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Pasquale Stanziale
SPAZI E DESIDERI
NELL’ECONOMIA POLITICA DELL’IMMAGINARIO
ACCADEMIA DI S. LUCA - ROMA
Arti visive e Architettura
nella Società del Consumismo
corso a cura di
PAOLO PORTOGHESI
TESTO INCONTRO DEL 19 giugno 2014
*****
1- Indicazioni di percorso
2- Slittamenti progressivi del desiderio
3- Dalla società dello spettacolo alla Nuova Babilonia
4-Lo statuto dell’Immaginario e la fantasmagorie della merce
5- Luoghi
6- Dall’ethos consumeristico alla Business Art
1 Indicazioni di percorso
1.1
1
Le riflessioni che propongo riguardano l’economia politica dell’immaginario un ambito critico
che vede coinvolte la filosofia, l’economia politica, l’estetica e la psicoanalisi di massa (i
cosiddetti studi culturali). Questo perché l’immaginario è da tempo l’area in cui prendono
forma processi e dinamiche strutturali in senso marxiano. E ciò ha incidenze notevoli in molti
campi: dall’arte all’economia ai consumi.
Iniziamo con una descrizione letteraria.
“La nebbia, un muro spesso che sembra vagamente granito trasparente, ogni tanto si squarcia
intorno alla figura, che per il resto però rimane nascosta […] La nave sembra procedere più
lenta del solito. Marina mi dà la schiena e indossa una sublime giacca oversize di Prada. “
Una sublime giacca oversize di Prada, come scrive Easton Ellis (in F. Carmagnola 2006) nel
suo Glamorama: una frase che nel suo sublime richiama il desiderio, l’immaginario e la
merce. Cercherò di definire nelle note che seguono, tre aspetti del sublime.
2 Slittamenti progressivi del desiderio
Il primo personaggio che convochiamo sulla scena dell’immaginario non può non essere che
il desiderio umano.
2.1
Il termine desiderio corrisponde al latino cupiditas e al greco έπιθυμία relativi al significato
di appetizione, ovvero il principio che muove l’uomo all’azione, ma anche, in una seconda
accezione, l’appetizione di ciò che è piacevole.
In Aristotele il desiderio è órexis che richiama il tendersi, lo sporgersi.
Agostino intende il desiderio come amor, qualcosa da cui non si può sfuggire essendo proprio
dell’essere umano.
Spinoza inoltre definisce il desiderio come essenza dell'uomo esso è la proiezione
dell'individuo verso gli oggetti, e non la «mancanza» dell'oggetto (E. Balibar 1988:102).
2.2
Ma è nella lettura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel operata da A. Kojève negli anni
’30 a Parigi che troviamo quelle caratterizzazioni del concetto di desiderio che saranno
variamente sviluppate nella filosofia francese (e non solo).
Kojève, si sa, tenne inchiodata per sei anni tutta l’intellighenzia francese- da Bataille a Sartre,
a Lacan- alle sue lezioni sulla Fenomenologia dello spirito di Hegel. A tale proposito ritengo
che l’Introduzione alla lettura di Hegel di Kojève (1996) rappresenti un inevitabile punto di
riferimento.
Per Kojeve (1996:20) «il desiderio umano differisce dunque dal Desiderio animale
.... per il fatto che si dirige non verso un oggetto reale ma verso un altro
Desiderio. Così, per esempio, nel rapporto tra l'uomo e la donna, il Desiderio è
umano unicamente se l'uno non desidera il corpo bensì il desiderio dell'altro, se
vuole “possedere” - o “assimilare” il Desiderio assunto come tale, se cioè vuole
essere “desiderato”, “amato” o, meglio ancora, “riconosciuto” nel suo valore
umano, nella sua realtà di individuo umano. La storia umana è la storia dei
desideri desiderati.» (corsivi miei).
2
E il desiderio di riconoscimento, desiderio antropogeno, connette Freud ad Hegel
dato che questo riconoscimento ha a che vedere con la costruzione dell’io e quindi
con il desiderio e l’immaginario.
2.3
Jacques Lacan- che riteniamo rappresenti un pensiero forte del ‘900- ebbene Lacan facendo
propria la lezione kojèviana fa del desiderio uno dei fondamenti della sua teoria
psicoanalitica (e della relativa clinica). (J. Lacan 1958-59 1974 1978 1982).
2.3.a- Per Lacan nel percorso della coscienza infelice troviamo anzitutto la originaria
mancanza-a-essere.
2.3.b- Al successivo stadio pulsionale è connesso il vettore del desiderio orientato verso
oggetti e sostituti.
2.3.c- Il desiderio quindi è dell’Altro: non siamo noi il soggetto che desidera, ma è l’Altro a
desiderare, e questo Altro è l’inconscio con le sue strategie.
Ma il desiderio umano è anche, come abbiamo visto, desiderio del desiderio dell’altro nel
senso che vuole essere ciò che all’altro manca, la causa del suo desiderio.
Conseguentemente:
2.3.e- il desiderio è un vettore,
2.3.f- il desiderio opera in relazione alla mancanza-a-essere,
2.3.g- il desiderio si avvita in una dinamica senza fine, ecco questo è inquietante, sul bordo di
un vuoto che è propulsore e costitutivo del soggetto.
2.3.h- Il desiderio non si appaga come il bisogno, di un oggetto, ma si radica
nell’immaginario del soggetto (J. M. Palmier 1972).
La psicoanalisi contemporanea, infine, (M. Recalcati 2012) individua dieci tipi di desiderio,
una galleria di ritratti che rispecchiano la realtà soggettiva contemporanea ma che nel tempo
attuale conducono ad una realtà agghiacciante: l’uomo occidentale è ormai in preda ad una
eclisse del desiderio, «condannato a perseguire un godimento schiacciato sul consumo
compulsivo perennemente insoddisfatto.» (M. Recalcati 2012: 12).
2.4
Questa sommaria perimetrazione del desiderio umano, nella sua dialettica, nella sua
ambiguità di fondo, nel suo rapporto con l’oggetto, il fatto che l’oggetto è desiderato per la
sua soggettivazione: tutto ciò già indica che il desiderio umano, come l’immaginario,
produce e può essere prodotto.
Conseguenza di ciò è che il valore viene soggettivizzato a misura di desiderio: ciò che
comporta la valorizzazione economica di aspetti immateriali, immaginari, simbolici. (F.
Carmagnola 2006).
3 Dalla società dello spettacolo alla Nuova Babilonia
Il secondo personaggio che convochiamo sulla scena dell’immaginario è un giovanotto
francese, un filosofo particolare. La sua opera principale è un libretto accuratamente
evitato dai manuali di filosofia, ma che rappresenta un segmento teoretico di estrema
importanza nel pensiero del ‘900 per intuizioni, consapevolezze e profezie. Stiamo
3
naturalmente parlando di Guy Ernest Debord, principale esponente del Situazionismo, e
del suo La società dello spettacolo.
3.1- L’ambito filosofico-politico della Società dello Spettacolo di Debord, è un’area che
molti autori che oggi si occupano di economia dell’immaginario non attraversano, per
varie ragioni, ma che rimane, a nostro avviso, un ambito importante per una serie di motivi.
-Debord (2002:43 segg.) sostiene che
«L’intera vita delle società in cui dominano le moderne condizioni di produzione, si
annuncia come un immenso accumulo di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente
vissuto si è allontanato in una rappresentazione.» E che «Nel mondo realmente
rovesciato il vero è un momento del falso.»
Una consapevolezza che ci dice come ormai costitutiva delle nostre realtà sia un’alienazione
spettacolare.
-E per Debord «Lo spettacolo è il momento in cui la merce è pervenuta all’occupazione
totale della vita sociale» (G. Debord 2002:58).
3.2
È possibile inoltre verificare come vi sia una corrispondenza tra la Sds ed alcune fasi
economico-politiche.
1) Alla nascita dei mercati di massa corrisponde lo spettacolo concentrato,
2) la fase del ciclo storico che inizia negli anni ’50 caratterizzata dalle società del consumo
di massa- richiama ampiamente lo spettacolare diffuso,
3) la fase infine che è caratterizzata dai consumi emotivi- ed è pertinente alla
organizzazione economica post-fordista e al turbo-consumerismo- corrisponde, a
quella dello spettacolo integrato nel suo senso ultimo, quando la spettacolarità secondo
Debord (1997:194) (Lipovetsky 2007) «si è mescolata ad ogni realtà.»
3.5
Per quanto riguarda lo spettacolo allora esso non è una sovrastruttura - nel tradizionale
linguaggio marxista - e neanche una simulazione (J. Baudrillard 1979). Esso, nel contesto
della Sds, è allo stesso tempo: una figurazione dell'immaginario, una tecnica di
produzione e un motore della circolazione del capitale.
3.6 3.7
Un esito pervasivo della società dello spettacolo riscontrabile nelle società avanzate, infine, è
quello che Vanni Codeluppi (2011:91) chiama paradigma dello spettacolo/performance. Uno
stato in cui nei soggetti non esiste più nessuna separazione tra la dimensione pubblica e quella
privata. Nelle tendenze delle cosiddette società performative (N. Abercrombie B. Longhurst
1998) abbiamo che
«la vita sociale viene percepita da parte di molti soggetti come una continua rappresentazione» (V.
Codeluppi 2011:92).
Si tratta, lo avvertiamo tutti, di una diffusa sindrome da audience ovvero il sentirsi
continuamente sotto l’occhio di telecamere o parte di uno spettacolo. Ciò con le implicazioni
linguistiche e di immagine conseguenti. Un’interconnessione continua, ormai costitutiva della
quotidianità.
La società dello spettacolo diviene quindi società dell’audience in cui «si guarda e si è
guardati» (V. Codeluppi 2011:92), una società in cui tutti si sentono attori ed in cui una
preoccupazione prevalente è quella del come mostrarsi nei social-network.
4
3.8-3.9
Relativamente alle risposte invertite alle domande di Debord troviamo che queste sono da
tempo fatte proprie dal marketing di aziende, la deriva debordiana è sperimentata e
istituzionalizzata da Facoltà di Architettura, come modo di leggere la città ed è presente in
alcuni format TV nei quali vengono costruite situazioni emozionanti da attraversare.
Che dire poi di quel gigantesco dètournement che prende il nome di postmoderno, quello
che secondo Fredric Jameson (1994) è un immenso “simulacro immaginifico” tra
stereotipizzazioni e nostalgie. I riferimenti- in questo caso- sono l’Hotel Bonaventure a Los
Angeles e Pulp Fiction di Quentin Tarantino.
3.10
Sul situazionismo ci sarebbe ancora moltissimo da dire relativamente all’arte ed alla politica:
ciò che richiederebbe un apposito tempo, ma penso che a questo punto possa risultare
interessante illustrare sinteticamente il progetto d’arte integrale situazionista: l’urbanismo
unitario, elaborato negli anni ‘60 a partire dalla critica avanguardista dell’arte moderna.
I situazionisti volevano, come altri movimenti, trasformare la realtà, cambiare i bisogni delle
persone a partire dalla costruzione di situazioni.
I situazionisti erano colpiti dagli scritti di Henri Lefebvre e di Michael De Certeau che
avevano esplorato nel campo della sociologia il principio della quotidianità e sviluppato una
consapevolezza della struttura sociale della città organizzata in quartieri autoreferenziali,
distinti sulla base di condizioni di lavoro, di classe e funzione, affidata a componenti tipici
della macchina urbana funzionalista. (B. Schwartz 2000).
