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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 5
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.5-9
Il muscolo scheletrico è un tessuto plastico
che si adatta rapidamente al suo ambiente
meccanico. L’incremento del carico sul musco-
lo, sotto forma di esercizio con sovraccarico,
stimola un incremento della forza e nella massa
muscolare. L’incremento della massa muscola-
re avviene principalmente a causa della cresci-
ta delle cellule già esistenti; questo processo
prende il nome di ipertrofia muscolare [1].
Molto spesso questo termine è accompagnato
da un alone negativo, probabilmente causato
dagli stereotipi rappresentati dai soggetti che
hanno come obiettivo l’aumento della massa
muscolare e da alcune pratiche estreme uti-
lizzate. Non è raro che la frase “incremento
della massa muscolare” porti subito alla mente
l’immagine di una discutibile esasperazione di
questo concetto, potenzialmente creando un
effetto “sgradito” ai soggetti estranei a que-
sta pratica. Solo un ridotto numero di sportivi
pratica un allenamento con l’obiettivo di in-
crementare la massa muscolare, pur essen-
do molteplici le evidenze scientifiche riguardo i
suoi benefici sulla longevità e sulla qualità della
vita [1], [2]. Forse, a questo tipo di allenamen-
to non viene data molta importanza, anche
per la scarsa conoscenza dei fenomeni che lo
descrivono, basata spesso sul passaparola o
sulla sola opinione di alcuni presunti esperti del
settore. Negli ultimi anni, le evidenze scienti-
fiche sull’ipertrofia hanno subito una crescita
considerevole, cercando di individuare i proces-
si che ne sono alla base e la loro integrazione
nell’applicazione pratica. Questi processi sono
in realtà molto complessi ed ancora non com-
pletamente spiegati. Il corretto apprendimen-
to di essi, basato su quanto descritto in lette-
ratura, ci permette di sviare dalla confusione
dei concetti e alcune fuorvianti interpretazioni
e conseguenti scorrette metodologie, utilizza-
te per questo tipo di allenamento.
La regolazione della dimensione del tessuto
muscolare è dettata dall’andamento del bi-
lancio proteico (NPB), che corrisponde alla
sottrazione algebrica (NPB=MPS-MPB) tra
sintesi (MPS) e degradazione proteica (MPB)
[3], [4]. Un bilancio proteico positivo risulterà
in ipertrofia muscolare, mentre un bilancio
proteico negativo in atrofia muscolare [1]. Una
stretta relazione tra l’ipertrofia muscolare,
l’andamento del bilancio proteico e l’attività di
mTORC1 (complesso 1 del bersaglio della rapa-
micina per i mammiferi) fu dimostrata a partire
dal 1999 [5].
Da allora, la conoscenza dei segnali che in-
fluenzano l’ipertrofia muscolare, si è conside-
revolmente evoluta. Ora sappiamo che mTOR è
una proteina chinasi conservativa ed evolutiva
Carlo Menghini, Luca Riva, Mauro Rocca
CARLO MENGHINI
Laurea Magistrale
in Scienza, tecnica
e didattica dello
sport, Università
degli studi di
Milano.
Personal trainer
e Strength &
Conditioning
Coach.
LUCA RIVA
Laurea magistrale
in Scienza, tecnica
e didattica dello
sport, Università
degli studi di
Milano.
Personal trainer
e Strength &
Conditioning
Coach.
MAURO ROCCA
Laurea magistrale
in Scienza, tecnica
e didattica dello
sport, Università
degli studi di
Milano.
Personal trainer
e Strength &
Conditioning
Coach.
meccanismi
che regolano
l’ipertrofia
muscolare
I
A volte, ma per fortuna non
infrequentemente, capita che nel percorso
formativo degli studenti di Scienze motorie, si
verifichino approfondite ricerche nei diversi
ambiti che poi, a ragione, si considerano
meritevoli di essere proposte a una comunità
di lettori più allargata.
Gli Autori di questo contributo, che verrà
pubblicato in due parti, hanno completato il
loro ciclo di studi, ma hanno conservato una
rigorosa attitudine alla ricerca attraverso studi
che, ad esempio in questo caso, si rivolgono
ad una precisa forma di training.
La scelta di offrire questo lavoro ad un
ambito di lettori dell’area tecnica e non
esclusivamente scientifica va considerata
prioritaria e non certo di secondo piano.
Buona lettura e, perché no?, buone riflessioni.
Giampietro Alberti
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 15
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.15-24
Alex S. Ribeiro,1
Andreo F. Aguiar,1
Brad J. Schoenfeld,2
Joao P. Nunes,3
Edilaine F. Cavalcante,3
Eduardo L. Cadore,4
Edilson S. Cyrino2
1. Center for
Research in
Health Sciences,
University of
Northern Paranà,
Londrina, Brasile;
2. Exercise
Science
Department,
CUNY Lehman
College, Bronx,
New York;
3. Metabolism,
Nutrition,
and Exercise
Laboratory,
Physical
Education and
Sport Center,
Londrina State
University,
Londrina, Brasile;
e 4. Exercise
Research
Laboratory,
Federal University
of Rio Grande do
Sul, Porto Alegre,
Brazil.
ffetti di sistemi di
allenamento contro
resistenza diversi sulla forza
e l’ipertrofia muscolare in
donne anziane che avevano
seguito un allenamento
contro resistenza
E
PAROLE
CHIAVI
allenamento
della forza,
invecchiamento,
massa muscolo-
scheletrica,
metodi di
allenamento
Indirizzare la corrispondenza a Alex S. Ribeiro,
alex-silvaribeiro@hotmail.com.
ORIG: EFFECTS OF DIFFERENT
RESISTANCE TRAINING SYSTEMS ON
MUSCULAR STRENGTH AND
HYPERTROPHY IN RESISTANCE-
TRAINED OLDER WOMEN
JOURNAL OF STRENGTH AND
CONDITIONING RESEARCH
VOLUME 32 | NUMBER 2 |
FEBRUARY 2018
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 25
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.25-30
S&C
Il testo che segue rappresenta una parte (quella
dedicata all’esercizio fisico nella donna) del capitolo
7 del volume Essentials of Strength Training and
Conditioning, pubblicato da
Human Kinetics (4. Edizione, 2016) per conto della
NSCA, a cura di Haff GG e Triplett NT.
Il Capitolo in questione ha il titolo: “Age- and
Sex-Related Differences and Their Implications for
Resistance Exercise" ed è firmato Rhodri S. Lloyd e
Avery D. Faigenbaum. L’intero volume è in corso di
pubblicazione per i tipi di Calzetti e Mariucci Editori.
a pratica dell’esercizio e
dello sport nelle donne
L
Le donne che partecipano regolar-
mente alle attività di allenamento
contro resistenza possono migliora-
re la propria salute, riducendo il ri-
schio di malattie degenerative (come
l’osteoporosi) e l’incidenza degli in-
fortuni; e possono sviluppare il livello
generale della loro performance atle-
tica. Laddove nel passato le donne
possono aver nutrito dubbi sul valore
dell’allenamento contro resistenza e
persino aver preferito non cimentar-
visi per evitare una stigmatizzazione
sociale, l’evidenza indica chiaramente
che le donne sono in grado di tollera-
re e adattarsi agli stress indotti da
questo tipo di esercizio e che i bene-
fici che ne derivano sono sostanziali
(30, 42). Inoltre, per migliorare salu-
te e forma fisica e ridurre il tasso di
infortunio, oggigiorno l’allenamento in
questione viene suggerito quale com-
ponente essenziale dei programmi di
allenamento rivolti alle donne (38, 40,
51).
DIFFERENZE SESSUALI
È necessario che i professionisti della
forza e del condizionamento, allorché
si trovano a progettare e valutare
programmi di allenamento contro
resistenza per le donne, comprenda-
no le differenze di genere nel fisico,
nella composizione corporea e nelle
risposte fisiologiche all’esercizio con-
tro resistenza. Comprendere queste
differenze e le aree di interesse che
riguardano specificamente le atle-
te può contribuire all’ottimizzazione
della performance e alla riduzione dei
rischi di infortunio legato allo sport.
