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PON GOVERNANCE E AZIONI DI SISTEMA ASSE E – Capacità Istituzionale – Obiettivo Specifico 5.1
Il processo di razionalizzazione delle
partecipate: quadro politico e normativo
Prof. Dr. Riccardo Mussari
Università di Siena
Città Metropolitane e Province: ruolo, missione istituzionale, nuove forme di
governance
Webinar 30 Settembre 2015 -
ore 12:00
Considerazioni introduttive
• Il tema delle partecipate degli enti locali è
molto complesso.
• Tale complessità discende, sostanzialmente,
dal combinarsi due elementi:
– Cosa debba intendersi per servizio pubblico locale ovvero quale ruolo si
intende assegnare alla “produzione pubblica locale” nell’economia e nella
società;
– Quali modalità di gestione sono più opportune e per quali servizi.
Considerazioni introduttive
• A partire dagli anni novanta, gli interventi del
legislatore volti a disciplinare il fenomeno delle
partecipazioni pubbliche si sono intensificati.
• Dapprima il fenomeno è stato in qualche modo favorito
sotto la spinta di una concezione “finto-privatistica”;
successivamente, si è cercato di correre ai ripari
tentando di arginare le criticità che la proliferazione di
società ed organismi partecipati dagli enti territoriali
avevano generato in termini di costi, coordinamento e
controllo della finanza pubblica, nonché di concorrenza
ed efficienza.
Considerazioni introduttive
• L’intricato quadro normativo attuale discende anche dalle
difficoltà politiche ed operative riscontrate nel pervenire ad
una disciplina generale, o quanto meno organica, della
materia.
• Tali difficoltà che hanno determinato il succedersi di
interventi mirati a risolvere questioni contingenti e
settoriali.
• L’assenza di un quadro legislativo organico e stabile e la
mancata previsione di strategie attuative adeguate hanno
reso ancora più articolato e complesso districarsi
nell’universo delle partecipazioni locali, tanto che persino
sulla loro numerosità non c’è una totale concordanza fra i
diverse fonti.
La ratio della normativa più recente
• Le finalità che hanno ispirato i numerosi
interventi normativi succedutisi nell’ultimo
decennio in tema di partecipazioni locali sono
molteplici, ma possono essere ricondotte a
due principali esigenze:
1. dare attuazione ai principi comunitari di tutela della concorrenza e
del mercato e
2. perseguire il contenimento dei costi di funzionamento del settore
pubblico allargato, garantendo predeterminati standard quali-
quantitativi di servizio.
La ratio della normativa più recente
• L’intervento pubblico dovrebbe pertanto essere limitato a
garantire l’erogazione di livelli ottimali di servizio in
situazioni di fallimento di mercato:
– assicurare l’equilibrio di mercato in presenza di asimmetrie
informative,
– fornire beni/servizi che procurano un beneficio diffuso per la
collettività (esternalità positive)
– e regolamentare attività che comportano un danno o comunque
pregiudicano il benessere sociale (esternalità negative).
• Tale visione “restrittiva” dell’intervento pubblico
nell’economia ha chiaramente ispirato il legislatore italiano
nella stesura dell’art. 3, comma 27 della L.244/2007 e, più
recentemente, nell’art. 1, comma 611 della legge 190/2014.
La ratio della normativa più recente
• Il principio della tutela della concorrenza richiede
che la produzione pubblica di beni e servizi sia
limitata alle funzioni indispensabili allo
svolgimento delle finalità istituzionali
dell’amministrazione (indispensabilità rispetto
agli obiettivi), e che non si estenda a settori
economici o aree territoriali in cui i beni e servizi
possono essere erogati anche dal privato senza
pregiudicare la massimizzazione del benessere
economico delle collettività di riferimento
(indispensabilità rispetto ai mezzi).
La partecipata locale: definizione
soggettiva
• Una definizione di partecipata locale, da un punto di
vista soggettivo, si evince dall’art. 23 del D.l. 24 aprile
2014, n. 66, che riconduce all’espressione
“partecipate locali” le aziende speciali, le istituzioni e
le società direttamente o indirettamente controllate
dalle amministrazioni locali.
