Comunicazione, politica, economia, giornalismo: cosa cambia se tutto cambia su Internet
Febbraio-Giugno 2013
Eurogiovani - Master in non-conventional marketing e social media
Dino Amenduni - lavorare coi social media (aggiornamento febbraio 2013)
1. Lavorare con i social media
(quinta edizione)
Gianni Florido e la
Comunicazione, politica, economia, giornalismo:
Provincia di Taranto
cosa cambia se tutto cambia su Internet
Febbraio-Giugno 2013
Strategia di comunicazione
Eurogiovani - Master in non-conventional
marketing e social media
Dino Amenduni, Proforma
2. Chi parla?
Mi chiamo Dino Amenduni
(dino.amenduni@proformaweb.it -
http://about.me/dinoamenduni)
Sono il responsabile dei nuovi media e consulente
per la comunicazione politica a Proforma (Bari)
Sono collaboratore e blogger per
Finegil-Gruppo Espresso e formatore (su social media
marketing e comunicazione politica)
Tutte le mie presentazioni (download libero) sono su
www.slideshare.net/doonie
3. Di che si parla?
Più che un cambio di paradigma: cosa cambia con i
social media
Cause e conseguenze teoriche del passaggio al social
media marketing
Consigli operativi per organizzare un gruppo di lavoro
sui nuovi media
Due case histories politiche: amministrative 2011,
referendum 2011
Giornalismo e social media: minacce e opportunità
Cinque best practices: i video di Ted
4. Temi
Quali sono le conseguenze, online e offline, della
diffusione dei social media?
Quanta e quale tipo di professionalità è necessaria per
lavorare sui social media?
Qual è la situazione italiana?
Qual è il rapporto tra nuovi media e (comunicazione)
politica nel nostro Paese?
Quali sono le prospettive di sviluppo e le applicazioni
possibili?
5. Ted – Video #1
Clay Shirky: come il surplus
cognitivo cambierà il mondo
6. TED, un’eccellenza
del web-marketing
Proviamo ad applicare queste tecniche su noi stessi
Guardiamo insieme questo video tratto dall’archivio di Ted (
http://www.ted.com)
Ted è una conferenza multidisciplinare la cui missione è
riassunta nella formula "ideas worth spreading" (idee degne
di essere diffuse) e, in effetti, le migliori conferenze sono
state pubblicate gratuitamente sul sito web del TED. Le
lezioni abbracciano una vasta gamma di argomenti che
include scienza, arte, politica, temi globali, architettura,
musica e altri saperi
8. Il terreno di gioco
L’inizio dell’era biomediatica
(indagine Censis, ottobre 2012)
9. 1. La dieta mediatica degli italiani
Evoluzione del consumo mediatico in Italia (2007-2012)
10. 1. La dieta mediatica degli italiani
1. Televisione e radio non arretrano, anzi
2. Cala l’accesso agli strumenti
informativi, sia cartacei (molto) che
elettronici (poco) = l’informazione sempre
più di frequente passa per i social media
3. Avvento definitivo della connessione in
mobilità anche in Italia
4. Quasi due italiani su tre sono utenti
attivi di Internet
11. 2. Tv ubiqua, connessione ubiqua
Fruizione della tv e accesso alla Rete da dispositivi mobili
12. 2. Tv ubiqua, connessione ubiqua
1. Youtube è il primo canale di fruizione
video nella fascia 14-29 anni
2. Un italiano su tre si connette in mobilità
3. La connessione in mobilità non è più
un’esclusiva dei più giovani
4. L’accesso a Internet si allarga non tanto
per il miglioramento delle condizioni
infrastrutturali, quanto per la diffusione
dei dispositivi mobili
14. 3. Un italiano su due è su Facebook
1. Tendenziale sovrapposizione tra
Internet e Facebook
2. Due utenti di Internet su tre sono su FB
(+17% in dodici mesi)
3. Facebook in Italia nel 2008: 600mila
iscritti. Cinque anni dopo: 21 milioni
4. Youtube in Italia: 61.8% degli utenti
attivi (Twitter, circa 2.5 milioni di iscritti)
16. 4. Diete audiovisive e miste
1. Un italiano su quattro ha accesso
esclusivo ai mezzi tradizionali
2. Un italiano su cinque, invece, ha
abbandonato la comunicazione su stampa
3. Quasi un italiano due è “estraneo” a
Internet come mezzo di informazione
4. Un italiano su tre si informa (anche) su
Internet
17. 5. Rete e comportamenti d’acquisto
Nuovi fattori di influenza
18. 5. Rete e comportamenti d’acquisto
1. Due italiani su tre consultano Internet per
valutare l’acquisto di un prodotto
2. Quasi un italiano su tre può convincersi
leggendo un commento di un altro utente su
forum o social media
3. Per un italiano su quattro Internet è il
luogo dove si cercano offerte
4. Un italiano su dieci chiede espressamente
aiuto nelle valutazioni attraverso i social
media
19. 6. La TV è sempre la TV, ma…
Fonti di messaggi pubblicitari
20. 6. La TV è sempre la TV, ma…
1. Internet è il secondo mezzo più
“influenzante” in termini pubblicitari, più dei
giornali e della radio (giornali + riviste >
Internet)
2. La televisione è sempre al primo posto, ma
non esiste un dominio assoluto di un mezzo
sugli altri
3. Tendenze stabili fino a 45 anni, poi Internet
cede il passo ai mezzi tradizionali
4. Internet è più efficace tra i più istruiti
26. 1. Allargare il pubblico potenziale
Online è possibile interagire con una nuova forma di
pubblico, allo stesso tempo ‘di massa’ e ‘personalizzato’
Social media come Facebook permettono sia di raggiungere
platee numericamente estese, sia nicchie specifiche,
maggiormente motivate a ricevere informazioni sul brand o
ad acquistare prodotti
Il pubblico del web, inoltre, può diventare esso stesso
vettore di marketing e passaparola (positivo, ma anche
negativo. Di certo spontaneo)
La connessione da dispositivi mobili rende ancora più
importante la creazione di servizi attivi 24 ore su 24 (ad
esempio il commercio elettronico)
27. 2. Risparmiare
A meno che un’azienda non distribuisca beni di largo
consumo, non ha alcun vantaggio nel perseguire strategie di
comunicazione di tipo massmediale classico (ad esempio:
inserzioni sui giornali), perché in quel caso si investe per
comprare uno spazio attraverso cui lanciare un messaggio
necessariamente generico a un pubblico altrettanto
generalizzato
Redistribuire i propri investimenti sui nuovi media vuol dire
anche avere la possibilità di parlare solo con persone
realmente interessate ad ascoltare cosa si ha da dire
La maggior parte degli investimenti sui social media
dipendono, inoltre, dalla riuscita della campagna: senza
click sugli annunci l’azienda non paga (mentre se compri
uno spazio sui mass media o anche banner web, lo paghi a
prescindere dal successo dell’azione di comunicazione)
28. 3. Ascoltare
Un’esperienza di comunicazione sui social media realmente
interattiva permette a un’azienda di valutare in tempo reale
l’efficacia delle proprie azioni e anche di sondare gli umori dei
propri clienti reali o potenziali in vista di successive decisioni
L’ascolto può avere due finalità:
a. migliorare la qualità del prodotto o del servizio risolvendo
eventuali problemi prima che sia troppo tardi o puntando su ciò
che funziona maggiormente in modo da ottimizzarne i profitti
(esempio: ritirare un prodotto difettoso dal mercato o creare
una strategia di marketing più aggressiva per un servizio di
successo)
b. testare strategie di marketing o di comunicazione
(esempio: se devo scegliere quale spot mandare in tv tra più
opzioni, perché non dovrei provare l’efficacia di ogni proposta
con una campagna web a costi più bassi?)