Dimensioni e composizione corporea
Prima della pubertà, maschi e femmi-
ne non presentano differenze sostan-
ziali in altezza, peso e taglia corporea.
Quando invece la pubertà fa la sua
comparsa e anche con il progredire
della stessa, le discrepanze diventano
più evidenti principalmente in virtù dei
cambiamenti ormonali che hanno luogo.
Rhodri S. Lloyd e Avery D. Faigenbaum
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 31
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.31-35
PREMESSE
La pallavolo è una disciplina sportiva che ne-
gli ultimi 30 anni ha evidenziato uno sviluppo
tale da collocarsi tra quelle più praticate in
Italia, in Europa e nel mondo. Tale colloca-
zione è significativamente correlata con lo
sviluppo del settore femminile, che in Italia
costituisce circa i due terzi del numero com-
plessivo dei praticanti. Da metà degli anni
'90, inoltre, la pallavolo femminile italiana ha
iniziato un percorso di sviluppo della compe-
titività a livello internazionale, arrivando ad
occupare stabilmente posizioni di vertice dei
ranking della Confederazione Europea (CEV)
e della Federazione Mondiale (FIVB). La quali-
tà del sistema di allenamento e l’innovazione
metodologica nella preparazione fisica hanno
contribuito a questa crescita di performan-
ce e di competitività, in particolar modo in
Italia, in cui l’investimento di risorse, per lo
sviluppo qualitativo dei vari aspetti intera-
genti nel sistema di competizione, è davvero
ingente.
Nel sistema di allenamento, diffuso nella pal-
lavolo di vertice e in quella giovanile di eccel-
lenza, la prestazione tattica (ovvero il gio-
co in tutte le sue espressioni) costituisce
l’obiettivo principale: la tecnica costituisce
l’insieme dei mezzi per esprimere la competi-
tività nel gioco, la creatività nella contrappo-
sizione con l’avversario e l’iniziativa nella ge-
stione dei momenti determinanti dalla gara e
dell’allenamento specifico. L’importanza della
preparazione fisica è altrettanto centrale
perché legata a tre aspetti importanti della
prestazione del giocatore e della squadra:
contribuisce alla facilitazione dei processi
di apprendimento motorio, in considerazio-
ne della elevata difficoltà del compito ese-
cutivo che caratterizza tutta la gestualità
tecnica del pallavolista; contribuisce al mi-
glioramento espressivo e funzionale della
gestualità tecnica nella variabilità situazio-
nale del gioco; contribuisce alla salvaguar-
dia della struttura fisica dei giocatori, in
quanto alcune tecniche pallavolistiche costi-
tuiscono movimenti ad alto impatto rispet-
to alle dinamiche di insorgenza di patologie
da sovraccarico funzionale. Nella pallavolo, il
rapporto tra preparazione tecnico–tattica e
preparazione fisica è inscindibile: tale affer-
mazione è vera sia per quanto concerne la
pallavolo maschile che quella femminile.
Sul piano metodologico, esiste una frequen-
te commistione tra strategie metodologiche
diffuse nella pallavolo maschile rispetto alle
strategie più utilizzate nella pallavolo femmi-
nile, ma queste considerazioni, come anche
gli elementi di confronto e differenziazione,
sono frutto più delle esperienze personali dei
vari head coach piuttosto che elementi stu-
diati e valutati a fronte di congruenze o in-
congruenze, aventi come reale presupposto
la differenza di genere.
ffetti del deallenamento
nella pallavolo femminile
E
MARCO
MENCARELLI
È uno degli
allenatori di
pallavolo più
esperti ed attivi
sia sul piano
operativo – il
suo ultimo trofeo
vinto in ordine
cronologico è
la Coppa CEV
2018-2019 alla
guida della Unet
E-Work Busto
Arsizio, di serie
A1 femminile –
che sul piano
teorico-didattico
– è attualmente
impegnato
nel redigere i
manuali ufficiali
FIPAV per la
formazione degli
allenatori.
È stato
Allenatore
della Squadra
Nazionale
Juniores dal
2006 al 2012,
con la quale
ha conseguito
il 4° posto ai
Campionati
Mondiali che
si sono svolti in
Giappone nel
2006, allenatore
della Squadra
Nazionale
Seniores
femminile di
pallavolo nel
2013, allenatore
della Squadra
Nazionale
Youth dal 2014
con la quale
ha conseguito
risultati
importanti, tra
cui Medaglia
d’oro ai
Campionati
Mondiali che
si sono svolti a
Rosario (ARG) nel
2017 e Medaglia
d’argento ai
Campionati
Europei che si
sono svolti a
Sofia (BUL) nel
2018.
Marco Mencarelli
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 37
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.37-44
INTRODUZIONE ALLA DISCIPLINA
E MODELLO FISIOLOGICO-PRESTATIVO
La pallavolo viene considerata uno sport
di squadra e di situazione (Ivoilov et al.,
1967) e viene classificata tra le attività
a impegno metabolico aerobico-anaerobico
alternato, la cui componente meccanico-
muscolare fa riferimento alla forza reattiva
e all’esplosività muscolare (Bosco 1994).
L’attività si basa sull’alternanza, più o
meno regolare, casuale o prescelta, in
ragione delle esigenze tecnico-tattiche e
del momento agonistico, di fasi sub-mas-
simali, fasi massimali e fasi di riposo (con
intervento diversificato dei meccanismi
energetici aerobici e anaerobici).
Le limitate dimensioni del campo determi-
nano una prestazione caratterizzata dai
gesti tecnici (salti, colpi d’attacco, ecc.)
a velocità e intensità elevate e da scatti,
talvolta con partenza da posizioni molto
basse, su distanze da 3 a 15 metri. Il sal-
to è il gesto motorio più frequente secon-
do vari autori: circa il 70% dei movimenti.
L’analisi di questi dati, dai quali risulta che
l’atleta esegue un alto numero di azioni
tecniche, suggerisce che debba possede-
re buone qualità fisiologiche neuromusco-
lari. All’atleta sono richieste prestazioni
massime per quanto riguarda la rapidità
di reazione e la velocità di movimento e il
possesso di elevate capacità coordinative
(Fontani, 1994). Minore importanza sem-
brerebbero possedere quindi le caratteri-
stiche metaboliche, se si eccettua la ca-
pacità di recupero specifico, che dovrebbe
consentire di reiterare prestazioni di forza
nell’arco dell’intera partita.
ROBERTO BENIS
Ph.D.
Preparatore
fisico e
osteopata.
Massimiliano
Mazzill
eCampus
University.
Laureato in
Scienze delle
attività motorie
e sportive presso
la scuola di
Scienze motorie,
Università degli
Studi di Milano.
Personal trainer
Strength and
conditioning.
Coach Volley
Offanengo.
Body
composition.
Recupero
funzionale
e della
riatletizzazione
post infortunio.
Stefano Zambelli
eCampus
University.
Laureato in
Scienze delle
attività motorie
e sportive presso
l’Università degli
Studi di Milano.
Personal trainer.
Body
composition.
Direttore
tecnico presso
l’International
Sports Sciences
Association
Europe.
Roberto Benis
con la collaborazione di Massimiliano Mazzilli e Stefano Zambelli
A PREPARAZIONE
FISICA NELLA
PALLAVOLO FEMMINILE
L
Allenamentodellaforza
eprevenzionedegliinfortuni
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 45
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.45-51
I vantaggi derivanti dall’introduzione degli
SSG nell’allenamento calcistico non sono
unicamente apprezzati in ambito maschi-
le (Sampaio et al., 2007; Hill-Haas et al.,
2009a,b; Hill-Haas et al., 2011; Aguiar
et al., 2012; Gaudino et al., 2014; Ha-
louani et al., 2014; Campos-Vázquez et
al., 2017; Martone et al., 2017; Sanni-
candro & Cofano, 2017a,b,c; Cofano &
Traficante, 2018; Coutinho et al., 2018;
Giménez et al., 2018), ma sono ampia-
mente valutati anche nella pratica calci-
stica femminile.