La partecipata locale: i requisiti
quantitativi
• I “requisiti quantitativi” (ma con riferimento alle società)
sono invece richiamati dall’art. 11-quinquies, comma 3 del
D.lgs. 118/2011, così come modificato ed integrato dall’art.
1, comma 1, lett. n), del D.lgs. 10 agosto 2014, n. 126.
• Sono considerate società partecipate da un ente locale
tutte le società a totale partecipazione pubblica affidatarie
di servizi pubblici locali indipendentemente dalla quota di
partecipazione.
• Dal 2018 per società partecipata si intenderà la società
nella quale l'ente locale, direttamente o indirettamente,
dispone di una quota di voti, esercitabili in assemblea, pari
o superiore al 20 per cento, o al 10 per cento se trattasi di
società quotata.
La razionalizzazione delle partecipate
• La razionalizzazione delle partecipate era tra le priorità
del governo Monti.
• Furono così numerosi e complessi i nodi attuativi da
determinare il sostanziale svuotamento della riforma.
• In particolare, la resistenza degli amministratori locali,
l’assenza di un quadro normativo organico e stabile,
così come di un’exit strategy adeguata (si consideri, a
titolo di esempio, la questione del personale impiegato
nelle società da dismettere), hanno determinato il
succedersi di deroghe e proroghe, conducendo ad un
complessivo fallimento in fase di implementazione.
La razionalizzazione delle partecipate
• Il lavoro di Cottarelli, ex Commissario
Straordinario per la revisione della Spesa, è stato
recepito, seppur parzialmente, dai commi 609-
616 della legge di stabilità per il 2015.
• In particolare, il comma 611 della l. 190/2014
individua i criteri sulla base dei quali gli enti
territoriali devono avviare il processo di
razionalizzazione al fine di ridurre, entro il 31
dicembre 2015, il numero delle società e delle
partecipazioni societarie direttamente o
indirettamente possedute.
La razionalizzazione delle partecipate
• Tali criteri si articolano intorno a cinque
cardini fondamentali:
1. limitazione del perimetro delle partecipazioni ai soli organismi che
svolgono attività indispensabili ai fini del perseguimento delle finalità
istituzionali dell’ente;
2. soppressione delle cd. “scatole vuote”, ovvero di quelle società in cui
il rapporto tra numero di dipendenti ed amministratori è sbilanciato a
favore di questi ultimi;
3. mantenimento delle sole partecipazioni in società che non svolgono
attività analoghe a quelle svolte da altre società partecipate o da enti
pubblici strumentali, fatta salva la possibilità di procedere ad
operazioni di fusione o di internalizzazione delle relative funzioni;
La razionalizzazione delle partecipate
4. aggregazione di società di servizi pubblici di interesse economico
generale, al fine di favorire lo sfruttamento di economie di scala e di
differenziazione nell’organizzazione dei servizi a rete;
5. contenimento dei costi di funzionamento.
La razionalizzazione delle partecipate
• Le suddette questioni dovranno essere affrontate
dai decreti attuativi della riforma della pubblica
amministrazione (legge delega 7 agosto 2015, n.
124), che ha delineato i criteri direttivi da seguire
per semplificare il quadro normativo avente ad
oggetto le partecipazioni pubbliche, con
particolare attenzione al rispetto dei principi
comunitari di tutela della concorrenza e del
mercato, ed alla disciplina dei servizi pubblici
locali di interesse economico generale.
La legge Madia
• Tra le priorità della legge delega” Madia”
rientrano il coordinamento e la
sistematizzazione della normativa vigente
sulle partecipate (art. 12), la riduzione dei
costi sostenuti per le attività strumentali,
“fatte salve le esigenze connesse ad eventuali
processi di reinternalizzazione di servizi”,
nonché il “rafforzamento” degli uffici il cui
scopo è erogare servizi ai cittadini ed alle
imprese (art. 8, comma 1, lett. a).
