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LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
La nascita della tragedia
La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872)
STRUTTURA DELL'OPERA
● Tentativo di autocritica (7 paragrafi) (1886)
● Prefazione a Richard Wagner
● La Nascita della Tragedia, ovvero Grecità e pessimismo (25 capitoli)
Concepito come un testo di breve respiro ispirato dalla filosofia di
Schopenhauer, viene redatto e allargato su suggerimento di
Wagner, all'epoca amico di Nietzsche.
Si tratta di un'opera composita, nella quale coesistono filologia,
filosofia, estetica e teoria della cultura.
Il testo, per la novità delle interpretazioni proposte, ricevette
inizialmente forti critiche nell'ambiente dei filologi puri.
Un opera giovanile
“... scritto male, pesante, tormentoso, pieno di
immagini smaniose e confuse, sentimentale, qua e
là sdolcinato sino al femmineo, disuguale nel
ritmo, senza volontà di pulizia logica, molto
convinto e perciò dispensato dal dimostrare...”
“Ma c'è nel libro qualcosa di peggio, di cui mi
rammarico oggi ancor più che di aver oscurato e
guastato con formule schopenhaueriane intuizioni
dionisiache: il fatto cioè di essermi guastato in
genere, col mescolarvi le cose più moderne, il
grandioso problema greco che mi si era rivelato! Di
aver riposto speranze là dove non c'era nulla da
sperare, dove tutto indicava troppo chiaramente una
fine!
Di aver cominciato, in base all’ultima musica
tedesca, a favoleggiare della «natura tedesca», come
se essa fosse proprio sul punto di scoprire e di
ritrovare se stessa...”
Nietzsche, nato nel 1844 a Röcken,
una cittadina della Sassonia, compie gli
studi di filologia classica a Lipsia, tra il
1865 e il 1868. In questo periodo legge
Schopenhauer (dal 1865) e conosce
Wagner (nel 1868).
Nel 1869 ottiene la cattedra di lingua e
letteratura greca presso l’Università di
Basilea. Cesserà dall’insegnamento nel
1879 per il peggiorare delle condizioni
di salute.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
“L'insostenibilità del tragico”
“Il Greco conobbe e sentì i terrori e le atrocità dell'esistenza: per poter
comunque vivere, egli dové porre davanti a tutto ciò la splendida nascita
sognata degli dei olimpici... Fu per poter vivere che i Greci dovettero, per
profondissima necessità, creare questi dei... Altrimenti quel popolo che
aveva una sensibilità così eccitabile, che bramava così impetuosamente, che
aveva un talento così unico per il soffrire, come avrebbe potuto sopportare
l'esistenza, se questa non gli fosse stata mostrata nei suoi dei circonfusa da una
gloria superiore... Così gli dei giustificano la vita umana vivendola essi
stessi – la sola teodicea soddisfacente!”
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
La nascita della tragedia
TRAGEDIA
Dionisiaco Apollineo
Sofferenza
Divenire
Caos
Musica
Poesia lirica
Illusione
Armonia
Forma
Scultura
Poesia epica
Perfetta armonizzazione di apollineo e dionisiaco
La sofferenza (dionisiaca) dell'eroe rappresentata tramite
immagini (apollinee) di compiuta bellezza
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Dioniso e Apollo
“L'uomo dionisiaco assomiglia ad Amleto: entrambi hanno gettato una
volta lo sguardo vero nell'essenza delle cose, hanno conosciuto, e
provano nausea di fronte all'agire; giacché la loro azione non può
mutare nulla nell'essenza eterna delle cose. […]
La conoscenza uccide l'azione, per agire occorre essere avvolti
nell'illusione”.
