2. Struttura
Introduzione
I. Il vocabolario biblico della povertà
II. Povertà, benedizione e maledizione
III. Povertà e ingiustizia
IV. Teologia della Povertà
V. Povertà per il Regno
3. I poveri nella Bibbia occupano un posto di grande
rilievo. Mentre la storia profana quasi sempre ignora
queste persone e si limita a parlarne solo nelle rare
occasioni nelle quali esse sono diventate protagoniste
con ribellioni, sommosse e rivoluzioni (cfr. la rivolta dei
plebei contro i patrizi nella giovane repubblica di Roma
o l'insurrezione degli schiavi guidati dal gladiatore
Spartaco, ecc.), al contrario la sacra Scrittura affronta di
proposito il problema della povertà, anzi giunge a
proporre questo stato, umanamente spregevole e
miserabile, come ideale di vita. Se appare eccessivo
ritenere che i poveri sono i protagonisti della storia
d'Israele, è tuttavia incontestabile che questa categoria
di persone attira l'attenzione dei legislatori, dei profeti e
dei salmisti nell'AT, di Gesù e degli autori ispirati nel
NT.
4. Il popolo di Dio è nato nella povertà più estrema,
Israele nel deserto ha fatto l'esperienza di questo stato
di penuria: «(Il Signore) ti ha umiliato, ti ha fatto sentire la
fame, poi ti ha nutrito di manna» (Dt 8,3). Anzi tra i
membri del popolo di Dio non esisteva nessun ricco o
benestante e tutti per la sopravvivenza dipendevano
completamente dall'intervento divino, sia per il cibo (la
manna, le quaglie, ecc.), sia per la bevanda (i miracoli
con i quali Mosè fece sgorgare l'acqua dalla roccia o
risanò sorgenti inquinate). La nascita d'Israele quindi è
segnata profondamente dalla povertà più estrema, dalle
privazioni e dagli stenti.
5. The Gathering of Manna
Year: 1540-1555
Artist: Bacchiacca
National Gallery of Art,
Washington, D.C., USA
6. Soprattutto non si deve sottovalutare il fattore
teologico seguente: i protagonisti della fase
finale o escatologica della storia salvifica sono
dei poveri: il profeta di Nazaret e sua madre, la
Vergine Maria, sono vissuti nella povertà più
assoluta, inoltre Gesù dai suoi seguaci ha esigito
la scelta di tale stato, mentre la comunità
cristiana delle origini visse nella più perfetta
comunione dei beni, dopo che i suoi membri
ebbero venduto le loro ricchezze mettendo il
ricavato a disposizione di tutti i fratelli.
7. Il vocabolario - Antico Testamento
La Bibbia ebraica indica i poveri con vari
termini: tra di essi il più frequente è certamente
il sostantivo ‘anî o ‘anaw (circa 105 volte), che
ricorre molto spesso al plurale (‘anawîm), la
formula "i poveri del Signore", ‘anawîm Jhwh, è
diventata celebre nella teologia e nella spiritualità
veterotestamentarie. La traduzione greca dei
LXX ha reso queste voci lessicali soprattutto
con ¢dÚnatoj, ¢sqten»j, ™nde»j, pšnhj,
penicrÒj, ptwcÒj, tapeinÒj e derivati.
8. Il vocabolario - Nuovo Testamento
Gli autori del NT utilizzano il vocabolario dei
LXX; le voci più frequenti sono quelle che
hanno la radice ptwc e tapein. La frequenza di
questi termini insinua già il rilievo dato nel NT
alla tematica della povertà; la statistica infatti
indica che le voci lessicali ptwcÒj, ptwce…a,
ptwceÚein ricorrono 38 volte, mentre quelle della
seconda radice (tapeinÒj, tapeinoân, tape…nosij)
26 volte.
9. Povertà benedizione e maledizione
I. Povertà, benedizione e maledizione
1. Il Pentateuco
2. La povertà come effetto della maledizione
3. Povertà e vizio
10. Povertà benedizione e maledizione
Lo stato d'indigenza più assoluta fu
sperimentato da Israele durante 1’esodo, che in
seguito sarà presentato come un ideale di vita
religiosa, ma non certo sociale. Nel primo stadio
della storia del popolo ebraico la povertà è
considerata una necessità e una condizione per
far gustare la futura abbondanza dei beni nella
terra promessa.
11. Povertà benedizione e maledizione
Per tale motivo la Palestina è descritta come la regione
benedetta, nella quale scorrono latte e miele e che
produce olio, vino e grano con grande abbondanza (cf.
Es 3,17; Nm 13,21-24.27; Dt 6,18): «Il Signore tuo Dio sta
per introdurti in una terra buona, terra di torrenti, fonti e abissi
che sgorgano nelle valli e nella montagna, terra di frumento, orzo,
viti, fichi e melograni, terra di oliveti e miele, terra dove non
mangerai il pane nella miseria e dove non ti mancherà nulla,
terra le cui pietre sono di ferro e dalle cui montagne estrarrai
rame». (Dt 8,7-9).
13. Povertà benedizione e maledizione
1. IL PENTATEUCO - Il Signore benedirà il suo
popolo, donandogli con munificenza i frutti del suolo,
per cui Israele nuoterà nell'abbondanza e si sazierà dei
beni della terra. Questa è la promessa di Jhwh al suo
popolo schiavo in Egitto: «Vi faccio salire dall'oppressione
dell'Egitto alla terra... dove scorre latte e miele» (Es 3,17). Tale
eliminazione della povertà è presentata quindi come la
concretizzazione della promessa e della benedizione del
Signore al suo popolo fedele alle clausole dell'alleanza
(Lv 26,3ss).