La legge Madia
• Per quanto concerne la razionalizzazione e riduzione delle
partecipazioni pubbliche:
– si conferma quanto disposto nei precedenti interventi normativi in
tema di assunzione e mantenimento di partecipazioni stabilendo che il
relativo perimetro deve essere circoscritto entro compiti istituzionali
dell’ente e
– Si introduce un ulteriore requisito, quello della strategicità del servizio
ai fini della “tutela di interessi pubblici rilevanti”, al cui interno
rientrano esplicitamente i servizi di interesse economico generale.
• L’implementazione della riforma sarà inoltre sostenuta dalla
previsione di un sistema sanzionatorio (riduzione dei trasferimenti
statali) per la mancata attuazione da parte degli enti dei principi di
razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni.
La legge Madia
• La puntuale individuazione delle attività da ricondurre
al novero di “servizio pubblico” consentirà di
provvedere alla distinzione tra società che offrono
servizi strumentali servizi di interesse generale privi di
rilevanza economica (SIG), e servizi di interesse
economico generale (SIEG).
• Ciò permetterà di indirizzare/orientare le scelte degli
amministratori ai fini del mantenimento o della
dismissione delle partecipazioni anche in ragione di un
criterio funzionale, e non solo quantitativo (es: obblighi
di liquidazione per le società che registrano perdite di
bilancio per più esercizi consecutivi).
La legge Madia
• I piani operativi di razionalizzazione,
disciplinati dall’art. 1, commi 611-614 della
legge di stabilità 2015, infatti, fissano criteri,
tempi e modalità ai quali devono attenersi gli
enti territoriali per perseguire la
razionalizzazione delle società e delle
partecipazioni societarie direttamente ed
indirettamente possedute, senza tuttavia che
rilevi la tipologia di servizio gestito (cfr. Corte
dei Conti Lombardia, delibera 217/2008/PAR).
La legge Madia
• Viceversa, dovrebbero essere considerate da
dismettere in quanto non coerenti con le
finalità dell’ente (Corte dei Conti Lombardia,
delibera 48/2008/PAR) le partecipazioni in
società che svolgono attività con scopi
prettamente industriali e commerciali, se
questi ultimi prevalgono sul pubblico interesse
(cfr. anche circolare ANCI emanati in
riferimento all’applicazione delle norme di cui
alla L. 244/2007, art. 3, commi 27 e ss.)
La legge Madia
• Per porre in essere la “razionalizzazione” dei
propri organismi e società partecipate, gli enti
locali devono verificare non solo i presupposti
giuridici dei differenti interventi di cessione,
liquidazione, trasformazione societaria tramite
fusione o scissione, ma anche a considerare
preventivamente gli effetti economici che
deriverebbero dalle operazioni di dismissione,
valutandone la convenienza, secondo criteri di
efficacia, efficienza ed economicità.
Il bilancio consolidato
• Infine, è opportuno ricordare come il tema delle
partecipazioni rilevi anche ai fini contabili e di
controllo. Ai sensi del decreto legislativo 118/2001 e
ss.mm.ii., infatti, comuni, province, città
metropolitane, comunità montane, isolane e unioni di
comuni sono tenuti a redigere, a partire dall’esercizio
2016 (salvo gli enti che, nel 2014, hanno partecipato
alla sperimentazione, per cui tale obbligo è iniziato a
decorrere dal 2015 il bilancio consolidato con i propri
enti ed organismi strumentali, aziende, società
controllate e partecipate, secondo le modalità ed i
criteri individuati nel principio applicato del bilancio
consolidato di cui all'allegato n. 4/4.
Il bilancio consolidato
• Ai fini dell'inclusione nel bilancio consolidato, si
considera qualsiasi ente strumentale, azienda, società
controllata e partecipata, indipendentemente dalla
sua forma giuridica pubblica o privata, anche se le
attività che svolge sono dissimili da quelle degli altri
componenti del gruppo, con l'esclusione degli enti
apparenti al sistema sanitario.
