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LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CORRUZIONE:
Principi e Linee Guida UNI ISO 31000:2010
Andrea Ferrarini
andrea.ferrarini2012@gmail.com
https://www.linkedin.com/in/andreaferrarini
19 gennaio 2015
PROGETTO “Interventi a supporto delle Riforme della PA”
LINEA ATTIVITA’ 3 - ULTERIORI INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE NELLE AMMINISTRAZIONI REGIONALI E LOCALI DEL MEZZOGIORNO
La norma UNI ISO 31000:2010
• La UNI ISO 31000:2010 è la versione italiana della norma
internazionale, che definisce principi e linee guida per la gestione
del rischio
• La UNI ISO 31000:2010 non serve per certificare un sistema, ma
per fornire dei suggerimenti, per gestire efficacemente il rischio
(qualunque rischio!) e può rendere più efficaci e sistematiche le
politiche di prevenzione della corruzione
• La UNI ISO 31000:2010 è una norma di 28 pagine, acquistabile
sul sito http://store.uni.com/ al costo di 72 Euro. E’ scritta in modo
chiaro ed accessibile, anche per chi non si è mai occupato di Risk
Management
Tutto quello che state facendo, serve davvero?
• La corruzione è un fenomeno che, in certe zone dell’Italia (per esempio la
Lombardia, il Veneto e il Lazio) ha carattere sistemico e coinvolge classe
politica, operatori economici, pubblici dipendenti e professionisti.
• La corruzione è un fenomeno criminale, che in certi casi si «sposa» con
l’infiltrazione delle mafie nell’economia.
• La corruzione, in molti settori dell’agire pubblico, è favorita dalle stesse
norme, (incoerenti e di difficile interpretazione) e dall’eccesso dei controlli
• La corruzione non è un fenomeno nuovo: era già nota ai Babilonesi, nel
1700 a.C. e ha accompagnato lo sviluppo della «civiltà» umana.
• La corruzione è anche un fenomeno di tipo economico: è una modalità di
«gestione» dei rapporti fra gruppi di pressione privati (lobbies) e potere
pubblico
… Se questo è vero … a cosa serve fare i Piani Triennali di Prevenzione
della Corruzione?
A cosa serve fare i Piani Antincendio?
• Gli incendi sono fenomeni di combustione incontrollata.
• La tecnologia e la cultura umana si sono sviluppate sfruttando i processi
di combustione.
• La maggior parte delle attività umane (anche andare in automobile)
sfrutta la combustione controllata.
• Molti incendi sono causati da fenomeni naturali (fulmini, siccità), che non
possono essere modificati.
• Spesso gli incendi dipendono da attività criminali (piromani), dalla
distrazione (fumatori) oppure da interessi economici (speculazione
edilizia)
• Di incendi si parla già nel codice di Hammurabi (1780 a.C.): «Se in una
casa scoppia un incendio, e chi viene a spegnerlo getta l’occhio sui beni
del proprietario e se ne appropria, sia gettato nello stesso fuoco»
A cosa servono i Piani Antincendio (e anche i Piani
Triennali di Prevenzione della Corruzione…)
• La prevenzione degli incendi serve a ridurre i danni che gli incendi
possono causare ad una organizzazione o a una comunità. Non serve
per debellare il fenomeno, ma per contenerlo.
• La prevenzione della corruzione serve per ridurre i danni che la
corruzione può causare ad una pubblica amministrazione (danno
all’immagine e danno erariale) e ad una comunità (aumento dei costi per
le opere pubbliche, peggioramento dei servizi al cittadino, perdita di
fiducia nelle istituzioni). Non serve per debellare il fenomeno, ma per
contenerlo
• I Piani Antincendio e i Piani di Prevenzione della Corruzione sono
strumenti di gestione del rischio
UNI ISO 31000:2010, punto 3: Principi «a», «h» e «i»
• La gestione del rischio crea e protegge il valore: salute e sicurezza
delle persone, security*, rispetto dei requisiti cogenti, consenso
presso l'opinione pubblica, protezione dell'ambiente, qualità del
prodotto gestione dei progetti, efficienza nelle operazioni, governance e
reputazione.
• La gestione del rischio tiene conto dei fattori umani e culturali:
capacità, percezioni e aspettative delle persone esterne ed interne che
possono facilitare o impedire il raggiungimento degli obiettivi.
• La gestione del rischio è trasparente e inclusiva: coinvolgimento
appropriato e tempestivo dei portatori d'interesse e, in particolare, dei
responsabili delle decisioni, a tutti i livelli dell'organizzazione.
I PTPC come piani di trattamento del rischio
• I Piani Triennali di Prevenzione della corruzione sono dei piani di
trattamento del rischio, elaborati «a valle del processo di
valutazione del rischio»
• Non possono essere attuati e aggiornati in modo adeguato, se
non è stata definita anche una struttura gestionale di
riferimento e se non si tiene conto dei principi di gestione del
rischio
UNI ISO 31000:2010, punto 3: Principio «d»
d) La gestione del rischio tratta esplicitamente l'incertezza. La
gestione del rischio tiene conto esplicitamente dell'incertezza, della
natura di tale incertezza e di come può essere affrontata.
… Ma cosa vuol dire? Cos’è l’incertezza?
DEFINIZIONI DI RISCHIO
OHSAS 18001: Rischio «Combinazione della probabilità e della
conseguenza del verificarsi di uno specifico evento pericoloso»
UNI ISO 31000: Rischio «Effetto dell’incertezza sugli obiettivi»
•La prima definizione è molto comprensibile: il rischio è un evento che
potrebbe capitarci e che potrebbe avere delle conseguenze negative.