14. Povertà benedizione e maledizione
2. LA POVERTÀ COME EFFETTO DELLA
MALEDIZIONE - Al contrario il Signore maledirà la
terra, se il suo popolo si mostrerà infedele al patto
sinaitico; perciò Israele sperimenterà nuovamente la
penuria, la povertà, la miseria (cf. Lv 26,14ss; Dt
11,16ss; 28,15-46). Quindi nella Bibbia l'indigenza
spesso è considerata conseguenza del castigo divino per
i peccati del suo popolo. In tal modo non solo si è
affermata l'idea che il giusto è benedetto con le
ricchezze, ma che ìl povero è un peccatore.
15. Povertà benedizione e maledizione
3. POVERTÀ E VIZIO - I saggi d’Israele
spesso presentano la povertà anche come
conseguenza della pigrizia e della sregolatezza
nei piaceri: i vizi della gola e del sesso spesso
riducono l'uomo in miseria (cf. Pr 6,6-11; 10,4;
12,11; 14,23; 20,13; 21,17; 23,20ss; 24,30-34;
28,19; Sir 18,33ss). Perciò Tobi ammonisce il
figlio: «L’incuria porta all’indigenza e alla miseria,
perché l’ignavia è madre della fame» (Tb 4,13).
16. Povertà e ingiustizia
III. Povertà e ingiustizia
1. Le situazioni ingiuste di povertà
2. La condanna dei profeti
a. Natan ed Elia il Tesbita
b. Il profeta Amos
c. La predicazione degli altri profeti
d. Il Deuteronomista
e. L'insegnamento di Gesù
f. L'accusa di Giacomo
3. L'aiuto al povero
a. La legislazione sinaitica
b. La predicazione dei profeti
c. I modelli dell'amore verso i poveri
d. L'esortazione dei saggi d'Israele
e. La parenesi del NT
17. Povertà e ingiustizia
1. LE SITUAZIONI INGIUSTE DI POVERTÀ -
Dopo l'ingresso nella Palestina, anche se la divisione
con l’assegnazione delle terre da Mosè e Giosuè fu fatta
ispirandosi a criteri d’equità in base alla popolazione
delle singole tribù (cf. Nm 32,1ss; Gs 13-21),
lentamente si verificò una forte disparità di beni e di
ricchezze, per cui alcuni israeliti divennero sempre più
ricchi e potenti, mentre altri, a causa di debiti e di altri
fattori economici, s'impoverirono sempre di più, anzi
dovettero vendere i loro terreni e in alcuni casi furono
ridotti in schiavitù.
18. Povertà e ingiustizia
Per ovviare all’acuirsi di simili situazioni ingiuste e
inique, il legislatore della torah nel codice dell’alleanza
creò l'istituzione del giubileo e dell'anno sabbatico (Es
21,1ss; 23,10ss; Lv 25; Dt 15,1-11), dopo aver
condannato lo sfruttamento dei poveri e le ingiustizie
sociali (cf. Es 21,16; 22,20ss; Lv 19,13ss). In particolare
la legge di Mosè esige la giustizia a favore degli umili e
degli indifesi: «Non farai deviare il giudizio del tuo povero nel
suo processo... Non opprimerai lo straniero: voi conosceste la vita
dello straniero, perché foste stranieri in terra d’Egitto» (Es
23,6.9).
19. Povertà e ingiustizia
2. LA CONDANNA DEI PROFETI – Le
situazioni d'ingiustizia sociale, per cui anche in
Israele i beni e le ricchezze si trovavano nelle
mani di pochi individui, mentre la grande massa
del popolo viveva nella miseria e negli stenti,
suscitò l'indignazione e le ire degli uomini
carismatici animati dallo Spirito del Signore. Le
disuguaglianze sociali, troppo marcate e
scandalose, rompono la solidarietà sacra del
popolo di Dio e violano la giustizia.
20. Povertà e ingiustizia
a. Natan ed Elia il Tesbita - Il re Davide
commise una grossa ingiustizia contro Uria, suo
suddito e soldato fedele. Non solo commise
adulterio con la moglie di lui, ma fece si che egli
perisse in battaglia (2Sam 11,2ss). L'apologo del
ricco e del povero, narrato al re dal profeta
Natan, si rivela molto eloquente in merito. Il
profeta denunciò, in nome di Dio, con grande
coraggio, la prepotenza del re ai danni del
povero (2Sam 12,1-12).
22. Povertà e ingiustizia
Elia il Tesbita mostrò non minore fortezza
nell'affrontare un altro re prepotente che aveva
fatto assassinare un suddito per impadronirsi
della sua vigna (1Re 21,1ss). L'intrepido profeta
affrontò Acab proprio mentre questi stava per
prendere possesso della vigna di Nabot,
denunciando apertamente il suo delitto ai danni
di un povero e annunciandogli i tremendi
castighi divini per l'usurpazione perpetrata (1Re
21,19ss).
23. Povertà e ingiustizia
b. II profeta Amos - Il primo grande profeta scrittore
che minacciò tremendi castighi divini contro gli ingiusti
ricchi proprietari d'Israele, fu Amos. Con linguaggio
rude egli fustigò i vizi di quanti opprimevano i poveri.
Parlando a nome del Signore, accusò i potenti di aver
venduto il povero per una manciata di denaro,
barattandolo con un paio di sandali, anzi di aver
calpestato come polvere della terra la testa dei miseri
(Am 2,6ss; 8,6) dopo averli spogliati delle loro vesti
(Am 2,8).
24. Povertà e ingiustizia
I notabili di Samaria hanno accumulato nei loro palazzi
violenza e rapina (Am 3,10) e con simili ruberie ed
estorsioni si sono potuti costruire case per l'inverno e
case per l'estate, grandi palazzi con pietre squadrate e
arredati con lussuosi oggetti d'avorio (Am 3,15; 5,11ss).
Le loro donne, chiamate con disprezzo "vacche di
Basan", non si mostrano da meno dei mariti
nell'opprimere i deboli (Am 4,1). A causa di tali delitti
Amos minaccia la vendetta divina nel giorno del
Signore (Am 2,13ss; 3,14ss; 8,9ss). E saranno la guerra e
la deportazione (Am 4,2ss; 6,7).