• E’ lo stesso allegato 4.4 del decreto ad indicare, quali
attività preliminari al consolidamento dei bilanci del
gruppo, l’individuazione degli enti da considerare per la
predisposizione del bilancio consolidato.

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Il processo di razionalizzazione delle partecipate quadro politico e normativo

  • 1. PON GOVERNANCE E AZIONI DI SISTEMA ASSE E – Capacità Istituzionale – Obiettivo Specifico 5.1 Il processo di razionalizzazione delle partecipate: quadro politico e normativo Prof. Dr. Riccardo Mussari Università di Siena Città Metropolitane e Province: ruolo, missione istituzionale, nuove forme di governance Webinar 30 Settembre 2015 - ore 12:00
  • 2. Considerazioni introduttive • Il tema delle partecipate degli enti locali è molto complesso. • Tale complessità discende, sostanzialmente, dal combinarsi due elementi: – Cosa debba intendersi per servizio pubblico locale ovvero quale ruolo si intende assegnare alla “produzione pubblica locale” nell’economia e nella società; – Quali modalità di gestione sono più opportune e per quali servizi.
  • 3. Considerazioni introduttive • A partire dagli anni novanta, gli interventi del legislatore volti a disciplinare il fenomeno delle partecipazioni pubbliche si sono intensificati. • Dapprima il fenomeno è stato in qualche modo favorito sotto la spinta di una concezione “finto-privatistica”; successivamente, si è cercato di correre ai ripari tentando di arginare le criticità che la proliferazione di società ed organismi partecipati dagli enti territoriali avevano generato in termini di costi, coordinamento e controllo della finanza pubblica, nonché di concorrenza ed efficienza.
  • 4. Considerazioni introduttive • L’intricato quadro normativo attuale discende anche dalle difficoltà politiche ed operative riscontrate nel pervenire ad una disciplina generale, o quanto meno organica, della materia. • Tali difficoltà che hanno determinato il succedersi di interventi mirati a risolvere questioni contingenti e settoriali. • L’assenza di un quadro legislativo organico e stabile e la mancata previsione di strategie attuative adeguate hanno reso ancora più articolato e complesso districarsi nell’universo delle partecipazioni locali, tanto che persino sulla loro numerosità non c’è una totale concordanza fra i diverse fonti.
  • 5. La ratio della normativa più recente • Le finalità che hanno ispirato i numerosi interventi normativi succedutisi nell’ultimo decennio in tema di partecipazioni locali sono molteplici, ma possono essere ricondotte a due principali esigenze: 1. dare attuazione ai principi comunitari di tutela della concorrenza e del mercato e 2. perseguire il contenimento dei costi di funzionamento del settore pubblico allargato, garantendo predeterminati standard quali- quantitativi di servizio.
  • 6. La ratio della normativa più recente • L’intervento pubblico dovrebbe pertanto essere limitato a garantire l’erogazione di livelli ottimali di servizio in situazioni di fallimento di mercato: – assicurare l’equilibrio di mercato in presenza di asimmetrie informative, – fornire beni/servizi che procurano un beneficio diffuso per la collettività (esternalità positive) – e regolamentare attività che comportano un danno o comunque pregiudicano il benessere sociale (esternalità negative). • Tale visione “restrittiva” dell’intervento pubblico nell’economia ha chiaramente ispirato il legislatore italiano nella stesura dell’art. 3, comma 27 della L.244/2007 e, più recentemente, nell’art. 1, comma 611 della legge 190/2014.
  • 7. La ratio della normativa più recente • Il principio della tutela della concorrenza richiede che la produzione pubblica di beni e servizi sia limitata alle funzioni indispensabili allo svolgimento delle finalità istituzionali dell’amministrazione (indispensabilità rispetto agli obiettivi), e che non si estenda a settori economici o aree territoriali in cui i beni e servizi possono essere erogati anche dal privato senza pregiudicare la massimizzazione del benessere economico delle collettività di riferimento (indispensabilità rispetto ai mezzi).