•La seconda definizione è a prima vista meno chiara: sembra suggerire che
il rischio dipende dall’incertezza (non dagli eventi) e dalle conseguenze che
l’incertezza ha sui nostri obiettivi
DEFINIZIONI DI RISCHIO (UNI ISO 31000: 2010)
• Il rischio è l’effetto dell’incertezza sugli obiettivi
• Effetto = scostamento (positivo o negativo) da un risultato atteso
• Incertezza = stato anche parziale, di assenza di informazioni
relative alla comprensione di un evento, delle sue conseguenze e
della sua verosimiglianza (=probabilità)
Il rischio non dipende dal fatto che alcuni eventi possono influire sui nostri
obiettivi, ma dal fatto che non conosciamo tali eventi (= incertezza)
COSA CI INSEGNA LA UNI ISO 31000:2010
1. Che gli eventi, in sé stessi, non sono un rischio, ma che diventano un
rischio quando «incontrano» gli obiettivi di una organizzazione
2. Che il modo migliore per non correre rischi, è non darsi degli obiettivi. Ma
questo non è possibile:
• qualunque organizzazione, per vivere, ha bisogno di avere uno
scopo e definire dei risultati attesi.
• «vivere di obiettivi» significa anche «vivere di incertezze»:
potrebbe succedere qualcosa di non previsto, che influisce sugli
obiettivi.
3. Che gestire il rischio significa, semplicemente (?) ridurre l’incertezza.
4. Che il rischio di corruzione non è un problema politico o giudiziario, ma è
un problema organizzativo.
COSA CI INSEGNA LA UNI ISO 31000:2010
• L’obiettivo istituzionale delle vostre amministrazioni è «il
perseguimento dell’interesse pubblico»*
• La corruzione distorce i processi della pubblica amministrazione,
facendoli deviare verso il perseguimento di interessi privati
• Quindi la corruzione è un evento che influenza negativamente
l’obiettivo istituzionale di un ente pubblico
• Gestire il rischio di corruzione significa gestire (ridurre) la nostra
incertezza nei confronti della corruzione
*Piano Nazionale Anticorruzione, Allegato 1, punto B.1.1.1
Definizione di «evento di corruzione»
Abuso di un potere pubblico, finalizzato a favorire interessi
privati
•Questa definizione è più ampia di quella proposta dalla circolare
1/2013 del Dipartimento della Funzione Pubblica e dal P.N.A.,
perché include sia gli interessi privati del dipendente pubblico,
sia gli interessi dei soggetti privati che si interfacciano con la
pubblica amministrazione.
•Descrive meglio le dinamiche corruttive del dopo Tangentopoli:
mentre negli anni ‘90 il motore della corruzione era rappresentato
dai partiti politici (ed erano numerosi i casi di concussione), oggi
sono gli interessi privati degli operatori economici il principale
«MOTORE» della corruzione.
EVENTO DI CORRUZIONE
Azione consapevole
Uso distorto del potere
pubblico
Uno o più interessi privati
Evento di
corruzione
La corruzione è come un incendio …
INCENDIO CORRUZIONE
Reazione chimica, tra: Evento che coinvolge
Un combustibile (es. legno,
carta, gas…), che può bruciare
Persone («fatte» di bisogni,
valori, scelte, comportamenti)
Un comburente (aria), «dentro
cui» si può sviluppare
l’incendio.
Un processo di interesse
pubblico «dentro il quale» può
avere luogo la corruzione
In presenza di ….
Un innesco (es. una fiamma) Interessi privati (=non pubblici)
Triangolo della Corruzione
I tre tipi di incertezza sugli eventi di corruzione
1. INCERTEZZA nella GESTIONE DEI PROCESSI
• Non sapere come sono gestiti i processi
• Non sapere se le leggi, i regolamenti e le procedure sono
applicate in modo omogeneo in tutta l’organizzazione
• Non sapere se il sistema «reale» dei poteri coincide con il
sistema «formale» definito dall’amministrazione (organigramma)
• Non accorgersi di eventuali monopoli interni all’amministrazione
2. INCERTEZZA ETICA
• Scarsa motivazione del personale
• Scarsa capacità di definire gli obiettivi dell’ente
• Scarsa capacità di definire e veicolare valori di etica pubblica
3. INCERTEZZA nelle RELAZIONI
• Mancata individuazione degli interessi privati che possono
interferire con i processi pubblici
• Scarsa «qualificazione» dei fornitori e dei consulenti
UNI ISO 31000:2010, punto 3: Principi «b» e «g»
b) La gestione del rischio è parte integrante di tutti i processi
dell'organizzazione. La gestione del rischio non è un'attività
indipendente, separata dalle attività e dai processi principali
dell'organizzazione. La gestione del rischio fa parte delle
responsabilità della direzione ed è parte integrante di tutti i
processi dell'organizzazione, inclusi la pianificazione strategica e
tutti i processi di gestione dei progetti e del cambiamento.
g) La gestione del rischio è "su misura". La gestione del rischio è
in linea con il contesto esterno ed interno e con il profilo di rischio
dell'organizzazione.