25. Povertà e ingiustizia
c. La predicazione degli altri profeti - Non appaiono
meno graffianti le invettive contro i ricchi e i prepotenti,
lanciate da altri uomini di Dio in difesa dei poveri e
della giustizia. Osea, il profeta della tenerezza e
dell'amore, non può non puntare il dito accusatore
contro gli israeliti frodatori e imbroglioni,
evidentemente ai danni dei poveri (Os 12,8). Isaia inizia
i suoi oracoli condannando l'ipocrisia dei notabili di
Giuda. Similmente Geremia non tace il peccato dei
giudei ipocriti, che si recano al tempio di Gerusalemme
per il culto e nello stesso tempo vivono nell'ingiustizia,
opprimendo i poveri e spargendo il loro sangue (Ger
7,1-11; 22,3.13ss); anzi egli annuncia l'ormai imminente
vendetta del Signore.
26. Povertà e ingiustizia
d. Il Deuteronomista - Nell'ultimo libro del
Pentateuco troviamo alcune leggi contro gli oppressori
dei poveri: chi sequestra una persona, deve essere
messo a morte (Dt 24,7); chi ha preso come pegno da
un povero il mantello, deve restituirlo al tramonto del
sole, affinché anche il misero possa dormire con questa
sua unica coperta (Dt 24,12ss). Il Deuteronomista
inoltre comanda, in nome del Signore, di non
defraudare il salario di un povero e indigente, anzi di
darglielo prima che tramonti il sole (Dt 24,14ss).
27. Povertà e ingiustizia
e. L'insegnamento di Gesù - I "guai!" dei
profeti contro i ricchi che opprimono i poveri
dal terzo evangelista sono posti in bocca a Gesù
(Lc 6,24). II profeta di Nazaret minaccia
severamente i ricchi e insegna che essi molto
difficilmente potranno partecipare alla gloria del
regno celeste: è più facile a un cammello entrare
per la cruna di un ago che a un ricco entrare nel
regno di Dio (Mc 10,23ss e par.).
28.
29. Povertà e ingiustizia
f. L'accusa di Giacomo - Ma l'autore del NT
che usa un linguaggio profetico particolarmente
duro contro le ingiustizie perpetrate dai ricchi ai
danni dei poveri è il "fratello del Signore": «Voi
ricchi, dunque, piangete e lamentatevi per le sciagure che
si abbatteranno su di voi... », ecc. (cf. Gc 5,1-5).
30. Povertà e ingiustizia
3. L'AIUTO AL POVERO - La Bibbia non solo
condanna le ingiustizie perpetrate contro gli
umili e gli indigenti, presentando Dio come
vindice di queste persone senza difesa e
protezione umana, ma inculca anche il dovere di
soccorrere i poveri per alleviare la loro miseria e
rendere meno duro il loro stato di indigenza.
31. Povertà e ingiustizia
a. La legislazione sinaitica - Mosè, quando trasmette
gli ordini del Signore al popolo, non trascura le persone
più povere e indifese: legifera su di loro per proteggerle,
innanzi tutto proibendo l'interesse nei prestiti
all'indigente. Ugualmente ordina che i possidenti
durante la mietitura e la vendemmia lascino le spighe ai
margini dei campi e i racimoli della vite per i poveri e i
forestieri che vivono nella miseria (Lv 19,9ss). Gli
israeliti dovranno amare i forestieri come se stessi (Lv
19,33s; Dt 10,19) e sentirsi solidali con i fratelli caduti in
miseria, aiutandoli concretamente (Lv 25,35ss); e ogni
tre anni offriranno le decime dei raccolti ai bisognosi: il
levita, il forestiero, l'orfano e la vedova (Dt 26,12s).
32. Noemi invita Rut e Orpa a ritornare in terra moabita - William Blake - 1795
33. Povertà e ingiustizia
b. La predicazione dei profeti - La parenesi degli
inviati di Dio per educare la fede degli israeliti non
poteva omettere l'aiuto ai poveri. Isaia esorta i capi del
popolo a fare il bene, a ricercare la giustizia,
soccorrendo l'oppresso, rendendo giustizia all'orfano e
difendendo la causa della vedova (Is 1,17). Analoga è la
parenesi di Geremia al re di Giuda, ai suoi ministri e a
tutto il popolo: «Così dice il Signore: Agite con rettitudine e
giustizia e liberate il derubato dalla mano dell'oppressore; non
angariate e non opprimete il forestiero, l'orfano e la vedova; non
spargete sangue innocente in questo luogo» (Ger 22,3).
34. Povertà e ingiustizia
d. L'esortazione dei saggi d'Israele - L'abbondante e
varia parenesi reperibile nei libri sapienziali non ha
trascurato questo argomento: i saggi del popolo ebraico
esortano caldamente a soccorrere il povero. Il giusto è
segnato profondamente dall'amore per i poveri, perciò
si prende cura della causa dei miseri (Pr 29,7; Sal 112,9).
In modo analogo la donna saggia e perfetta si distingue
anche per la sua generosità e l'amore verso gli indigenti:
«Tende le sue mani verso il povero e le sue dita stende all'infelice»
(Pr 31,20).
35. Povertà e ingiustizia
e. La parenesi del NT - Nei vangeli e negli altri scritti
neotestamentari troviamo non solo esortazioni calorose
a soccorrere i poveri e i bisognosi, ma ci sono presentati
modelli straordinari di carità verso gli umili e gli infelici.
La giustizia evangelica esige l'esercizio dell'elemosina,
anche se praticata con uno stile nuovo (Mt 6,2ss). Anzi
il giudizio finale avverrà in base alle opere di
misericordia a favore dei poveri: gli affamati, gli assetati,
gli ignudi, i senzatetto, i malati, ecc. (Mt 25,34ss). La
parabola del ricco epulone illustra con rara efficacia
l’insegnamento di Gesù e appare molto stimolante
nell'aprire alla sensibilità operativa a favore degli infelici
(Lc 16,19ss).