  • 8. La partecipata locale: definizione soggettiva • Una definizione di partecipata locale, da un punto di vista soggettivo, si evince dall’art. 23 del D.l. 24 aprile 2014, n. 66, che riconduce all’espressione “partecipate locali” le aziende speciali, le istituzioni e le società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali.
  • 9. La partecipata locale: i requisiti quantitativi • I “requisiti quantitativi” (ma con riferimento alle società) sono invece richiamati dall’art. 11-quinquies, comma 3 del D.lgs. 118/2011, così come modificato ed integrato dall’art. 1, comma 1, lett. n), del D.lgs. 10 agosto 2014, n. 126. • Sono considerate società partecipate da un ente locale tutte le società a totale partecipazione pubblica affidatarie di servizi pubblici locali indipendentemente dalla quota di partecipazione. • Dal 2018 per società partecipata si intenderà la società nella quale l'ente locale, direttamente o indirettamente, dispone di una quota di voti, esercitabili in assemblea, pari o superiore al 20 per cento, o al 10 per cento se trattasi di società quotata.
  • 10. La razionalizzazione delle partecipate • La razionalizzazione delle partecipate era tra le priorità del governo Monti. • Furono così numerosi e complessi i nodi attuativi da determinare il sostanziale svuotamento della riforma. • In particolare, la resistenza degli amministratori locali, l’assenza di un quadro normativo organico e stabile, così come di un’exit strategy adeguata (si consideri, a titolo di esempio, la questione del personale impiegato nelle società da dismettere), hanno determinato il succedersi di deroghe e proroghe, conducendo ad un complessivo fallimento in fase di implementazione.
  • 11. La razionalizzazione delle partecipate • Il lavoro di Cottarelli, ex Commissario Straordinario per la revisione della Spesa, è stato recepito, seppur parzialmente, dai commi 609- 616 della legge di stabilità per il 2015. • In particolare, il comma 611 della l. 190/2014 individua i criteri sulla base dei quali gli enti territoriali devono avviare il processo di razionalizzazione al fine di ridurre, entro il 31 dicembre 2015, il numero delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute.
  • 12. La razionalizzazione delle partecipate • Tali criteri si articolano intorno a cinque cardini fondamentali: 1. limitazione del perimetro delle partecipazioni ai soli organismi che svolgono attività indispensabili ai fini del perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente; 2. soppressione delle cd. “scatole vuote”, ovvero di quelle società in cui il rapporto tra numero di dipendenti ed amministratori è sbilanciato a favore di questi ultimi; 3. mantenimento delle sole partecipazioni in società che non svolgono attività analoghe a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, fatta salva la possibilità di procedere ad operazioni di fusione o di internalizzazione delle relative funzioni;
  • 13. La razionalizzazione delle partecipate 4. aggregazione di società di servizi pubblici di interesse economico generale, al fine di favorire lo sfruttamento di economie di scala e di differenziazione nell’organizzazione dei servizi a rete; 5. contenimento dei costi di funzionamento.
  • 14. La razionalizzazione delle partecipate • Le suddette questioni dovranno essere affrontate dai decreti attuativi della riforma della pubblica amministrazione (legge delega 7 agosto 2015, n. 124), che ha delineato i criteri direttivi da seguire per semplificare il quadro normativo avente ad oggetto le partecipazioni pubbliche, con particolare attenzione al rispetto dei principi comunitari di tutela della concorrenza e del mercato, ed alla disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale.
  • 15. La legge Madia • Tra le priorità della legge delega” Madia” rientrano il coordinamento e la sistematizzazione della normativa vigente sulle partecipate (art. 12), la riduzione dei costi sostenuti per le attività strumentali, “fatte salve le esigenze connesse ad eventuali processi di reinternalizzazione di servizi”, nonché il “rafforzamento” degli uffici il cui scopo è erogare servizi ai cittadini ed alle imprese (art. 8, comma 1, lett. a).