29. 4. Modulare
Il web e i social media possono permettere massima variabilità
(nei modi, nei tempi e negli strumenti) della creazione di
strategie di marketing e comunicazione
La stessa campagna può essere veicolata attraversi strumenti
online diversi, nello stesso periodo di tempo e con lo stesso
target, ma si possono diversificare target, investimenti e
persino parole chiave in tempo reale e senza aspettare un
periodo di tempo definito a priori
Esempio1: stesso prodotto in vendita attraverso un’inserzione
su Facebook, stesso target, stesso budget, ma l’offerta parte
con diversi messaggi in una prima fase e si punta sui più efficaci
nella seconda
Esempio2: stesso prodotto in vendita, pubblico potenziale
largo, creazione di una mini-campagna differente per ogni
nicchia di pubblico
30. 5. Fidelizzare
La relazione con il cliente reale o potenziale (ma anche un non
cliente) online ha un valore molto più alto rispetto a un
cliente/non cliente non presente su Internet perché la sua
esperienza di interazione con il brand non si limita semplicemente
al comportamento d’acquisto e all’assistenza nelle varie fasi della
vendita
L’interazione può avvenire infatti in contesti molto partecipati,
con un grande numero di lettori dello scambio comunicativo.
Soddisfare quell’interazione può rappresentare la più efficace
azione di promozione di brand che si possa immaginare oggi,
essendo quest’ultima a costi bassi, legata al reale soddisfacimento
di un bisogno e potenzialmente virale (esempio: aiutare una
persona può portarmi a informare potenzialmente tutte le altre
persone che leggono lo scambio o si inseriscono nel dialogo)
L’interazione virtuosa, se sistematica e democratica (cioè fatta
con tutti, a prescindere dal livello di complessità della richiesta),
crea empatia e senso di sicurezza dei clienti verso il brand
32. Meglio non esserci quando…
1. Si teme che i commenti negativi possano
essere superiori ai positivi e che quei
commenti abbiano un grande tasso di viralità
(esempio: perché aziende come Ryanair non
puntano con forza sui social media?)
2. Non si hanno le risorse umane ed economiche
minime per gestire la relazione tra brand e
cliente. Meglio l’assenza dell’abbandono
3. Si ha paura dei commenti negativi e si
preferisce rimuoverli e non gestirli
4. La propria presenza online non aggiunge nulla
alla propria immagine aziendale in termini di
contenuti, offerte e interazione
33. Ted – Video #2
Dan Ariely
Abbiamo il controllo
sulle nostre decisioni?
34. TED, video #2
http://www.ted.com/talks/lang/ita/dan_ariely_asks_are_we_in_control_of_our_
L' economista comportamentale Dan Ariely, autore di
Irrazionalità Prevedibile (Predictably Irrational), usa
classiche illusioni ottiche e le sue scoperte controintuitive
(ed a volte scioccanti) per dimostrare che non siamo così
razionali come crediamo quando prendiamo le nostre
decisioni.
35. I nuovi nuovi media
Web 2.0 e social media
Cosa sono e perché nascono
36. Il web 2.0
Trattazione teorica originale di Tim O’Reilly.
Traduzione integrale qui
Una breve definizione:
Il Web 2.0 è un termine utilizzato per indicare
genericamente uno stato di evoluzione di Internet (e in
particolare del World Wide Web), rispetto alla
condizione precedente. Si tende a indicare come Web
2.0 l'insieme di tutte quelle applicazioni online che
permettono uno spiccato livello di interazione tra il sito
e l'utente
37. Il web 2.0 – modelli teorici di
riferimento
Legge di Pareto
Modello Wikipedia
Coda lunga
Saggezza della folla
38. A. Legge di Pareto 80/20
Secondo la "legge 80/20" (i valori 80% e 20%
sono ottenuti mediante osservazioni empiriche
di numerosi fenomeni e sono solo indicativi), in
genere l'80% dei risultati dipende dal 20%
delle cause
39. A. Legge di Pareto 80/20
Questo principio può avere diverse applicazioni pratiche in diversi
settori, ad esempio:
Economia: l'80% delle ricchezze è in mano al 20% della popolazione (ma
ovviamente i valori reali variano a seconda dei paesi e dei periodi).
Oppure: il 20% dei venditori fa l'80% delle vendite, ed il restante 80% dei
commerciali fa solo il 20% delle vendite
Qualità: il 20% dei tipi possibili di guasto in un processo produttivo genera
l'80% delle non conformità totali. Oppure: l'80% dei reclami proviene dal
20% dei clienti
Informatica: l’80% del tempo di esecuzione è impiegato solo dal 20% delle
istruzioni di un programma. Oppure: l'80% delle operazioni degli utenti
sono dovute al 20% delle funzioni a disposizione di un applicativo. L'80%
degli errori di codifica è riconducibile al 20% dei moduli (fonte:
Wikipedia)
40. B. Modello Wikipedia –
divisione disorganizzata del
lavoro
1. Creazione di una voce (ad es. la parola “carta”)
2. Prima bozza
3. La voce viene individuata da altri utenti che aggiungono o
modificano la stessa voce perché competenti nella materia
4. Se sono riscontrate inesattezze (volontarie o meno, poco
importa) vengono subito corrette
5. La voce sarà perfezionata con il contributo, anche minimo,
di tanti utenti
Anche in Wikipedia è valido il principio di Pareto: il 20% degli
utenti modificano l’80% delle voci totali presenti sul sito.
Questa distribuzione vale, in media, anche per la singola voce
41. C. La coda lunga
La coda lunga è una teoria economica formulata da
Chris Anderson (fondatore di Wired) nel 2004
È un modello che sembra poter spiegare i funzionamenti
del mercato. È una teoria attuale per il mercato dei
beni immateriali e “futuribile” perché pare essere in
grado di teorizzare il cambiamento delle leggi che
regolano il tradizionale meccanismo distributivo
(produzione/stoccaggio/vendita al dettaglio)
42. C. La coda lunga
La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque in qualunque
momento può consultare infiniti elenchi di prodotti, ha permesso
di abbattere i costi di distribuzione e magazzino, spezzando il
legame che vincolava il successo alla visibilità
La possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché illimitato ha
rivoluzionato il modello economico dominante: semplicemente,
vendere anche solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più
redditizio che vendere migliaia di copie di pochi titoli
Oggi: le corporazioni dei beni immateriali sono in profonda
difficoltà (esempi: mercato discografico e pornografia)
43. C. La coda lunga - cause
Nuove tecnologie hardware e software a basso costo che
permettono ai produttori di beni immateriali (grafica, musica,
video, servizi) di farlo a costi contenuti o addirittura nulli
Servizi (Internet, archiviazione dati) a costi contenuti che
forniscono banda e hosting illimitato ai produttori di beni
immateriali
Possibilità di distribuire i propri prodotti a costo zero (es.
attraverso Youtube), combinata alla possibilità che questi prodotti
siano fruiti da chiunque attraverso Internet, anche senza
pubblicità o senza conoscenza diretta del prodotto o dell’autore
(es. attraverso Google o aggregatori di notizie)
44. C. La coda lunga - cause
Approcci di marketing e comunicazione più efficienti e misurati
per la distribuzione di questi prodotti (niente più costi di stampa,
di magazzino e di spedizione)
Possibilità per tutti di entrare in questo mercato (finisce la
divisione tra produttore e consumatore: si parla di prosumer,
ovvero di un utente che fa entrambe le cose in contemporanea)
45. C. La coda lunga -
conseguenze
Dal broadcasting al narrowcasting: da una platea con milioni di
persone come pubblico a milioni di platee con poche persone come
pubblico
Questo modello economico, chiamato “coda lunga”, è
economicamente sostenibile proprio perché non ha costi se non
quelli (minimi) per produrre il contenuto e, in caso di contenuti
professionali, ha costi nulli per la distribuzione
Gli utenti, avendo molte più alternative di scelta, abbandonano il
mainstream e si rivolgono alle nicchie di mercato che più
soddisfano le loro necessità
46. D. Saggezza della folla
È una teoria dimostrata da James Surowiecki attraverso
un’infinità di prove empiriche (2005). Secondo questa
teoria, una variabile è misurata in modo più preciso
da una massa di persone inesperte che da un gruppo
di specialisti
47. D. Saggezza della folla
Esempio (1): durante una fiera, Surowiecki fece scommettere 100
persone sul peso di un vitello. Le 100 persone dichiararono il loro
peso stimato. A seguire, fece ripetere l’esperimento a 10 allevatori
Il peso del vitello fu indovinato con precisione assoluta dalla
“massa” (il valore medio delle 100 valutazioni era precisamente il
peso del vitello)
Esempio (2): prediction markets – un istituto di ricerca
universitario permise ai cittadini di scommettere sul vincitore alle
elezioni. Nelle scommesse, le quote variano sulla base
dell’orientamento della giocata (sia sulla base di chi viene scelto,
sia su quanto si punta)