In ragione della crescente diffusione del
calcio femminile, numerose sono le ricer-
che che hanno iniziato ad analizzare gli
effetti degli SSG sia con calciatrici d'élite
che con atlete giovani (Gabbett & Mulvey,
2008; Randers et al., 2010; Sjokvist et
al., 2011; Mara et al., 2016; Ørntoft et
al., 2016; Flatt et al., 2017; Jastrzębs-
ki & Radzimiński, 2017; Lesinski et al.,
2017; Mascarin et al., 2018).
La letteratura inizia pertanto a fornire
interessanti contributi che stanno per-
mettendo di comprendere ed osservare
se vi sono differenze di genere nell’utiliz-
zo degli SSG (Jastrzębski & Radzimiński,
2017; Selmi & Bouassida, 2017), così
da ipotizzare possibili adattamenti del
carico.
Italo Sannicandro, Giacomo Cofano
ITALO
SANNICANDRO
Professore
aggregato presso
il corso di laurea in
Scienze e tecniche
delle attività
motorie preventive
ed adattate,
Università
di Foggia.
Preparatore
atletico
professionista.
GIACOMO
COFANO
Docente a
contratto presso il
CdL magistrale in
Scienze e tecniche
delle attività
motorie preventive
ed adattate
dell’Università
di Foggia.
Preparatore
atletico
professionista.
li small-sided games
nel calcio femminile:
analisi della letteratura
scientifica
G
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 53
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.53-58
Abbiamo tutti vissuto la spiacevole sensazione di
provare dolore uscendo dall’auto, scendendo le
scale, la difficoltà ad alzarsi dalla sedia o muoversi
normalmente dopo un duro allenamento. Questo
tipo di dolore è chiamato indolenzimento musco-
lare ad insorgenza ritardata (DOMS) ed è anche
conosciuto come EIMD. Chi si allena da un periodo
sufficientemente lungo di tempo, probabilmente lo
ha sperimentato. Alcuni atleti percepiscono que-
sto dolore addirittura come un indicatore del suc-
cesso, della bontà dell’allenamento, ma vediamo
cosa affermano le evidenze scientifiche.
COSA SONO I DOMS
Essi rappresentano il dolore muscolare dopo una
sessione d’allenamento.
È bene fare una distinzione fra due tipologie di in-
dolenzimento:
1.	 indolenzimento muscolare ad insorgenza acuta
(Acute Onset Muscle Soreness). L’indolenzi-
mento, che in genere si presenta come bru-
ciore, fa la sua comparsa nel corso o subito
dopo l’allenamento. Le possibili cause sono
un accumulo di metaboliti post allenamento o
l’edema tissutale causato dallo spostamento
del plasma sanguigno nel tessuto muscolare a
seguito dell’esercizio. Si tratta di un fenome-
no di breve durata (lo smaltimento dell’acido
lattico avviene in un’ora dal termine dell’atti-
vità fisica) e che avviene senza generare alcun
dolore tardivo e persistente.
2.	 Indolenzimento muscolare a insorgenza ritar-
data (Delayed Onset Muscle Soreness). L’atle-
ta lo percepisce solitamente dopo che ha da
tempo terminato l’attività fisica (di qualsiasi
tipo) ed è descritto come la conseguenza del-
lo stress meccanico e/o metabolico18
.
Scientificamente parlando15
, i DOMS sono (princi-
palmente) una problematica muscolare (Tipo 1B),
il cui dolore di solito si verifica a riposo, alcune ore
dopo l’attività sportiva (8 ore dopo l’allenamento,
con picchi di 48-72 ore, anche se l’esatto tempo
può variare), rendendo l’intero muscolo rigido alla
palpazione: i Doms possono determinare una dimi-
MICHELE
CASTELLANO
VITATERNA
Fisioterapista
della Nazionale
Italiana di
Pesistica Olimpica
e Femminile di
Rugby.
È appassionato di
ricerca scientifica
in ambito
riabilitativo e del
miglioramento
della funzionalità
degli atleti
attraverso il
recupero e la
prevenzione dagli
infortuni.
Michele Castellano Vitaterna
DOMS. Indolenzimento muscolare
ad insorgenza ritardata.
Significato ed inquadramento.
PRIMA PARTE
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 59
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.59-67
1. INTRODUZIONE
Le modalità grazie alle quali è possibile miglio-
rare la prestazione sportiva sono uno dei prin-
cipali interessi contemporanei nel mondo delle
scienze dell’attività fisica e del movimento. Nel
1997 sono stati spesi, solo negli Stati Uniti,
12 miliardi di dollari per bevande e alimenti er-
gogenici e/o dietetici e circa il 50% della popo-
lazione ha dichiarato di averne fatto uso [1]. Un
diverso approccio, sempre legato alla ricerca
del miglioramento delle prestazioni sportive, è
quello di studiare l’attività cerebrale mediante
l’elettroencefalografia (EEG). La possibilità di
associare un profilo EEG distintivo ad una pre-
stazione effettuata da un atleta esperto in una
determinata disciplina, permette di comprende-
re gli importanti processi corticali alla base delle
prestazioni d’eccellenza. Inoltre la possibilità di
ottimizzare le performance potrebbe essere le-
gata al miglioramento della capacità di gestire il
segnale elettrocorticale attraverso una autore-
golazione con tecniche come l’EEG biofeedback,
detto anche neurofeedback. Alcune indiscrezioni
sembrano avvalorare questa ipotesi, indicando
come alcuni campioni, tra cui la tennista Maria
Pierce, lo sciatore medaglia d’oro olimpica Her-
mann Maier e diversi giocatori della nazionale
italiana di calcio campione del mondo del 2006
abbiano usato il neurofeedback per migliorare la
loro performance [2], anche se sono stati con-
dotti pochi studi in grado di validare la metodica.
Al fine di stabilire se il miglioramento delle pre-
stazioni attraverso il neurofeedback si estenda
oltre i confini aneddotici, sono ovviamente ne-
cessari studi scientifici approfonditi e control-
lati. Tuttavia la nostra capacità di evidenziare
correlazioni statisticamente significative tra il
segnale EEG e la prestazione sportiva dipende
in larga parte dalla nostra capacità di ottene-
re dati affidabili relativamente al segnale elet-
trico corticale. Purtroppo la registrazione EEG
con soggetto in movimento è intrinsecamente
problematica. Tutte le cause usuali di artefatti
durante la registrazione EEG (potenziali musco-
lari, sudorazione, movimenti degli elettrodi sul-
la cute) tendono ad aggravarsi durante il movi-
mento. Inoltre vi sono ulteriori problemi legati
alla portabilità dell’attrezzatura (in parte risolta
grazie alla produzione di amplificatori portatili
wireless) e alla restrizione del movimento natu-
rale dato dall’indossare la cuffia con gli elettrodi.
L’obiettivo primario di questo articolo è quello di
discutere il tema degli artefatti da movimento
nell’EEG nel contesto delle scienze motorie e
sportive. In primo luogo si fornirà una breve pa-
noramica dei principi di base dell’EEG; in secondo
luogo si analizzeranno le modalità utilizzate dai
ricercatori nell’ambito dell’EEG relativamente
alla sua applicazione nel campo sportivo. In terzo
luogo verranno discussi i metodi pratici, tecno-
logici e computazionali utilizzati per risolvere i
problemi che tipicamente presenta la registra-
zione EEG durante lo sport. Infine, si discuterà
relativamente ai tentativi di alterare l’EEG di un
Basato sul testo originale: T. Thompson, T. Steffert , T. Ros , J. Leach , J. Gruzelier;
EEG applications for sport and performance; Methods. 2008 Aug;45(4):279-88.