La struttura di riferimento per la gestione del rischio
Non è concepita come uno specifico sistema di gestione, ma come
un modo per integrare la gestione del rischio nel sistema di
gestione adottato dall’organizzazione attraverso:
•Un insieme di fondamenti (= cosa fare per prevenire la corruzione)
•Un insieme di assetti organizzativi (= chi previene la corruzione e
come)
•Un processo (Ciclo di Deming) che consente di attuare,
monitorare, revisionare e migliorare nel tempo i fondamenti, gli
assetti e lo stesso processo di gestione del rischio
PLAN
DOCHECK
ACT
FONDAMENTI
MANDATO E IMPEGNO: la direzione deve impegnarsi a:
•Definire obiettivi di gestione del rischio coerenti con gli obiettivi
dell’organizzazione
•Definire Indicatori di prestazione (per controllare e «misurare» il
raggiungimento degli obiettivi di gestione del rischio) in linea con gli
indicatori di prestazione dell’organizzazione
•Assicurare il rispetto dei requisiti cogenti
•Assegnare responsabilità e risorse adeguate
•Comunicare ai portatori di interesse i benefici della gestione del
rischio
•Assicurare che la struttura di riferimento continui ad essere
appropriata
FONDAMENTI
POLITICA: La Politica per la gestione del rischio è un documento di
indirizzo (sottoscritto dalla direzione dell’organizzazione), che esplicita gli
obiettivi e l’impegno dell’organizzazione a gestire il rischio. La politica deve
chiarire:
•Perché si è deciso di gestire il rischio
•La relazione che intercorre tra la gestione del rischio e gli obiettivi
dell’organizzazione
•Come valutate le prestazioni di gestione del rischio
•Come sono gestiti i conflitti di interesse
•Le responsabilità per la gestione del rischio
•La necessità di assegnare alla gestione del rischio le risorse necessarie
•L’impegno a riesaminare e migliorare nel tempo le gestione del rischio
I Fondamenti della gestione del rischio di corruzione
• La Legge 190/2012 non prevede il coinvolgimento degli organi di
indirizzo politico e non prevede la definizione di un documento
(distinto dal Piano Triennale di Prevenzione) che contenga la
politica per la gestione del rischio di corruzione
• Gli elementi fondamentali della struttura di riferimento devono
comunque essere definiti. Possono essere descritti in una
apposita sezione del PTPC.
I Fondamenti della gestione del rischio di corruzione
• Perché prevenire la corruzione. La prevenzione della corruzione
garantisce una migliore qualità dei servizi pubblici e aiuta la pubblica
amministrazione a gestire più consapevolmente i propri processi
• Obiettivi di prevenzione: sono quelli definiti dal P.N.A.:
• ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione;
• aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione;
• creare un contesto sfavorevole alla corruzione.
• Indicatori di prestazione. Gli indicatori possono essere definiti
attraverso il sistema di gestione della Performance
• Requisiti cogenti. L’amministrazione deve garantire il rispetto della
normativa di prevenzione della corruzione (L. 190/2012, D.lgs 33/2013,
D.lgs. 39/2013) e il rispetto delle norme che regolano le attività del settore
pubblico
• Responsabilità e risorse. Nomina del RPC. Coinvolgimento dei
dirigenti. Individuazione dei referenti
• Riesame e miglioramento. Il PTPC e la struttura di riferimento sono
riesaminati e aggiornati almeno annualmente.
ASSETTI ORGANIZZATIVI
RESPONSABILITA’: l’organizzazione deve identificare:
• i titolari del rischio (che hanno la responsabilità e l’autorità per
gestire il rischio);
•I soggetti che devono rendere conto dello sviluppo, attuazione e
del mantenimento della struttura di riferimento;
•I soggetti responsabili del processo di gestione del rischio ai vari
livelli dell’organizzazione;
•I processi di misurazione delle prestazioni
•Le modalità per garantire ai responsabili un adeguato livello di
riconoscimento all’interno e all’esterno dell’organizzazione
ASSETTI ORGANIZZATIVI
PIANO DI GESTIONE DEL RISCHIO
•La gestione del rischio deve essere attuata a tutti i livelli e in tutti i
processi dell’organizzazione e non essere separata da essi;
•Per garantire l’attuazione della gestione del rischio a tutti i livelli e in
tutti i processi dell’organizzazione, è possibile elaborare un Piano di
gestione del Rischio;
•Il Piano di gestione del rischio può essere integrato in altri
documenti di programmazione.
ASSETTI ORGANIZZATIVI
RISORSE. Le risorse, che l’organizzazione può mettere in campo
per la gestione del rischio, sono rappresentate :
•dalle persone, con le loro abilità, esperienze e competenze;
•dai processi, i metodi e dagli strumenti già adottati
dall’organizzazione;
•dai sistemi di gestione delle informazioni della conoscenza;
•dai programmi di formazione e addestramento.
ASSETTI ORGANIZZATIVI
MECCANISMI DI COMUNICAZIONE INTERNA:
•Per supportare ed incoraggiare la responsabilità e la presa in carico del
rischio
•per coinvolgere i portatori di interesse interni
•Per comunicare i componenti chiave della struttura di riferimento
•Per comunicare in modo appropriato gli esiti della gestione del rischio
MECCANISMI DI COMUNICAZIONE ESTERNA:
•Per coinvolgere i portatori di interesse esterni
•Per creare fiducia nei confronti dell’organizzazione
•Per comunicare con i portatori di interesse, nel caso di una crisi o di una
emergenza
Assetti organizzativi per la prevenzione della
corruzione
RESPONSABILITA’.
•Il Responsabile della Prevenzione è il titolare del rischio di corruzione ed è il
soggetto che risponde, in prima persona, nel caso in cui si verifichino dei
reati di corruzione.
