il calcio prende in prestito dai moschettieri il loro motto; nella riconquista del pallone, nei piazzamenti e negli spostamenti devono essere combinati,
e la copertura del terreno di gioco deve essere completa; nell’area offensiva,
in prossimità del portatore di palla, i giocatori devono moltiplicare gli sforzi e
andare ad occupare delle posizioni utili a far seguire l’azione o a finalizzare:
“Tutti per uno.”
Sia il difensore che, per il suo senso della posizione e con un buon intervento, riprende la palla all’avversario, che il dribblatore talentuoso che s’infila in
una difesa molto compatta per sfondare le fila avversarie o offrire un assist al
compagno di squadra, giocano per la collettività e danno vita così alla formula:
“Uno per tutti”.
I duelli si realizzano e si succedono nel contesto del gioco, ne sono cioè la trama fondamentale. Saper guidare la palla attraverso gli ostacoli non è garanzia
di successo nel dribbling. Se ci dovesse essere una relazione tra questi due
esercizi, è proprio davanti all’avversario che il dribblatore sperimenta i suoi
“saper-fare”.
Quando il giocatore è in grado di affrontare l’1 contro 1 con una certa efficacia,
dobbiamo introdurlo ai concetti di sostegno, appoggio, chiamata.
A u riconquistare - attaccare - concludere
La riconquista del pallone può riuscire nell’1 contro 1, essere preparata nell’1
contro 2, oppure essere perseguita nella costruzione di un attacco fino al tiro
in porta.
A seconda della disposizione in campo della vostra squadra in profondità e
nelle fasce laterali, nel gioco vengono continuamente interrotti e poi ricomposti dei triangoli. É per questo motivo che sostegno, appoggio, chiamata sono
delle posizioni e delle azioni chiave per la costruzione del gioco.
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4. capitolo IV u la tecnica
L
o sviluppo delle organizzazioni di gioco verso un maggior rigore e gli
enormi progressi realizzati nel campo della preparazione atletica non devono negare ciò che fa spettacolo in una partita: la tecnica. Scegliere
un’azione piuttosto che un’altra è una capacità data dall’intelligenza tattica,
ma gli spettatori più esperti che si dicono poco soddisfatti delle strategie più
complesse, elogiano prima di tutto l’apparente facilità, la precisione e l’eleganza del gesto tecnico, l’efficacia di Di Stefano, Pelé, Kopa, Beckenbauer,
Cruyff, Platini, Zidane, Beckham, Figo, Henry, Ronaldo, Ronaldinho o quelle
del campione della propria squadra.
Ci sembra fondamentale non solo ricordare la varietà delle possibilità tecniche
del gioco di piede, ma anche precisare, secondo la forma del gesto, certe
finezze che possono sfuggire ad un normale osservatore.
Il divieto di usare le mani per dieci giocatori su undici, a parte la rimessa in gioco, ha via via aumentato la creatività dei calciatori. L’uso del petto, dell’esterno
piede, del tacco si è arricchito, modellato ed affinato attraverso le partite e gli
allenamenti.
Il senso acrobatico ha poi permesso al brasiliano Leonidas, ora vicino ai settant’anni, di effettuare quella sforbiciata che tutt’oggi i pulcini delle scuole calcio tentano di imitare.
La tecnica è nata dal gioco e si perfeziona anche al di fuori di questo , ma è nel
gioco che ritorna perché è lì che trova la sua espressione più alta, nel confronto
continuo tra due squadre ed a servizio del senso tattico.
Non è un caso se nel calcio, in gergo, quando si parla di un giocatore mediocre, si usa dire in modo dispregiativo che ha i piedi storti o quadrati!
È vero anche che i puristi per mettere in evidenza le capacità di un giocatore
abile tecnicamente, usano il verbo “accarezzare” la palla per lodare il suo uso
del piede, paragonabile appunto a quello di una mano. Speriamo che in futuro
il vocabolario dello sport omologhi il termine “pédier”* (= usare i piedi) la cui valenza semantica ci pare più adatta al contesto, quando si sa che “maneggiare”
la palla può costare un rigore!