Adattamento, aggiornamento, ampliamento e traduzione italiana a cura di Marco Ivaldi, PhD
pplicazioni
dell’elettroencefalografia
in ambito sportivo
A PRIMA PARTE
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 69
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.69-74
Il dolore neuropatico non va conside-
rato solo come una lesione primitiva
o una disfunzione del sistema nervoso
centrale/periferico in senso stretto,
bensì come una vera e propria limita-
zione nelle normali attività quotidia-
ne: ne è un chiaro esempio la sempli-
ce azione del camminare [D’Onofrio,
2013] [Waik et al., 2016].
Le sue espressioni sensoriali e le re-
lative disregolazioni recettoriali pos-
sono, infatti, impedire al paziente di
riconoscere il contatto del proprio
corpo (anca, ginocchio, caviglia, pie-
de) con il terreno, con conseguente
alterazione dell’intera catena cinetica
dell’arto inferiore, da cui si producono
successive ripercussioni sul baricen-
tro corporeo.
Il paziente affetto da dolore neuropati-
co distale non riesce infatti a percepi-
re e ad elaborare tramite il controllo
motorio l’atto di trasferire con sicu-
rezza il peso del corpo sull’arto.
In caso di controllo motorio integro,
infatti, il compenso si effettua bloc-
cando il ginocchio o enfatizzando il
momento di contatto.
In presenza di patologia ortopedica o
neurologica, il deficit di sensibilità e di
forza muscolare risulta disabilitante,
impedendo determinati compensi.
In presenza di un’alterazione mode-
rata della sensibilità, il cammino si
presenterà lento e cauto [Schafer,
2009]; nei deficit gravi, invece, ci po-
trà essere incapacità di utilizzare il
controllo motorio residuo: infatti, a
causa del danno sensoriale, il pazien-
te non lo utilizzerà più, finendo quindi
per provocarsi nuove manifestazioni
di scompenso e di dolore.
Spesso, ad una valutazione superfi-
ciale, poiché il danno della sensibilità
non è sempre rilevabile, si rischia di
ignorarlo.
Un segno distintivo è spesso l’esi-
tazione, così come l’errore occasio-
nale nel passo. Una risposta lenta è
equivalente a insufficienza temporale
nel cogliere l’eccessiva flessione o
estensione del ginocchio, così pure
l’eccessiva supinazione o altre forme
di compenso del piede nel cammino.
La sensibilità si può dunque giudica-
re come normale, solo se le risposte
sono rapide e corrette.
GENNARO GATTO
Dipartimento di
medicina Fisica e
riabilitativa, AOR
San Carlo Potenza.
Referente per
la riabilitazione
sportiva e per
l’avvio allo sport
delle persone
disabili.
VINCENZO
D’ONOFRIO
Direttore
Scientifico Scuola
Regionale dello
Sport Coni di
Basilicata.
Collabora
in Didattica
seminariale al
Corso di laurea in
Scienze motorie
dell’Università di
Foggia e in attività
di ricerca con il
Dipartimento di
medicina clinica
e sperimentale
dell’Università degli
Studi di Napoli.
ANNA
PATERNOSTRO
Medico
Specialista in
anestesia e
rianimazione.
Azienda
Ospedaliera
Annunziata
Cosenza.
Vincenzo D’Onofrio, Gennaro Gatto, Anna Paternostro
olore neuropatico
plantare, opportunità
terapeutiche e karate
D
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 79
Il mondo dello sport e quello dell’esercizio fisico
continuano da decenni a confrontarsi tra specia-
lizzazione precoce e sviluppo delle competenze.
Da un lato, infatti, il rapporto annuale del 2017,
elaborato dal Centro Studi e Osservatori Stati-
stici per lo Sport del CONI, mostra come i tesse-
rati praticanti attività sportiva agonistica a qual-
siasi livello siano pari a 4 milioni e 703 mila unità,
evidenziando un incremento di circa il 2,7% in più
rispetto all’anno precedente (CONI-FSN-DSA,
2017). Le olimpiadi giovanili di Buenos Aires del
2018 hanno visto la partecipazione di circa 4000
atleti, in netto aumento rispetto a quelli parte-
cipanti alle olimpiadi del quadriennio precedente.
Lo sport agonistico praticato dai giovani, dunque,
sembra in continuo aumento; troppo spesso l’a-
gonismo giovanile, però, è spinto da una specia-
lizzazione precoce i cui danni, oltre a quelli di tipo
fisico, potrebbero anche essere di tipo emotivo e
sociale e comportare delusione, scoraggiamento,
mancanza di motivazioni, isolamento e nei casi più
gravi anche l’abbandono della pratica sportiva.
Dall’altro lato, guardando i numeri della pratica
dell’esercizio fisico, però, molteplici studi eviden-
ziano il trend di un progressivo aumento dell’inat-
tività e dell’obesità nei giovani, che può causare
oltre agli ovvi danni per la salute, anche problemi
nell’acquisizione delle abilità motorie fondamentali
di base, e delle successive abilità-sport specifiche
(Culjak et al., 2014). Dall’osservazione di questi
dati, l’attività sportiva in Italia sembra ancora
nettamente dividersi tra una pratica orientata
alla performance e pertanto a tal fine organizza-
ta, finalizzata ma forse troppo specializzata, e
una pratica sempre meno frequente dell’attività
motoria genericamente intesa, troppo spesso la-
sciata alla libera iniziativa dei pochi volenterosi,
atleti ed operatori, che si interessano della salute
fisica e motoria dei giovani.
Forse la soluzione a questo divario è da ritrovarsi
in una nuova lettura della performance, una let-
tura “capovolta” che, senza dimenticare i principi
della metodologia dell’allenamento, miri al rag-
giungimento dell’obiettivo prestativo attraverso
una trasversalità e trasferibilità delle competen-
ze motorie e attraverso il recupero della “physi-
cal literacy”. Con questo termine si definiscono
le competenze motorie di base, fondate princi-
palmente sulle capacità coordinative, e le abilità
sportive che creano le premesse per la presta-
zione sportiva di qualsiasi disciplina (Whitehead,
2010): l’obiettivo è quello di stimolare un’acquisi-
zione consapevole del controllo del movimento per
creare degli appropriati patterns motori, al fine di
poterli trasferire in tutti i contesti sportivi. Per-
tanto, il recupero della Physical literacy attraverso
l’esaltazione delle capacità coordinative ed il recu-
pero delle abilità motorie di base, permetterebbe
non solo di colmare, da un lato, il grande vuoto
dell’inattività dei giovani ma anche, dall’altro, di
innalzare i livelli di performance dei futuri sporti-
vi o di contrastare il tanto temuto fenomeno del
burnout attraverso la “disponibilità motoria” nel
praticare varie tipologie di sport.
Perché allora, per recuperare da un lato e capo-
volgere dall’altro, non partire proprio dalla capo-
volta?
IL CAPOVOLGIMENTO IN PALESTRA:
DA NECESSITÀ A VIRTÙ
Se lo sviluppo ontogenetico si evolve su patterns
su cui ci si “conforma naturalmente”, uno dei pas-
si per compiere la sfida verso il cambiamento al
fine di esaltare le capacità motorie consiste allora
nell’alterazione dei parametri ambientali, tempo-
rali e spaziali entro i quali il movimento si realizza.
Ecco che affiora il concetto delle “affordances”,
ovvero oggetti o strutture che si offrono nell’am-
biente e che permettono di scoprire il significato
funzionale degli elementi di cui l’ambiente stesso
è costituito, ai quali adattarci per interagire (Gi-
bson, 1977): esse - in un’ottica del cambiamento
- servono per arricchire l’apprendimento motorio
e sono da considerare opportunità per agire in
un dato contesto in un determinato insieme di
condizioni (Pesce et al., 2016). Forzare queste
condizioni, agendo attraverso il principio della pa-
rametrizzazione e variabilità, e sollecitare il siste-
ma nervoso centrale attraverso una serie di input
sensoriali che contribuiscono al controllo del mo-
GiocosaMente
Claudia Crova e Roberta De Pero
CLAUDIA CROVA
Diplomata all’ISEFdi
Roma. Laureata
in Scienze Motorie
e in Scienze
dell’Educazione e
della Formazione
all’Università
“La Sapienza” -
Roma, è Dottore
di ricerca
in “Scienze
dello Sport,
dell’esercizio fisico
e dell’ergonomia”
all’Università degli
Studi di Roma –
Foro Italico.