“Così potrebbe valere per Apollo, in un senso eccentrico, ciò che
Schopenhauer dice dell'uomo irretito nel velo di Maia: «Come sul
mare in furia che, sconfinato da ogni parte, solleva e sprofonda
ululando montagne d'onde, un navigante siede su un battello,
confidando nella debole imbarcazione; così l'individuo sta
placidamente in mezzo a un mondo di affanni, appoggiandosi e
confidando nel principium individuationis» [...] Si potrebbe definire lo
stesso Apollo come la magnifica immagine divina del principium
individuationis”.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Apollineo e Dionisiaco
“Si potrebbe in realtà simboleggiare il difficile rapporto fra l'apollineo e il dionisiaco
nella tragedia con un legame di fratellanza fra le due divinità: Dioniso parla la lingua
di Apollo, ma alla fine Apollo parla la lingua di Dioniso”.
“Lo sviluppo dell'arte è legato alla duplicità dell'apollineo e del dionisiaco […] Alle
loro due divinità artistiche, Apollo e Dioniso, si riallaccia la nostra conoscenza del fatto
che nel mondo greco sussiste un enorme contrasto, per origine e per fini, fra l'arte
dello scultore, l'apollinea, e l'arte non figurativa della musica, quella di Dioniso: i
due impulsi così diversi procedono l'uno accanto all'altro, per lo più in aperto dissidio
fra loro e con un'eccitazione reciproca a frutti sempre nuovi e più robusti, per perpetuare
in essi la lotta di quell'antitesi, che il comune termine «arte» solo apparentemente
supera; finché da ultimo, per un miracoloso atto metafisico della «volontà» ellenica,
appaiono accoppiati l'uno all'altro e in questo accoppiamento producono
finalmente l'opera d'arte altrettanto dionisiaca che apollinea della tragedia attica”.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
L'evoluzione della tragedia
Coro dei satiri (ditirambo)
Il corifeo si stacca dal coro
comincia a dialogare con esso
Riti dionisiaci
Un personaggio comincia a
dialogare con coro e corifeo
Non canta, parla
TRAGEDIA dal canto epico-lirico al TEATRO
Codifica del genereEschilo, Sofocle
MORTE DELLA TRAGEDIAEuripide
Apollineo
perfetto equilibrio di
APOLLINEO e DIONISIACO
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Dal coro dei Satiri alla tragedia
“Il Satiro come coreuta dionisiaco vive in una realtà religiosamente
riconosciuta, sotto la sanzione del mito e del culto. Che la tragedia
cominci con lui, che attraverso di lui parli la saggezza dionisiaca della
tragedia è un fenomeno per noi tanto sorprendente, quanto lo è in
genere la nascita della tragedia dal coro. […] L'uomo civile greco si
sentiva annullato al cospetto del coro dei Satiri: e l'effetto
immediato della tragedia dionisiaca consiste in questo, che lo Stato e
la società, e in genere gli abissi fra uomo e uomo cedono a un
soverchiante sentimento di unità che riconduce al cuore della
natura”.
“Il coro ditirambico è un
coro di trasformati, in cui il
passato civile e la posizione
sociale sono completamente
dimenticati: essi sono
diventati i servitori senza
tempo del loro dio, viventi al
di fuori di ogni sfera
sociale”.
“La tragedia è sorta dal coro tragico, e originariamente essa era
soltanto coro e nient'altro che coro. […]
In origine la tragedia è solo «coro» e non «dramma». Più tardi viene
poi fatto il tentativo di mostrare il dio come reale e di presentare come
visibile a chiunque la figura visionaria insieme alla cornice della
trasfigurazione: con ciò comincia il dramma in senso stretto. […]
Corrispondentemente riconosciamo nella tragedia un profondo contrasto
di stile: nella lirica dionisiaca del coro e d'altra parte nel mondo di sogno
apollineo della scena, lingua, colore, mobilità, dinamica del discorso si
distaccano come sfere di espressione separate”.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
L'evoluzione della tragedia
“Vediamo in azione da un altro lato la forza di questo spirito
antidionisiaco ostile al mito, quando volgiamo i nostri sguardi
all'affermarsi nella tragedia, da Sofocle in poi, della
rappresentazione di caratteri e della raffinatezza psicologica. Il
carattere non deve più allargarsi come tipo eterno, ma deve al
contrario, mediante tratti secondari e ombreggiature artificiali,
mediante una raffinatissima determinatezza di tutte le linee, agire
in modo talmente individuale, che lo spettatore senta in genere
non più il mito, bensì la potente verità naturale e la forza
d'imitazione dell'artista”.