È il 1959 l’anno in cui Constant Nieuwenhuys avvierà i lavori per la progettazione della sua
New Babylon, la città utopica, anti-capitalista che sfiderà il dominio dell’immagine proposto
da Fred Freedman. Lo scontro a distanza pone due posizioni inconciliabili tra loro: da un lato
vi è un amore per l’immagine-icona, per l’immagine da abitare, per l’immagine che seduce e
ammalia, dall’altro lo sforzo titanico di generare una nuova società proprio dall’abolizione
della rappresentazione.
Constant era persuaso dell’idea che solo un salto evolutivo potesse salvare la civiltà umana.
Solo quando l’Homo Ludens avrebbe scansato l’ormai corrotto Homo Sapiens, saremmo stati
pronti, come specie, ad affrontare la riprogettazione totale del nostro modo di abitare la Terra.
L’Homo Ludens avrebbe vagato spinto inesorabilmente dalle proprie pulsioni, che lo
avrebbero condotto ovunque in relazione al tessuto psicogeografico. (B. Schwartz 2000).
Constant a metà degli anni ‘50 visita con Gallizio il campo degli zingari di Alba. È la prima
volta che entra direttamente in contatto con la cultura nomade e che vede con i suoi occhi la
reale possibilità di un diverso modo di abitare.
È così che Constant concepisce il progetto di un accampamento permanente per i Gitani di
Alba e questo progetto è all’origine della serie di disegni per New Babylon. Di una New
Babylon dove si costruisce sotto una tettoia, con l’aiuto di elementi mobili, una dimora
comune; un’abitazione temporanea, rimodellata costantemente; un campo nomade su scala
planetaria.
Da notare a questo punto come il progetto di Constant apra ad una profetica corrispondenza
con il nomadismo postmoderno.
5
Ma fondamentale- a mio avviso- per comprendere la visione situazionista dell’arte è il
rapporto tra la critica della vita quotidiana e la critica dell’arte: l’arte come capacità di
trasformare la vita quotidiana. Infatti quello che viene posto all’attenzione della critica di
questi artisti è l’obiettivo di creare quello che sarà chiamato la “maison appassionante” una
casa appassionante, emotiva, contro il modello costruttivista e strutturalista della “machine à
abiter”, la macchina da abitare.
Quindi contro l’urbanismo moderno, che secondo i situazionisti era ispirato dalle direttive
della polizia, bisognava così costruire una, loro la chiamano così, “anarchia urbana” contro la
razionalizzazione delle città.
Un architettura barocca, quindi, ossia modellare l’architettura per far sognare, attraverso uno
spazio ludico imprevedibile
Quello che poi, ironia della sorte, è stato realizzato dei progetti architettonici e urbanistici dei
situazionisti è stato quello di creare, appunto delle città dei divertimenti ma queste città dei
divertimenti non hanno trasformato la realtà, ne hanno creato un’imitazione, hanno
nuovamente stratificato il territorio. (G. Marelli 2005).
4 - Lo statuto dell’Immaginario e la fantasmagorie della merce
Ma lasciamo gli utopiati situazionisti per tornare al tema dell’economia dell’ immaginario
umano. Abbiamo individuato in precedenza il desiderio e la spettacolarizzazione come
dimensioni proprie dell’immaginario. Ora cerchiamo di accostarci alle dinamiche proprie di
questo registro soggettivo e di massa.
4.1
L’Immaginario è presente, a vari livelli, nella psicoanalisi contemporanea.
4.1.a- Abbiamo anzitutto il classico matema lacaniano L (J. Lacan 1974:50) relativo alla
dialettica dell’intersoggettività
In questo segmento teorico il soggetto nel suo originario desiderio si rivolge al primordiale
oggetto del godimento ma questo suo desiderio è dell’ordine dell’impossibilità,
conseguentemente instaura una relazione immaginaria con sostituti dell’oggetto del
godimento attraverso i quali struttura il suo Io, ovvero il Moi alienato. Chi dirige tutto il
gioco, però, è l’Altro assoluto dell’Ordine simbolico- il potere, le convenzioni- che lo
domina e definisce il soggetto dal lato dell’Io e dal lato dell’inconscio (J. Lacan 1974:842).
In questa teoria sono già chiaramente presenti elementi relativi a una economia
dell’immaginario che si fa politica nella misura in cui il desiderio umano viene
manipolato e il soggetto si presenta con un Io spossessato dalle realtà di dominio dal
potere/ordine Simbolico/grande Altro.
Costitutiva del soggetto è dunque un’alienazione che è strutturale e strutturante.
In effetti questo matema si può dire che rappresenta una specie di DNA psichico, una
struttura che mette insieme anche caso e necessità.
4.2
6
In effetti qui già siamo nel pieno dello statuto dell’Immaginario. Il passo successivo è quello
che riguarda il lacaniano nodo che unisce i tre Registri del soggetto, essenziali del campo
psicoanalitico: l’Immaginario, il Simbolico e il Reale (RSI), registri del soggetto derivati
dall’antropologia strutturale di Claude Lèvi-Strauss.
4.3
Ricordiamo che questa teoria lacaniana RSI è stata- ed è- oggetto di approfondimenti e di
torsioni. Immaginario, simbolico e reale costituiscono una terna dialettica produttiva e di
rilevante valore teoretico. In particolare questa teoria rappresenta un passaggio quasi
obbligato oggi per l’estetica e la critica d’arte che, attraverso la rilettura hegeliana delle teorie
lacaniane da parte di S. Žižek, il discusso- ma per noi assolutamente interessante- filosofo
pop, hanno trovato ampie articolazioni per quanto riguarda, l’economia dell’immaginario.
L’ Immaginario- è certamente il più importante dei tre registri dato che orienta il vettore del
desiderio.
Esso costituisce la struttura dell’Io (Moi).
4.4- «L’immaginario non realizza semplicemente un desiderio in modo allucinatorio: piuttosto, la
sua funzione è simile a quella dello “schematismo trascendentale” kantiano: una fantasia
qualunque costituisce il nostro desiderio, fornisce le sue coordinate; o meglio, letteralmente, “ci
insegna come desiderare”» (S. Žižek 2004:19).
È possibile schematizzare tre versioni interessanti di questo registro: l’immaginario come
fantasy, come fiction, come simulacro. (Carmagnola 2007: 65).
4.5.a- L’Immaginario come Fantasy, dunque.
Si tratta di una fantasia che orienta il desiderio .
Questa Fantasy (M. Senaldi 2007), può essere intesa:
4.5.a.a- come schema attraverso cui oggetti concreti possono avere la funzione di oggetti del
desiderio;
4.5.a.b- come intersoggettività accostando il carattere soggettivo del fantasma con il
fantasma collettivo dell’illusione;
4.5.a.c-come ciò che riempie una lacuna o risolve un intoppo presenti in una
narrazione/racconto della rete simbolica.
4.5.c-Abbiamo quindi l’Immaginario come Fiction.
Un’apparenza che serve a costituire la realtà, ma anche la legge scritta simbolica (A. Piotti
1999).
Fantasy e Fiction (Žižek 1999:203) sono interdipendenti e sono costitutivi del grande
Altro. Ma hanno anche la funzione di plot, di trama, della fiction.
4.5.d- L’Immaginario come Simulacro.
Questa versione dell’Immaginario è «la più inquietante» perché quando l’ordine simbolico
collassa, si disintegra, il reale viene fuori. Emerge così il simulacro come spettro, fantasma:
è l’ immaginario dell’orrore e dell’osceno del Reale non arginato dal simbolico.
Si tratta della nostra situazione attuale, il cosiddetto «deserto del reale» žižekiano
(Carmagnola 2006:203) in cui la corruzione generalizzata buca il simbolico facendo
emergere l’orrore del reale.
4.6- Infine
7
«L'immaginario è una cosa molto concreta. Come l'inconscio, è là fuori, nella città, per
le strade. Basta guardare: il nostro sguardo ne è preda, vi si ammala. (F. Carmagnola
2007:70).
[..] In altre parole l’immaginario pre-dispone o pro-getta, in una situazione
storicamente differente, i quadri di quella specifica forma di alienazione che venne
definita dapprima come industria culturale (M. Horkheimer T.W. Adorno, ed. 1997) e
successivamente società dello spettacolo (G: Debord, ed 2002) o società dei simulacri .»
(J. Baudrillard, 1979).
Abbiamo poi il Simbolico- che tiene insieme Immaginario e Reale,
-esso è costituente per il soggetto,
-esso annoda e snoda l’Immaginario col Reale (J. Lacan 1974).
4.7-L’Ordine Simbolico lacaniano - o Grande Altro- comprende la legge e il potere.
È l’Ordine che fa da barriera al Reale con le sue forme di godimento.
L’accesso all’Ordine simbolico- rete dei significanti- linguaggio- comporta l’alienazione del
soggetto (S. Žižek 1999 2000) ovvero il Simbolico «è l’ordine del soggetto in quanto
assoggettato» (G. C. Contri 2001:128).
4.7.a- Carmagnola (2002) storicizza il Simbolico indicando nel postmoderno l’epoca della
crisi di questo Ordine.
Ma l’Ordine simbolico si caratterizza anche per il fatto che «è l’ordine del godimento in
quanto comandato [..] regime dei godimenti forzati, compulsivi e dubbi.» (G. B. Contri
2001:130). Il film di riferimento è Blade Runner.
Il collasso dell’Ordine Simbolico per Carmagnola (2006:203) «è sotto gli occhi di tutti, nei
tre campi delle relazioni familiari, della società civile e delle istituzioni pubbliche».
Il Reale, infine.
4.8- Questo registro si sottrae a qualunque simbolizzazione o significazione
Il reale è il mostro di Alien, le figurazioni inquietanti nei film di David Linch, la gola di Irma
per Freud.
Il Reale resiste ad ogni rimozione e si presenta negli oggetti osceni dei fantasmi amorfi. Esso
è, come abbiamo detto, strettamente connesso con il godimento- godimento che è diverso ed è
al di là del piacere- godimento che, nell’era attuale, è obbligato, è al presente e deve essere
esibito.
Il Reale- da non confondere con la realtà- è l’impossibile, è l’inconscio in quanto indicibile.
Diciamo che questo godimento è proprio della situazione perversa che caratterizza
precisamente la società del consumo generalizzato (come diceva Pasolini, i sudditi diventano
consumatori). Si assiste alla proliferazione di piccole jouissances e di discorsi inautentici,
all’offerta ossessiva di gadget, di oggetti del desiderio fittizi attraverso cui si mantiene in vita
il circuito del capitale: tale istanza si estende a tutto ciò che appare potenzialmente in grado di
colmare una mancanza fondamentale – quella del vero Oggetto perduto. (I. Guanzini 2014).
4.8.a- Su questo percorso troviamo, per inciso, anche una lettura del crollo delle Torri Gemelle
dell’11 settembre. Il reale che buca lo spessore della serie delle fantasmatizzazioni mediali e
diviene evento coniugandosi con un immaginario-fiction. Paradossalmente, sostiene Žižek (2002),
abbiamo che con questo evento è la realtà che copia lo spettacolo.
Il Reale, infine è ciò che S. Benvenuto (in S. Žižek G. Daly 2006:19) chiama sindrome di
derealizzazione: quando «non ci sentiamo più nella realtà familiare, e quindi percepiamo
finalmente la realtà come .... Reale» ovvero il “che ci faccio io qu
8
5 - Luoghi
5.1
Bisogna quindi considerare il sistema circolare di interconnessioni che legano il Capitale,
l’industria culturale, il soggetto- con il suo immaginario- ed il consumo: si tratta di
interconnessioni dinamiche per cui:
-nel rapporto tra industria culturale e soggetto abbiamo che l’immaginario viene attivato e
quindi prodotto,
-nel rapporto tra soggetto e consumo abbiamo che l’immaginario produce con il consumo.