Dagli anni
‘80 si occupa
dell’insegnamento
della Ginnastica
Ritmica, prima
all’I.S.E.F. Statale
di Roma, ora
come tecnico
per la ricerca e la
didattica sempre
all’Università del
Foro Italico, dove
svolge anche
lezioni di Attività
Motorie per l’età
evolutiva per gli
anziani.
IN QUESTO NUMERO:
DALLA PERFORMANCE
ALLA MOTRICITÀ:
LA PERFORMANCE
CAPOVOLTA
S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.79-85

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  • 1. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 5 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.5-9 Il muscolo scheletrico è un tessuto plastico che si adatta rapidamente al suo ambiente meccanico. L’incremento del carico sul musco- lo, sotto forma di esercizio con sovraccarico, stimola un incremento della forza e nella massa muscolare. L’incremento della massa muscola- re avviene principalmente a causa della cresci- ta delle cellule già esistenti; questo processo prende il nome di ipertrofia muscolare [1]. Molto spesso questo termine è accompagnato da un alone negativo, probabilmente causato dagli stereotipi rappresentati dai soggetti che hanno come obiettivo l’aumento della massa muscolare e da alcune pratiche estreme uti- lizzate. Non è raro che la frase “incremento della massa muscolare” porti subito alla mente l’immagine di una discutibile esasperazione di questo concetto, potenzialmente creando un effetto “sgradito” ai soggetti estranei a que- sta pratica. Solo un ridotto numero di sportivi pratica un allenamento con l’obiettivo di in- crementare la massa muscolare, pur essen- do molteplici le evidenze scientifiche riguardo i suoi benefici sulla longevità e sulla qualità della vita [1], [2]. Forse, a questo tipo di allenamen- to non viene data molta importanza, anche per la scarsa conoscenza dei fenomeni che lo descrivono, basata spesso sul passaparola o sulla sola opinione di alcuni presunti esperti del settore. Negli ultimi anni, le evidenze scienti- fiche sull’ipertrofia hanno subito una crescita considerevole, cercando di individuare i proces- si che ne sono alla base e la loro integrazione nell’applicazione pratica. Questi processi sono in realtà molto complessi ed ancora non com- pletamente spiegati. Il corretto apprendimen- to di essi, basato su quanto descritto in lette- ratura, ci permette di sviare dalla confusione dei concetti e alcune fuorvianti interpretazioni e conseguenti scorrette metodologie, utilizza- te per questo tipo di allenamento. La regolazione della dimensione del tessuto muscolare è dettata dall’andamento del bi- lancio proteico (NPB), che corrisponde alla sottrazione algebrica (NPB=MPS-MPB) tra sintesi (MPS) e degradazione proteica (MPB) [3], [4]. Un bilancio proteico positivo risulterà in ipertrofia muscolare, mentre un bilancio proteico negativo in atrofia muscolare [1]. Una stretta relazione tra l’ipertrofia muscolare, l’andamento del bilancio proteico e l’attività di mTORC1 (complesso 1 del bersaglio della rapa- micina per i mammiferi) fu dimostrata a partire dal 1999 [5]. Da allora, la conoscenza dei segnali che in- fluenzano l’ipertrofia muscolare, si è conside- revolmente evoluta. Ora sappiamo che mTOR è una proteina chinasi conservativa ed evolutiva Carlo Menghini, Luca Riva, Mauro Rocca CARLO MENGHINI Laurea Magistrale in Scienza, tecnica e didattica dello sport, Università degli studi di Milano. Personal trainer e Strength & Conditioning Coach. LUCA RIVA Laurea magistrale in Scienza, tecnica e didattica dello sport, Università degli studi di Milano. Personal trainer e Strength & Conditioning Coach. MAURO ROCCA Laurea magistrale in Scienza, tecnica e didattica dello sport, Università degli studi di Milano. Personal trainer e Strength & Conditioning Coach. meccanismi che regolano l’ipertrofia muscolare I A volte, ma per fortuna non infrequentemente, capita che nel percorso formativo degli studenti di Scienze motorie, si verifichino approfondite ricerche nei diversi ambiti che poi, a ragione, si considerano meritevoli di essere proposte a una comunità di lettori più allargata. Gli Autori di questo contributo, che verrà pubblicato in due parti, hanno completato il loro ciclo di studi, ma hanno conservato una rigorosa attitudine alla ricerca attraverso studi che, ad esempio in questo caso, si rivolgono ad una precisa forma di training. La scelta di offrire questo lavoro ad un ambito di lettori dell’area tecnica e non esclusivamente scientifica va considerata prioritaria e non certo di secondo piano. Buona lettura e, perché no?, buone riflessioni. Giampietro Alberti
  • 2. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 15 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.15-24 Alex S. Ribeiro,1 Andreo F. Aguiar,1 Brad J. Schoenfeld,2 Joao P. Nunes,3 Edilaine F. Cavalcante,3 Eduardo L. Cadore,4 Edilson S. Cyrino2 1. Center for Research in Health Sciences, University of Northern Paranà, Londrina, Brasile; 2. Exercise Science Department, CUNY Lehman College, Bronx, New York; 3. Metabolism, Nutrition, and Exercise Laboratory, Physical Education and Sport Center, Londrina State University, Londrina, Brasile; e 4. Exercise Research Laboratory, Federal University of Rio Grande do Sul, Porto Alegre, Brazil. ffetti di sistemi di allenamento contro resistenza diversi sulla forza e l’ipertrofia muscolare in donne anziane che avevano seguito un allenamento contro resistenza E PAROLE CHIAVI allenamento della forza, invecchiamento, massa muscolo- scheletrica, metodi di allenamento Indirizzare la corrispondenza a Alex S. Ribeiro, alex-silvaribeiro@hotmail.com. ORIG: EFFECTS OF DIFFERENT RESISTANCE TRAINING SYSTEMS ON MUSCULAR STRENGTH AND HYPERTROPHY IN RESISTANCE- TRAINED OLDER WOMEN JOURNAL OF STRENGTH AND CONDITIONING RESEARCH VOLUME 32 | NUMBER 2 | FEBRUARY 2018
  • 3. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 25 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.25-30 S&C Il testo che segue rappresenta una parte (quella dedicata all’esercizio fisico nella donna) del capitolo 7 del volume Essentials of Strength Training and Conditioning, pubblicato da Human Kinetics (4. Edizione, 2016) per conto della NSCA, a cura di Haff GG e Triplett NT. Il Capitolo in questione ha il titolo: “Age- and Sex-Related Differences and Their Implications for Resistance Exercise" ed è firmato Rhodri S. Lloyd e Avery D. Faigenbaum. L’intero volume è in corso di pubblicazione per i tipi di Calzetti e Mariucci Editori. a pratica dell’esercizio e dello sport nelle donne L Le donne che partecipano regolar- mente alle attività di allenamento contro resistenza possono migliora- re la propria salute, riducendo il ri- schio di malattie degenerative (come l’osteoporosi) e l’incidenza degli in- fortuni; e possono sviluppare il livello generale della loro performance atle- tica. Laddove nel passato le donne possono aver nutrito dubbi sul valore dell’allenamento contro resistenza e persino aver preferito non cimentar- visi per evitare una stigmatizzazione sociale, l’evidenza indica chiaramente che le donne sono in grado di tollera- re e adattarsi agli stress indotti da questo tipo di esercizio e che i bene- fici che ne derivano sono sostanziali (30, 42). Inoltre, per migliorare salu- te e forma fisica e ridurre il tasso di infortunio, oggigiorno l’allenamento in questione viene suggerito quale com- ponente essenziale dei programmi di allenamento rivolti alle donne (38, 40, 51). DIFFERENZE SESSUALI È necessario che i professionisti della forza e del condizionamento, allorché si trovano a progettare e valutare programmi di allenamento contro resistenza per le donne, comprenda- no le differenze di genere nel fisico, nella composizione corporea e nelle risposte fisiologiche all’esercizio con- tro resistenza. Comprendere queste differenze e le aree di interesse che riguardano specificamente le atle- te può contribuire all’ottimizzazione della performance e alla riduzione dei rischi di infortunio legato allo sport. Dimensioni e composizione corporea Prima della pubertà, maschi e femmi- ne non presentano differenze sostan- ziali in altezza, peso e taglia corporea. Quando invece la pubertà fa la sua comparsa e anche con il progredire della stessa, le discrepanze diventano più evidenti principalmente in virtù dei cambiamenti ormonali che hanno luogo. Rhodri S. Lloyd e Avery D. Faigenbaum