Considerando il piede come mezzo principale e con esso alcune superfici
complementari di contatto, vi proponiamo di passare in rassegna, con un punto di vista un po’ nuovo, gli elementi della tecnica e le loro caratteristiche.
*Vocabolario incerto sul piano letterario, ma significativo per i giocatori.
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5. capitolo V u i principi del gioco
u ieri, oggi e domani: i principi del gioco
sono eterni
L
a querelle sul calcio tra gli anziani ed i moderni, più di carattere teorico
che pratico, esiste ancora.
Parlare di difesa a uomo e di difesa a zona è quasi come toccare le
guerre di religione. Gli undici giocatori muovono il pallone per attaccare oppure
aspirano a riconquistarlo: con energia e determinazione nel confronto diretto,
con un acuto senso tattico nelle situazioni d’inferiorità numerica (ad esempio 1
contro 2), o con la trappola del fuorigioco.
Senza tempi morti. Nel calcio moderno, la partita può allungarsi ai tempi supplementari. I raggruppamenti difensivi si posizionano in velocità a “grande V”.
Anche il minimo errore si paga molto caro. È per questo motivo che difensori
bravi nel piazzamento, dalla capacità di giudizio e dalla buona tecnica come
Laurent Blanc, Marcel Desailly, Lilian Thuram, Maxime Bossis, Marius Trésor,
Manuel Amoros…fanno carriera.
I “recuperatori” di palla vigili e attenti, la cui attività non si ferma mai, come
Didier Deschamps, Makelélé, Vieira, combattono ostinatamente per tutta la
partita. Gli abili centrocampisti offensivi, come Platini, Zidane, Beckham, si
impegnano con buon esito ed eleganza a far filtrare l’ultimo passaggio per la
punta, oppure ad aumentare il proprio bottino personale. I “girovaghi” del campo del calibro di Fontaine, Onnis, Skoblar, Muller, Papin, Shevchenko, Pauleta,
Trezeguet, Van Nistelrooy, più rapidi della loro ombra e astuti come una volpe,
mirano con forza e prepotenza al bersaglio oppure realizzano di finezza, senza dimenticare quei cannonieri che amano partire da lontano, come Thierry
Henry.
In mancanza di un ruolo iniziale o di una funzione di base, il giocatore moderno si evolve sfruttando tutte le sue potenzialità. Esemplare è l’immagine che
ha per sempre fissato nella mente di tutti Lilian Thuram proiettandosi in fase
d’attacco durante Francia-Croazia, e battendo per ben due volte i pali di Ladic.
Occorre sapere, per rispetto della storia, che la settimana precedente Aimé
Jacquet, allenatore molto più acuto di quello che credevano i suoi detrattori,
aveva buttato là una battuta durante la preparazione: “Insisti Lilian, mettici
maggior convinzione, altrimenti rischi di non segnare mai nella tua carriera”.
Il generoso Antillais continua a dimostrare che, come Lisarazu, Desailly,
Mexès, Boumsong, il principio di gioco “tutti attaccano, tutti difendono” s’impone come una regola di comportamento indispensabile nel calcio del terzo
millennio. Più che mai sono importanti la mobilità, il proporsi in tutte le fasi,
le combinazioni, i sostegni, gli appoggi, le chiamate di palla, gli scivolamenti,
gli sganciamenti, la copertura alternata, partecipando allo sviluppo del gioco
senza comprometterne precisione e affidabilità.
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6. capitolo VI u lo spirito del gioco
N
essun gioco, pur semplice che sia, può svolgersi senza delle regole.
Anche i bambini a scuola quando giocano lo fanno rispettando i regolamenti prestabiliti. Questi possono variare da un paese ad un altro,
ma ovunque resta il concetto alla base. La popolarità del calcio, dal livello
regionale, passando per quello nazionale fino all’ internazionale, condusse l’International Board a regolamentare il gioco per facilitarne la diffusione e favorire
gli scambi sportivi e culturali nel mondo.