Ed è a questo punto che possiamo comprendere in modo più articolato perché una
giacca oversize di Prada è sublime. Si tratta della fantasy dell’immaginario che
concretizza, attraverso nella mitologia fashion, l’oggetto del desiderio, un immaginario
pertinente ad una narrativa del glamour nel cuore, mercantile ed immateriale, del
mondo contemporaneo nella confusione tra ruolo ed identità e tra accadimento e reality
show.
5.2
Corrispondente al cosiddetto terzo spirito del capitalismo (E. Boltanski E. Chiapello 1999),
abbiamo che l’Immaginario si fa componente principale del circuito economico.
Questa economia, nel capitalismo dell’immaginario, si occupa della produzione di segmenti
di immaginario sociale in grado di corrispondere alla fantasmagoria delle merci (W.
Benjamin 1986) connettendo la produzione al consumo. inteso,
5.2.a- La merce come spettacolo ha nei luoghi-non luoghi – qui è d’obbligo ricordare Marc
Augé (2009): i suoi santuari in cui il consumo diviene evento colorato da sensazioni ed
emozioni ovvero dalla fabbrica al teatro, dalla merce come produzione alla merce come
rappresentazione (G. Deleuze F. Guattari 2002).
Non-luogo come luogo come spazio non-identitario, non-relazionale non-storico.
Uno spazio caratterizzato dalla spettacolarità, fatto di immagini, per essere visto, fotografato,
filmato e proiettato su uno schermo.
Si tratta prevalentemente di luoghi in cui l’identità è quella delle nostre tessere di
riconoscimento magnetico, delle nostre carte di credito
5.3
Gli outlet, come altri spazi di consumo sofisticati, agiscono sull’immaginario come
fantasy attraverso schemi in cui la merce diviene oggetto del desiderio ed in cui il
fantasma (lacaniano) soggettivo tende a coincidere con il fantasma collettivo
dell’illusione.
E, sempre nell’ambito dell’immaginario/fantasy, si ha che lo spazio di consumo, con la
sue scenografia e la sua merce viene a costituire un testo pubblico in cui i soggetti sono
incessantemente chiamati ad interagire per confronto con le loro fantasmatizzazioni.
Nel quadro, poi, dell’immaginario/fiction si ha che tutto il plot è funzionale ad un
simbolico il quale, ad una diversa visione delle cose, mostra come la scena sia falsa, dato
che si tratta di un’architettura fatta solo di facciate decorative su volumi anonimi. Ovvero
9
emerge, a questo diverso sguardo, una realtà di simulacri: è il reale che emerge con tutta
la sua vacuità di fondo.
«I Factory Outlet Center sono sostanzialmente megastrutture sceniche, di appeal estetico
per il consumatore, che si sente così doppiamente gratificato: spende bene in ambienti
architettonicamente attraenti.» (G. Ferrara M. Martorana 2005:7).
Ma ciò che va compreso è perché la definizione di ambiente architettonicamente
attraente coincida con un ambiente che simula – perché è evidente che si tratta di
finzione scenica – il passato, che imita un luogo storico perfettamente conservato e
riportato alla vita grazie alla nuova funzione commerciale e quindi che il processo di
costruzione di questa riconoscibilità è, per così dire, fondato su un percorso di sottrazione
di identità dell'architettura e del luogo.
Gli Outlet, infine si inseriscono in modo organico in quell’orizzonte culturale
postmoderno in cui è evidente la crisi dei cosiddetti modelli di profondità (F. Jameson
1994) riguardanti le dicotomie: interno/esterno, autenticità /inautenticità, essenza ed
apparenza.
6 Dall’ethos consumeristico alla Business Art
6.1
I principale ambito strategico attraverso cui l’economia dell’immateriale- intesa come
economia dei beni simbolici- principalmente opera e si realizza in relazione all’immaginario è
l’industria culturale con i connessi ambiti del marketing, della pubblicità e dei media.
6.2 6.3
Il marketing e la pubblicità (che ne è una parte come promozione del prodotto) sono le aree
principali dell’economia dell’immateriale nelle sue osmosi con l’immaginario individuale e
collettivo.
6.4
Il marketing si presenta con tecniche sempre più sofisticate (tra le ultime quella del
marketing esperienziale) tendendo a quel marketing virale di cui parla W. Gibson (2005) in
un suo romanzo. Questa affermata tecnica assume, nel capitalismo del terzo millennio, quasi
l’aspetto dell’heideggeriano compimento della metafisica nel suo essere parte di una diffusa
strategia di controllo e di dominio che vede l’uomo come risorsa disponibile, sfruttabile e
manipolabile.
Il marketing, quindi, orientato verso la cultura di massa, vede l’affermarsi dei consumi
emotivi, del turboconsumerismo, il formarsi di società edonistiche, l’ossessione della
performance. Si giunge infine ad un homo felix “che ormai ha la felicità a portata di mano..”
(G. Lipovetsky 2007:287).
6.4.a- La pubblicità come comunicazione, con la sua funzione ideologica, è una delle forme
culturali dominanti, essa fornisce continuamente supporti al desiderio il quale è preda di
strategie estetico-spettacolari (R. Sassatelli 2004).
6.5 6.6
10
La televisone, poi, attua quella che Sartori (2000:111) definisce una “mutazione
antropogenetica”, producendo l’homo “videns” che a differenza dell’homo sapiens è limitato
nel pensiero razionale, difetta di capacità di astrazione e di capacità simbolica.
6.7
Sembra realizzarsi, in effetti, il consolidamento di quella società del controllo come la
intendono G. Deleuze (1990) e M. Foucault (1978 1997).
6.8
Per quanto riguarda il soggetto biopolitico, il consumatore, esso ha un posto centrale.
Scriveva W. Benjamin nei Passages (ed. 2002:167):
«È qui che dimora l’ultimo dinosauro d’Europa, il consumatore. Sulle pareti di queste caverne la merce
prolifera come una flora immemorabile, intrecciando come un tessuto ulcerato, i rapporti più sregolati.. »
scrive Benjamin.
«[…]il consumatore dialoga, consiglia, partecipa alla produzione (prosumer) e diventa così partner
dell’azienda. Leggasi ConsumATTORE, un essere non facile da gestire e con il quale relazionarsi.
Sopratutto perché in altre fasi diventa ConsumAutore o ConsumatoRe.» secondo C. Sangiorgi (2010).
6.9
Il consumatore come produttore rappresenta (Codeluppi 2008) un terzo fattore dell’attuale
capitalismo dopo il processo di astrazione della società e dopo la transizione dall’economia
materiale all’economia della conoscenza. (D. Cohen 2007 in V. Codeluppi 2008 e M. De
Certeau 2001). Il consumatore produce e valorizza. Il consumatore come produttore
. è partecipe della produzione di immaginario collettivo (V. Codeluppi 2010),
. è attivo del quadro delle conquiste culturali (innovazione) (T. Frank 1997),
. diviene ciò che consuma strutturando così la propria identità. (J. Baudrillard 1979).
6.10 6.11
Per concludere cerchiamo di dare uno sguardo al rapporto tra arte, società e consumo con un
richiamo a forme estetiche di resistenza e di intervento.
6.12.
L’ovetto Kinder è un oggetto che ossessiona da tempo psicoanalisti e filosofi. Questo
oggetto del desiderio, metafora della negazione, nascondiglio di àgalma ecc. viene
chiamato in causa anche da Slavoj Žižek (2011:343) nel quadro di una critica che
riguarda l’architettura decostruttivista.
Ma procediamo con ordine. La tesi del filosofo sloveno è che è possibile «applicare
all’architettura la triade lacaniana di Immaginario, Simbolico e Reale che corrisponde
vagamente alla triade di realismo, modernismo e postmodernismo.
Per prima cosa abbiamo la realtà delle leggi fisiche a cui dobbiamo obbedire se
vogliamo che un edificio si regga in piedi, delle funzioni concrete a cui deve adempiere,
dei bisogni da soddisfare - tutta la serie di considerazioni pragmatico-utilitarie.
Poi c’è il livello simbolico: significati che un edificio si suppone debba rappresentare
ed esprimere.
Infine c’è lo spazio immaginario: l’esperienza di coloro che vivranno o lavoreranno
nell’edificio- come lo percepiscono, come lo sentono.
Potremmo sostenere, scrive Žižek (2011:343), che uno dei caratteri che definiscono il
postmodernismo è l’autonomizzazione di ognuno di questi tre livelli: la funzione è
11
dissociata dalla forma e così via.[…] Il legame tra forma e funzione è reciso, non c’è
nessuna relazione causale tra i due: la forma non segue la funzione, la funzione non
determina più la forma, e il risultato è una estetizzazione generalizzata.
Questa estetizzazione raggiunge il suo climax - per Žižek- nei grandi poli culturali
multifunzionali contemporanei, la cui caratteristica fondamentale è il divario tra
rivestimento e struttura. Formalmente il contrasto tra esterno e interno è di norma quello
tra la sfericità del rivestimento e le linee rette delle strutture interne: un involucro curvo
(una cupola a forma di uovo) avviluppa gli edifici interni a forma di scatola a linee
verticali–orizzontali. […] Come il National Theater of China, con la sua gigantesca
copertura in metallo e vetro, un guscio d’uovo che protegge gli edifici adibiti a
spettacolo. [..] questo edificio è per Žižek , per una sorta di gigantesco Kinder Sorpresa.
[…] L’estetizzazione della pelle culmina-per il filosofo sloveno- nei cosiddetti edifici
scultorei di Frank Gehry, dove la struttura esterna che avvolge l’interno funzionale non è
più solo un guscio ma una scultura con un significato a pieno titolo, responsabile
dell’effetto di un sublime-
e questo è il secondo tipo di sublime che emerge dopo quello relativo alla giacca
oversize di Prada- quello in cui prevale un immaginario come fantasy intersecato
dalla fiction nella narrazione progettuale come bordatura del vuoto, il Das Ding
heideggeriano-lacaniano o- se vogliamo- forma di sublimazione-
[…] Il mistero semiotico centrale dei poli culturali multifunzionali – dicevamo- è
dunque il mistero di questo raddoppio del limite […] Perché un contenitore deve essere a
sua volta contenuto?» (S. Žižek 2011:346 segg.).
La risposta di Žižek, supportata dalle analisi di Zaera Polo (E. A. Mainyu 2011),
Jameson (2007), Salingaros (2009), è che l’involucro rappresenta un dispositivo,
dispositivo di isolamento e immunizzazione, una significazione politica per cui si
inscatola una realtà liquida, schiume economiche (nel linguaggio di Peter Sloterdijk)
uteri sociali, mondi-capsula autonomi.
L’involucro dunque assume un valore politico:
.nel superare la divisione tra interno ed esterno nel senso di racchiudere l’esterno stesso,
un esterno protetto, schermato;
.nel fatto che spesso si tratta di proteggere uno spazio pubblico privatizzato;
.nel fatto che il luogo in cui si opera è quello del mercato globale;
.nel fatto che, dal punto di vista del marketing, l’edificio, come il consumo, deve creare
un’esperienza con un’atmosfera del luogo.
6.13
Mike Featherstone (1994:98) ha individuato con precisione i tratti caratteristici della nuova
fase evolutiva della modernità:
-crolla il mito dell’unicità del lavoro dell’artista,
-si sviluppa un’Estetica della Sensazione,
-vi è sovraccarico dell’immaginario e della simulazione,
-e quindi abbiamo l’estetizzazione della vita quotidiana.