•Il Responsabile della prevenzione non deve essere lasciato solo. La
prevenzione della corruzione ha bisogno di responsabilità diffuse ai vari
livelli gerarchici dell’ente
•I dirigenti delle varie unità organizzative dell’amministrazione devono
essere coinvolti nelle fasi di valutazione e prevenzione del rischio. Perché la
prevenzione della corruzione fa parte del loro lavoro.
•La diffusione/condivisione delle responsabilità può essere ulteriormente
promossa individuando dei referenti della prevenzione nei vari uffici e
promuovendo gruppi di lavoro sul tema della prevenzione della corruzione
Assetti organizzativi per la prevenzione della
corruzione
RESPONSABILITA’.
•La prestazione dei soggetti responsabili della gestione del rischio può
essere misurata coordinando gestione del rischio e gestione della
performance
•Traducendo le attività e gli obiettivi previsti nel PTPC in obiettivi da
includere nel ciclo di gestione della performance
•Individuando degli indicatori di prestazione (target) da associare agli
obiettivi di performance assegnati
•Considerando gli esiti della valutazione della performance in sede di
monitoraggio e riesame del sistema di responsabilità
Assetti organizzativi per la prevenzione della
corruzione
PIANO DI GESTIONE DEL RISCHIO.
•La prevenzione della corruzione non può essere una attività a se stante,
scollegata dai restanti processi dell’ente, perché il rischio di corruzione è
trasversale ed interessa l’intera amministrazione.
•Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, oltre alle misure di
prevenzione specifiche per le aree maggiormente esposte al rischio, deve
anche programmare, tempestivamente, l’implementazione di misure
trasversali, da adottare in tutti gli uffici dell’amministrazione
•Se il vostro ente ha adottato un sistema di gestione della qualità
certificato (ISO 9001), la gestione del rischio di corruzione potrebbe essere
integrata nel sistema (anche perché la nuova norma ISO 9001:2015 sarà
anch’essa sempre più orientata alla gestione del rischio)
MISURE DI TRATTAMENTO TRASVERSALI
• Trasparenza;
• codici di comportamento;
• formazione del personale
• definizione delle attività e incarichi non consentiti ai dipendenti;
• Individuazione dei casi di inconferibilità e incompatibilità;
• limitazione della libertà negoziale del dipendente pubblico, dopo
la cessazione del rapporto di lavoro;
• verifica di precedenti condanne per reati contro la pubblica
amministrazione;
• tutela dei whistleblowers;
• monitoraggio del rispetto dei termini di conclusione dei
procedimenti
Assetti organizzativi per la prevenzione della
corruzione
RISORSE
•Il principale limite della prevenzione della corruzione nelle pubbliche
amministrazioni è la scarsità di risorse finanziarie.
•Tuttavia, le persone (le risorse umane) possono essere una risorsa
strategica per la prevenzione della corruzione
•E’ importante che l’amministrazione valorizzi le abilità, esperienze e
competenze dei propri dipendenti, finalizzandole alla prevenzione della
corruzione
•Dietro ogni evento di corruzione c’è la scelta consapevole di persone che
agiscono per favorire interessi privati.
•Dietro ogni strategia di prevenzione della corruzione ci devono essere delle
persone che mettono le proprie competenze al servizio degli interessi
pubblici.
Assetti organizzativi per la prevenzione della
corruzione
RISORSE
•La formazione (oltre ad essere un adempimento obbligatorio ai sensi
dell’art. 1 comma 8 della L. 190/2012) è anche una risorsa per la
prevenzione della corruzione. Infatti, attraverso la formazione è possibile:
•Spiegare ai dipendenti e ai dirigenti quali sono i principali fattori di rischio di
corruzione presenti nei loro uffici, promuovendo una consapevolezza del
rischio;
•Aggiornare le competenze e la conoscenza della normative di riferimento;
•Trasferire le competenze necessarie per una adeguata attività di
prevenzione della corruzione;
•Veicolare valori di etica pubblica, finalizzati alla prevenzione di scelte e
comportamenti a rischio;
•Promuovere nel personale condotte e scelte orientate alla tutela degli
interessi pubblici e ai bisogni dei cittadini.
Assetti organizzativi per la prevenzione della
corruzione
COMUNICAZIONE
Una strategia di comunicazione adeguata alla gestione del rischio di
corruzione deve:
•Coinvolgere i portatori di interesse interni (dipendenti, sindacati, politici)
•Coinvolgere i portatori di interesse esterni (i cittadini)
La comunicazione non deve avvenire soltanto in sede di elaborazione del
PTPC o durante le Giornate della Trasparenza
E’ importante avere una strategia di comunicazione nel caso in cui
dovesse verificarsi un evento di corruzione in seno all’amministrazione.
Assetti organizzativi per la prevenzione della
corruzione
COMUNICAZIONE
Nel caso in cui dovesse verificarsi un evento di corruzione in seno
all’amministrazione, la strategia di comunicazione dovrebbe:
•Trattare l’evento di corruzione non come una fatalità inevitabile, ma come
un incidente, ed individuarne le cause.
•Sottolineare quello che l’amministrazione sta facendo, per prevenire la
corruzione
• Esplicitare l’impegno dell’amministrazione, per rafforzare il proprio sistema
di controlli, per scongiurare il verificarsi di altri eventi di corruzione.