Nel 1862, al collegio d’Eton, potevate essere oltre la linea della palla a condizione di contare almeno quattro avversari davanti a voi. Altrimenti eravate uno
“sneack” (un vile ipocrita) e dunque penalizzabile.
Prima della regola sull’arbitro (1890), i capitani di squadra dei collegi facevano
le regole tra di loro. Un giocatore espulso usciva sempre con dignità, senza
protestare.
Quando gli arbitri appaiono per la prima volta, erano scelti tra i capitani delle
squadre. Erano i primi giudici di gara, ed erano inattaccabili. Stavano fuori dal
campo, ed avevano il potere di concedere o annullare un gol. La loro autorità
si estendeva fino all’espulsione: erano considerati incorruttibili. Il collegio di
Chelteman elaborò per primo l’idea di introdurre un osservatore neutro assistito da altri due giudici; questi riferivano all’arbitro di gara principale, che
decideva in caso di dubbio. Poteva, su suggerimento educato ma fondato di
un capitano o di un altro giocatore, fischiare un rigore contro chi commetteva
un fallo.
Che ne pensate voi, giocatori del terzo millennio?
Il rigore è necessario. Gli insegnanti devono essere intransigenti, gli arbitri decisi, e le sanzioni esemplari. I dirigenti dei grandi club, i loro direttori tecnici e
gli allenatori devono mantenere la calma in tutte le circostanze. Al di là degli
interessi commerciali, il calcio è, per definizione, un gioco. Le sue regole devono essere rispettate. L’iniziativa di Daniel Diguet, presidente della BassaNormandia, di firmare una carta del fair play arbitri-allenatori è sì affascinante
per gli uni, ma nel contempo ingenua per gli altri. La sua efficacia dipenderà
dall’insieme degli attori coinvolti, sia sul campo che fuori. Cinquant’anni fa,
Georges Capdeville aveva già tentato di riunirli, durante il primo stage degli
arbitri federali ed internazionali all’Istituto nazionale dello sport; erano gli inizi
degli anni ‘50, ed apprezzai moltissimo il primo faccia a faccia con il capo degli
arbitri che aveva diretto la finale del Mundial ’38.
Specialista in questa disciplina, fui incaricato di dirigere ogni mattina una seduta di preparazione atletica per gli arbitri. Il terzo giorno, Georges Capdeville
mi chiese senza giri di parole: “Jo, non so perché, ma non piaci ai miei colleghi.
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7. capitolo VII u potere - sapere - volere
T
utto il mondo ha capito oggi che, senza potenzialità atletiche, non è
possibile imporre la propria tecnica e metterla al servizio della propria
intelligenza tattica. Le qualità fisiche, dunque, si adattano strettamente
alle realtà di gioco. Se l’efficacia degli scatti fa appello alla velocità pura, l’attitudine a ripeterli si basa sulla durata e sulla resistenza. Il senso dell’equilibrio,
la coordinazione e il controllo degli appoggi assicurano il successo degli stop,
dei mezzi giri, dei cambi di direzione.
Se il “timing”, la capacità di eseguire il gesto nel giusto momento, è indispensabile per il gioco di testa, è l’allungamento che però fa la differenza. Apparentato
con la potenza, legato alla forza ed alla velocità, è una qualità determinante
anche nel tiro dove la buona riuscita del gesto beneficia anche della sua potenza. Il successo di numerosi elementi riferiti alla tecnica dipende dall’elasticità e
dall’agilità, in particolare per la finta, il dribbling, e per i tiri al volo acrobatici.
Tutte queste qualità indispensabili devono adattarsi alle esigenze del calcio.
La velocità si differenzia nettamente da quella necessaria per una gara dei 100
metri piani; oltre al fatto che si esprime molto spesso per distanze tra i 10 ed
i 30 metri, essa fa appello più alla capacità di giudizio ed al senso dell’anticipo. Partire troppo presto (e finire in fuorigioco), partire troppo tardi (ed essere
anticipati), saltare in alto ma fuori tempo, sono degli handicap insormontabili.