Il risultato del prediction market fu più affidabile di quello dei
sondaggi nel misurare la distanza tra i vincitori
48. Referendum 2011
Cambia il vento,
Internet produce
energia rinnovabile
49. Habemus quorum, come mai?
Il Referendum 2011 rappresenta un ulteriore caso di studio
per la comunicazione politica italiana
Partiti in sordina e senza adeguata copertura comunicativa
sui mezzi tradizionali (in particolare di servizio pubblico), i
comitati e i gruppi di attivazione sono stati aiutati dal
contributo spontaneo, caoticamente organizzato e virale
degli elettori
Facebook è diventato strumento di autocomunicazione di
massa: i ‘produttori’ e ‘consumatori’ di informazione hanno
convissuto nello stesso ecosistema mediale
Alcuni dati per l’analisi: Atlante Politico Demos-Demetra
(Link al sondaggio completo) del 27 giugno 2011
51. 1. Referendum, motivazioni al voto
Il solo voto motivato dai quesiti sarebbe potuto non
essere sufficiente per raggiungere il quorum
La volontà di dare un segnale al Governo non è stata
esclusiva nell’area del centrosinistra (il 43%
dell’elettorato della Lega, partito che ha espresso il
voto più ‘politico’)
I segnali al Governo sono di tre tipi:
- Manifestare distanza dal programma di Governo su
questi temi;
- Manifestare distanza dalla strategia del Governo sul
referendum (astensione);
- Criticare l’operato del Governo nel suo complesso
53. 2. Referendum, il quesito più importante
Il nucleare (e i fatti di attualità legati al quesito) ha
certamente favorito il raggiungimento del quorum
Il secondo quesito sull’acqua (profitti) è stato trainato
dal primo (privatizzazione): gli italiani hanno votato sì a
entrambi senza approfondimento
Un italiano su otto ha ritenuto il legittimo impedimento
più motivante del nucleare e dell’acqua, uno su cinque
ha messo i quesiti alla pari
La combinazione dei tre temi (acqua + nucleare +
legittimo impedimento) ha reso possibile il
raggiungimento del quorum: due temi, forse, non
sarebbero bastati
55. 3. Il ruolo del passaparola
Una campagna non massificata: metà dell’elettorato
attivo/persuasivo ha agito in modo personalizzato e su
cerchie ristrette, meno del 10% ha usato volantini o
animato banchetti
Una campagna portaUsb-a-porta: Internet non ha
prodotto direttamente opinione, ma ha fornito gli
strumenti informativi per attivare un passaparola maturo
e consapevole
Internet è stato decisivo, ma (come sempre) non come
agente attivo di cambiamento; piuttosto come
strumento di formazione e organizzazione, come
elemento di potenziamento di un sentimento già
condiviso tra gli italiani
57. 4. I nuovi influencer
Gli attivisti referendari sono in gran parte ‘nuovi’,
persone che non si erano mai attivate in campagna
elettorale
Il 90% di questa nuova attivazione (leggera + reticolare) è
legata alla presenza del web sulla scena mediatica.
Senza Internet, in molti non avrebbero fatto campagna
Il 9% dell’elettorato complessivo (il 16% di elettori attivi
al referendum) ha contribuito in modo decisivo al
successo della campagna. È una èlite o è la prima
campagna partecipata?
L’attivazione ‘leggera’ è ‘pesante’ a livello elettorale
59. 5. I giovani tornano in politica
I giovani attivisti sono raddoppiati (dal 16% al 32%)
Crescono le donne e i laureati, diminuisce l’impatto
politico dell’appartenenza
Il 10% degli attivisti produce, filtra e sintetizza
informazione per iI restante 90%, che se la scambia in
modo leggero e reticolare: la coda lunga della militanza
Laureati + giovani = attivazione su Internet, decisiva
per la vittoria. Il web è la causa o la conseguenza
dell’attivazione? Sono laureato, dunque faccio opinione
sul web, o il web dà voce a chi prima non ce l’aveva?
60. Habemus quorum, come mai?
In sintesi:
1.Il raggiungimento del quorum è figlio di una
combinazione di fattori, tutti necessari e nessuno
sufficiente
2.I fattori più importanti sono: tipologia di quesiti,
ruolo del web, nuove possibilità per nuove fasce di
attivisti attraverso una partecipazione leggera;
3.Il ruolo dei partiti appare marginale e lo sarà anche
in futuro, se non accetteranno di entrare nel flusso
‘leggero’ e ‘colto’ della comunicazione politica virale
4.I social media e il passaparola hanno aggirato la
televisione e hanno portato le informazioni a tutti
61. Video #3
Jennifer Pahlka
Codificare una migliore
amministrazione
62. Codificare una migliore
amministrazione
http://www.ted.com/talks/lang/it/jennifer_pahlka_coding_a_better_gove
Le amministrazioni possono funzionare come
Internet, senza restrizioni e aperte? La
programmatrice e attivista Jennifer Pahlka crede di
sì - e che le app, create rapidamente e a basso costo,
siano un nuovo e potente mezzo per connettere i
cittadini alle amministrazioni - e ai loro vicini.
63. Social media
al lavoro
Strumenti, metodi,
strategie e tattiche
al servizio del web-marketing
64. Social media
per tutti?
Facebookmania?
Quasi tutti usano Internet per comunicare. Lo fanno perché
convinti di trovare nuovi mercati qualitativamente differenti dai
classici, perché intuiscono le potenzialità di uno strumento che
segue logiche indipendenti da quelle che regolano i media
tradizionali, perché ritengono sia un modo più economico di fare
marketing. O lo fanno perché sono fruitori di questi strumenti e
ne conoscono le dinamiche
Qualunque sia il motivo per cui un’organizzazione usa i social
media, non ci si può più limitare allo spontaneismo. Se tutti sono
online bisogna fare di più e meglio per emergere
65. Social media
per tutti?
Parliamoci onestamente
I social media più popolari, per loro natura, sono strumenti
egalitari. Ogni utente, che sia un capo di Stato o un
ragazzo di 15 anni, ha la stessa interfaccia e le stesse
opzioni. La retorica comunicativa è condivisa e questo
comportamento è atteso dagli utenti: un’azienda,
un’istituzione o un brand non può rivendicare le gerarchie
del mondo reale per marcare una posizione di privilegio
La richiesta di feedback e di comunanza è un’esplicita
richiesta di onestà e di parità
66. Social media
per tutti?
Parliamoci onestamente
Non si può mentire perché tra amici o tra persone
emotivamente affiliate ci si aspetta, con forza, l’onestà.