36. Giudizio Finale - Beato Angelico - 1432-35
Chiesa di Santa Maria degli Angeli Firenze
37. Povertà e ingiustizia
Negli scritti lucani, inoltre, ci sono offerti dei modelli
non comuni di amore concreto verso i disgraziati e i
poveri. La parabola del buon samaritano mostra come
bisogna comportarsi con il prossimo indifeso, oppresso
e ridotto in fin di vita (Lc 10,30ss). Zaccheo viene
presentato come un vero convertito alle esigenze del
vangelo, perché dichiara non solo di voler riparare le
ingiustizie commesse restituendo il quadruplo, ma di
impegnarsi a distribuire la metà dei suoi beni ai poveri
(Lc 19,8). Per Luca in particolare l'etica evangelica esige
l'elemosina e l'aiuto fattivo degli indigenti: chi vuol
convertirsi sul serio deve rendere partecipi i poveri dei
propri averi (cibo e vesti; Lc 3,11).
38. Povertà e ingiustizia
Negli Atti degli Apostoli Luca presenta altri modelli di
solidarietà e di servizio a favore dei poveri. I "sette"
furono eletti per tale scopo (At 6,1ss). Tabità è una
discepola tanto amata in vita e tanto pianta dopo morte,
perché abbondava in opere buone e faceva molte
elemosine, oltre a confezionare tuniche e mantelli per le
vedove (At 9,36.39). Anche il centurione Cornelio
esercitava la beneficenza, perciò l'angelo di Dio gli
rivelò che le sue elemosine, con le sue preghiere, erano
salite al cospetto dell'Onnipotente (At 10,1ss). Paolo
agli amici di Efeso dichiara di aver loro insegnato che
occorre prendersi cura dei deboli (e si prodiga nelle
collette per le chiese povere).
39. Teologia della povertà
IV. Teologia della Povertà
1. Dio difende i poveri
2. La spiritualità dei poveri
a. I poveri del Signore nel Salterio
b. La ricerca della povertà
c. I poveri di Jhwh formano un partito o un
gruppo religioso?
d. Il messia povero, inviato ai poveri
e. Maria Vergine, la povera del Signore
40. Teologia della povertà
Le ultime riflessioni sul dovere di aiutare gli indigenti
mostrano quanto la sacra Scrittura consideri importante
la solidarietà a favore dei poveri. Tuttavia, anche se tale
soccorso umano venisse a mancare, la Bibbia insegna
che i miseri e gli umili hanno un difensore potente in
Dio. Il Signore infatti ascolta il grido degli oppressi,
protegge e soccorre i poveri, è vindice dei miseri e degli
indifesi. Perciò chi conculca queste persone, offende
Dio. Del resto i poveri, consci di tale protezione divina,
spesso si rivolgono al Signore, da lui attendono
soccorso e giustizia, confidando nel suo aiuto.
41. Teologia della povertà
1. DIO DIFENDE I POVERI – Gli umili e gli
indigenti si trovano in un rapporto speciale con il
Signore, protettore dei poveri e degli indifesi, oltre ad
essere giusto retributore di chi ama gli oppressi e i
miseri. Nel codice dell'alleanza sinaitica troviamo il
divieto di maltrattare le persone indifese, perché se esse
gridano verso il Signore, questi le ascolterà: la sua ira si
infiammerà e ucciderà di spada gli oppressori, rendendo
vedove le loro mogli e orfani i loro figli (Es 22,21ss).
Perciò chi opprime il povero, offende Dio, mentre chi
ha pietà del misero, onora il Creatore (Pr 14,31).
Parimenti chi deride il povero offende il Signore che lo
ha creato (Pr 17,5).
42.
43. Teologia della povertà
2. LA SPIRITUALITÀ DEI POVERI - Consci della
speciale protezione che il Signore riserva ai miseri, in
Israele si è formata un'autentica spiritualità propria dei
poveri; i salmi ne sono la prova e la documentazione
più eloquente. Molte di tali preghiere ispirate e spesso
commoventi contengono le suppliche accorate di
queste persone umili che vivono nell'oppressione e nelle
ristrettezze economiche, ma confidano totalmente in
Dio e in lui solo. I salmisti infatti spesso si manifestano
come poveri e pii che invocano con profonda fiducia il
Signore, per essere liberati dalla loro situazione di
miseria, di vessazione e di angoscia. Anche negli oracoli
profetici non di rado troviamo echi di simile spiritualità
dei poveri che si considerano i protetti speciali di Dio.
44. Teologia della povertà
a. I poveri del Signore nel Salterio - Gli umili e gli oppressi
trovano un riparo e un rifugio sicuro in quel Dio che ascolta il
grido degli afflitti (Sal 9,38ss; 14,6) e ha cura dei poveri e degli
infelici (Sal 40,18), essendo il padre degli orfani e il difensore
delle vedove (Sal 68,6), di tutte le persone umili e indifese (Sal
146,7-9). I poveri si abbandonano a Dio, per trovare in lui
sostegno (Sal 9,35), sostentamento (Sal 22,27; 132,15), libertà (Sal
35,10) e protezione dagli inganni degli empi (Sal 35,20; 116,6). Il
Signore «solleva dalla polvere l'indigente, rialza il povero dall'immondizia,
per farlo sedere con i principi... Fa abitare in casa la sterile, madre gioiosa di
figli» (Sal 113,7-9). Perciò i poveri, soprattutto nel pericolo e
nell'angoscia, si rivolgono con fede al loro protettore divino,
implorando il suo soccorso (Sal 70,6).