  • 4. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 31 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.31-35 PREMESSE La pallavolo è una disciplina sportiva che ne- gli ultimi 30 anni ha evidenziato uno sviluppo tale da collocarsi tra quelle più praticate in Italia, in Europa e nel mondo. Tale colloca- zione è significativamente correlata con lo sviluppo del settore femminile, che in Italia costituisce circa i due terzi del numero com- plessivo dei praticanti. Da metà degli anni '90, inoltre, la pallavolo femminile italiana ha iniziato un percorso di sviluppo della compe- titività a livello internazionale, arrivando ad occupare stabilmente posizioni di vertice dei ranking della Confederazione Europea (CEV) e della Federazione Mondiale (FIVB). La quali- tà del sistema di allenamento e l’innovazione metodologica nella preparazione fisica hanno contribuito a questa crescita di performan- ce e di competitività, in particolar modo in Italia, in cui l’investimento di risorse, per lo sviluppo qualitativo dei vari aspetti intera- genti nel sistema di competizione, è davvero ingente. Nel sistema di allenamento, diffuso nella pal- lavolo di vertice e in quella giovanile di eccel- lenza, la prestazione tattica (ovvero il gio- co in tutte le sue espressioni) costituisce l’obiettivo principale: la tecnica costituisce l’insieme dei mezzi per esprimere la competi- tività nel gioco, la creatività nella contrappo- sizione con l’avversario e l’iniziativa nella ge- stione dei momenti determinanti dalla gara e dell’allenamento specifico. L’importanza della preparazione fisica è altrettanto centrale perché legata a tre aspetti importanti della prestazione del giocatore e della squadra: contribuisce alla facilitazione dei processi di apprendimento motorio, in considerazio- ne della elevata difficoltà del compito ese- cutivo che caratterizza tutta la gestualità tecnica del pallavolista; contribuisce al mi- glioramento espressivo e funzionale della gestualità tecnica nella variabilità situazio- nale del gioco; contribuisce alla salvaguar- dia della struttura fisica dei giocatori, in quanto alcune tecniche pallavolistiche costi- tuiscono movimenti ad alto impatto rispet- to alle dinamiche di insorgenza di patologie da sovraccarico funzionale. Nella pallavolo, il rapporto tra preparazione tecnico–tattica e preparazione fisica è inscindibile: tale affer- mazione è vera sia per quanto concerne la pallavolo maschile che quella femminile. Sul piano metodologico, esiste una frequen- te commistione tra strategie metodologiche diffuse nella pallavolo maschile rispetto alle strategie più utilizzate nella pallavolo femmi- nile, ma queste considerazioni, come anche gli elementi di confronto e differenziazione, sono frutto più delle esperienze personali dei vari head coach piuttosto che elementi stu- diati e valutati a fronte di congruenze o in- congruenze, aventi come reale presupposto la differenza di genere. ffetti del deallenamento nella pallavolo femminile E MARCO MENCARELLI È uno degli allenatori di pallavolo più esperti ed attivi sia sul piano operativo – il suo ultimo trofeo vinto in ordine cronologico è la Coppa CEV 2018-2019 alla guida della Unet E-Work Busto Arsizio, di serie A1 femminile – che sul piano teorico-didattico – è attualmente impegnato nel redigere i manuali ufficiali FIPAV per la formazione degli allenatori. È stato Allenatore della Squadra Nazionale Juniores dal 2006 al 2012, con la quale ha conseguito il 4° posto ai Campionati Mondiali che si sono svolti in Giappone nel 2006, allenatore della Squadra Nazionale Seniores femminile di pallavolo nel 2013, allenatore della Squadra Nazionale Youth dal 2014 con la quale ha conseguito risultati importanti, tra cui Medaglia d’oro ai Campionati Mondiali che si sono svolti a Rosario (ARG) nel 2017 e Medaglia d’argento ai Campionati Europei che si sono svolti a Sofia (BUL) nel 2018. Marco Mencarelli
  • 5. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 37 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.37-44 INTRODUZIONE ALLA DISCIPLINA E MODELLO FISIOLOGICO-PRESTATIVO La pallavolo viene considerata uno sport di squadra e di situazione (Ivoilov et al., 1967) e viene classificata tra le attività a impegno metabolico aerobico-anaerobico alternato, la cui componente meccanico- muscolare fa riferimento alla forza reattiva e all’esplosività muscolare (Bosco 1994). L’attività si basa sull’alternanza, più o meno regolare, casuale o prescelta, in ragione delle esigenze tecnico-tattiche e del momento agonistico, di fasi sub-mas- simali, fasi massimali e fasi di riposo (con intervento diversificato dei meccanismi energetici aerobici e anaerobici). Le limitate dimensioni del campo determi- nano una prestazione caratterizzata dai gesti tecnici (salti, colpi d’attacco, ecc.) a velocità e intensità elevate e da scatti, talvolta con partenza da posizioni molto basse, su distanze da 3 a 15 metri. Il sal- to è il gesto motorio più frequente secon- do vari autori: circa il 70% dei movimenti. L’analisi di questi dati, dai quali risulta che l’atleta esegue un alto numero di azioni tecniche, suggerisce che debba possede- re buone qualità fisiologiche neuromusco- lari. All’atleta sono richieste prestazioni massime per quanto riguarda la rapidità di reazione e la velocità di movimento e il possesso di elevate capacità coordinative (Fontani, 1994). Minore importanza sem- brerebbero possedere quindi le caratteri- stiche metaboliche, se si eccettua la ca- pacità di recupero specifico, che dovrebbe consentire di reiterare prestazioni di forza nell’arco dell’intera partita. ROBERTO BENIS Ph.D. Preparatore fisico e osteopata. Massimiliano Mazzill eCampus University. Laureato in Scienze delle attività motorie e sportive presso la scuola di Scienze motorie, Università degli Studi di Milano. Personal trainer Strength and conditioning. Coach Volley Offanengo. Body composition. Recupero funzionale e della riatletizzazione post infortunio. Stefano Zambelli eCampus University. Laureato in Scienze delle attività motorie e sportive presso l’Università degli Studi di Milano. Personal trainer. Body composition. Direttore tecnico presso l’International Sports Sciences Association Europe. Roberto Benis con la collaborazione di Massimiliano Mazzilli e Stefano Zambelli A PREPARAZIONE FISICA NELLA PALLAVOLO FEMMINILE L Allenamentodellaforza eprevenzionedegliinfortuni