“È tradizione incontestabile che la tragedia greca, nella sua forma più antica, aveva per
oggetto solo i dolori di Dioniso, e che per molto tempo l'unico eroe presente in scena fu
appunto Dioniso. Con la stessa sicurezza peraltro si può affermare che fino a Euripide
Dioniso non cessò mai di essere l'eroe tragico, e che tutte le figure famose della scena
greca, Prometeo, Edipo, eccetera, sono soltanto maschere di quell'eroe originario”..
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Euripide: la morte della tragedia
“La tragedia greca perì in modo diverso da tutti gli antichi generi
d'arte affini: morì suicida, in seguito a un insolubile conflitto,
dunque tragicamente […] Questa lotta con la morte la combatté
Euripide […] lo spettatore fu portato da Euripide sulla scena.
Chi ha riconosciuto il materiale con cui i poeti tragici anteriori a
Euripide plasmavano i loro eroi, e ha visto quanto era lungi da
loro l'intenzione di portare in scena la maschera fedele della
realtà, sarà anche in chiaro circa la tendenza totalmente differente
di Euripide.Per opera sua l'uomo della vita quotidiana si spinse,
dalla parte riservata agli spettatori, sulla scena”.
“Eliminare dalla tragedia quell'elemento dionisiaco originario e onnipotente, ed
edificarla in modo puro e a nuovo su un'arte, un costume e una concezione del mondo
non dionisiaci – è questa la tendenza di Euripide”.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Euripide: la morte della tragedia
“Euripide pose il prologo ancor prima dell'esposizione, mettendolo in bocca a un
personaggio in cui si potesse aver fiducia: spesso una divinità doveva in certo modo
garantire al pubblico lo svolgimento della tragedia e togliere ogni dubbio sulla realtà
del mito. [...]
Della stessa veridicità divina Euripide ha bisogno di nuovo a chiusura del suo dramma,
per assicurare il pubblico circa l'avvenire dei suoi eroi: è questo il compito del
famigerato deus ex machina”.
“Ma nel modo più chiaro il nuovo spirito antidionisiaco si
rivela nella conclusione dei nuovi drammi. Si cercò
quindi una soluzione terrena della dissonanza tragica;
l'eroe, dopo esser stato sufficientemente martirizzato dalla
sorte, raccoglieva con un ragguardevole matrimonio o con
onoranze divine una ben meritata ricompensa […] al posto
della consolazione metafisica è subentrato il deus ex
machina”.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Euripide e Socrate
“Dioniso era già stato cacciato dalla scena tragica, cacciato da una
potenza demonica che parlava per bocca di Euripide.
Anche Euripide era in certo senso solo maschera: la divinità che parlava
per sua bocca non era Dioniso e neanche Apollo, bensì un demone di
recente nascita, chiamato Socrate. È questo il nuovo contrasto: il
dionisiaco e il socratico, e l'opera d'arte della tragedia greca perì a causa di
esso”
“Euripide non riuscì in genere a fondare il dramma soltanto
sull'apollineo, che anzi la sua tendenza antidionisiaca si sviò in una
tendenza naturalistica e non artistica [...]
Per conseguenza Euripide può essere da noi considerato come il
poeta del socratismo estetico, la cui legge suprema suona a un
dipresso: «Tutto deve essere razionale per essere bello». […]
Se a causa di essa la tragedia antica perì, il principio micidiale fu
dunque il socratismo estetico, in quanto peraltro la lotta era rivolta
contro il dionisiaco dell'arte antica, riconosciamo in Socrate
l'avversario di Dioniso”.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
La ragione come rimedio al tragico
“Ma l'illusione poetica e artistica non si rivelò sufficiente. Era
necessaria una difesa più forte che i Greci seppero individuare
nella ragione. […]
Con la «luce diurna della ragione» i Greci non si rassegnano né si
consegnano passivamente al ciclo della natura, e neppure compiono
l'atto temerario che pretende di valicare il limite della natura... in questo
modo, nel ciclo naturale di vita e di morte, i Greci elaborano risposte
attive all'ineluttabilità della morte, traducendo la precarietà
dell'esistenza in impresa conoscitiva. Non rassegnarsi, non affidarsi
a cieche speranze, ma conoscere. […]
Dal dolore nascono quelle due forme, non di rassegnazione, ma di
resistenza al dolore che sono il sapere (mathesis), che consente di
evitare il male evitabile, e la virtù (areté), che consente, entro certi
limiti, di governare il dolore”.