  • 16. La legge Madia • Per quanto concerne la razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni pubbliche: – si conferma quanto disposto nei precedenti interventi normativi in tema di assunzione e mantenimento di partecipazioni stabilendo che il relativo perimetro deve essere circoscritto entro compiti istituzionali dell’ente e – Si introduce un ulteriore requisito, quello della strategicità del servizio ai fini della “tutela di interessi pubblici rilevanti”, al cui interno rientrano esplicitamente i servizi di interesse economico generale. • L’implementazione della riforma sarà inoltre sostenuta dalla previsione di un sistema sanzionatorio (riduzione dei trasferimenti statali) per la mancata attuazione da parte degli enti dei principi di razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni.
  • 17. La legge Madia • La puntuale individuazione delle attività da ricondurre al novero di “servizio pubblico” consentirà di provvedere alla distinzione tra società che offrono servizi strumentali servizi di interesse generale privi di rilevanza economica (SIG), e servizi di interesse economico generale (SIEG). • Ciò permetterà di indirizzare/orientare le scelte degli amministratori ai fini del mantenimento o della dismissione delle partecipazioni anche in ragione di un criterio funzionale, e non solo quantitativo (es: obblighi di liquidazione per le società che registrano perdite di bilancio per più esercizi consecutivi).
  • 18. La legge Madia • I piani operativi di razionalizzazione, disciplinati dall’art. 1, commi 611-614 della legge di stabilità 2015, infatti, fissano criteri, tempi e modalità ai quali devono attenersi gli enti territoriali per perseguire la razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente ed indirettamente possedute, senza tuttavia che rilevi la tipologia di servizio gestito (cfr. Corte dei Conti Lombardia, delibera 217/2008/PAR).
  • 19. La legge Madia • Viceversa, dovrebbero essere considerate da dismettere in quanto non coerenti con le finalità dell’ente (Corte dei Conti Lombardia, delibera 48/2008/PAR) le partecipazioni in società che svolgono attività con scopi prettamente industriali e commerciali, se questi ultimi prevalgono sul pubblico interesse (cfr. anche circolare ANCI emanati in riferimento all’applicazione delle norme di cui alla L. 244/2007, art. 3, commi 27 e ss.)
  • 20. La legge Madia • Per porre in essere la “razionalizzazione” dei propri organismi e società partecipate, gli enti locali devono verificare non solo i presupposti giuridici dei differenti interventi di cessione, liquidazione, trasformazione societaria tramite fusione o scissione, ma anche a considerare preventivamente gli effetti economici che deriverebbero dalle operazioni di dismissione, valutandone la convenienza, secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità.
  • 21. Il bilancio consolidato • Infine, è opportuno ricordare come il tema delle partecipazioni rilevi anche ai fini contabili e di controllo. Ai sensi del decreto legislativo 118/2001 e ss.mm.ii., infatti, comuni, province, città metropolitane, comunità montane, isolane e unioni di comuni sono tenuti a redigere, a partire dall’esercizio 2016 (salvo gli enti che, nel 2014, hanno partecipato alla sperimentazione, per cui tale obbligo è iniziato a decorrere dal 2015 il bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate, secondo le modalità ed i criteri individuati nel principio applicato del bilancio consolidato di cui all'allegato n. 4/4.
  • 22. Il bilancio consolidato • Ai fini dell'inclusione nel bilancio consolidato, si considera qualsiasi ente strumentale, azienda, società controllata e partecipata, indipendentemente dalla sua forma giuridica pubblica o privata, anche se le attività che svolge sono dissimili da quelle degli altri componenti del gruppo, con l'esclusione degli enti apparenti al sistema sanitario. • E’ lo stesso allegato 4.4 del decreto ad indicare, quali attività preliminari al consolidamento dei bilanci del gruppo, l’individuazione degli enti da considerare per la predisposizione del bilancio consolidato.