Featherstone nota come gli abitanti delle città si fanno consumatori sempre più voraci di
“merci simboliche” e come l’arte tenda a spostarsi progressivamente verso l’industria,
attraverso il design, la moda e la pubblicità.
Ed in ambito di sociologia dei consumi due concetti vanno ricordati.
12
-1) Il concetto di mcdonaldizzazione dovuto a George Ritzer (2005:89), poi, che ha posto in
evidenza come sia in atto l’adozione da parte delle principali istituzioni sociali (scuola, sport,
politica, ecc.) del principio di razionalizzazione e standardizzazione nella gestione delle risorse
della McDonald’s. Le variabili in questo caso sono: efficienza, calcolabilità, prevedibilità,
controllo
-2) Il concetto di “ disneyzzazione ” di Alan Bryman (V. Codeluppi 2005) che nota come le
principali regole di funzionamento dei parchi a tema disneyani vengano progressivamente
adottati dalle società avanzate nei loro principali settori d’azione. Secondo Bryman la
disneyzzazione è caratterizzata da quattro principali aspetti:
- la tematizzazione: opera un’attrazione che procura un’esperienza piacevole rendendo più
probabili gli atti d’acquisto,
- il consumo ibrido: le diverse forme di consumo sono sempre più connessa fra loro,
- il merchandising,
-il lavoro performativo: i lavoratori offrono una vera e propria performance spettacolare.
6.14 Rispetto a tutto quanto è stato posto in evidenza: processi, tendenze,
strumentalizzazioni, repressioni, sviamenti, l’economia politica dell’immaginario trova già
nel concetto di decolonizzazione una prima via di riscatto.
Serge Latouche ritiene che «bisogna far uscire il martello economico dalla testa», che
l’economia deve essere demistificata, in altri termini l’economia deve rivedere la sua
collocazione, «bisogna far tramontare l’onnipotenza assolutista della razionalità» (S.
Latouche 2004:132) e porre in primo piano l’etica e la salvaguardia ambientale.
Diamo uno sguardo, infine, a spunti ed autori che si sono occupati di definire forme di
resistenza, di comportamenti estetici reattivi e critici.
Anzitutto il fatto che gli psicoanalisti contemporanei denunciano il dominio decisivo
dell’Immaginario nell’epoca attuale, come questo immaginario- nella sua natura fantasmatica
e infestante- stia corrompendo gravemente l’ordine politico e civile.
L’Immaginario, infatti, coltiva sistematicamente un nuovo campo d’esistenza, in cui la fiction
mediatica promuove, ad esempio, l’ideale di una corporeità smembrata e disanimata, e la
nuova gnosi da cyberspazio, detta le regole per un post-umanesimo privo di mondo, entro uno
scenario meramente funzionale.
Il soggetto, tuttavia, può trovare riconoscimento- e quindi possibilità di identificazione-
«soltanto accettando la propria alienazione fondamentale nella rete simbolica» (S. Žižek
2011:298), nel proprio costitutivo e quotidiano contraddire il dogma post-umano e solipsistico
del godimento e dell’autorealizzazione.
Carmagnola poi (2010: 125- 128) pone in evidenza l’istanza di delineare un’etica delle
immagini e a tale proposito sviluppa una serie di riflessioni che, partendo dallo scenario
dell’immaginario, portano ad un’etica della resistenza tenendo presente Adorno e Deleuze
relativamente al fatto che l’arte è ciò che resiste in contrapposizione al cosiddetto mondo
amministrato. Questa etica disegna una vera e propria tattica che comprende:
-l’astensione dalle immagini, un’astensione di fronte alla bulimia, all’eccesso di immagini;
-la fedeltà all’immagine simbolica ovvero il riconoscimento pieno del simbolico affermando
l’Arte come resistenza e posizione,
- il restare fedeli al desiderio (che ricorda il non cedere sul desiderio lacaniano), il riferimento
è l’Antigone e l’amore puro,
13
-maneggiare i sintomi ovvero considerare le immagini come sintomi, considerare i rimandi e
le implicazioni,
-cercare il punctum, ovvero delineare uno spazio significante che va dalle grandi immagini
classiche a forme che organizzano il vuoto (le scatolette di fiammiferi nella casa di Prevert
viste da Lacan) a immagini anamorfiche.
C’è, a questo punto, un ambito come dire, possibilista, che mi sembra corretto considerare
brevemente. Si tratta di quell’ambito di ricerche che considera non tutti i soggetti vittime di
un assoggettamento generalizzato.
In contrapposizione a Jameson, Habermas, Debord e Žižek, arruolati nel partito della critica,
più o meno radicale, della postmodernità vi sono altri intellettuali che individuano nel
postmoderno processi di risoggettivazione, linee di fuga, per così dire, creative.
Non si può non citare il classico Michel De Certeau (2001) il quale sostiene che i consumatori
non sono passivi perché svolgono un’incessante lavoro di produzione.
Secondo De Certeau i consumatori utilizzano qualsiasi cosa venga proposta sul mercato
secondo modalità proprie e, nel farlo, svolgono un incessante lavoro di “fabbricazione del
senso”.
In De Certeau c’è il potere-logos del controllo razionale e della tecnocrazia e, al di sotto, sono
presenti pratiche astute, pratiche presenti in un ampia area sociale che ha si l’immaginario
contaminato, ma fino ad un certo punto, che riesce anche a divertirsi spiazzando il consumo. E
De Certeau porta in primo piano categorie quali l’opacità,il bracconaggio, l’effimero, il gioco,
la singolarità, l’anonimità, il consumatore flaneur.
Si tratta delle cosiddette pratiche tricky, pertinenti ad un’etica trickster del truffatore,
dell’imbroglio, (F. Carmagnola 2006:177) relativa a strategie di gioco nel campo dei consumi
e della comunicazione. Si tratta di giocare la merce e di operare all’interno del sistema dei
consumi.
Abbiamo poi Michel Maffesoli (1988 2007) che delinea un immaginario postmoderno
variegato in cui, su uno sfondo New-Age, prendono forma: il reincantamento del mondo,
l’effervescenza dionisiaca di tipo tribale (è il tempo delle tribù, del nomadismo) ed una
estetizzazione generalizzata comprendente il cosiddetto immaginale. In questo immaginario-
in cui la fantasy fluttua liberamente, legandosi e slegantosi con la fiction ed in cui si cerca di
canalizzare il godimento di parti del Reale- l’elemento fondamentale è lo spirito comunitario,
un comune ethos in cui il corpo individuale si perde nel corpo collettivo e le immagini
condivise sono alla base del reincantamento del mondo, immagini diverse, multiple, che
entrano in risonanza creando una coesione che impregna la vita sociale nella quale il consumo
diviene funzionale all’aggregazione.
Chiudiamo queste riflessioni riferendoci ad una sequenza slapstick di Guido van der Werve
(Carmagnola 2010), relativa ad un terzo modo di intendere il sublime:
la distesa della banchisa polare,
un uomo si muove lentamente sul ghiaccio,
dietro una enorme nave rompighiaccio lo segue,
si sente solo il rumore del vento e del motore della nave
che avanza dietro l’uomo.
***
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2009, F. BRENTANO, La classificazione delle attività psichiche, Carabba, Lanciano.
2009, V. CODELUPPI, Tutti divi, Laterza, Bari.
2009, J. BUTLER, Soggetti di desiderio, Laterza, Bari.
2009, G. P. FABRIS, Societing – Il marketing nella società postmoderna, Egea,Milano.
2009, N. A. SALINGAROS, No alle archistar, il manifesto contro le avanguardie, Lib. Edit. Fiorentina, Firenze.
2009, I. MATTEUCCI, Il postmoderno. La comunicazione, i luoghi, gli oggetti, Liguori, Napoli.
2010, B. STIEGLER, La mécroissance, in Regards sur la crise : réflexions pour comprendre la crise… et
en sortir, con Alain Badiou, Miguel Benasayag, Rémi Brague, Dany-Robert Dufour, Alain Finkielkraut,
Élisabeth de Fontenay e al., Éditions Hermann, Paris.
2010, A. MARINO, L’economia nella società dello spettacolo e il soldout, in Quaderni CRAET DIAM
Sec. Univ. Napoli, Marzo.
2010, C. SANGIORGI, Il Marketing nella società postmoderna, www.ticonzero.info .
2010, V. CODELUPPI, Dalla produzione al consumo, F. Angeli, Milano.
2010, M. RECALCATI, L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, R. Cortina,
Milano.
2010, F. CARMAGNOLA, Abbagliati e confusi. Una discussione sull’etica delle immagini, C. Mariotti
Edizioni, Milano.
2010, S. TACCONE, Hans Haache.Il contesto politico come materiale, Plectica, Salerno.
2010, M. DE CERTEAU, L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma.
2011, V. CODELUPPI, Il ritorno del medium, F. Angeli, Milano.
2011, M. RECALCATI, Il miracolo della forma. Per un'estetica psicoanalitica, B. Mondadori, Milano.
2011, MAINYU, Alejandro Zaera-Polo , Int. Book Mark. Serv. Limited, London.
2011, S. ŽIŽEK, Vivere alla fine dei tempi, Ponte alle Grazie, Milano.
2012, M. RECALCATI, Ritratti del desiderio, R. Cortina Editore, Milano.
2014, M. L. MOMBELLI, www.archinfo.it
2014, I. GUANZINI, www.centridiricerca.unicatt.it/
Ref. Immagini
amando.it
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Pasquale Stanziale è docente di Filosofia Teoretica presso a Pontificia Facoltà
Teologica di Caserta e collabora con Università ed Agenzie di Formazione. Ha al suo
attivo un’ampia pubblicistica nel campo delle Scienze Umane. Collabora con la rivista
Civiltà aurunca per la parte socioantropologica. Tra le sue pubblicazioni
Omologazioni e anomalie (Caserta 1999), ricerca divenuta un classico degli studi
locali, Mappe dell’alienazione (Roma 1995), saggio di filosofia politica e la traduzione
del best-seller la Società dello spettacolo di G. Debord (Viterbo 2002). Ha curato
anche Il Manuale di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem
(Viterbo 2004) ed una antologia di autori situazionisti (Viterbo 1998). Tra le
pubblicazioni più recenti Cultura e società nel Mezzogiorno (Caserta 2007),
Materiali per un’economia politica dell’immaginario (Civiltà Aurunca n. 2 2008-
2012 Latina), Scenari tra economia e scienze umane (Quaderni Craet n. 11 Sec. Univ.
Napoli 3-2009), Cyberanalysis, (Quaderni Craet n. 14 – Sec. Univ. Napoli 6-2010).