•Recuperare la fiducia dell’opinione pubblica
PLAN
DOCHECK
ACT
LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CORRUZIONE:
Principi e Linee Guida UNI ISO 31000:2010
Andrea Ferrarini
andrea.ferrarini2012@gmail.com
https://www.linkedin.com/in/andreaferrarini
FINE
PROGETTO “Interventi a supporto delle Riforme della PA”
LINEA ATTIVITA’ 3 - ULTERIORI INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE NELLE AMMINISTRAZIONI REGIONALI E LOCALI DEL MEZZOGIORNO

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Gestione del rischio di corruzione principi e linee guida iso 31000 2010_19_01_2014

  • 1. LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CORRUZIONE: Principi e Linee Guida UNI ISO 31000:2010 Andrea Ferrarini andrea.ferrarini2012@gmail.com https://www.linkedin.com/in/andreaferrarini 19 gennaio 2015 PROGETTO “Interventi a supporto delle Riforme della PA” LINEA ATTIVITA’ 3 - ULTERIORI INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE NELLE AMMINISTRAZIONI REGIONALI E LOCALI DEL MEZZOGIORNO
  • 2. La norma UNI ISO 31000:2010 • La UNI ISO 31000:2010 è la versione italiana della norma internazionale, che definisce principi e linee guida per la gestione del rischio • La UNI ISO 31000:2010 non serve per certificare un sistema, ma per fornire dei suggerimenti, per gestire efficacemente il rischio (qualunque rischio!) e può rendere più efficaci e sistematiche le politiche di prevenzione della corruzione • La UNI ISO 31000:2010 è una norma di 28 pagine, acquistabile sul sito http://store.uni.com/ al costo di 72 Euro. E’ scritta in modo chiaro ed accessibile, anche per chi non si è mai occupato di Risk Management
  • 3.
  • 4. Tutto quello che state facendo, serve davvero? • La corruzione è un fenomeno che, in certe zone dell’Italia (per esempio la Lombardia, il Veneto e il Lazio) ha carattere sistemico e coinvolge classe politica, operatori economici, pubblici dipendenti e professionisti. • La corruzione è un fenomeno criminale, che in certi casi si «sposa» con l’infiltrazione delle mafie nell’economia. • La corruzione, in molti settori dell’agire pubblico, è favorita dalle stesse norme, (incoerenti e di difficile interpretazione) e dall’eccesso dei controlli • La corruzione non è un fenomeno nuovo: era già nota ai Babilonesi, nel 1700 a.C. e ha accompagnato lo sviluppo della «civiltà» umana. • La corruzione è anche un fenomeno di tipo economico: è una modalità di «gestione» dei rapporti fra gruppi di pressione privati (lobbies) e potere pubblico … Se questo è vero … a cosa serve fare i Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione?
  • 5. A cosa serve fare i Piani Antincendio? • Gli incendi sono fenomeni di combustione incontrollata. • La tecnologia e la cultura umana si sono sviluppate sfruttando i processi di combustione. • La maggior parte delle attività umane (anche andare in automobile) sfrutta la combustione controllata. • Molti incendi sono causati da fenomeni naturali (fulmini, siccità), che non possono essere modificati. • Spesso gli incendi dipendono da attività criminali (piromani), dalla distrazione (fumatori) oppure da interessi economici (speculazione edilizia) • Di incendi si parla già nel codice di Hammurabi (1780 a.C.): «Se in una casa scoppia un incendio, e chi viene a spegnerlo getta l’occhio sui beni del proprietario e se ne appropria, sia gettato nello stesso fuoco»
  • 6. A cosa servono i Piani Antincendio (e anche i Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione…) • La prevenzione degli incendi serve a ridurre i danni che gli incendi possono causare ad una organizzazione o a una comunità. Non serve per debellare il fenomeno, ma per contenerlo. • La prevenzione della corruzione serve per ridurre i danni che la corruzione può causare ad una pubblica amministrazione (danno all’immagine e danno erariale) e ad una comunità (aumento dei costi per le opere pubbliche, peggioramento dei servizi al cittadino, perdita di fiducia nelle istituzioni). Non serve per debellare il fenomeno, ma per contenerlo • I Piani Antincendio e i Piani di Prevenzione della Corruzione sono strumenti di gestione del rischio
  • 7. UNI ISO 31000:2010, punto 3: Principi «a», «h» e «i» • La gestione del rischio crea e protegge il valore: salute e sicurezza delle persone, security*, rispetto dei requisiti cogenti, consenso presso l'opinione pubblica, protezione dell'ambiente, qualità del prodotto gestione dei progetti, efficienza nelle operazioni, governance e reputazione. • La gestione del rischio tiene conto dei fattori umani e culturali: capacità, percezioni e aspettative delle persone esterne ed interne che possono facilitare o impedire il raggiungimento degli obiettivi. • La gestione del rischio è trasparente e inclusiva: coinvolgimento appropriato e tempestivo dei portatori d'interesse e, in particolare, dei responsabili delle decisioni, a tutti i livelli dell'organizzazione.
  • 8.
  • 9. I PTPC come piani di trattamento del rischio • I Piani Triennali di Prevenzione della corruzione sono dei piani di trattamento del rischio, elaborati «a valle del processo di valutazione del rischio» • Non possono essere attuati e aggiornati in modo adeguato, se non è stata definita anche una struttura gestionale di riferimento e se non si tiene conto dei principi di gestione del rischio
  • 10. UNI ISO 31000:2010, punto 3: Principio «d» d) La gestione del rischio tratta esplicitamente l'incertezza. La gestione del rischio tiene conto esplicitamente dell'incertezza, della natura di tale incertezza e di come può essere affrontata. … Ma cosa vuol dire? Cos’è l’incertezza?