45. Teologia della povertà
b. La ricerca della povertà - Non solo il Signore non disprezza
un cuore affranto e umiliato (Sal 51,19), ma egli, l'Altissimo e
l'eccelso che dimora nel luogo santo del cielo, vive anche con i
poveri, oppressi e umiliati, per ravvivare il loro spirito e rianimare
il loro cuore (Is 57,15). Quindi l'Onnipotente e il sovrano del
cielo e della terra si trova in un rapporto specialissimo con gli
umili e i miseri. Da tale relazione privilegiata dei poveri con il
Signore, appare non solo comprensibile, ma logica, l'esortazione
del profeta ad impegnarsi nel ricercare la povertà, per evitare gli
effetti tremendi del giudizio punitivo. «Cercate il Signore, tutti voi,
poveri del paese, che praticate i suoi decreti! Cercate la giustizia, cercate la
povertà! Forse sarete al riparo nel giorno dell'ira del Signore!» (Sof 2,3).
46. Teologia della povertà
c. I poveri di Jhwh formano un partito o un gruppo
religioso? - Nei decenni passati alcuni studiosi hanno
sostenuto che "i poveri del Signore" costituivano un
vero partito religioso. Questo gruppo di devoti,
formatosi dopo il ritorno degli ebrei dall'esilio, avrebbe
composto il maggior numero dei salmi. Tale
associazione religiosa sarebbe stata perseguitata dai
giudei politicamente ed economicamente potenti ma
infedeli alla legge mosaica e contagiati dal paganesimo.
Altri autori contemporanei, però, preferivano
considerare "i poveri del Signore" come un movimento
religioso di pii ebrei, non un vero e proprio partito o
fazione organizzata.
47. Teologia della povertà
Diversi studi compiuti negli anni 1925-1955, su queste persone
umili, miti e misere, consideravano tali devoti non come un
gruppo socialmente organizzato, ma come singoli individui, i
quali, benché poveri e infelici, si mantenevano fedeli all'alleanza
con Jhwh e quindi si opponevano agli empi, ricchi e potenti ma
traditori del patto sinaitico. I monaci di Qumran erano "i poveri"
che mettevano in comune i loro beni e formavano un'autentica
comunità religiosa. Potrebbero essere considerati gli eredi o i
discendenti spirituali degli autori di tanti salmi composti dai
"poveri del Signore". Tale spiritualità della povertà monastica di
Qumran traspare con evidenza dai loro documenti recentemente
scoperti; in merito appare molto significativo il pešer, ossia
commento, al Salmo 37, trovato tra i manoscritti di questa
comunità.
48.
49. Teologia della povertà
d. Il messia povero, inviato ai poveri - La spiritualità
dei poveri del Signore trova l'espressione suprema nella
figura del personaggio messianico, che in alcuni oracoli
veterotestamentari è presentato come un povero, un
mite, un mansueto e come il profeta e salvatore dei
miseri e degli umili. Nel Sal 22 il messia sofferente è
descritto come il povero che nell'oppressione e
nell'umiliazione, ad opera degli empi potenti, invoca
Dio per essere liberato in tempo di angoscia mortale
(vv. 2ss). Nel quarto carme del Servo del Signore questo
personaggio messianico è presentato come umiliato (Is
53,4). Questi testi, quindi, insinuano che il Cristo
sarebbe stato un povero.
50. Teologia della povertà
Tale allusione è esplicitata nel carme di Zc 9,9s, dove il
re messianico è descritto come un giusto, umile e mite:
«Giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco il tuo re a te viene: egli è
giusto e vittorioso, è mite e cavalca sopra un asino» (Zc 9,9).
Non solo il Cristo è un povero del Signore, ma egli è
inviato per i poveri: sarà il vindice degli umili (Sal 72,4),
«libererà il povero che grida aiuto, il misero che è senza soccorso;
avrà pietà del debole e del povero e porrà in salvo la vita dei
miseri: dall'oppressione e dalla violenza egli riscatterà la loro
anima, perché prezioso sarà ai suoi occhi il loro sangue» (Sal
72,12-14).
51. Teologia della povertà
Gesù di Nazaret realizza in pieno tali oracoli, come
insegna esplicitamente Luca nella descrizione della
scena inaugurale del ministero del Salvatore (Lc 4,16-
21). Cristo è il povero perfetto, dal cuore mite e umile,
come egli stesso dichiara ai discepoli invitandoli ad
andare a lui (Mt 11,28ss). Con l'ingresso regale nella
città di Davide realizza l'oracolo di Zc 9,9s sul messia
povero e umile, come si premura di puntualizzare il
primo evangelista nel descrivere tale scena (Mt 21,4ss).
È il modello della povertà più assoluta e più radicale in
tutte le sue dimensioni.
52. Teologia della povertà
Benché Figlio di Dio, creatore, onnipotente, re dei re,
egli ha scelto di nascere non in una reggia o in una
famiglia agiata, ma da genitori poverissimi e per di più
in una stalla della campagna presso Betlemme (Lc 2,4-
7). Durante il suo ministero visse nella povertà più
completa: «Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il
Figlio dell'uomo non ha dove reclinare il capo» (Mt 8,20 e par.).
Questa espressione dal tono pittoresco e paradossale
contiene il timbro del linguaggio del Cristo storico e
quindi appare molto preziosa nel manifestarci
l'autentico suo pensiero sulla povertà. Con la
crocifissione Gesù fu spogliato anche dei suoi vestiti,
morendo nella povertà più totale (Mc 15,24ss e par.).
54. Teologia della povertà
e. Maria Vergine, la povera del Signore - Il
messia, povero e profeta dei miseri e degli umili,
ha scelto di prendere umana carne da una madre
povera, anzi dalla povera del Signore per
eccellenza. II terzo evangelista ci presenta Maria
Vergine in tale prospettiva, allorché considera lo
stato di questa donna come una condizione di
povertà "metafisica", analoga a quella
dell'incarnazione e della crocifissione del Cristo.