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Stanziale seminario accademia s. luca 19.06.14

  • 1. Pasquale Stanziale SPAZI E DESIDERI NELL’ECONOMIA POLITICA DELL’IMMAGINARIO ACCADEMIA DI S. LUCA - ROMA Arti visive e Architettura nella Società del Consumismo corso a cura di PAOLO PORTOGHESI TESTO INCONTRO DEL 19 giugno 2014 ***** 1- Indicazioni di percorso 2- Slittamenti progressivi del desiderio 3- Dalla società dello spettacolo alla Nuova Babilonia 4-Lo statuto dell’Immaginario e la fantasmagorie della merce 5- Luoghi 6- Dall’ethos consumeristico alla Business Art 1 Indicazioni di percorso 1.1 1
  • 2. Le riflessioni che propongo riguardano l’economia politica dell’immaginario un ambito critico che vede coinvolte la filosofia, l’economia politica, l’estetica e la psicoanalisi di massa (i cosiddetti studi culturali). Questo perché l’immaginario è da tempo l’area in cui prendono forma processi e dinamiche strutturali in senso marxiano. E ciò ha incidenze notevoli in molti campi: dall’arte all’economia ai consumi. Iniziamo con una descrizione letteraria. “La nebbia, un muro spesso che sembra vagamente granito trasparente, ogni tanto si squarcia intorno alla figura, che per il resto però rimane nascosta […] La nave sembra procedere più lenta del solito. Marina mi dà la schiena e indossa una sublime giacca oversize di Prada. “ Una sublime giacca oversize di Prada, come scrive Easton Ellis (in F. Carmagnola 2006) nel suo Glamorama: una frase che nel suo sublime richiama il desiderio, l’immaginario e la merce. Cercherò di definire nelle note che seguono, tre aspetti del sublime. 2 Slittamenti progressivi del desiderio Il primo personaggio che convochiamo sulla scena dell’immaginario non può non essere che il desiderio umano. 2.1 Il termine desiderio corrisponde al latino cupiditas e al greco έπιθυμία relativi al significato di appetizione, ovvero il principio che muove l’uomo all’azione, ma anche, in una seconda accezione, l’appetizione di ciò che è piacevole. In Aristotele il desiderio è órexis che richiama il tendersi, lo sporgersi. Agostino intende il desiderio come amor, qualcosa da cui non si può sfuggire essendo proprio dell’essere umano. Spinoza inoltre definisce il desiderio come essenza dell'uomo esso è la proiezione dell'individuo verso gli oggetti, e non la «mancanza» dell'oggetto (E. Balibar 1988:102). 2.2 Ma è nella lettura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel operata da A. Kojève negli anni ’30 a Parigi che troviamo quelle caratterizzazioni del concetto di desiderio che saranno variamente sviluppate nella filosofia francese (e non solo). Kojève, si sa, tenne inchiodata per sei anni tutta l’intellighenzia francese- da Bataille a Sartre, a Lacan- alle sue lezioni sulla Fenomenologia dello spirito di Hegel. A tale proposito ritengo che l’Introduzione alla lettura di Hegel di Kojève (1996) rappresenti un inevitabile punto di riferimento. Per Kojeve (1996:20) «il desiderio umano differisce dunque dal Desiderio animale .... per il fatto che si dirige non verso un oggetto reale ma verso un altro Desiderio. Così, per esempio, nel rapporto tra l'uomo e la donna, il Desiderio è umano unicamente se l'uno non desidera il corpo bensì il desiderio dell'altro, se vuole “possedere” - o “assimilare” il Desiderio assunto come tale, se cioè vuole essere “desiderato”, “amato” o, meglio ancora, “riconosciuto” nel suo valore umano, nella sua realtà di individuo umano. La storia umana è la storia dei desideri desiderati.» (corsivi miei). 2
  • 3. E il desiderio di riconoscimento, desiderio antropogeno, connette Freud ad Hegel dato che questo riconoscimento ha a che vedere con la costruzione dell’io e quindi con il desiderio e l’immaginario. 2.3 Jacques Lacan- che riteniamo rappresenti un pensiero forte del ‘900- ebbene Lacan facendo propria la lezione kojèviana fa del desiderio uno dei fondamenti della sua teoria psicoanalitica (e della relativa clinica). (J. Lacan 1958-59 1974 1978 1982). 2.3.a- Per Lacan nel percorso della coscienza infelice troviamo anzitutto la originaria mancanza-a-essere. 2.3.b- Al successivo stadio pulsionale è connesso il vettore del desiderio orientato verso oggetti e sostituti. 2.3.c- Il desiderio quindi è dell’Altro: non siamo noi il soggetto che desidera, ma è l’Altro a desiderare, e questo Altro è l’inconscio con le sue strategie. Ma il desiderio umano è anche, come abbiamo visto, desiderio del desiderio dell’altro nel senso che vuole essere ciò che all’altro manca, la causa del suo desiderio. Conseguentemente: 2.3.e- il desiderio è un vettore, 2.3.f- il desiderio opera in relazione alla mancanza-a-essere, 2.3.g- il desiderio si avvita in una dinamica senza fine, ecco questo è inquietante, sul bordo di un vuoto che è propulsore e costitutivo del soggetto. 2.3.h- Il desiderio non si appaga come il bisogno, di un oggetto, ma si radica nell’immaginario del soggetto (J. M. Palmier 1972). La psicoanalisi contemporanea, infine, (M. Recalcati 2012) individua dieci tipi di desiderio, una galleria di ritratti che rispecchiano la realtà soggettiva contemporanea ma che nel tempo attuale conducono ad una realtà agghiacciante: l’uomo occidentale è ormai in preda ad una eclisse del desiderio, «condannato a perseguire un godimento schiacciato sul consumo compulsivo perennemente insoddisfatto.» (M. Recalcati 2012: 12). 2.4 Questa sommaria perimetrazione del desiderio umano, nella sua dialettica, nella sua ambiguità di fondo, nel suo rapporto con l’oggetto, il fatto che l’oggetto è desiderato per la sua soggettivazione: tutto ciò già indica che il desiderio umano, come l’immaginario, produce e può essere prodotto. Conseguenza di ciò è che il valore viene soggettivizzato a misura di desiderio: ciò che comporta la valorizzazione economica di aspetti immateriali, immaginari, simbolici. (F. Carmagnola 2006). 3 Dalla società dello spettacolo alla Nuova Babilonia Il secondo personaggio che convochiamo sulla scena dell’immaginario è un giovanotto francese, un filosofo particolare. La sua opera principale è un libretto accuratamente evitato dai manuali di filosofia, ma che rappresenta un segmento teoretico di estrema importanza nel pensiero del ‘900 per intuizioni, consapevolezze e profezie. Stiamo 3
  • 4. naturalmente parlando di Guy Ernest Debord, principale esponente del Situazionismo, e del suo La società dello spettacolo. 3.1- L’ambito filosofico-politico della Società dello Spettacolo di Debord, è un’area che molti autori che oggi si occupano di economia dell’immaginario non attraversano, per varie ragioni, ma che rimane, a nostro avviso, un ambito importante per una serie di motivi. -Debord (2002:43 segg.) sostiene che «L’intera vita delle società in cui dominano le moderne condizioni di produzione, si annuncia come un immenso accumulo di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione.» E che «Nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso.» Una consapevolezza che ci dice come ormai costitutiva delle nostre realtà sia un’alienazione spettacolare. -E per Debord «Lo spettacolo è il momento in cui la merce è pervenuta all’occupazione totale della vita sociale» (G. Debord 2002:58). 3.2 È possibile inoltre verificare come vi sia una corrispondenza tra la Sds ed alcune fasi economico-politiche. 1) Alla nascita dei mercati di massa corrisponde lo spettacolo concentrato, 2) la fase del ciclo storico che inizia negli anni ’50 caratterizzata dalle società del consumo di massa- richiama ampiamente lo spettacolare diffuso, 3) la fase infine che è caratterizzata dai consumi emotivi- ed è pertinente alla organizzazione economica post-fordista e al turbo-consumerismo- corrisponde, a quella dello spettacolo integrato nel suo senso ultimo, quando la spettacolarità secondo Debord (1997:194) (Lipovetsky 2007) «si è mescolata ad ogni realtà.» 3.5 Per quanto riguarda lo spettacolo allora esso non è una sovrastruttura - nel tradizionale linguaggio marxista - e neanche una simulazione (J. Baudrillard 1979). Esso, nel contesto della Sds, è allo stesso tempo: una figurazione dell'immaginario, una tecnica di produzione e un motore della circolazione del capitale. 3.6 3.7 Un esito pervasivo della società dello spettacolo riscontrabile nelle società avanzate, infine, è quello che Vanni Codeluppi (2011:91) chiama paradigma dello spettacolo/performance. Uno stato in cui nei soggetti non esiste più nessuna separazione tra la dimensione pubblica e quella privata. Nelle tendenze delle cosiddette società performative (N. Abercrombie B. Longhurst 1998) abbiamo che «la vita sociale viene percepita da parte di molti soggetti come una continua rappresentazione» (V. Codeluppi 2011:92). Si tratta, lo avvertiamo tutti, di una diffusa sindrome da audience ovvero il sentirsi continuamente sotto l’occhio di telecamere o parte di uno spettacolo. Ciò con le implicazioni linguistiche e di immagine conseguenti. Un’interconnessione continua, ormai costitutiva della quotidianità. La società dello spettacolo diviene quindi società dell’audience in cui «si guarda e si è guardati» (V. Codeluppi 2011:92), una società in cui tutti si sentono attori ed in cui una preoccupazione prevalente è quella del come mostrarsi nei social-network. 4
  • 5. 3.8-3.9 Relativamente alle risposte invertite alle domande di Debord troviamo che queste sono da tempo fatte proprie dal marketing di aziende, la deriva debordiana è sperimentata e istituzionalizzata da Facoltà di Architettura, come modo di leggere la città ed è presente in alcuni format TV nei quali vengono costruite situazioni emozionanti da attraversare. Che dire poi di quel gigantesco dètournement che prende il nome di postmoderno, quello che secondo Fredric Jameson (1994) è un immenso “simulacro immaginifico” tra stereotipizzazioni e nostalgie. I riferimenti- in questo caso- sono l’Hotel Bonaventure a Los Angeles e Pulp Fiction di Quentin Tarantino. 3.10 Sul situazionismo ci sarebbe ancora moltissimo da dire relativamente all’arte ed alla politica: ciò che richiederebbe un apposito tempo, ma penso che a questo punto possa risultare interessante illustrare sinteticamente il progetto d’arte integrale situazionista: l’urbanismo unitario, elaborato negli anni ‘60 a partire dalla critica avanguardista dell’arte moderna. I situazionisti volevano, come altri movimenti, trasformare la realtà, cambiare i bisogni delle persone a partire dalla costruzione di situazioni. I situazionisti erano colpiti dagli scritti di Henri Lefebvre e di Michael De Certeau che avevano esplorato nel campo della sociologia il principio della quotidianità e sviluppato una consapevolezza della struttura sociale della città organizzata in quartieri autoreferenziali, distinti sulla base di condizioni di lavoro, di classe e funzione, affidata a componenti tipici della macchina urbana funzionalista. (B. Schwartz 2000). È il 1959 l’anno in cui Constant Nieuwenhuys avvierà i lavori per la progettazione della sua New Babylon, la città utopica, anti-capitalista che sfiderà il dominio dell’immagine proposto da Fred Freedman. Lo scontro a distanza pone due posizioni inconciliabili tra loro: da un lato vi è un amore per l’immagine-icona, per l’immagine da abitare, per l’immagine che seduce e ammalia, dall’altro lo sforzo titanico di generare una nuova società proprio dall’abolizione della rappresentazione. Constant era persuaso dell’idea che solo un salto evolutivo potesse salvare la civiltà umana. Solo quando l’Homo Ludens avrebbe scansato l’ormai corrotto Homo Sapiens, saremmo stati pronti, come specie, ad affrontare la riprogettazione totale del nostro modo di abitare la Terra. L’Homo Ludens avrebbe vagato spinto inesorabilmente dalle proprie pulsioni, che lo avrebbero condotto ovunque in relazione al tessuto psicogeografico. (B. Schwartz 2000). Constant a metà degli anni ‘50 visita con Gallizio il campo degli zingari di Alba. È la prima volta che entra direttamente in contatto con la cultura nomade e che vede con i suoi occhi la reale possibilità di un diverso modo di abitare. È così che Constant concepisce il progetto di un accampamento permanente per i Gitani di Alba e questo progetto è all’origine della serie di disegni per New Babylon. Di una New Babylon dove si costruisce sotto una tettoia, con l’aiuto di elementi mobili, una dimora comune; un’abitazione temporanea, rimodellata costantemente; un campo nomade su scala planetaria. Da notare a questo punto come il progetto di Constant apra ad una profetica corrispondenza con il nomadismo postmoderno. 5