Se un’organizzazione decide di comunicare sui social
media, accetta questa regola. Se non sente il bisogno di
comunicare in modo leale, franco, accettando critiche
pubbliche (e l’onere della risposte a queste critiche),
sarebbe più onesto se NON usasse i social media
La censura, nel web 2.0 è non solo vietata, ma
immediatamente controproducente
67. Social media:
Come partire
Per partire: i requisiti minimi e
massimi coincidono
Il caso italiano semplifica lo scenario
L’accesso ai social media in Italia è piuttosto anomalo e
comunque assai differente rispetto alle democrazie
anglosassoni. Il quadro è infatti molto più semplificato:
Facebook – 21 milioni di utenti (un italiano su 3, l’80% circa
degli italiani che usano Internet)
Youtube – un miliardo di video caricati nel mondo
Twitter – 3 milioni di iscritti in Italia (mondo: FB 800
milioni, TW: 500 milioni)
68. Social media:
Come partire
Facebook, Twitter e Youtube
sono sufficienti?
Per il momento sì
Conviene concentrare gli sforzi su questi tre strumenti, essendo gratuiti
ed avendo raggiunto una massa critica o un livello di semplicità di
utilizzo tale da non richiedere grossi sforzi cognitivi e organizzativi
Vanno tenuti d’occhio, però, altri strumenti, più o meno emergenti:
LinkedIn - social media che mete in rete professionisti
Foursquare – social media che geolocalizza la posizione dell’utente
Flickr – social media dedicato alle foto
Friendfeed – aggregatore di aggiornamenti su tutti i social media degli
utenti
69. Social media:
Lo scheletro
Prima dei social media:
il gruppo di lavoro
Gestire la comunicazione web di un’organizzazione richiede uno sforzo
non dissimile dalla creazione di un ufficio stampa o di un team che si
occupa di media planning ed organizzazione eventi
Affidare tutto il peso di questo lavoro a una sola persona è dunque
impossibile e talvolta nocivo. Allo stesso tempo un singolo coordinatore
può gestire tutti i profili “2.0” di un candidato, sia dal punto di vista dei
contenuti sia in termini strategici. Bisogna, dunque, individuare una
figura di coordinatore di questa area di lavoro
Le risorse necessarie per comunicare sui nuovi media sono umane,
non economiche
70. Social media:
L’organizzazione
Un buon team sui social media
Un uomo solo al comando non è sufficiente. I social media vivono di
contenuti ed aggiornamenti costanti, che spesso un’organizzazione può
(e deve) creare internamente. Le figure indispensabili per comunicare in
modo efficace sono:
Responsabile video: deve essere in grado di coordinarsi con tutti i
produttori di contenuti similari, interni (campagne) o esterni
(registrazioni di presenze in TV, gruppi spontanei di utenti o sostenitori).
Non è necessario che abbia competenze di web-marketing, specie se
lavora in tandem col coordinatore: sarà quest’ultimo a suggerire le
strategie per il montaggio e il caricamento dei video su Youtube
71. Social media:
L’organizzazione
Un buon team sui social media
Responsabile foto: può anche coincidere con il responsabile video o
un’altra figura di staff. Deve dare testimonianza della vita quotidiana
dell’organizzazione (anche il lavoro di tutti i giorni), quello che i media
tradizionali non raccontano e quello di cui ha bisogno un luogo di lavoro
per creare interesse attorno alle attività ed “umanizzare” chi o cosa
vogliamo comunicare. Il mezzo fotografico è assai colorato
emotivamente e questo può aiutare nel raggiungimento dell’obiettivo
generale
Un responsabile foto può anche gestire un profilo su Flickr o utilizzare
foto di archivio o da fonti esterne. Può aiutare anche nella
realizzazione di manifesti e campagne
72. Social media:
L’organizzazione
Un buon team sui social media
Responsabile web: deve essere in grado di costruire un sito e gestirne i
contenuti. Se possibile, deve poter programmare applicazioni per
Facebook, strumenti che possono favorire moltissimo la distribuzione dei
contenuti, specie se associati a giochi o a elementi più “leggeri”, che
semplifichino la complessità di certi argomenti. Possono essere
videogiochi, quiz, premi, contest di creatività. All’occorrenza può essere
anche web editor ed inserire contenuti redazionali sul sito di riferimento
Le quattro figure devono avere competenze minime nei reparti che
non sono di loro competenza diretta. Il coordinatore deve anche essere
dotato di capacità di analisi strategica per orientare lo sviluppo dei
contenuti
73. Un blog aziendale:
perché?
Cinque motivi per cui
a un’azienda può servire
uno strumento
di comunicazione
istituzionale online
74. Premessa anti-panico:
chi lo aggiorna?
Per avere un buon blog aziendale non è necessario
creare nuovo lavoro redazionale, soprattutto se
l’azienda è già presente sui social media
I contenuti, infatti, potranno essere facilmente
ripresi dal feed di Facebook o dai link su Twitter con
la differenza che saranno sempre disponibili sul
nostro sito e facilmente condivisibili dagli utenti
All’ordinaria amministrazione si potranno
aggiungere almeno cinque nuovi elementi che
aumentano il potenziale della comunicazione
istituzionale dell’azienda
75. 1. Perché alcuni prodotti
costano?
Per chi non conosce le dinamiche interne a un’azienda e le
difficoltà legate ai processi produttivi, specie se compiuti da più
persone contemporaneamente e in intervalli di tempo molto
limitato (“entro ieri”), può apparire non sufficiente a giustificare
alcuni tipi di richieste economiche
Spiegare i processi e non illustrare solo i prodotti finali può
aumentare il gradimento di un lavoro all’esterno e mostra la
mole di lavoro prodotta nella fase di analisi, elaborazione,
produzione, verifica dei risultati, feedback formali e informali dei
clienti
La comunicazione istituzionale non è più solo di prodotto, ma
diventa sempre più di processo
76. 2. Se ci chiedono un parere,
dove lo forniamo?
Per fortuna o purtroppo, le aziende con una forte esposizione mediatica
hanno una soggettività pubblica. Le aziende, in particolare quelle medio-
grandi o quelle che operano nel mondo della comunicazione, sono composte
ma un gruppo di persone che, anche a causa della loro personale esposizione
sui nuovi media, hanno un’identità molto marcata. Per questo l’azienda è
spesso chiamata in causa in diversi modi, su diversi argomenti, da diversi
interlocutori
Un blog può aiutare a:
- comunicare alla stampa senza comunicati stampa;
- prendere posizione su polemiche che riguardano l’azienda;
- lanciare campagne istituzionali estemporanee per promuovere una causa;
- lanciare vere e proprie campagne di ascolto, sensibilizzazione e
fundraising per specifiche attività;
- raccogliere altrui posizioni pubbliche sull’azienda e sul suo lavoro
(commenti, recensioni, valutazioni, articoli di giornale)
77. 3. Ma dov’è finito
quel link che ho visto sulla bacheca?
Il ciclo di vita dei contenuti sui social media è infinitamente più
breve rispetto a ciò che si scrive su siti e blog. Se è possibile
ritrovare un link di anni prima attraverso una ricerca su Google e un
po’ di pazienza, è molto più complicato recuperare gli aggiornamenti
di Facebook o gli scambi di Twitter creati molto tempo prima
Avere un blog vuol dire anche avere una banca dati, un archivio di
ciò che l’azienda fa per la propria comunicazione istituzionale
offline, sul web e sui social media. Vuol dire avere tutto il proprio
lavoro quotidiano, i processi e non solo i prodotti finiti a portata di
link
Stimolo: pubblicare sul blog genera automaticamente un contenuto
buono per Facebook, ma non è vero il contrario. Se pubblico su
Facebook, poi dovrei ripubblicare a mano sul blog
78. 4. Sì, il capo lo conosco, ma che
mi dite dell’ufficio marketing?
Le aziende con forte esposizione pubblica sono percepite come un
gruppo e anche come una somma di storie personali. Alcuni
componenti di un’azienda hanno una loro riconoscibilità per ciò che
fanno su giornali e web. Altri possono sono ‘famosi’ per i motivi più
disparati
In un blog aziendale ci può essere spazio per la voce di tutti, su temi
specifici, relativi alla propria attività personale in azienda, ma anche
su temi legati ai propri hobby, alle proprie attività professionali
extra, o a una specifiche ragioni di interesse personale (ad esempio
petizioni o campagne politiche)
Un gruppo unito e allo stesso tempo eterogeneo è il gruppo di
lavoro ideale, anche per un cliente indeciso sull’azienda da scegliere
a parità di servizi offerti
79. 5. Ma quindi, i retroscena?