Occorre sempre tenerne conto.
Inoltre le risorse atletiche sono rivelatrici della tecnica; la miglior prova è data
da Pelé che ha mostrato in diversi momenti che, nonostante il passare degli
anni, il suo controllo di palla restava eccezionale. I suoi “saper-fare” erano intatti, ma non gli permettevano più di imporre il suo gioco contro un avversario
che paralizzava fisicamente la sua azione. Non era più sufficiente solo “saper
fare”, ma diventava necessario “poterlo fare”. Quando i giocatori di alto livello
tecnico appendono le scarpe al chiodo, è sempre per questa ragione. Il loro
senso tattico resta intatto, la loro tecnica anche, ma le loro qualità fisiche calano drasticamente: diventano meno rapidi, meno potenti, meno elastici, meno
agili, e dunque il loro potere atletico diminuisce. Come conseguenza, diventano meno veloci e meno pronti, e i loro gesti si rivelano meno efficaci. Arrivano
a perdere quasi sempre un tackle contro l’avversario, e di conseguenza la palla
sfugge facilmente al loro controllo.
Dopo una dimostrazione di gioco al volo da parte di due istruttori miei amici
durante uno stage della nazionale, un osservatore perspicace li avvicinò con
queste parole:
- Posso permettermi un’osservazione?
- Certamente!
- Sono ormai una decina d’anni che voi partecipate a questo stage e io ho notato una chiara evoluzione nel vostro atteggiamento; siete molto più flessibili.
L’elasticità muscolare ed articolare era la causa e la prova vivente dell’importanza di questa qualità, tra l’altro tra le più facili da allenare.
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8. capitolo VIII u l’immagine parla
S
u suggerimento del mio amico e collega Raymond Chappuis, appassionato di “ricerca”, Igor Barrère, uno dei pionieri dell’ORFT, mi invitò un
giorno ad una trasmissione televisiva, finalizzata allo studio della personalità di alcuni giocatori. Sotto sua richiesta, indicai tre giovani calciatori, differenti per struttura atletica e carattere. Se rivedessero oggi questo filmato, senza dubbio si ricorderebbero dell’esperienza che hanno vissuto con Igor Barrère
prima di affermarsi in campo internazionale: Jacky Novi, difensore centrale (20
convocazioni in nazionale A), Hervé Revelli centravanti capace di dare sostegno e di concludere (30 convocazioni) e Georges Bereta, ala di allargamento
e grande crossatore (44 presenze). L’esercizio consisteva nell’osservare una
foto, comprenderla, analizzarla, calcolare al tempo stesso la situazione e poi
l’eventuale azione che si sarebbe potuta realizzare a partire da questa. L’esperienza appurò il senso tattico e la personalità dei giocatori testati.
Ero tentato in questo manuale di sperimentare lo stesso esercizio su qualche
personalità del pianeta calcio odierno, e di confrontare le analisi schematiche:
> di giocatori di talento attivi o non più attivi;
> di allenatori coinvolti nel circuito internazionale, nazionale, regionale…;
> di istruttori di giovani;
> di giornalisti competenti;
> di dirigenti preparati.
Ringrazio tra loro quelli che mi avevano dato la loro disponibilità, direttamente
o sotto l’egida della Direzione tecnica nazionale, dell’ “Amicale des educateurs”, dell’U.N.F.P., dell’U.N.E.C.A.T.E.F., dell’Association des cadres techniques, dell’“Amicale des anciens de l’I.N.S.” che organizza stages di formazione e di perfezionamento nazionale ed internazionale.
Ho rinunciato e ho scelto, assieme alle Edizioni Amphora, i Sigg. Renaud Dubois e François Gil, ed una formula più adeguata. Ai lettori giudicare.