55. Teologia della povertà
Nelle prime battute del Magnificat la madre del messia
canta la misericordia salvifica di Dio, per aver volto il suo
sguardo benevolo alla povertà della sua serva (Lc 1,47s),
tematica che riecheggia l'inno cristologico di Filippesi, dove
troviamo gli stessi concetti riferiti al Figlio di Dio che
diventa servo, umiliandosi o scegliendo la via della povertà
"metafisica" (Fil 2,7s). La prospettiva propria del
Magnificat, però, non è quella della croce, come nell'inno
cristologico di Fil 2,5ss, bensì quella dello stato di verginità.
La condizione di povertà o umiliazione suprema di Maria è
costituita dal suo stato verginale, che però Dio ha
trasformato ed esaltato con la maternità divina.
56. Teologia della povertà
Secondo il metro umano e la sensibilità del popolo
ebraico l'esaltazione e la ricchezza della donna derivano
dalla sua maternità, quindi la sterilità e la verginità sono
considerate oggetto di disprezzo e motivo di pianto; si
pensi ai drammi della figlia di Iefte che deve morire
vergine (Gdc 11,37ss) o della sterilità di Anna (1Sam
1,4ss). Ma la Vergine di Nazaret ha scelto questo stato
di povertà radicale, perché non ha voluto "conoscere
uomo" (Lc 1,34). Ma come il Signore trasformò la
situazione umiliante di Anna, rendendola feconda e
donandole un figlio eccezionale (1Sam 1,19ss; 2,1ss),
così nel caso di Maria il Signore compì un portento
analogo, operando il prodigio della fecondità verginale
(Lc 1,34ss.46ss).
57. La visitazione - Giotto - 1310s
Basilica Inferiore di San Francesco, Assisi
58. Teologia della povertà
Le analogie tra la situazione di Anna e quella di Maria,
oltre le strette corrispondenze letterarie tra i due loro
cantici, rendono incontestabile la concretizzazione della
povertà e la situazione umile e spregevole della madre
del messia nello stato di verginità, certamente scelto per
le esigenze del regno, sotto l'azione dello Spirito Santo.
Anche se in modo inconsapevole, ossia senza rendersi
conto pienamente del significato del suo gesto in vista
dell'imminente inaugurazione del tempo messianico,
Maria di Nazaret ha abbracciato lo stato di povertà
radicale costituito dalla verginità, per trovarsi in sintonia
con la novità che stava per nascere con la venuta del
Cristo.
59. Povertà per il Regno
V. Povertà per il regno
1. Beati i poveri!
a. La povertà in senso sociale
b. La povertà "nello spirito"
2. Necessità della povertà volontaria
a. Gesù esige la povertà
b. La prospettiva del mistero pasquale
60. Povertà per il Regno
Tra le esigenze del regno inaugurato dal messia,
la povertà radicale forma uno degli elementi più
significativi. Il profeta di Nazaret non solo ha
mostrato con il suo esempio, fortemente
stimolante, che la povertà concreta forma una
condizione indispensabile del regno messianico,
ma ha esigito dai suoi seguaci l'abbandono di
tutti i loro beni e ha proclamato beati i poveri,
perché di essi è il regno di Dio. Il regno
appartiene ai poveri, è degli umili e dei miseri.
61. Povertà per il Regno
1. BEATI I POVERI! - Gesù all'inizio del suo
primo grande discorso, come ci è riportato nel
primo e nel terzo Vangelo, non fa altro che
proclamare felici quanti sono membri del regno
messianico. Queste persone in sostanza si
riducono ai poveri, perché Luca ignora le
beatitudini sulla misericordia e la bontà, riportate
da Matteo dopo quelle sulla povertà evangelica
(Mt 5,3-9). Ma in concreto a chi allude Gesù
quando dichiara felici i poveri?
62. Povertà per il Regno
Si tratta dei miseri e degli indigenti, ossia delle persone
che non hanno né casa né pane né vesti né medicine,
oppure di coloro che non pongono la loro fiducia nelle
ricchezze, anche se posseggono beni di fortuna? Su
questo problema specifico le due redazioni evangeliche
delle beatitudini divergono profondamente, perché,
secondo Luca, Gesù proclama beati i poveri in senso
sociale, mentre in base alla versione di Matteo sono
dichiarati felici i poveri "nello spirito", ossia gli umili
che non confidano nelle ricchezze ma solo in Dio
Padre.
63. Povertà per il Regno
a. La povertà in senso sociale - Probabilmente il
terzo evangelista riporta con maggior fedeltà le
espressioni sulle beatitudini, uscite dalla bocca del
Cristo storico (Lc 6,20ss). In base a tale versione il
profeta di Nazaret dichiara felici i miseri, ossia quanti
hanno fame e piangono nella povertà più assoluta; essi
sono contrapposti ai ricchi, ai gaudenti, agli epuloni,
dichiarati maledetti e perciò degni dei terribili "guai!"
(Lc 6,24ss). Si tratta perciò, con evidenza, dei poveri in
senso sociale, simili a Lazzaro, i quali sono posti in
antitesi con il ricco epulone (Lc 16,19ss).
64.
65. Povertà per il Regno
b. La povertà "nello spirito" - Nella redazione del
primo Vangelo Gesù proclama beati i poveri nello
spirito ossia i miti, gli afflitti e quanti hanno fame e
sete della giustizia (Mt 5,3-6). Evidentemente con
tale espressione il profeta di Nazaret specifica la
categoria di poveri considerati felici; non tutti i
poveri infatti devono essere ritenuti beati, ma solo
quelli "nello spirito". Che cosa significa con
precisione questa locuzione semitica, reperibile
anche nei documenti di Qumran? Si tratta dei
poveri in senso sociale o di un'altra specie di poveri?
66. Povertà per il Regno
L'espressione "nello spirito" non ricorre altrove nel
primo Vangelo; essa tuttavia è simile alla locuzione "nel
cuore", che è adoperata nella sesta beatitudine per
indicare la purezza interiore, quella dell'animo (Mt 5,8).
L'espressione "nel cuore" significa "nell'intimo", "nel
segreto del proprio cuore" (cf. Mt 5,28; 9,4; 24,48).