Backstage, dietro le quinte, emozioni e scazzi. Quando l’azienda
parla di sé in giro, la sua comunicazione istituzionale è spesso
accompagnata da retroscena, aneddoti, tutto quello che è accaduto
attorno alla storia di un prodotto. Questo è vero sia nella difficoltà
di una situazione complessa, sia nel divertimento dei momenti
migliori
Ogni giorno c’è qualcosa da raccontare, e non tutte le aziende lo
fanno sistematicamente. Con Facebook e i social media sono stati
fatti numerosi passi in avanti, ma non è sufficiente
Prodotti di successo, proposte bocciate, idee sgonfiate nel tempo,
bozze da migliorare (anche con l’aiuto di clienti e utenti): tutto fa
comunicazione su un blog aziendale collettivo
--
80. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
Le parole chiave della comunicazione sui social media sono:
Contenuti: il silenzio è più assordante sui social media. In un
contesto dove tutti parlano, chi non dice (o dice male) fa più rumore
Feedback: Tutti parlano, tutti ci parlano, tutti si aspettano
risposte. I social media non sono strumenti unidirezionali. L’onore e
l’onere dell’interazione sono valori non discutibili né negoziabili
81. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
1. Comunicare con costanza e frequenza
È importante tenere l’attenzione sempre viva sulla Rete
Gli spazi di un’organizzazione sul web corrispondono ad un mezzo di
comunicazione istituzionale o personale. Non parlare, dunque, vuol
dire non avere niente da dire
Se non ci sono contenuti o opinioni fresche, cercarle fuori dalla nostra
organizzazione. Articoli di giornale, stimoli per il dibattito e la
discussione, contenuti di altre organizzazioni a noi prossime. Così
facendo è possibile costruire e descrivere il nostro universo valoriale di
riferimento
82. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
2. Non pubblicare esclusivamente
contenuti relativi all’organizzazione
Gli utenti dei social media si aspettano di parlare con altri utenti, che
siano direttamente i “capi” o persone del loro staff o appartenenti ad
aziende, partiti o organizzazioni
Così come ognuno di noi condivide gusti, passioni e interessi sui social
media, ci si aspetta che le persone che compongono le organizzazioni
con cui interagiamo facciano lo stesso. Anche la condivisione di una
passione, di un hobby, persino di una debolezza, di un singolo o di un
gruppo di lavoro può generare attenzione e consenso
83. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
3. Citare esplicitamente (o taggare) i nostri interlocutori
Taggare una persona vuol dire associarla ad un contenuto. Molti social media
permettono agli amministratori dei profili di taggare o linkare altri profili
personali, gruppi ed altre fanpage quando si pubblica un contenuto o un
aggiornamento di stato
Taggare un contenuto ha due vantaggi: includere le persone o i gruppi taggati
all’interno della comunità creata attorno al candidato; auto-includersi nella
comunità che viene taggata, duplicando la quantità di lettori di un contenuto. Per
questo motivo è importante che chi si occuperà dell’amministrazione della
fanpage si iscriva ai profili, ai gruppi e alle pagine vicini, competitor o co-
protagonisti di iniziative
84. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
4. Gestire i due flussi di feedback
Vuol dire gestire e interpretare la comunicazione che giunge dall’utente al
candidato, al politico o all’organizzazione, al fine di rimodulare agenda e
proposta politica e socializzare le innovazioni con i nostri sostenitori
Questa attività di monitoraggio costante ha due vantaggi: il primo è
l’anticipazione dei tempi della politica e la possibilità di correggere la strategia
in corsa; la seconda è la creazione di link sui profili, le pagine o i gruppi con cui
è stata stabilita un’interazione. Questo aumenta la visibilità della pagina e la
rende più facilmente rintracciabile, oltre a generare meccanismi di networking e
di costruzione del consenso
85. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
5. Evitare censure
La tracciabilità e la memorabilità l’attività sul web rende impossibile una
rimozione totale e indolore dei contenuti. Se cancelliamo un contenuto scomodo,
gli utenti lo denunceranno pubblicamente
Sono da evitare anche rimproveri e punizioni ufficiali. Se avremo costruito una
comunità solida di sostenitori, saranno gli stessi utenti a stigmatizzare i
comportamenti spiacevoli, ribattendo agli attacchi in nostra difesa fino alla
segnalazione di comportamenti inappropriati a Facebook che, in caso di numerose
indicazioni, sospenderà provvisoriamente l’accesso alla pagina all’utente molesto
86. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
6. Coltivare e crescere la propria rete di relazione
Stimolare la maggior quantità possibile di meccanismi di networking: con gli
opinion leader, con i consumatori e i loro amici sui social media. Non esistono
molti modi altrettanto efficaci per lavorare sulla brand awareness in tempo
reale
Per ottenere questo obiettivo è sufficiente stringere relazioni, scambiare
contenuti, condividerli in contemporanea, tributare i meriti di iniziative o anche
polemizzare. O più semplicemente, posizionandosi, prendendo decisioni e avendo
cura delle reazioni generate dalle nostre azioni
In questo senso, Facebook è una risorsa chiave: permettere di fare tutto questo
in tempi brevi e in modo pressochè gratuito
87. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
7. Tutto online, per tutti
Rendere disponibili tutti i contenuti e le informazioni sull’organizzazione:
dalle campagne alle brochure, dagli organigrammi ai dati (salvo quelli realmente
sensibili), bisogna mettere ogni utente nella condizione di “poterci fare
pubblicità” senza complicare i processi con meccanismi di controllo ed
approvazione dall’alto
I flussi di comunicazione sono tali e tanti da impedirne un controllo metodico e
totale, che sarebbe comunque controproducente perché contrario alle retoriche
“orizzontali” di Facebook. Perché, allora, non delegare i processi di creazione del
contenuto alla Rete? Spesso gli utenti sono più bravi di noi
88. Social media:
Cosa dire e cosa fare
Social media: buone pratiche
per il successo
8. Trarre vantaggio sui media tradizionali
Se le condizioni di questa analisi sono soddisfatte per la maggior parte, usare
Facebook e i social network come strumento esplicito di comunicazione anche
sui media tradizionali (manifesti, locandine, campagne specifiche sostenute da
uffici stampa ibridi, online+offline)
Questo principio è ancora più solido nei sistemi mediatici locali, dove si può
approfittare della relativa scarsezza di informazioni “autonome”, che non
provengono da uffici stampa e altre redazioni, per veicolare contenuti di
comunicazione nati sul web e che lì hanno ottenuto un buon successo, in
particolare video e dichiarazioni, mediante comunicati stampa.