  • 6. Ma fondamentale- a mio avviso- per comprendere la visione situazionista dell’arte è il rapporto tra la critica della vita quotidiana e la critica dell’arte: l’arte come capacità di trasformare la vita quotidiana. Infatti quello che viene posto all’attenzione della critica di questi artisti è l’obiettivo di creare quello che sarà chiamato la “maison appassionante” una casa appassionante, emotiva, contro il modello costruttivista e strutturalista della “machine à abiter”, la macchina da abitare. Quindi contro l’urbanismo moderno, che secondo i situazionisti era ispirato dalle direttive della polizia, bisognava così costruire una, loro la chiamano così, “anarchia urbana” contro la razionalizzazione delle città. Un architettura barocca, quindi, ossia modellare l’architettura per far sognare, attraverso uno spazio ludico imprevedibile Quello che poi, ironia della sorte, è stato realizzato dei progetti architettonici e urbanistici dei situazionisti è stato quello di creare, appunto delle città dei divertimenti ma queste città dei divertimenti non hanno trasformato la realtà, ne hanno creato un’imitazione, hanno nuovamente stratificato il territorio. (G. Marelli 2005). 4 - Lo statuto dell’Immaginario e la fantasmagorie della merce Ma lasciamo gli utopiati situazionisti per tornare al tema dell’economia dell’ immaginario umano. Abbiamo individuato in precedenza il desiderio e la spettacolarizzazione come dimensioni proprie dell’immaginario. Ora cerchiamo di accostarci alle dinamiche proprie di questo registro soggettivo e di massa. 4.1 L’Immaginario è presente, a vari livelli, nella psicoanalisi contemporanea. 4.1.a- Abbiamo anzitutto il classico matema lacaniano L (J. Lacan 1974:50) relativo alla dialettica dell’intersoggettività In questo segmento teorico il soggetto nel suo originario desiderio si rivolge al primordiale oggetto del godimento ma questo suo desiderio è dell’ordine dell’impossibilità, conseguentemente instaura una relazione immaginaria con sostituti dell’oggetto del godimento attraverso i quali struttura il suo Io, ovvero il Moi alienato. Chi dirige tutto il gioco, però, è l’Altro assoluto dell’Ordine simbolico- il potere, le convenzioni- che lo domina e definisce il soggetto dal lato dell’Io e dal lato dell’inconscio (J. Lacan 1974:842). In questa teoria sono già chiaramente presenti elementi relativi a una economia dell’immaginario che si fa politica nella misura in cui il desiderio umano viene manipolato e il soggetto si presenta con un Io spossessato dalle realtà di dominio dal potere/ordine Simbolico/grande Altro. Costitutiva del soggetto è dunque un’alienazione che è strutturale e strutturante. In effetti questo matema si può dire che rappresenta una specie di DNA psichico, una struttura che mette insieme anche caso e necessità. 4.2 6
  • 7. In effetti qui già siamo nel pieno dello statuto dell’Immaginario. Il passo successivo è quello che riguarda il lacaniano nodo che unisce i tre Registri del soggetto, essenziali del campo psicoanalitico: l’Immaginario, il Simbolico e il Reale (RSI), registri del soggetto derivati dall’antropologia strutturale di Claude Lèvi-Strauss. 4.3 Ricordiamo che questa teoria lacaniana RSI è stata- ed è- oggetto di approfondimenti e di torsioni. Immaginario, simbolico e reale costituiscono una terna dialettica produttiva e di rilevante valore teoretico. In particolare questa teoria rappresenta un passaggio quasi obbligato oggi per l’estetica e la critica d’arte che, attraverso la rilettura hegeliana delle teorie lacaniane da parte di S. Žižek, il discusso- ma per noi assolutamente interessante- filosofo pop, hanno trovato ampie articolazioni per quanto riguarda, l’economia dell’immaginario. L’ Immaginario- è certamente il più importante dei tre registri dato che orienta il vettore del desiderio. Esso costituisce la struttura dell’Io (Moi). 4.4- «L’immaginario non realizza semplicemente un desiderio in modo allucinatorio: piuttosto, la sua funzione è simile a quella dello “schematismo trascendentale” kantiano: una fantasia qualunque costituisce il nostro desiderio, fornisce le sue coordinate; o meglio, letteralmente, “ci insegna come desiderare”» (S. Žižek 2004:19). È possibile schematizzare tre versioni interessanti di questo registro: l’immaginario come fantasy, come fiction, come simulacro. (Carmagnola 2007: 65). 4.5.a- L’Immaginario come Fantasy, dunque. Si tratta di una fantasia che orienta il desiderio . Questa Fantasy (M. Senaldi 2007), può essere intesa: 4.5.a.a- come schema attraverso cui oggetti concreti possono avere la funzione di oggetti del desiderio; 4.5.a.b- come intersoggettività accostando il carattere soggettivo del fantasma con il fantasma collettivo dell’illusione; 4.5.a.c-come ciò che riempie una lacuna o risolve un intoppo presenti in una narrazione/racconto della rete simbolica. 4.5.c-Abbiamo quindi l’Immaginario come Fiction. Un’apparenza che serve a costituire la realtà, ma anche la legge scritta simbolica (A. Piotti 1999). Fantasy e Fiction (Žižek 1999:203) sono interdipendenti e sono costitutivi del grande Altro. Ma hanno anche la funzione di plot, di trama, della fiction. 4.5.d- L’Immaginario come Simulacro. Questa versione dell’Immaginario è «la più inquietante» perché quando l’ordine simbolico collassa, si disintegra, il reale viene fuori. Emerge così il simulacro come spettro, fantasma: è l’ immaginario dell’orrore e dell’osceno del Reale non arginato dal simbolico. Si tratta della nostra situazione attuale, il cosiddetto «deserto del reale» žižekiano (Carmagnola 2006:203) in cui la corruzione generalizzata buca il simbolico facendo emergere l’orrore del reale. 4.6- Infine 7
  • 8. «L'immaginario è una cosa molto concreta. Come l'inconscio, è là fuori, nella città, per le strade. Basta guardare: il nostro sguardo ne è preda, vi si ammala. (F. Carmagnola 2007:70). [..] In altre parole l’immaginario pre-dispone o pro-getta, in una situazione storicamente differente, i quadri di quella specifica forma di alienazione che venne definita dapprima come industria culturale (M. Horkheimer T.W. Adorno, ed. 1997) e successivamente società dello spettacolo (G: Debord, ed 2002) o società dei simulacri .» (J. Baudrillard, 1979). Abbiamo poi il Simbolico- che tiene insieme Immaginario e Reale, -esso è costituente per il soggetto, -esso annoda e snoda l’Immaginario col Reale (J. Lacan 1974). 4.7-L’Ordine Simbolico lacaniano - o Grande Altro- comprende la legge e il potere. È l’Ordine che fa da barriera al Reale con le sue forme di godimento. L’accesso all’Ordine simbolico- rete dei significanti- linguaggio- comporta l’alienazione del soggetto (S. Žižek 1999 2000) ovvero il Simbolico «è l’ordine del soggetto in quanto assoggettato» (G. C. Contri 2001:128). 4.7.a- Carmagnola (2002) storicizza il Simbolico indicando nel postmoderno l’epoca della crisi di questo Ordine. Ma l’Ordine simbolico si caratterizza anche per il fatto che «è l’ordine del godimento in quanto comandato [..] regime dei godimenti forzati, compulsivi e dubbi.» (G. B. Contri 2001:130). Il film di riferimento è Blade Runner. Il collasso dell’Ordine Simbolico per Carmagnola (2006:203) «è sotto gli occhi di tutti, nei tre campi delle relazioni familiari, della società civile e delle istituzioni pubbliche». Il Reale, infine. 4.8- Questo registro si sottrae a qualunque simbolizzazione o significazione Il reale è il mostro di Alien, le figurazioni inquietanti nei film di David Linch, la gola di Irma per Freud. Il Reale resiste ad ogni rimozione e si presenta negli oggetti osceni dei fantasmi amorfi. Esso è, come abbiamo detto, strettamente connesso con il godimento- godimento che è diverso ed è al di là del piacere- godimento che, nell’era attuale, è obbligato, è al presente e deve essere esibito. Il Reale- da non confondere con la realtà- è l’impossibile, è l’inconscio in quanto indicibile. Diciamo che questo godimento è proprio della situazione perversa che caratterizza precisamente la società del consumo generalizzato (come diceva Pasolini, i sudditi diventano consumatori). Si assiste alla proliferazione di piccole jouissances e di discorsi inautentici, all’offerta ossessiva di gadget, di oggetti del desiderio fittizi attraverso cui si mantiene in vita il circuito del capitale: tale istanza si estende a tutto ciò che appare potenzialmente in grado di colmare una mancanza fondamentale – quella del vero Oggetto perduto. (I. Guanzini 2014). 4.8.a- Su questo percorso troviamo, per inciso, anche una lettura del crollo delle Torri Gemelle dell’11 settembre. Il reale che buca lo spessore della serie delle fantasmatizzazioni mediali e diviene evento coniugandosi con un immaginario-fiction. Paradossalmente, sostiene Žižek (2002), abbiamo che con questo evento è la realtà che copia lo spettacolo. Il Reale, infine è ciò che S. Benvenuto (in S. Žižek G. Daly 2006:19) chiama sindrome di derealizzazione: quando «non ci sentiamo più nella realtà familiare, e quindi percepiamo finalmente la realtà come .... Reale» ovvero il “che ci faccio io qu 8