  • 6. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 45 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.45-51 I vantaggi derivanti dall’introduzione degli SSG nell’allenamento calcistico non sono unicamente apprezzati in ambito maschi- le (Sampaio et al., 2007; Hill-Haas et al., 2009a,b; Hill-Haas et al., 2011; Aguiar et al., 2012; Gaudino et al., 2014; Ha- louani et al., 2014; Campos-Vázquez et al., 2017; Martone et al., 2017; Sanni- candro & Cofano, 2017a,b,c; Cofano & Traficante, 2018; Coutinho et al., 2018; Giménez et al., 2018), ma sono ampia- mente valutati anche nella pratica calci- stica femminile. In ragione della crescente diffusione del calcio femminile, numerose sono le ricer- che che hanno iniziato ad analizzare gli effetti degli SSG sia con calciatrici d'élite che con atlete giovani (Gabbett & Mulvey, 2008; Randers et al., 2010; Sjokvist et al., 2011; Mara et al., 2016; Ørntoft et al., 2016; Flatt et al., 2017; Jastrzębs- ki & Radzimiński, 2017; Lesinski et al., 2017; Mascarin et al., 2018). La letteratura inizia pertanto a fornire interessanti contributi che stanno per- mettendo di comprendere ed osservare se vi sono differenze di genere nell’utiliz- zo degli SSG (Jastrzębski & Radzimiński, 2017; Selmi & Bouassida, 2017), così da ipotizzare possibili adattamenti del carico. Italo Sannicandro, Giacomo Cofano ITALO SANNICANDRO Professore aggregato presso il corso di laurea in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive ed adattate, Università di Foggia. Preparatore atletico professionista. GIACOMO COFANO Docente a contratto presso il CdL magistrale in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive ed adattate dell’Università di Foggia. Preparatore atletico professionista. li small-sided games nel calcio femminile: analisi della letteratura scientifica G
  • 7. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 53 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.53-58 Abbiamo tutti vissuto la spiacevole sensazione di provare dolore uscendo dall’auto, scendendo le scale, la difficoltà ad alzarsi dalla sedia o muoversi normalmente dopo un duro allenamento. Questo tipo di dolore è chiamato indolenzimento musco- lare ad insorgenza ritardata (DOMS) ed è anche conosciuto come EIMD. Chi si allena da un periodo sufficientemente lungo di tempo, probabilmente lo ha sperimentato. Alcuni atleti percepiscono que- sto dolore addirittura come un indicatore del suc- cesso, della bontà dell’allenamento, ma vediamo cosa affermano le evidenze scientifiche. COSA SONO I DOMS Essi rappresentano il dolore muscolare dopo una sessione d’allenamento. È bene fare una distinzione fra due tipologie di in- dolenzimento: 1. indolenzimento muscolare ad insorgenza acuta (Acute Onset Muscle Soreness). L’indolenzi- mento, che in genere si presenta come bru- ciore, fa la sua comparsa nel corso o subito dopo l’allenamento. Le possibili cause sono un accumulo di metaboliti post allenamento o l’edema tissutale causato dallo spostamento del plasma sanguigno nel tessuto muscolare a seguito dell’esercizio. Si tratta di un fenome- no di breve durata (lo smaltimento dell’acido lattico avviene in un’ora dal termine dell’atti- vità fisica) e che avviene senza generare alcun dolore tardivo e persistente. 2. Indolenzimento muscolare a insorgenza ritar- data (Delayed Onset Muscle Soreness). L’atle- ta lo percepisce solitamente dopo che ha da tempo terminato l’attività fisica (di qualsiasi tipo) ed è descritto come la conseguenza del- lo stress meccanico e/o metabolico18 . Scientificamente parlando15 , i DOMS sono (princi- palmente) una problematica muscolare (Tipo 1B), il cui dolore di solito si verifica a riposo, alcune ore dopo l’attività sportiva (8 ore dopo l’allenamento, con picchi di 48-72 ore, anche se l’esatto tempo può variare), rendendo l’intero muscolo rigido alla palpazione: i Doms possono determinare una dimi- MICHELE CASTELLANO VITATERNA Fisioterapista della Nazionale Italiana di Pesistica Olimpica e Femminile di Rugby. È appassionato di ricerca scientifica in ambito riabilitativo e del miglioramento della funzionalità degli atleti attraverso il recupero e la prevenzione dagli infortuni. Michele Castellano Vitaterna DOMS. Indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata. Significato ed inquadramento. PRIMA PARTE
  • 8. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 59 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.59-67 1. INTRODUZIONE Le modalità grazie alle quali è possibile miglio- rare la prestazione sportiva sono uno dei prin- cipali interessi contemporanei nel mondo delle scienze dell’attività fisica e del movimento. Nel 1997 sono stati spesi, solo negli Stati Uniti, 12 miliardi di dollari per bevande e alimenti er- gogenici e/o dietetici e circa il 50% della popo- lazione ha dichiarato di averne fatto uso [1]. Un diverso approccio, sempre legato alla ricerca del miglioramento delle prestazioni sportive, è quello di studiare l’attività cerebrale mediante l’elettroencefalografia (EEG). La possibilità di associare un profilo EEG distintivo ad una pre- stazione effettuata da un atleta esperto in una determinata disciplina, permette di comprende- re gli importanti processi corticali alla base delle prestazioni d’eccellenza. Inoltre la possibilità di ottimizzare le performance potrebbe essere le- gata al miglioramento della capacità di gestire il segnale elettrocorticale attraverso una autore- golazione con tecniche come l’EEG biofeedback, detto anche neurofeedback. Alcune indiscrezioni sembrano avvalorare questa ipotesi, indicando come alcuni campioni, tra cui la tennista Maria Pierce, lo sciatore medaglia d’oro olimpica Her- mann Maier e diversi giocatori della nazionale italiana di calcio campione del mondo del 2006 abbiano usato il neurofeedback per migliorare la loro performance [2], anche se sono stati con- dotti pochi studi in grado di validare la metodica. Al fine di stabilire se il miglioramento delle pre- stazioni attraverso il neurofeedback si estenda oltre i confini aneddotici, sono ovviamente ne- cessari studi scientifici approfonditi e control- lati. Tuttavia la nostra capacità di evidenziare correlazioni statisticamente significative tra il segnale EEG e la prestazione sportiva dipende in larga parte dalla nostra capacità di ottene- re dati affidabili relativamente al segnale elet- trico corticale. Purtroppo la registrazione EEG con soggetto in movimento è intrinsecamente problematica. Tutte le cause usuali di artefatti durante la registrazione EEG (potenziali musco- lari, sudorazione, movimenti degli elettrodi sul- la cute) tendono ad aggravarsi durante il movi- mento. Inoltre vi sono ulteriori problemi legati alla portabilità dell’attrezzatura (in parte risolta grazie alla produzione di amplificatori portatili wireless) e alla restrizione del movimento natu- rale dato dall’indossare la cuffia con gli elettrodi. L’obiettivo primario di questo articolo è quello di discutere il tema degli artefatti da movimento nell’EEG nel contesto delle scienze motorie e sportive. In primo luogo si fornirà una breve pa- noramica dei principi di base dell’EEG; in secondo luogo si analizzeranno le modalità utilizzate dai ricercatori nell’ambito dell’EEG relativamente alla sua applicazione nel campo sportivo. In terzo luogo verranno discussi i metodi pratici, tecno- logici e computazionali utilizzati per risolvere i problemi che tipicamente presenta la registra- zione EEG durante lo sport. Infine, si discuterà relativamente ai tentativi di alterare l’EEG di un Basato sul testo originale: T. Thompson, T. Steffert , T. Ros , J. Leach , J. Gruzelier; EEG applications for sport and performance; Methods. 2008 Aug;45(4):279-88. Adattamento, aggiornamento, ampliamento e traduzione italiana a cura di Marco Ivaldi, PhD pplicazioni dell’elettroencefalografia in ambito sportivo A PRIMA PARTE