89. Ted – Video #4
Kevin Allocca:
perché i video
diventano virali
91. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
1. Costruire un racconto, una storia, una narrazione
I contenuti, quando coerenti tra loro devono inseguirsi l’un
l’altro nella proposta, nei temi e nello stile di comunicazione
Devono assecondare l’attualità quando possibile, devono andare
in “alto” e spostarsi sui temi di interesse pubblico (attualità,
dati economici…) quando se ne ha competenza, devono andare in
“basso” e occuparsi delle emozioni e dei sentimenti delle
persone quando il mittente ha genuinamente empatizzato con
questo genere di contesti
92. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
2. Comunicare tutto in diretta
Il modo migliore per comunicare sui social media è usarlo esattamente come tutti
gli altri. Così come tutti noi aggiorniamo lo status raccontando episodi della
nostra vita, carichiamo le foto di una festa o di un luogo che ci ha emozionato,
allo stesso modo dobbiamo amministrare una pagina. Se una persona non entra
in sintonia con noi, se non gli comunichiamo umanità ed empatia, il nostro
lavoro e quello dell’organizzazione per cui lavoriamo non basterà a
convincerci
La qualità dei contenuti prodotti è meno importante del timing scelto per
proporli. Una foto realizzata con un iPhone e caricata durante un incontro
pubblico è da preferire ad una foto professionale condivisa a distanza di giorni
(per quanto un contenuto non escluda l’altro)
93. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
3. Evitare la routine
I contenuti vanno alternati sia per tipologia sia per stile comunicativo. Anche
in questo caso, si tratta di usare Facebook così come lo usano i nostri
interlocutori, il nostro modo di usare lo strumento. A intervalli di tempo compresi
tra i 60 e i 120 minuti la pagina dovrebbe essere aggiornata. Si può inserire un
aggiornamento di stato su un evento, poi un articolo di giornale, poi una foto del
passato, poi un link su un’attività dell’organizzazione, poi un video Youtube del
proprio canale, poi un aggiornamento di stato sul calcio, e così via
Bisogna offrire di tutto seguendo dei fili logici e narrativi ben riconoscibili che
garantiscono la coerenza dello strumento senza sacrificare l’eterogeneità dei
contributi proposti
94. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
4. Editare i contenuti
Il successo di un’azione sui social media può dipendere da 30 secondi di lavoro
in più. Ogni contenuto può essere personalizzato nel titolo e nella descrizione e
può essere inserito un commento a qualsiasi contenuto, anche a un link esterno
L’importanza di un lavoro preciso di editing è forse ancora più determinante per
Youtube, dove il titolo e la descrizione sono i primi elementi che un utente
osserva. Inoltre bisogna preparare un contenuto pensando che questo verrà
condiviso da persone anche molto lontane da noi. Suggeriamo, dunque, di
inserire sempre il nome del mittente nel titolo e sempre i link del sito e di
Facebook all’interno della descrizione
95. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
5. Comunicare le esclusive
Nel 2008 Obama comunicò il nome del suo candidato vicepresidente attraverso un
SMS agli iscritti alla sua newsletter e solo dopo fece pervenire la notizia alla
stampa. Lo ha fatto per far sentire la propria comunità parte di un percorso
politico e di vita
Dobbiamo fare nostro questo principio: il rapporto con i media tradizionali è
fondamentale, ma chi decide il successo di un progetto, di un prodotto, di
un’organizzazione sono le persone e sono loro il nostro interlocutore
privilegiato. Tutto ciò che può essere condiviso prima con gli utenti e poi con la
stampa (a partire dai racconti in diretta degli eventi) è da preferire nella scelta
dei contenuti da veicolare sui social media
96. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
6. Far dialogare vecchi media e nuovi media
Tutti gli interventi sui media tradizionali devono diventare contenuti per il web.
Se si interviene in televisione, l’intervento deve finire su Youtube; se parla in
radio si deve caricare e condividere il contributo audio. I social media sono come
il maiale: non si butta via niente
Questo è vero sia per non disperdere i contenuti, sia perché è possibile creare
affiliazione e condivisione da parte di chi ha visto l’intervento sui media
tradizionali, lo ha trovato convincente, lo vorrebbe condividere con i suoi amici e,
se viene messo nelle condizioni di poterlo fare, si attiva per farlo conoscere
97. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
7. Far dialogare nuovi media e vecchi media
La transizione vecchi-nuovi media richiede solo un lavoro redazionale. Il
passaggio inverso, ben più affascinante, non è poi così impossibile. Spesso i
media locali hanno “fame” di storie da raccontare. Un comunicato stampa ben
confezionato, un video corto e di alta qualità, una curiosità o un aneddoto
possono entrare nell’agenda setting dei giornali e delle TV senza sforzo
Inoltre i social media permettono di testare contenuti video prima che diventino
“ufficiali”. Se il miglior video prodotto durante una campagna (per
visualizzazioni e feedback) è stato prodotto da un utente/sostenitore, perché
non si può immaginare che diventi il video ufficiale?
98. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
8. Parlare alle nicchie
La comunità virtuale di sostenitori o di potenziali interlocutori/utenti/acquirenti
è fatta di esperienze diverse, di tante piccolissime nicchie di pubblico: gli
ambientalisti, gli architetti, gli abitanti del centro, i commercianti, gli sportivi,
gli omosessuali, gli apocalittici e gli integrati
Per questo bisogna sforzarsi di cogliere le occasioni per dire una cosa a ognuna di
queste categorie, seguendo l’attualità o una richiesta esplicita di attenzione. La
gestione del feedback è la chiave del successo della comunicazione sui social
media. Dare feedback a tutti vuol dire mostrarsi attento agli interessi di tutti,
dunque essere credibile come organizzazione che non vuole limitarsi a messaggi
unidirezionali
99. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
9. Parlare quando c’è gente online
Un aggiornamento di stato illuminante scritto in piena notte rischia di non essere
valorizzato pienamente perché non c’è nessuno online che può condividerlo in
tempo reale e può generare l’effetto palla di neve e il passaparola anche fuori
dalla Rete
Per questo motivo va contemplata l’ipotesi di scrivere una scaletta quotidiana
dei contenuti da condividere per poter gestire tutto e far uscire i contenuti
migliori quando il pubblico potenziale è più ricettivo
100. Social media:
Come comunicare
Social media: come costruire
contenuti interessanti
10. Essere flessibili in caso di crisi comunicative
Se un contenuto offre lo spunto per critiche e controversie, non è un immorale
proporre in breve tempo (e non aspettare, dunque, la cadenza canonica di
pubblicazione) un altro stimolo per distrarre i fan della pagine e riattivarli
positivamente
Questa regola è valida, al contrario, in caso di intervento comunicativo
particolarmente riuscito. Se un aggiornamento esalta i sostenitori, forse è il caso
di tenerlo in evidenza per più tempo, salvo necessità di caricare contenuti nuovi
perché sono tanti, perché c’è un evento o perché l’attualità impone un
intervento o una correzione di strategia
102. Amministrative 2011
Cosa ricorderemo di queste elezioni
Amministrative?
Se la risposta è:
#morattiquotes
#sucate
Red Ronnie
Satira politica
Vuol dire che la comunicazione politica italiana è
cambiata in modo irreversibile
103. Verso la comunicazione politica
generativa
I processi comunicativi di maggior successo
di questa campagna elettorale sono nati:
In rete, in particolare, su Twitter. Poi sono diventate notizie e
sono finiti sui mezzi tradizionali;
Grazie agli utenti e non nei comitati elettorali o nei partiti (che
nel caso di Pisapia e De Magistris sono stati bravi a riprendere e
valorizzare i processi spontanei)
Non necessariamente nelle città dove si andava a votare: alla
campagna elettorale ha partecipato tutta l’Italia. Come voleva
Berlusconi, ma per la prima volta con effetti per lui nefasti
A costo zero
Quasi mai grazie al lavoro di attivisti politici “puri”
104. Verso la comunicazione politica
generativa
Per queste ragioni le campagne elettorali cambieranno
irreversibilmente, in presenza di queste variabili:
- Entusiasmo attorno alla candidatura;
- Utilizzo esplicito della Rete come strumento di attivazione
e organizzazione dei sostenitori;
- Ascolto e feedback sistematico delle istanze degli utenti
(sia per la costruzione del programma che per creatività e
scelte di comunicazione) il web visto non come raccatta-
voti, ma come elemento di costruzione di senso di comunità
In presenza di queste condizioni, cambia anche il ruolo
di chi lavora alle campagne elettorali
105. La nuova comunicazione politica:
da spin doctor a ricercatori
I manager di campagna elettorale, i consulenti, i ghost
writer, i creativi non dovranno più basare le loro scelte
sulla base di precedenti esperienze, di intuito o attraverso
presunte doti sciamaniche
Le campagne saranno guidate dai dati, prodotti ogni giorno
e in grande quantità dagli utenti della Rete che non faranno
altro che continuare la loro attività di aggiornamento e
condivisione dei contenuti
Più che scrivere e pensare sarà importante leggere e
interpretare
La variabile decisiva (e non esistente fino a 10 anni fa) è la
possibilità degli utenti di utilizzare il surplus cognitivo
106. I nuovi comunicatori politici: tutti
Saltano alcuni schemi classici
dell’impegno politico
- Per fare (comunicazione) politica bisogna essere esperti di
politica
- Per fare politica bisogna stare nei partiti o nelle
associazioni
- Per fare politica bisogna partecipare alle riunioni (magari
fissate in orario d’ufficio, dunque inaccessibili)
- Per fare politica bisogna assecondare i ritmi della politica
- Il consenso è regolato solo dai mezzi tradizionali
107. I nuovi comunicatori politici: tutti
Si fanno strada nuovi paradigmi
- Si può fare (comunicazione) politica anche con un tweet;
- Si fa politica scegliendo lo strumento più adatto alle
proprie attitudini;
- Si fa politica a qualsiasi ora del giorno;
- Si fa politica quando si ha un minuto libero;
- Si fa politica anche parlando di altro, o usando altri
linguaggi (la satira, ad esempio)