U. Galimberti, Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Il tramonto del tragico
“... profonda idea illusoria, che venne al mondo per la prima volta nella persona di
Socrate, ossia quell'incrollabile fede che il pensiero giunga, seguendo il filo
conduttore della causalità, fin nei più profondi abissi dell'essere, e che il pensiero
sia in grado non solo di conoscere, ma addirittura di correggere l'essere”
Socrate alla luce di questo pensiero: egli ci appare
come il primo che, seguendo quell'istinto della
scienza, seppe non solo vivere, ma anche – ciò che è
di gran lunga di più – morire; e perciò l'immagine di
Socrate morente, come dell'uomo sottratto dal
sapere e dai ragionamenti alla paura della morte,
è l'insegna che, sopra la porta d'entrata della scienza,
sta a ricordare a ognuno la destinazione di essa, che è
quella di far apparire l'esistenza comprensibile e
perciò giustificata”.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Il tramonto del tragico e l'inizio della storia
“Il tramonto della tragedia greca ci dovette apparire causato da un singolare disgiungersi
dei due istinti artistici originari: questo evento si accordava con una degenerazione e
trasformazione del carattere del popolo greco, che ci spinsero a riflettere con serietà
su quanto necessariamente e strettamente l'arte e il popolo, il mito e il costume, la
tragedia e lo Stato siano uniti nei loro fondamenti. Quel tramonto della tragedia fu
insieme il tramonto del mito. Fino ad allora i Greci erano stati involontariamente
costretti a ricongiungere subito ai loro miti tutto quel che vivevano, anzi a comprenderlo
solo attraverso questa congiunzione: in tal modo anche il presente immediato doveva
apparire loro subito sub specie aeterni e in certo senso come senza tempo. […]
Il contrario di ciò avviene quando un popolo comincia a concepirsi a storicamente e
ad abbattere intorno a sé i baluardi mitici: a ciò si accompagna di solito una decisa
mondanizzazione, una rottura con l'inconscia metafisica della sua esistenza precedente,
in tutte le conseguenze etiche. L'arte greca e principalmente la tragedia greca
ostacolarono soprattutto la distruzione del mito: bisognò distruggere anch'esse per
potere con distacco dal suo suo suolo patrio, vivere sfrenatamente nel selvaggio
deserto del pensiero, del costume e dell'azione”.
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre
Il tramonto del tragico come rinuncia alla vita
“Il porre al posto di una consolazione metafisica una consonanza terrena, anzi un proprio
deus ex machina, ossia il dio delle macchine e dei crogiuoli, vale a dire le forse degli
spiriti della natura riconosciute e impiegate al servizio dell'egoismo superiore; il credere
a una correzione del mondo per mezzo del sapere, a una vita guidata dalla scienza,
ed essere anche realmente in grado di esiliare l'uomo singolo in una strettissima
cerchia di compiti risolvibili, entro la quale egli possa dire serenamente alla vita: «ti
voglio: sei degna di essere conosciuta»”.
“L'uomo teoretico si spaventa delle conseguenze da lui prodotte e, insoddisfatto,
non osa più affidarsi al terribile fiume ghiacciato dell'esistenza: angosciosamente
egli corre su e giù lungo la riva. Non vuol più aver niente interamente, interamente
anche con tutta la naturale crudeltà delle cose. La concezione ottimistica l'ha
rammollito fino a questo punto”.