  • 11. DEFINIZIONI DI RISCHIO OHSAS 18001: Rischio «Combinazione della probabilità e della conseguenza del verificarsi di uno specifico evento pericoloso» UNI ISO 31000: Rischio «Effetto dell’incertezza sugli obiettivi» •La prima definizione è molto comprensibile: il rischio è un evento che potrebbe capitarci e che potrebbe avere delle conseguenze negative. •La seconda definizione è a prima vista meno chiara: sembra suggerire che il rischio dipende dall’incertezza (non dagli eventi) e dalle conseguenze che l’incertezza ha sui nostri obiettivi
  • 12. DEFINIZIONI DI RISCHIO (UNI ISO 31000: 2010) • Il rischio è l’effetto dell’incertezza sugli obiettivi • Effetto = scostamento (positivo o negativo) da un risultato atteso • Incertezza = stato anche parziale, di assenza di informazioni relative alla comprensione di un evento, delle sue conseguenze e della sua verosimiglianza (=probabilità)
  • 13. Il rischio non dipende dal fatto che alcuni eventi possono influire sui nostri obiettivi, ma dal fatto che non conosciamo tali eventi (= incertezza)
  • 14. COSA CI INSEGNA LA UNI ISO 31000:2010 1. Che gli eventi, in sé stessi, non sono un rischio, ma che diventano un rischio quando «incontrano» gli obiettivi di una organizzazione 2. Che il modo migliore per non correre rischi, è non darsi degli obiettivi. Ma questo non è possibile: • qualunque organizzazione, per vivere, ha bisogno di avere uno scopo e definire dei risultati attesi. • «vivere di obiettivi» significa anche «vivere di incertezze»: potrebbe succedere qualcosa di non previsto, che influisce sugli obiettivi. 3. Che gestire il rischio significa, semplicemente (?) ridurre l’incertezza. 4. Che il rischio di corruzione non è un problema politico o giudiziario, ma è un problema organizzativo.
  • 15. COSA CI INSEGNA LA UNI ISO 31000:2010 • L’obiettivo istituzionale delle vostre amministrazioni è «il perseguimento dell’interesse pubblico»* • La corruzione distorce i processi della pubblica amministrazione, facendoli deviare verso il perseguimento di interessi privati • Quindi la corruzione è un evento che influenza negativamente l’obiettivo istituzionale di un ente pubblico • Gestire il rischio di corruzione significa gestire (ridurre) la nostra incertezza nei confronti della corruzione *Piano Nazionale Anticorruzione, Allegato 1, punto B.1.1.1
  • 16. Definizione di «evento di corruzione» Abuso di un potere pubblico, finalizzato a favorire interessi privati •Questa definizione è più ampia di quella proposta dalla circolare 1/2013 del Dipartimento della Funzione Pubblica e dal P.N.A., perché include sia gli interessi privati del dipendente pubblico, sia gli interessi dei soggetti privati che si interfacciano con la pubblica amministrazione. •Descrive meglio le dinamiche corruttive del dopo Tangentopoli: mentre negli anni ‘90 il motore della corruzione era rappresentato dai partiti politici (ed erano numerosi i casi di concussione), oggi sono gli interessi privati degli operatori economici il principale «MOTORE» della corruzione.
  • 17. EVENTO DI CORRUZIONE Azione consapevole Uso distorto del potere pubblico Uno o più interessi privati Evento di corruzione
  • 18. La corruzione è come un incendio … INCENDIO CORRUZIONE Reazione chimica, tra: Evento che coinvolge Un combustibile (es. legno, carta, gas…), che può bruciare Persone («fatte» di bisogni, valori, scelte, comportamenti) Un comburente (aria), «dentro cui» si può sviluppare l’incendio. Un processo di interesse pubblico «dentro il quale» può avere luogo la corruzione In presenza di …. Un innesco (es. una fiamma) Interessi privati (=non pubblici)
  • 20. I tre tipi di incertezza sugli eventi di corruzione 1. INCERTEZZA nella GESTIONE DEI PROCESSI • Non sapere come sono gestiti i processi • Non sapere se le leggi, i regolamenti e le procedure sono applicate in modo omogeneo in tutta l’organizzazione • Non sapere se il sistema «reale» dei poteri coincide con il sistema «formale» definito dall’amministrazione (organigramma) • Non accorgersi di eventuali monopoli interni all’amministrazione 2. INCERTEZZA ETICA • Scarsa motivazione del personale • Scarsa capacità di definire gli obiettivi dell’ente • Scarsa capacità di definire e veicolare valori di etica pubblica 3. INCERTEZZA nelle RELAZIONI • Mancata individuazione degli interessi privati che possono interferire con i processi pubblici • Scarsa «qualificazione» dei fornitori e dei consulenti
  • 21. UNI ISO 31000:2010, punto 3: Principi «b» e «g» b) La gestione del rischio è parte integrante di tutti i processi dell'organizzazione. La gestione del rischio non è un'attività indipendente, separata dalle attività e dai processi principali dell'organizzazione. La gestione del rischio fa parte delle responsabilità della direzione ed è parte integrante di tutti i processi dell'organizzazione, inclusi la pianificazione strategica e tutti i processi di gestione dei progetti e del cambiamento. g) La gestione del rischio è "su misura". La gestione del rischio è in linea con il contesto esterno ed interno e con il profilo di rischio dell'organizzazione.