  • 9. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 69 S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.69-74 Il dolore neuropatico non va conside- rato solo come una lesione primitiva o una disfunzione del sistema nervoso centrale/periferico in senso stretto, bensì come una vera e propria limita- zione nelle normali attività quotidia- ne: ne è un chiaro esempio la sempli- ce azione del camminare [D’Onofrio, 2013] [Waik et al., 2016]. Le sue espressioni sensoriali e le re- lative disregolazioni recettoriali pos- sono, infatti, impedire al paziente di riconoscere il contatto del proprio corpo (anca, ginocchio, caviglia, pie- de) con il terreno, con conseguente alterazione dell’intera catena cinetica dell’arto inferiore, da cui si producono successive ripercussioni sul baricen- tro corporeo. Il paziente affetto da dolore neuropati- co distale non riesce infatti a percepi- re e ad elaborare tramite il controllo motorio l’atto di trasferire con sicu- rezza il peso del corpo sull’arto. In caso di controllo motorio integro, infatti, il compenso si effettua bloc- cando il ginocchio o enfatizzando il momento di contatto. In presenza di patologia ortopedica o neurologica, il deficit di sensibilità e di forza muscolare risulta disabilitante, impedendo determinati compensi. In presenza di un’alterazione mode- rata della sensibilità, il cammino si presenterà lento e cauto [Schafer, 2009]; nei deficit gravi, invece, ci po- trà essere incapacità di utilizzare il controllo motorio residuo: infatti, a causa del danno sensoriale, il pazien- te non lo utilizzerà più, finendo quindi per provocarsi nuove manifestazioni di scompenso e di dolore. Spesso, ad una valutazione superfi- ciale, poiché il danno della sensibilità non è sempre rilevabile, si rischia di ignorarlo. Un segno distintivo è spesso l’esi- tazione, così come l’errore occasio- nale nel passo. Una risposta lenta è equivalente a insufficienza temporale nel cogliere l’eccessiva flessione o estensione del ginocchio, così pure l’eccessiva supinazione o altre forme di compenso del piede nel cammino. La sensibilità si può dunque giudica- re come normale, solo se le risposte sono rapide e corrette. GENNARO GATTO Dipartimento di medicina Fisica e riabilitativa, AOR San Carlo Potenza. Referente per la riabilitazione sportiva e per l’avvio allo sport delle persone disabili. VINCENZO D’ONOFRIO Direttore Scientifico Scuola Regionale dello Sport Coni di Basilicata. Collabora in Didattica seminariale al Corso di laurea in Scienze motorie dell’Università di Foggia e in attività di ricerca con il Dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell’Università degli Studi di Napoli. ANNA PATERNOSTRO Medico Specialista in anestesia e rianimazione. Azienda Ospedaliera Annunziata Cosenza. Vincenzo D’Onofrio, Gennaro Gatto, Anna Paternostro olore neuropatico plantare, opportunità terapeutiche e karate D
  • 10. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VIII - Numero 28 / Aprile-Giugno 2019 79 Il mondo dello sport e quello dell’esercizio fisico continuano da decenni a confrontarsi tra specia- lizzazione precoce e sviluppo delle competenze. Da un lato, infatti, il rapporto annuale del 2017, elaborato dal Centro Studi e Osservatori Stati- stici per lo Sport del CONI, mostra come i tesse- rati praticanti attività sportiva agonistica a qual- siasi livello siano pari a 4 milioni e 703 mila unità, evidenziando un incremento di circa il 2,7% in più rispetto all’anno precedente (CONI-FSN-DSA, 2017). Le olimpiadi giovanili di Buenos Aires del 2018 hanno visto la partecipazione di circa 4000 atleti, in netto aumento rispetto a quelli parte- cipanti alle olimpiadi del quadriennio precedente. Lo sport agonistico praticato dai giovani, dunque, sembra in continuo aumento; troppo spesso l’a- gonismo giovanile, però, è spinto da una specia- lizzazione precoce i cui danni, oltre a quelli di tipo fisico, potrebbero anche essere di tipo emotivo e sociale e comportare delusione, scoraggiamento, mancanza di motivazioni, isolamento e nei casi più gravi anche l’abbandono della pratica sportiva. Dall’altro lato, guardando i numeri della pratica dell’esercizio fisico, però, molteplici studi eviden- ziano il trend di un progressivo aumento dell’inat- tività e dell’obesità nei giovani, che può causare oltre agli ovvi danni per la salute, anche problemi nell’acquisizione delle abilità motorie fondamentali di base, e delle successive abilità-sport specifiche (Culjak et al., 2014). Dall’osservazione di questi dati, l’attività sportiva in Italia sembra ancora nettamente dividersi tra una pratica orientata alla performance e pertanto a tal fine organizza- ta, finalizzata ma forse troppo specializzata, e una pratica sempre meno frequente dell’attività motoria genericamente intesa, troppo spesso la- sciata alla libera iniziativa dei pochi volenterosi, atleti ed operatori, che si interessano della salute fisica e motoria dei giovani. Forse la soluzione a questo divario è da ritrovarsi in una nuova lettura della performance, una let- tura “capovolta” che, senza dimenticare i principi della metodologia dell’allenamento, miri al rag- giungimento dell’obiettivo prestativo attraverso una trasversalità e trasferibilità delle competen- ze motorie e attraverso il recupero della “physi- cal literacy”. Con questo termine si definiscono le competenze motorie di base, fondate princi- palmente sulle capacità coordinative, e le abilità sportive che creano le premesse per la presta- zione sportiva di qualsiasi disciplina (Whitehead, 2010): l’obiettivo è quello di stimolare un’acquisi- zione consapevole del controllo del movimento per creare degli appropriati patterns motori, al fine di poterli trasferire in tutti i contesti sportivi. Per- tanto, il recupero della Physical literacy attraverso l’esaltazione delle capacità coordinative ed il recu- pero delle abilità motorie di base, permetterebbe non solo di colmare, da un lato, il grande vuoto dell’inattività dei giovani ma anche, dall’altro, di innalzare i livelli di performance dei futuri sporti- vi o di contrastare il tanto temuto fenomeno del burnout attraverso la “disponibilità motoria” nel praticare varie tipologie di sport. Perché allora, per recuperare da un lato e capo- volgere dall’altro, non partire proprio dalla capo- volta? IL CAPOVOLGIMENTO IN PALESTRA: DA NECESSITÀ A VIRTÙ Se lo sviluppo ontogenetico si evolve su patterns su cui ci si “conforma naturalmente”, uno dei pas- si per compiere la sfida verso il cambiamento al fine di esaltare le capacità motorie consiste allora nell’alterazione dei parametri ambientali, tempo- rali e spaziali entro i quali il movimento si realizza. Ecco che affiora il concetto delle “affordances”, ovvero oggetti o strutture che si offrono nell’am- biente e che permettono di scoprire il significato funzionale degli elementi di cui l’ambiente stesso è costituito, ai quali adattarci per interagire (Gi- bson, 1977): esse - in un’ottica del cambiamento - servono per arricchire l’apprendimento motorio e sono da considerare opportunità per agire in un dato contesto in un determinato insieme di condizioni (Pesce et al., 2016). Forzare queste condizioni, agendo attraverso il principio della pa- rametrizzazione e variabilità, e sollecitare il siste- ma nervoso centrale attraverso una serie di input sensoriali che contribuiscono al controllo del mo- GiocosaMente Claudia Crova e Roberta De Pero CLAUDIA CROVA Diplomata all’ISEFdi Roma. Laureata in Scienze Motorie e in Scienze dell’Educazione e della Formazione all’Università “La Sapienza” - Roma, è Dottore di ricerca in “Scienze dello Sport, dell’esercizio fisico e dell’ergonomia” all’Università degli Studi di Roma – Foro Italico. Dagli anni ‘80 si occupa dell’insegnamento della Ginnastica Ritmica, prima all’I.S.E.F. Statale di Roma, ora come tecnico per la ricerca e la didattica sempre all’Università del Foro Italico, dove svolge anche lezioni di Attività Motorie per l’età evolutiva per gli anziani. IN QUESTO NUMERO: DALLA PERFORMANCE ALLA MOTRICITÀ: LA PERFORMANCE CAPOVOLTA S&C(Ita)n.28,Aprile-Giugno2019,pp.79-85