  • 9. 5 - Luoghi 5.1 Bisogna quindi considerare il sistema circolare di interconnessioni che legano il Capitale, l’industria culturale, il soggetto- con il suo immaginario- ed il consumo: si tratta di interconnessioni dinamiche per cui: -nel rapporto tra industria culturale e soggetto abbiamo che l’immaginario viene attivato e quindi prodotto, -nel rapporto tra soggetto e consumo abbiamo che l’immaginario produce con il consumo. Ed è a questo punto che possiamo comprendere in modo più articolato perché una giacca oversize di Prada è sublime. Si tratta della fantasy dell’immaginario che concretizza, attraverso nella mitologia fashion, l’oggetto del desiderio, un immaginario pertinente ad una narrativa del glamour nel cuore, mercantile ed immateriale, del mondo contemporaneo nella confusione tra ruolo ed identità e tra accadimento e reality show. 5.2 Corrispondente al cosiddetto terzo spirito del capitalismo (E. Boltanski E. Chiapello 1999), abbiamo che l’Immaginario si fa componente principale del circuito economico. Questa economia, nel capitalismo dell’immaginario, si occupa della produzione di segmenti di immaginario sociale in grado di corrispondere alla fantasmagoria delle merci (W. Benjamin 1986) connettendo la produzione al consumo. inteso, 5.2.a- La merce come spettacolo ha nei luoghi-non luoghi – qui è d’obbligo ricordare Marc Augé (2009): i suoi santuari in cui il consumo diviene evento colorato da sensazioni ed emozioni ovvero dalla fabbrica al teatro, dalla merce come produzione alla merce come rappresentazione (G. Deleuze F. Guattari 2002). Non-luogo come luogo come spazio non-identitario, non-relazionale non-storico. Uno spazio caratterizzato dalla spettacolarità, fatto di immagini, per essere visto, fotografato, filmato e proiettato su uno schermo. Si tratta prevalentemente di luoghi in cui l’identità è quella delle nostre tessere di riconoscimento magnetico, delle nostre carte di credito 5.3 Gli outlet, come altri spazi di consumo sofisticati, agiscono sull’immaginario come fantasy attraverso schemi in cui la merce diviene oggetto del desiderio ed in cui il fantasma (lacaniano) soggettivo tende a coincidere con il fantasma collettivo dell’illusione. E, sempre nell’ambito dell’immaginario/fantasy, si ha che lo spazio di consumo, con la sue scenografia e la sua merce viene a costituire un testo pubblico in cui i soggetti sono incessantemente chiamati ad interagire per confronto con le loro fantasmatizzazioni. Nel quadro, poi, dell’immaginario/fiction si ha che tutto il plot è funzionale ad un simbolico il quale, ad una diversa visione delle cose, mostra come la scena sia falsa, dato che si tratta di un’architettura fatta solo di facciate decorative su volumi anonimi. Ovvero 9
  • 10. emerge, a questo diverso sguardo, una realtà di simulacri: è il reale che emerge con tutta la sua vacuità di fondo. «I Factory Outlet Center sono sostanzialmente megastrutture sceniche, di appeal estetico per il consumatore, che si sente così doppiamente gratificato: spende bene in ambienti architettonicamente attraenti.» (G. Ferrara M. Martorana 2005:7). Ma ciò che va compreso è perché la definizione di ambiente architettonicamente attraente coincida con un ambiente che simula – perché è evidente che si tratta di finzione scenica – il passato, che imita un luogo storico perfettamente conservato e riportato alla vita grazie alla nuova funzione commerciale e quindi che il processo di costruzione di questa riconoscibilità è, per così dire, fondato su un percorso di sottrazione di identità dell'architettura e del luogo. Gli Outlet, infine si inseriscono in modo organico in quell’orizzonte culturale postmoderno in cui è evidente la crisi dei cosiddetti modelli di profondità (F. Jameson 1994) riguardanti le dicotomie: interno/esterno, autenticità /inautenticità, essenza ed apparenza. 6 Dall’ethos consumeristico alla Business Art 6.1 I principale ambito strategico attraverso cui l’economia dell’immateriale- intesa come economia dei beni simbolici- principalmente opera e si realizza in relazione all’immaginario è l’industria culturale con i connessi ambiti del marketing, della pubblicità e dei media. 6.2 6.3 Il marketing e la pubblicità (che ne è una parte come promozione del prodotto) sono le aree principali dell’economia dell’immateriale nelle sue osmosi con l’immaginario individuale e collettivo. 6.4 Il marketing si presenta con tecniche sempre più sofisticate (tra le ultime quella del marketing esperienziale) tendendo a quel marketing virale di cui parla W. Gibson (2005) in un suo romanzo. Questa affermata tecnica assume, nel capitalismo del terzo millennio, quasi l’aspetto dell’heideggeriano compimento della metafisica nel suo essere parte di una diffusa strategia di controllo e di dominio che vede l’uomo come risorsa disponibile, sfruttabile e manipolabile. Il marketing, quindi, orientato verso la cultura di massa, vede l’affermarsi dei consumi emotivi, del turboconsumerismo, il formarsi di società edonistiche, l’ossessione della performance. Si giunge infine ad un homo felix “che ormai ha la felicità a portata di mano..” (G. Lipovetsky 2007:287). 6.4.a- La pubblicità come comunicazione, con la sua funzione ideologica, è una delle forme culturali dominanti, essa fornisce continuamente supporti al desiderio il quale è preda di strategie estetico-spettacolari (R. Sassatelli 2004). 6.5 6.6 10
  • 11. La televisone, poi, attua quella che Sartori (2000:111) definisce una “mutazione antropogenetica”, producendo l’homo “videns” che a differenza dell’homo sapiens è limitato nel pensiero razionale, difetta di capacità di astrazione e di capacità simbolica. 6.7 Sembra realizzarsi, in effetti, il consolidamento di quella società del controllo come la intendono G. Deleuze (1990) e M. Foucault (1978 1997). 6.8 Per quanto riguarda il soggetto biopolitico, il consumatore, esso ha un posto centrale. Scriveva W. Benjamin nei Passages (ed. 2002:167): «È qui che dimora l’ultimo dinosauro d’Europa, il consumatore. Sulle pareti di queste caverne la merce prolifera come una flora immemorabile, intrecciando come un tessuto ulcerato, i rapporti più sregolati.. » scrive Benjamin. «[…]il consumatore dialoga, consiglia, partecipa alla produzione (prosumer) e diventa così partner dell’azienda. Leggasi ConsumATTORE, un essere non facile da gestire e con il quale relazionarsi. Sopratutto perché in altre fasi diventa ConsumAutore o ConsumatoRe.» secondo C. Sangiorgi (2010). 6.9 Il consumatore come produttore rappresenta (Codeluppi 2008) un terzo fattore dell’attuale capitalismo dopo il processo di astrazione della società e dopo la transizione dall’economia materiale all’economia della conoscenza. (D. Cohen 2007 in V. Codeluppi 2008 e M. De Certeau 2001). Il consumatore produce e valorizza. Il consumatore come produttore . è partecipe della produzione di immaginario collettivo (V. Codeluppi 2010), . è attivo del quadro delle conquiste culturali (innovazione) (T. Frank 1997), . diviene ciò che consuma strutturando così la propria identità. (J. Baudrillard 1979). 6.10 6.11 Per concludere cerchiamo di dare uno sguardo al rapporto tra arte, società e consumo con un richiamo a forme estetiche di resistenza e di intervento. 6.12. L’ovetto Kinder è un oggetto che ossessiona da tempo psicoanalisti e filosofi. Questo oggetto del desiderio, metafora della negazione, nascondiglio di àgalma ecc. viene chiamato in causa anche da Slavoj Žižek (2011:343) nel quadro di una critica che riguarda l’architettura decostruttivista. Ma procediamo con ordine. La tesi del filosofo sloveno è che è possibile «applicare all’architettura la triade lacaniana di Immaginario, Simbolico e Reale che corrisponde vagamente alla triade di realismo, modernismo e postmodernismo. Per prima cosa abbiamo la realtà delle leggi fisiche a cui dobbiamo obbedire se vogliamo che un edificio si regga in piedi, delle funzioni concrete a cui deve adempiere, dei bisogni da soddisfare - tutta la serie di considerazioni pragmatico-utilitarie. Poi c’è il livello simbolico: significati che un edificio si suppone debba rappresentare ed esprimere. Infine c’è lo spazio immaginario: l’esperienza di coloro che vivranno o lavoreranno nell’edificio- come lo percepiscono, come lo sentono. Potremmo sostenere, scrive Žižek (2011:343), che uno dei caratteri che definiscono il postmodernismo è l’autonomizzazione di ognuno di questi tre livelli: la funzione è 11
  • 12. dissociata dalla forma e così via.[…] Il legame tra forma e funzione è reciso, non c’è nessuna relazione causale tra i due: la forma non segue la funzione, la funzione non determina più la forma, e il risultato è una estetizzazione generalizzata. Questa estetizzazione raggiunge il suo climax - per Žižek- nei grandi poli culturali multifunzionali contemporanei, la cui caratteristica fondamentale è il divario tra rivestimento e struttura. Formalmente il contrasto tra esterno e interno è di norma quello tra la sfericità del rivestimento e le linee rette delle strutture interne: un involucro curvo (una cupola a forma di uovo) avviluppa gli edifici interni a forma di scatola a linee verticali–orizzontali. […] Come il National Theater of China, con la sua gigantesca copertura in metallo e vetro, un guscio d’uovo che protegge gli edifici adibiti a spettacolo. [..] questo edificio è per Žižek , per una sorta di gigantesco Kinder Sorpresa. […] L’estetizzazione della pelle culmina-per il filosofo sloveno- nei cosiddetti edifici scultorei di Frank Gehry, dove la struttura esterna che avvolge l’interno funzionale non è più solo un guscio ma una scultura con un significato a pieno titolo, responsabile dell’effetto di un sublime- e questo è il secondo tipo di sublime che emerge dopo quello relativo alla giacca oversize di Prada- quello in cui prevale un immaginario come fantasy intersecato dalla fiction nella narrazione progettuale come bordatura del vuoto, il Das Ding heideggeriano-lacaniano o- se vogliamo- forma di sublimazione- […] Il mistero semiotico centrale dei poli culturali multifunzionali – dicevamo- è dunque il mistero di questo raddoppio del limite […] Perché un contenitore deve essere a sua volta contenuto?» (S. Žižek 2011:346 segg.). La risposta di Žižek, supportata dalle analisi di Zaera Polo (E. A. Mainyu 2011), Jameson (2007), Salingaros (2009), è che l’involucro rappresenta un dispositivo, dispositivo di isolamento e immunizzazione, una significazione politica per cui si inscatola una realtà liquida, schiume economiche (nel linguaggio di Peter Sloterdijk) uteri sociali, mondi-capsula autonomi. L’involucro dunque assume un valore politico: .nel superare la divisione tra interno ed esterno nel senso di racchiudere l’esterno stesso, un esterno protetto, schermato; .nel fatto che spesso si tratta di proteggere uno spazio pubblico privatizzato; .nel fatto che il luogo in cui si opera è quello del mercato globale; .nel fatto che, dal punto di vista del marketing, l’edificio, come il consumo, deve creare un’esperienza con un’atmosfera del luogo. 6.13 Mike Featherstone (1994:98) ha individuato con precisione i tratti caratteristici della nuova fase evolutiva della modernità: -crolla il mito dell’unicità del lavoro dell’artista, -si sviluppa un’Estetica della Sensazione, -vi è sovraccarico dell’immaginario e della simulazione, -e quindi abbiamo l’estetizzazione della vita quotidiana. Featherstone nota come gli abitanti delle città si fanno consumatori sempre più voraci di “merci simboliche” e come l’arte tenda a spostarsi progressivamente verso l’industria, attraverso il design, la moda e la pubblicità. Ed in ambito di sociologia dei consumi due concetti vanno ricordati. 12