  • 22. La struttura di riferimento per la gestione del rischio Non è concepita come uno specifico sistema di gestione, ma come un modo per integrare la gestione del rischio nel sistema di gestione adottato dall’organizzazione attraverso: •Un insieme di fondamenti (= cosa fare per prevenire la corruzione) •Un insieme di assetti organizzativi (= chi previene la corruzione e come) •Un processo (Ciclo di Deming) che consente di attuare, monitorare, revisionare e migliorare nel tempo i fondamenti, gli assetti e lo stesso processo di gestione del rischio
  • 24. FONDAMENTI MANDATO E IMPEGNO: la direzione deve impegnarsi a: •Definire obiettivi di gestione del rischio coerenti con gli obiettivi dell’organizzazione •Definire Indicatori di prestazione (per controllare e «misurare» il raggiungimento degli obiettivi di gestione del rischio) in linea con gli indicatori di prestazione dell’organizzazione •Assicurare il rispetto dei requisiti cogenti •Assegnare responsabilità e risorse adeguate •Comunicare ai portatori di interesse i benefici della gestione del rischio •Assicurare che la struttura di riferimento continui ad essere appropriata
  • 25. FONDAMENTI POLITICA: La Politica per la gestione del rischio è un documento di indirizzo (sottoscritto dalla direzione dell’organizzazione), che esplicita gli obiettivi e l’impegno dell’organizzazione a gestire il rischio. La politica deve chiarire: •Perché si è deciso di gestire il rischio •La relazione che intercorre tra la gestione del rischio e gli obiettivi dell’organizzazione •Come valutate le prestazioni di gestione del rischio •Come sono gestiti i conflitti di interesse •Le responsabilità per la gestione del rischio •La necessità di assegnare alla gestione del rischio le risorse necessarie •L’impegno a riesaminare e migliorare nel tempo le gestione del rischio
  • 26. I Fondamenti della gestione del rischio di corruzione • La Legge 190/2012 non prevede il coinvolgimento degli organi di indirizzo politico e non prevede la definizione di un documento (distinto dal Piano Triennale di Prevenzione) che contenga la politica per la gestione del rischio di corruzione • Gli elementi fondamentali della struttura di riferimento devono comunque essere definiti. Possono essere descritti in una apposita sezione del PTPC.
  • 27. I Fondamenti della gestione del rischio di corruzione • Perché prevenire la corruzione. La prevenzione della corruzione garantisce una migliore qualità dei servizi pubblici e aiuta la pubblica amministrazione a gestire più consapevolmente i propri processi • Obiettivi di prevenzione: sono quelli definiti dal P.N.A.: • ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione; • aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione; • creare un contesto sfavorevole alla corruzione. • Indicatori di prestazione. Gli indicatori possono essere definiti attraverso il sistema di gestione della Performance • Requisiti cogenti. L’amministrazione deve garantire il rispetto della normativa di prevenzione della corruzione (L. 190/2012, D.lgs 33/2013, D.lgs. 39/2013) e il rispetto delle norme che regolano le attività del settore pubblico • Responsabilità e risorse. Nomina del RPC. Coinvolgimento dei dirigenti. Individuazione dei referenti • Riesame e miglioramento. Il PTPC e la struttura di riferimento sono riesaminati e aggiornati almeno annualmente.
  • 28. ASSETTI ORGANIZZATIVI RESPONSABILITA’: l’organizzazione deve identificare: • i titolari del rischio (che hanno la responsabilità e l’autorità per gestire il rischio); •I soggetti che devono rendere conto dello sviluppo, attuazione e del mantenimento della struttura di riferimento; •I soggetti responsabili del processo di gestione del rischio ai vari livelli dell’organizzazione; •I processi di misurazione delle prestazioni •Le modalità per garantire ai responsabili un adeguato livello di riconoscimento all’interno e all’esterno dell’organizzazione
  • 29. ASSETTI ORGANIZZATIVI PIANO DI GESTIONE DEL RISCHIO •La gestione del rischio deve essere attuata a tutti i livelli e in tutti i processi dell’organizzazione e non essere separata da essi; •Per garantire l’attuazione della gestione del rischio a tutti i livelli e in tutti i processi dell’organizzazione, è possibile elaborare un Piano di gestione del Rischio; •Il Piano di gestione del rischio può essere integrato in altri documenti di programmazione.
  • 30. ASSETTI ORGANIZZATIVI RISORSE. Le risorse, che l’organizzazione può mettere in campo per la gestione del rischio, sono rappresentate : •dalle persone, con le loro abilità, esperienze e competenze; •dai processi, i metodi e dagli strumenti già adottati dall’organizzazione; •dai sistemi di gestione delle informazioni della conoscenza; •dai programmi di formazione e addestramento.