Anzi nel passo di Mt 11,29 troviamo un detto di Gesù
molto simile a quello della prima beatitudine, come
appare dal confronto dei testi:
«Beati i poveri NELLO SPIRITO» (Mt 5,3),
«(Io) sono mite ed umile DI CUORE» (Mt 11,29).
67. Povertà per il Regno
Come Gesù è segnato nel più profondo del suo essere dalla
mitezza e dall'umiltà, così i figli del regno debbono essere
caratterizzati dalla povertà interiore, cioè dell'animo. La
locuzione "poveri nello spirito", anche se nel NT ricorre
solo in Mt 5,3, più di una volta è adoperata nei documenti
di Qumran: nella Regola della guerra (1QM 14,7) e negli
Inni (1QH 14,3). Essa è una traduzione dell'espressione
ebraica ‘anwej rûah che indica l'atteggiamento spirituale dei
servi del Signore, deboli e umili, che riportano vittoria dei
superbi, degli empi, dei potenti, perché la loro fiducia e
speranza è riposta in Dio (cfr. 1QM 11,8-11; 14,4-12). Il
Signore non abbandona i bisognosi, gli orfani, gli umili, i
poveri (cfr. 1QH 5,20-23); egli li libera da tutte le insidie di
Belial (cfr. 4QpPs 37,2.8-11).
68. Povertà per il Regno
Il pešer o commento al Sal 37 è particolarmente prezioso
per la retta comprensione della povertà nello spirito, perché
presentata come sintesi di umiltà e di fiducia, quale
caratteristica del popolo dei poveri, in antitesi con gli empi, i
malfattori, i malvagi che vivono nell'opulenza. Il giusto,
infatti, pur nella povertà (Sal 37,16), ripone la sua fiducia nel
Signore (vv. 3.5.17), spera in lui (vv. 7.9); egli è il mite che
possederà la terra, anche se ora è misero e indigente (vv.
11.14.22). I poveri del Signore si abbandonano alla fedeltà
di Dio, mentre i prepotenti e gli empi non pongono in Dio
la loro fiducia, ma confidano nelle loro grandi ricchezze (Sal
52,9s). Quindi la povertà nello spirito indica la profonda
fiducia degli umili in Dio solo.
69. Povertà per il Regno
2. NECESSITÀ DELLA POVERTÀ
VOLONTARIA - Data la specialissima
relazione tra il regno di Dio e i poveri, appare
logica e comprensibile la scelta dello stato di
povertà per vivere in un rapporto di particolare
intimità con il Signore e per essere membri del
regno celeste. Se la felicità vera e profonda è
riservata ai poveri, non c'è da stupirsi che Cristo
richieda, dai suoi seguaci, l'opzione per la
povertà.
70. Povertà per il Regno
a. Gesù esige la povertà - Il profeta di Nazaret ha
dato l'esempio della povertà più eroica, quindi può
chiedere ai suoi discepoli l'abbandono di tutte le
ricchezze e di ogni bene temporale, per seguirlo in
modo radicale. Se nella descrizione della chiamata dei
primi discepoli non appare che Gesù abbia richiesto
esplicitamente la scelta della povertà, gli evangelisti
tuttavia annotano che questi pescatori abbandonarono
la barca, le reti e il padre, per seguire il Maestro (Mt
4,20.22 e par.), anzi Luca annota che lasciarono tutto
(Lc 5,11). Pietro ricorderà a Gesù di aver abbandonato
tutto, come fecero i suoi compagni (Mc 10,28 e par.).
71. Povertà per il Regno
Nel detto del Signore, già menzionato, di Mt 8,18ss (=
Lc 9,57ss) il profeta di Nazaret esige dal suo seguace la
condivisione della sua povertà più assoluta, per cui non
può disporre né di un luogo di riparo, né di un
guanciale o di un letto. Al ricco desideroso di ereditare
la vita eterna, Gesù insegna la necessità di vendere tutti
i suoi beni e di distribuirne il ricavato ai poveri (Mc
10,21 e par.), dopo averlo ammaestrato sul dovere
religioso di osservare i comandamenti di Dio (Mc
10,17ss e par.). Nel lóghion di Lc 12,33 Gesù esorta a
vendere tutte le ricchezze per esercitare la beneficenza
verso i poveri. Inoltre dai suoi missionari Cristo esige
l'esercizio della povertà più completa e radicale (Mc
6,8ss e par.).
73. Povertà per il Regno
Anche se non tutti gli amici e discepoli di Gesù abbandonarono
ogni loro bene e vendettero le loro ricchezze, perché tra di essi
sono annoverate anche persone facoltose che sovvenivano al suo
sostentamento e a quello degli apostoli (cfr. Lc 8,3; 19,3ss; Mc
14,3; 15,43 e par.), però da tutti il profeta di Nazaret pretese il
distacco dal denaro e la libertà dello spirito dinanzi alle ricchezze.
La prima comunità cristiana ha vissuto alla lettera l'esigenza della
scelta della povertà radicale, perché Luca nei primi sommari degli
Atti annota che i neoconvertiti vendevano quanto possedevano
per portarne il ricavato agli apostoli, i quali lo distribuivano
secondo il bisogno (At 2,44ss; 4,32ss). Il levita Barnaba è
presentato come un modello di spogliamento totale dei propri
beni, perché vendette il campo di sua proprietà e ne consegnò
l'importo agli apostoli (At 4,36ss).
75. Povertà per il Regno
b. La prospettiva del mistero pasquale - Un aspetto
importante di tale tematica, che però non risalta a prima vista, è
la dimensione pasquale di questo stato, scelto per il regno. Il
mistero del Cristo, infatti, nelle lettere paoline è presentato anche
come una scelta di povertà radicale, ossia d'impotenza e di
umiliazione suprema, per permettere a Dio di trasformare tale
condizione misera in potenza, in ricchezza e in gloria; si tratta,
quindi, del mistero pasquale nel suo duplice aspetto di
annientamento e di glorificazione. In 2Cor 8,9 Paolo insinua tale
prospettiva pasquale della povertà, perché presenta il mistero
dell'opera salvifica del Cristo come un'azione di annientamento
per rendere gli uomini ricchi della vita divina; tutta l'opera della
grazia redentrice, dall'incarnazione alla morte e risurrezione,
quindi, è vista in simile luce.