  • 13. -1) Il concetto di mcdonaldizzazione dovuto a George Ritzer (2005:89), poi, che ha posto in evidenza come sia in atto l’adozione da parte delle principali istituzioni sociali (scuola, sport, politica, ecc.) del principio di razionalizzazione e standardizzazione nella gestione delle risorse della McDonald’s. Le variabili in questo caso sono: efficienza, calcolabilità, prevedibilità, controllo -2) Il concetto di “ disneyzzazione ” di Alan Bryman (V. Codeluppi 2005) che nota come le principali regole di funzionamento dei parchi a tema disneyani vengano progressivamente adottati dalle società avanzate nei loro principali settori d’azione. Secondo Bryman la disneyzzazione è caratterizzata da quattro principali aspetti: - la tematizzazione: opera un’attrazione che procura un’esperienza piacevole rendendo più probabili gli atti d’acquisto, - il consumo ibrido: le diverse forme di consumo sono sempre più connessa fra loro, - il merchandising, -il lavoro performativo: i lavoratori offrono una vera e propria performance spettacolare. 6.14 Rispetto a tutto quanto è stato posto in evidenza: processi, tendenze, strumentalizzazioni, repressioni, sviamenti, l’economia politica dell’immaginario trova già nel concetto di decolonizzazione una prima via di riscatto. Serge Latouche ritiene che «bisogna far uscire il martello economico dalla testa», che l’economia deve essere demistificata, in altri termini l’economia deve rivedere la sua collocazione, «bisogna far tramontare l’onnipotenza assolutista della razionalità» (S. Latouche 2004:132) e porre in primo piano l’etica e la salvaguardia ambientale. Diamo uno sguardo, infine, a spunti ed autori che si sono occupati di definire forme di resistenza, di comportamenti estetici reattivi e critici. Anzitutto il fatto che gli psicoanalisti contemporanei denunciano il dominio decisivo dell’Immaginario nell’epoca attuale, come questo immaginario- nella sua natura fantasmatica e infestante- stia corrompendo gravemente l’ordine politico e civile. L’Immaginario, infatti, coltiva sistematicamente un nuovo campo d’esistenza, in cui la fiction mediatica promuove, ad esempio, l’ideale di una corporeità smembrata e disanimata, e la nuova gnosi da cyberspazio, detta le regole per un post-umanesimo privo di mondo, entro uno scenario meramente funzionale. Il soggetto, tuttavia, può trovare riconoscimento- e quindi possibilità di identificazione- «soltanto accettando la propria alienazione fondamentale nella rete simbolica» (S. Žižek 2011:298), nel proprio costitutivo e quotidiano contraddire il dogma post-umano e solipsistico del godimento e dell’autorealizzazione. Carmagnola poi (2010: 125- 128) pone in evidenza l’istanza di delineare un’etica delle immagini e a tale proposito sviluppa una serie di riflessioni che, partendo dallo scenario dell’immaginario, portano ad un’etica della resistenza tenendo presente Adorno e Deleuze relativamente al fatto che l’arte è ciò che resiste in contrapposizione al cosiddetto mondo amministrato. Questa etica disegna una vera e propria tattica che comprende: -l’astensione dalle immagini, un’astensione di fronte alla bulimia, all’eccesso di immagini; -la fedeltà all’immagine simbolica ovvero il riconoscimento pieno del simbolico affermando l’Arte come resistenza e posizione, - il restare fedeli al desiderio (che ricorda il non cedere sul desiderio lacaniano), il riferimento è l’Antigone e l’amore puro, 13
  • 14. -maneggiare i sintomi ovvero considerare le immagini come sintomi, considerare i rimandi e le implicazioni, -cercare il punctum, ovvero delineare uno spazio significante che va dalle grandi immagini classiche a forme che organizzano il vuoto (le scatolette di fiammiferi nella casa di Prevert viste da Lacan) a immagini anamorfiche. C’è, a questo punto, un ambito come dire, possibilista, che mi sembra corretto considerare brevemente. Si tratta di quell’ambito di ricerche che considera non tutti i soggetti vittime di un assoggettamento generalizzato. In contrapposizione a Jameson, Habermas, Debord e Žižek, arruolati nel partito della critica, più o meno radicale, della postmodernità vi sono altri intellettuali che individuano nel postmoderno processi di risoggettivazione, linee di fuga, per così dire, creative. Non si può non citare il classico Michel De Certeau (2001) il quale sostiene che i consumatori non sono passivi perché svolgono un’incessante lavoro di produzione. Secondo De Certeau i consumatori utilizzano qualsiasi cosa venga proposta sul mercato secondo modalità proprie e, nel farlo, svolgono un incessante lavoro di “fabbricazione del senso”. In De Certeau c’è il potere-logos del controllo razionale e della tecnocrazia e, al di sotto, sono presenti pratiche astute, pratiche presenti in un ampia area sociale che ha si l’immaginario contaminato, ma fino ad un certo punto, che riesce anche a divertirsi spiazzando il consumo. E De Certeau porta in primo piano categorie quali l’opacità,il bracconaggio, l’effimero, il gioco, la singolarità, l’anonimità, il consumatore flaneur. Si tratta delle cosiddette pratiche tricky, pertinenti ad un’etica trickster del truffatore, dell’imbroglio, (F. Carmagnola 2006:177) relativa a strategie di gioco nel campo dei consumi e della comunicazione. Si tratta di giocare la merce e di operare all’interno del sistema dei consumi. Abbiamo poi Michel Maffesoli (1988 2007) che delinea un immaginario postmoderno variegato in cui, su uno sfondo New-Age, prendono forma: il reincantamento del mondo, l’effervescenza dionisiaca di tipo tribale (è il tempo delle tribù, del nomadismo) ed una estetizzazione generalizzata comprendente il cosiddetto immaginale. In questo immaginario- in cui la fantasy fluttua liberamente, legandosi e slegantosi con la fiction ed in cui si cerca di canalizzare il godimento di parti del Reale- l’elemento fondamentale è lo spirito comunitario, un comune ethos in cui il corpo individuale si perde nel corpo collettivo e le immagini condivise sono alla base del reincantamento del mondo, immagini diverse, multiple, che entrano in risonanza creando una coesione che impregna la vita sociale nella quale il consumo diviene funzionale all’aggregazione. Chiudiamo queste riflessioni riferendoci ad una sequenza slapstick di Guido van der Werve (Carmagnola 2010), relativa ad un terzo modo di intendere il sublime: la distesa della banchisa polare, un uomo si muove lentamente sul ghiaccio, dietro una enorme nave rompighiaccio lo segue, si sente solo il rumore del vento e del motore della nave che avanza dietro l’uomo. *** 14
  • 15. Bibliografia generale e di riferimento. 1942, S. C. PEPPER, Word hypotheses. A study in Evidence, Univ. of California Press, Berkeley. 1958-59, J. LACAN, Le Désir et son interpretation, Sem. inedito, EPHE, Paris. 1958 C. LÉVI-STRAUSS, Anthropologie structurale, Plon, Paris. 1965, R. GIRARD, Menzogna romantica e verità romanzesca, Bompiani, Milano. 1968, J. LAPLANCHE J. B. PONTALIS, Enciclopedia della psicoanalisi, Laterza, Bari. 1968, A. J. GREIMAS, Semantica strutturale, Rizzoli, Milano. 1972, G. DURAND, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Dedalo, Bari. 1972, J. P. PALMIER, Lacan, le simbolique et l’imaginaire, Ed. Universitaries, Paris. 1973 G. W. F. HEGEL, Fenomenologia dello spirito, La Nuova Italia, Firenze. 1974, J. LACAN, Scritti, Einaudi, Torino. 1974, J. BAUDRILLARD, Per una critica dell’economia politica del segno, Mazzotta, Milano. 1978, J. LACAN, Lacan in Italia, La Salamandra, Milano. 1978, J. LACAN , Gli scritti tecnici di Freud, Einaudi, Torino. 1978, J. F. LYOTARD, Economia libidinale, Colportage, Firenze. 1978, M. FOUCAULT, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano. 1979, J. LACAN, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi, Torino. 1979, J. BAUDRILLARD, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano. 1980, J. BAUDRILLARD, Simulacri e impostura. Bestie, Beaubourg, apparenze e altri oggetti, Cappelli, Bologna. 1982, J. LACAN, Radiofonia. Televisione, Einaudi, Torino. 1983, J. LACAN, Il Seminario. Libro XX. Ancora, Einaudi, Torino. 1983, A. WAHROL, La filosofia di Andy Wahrol, Costa & Nolan, Genova. 1984, U. ECO, Il modo simbolico, in Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino. 1986, W. BENJAMIN, Parigi, capitale del XIX secolo, Einaudi, Torino. 1998, C. CASTORIADIS, L’enigma del soggetto, Dedalo, Bari. 1988, G. BATAILLE, Hegel, l’homme et l’histoire, Gallimard, Paris. 1988, G. AGAMBEN, «Il fatto più inquietante dei libri di Debord è la puntualità con cui la storia sembra essersi impegnata a verificarne le analisi...», Glosse in margine ai Commentari alla Società dello spettacolo, Sugarco, Milano. 1988, E. BALIBAR, Il pensiero politico di Spinoza 14/12/ Interviste emsf. 1988, M. MAFFESOLI, Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne, Armando, Roma. 1989, G. BATESON, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano. 1989, A. TOFFLER, La terza ondata, Sperling & Kupfer, Milano. 1989, N. LUHMAN, L’autopoiesi dei sistemi sociali, in GENOVESI, BENEDETTI,GARBOLINO (a cura), Modi di attribuzione, Filosofia e teoria dei sistemi, Liguori, Milano. 1990, G. DELEUZE, Pourparlers (1972 – 1990), Ed. Minuit, Paris. 1991 S. ŽIŽEK, Looking Awry: An Introduction to Jacques Lacan through Popular Culture, Cambridge, Mass., MIT Press. 1992, M. FOUCAULT (1988), Tecnologie del sé, Bollati Boringhieri, Torino. 1992, P. SLOTERDIJK, Critica della ragion cinica, Garzanti, Milano. 1993, S. ŽIŽEK, Tarryng the Negative, Durham (NC), Duke University Press. 1994, A. BURGIO, in AA VV, Nuove servitù, manifestolibri, Roma. 1994, R. VANEIGEM, Internazionale Situazionista, 8/42 1963, Nautilus, Torino. 1994, F. JAMESON, Il postmoderno o la logica culturale del tardo capitalismo, Garzanti, Milano. 1994, J. BAUDRILLARD, Il sogno della merce, Lupetti, Roma. 1994, INTERNAZIONALE SITUAZIONISTA 1958-1969, (n. 12 numeri), Nautilus. Torino. 1994, M. FEATHERSTONE, Cultura del consumo e postmodernismo, Roma. 1994, F. CIARAMELLI in AA VV, Diffrazioni. La filosofia alla prova della psicoanalisi, Guerini, Milano. 1995, P. DELL’AQUILA, La società debole dai post-materialismi ai valori neo-borghesi, Congr. Un. Bologna 30.11- 1.12. 1995, M. RECALCATI, Per una introduzione alla logica dei discorsi, La Psicoanalisi n. 18 7/12, Astrolabio, Roma. 1995, A. SOUEIX, Il discorso del capitalista, La Psicoanalisi n. 18 7/12, Astrolabio, Roma. 1996, G. DELEUZE, Dialogues avec Claire Parnet, Éd. Flammarion, Paris. 1996b, G. DELEUZE, L’abécédaire de Gilles Deleuze, interviste televisive con C. Parnet dirette da P. A. Boutang, Vidéo Éd. Montparnasse, Paris. 15
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  • 19. Pasquale Stanziale è docente di Filosofia Teoretica presso a Pontificia Facoltà Teologica di Caserta e collabora con Università ed Agenzie di Formazione. Ha al suo attivo un’ampia pubblicistica nel campo delle Scienze Umane. Collabora con la rivista Civiltà aurunca per la parte socioantropologica. Tra le sue pubblicazioni Omologazioni e anomalie (Caserta 1999), ricerca divenuta un classico degli studi locali, Mappe dell’alienazione (Roma 1995), saggio di filosofia politica e la traduzione del best-seller la Società dello spettacolo di G. Debord (Viterbo 2002). Ha curato anche Il Manuale di saper vivere ad uso delle giovani generazioni di R. Vaneigem (Viterbo 2004) ed una antologia di autori situazionisti (Viterbo 1998). Tra le pubblicazioni più recenti Cultura e società nel Mezzogiorno (Caserta 2007), Materiali per un’economia politica dell’immaginario (Civiltà Aurunca n. 2 2008- 2012 Latina), Scenari tra economia e scienze umane (Quaderni Craet n. 11 Sec. Univ. Napoli 3-2009), Cyberanalysis, (Quaderni Craet n. 14 – Sec. Univ. Napoli 6-2010). Laclau & Mouffe: egemonie, socialismo, populismo,(La Sinistra Rivista- Mothly Review 5-2013). 19