“Il compito supremo dell'arte, da chiamarsi veramente serio – liberare cioè l'occhio dalla
vista dell'orrore della notte e salvare il soggetto con il balsamo risanatore dell'illusione
dagli spasimi degli impulsi della volontà – degenererà in una vuota e dispersiva
tendenza al divertimento?”
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
prof. F. Baldassarre

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Nascita tragedia

  • 1. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre La nascita della tragedia La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872) STRUTTURA DELL'OPERA ● Tentativo di autocritica (7 paragrafi) (1886) ● Prefazione a Richard Wagner ● La Nascita della Tragedia, ovvero Grecità e pessimismo (25 capitoli) Concepito come un testo di breve respiro ispirato dalla filosofia di Schopenhauer, viene redatto e allargato su suggerimento di Wagner, all'epoca amico di Nietzsche. Si tratta di un'opera composita, nella quale coesistono filologia, filosofia, estetica e teoria della cultura. Il testo, per la novità delle interpretazioni proposte, ricevette inizialmente forti critiche nell'ambiente dei filologi puri.
  • 2. Un opera giovanile “... scritto male, pesante, tormentoso, pieno di immagini smaniose e confuse, sentimentale, qua e là sdolcinato sino al femmineo, disuguale nel ritmo, senza volontà di pulizia logica, molto convinto e perciò dispensato dal dimostrare...” “Ma c'è nel libro qualcosa di peggio, di cui mi rammarico oggi ancor più che di aver oscurato e guastato con formule schopenhaueriane intuizioni dionisiache: il fatto cioè di essermi guastato in genere, col mescolarvi le cose più moderne, il grandioso problema greco che mi si era rivelato! Di aver riposto speranze là dove non c'era nulla da sperare, dove tutto indicava troppo chiaramente una fine! Di aver cominciato, in base all’ultima musica tedesca, a favoleggiare della «natura tedesca», come se essa fosse proprio sul punto di scoprire e di ritrovare se stessa...” Nietzsche, nato nel 1844 a Röcken, una cittadina della Sassonia, compie gli studi di filologia classica a Lipsia, tra il 1865 e il 1868. In questo periodo legge Schopenhauer (dal 1865) e conosce Wagner (nel 1868). Nel 1869 ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca presso l’Università di Basilea. Cesserà dall’insegnamento nel 1879 per il peggiorare delle condizioni di salute. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 3. “L'insostenibilità del tragico” “Il Greco conobbe e sentì i terrori e le atrocità dell'esistenza: per poter comunque vivere, egli dové porre davanti a tutto ciò la splendida nascita sognata degli dei olimpici... Fu per poter vivere che i Greci dovettero, per profondissima necessità, creare questi dei... Altrimenti quel popolo che aveva una sensibilità così eccitabile, che bramava così impetuosamente, che aveva un talento così unico per il soffrire, come avrebbe potuto sopportare l'esistenza, se questa non gli fosse stata mostrata nei suoi dei circonfusa da una gloria superiore... Così gli dei giustificano la vita umana vivendola essi stessi – la sola teodicea soddisfacente!” LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 4. La nascita della tragedia TRAGEDIA Dionisiaco Apollineo Sofferenza Divenire Caos Musica Poesia lirica Illusione Armonia Forma Scultura Poesia epica Perfetta armonizzazione di apollineo e dionisiaco La sofferenza (dionisiaca) dell'eroe rappresentata tramite immagini (apollinee) di compiuta bellezza LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 5. Dioniso e Apollo “L'uomo dionisiaco assomiglia ad Amleto: entrambi hanno gettato una volta lo sguardo vero nell'essenza delle cose, hanno conosciuto, e provano nausea di fronte all'agire; giacché la loro azione non può mutare nulla nell'essenza eterna delle cose. […] La conoscenza uccide l'azione, per agire occorre essere avvolti nell'illusione”. “Così potrebbe valere per Apollo, in un senso eccentrico, ciò che Schopenhauer dice dell'uomo irretito nel velo di Maia: «Come sul mare in furia che, sconfinato da ogni parte, solleva e sprofonda ululando montagne d'onde, un navigante siede su un battello, confidando nella debole imbarcazione; così l'individuo sta placidamente in mezzo a un mondo di affanni, appoggiandosi e confidando nel principium individuationis» [...] Si potrebbe definire lo stesso Apollo come la magnifica immagine divina del principium individuationis”. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 6. Apollineo e Dionisiaco “Si potrebbe in realtà simboleggiare il difficile rapporto fra l'apollineo e il dionisiaco nella tragedia con un legame di fratellanza fra le due divinità: Dioniso parla la lingua di Apollo, ma alla fine Apollo parla la lingua di Dioniso”. “Lo sviluppo dell'arte è legato alla duplicità dell'apollineo e del dionisiaco […] Alle loro due divinità artistiche, Apollo e Dioniso, si riallaccia la nostra conoscenza del fatto che nel mondo greco sussiste un enorme contrasto, per origine e per fini, fra l'arte dello scultore, l'apollinea, e l'arte non figurativa della musica, quella di Dioniso: i due impulsi così diversi procedono l'uno accanto all'altro, per lo più in aperto dissidio fra loro e con un'eccitazione reciproca a frutti sempre nuovi e più robusti, per perpetuare in essi la lotta di quell'antitesi, che il comune termine «arte» solo apparentemente supera; finché da ultimo, per un miracoloso atto metafisico della «volontà» ellenica, appaiono accoppiati l'uno all'altro e in questo accoppiamento producono finalmente l'opera d'arte altrettanto dionisiaca che apollinea della tragedia attica”. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 7. L'evoluzione della tragedia Coro dei satiri (ditirambo) Il corifeo si stacca dal coro comincia a dialogare con esso Riti dionisiaci Un personaggio comincia a dialogare con coro e corifeo Non canta, parla TRAGEDIA dal canto epico-lirico al TEATRO Codifica del genereEschilo, Sofocle MORTE DELLA TRAGEDIAEuripide Apollineo perfetto equilibrio di APOLLINEO e DIONISIACO LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 8. Dal coro dei Satiri alla tragedia “Il Satiro come coreuta dionisiaco vive in una realtà religiosamente riconosciuta, sotto la sanzione del mito e del culto. Che la tragedia cominci con lui, che attraverso di lui parli la saggezza dionisiaca della tragedia è un fenomeno per noi tanto sorprendente, quanto lo è in genere la nascita della tragedia dal coro. […] L'uomo civile greco si sentiva annullato al cospetto del coro dei Satiri: e l'effetto immediato della tragedia dionisiaca consiste in questo, che lo Stato e la società, e in genere gli abissi fra uomo e uomo cedono a un soverchiante sentimento di unità che riconduce al cuore della natura”. “Il coro ditirambico è un coro di trasformati, in cui il passato civile e la posizione sociale sono completamente dimenticati: essi sono diventati i servitori senza tempo del loro dio, viventi al di fuori di ogni sfera sociale”. “La tragedia è sorta dal coro tragico, e originariamente essa era soltanto coro e nient'altro che coro. […] In origine la tragedia è solo «coro» e non «dramma». Più tardi viene poi fatto il tentativo di mostrare il dio come reale e di presentare come visibile a chiunque la figura visionaria insieme alla cornice della trasfigurazione: con ciò comincia il dramma in senso stretto. […] Corrispondentemente riconosciamo nella tragedia un profondo contrasto di stile: nella lirica dionisiaca del coro e d'altra parte nel mondo di sogno apollineo della scena, lingua, colore, mobilità, dinamica del discorso si distaccano come sfere di espressione separate”. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 9. L'evoluzione della tragedia “Vediamo in azione da un altro lato la forza di questo spirito antidionisiaco ostile al mito, quando volgiamo i nostri sguardi all'affermarsi nella tragedia, da Sofocle in poi, della rappresentazione di caratteri e della raffinatezza psicologica. Il carattere non deve più allargarsi come tipo eterno, ma deve al contrario, mediante tratti secondari e ombreggiature artificiali, mediante una raffinatissima determinatezza di tutte le linee, agire in modo talmente individuale, che lo spettatore senta in genere non più il mito, bensì la potente verità naturale e la forza d'imitazione dell'artista”. “È tradizione incontestabile che la tragedia greca, nella sua forma più antica, aveva per oggetto solo i dolori di Dioniso, e che per molto tempo l'unico eroe presente in scena fu appunto Dioniso. Con la stessa sicurezza peraltro si può affermare che fino a Euripide Dioniso non cessò mai di essere l'eroe tragico, e che tutte le figure famose della scena greca, Prometeo, Edipo, eccetera, sono soltanto maschere di quell'eroe originario”.. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 10. Euripide: la morte della tragedia “La tragedia greca perì in modo diverso da tutti gli antichi generi d'arte affini: morì suicida, in seguito a un insolubile conflitto, dunque tragicamente […] Questa lotta con la morte la combatté Euripide […] lo spettatore fu portato da Euripide sulla scena. Chi ha riconosciuto il materiale con cui i poeti tragici anteriori a Euripide plasmavano i loro eroi, e ha visto quanto era lungi da loro l'intenzione di portare in scena la maschera fedele della realtà, sarà anche in chiaro circa la tendenza totalmente differente di Euripide.Per opera sua l'uomo della vita quotidiana si spinse, dalla parte riservata agli spettatori, sulla scena”. “Eliminare dalla tragedia quell'elemento dionisiaco originario e onnipotente, ed edificarla in modo puro e a nuovo su un'arte, un costume e una concezione del mondo non dionisiaci – è questa la tendenza di Euripide”. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 11. Euripide: la morte della tragedia “Euripide pose il prologo ancor prima dell'esposizione, mettendolo in bocca a un personaggio in cui si potesse aver fiducia: spesso una divinità doveva in certo modo garantire al pubblico lo svolgimento della tragedia e togliere ogni dubbio sulla realtà del mito. [...] Della stessa veridicità divina Euripide ha bisogno di nuovo a chiusura del suo dramma, per assicurare il pubblico circa l'avvenire dei suoi eroi: è questo il compito del famigerato deus ex machina”. “Ma nel modo più chiaro il nuovo spirito antidionisiaco si rivela nella conclusione dei nuovi drammi. Si cercò quindi una soluzione terrena della dissonanza tragica; l'eroe, dopo esser stato sufficientemente martirizzato dalla sorte, raccoglieva con un ragguardevole matrimonio o con onoranze divine una ben meritata ricompensa […] al posto della consolazione metafisica è subentrato il deus ex machina”. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 12. Euripide e Socrate “Dioniso era già stato cacciato dalla scena tragica, cacciato da una potenza demonica che parlava per bocca di Euripide. Anche Euripide era in certo senso solo maschera: la divinità che parlava per sua bocca non era Dioniso e neanche Apollo, bensì un demone di recente nascita, chiamato Socrate. È questo il nuovo contrasto: il dionisiaco e il socratico, e l'opera d'arte della tragedia greca perì a causa di esso” “Euripide non riuscì in genere a fondare il dramma soltanto sull'apollineo, che anzi la sua tendenza antidionisiaca si sviò in una tendenza naturalistica e non artistica [...] Per conseguenza Euripide può essere da noi considerato come il poeta del socratismo estetico, la cui legge suprema suona a un dipresso: «Tutto deve essere razionale per essere bello». […] Se a causa di essa la tragedia antica perì, il principio micidiale fu dunque il socratismo estetico, in quanto peraltro la lotta era rivolta contro il dionisiaco dell'arte antica, riconosciamo in Socrate l'avversario di Dioniso”. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 13. La ragione come rimedio al tragico “Ma l'illusione poetica e artistica non si rivelò sufficiente. Era necessaria una difesa più forte che i Greci seppero individuare nella ragione. […] Con la «luce diurna della ragione» i Greci non si rassegnano né si consegnano passivamente al ciclo della natura, e neppure compiono l'atto temerario che pretende di valicare il limite della natura... in questo modo, nel ciclo naturale di vita e di morte, i Greci elaborano risposte attive all'ineluttabilità della morte, traducendo la precarietà dell'esistenza in impresa conoscitiva. Non rassegnarsi, non affidarsi a cieche speranze, ma conoscere. […] Dal dolore nascono quelle due forme, non di rassegnazione, ma di resistenza al dolore che sono il sapere (mathesis), che consente di evitare il male evitabile, e la virtù (areté), che consente, entro certi limiti, di governare il dolore”. U. Galimberti, Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 14. Il tramonto del tragico “... profonda idea illusoria, che venne al mondo per la prima volta nella persona di Socrate, ossia quell'incrollabile fede che il pensiero giunga, seguendo il filo conduttore della causalità, fin nei più profondi abissi dell'essere, e che il pensiero sia in grado non solo di conoscere, ma addirittura di correggere l'essere” Socrate alla luce di questo pensiero: egli ci appare come il primo che, seguendo quell'istinto della scienza, seppe non solo vivere, ma anche – ciò che è di gran lunga di più – morire; e perciò l'immagine di Socrate morente, come dell'uomo sottratto dal sapere e dai ragionamenti alla paura della morte, è l'insegna che, sopra la porta d'entrata della scienza, sta a ricordare a ognuno la destinazione di essa, che è quella di far apparire l'esistenza comprensibile e perciò giustificata”. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 15. Il tramonto del tragico e l'inizio della storia “Il tramonto della tragedia greca ci dovette apparire causato da un singolare disgiungersi dei due istinti artistici originari: questo evento si accordava con una degenerazione e trasformazione del carattere del popolo greco, che ci spinsero a riflettere con serietà su quanto necessariamente e strettamente l'arte e il popolo, il mito e il costume, la tragedia e lo Stato siano uniti nei loro fondamenti. Quel tramonto della tragedia fu insieme il tramonto del mito. Fino ad allora i Greci erano stati involontariamente costretti a ricongiungere subito ai loro miti tutto quel che vivevano, anzi a comprenderlo solo attraverso questa congiunzione: in tal modo anche il presente immediato doveva apparire loro subito sub specie aeterni e in certo senso come senza tempo. […] Il contrario di ciò avviene quando un popolo comincia a concepirsi a storicamente e ad abbattere intorno a sé i baluardi mitici: a ciò si accompagna di solito una decisa mondanizzazione, una rottura con l'inconscia metafisica della sua esistenza precedente, in tutte le conseguenze etiche. L'arte greca e principalmente la tragedia greca ostacolarono soprattutto la distruzione del mito: bisognò distruggere anch'esse per potere con distacco dal suo suo suolo patrio, vivere sfrenatamente nel selvaggio deserto del pensiero, del costume e dell'azione”. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre
  • 16. Il tramonto del tragico come rinuncia alla vita “Il porre al posto di una consolazione metafisica una consonanza terrena, anzi un proprio deus ex machina, ossia il dio delle macchine e dei crogiuoli, vale a dire le forse degli spiriti della natura riconosciute e impiegate al servizio dell'egoismo superiore; il credere a una correzione del mondo per mezzo del sapere, a una vita guidata dalla scienza, ed essere anche realmente in grado di esiliare l'uomo singolo in una strettissima cerchia di compiti risolvibili, entro la quale egli possa dire serenamente alla vita: «ti voglio: sei degna di essere conosciuta»”. “L'uomo teoretico si spaventa delle conseguenze da lui prodotte e, insoddisfatto, non osa più affidarsi al terribile fiume ghiacciato dell'esistenza: angosciosamente egli corre su e giù lungo la riva. Non vuol più aver niente interamente, interamente anche con tutta la naturale crudeltà delle cose. La concezione ottimistica l'ha rammollito fino a questo punto”. “Il compito supremo dell'arte, da chiamarsi veramente serio – liberare cioè l'occhio dalla vista dell'orrore della notte e salvare il soggetto con il balsamo risanatore dell'illusione dagli spasimi degli impulsi della volontà – degenererà in una vuota e dispersiva tendenza al divertimento?” LA NASCITA DELLA TRAGEDIA prof. F. Baldassarre