108. Ma il web sostituirà la TV?
Non è necessario
Ogni programma sarà oggetto di una narrazione parallela sul
web. Questo è già molto visibile nei programmi di
approfondimento politico (Annozero, Ballarò, Exit) e nelle
trasmissioni di maggior successo (Vieni via con me, Festival di
Sanremo), seguiti con dirette su siti, blog, Facebook e Twitter
Ogni diretta porta alla produzione di tantissimi contenuti, specie
qualitativi, sui programmi: cosa piace, cosa no, cosa può essere
migliorato (i social media come Auditel qualitativo?)
La diretta web è un’evoluzione (o involuzione, a seconda dei gusti)
della visione della TV a casa con la famiglia e con gli amici:
l’esperienza di visione è più ricca ed emozionante
109. Non più web versus tv,
ma tv più web
Il web, dunque, permette agli spettatori di analizzare ciò che
accade in televisione, di valutarne l’attendibilità e di aumentare il
valore dell’esperienza in termini di informazioni acquisite e
divertimento
Il web, inoltre, permette di vedere la TV senza vederla. Non è più
necessario essere davanti al televisore per seguire un programma,
se quest’ultimo è oggetto di una diretta web
Queste opportunità, però, sono parimenti a portata di mano
per chi costruisce programmi televisivi
I dati possono entrare nel programma: sovraimpressione di
tweets, infografiche in tempo reale su ciò che è detto in
diretta, feedback della Rete con possibili colpi di scena
110. Da politica pop a pop politico
I programmi cosidetti di ‘infotainment’, ritenuti da molti alla base dei
modelli di costruzione del consenso di Silvio Berlusconi, sembrano i
format ideali per ospitare questa nuova integrazione crossmediale tra
vecchi e nuovi mezzi
Un politico sbugiardato in diretta o una grandissima approvazione della
Rete in seguito a un botta e risposta può regolare l’andamento del
programma, rendendolo potenzialmente più spettacolare e
certamente imprevedibile
Questo potrebbe portare a una nuova stagione dell’informazione
politica, ancora più soft e legata all’intrattenimento ma non per
questo meno ricca di contenuti e approfondimento
Se tutto è politica, quest’ultima entra nelle vite quotidiani di ognuno:
è dunque ‘pop’ (nell’accezione classica del termine, popular)
111. Cattive pratiche di
comunicazione (politica)
online
Cosa non fare su Internet se si è
personaggi pubblici, organizzazioni
o aziende
112. Cos’è un cattiva pratica
Un’azione di comunicazione (politica) (online) non
funziona se:
-non è compresa dai destinatari
-diventa un boomerang;
-mette in evidenza l’incoerenza tra immagine
reale e immagine percepita del mittente;
-aumenta il livello di crisi comunicativa invece di
diminuirlo;
-trasforma una non-notizia in notizia;
-non tiene conto della natura del pubblico;
-non tiene conto della natura dello strumento;
-è un errore così grande da cancellare i meriti
(politici) del mittente
113. 1. Messaggi
incomprensibili
Un aggiornamento
di Vendola su Facebook
(è colpa mia, è colpa mia)
115. 1. Messaggi incomprensibili
Caso: utilizzo di un estratto di una lettera aperta di
Nichi Vendola (sull’ILVA, pubblicata dal Manifesto) su
Facebook
Errore: l’utilizzo di un linguaggio complesso per
esprimere un concetto generico e non necessario (da
parte di un politico spesso oggetto di ironie per
l’eccessiva complessità e vaghezza del suo eloquio
pubblico (errore di chi scrive: la pubblicazione
dell’aggiornamento è stata decisa da me)
Buona pratica: post più brevi (lunghi solo quando
necessario), concetti chiari, meglio se inediti. Niente
acronimi o gergo tecnico, meglio essere didascalici
118. 2. Boomerang
Caso: utilizzo di un hashtag da parte del PDL per
promuovere una campagna di racconto di 9 anni del
governo Berlusconi
Errore: l’utilizzo di un hashtag legato a una domanda
aperta (e generica) da parte di un partito con livelli
di consenso e fiducia molto bassi, soprattutto su
Internet
Buona pratica: evitare hashtag scelti “dall’alto”
(perché dividono e non sono utilizzati da tutti),
evitare domande aperte, valutare il clima di opinione
sui social media prima di coinvolgere gli utenti in
un’azione collettiva
119. 3. Incoerenza
reale-percepito
L’UFO di Roberto Formigoni e
l’iperumanizzazione
121. 3. Incoerenza reale-percepito
Caso: Il Presidente della Regione Lombardia
Formigoni twitta una notizia inverosimile
(l’avvistamento di un UFO)
Errore: Formigoni eccede in ‘umanizzazione’: pur di
sembrare uguale a tutti gli altri, diventa inverosimile
(perché comunque presidente di Regione e al centro
di una grande pressione mediatica per le indagini in
Lombardia)
Buona pratica: ignorare le pressioni dell’opinione
pubblica e far finta di niente sui social media crea
l’effetto di aumentare la pressione (evocando
l’assenza di risposte), non la riduce né distrae
123. 4. Aumento della crisi comunicativa
Letizia Moratti risponde a un utente Twitter: nessuna
moschea a Sucate, in via Puppa (23 maggio 2011)
124. 4. Aumento della crisi comunicativa
Caso: L’account ufficiale di Twitter di Letizia Moratti
(allora sindaco di Milano) risponde seriamente a un
tweet satirico
Errore: Moratti (o meglio, il suo staff) non riconosce
la trappola geografica (il quartiere di Sucate non
esiste): così facendo comunica di non conoscere la
città e favorisce un’onda satirica (ancora più forte
dopo #ècolpadipisapia)
Buona pratica: leggere con attenzione tutti i tweet,
rispondere a tutti (o ignorare quelli evidentemente
irridenti), utilizzare satira e ironia come risposta a
satira e ironia
125. 5. Da non-notizia
a notizia
1. Gasparri e i quarantotto follower
2. Cetica e ‘tua sorella’
126. 5. Da non-notizia a notizia
Maurizio Gasparri litiga con un utente su Twitter: la
notizia diventa un caso nazionale (1 ottobre 2012)
127. 5. Da non-notizia a notizia
Caso: Maurizio Gasparri, capogruppo del PDL al
Senato, risponde su Twitter a un utente provando a
delegittimarlo perché aveva “solo” 48 follower
Errore: Gasparri si rivolge all’utente ma non
considera che il suo tweet sarà letto non solo dai 48
follower del suo interlocutore, ma anche dai suoi e
da quelli di Franco Bechis (nella conversazione)
Buona pratica: non utilizzare il numero di follower
dell’interlocutore come argomento per
delegittimarlo, specie se si usa il proprio profilo (di
personaggio pubblico) per farlo
128. 5. Da non-notizia a notizia
L’assessore al bilancio della Regione Lazio e la sorella
del capogruppo del PD alla Regione (11 dicembre 2012)
129. 5. Da non-notizia a notizia
Caso: Stefano Cetica, assessore al bilancio della
Regione Lazio, giunta Polverini, risponde in modo
poco elegante al capogruppo del PD in Regione
Montino
Errore: Cetica dimentica che lo scambio non avviene
in privato tra lui e Montino ma che c’è un pubblico.