76. Povertà per il Regno
Queste chiare allusioni al mistero pasquale in fatto di umiliazione
estrema o di autoimpoverimento del Dio della gloria con un fine
e un termine di arricchimento o di glorificazione, trovano una
incontestabile e palese esplicitazione nell'inno cristologico di Fil
2,5ss. Come abbiamo già accennato, questo brano presenta
poeticamente, in una sintesi mirabile, tutta l'azione redentrice del
Figlio di Dio, dalla sua incarnazione alla sua passione-morte e
glorificazione, in prospettiva di umiliazione suprema
concretizzata nello spogliamento della gloria divina e
l'impoverimento supremo nella schiavitù della condizione umana
fino alla morte di croce (aspetto negativo del mistero pasquale),
con l'epilogo esaltante della glorificazione, davvero superiore a
ogni immaginazione, mediante il dono del Nome di Signore
(Kyrios) all'uomo Gesù.
77. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.
L’Inno di Filippesi
78. Per questo
Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro
nome;
perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei
cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore,
a gloria di Dio Padre.
L’Inno di Filippesi
79. Si tratta di un inno, probabilmente la citazione di un
canto, forse battesimale, delle Chiese paoline,
ritrascritto e ritoccato da Paolo, articolato in strofe,
modellato su un movimento spaziale simbolico
(verticale-discensionale, prima, e verticale-
ascensionale, poi, secondo lo schema
dell'«esaltazione» o «glorificazione» del Cristo) che è
alla base anche dell'ascensione al cielo descritta da
Luca e della crocifissione gloriosa secondo Giovanni.
L’Inno di Filippesi
80. L'elemento capitale dell’inno è situato in un
contrasto: da un lato, la discesa umiliante del
Figlio di Dio quando s'incarna, precipitando
fino allo «svuotamento» (kenosis) di tutta la
sua gloria divina nella morte di croce, il
supplizio dello schiavo, cioè l'ultimo degli
uomini, per poter essere, così, vicino e fratello
dell'intera umanità;
L’Inno di Filippesi
82. La tavola proviene dall’ordine
festivo dell’iconostasi della
chiesa della Dormizione a
Volotovo, presso Novgorod.
A partire dalla fine del XIV
secolo., e soprattutto nel XV
sec., nelle raffigurazioni
della “Discesa agli inferi”
nell’arte bizantina e russa si
sottolinea la luce divina che
irradia dal Salvatore e
trasfigura coloro che
languiscono negli inferi.
L’Inno di Filippesi
83. L’evento della discesa agli
inferi era il tema riassuntivo
delle catechesi battesimali;
ogni catecumeno si poteva
infatti riconoscere in
quell’Adamo che Cristo era
sceso a trasferire “dalle
tenebre alla sua mirabile luce”
(1 Pt. 2, 9) Un ‘antica omelia sul
Sabato Santo poneva così sulle
labbra di Cristo rivolto ad
Adamo le parole stesse
dell’invocazione battesimale in
uso nella Chiesa apostolica:
L’Inno di Filippesi
84. “Io sono il tuo Dio, che per
te sono diventato tuo figlio;
che per te e per questi, che
da te hanno avuto origine,
ora parlo e nella mia potenza
ordino a coloro che erano in
carcere: Uscite! A coloro
che erano nelle tenebre:
Siate illuminati! A coloro che
erano morti: Risorgete! A te
comando: Svegliati, tu che
dormi! (Ef. 5, 14).
L’Inno di Filippesi
85. d'altro lato, ecco l'ascesa trionfale che si
compie nella Pasqua quando Cristo si
ripresenta nello sfolgorare della sua divinità,
nell'«esaltazione» gloriosa che è celebrata da
tutto il cosmo e da tutta la storia ormai
redenti. Si tratta di una visione grandiosa che
presenta morte e risurrezione, umanità e
divinità di Gesù Cristo in una forma sintetica
e solenne.
L’Inno di Filippesi
86. L’Inno di Filippesi
Gesù Cristo è il Signore
Cieli
sulla terra
Dato
Esaltato
sotto terra Croce
Nome
87. Povertà per il Regno
Il credente che vuol diventare discepolo del
Cristo, deve mettersi alla sequela di questo
Maestro ripercorrendo le tappe della sua
esistenza, rivivendo il suo mistero salvifico di
glorificazione attraverso la passione e la morte.
Non a caso Gesù, a chi vuol seguirlo, ricorda
quale impresa ardua ed eroica costituisca simile
gesto, perché costui dovrà condividere la povertà
totale, senza pretendere di possedere neppure un
letto o un guanciale (Lc 9,57 e par.).
88. Povertà per il Regno
Del resto la sequela del Cristo consiste nel camminare
dietro a Gesù portando ogni giorno la propria croce,
concretizzata nel perdere la vita su questa terra e nel
rinnegare se stessi, rinunciando al desiderio di costruirsi
fortune in questo mondo (Mc 8,34ss e par.). Perciò
l'autentico discepolo per seguire il Cristo "odierà" non
solo le persone più amate (il padre, la madre, la moglie e
i figli), ma anche la propria vita (Lc 14,25ss); inoltre
rinunzierà a tutti i propri beni, per possedere la vita
eterna (Mc 10,28ss e par.). Il Signore, che abbassa i
ricchi e i superbi, esalta i poveri e gli umili (Lc 1,52).
Proprio così ha fatto con la Vergine Maria (Lc 1,48) e
con il Figlio suo (Fil 2,5ss).
89. La via del calvario - Rubens - 1634-37
Musées Royaux des Beaux-Arts, Brussels