L’uso del video sembra oggi permettere a tutti i tecnici di analizzare meglio
per meglio comprendere. In ogni club l’allenatore esamina con attenzione le
immagini dell’ultima partita della sua squadra e del prossimo avversario. La
visita al magnifico e funzionale complesso de “La Gaillette” del R.C. Lens ci
ha permesso, grazie a Michel Ettore, di assistere allo studio e alla scelta delle
immagini, alla selezione e al montaggio di sequenze elaborate da Marc Houvenaeguel, insegnante ed appassionato di calcio e di video. La successione,
e poi ancora la lettura e l’analisi delle sequenze è necessariamente ispirata,
realizzata e orchestrata durante la visita del n.1 tecnico del club Joël Muller
e del suo staff. Grazie all’accoglienza del personale tecnico e di un presidente innovatore come Gervais Martel, quando abbiamo messo piede in questo
centro, abbiamo assaporato lo stesso spirito che ispira le migliaia di appassionati spettatori che frequentano il Félix Bollaert. Oggi Francis Gillot, successore
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9. capitolo IX u brevi cenni storici
S
e all’alba del terzo millennio, l’Asia conferma le sue ambizioni anche nel
calcio, alcuni ricercatori ricordano che il gioco della palla c’era già in
Cina prima di Gesù Cristo. Se avessi saputo che, nonostante le critiche
dei suoi cortigiani, l’imperatore Qin Shi Huang Di, aveva imposto il pallone
come esercizio militare alle sue truppe d’èlite, una delle più grandi emozioni
della mia vita sarebbe stata la scoperta della sua tomba a XiAn, 1165 km a
ovest di Pechino. Fui comunque rapito da questo gruppo immobile e muto di
guerrieri di terracotta che proteggevano l’ultima dimora dell’imperatore morto
nel 210 a.C.
Praticavano davvero nella provincia dello Shandong il “cuju”, questa forma
arcaica di calcio? Restiamo in attesa che gli studiosi cinesi facciano luce su
questa parte della loro storia.
In Giappone, circa mille anni più tardi, gli imperatori Engi e Tenrei incoraggiavano la pratica dei giochi di palla con i piedi. Veniva precisato addirittura il
diametro dei palloni, da 21 a 24 centimetri. Più curiosa la grandezza dei terreni
che andavano da 94 a 97 metri in lunghezza per una larghezza dai 14 ai 24. Ci
si interroga su quali potessero essere le regole ed il numero dei praticanti…
sarebbe poi improprio non apprezzare l’originalità dei paletti che formavano le
porte: un ciliegio, un acero, un salice, un abete… Altrettanto interessanti sono
le immagini tramandateci dalle tavole del grande artista Schumcho, scoperte
dal professore Yamagato, su cui si vedono, dettaglio interessante, i giocatori
che portano scarpe…da calcio.
In Africa, la koura berbera fa parte del programma delle feste religiose organizzate per assicurarsi, a seconda delle circostanze del momento, la fertile
pioggia …oppure la siccità.
I giochi d’Olimpia, in Grecia rivelarono il successo dei giochi con la palla, l’apporaxis e l’épiskyros. Vasi dipinti e statue ne testimoniano l’esistenza dal momento della loro ideazione nel 776 a.C. ed almeno fino al 396 d.C.
Nella Roma antica c’è l’harpastum che le legioni di Cesare esportano nelle
loro conquiste in Gallia, 52 anni prima della nascita di Cristo. In questo caso
gli storici sono soliti leggere i giochi con la palla come una trasposizione ludica
delle reali battaglie di conquista che impegnavano i romani. Il calcio fiorentino ha le sue radici in Grecia prima di riproporsi nelle terre di Vercingetorige.
Guglielmo il Conquistatore e i suoi Normanni furono forse dei precursori, introducendo la soule in Inghilterra. La melle, la savate (lotta libera francese), la
barrette, la choule, sono forse gli antenati del calcio? In tutti questi giochi è
sempre protagonista l’uso del piede. Il pallone, che fosse imbottito di cuoio
o di crusca, riempito di sabbia o gonfiato d’aria, era la sfera emblematica del
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