Questo pubblico può trasformare (sui blog o sui
giornali) uno scambio anche violento in notizia, a
prescindere dai contenuti dello scambio
Buona pratica: in generale, non coinvolgere i
familiari (in modo greve) negli scambi con valore
politico. Nello specifico, non farlo in pubblico
130. 6. Chi mi legge?
1. Marta Vincenzi e lo sfogo
dopo le Primarie a Genova
2. Giuseppe Ripa
e la “signorina Vendola”
131. 6. Chi mi legge?
Lo sfogo dell’ex sindaco di Genova Marta Vincenzi (su
Twitter dopo aver perso le Primarie del centrosinistra
(14 febbraio 2012)
132. 6. Chi mi legge?
Caso: Marta Vincenzi, sindaco uscente di Genova,
perde le Primarie (Amministrative 2012) e si sfoga su
Twitter
Errore: Vincenzi produce moltissimi tweet a breve
distanza l’uno dall’altro: è evidentemente uno sfogo
istintivo. Ma ogni tweet ha un suo peso e una sua
notiziabilità (e la combinazione di quei tweet è una
notizia in sé)
Buona pratica: va bene sfogarsi, va bene farlo
online. Ma bisogna sempre tenere conto delle
conseguenze mediatiche di ciò che si fa. Meglio
scrivere un unico post, magari lungo, a freddo
133. 6. Chi mi legge?
Giuseppe Ripa, assessore al bilancio del Comune di
Lecce, parla così (su Facebook) del presidente della
Regione Puglia Vendola (9 gennaio 2012)
134. 6. Chi mi legge?
Caso: Giuseppe Ripa, assessore al Bilancio del
Comune di Lecce, chiama Vendola ‘signorina’
attaccandolo sulla sanità. Nel tentativo di rettificare
insiste con ragionamenti omofobi
Errore: Ripa prima si lascia andare a un commento
infelice. A post oramai circolato cancella il
contenuto, creando un effetto boomerang. A quel
punto prova a spiegarsi ma facendolo “motiva” il
commento infelice. Sarà costretto a dimettersi.
Buona pratica: non cancellare il commento infelice e
chiedere scusa. Ci sarà tempo e modo per spiegarsi
(Ripa sarà poi rieletto consigliere pochi mesi dopo)
135. 7. Beffati dallo
strumento
1.Il retweet anti-Pisapia
di Guido Podestà
2. Il retweet anti-nomadi
di Gianni Alemanno
136. 7. Beffati dallo strumento
Guido Podestà retweeta un commento su Pisapia, poi si
scusa e parla di ‘retweet sbagliato’ e di ‘errore dello
staff’ (20 marzo 2012)
137. 7. Beffati dallo strumento
Gianni Alemanno retweeta una richiesta ‘particolare’ di
un utente (14 settembre 2012)
138. 7. Beffati dallo strumento
Casi (speculari): Guido Podestà, presidente della
Provincia di Milano, e Gianni Alemanno, sindaco di
Roma, retweetano contenuti prodotti da altri utenti
ad alto coefficiente di controversia
Errore: Podestà e Alemanno non considerano che un
retweet, pur prodotto da altri, è comunque da
considerare un tweet ‘personale’. Retweet non
sempre è endorsement, ma in questi casi è difficile
fare un chiaro distinguo
Buona pratica: evitare il RT di contenuti controversi.
Se la si pensa in un modo (che potrà generare
polemiche), meglio dirlo con parole proprie
139. 8. L’errore fatale
Antony Weiner
e quel messaggio privato
inviato a tutti
140. 8. L’errore fatale
Antony Weiner, parlamentare democratico americano
(sposato), invia pubblicamente una sua foto intima a
tutti i followers invece che in privato a una ragazza di
21 anni (27 maggio 2011)
141. 8. L’errore fatale
Caso: Antony Weiner, deputato democratico, invia
per sbaglio una foto (destinata a un messaggio
privato) a tutti i suoi follower. L’errore è avvenuto
attraverso la piattaforma Tweetdeck.
Errore: La foto era un autoscatto del proprio pene in
erezione, inviato a una ragazza di ventuno anni.
Quanto basta per obbligarlo alle dimissioni (che
arrivano solo tre settimane dopo l’episodio e dopo
aver tentato di minimizzare l’accaduto)
Buona pratica: ogni ulteriore commento è
ovviamente superfluo
142. 9. L’extra: la satira
La satira ‘interna’: i profili fake
La satira ‘esterna’: la notizia che
esplode sui social media
143. 9. Extra: la satira ‘interna’
Il profilo Twitter fake di Gianni Alemanno
144. 9. Extra: la satira ‘interna’
Caso: Creato il profilo ‘fake’ di Gianni Alemanno. Lo
scopo è attaccarlo politicamente attraverso l’uso
della satira Molti personaggi pubblici e politici
ricevono questo tipo di attenzioni, in Italia e nel
mondo
Errore: Non esiste un errore nello specifico, ma
spesso la nascita di questi profili fake deriva
dall’insorgenza di comportamenti (comunicativi)
molto discutibili, ridicoli o iperbolici
Buona pratica: prima di tutto, non gridare allo
scandalo o alla lesa maestà. In secondo luogo
riflettere sui comportamenti oggetto di satira
145. 9. Extra: la satira ‘esterna’
Il tunnel dei neutrini di Maria Stella Gelmini
/
146. 9. Extra: la satira ‘esterna’
Caso: il MIUR (Ministero dell’Università e della
Ricerca) pubblica un comunicato stampa che parla
della costruzione di un tunnel tra il Cern di Ginevra e
il Gran Sasso, finanziato anche con soldi italiani
Errore: Il comunicato è pubblicato sul sito ufficiale e
commentato dal Ministro Gelmini. A quel punto
bastano le osservazioni di un gruppo di blogger per
creare una contro-ondata satirica (che costringerà il
portavoce del Ministro alle dimissioni)
Buona pratica: un comunicato su Internet è, in ogni
caso, la voce dello Stato (e del Governo): prima di
digitare invio, pensarci dieci volte
147. In sintesi: cosa non fare
Piccolo vademecum per evitare figuracce (vale
anche per la comunicazione commerciale,
istituzionale, pubblica: la politica, in questo caso,
insegna)
-Meglio parlare poco e bene che tanto e male;
-Meglio sopravvalutare che sottovalutare il peso
mediatico del contesto (e dunque, meglio la
prudenza);
-Umani sì, ma non troppo umani;
-Ogni atto di comunicazione sui social media è
pubblico: bisogna scrivere ciò che si potrebbe
sostenere anche in una piazza gremita;
-Non fare tutto da soli
148. La paranoia uccide
la conversazione.
Questo è il punto.
Ma la mancanza di conversazione
uccide le aziende.
(Cluetrain Manifesto,
tesi #52, 1999)
149. Ted – Video finale
Sherry Turkle:
connessi ma soli?
150. TED, video finale
http://www.ted.com/talks/lang/it/sherry_turkle_alone_together.html
Mentre ci aspettiamo di più dalla tecnologia, ci aspettiamo
meno l'uno dall'altro? Sherry Turkle studia come i nostri
dispositivi elettronici e i nostri profili online stiano
ridefinendo le connessioni umane e la comunicazione, e ci
chiede di riflettere approfonditamente sui nuovi tipi di
connessione che vorremmo avere
151. Un grande abbraccio
Grazie!
Dino Amenduni
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