  • 31. ASSETTI ORGANIZZATIVI MECCANISMI DI COMUNICAZIONE INTERNA: •Per supportare ed incoraggiare la responsabilità e la presa in carico del rischio •per coinvolgere i portatori di interesse interni •Per comunicare i componenti chiave della struttura di riferimento •Per comunicare in modo appropriato gli esiti della gestione del rischio MECCANISMI DI COMUNICAZIONE ESTERNA: •Per coinvolgere i portatori di interesse esterni •Per creare fiducia nei confronti dell’organizzazione •Per comunicare con i portatori di interesse, nel caso di una crisi o di una emergenza
  • 32. Assetti organizzativi per la prevenzione della corruzione RESPONSABILITA’. •Il Responsabile della Prevenzione è il titolare del rischio di corruzione ed è il soggetto che risponde, in prima persona, nel caso in cui si verifichino dei reati di corruzione. •Il Responsabile della prevenzione non deve essere lasciato solo. La prevenzione della corruzione ha bisogno di responsabilità diffuse ai vari livelli gerarchici dell’ente •I dirigenti delle varie unità organizzative dell’amministrazione devono essere coinvolti nelle fasi di valutazione e prevenzione del rischio. Perché la prevenzione della corruzione fa parte del loro lavoro. •La diffusione/condivisione delle responsabilità può essere ulteriormente promossa individuando dei referenti della prevenzione nei vari uffici e promuovendo gruppi di lavoro sul tema della prevenzione della corruzione
  • 33. Assetti organizzativi per la prevenzione della corruzione RESPONSABILITA’. •La prestazione dei soggetti responsabili della gestione del rischio può essere misurata coordinando gestione del rischio e gestione della performance •Traducendo le attività e gli obiettivi previsti nel PTPC in obiettivi da includere nel ciclo di gestione della performance •Individuando degli indicatori di prestazione (target) da associare agli obiettivi di performance assegnati •Considerando gli esiti della valutazione della performance in sede di monitoraggio e riesame del sistema di responsabilità
  • 34. Assetti organizzativi per la prevenzione della corruzione PIANO DI GESTIONE DEL RISCHIO. •La prevenzione della corruzione non può essere una attività a se stante, scollegata dai restanti processi dell’ente, perché il rischio di corruzione è trasversale ed interessa l’intera amministrazione. •Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, oltre alle misure di prevenzione specifiche per le aree maggiormente esposte al rischio, deve anche programmare, tempestivamente, l’implementazione di misure trasversali, da adottare in tutti gli uffici dell’amministrazione •Se il vostro ente ha adottato un sistema di gestione della qualità certificato (ISO 9001), la gestione del rischio di corruzione potrebbe essere integrata nel sistema (anche perché la nuova norma ISO 9001:2015 sarà anch’essa sempre più orientata alla gestione del rischio)
  • 35. MISURE DI TRATTAMENTO TRASVERSALI • Trasparenza; • codici di comportamento; • formazione del personale • definizione delle attività e incarichi non consentiti ai dipendenti; • Individuazione dei casi di inconferibilità e incompatibilità; • limitazione della libertà negoziale del dipendente pubblico, dopo la cessazione del rapporto di lavoro; • verifica di precedenti condanne per reati contro la pubblica amministrazione; • tutela dei whistleblowers; • monitoraggio del rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti
  • 36. Assetti organizzativi per la prevenzione della corruzione RISORSE •Il principale limite della prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni è la scarsità di risorse finanziarie. •Tuttavia, le persone (le risorse umane) possono essere una risorsa strategica per la prevenzione della corruzione •E’ importante che l’amministrazione valorizzi le abilità, esperienze e competenze dei propri dipendenti, finalizzandole alla prevenzione della corruzione •Dietro ogni evento di corruzione c’è la scelta consapevole di persone che agiscono per favorire interessi privati. •Dietro ogni strategia di prevenzione della corruzione ci devono essere delle persone che mettono le proprie competenze al servizio degli interessi pubblici.
  • 37. Assetti organizzativi per la prevenzione della corruzione RISORSE •La formazione (oltre ad essere un adempimento obbligatorio ai sensi dell’art. 1 comma 8 della L. 190/2012) è anche una risorsa per la prevenzione della corruzione. Infatti, attraverso la formazione è possibile: •Spiegare ai dipendenti e ai dirigenti quali sono i principali fattori di rischio di corruzione presenti nei loro uffici, promuovendo una consapevolezza del rischio; •Aggiornare le competenze e la conoscenza della normative di riferimento; •Trasferire le competenze necessarie per una adeguata attività di prevenzione della corruzione; •Veicolare valori di etica pubblica, finalizzati alla prevenzione di scelte e comportamenti a rischio; •Promuovere nel personale condotte e scelte orientate alla tutela degli interessi pubblici e ai bisogni dei cittadini.
  • 38. Assetti organizzativi per la prevenzione della corruzione COMUNICAZIONE Una strategia di comunicazione adeguata alla gestione del rischio di corruzione deve: •Coinvolgere i portatori di interesse interni (dipendenti, sindacati, politici) •Coinvolgere i portatori di interesse esterni (i cittadini) La comunicazione non deve avvenire soltanto in sede di elaborazione del PTPC o durante le Giornate della Trasparenza E’ importante avere una strategia di comunicazione nel caso in cui dovesse verificarsi un evento di corruzione in seno all’amministrazione.
  • 39. Assetti organizzativi per la prevenzione della corruzione COMUNICAZIONE Nel caso in cui dovesse verificarsi un evento di corruzione in seno all’amministrazione, la strategia di comunicazione dovrebbe: •Trattare l’evento di corruzione non come una fatalità inevitabile, ma come un incidente, ed individuarne le cause. •Sottolineare quello che l’amministrazione sta facendo, per prevenire la corruzione • Esplicitare l’impegno dell’amministrazione, per rafforzare il proprio sistema di controlli, per scongiurare il verificarsi di altri eventi di corruzione. •Recuperare la fiducia dell’opinione pubblica
  • 41. LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CORRUZIONE: Principi e Linee Guida UNI ISO 31000:2010 Andrea Ferrarini andrea.ferrarini2012@gmail.com https://www.linkedin.com/in/andreaferrarini FINE PROGETTO “Interventi a supporto delle Riforme della PA” LINEA ATTIVITA’ 3 - ULTERIORI INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE NELLE AMMINISTRAZIONI REGIONALI E LOCALI DEL MEZZOGIORNO