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Ho scelto di analizzare un filmato piuttosto che un articolo, perché meglio desta l’attenzione e tiene
vivo l’interesse che in maniera non altrettanto proficua farebbe una pagina scritta, rischiando, anzi,
di tediare il lettore; e, motivo ancor più importante, perché non si viene influenzati dai giudizi
dell’autore, ma vi è la libertà di potersi creare una propria opinione in merito all’argomento trattato,
limitandosi alle osservazioni che emergono di primo acchito e svincolati da qualsiasi
condizionamento.

Certamente la prima osservazione che emerge spontanea può essere riassunta in una parola:
DISCRIMINAZIONE! E personalmente ritengo che chiunque (sia esso facente parte di qualsiasi
schieramento politico, di qualsiasi religione faccia parte o a qualsiasi filone di pensiero aderisca)
guardando nel filmato gli occhi lacrimanti di una madre che ha perso la propria figlia perché
all’ospedale non le è stata prestata la giusta attenzione in quanto “straniera” o con un diverso
“colore di pelle” non possa pensare a nient’altro se non questo.

Il compito assegnatomi è di riuscire a collegare all’argomento che ho scelto di trattare il pensiero di
alcuni filosofi razionalisti trattati in classe.
Ora, pare ovvio che il problema della discriminazione travalica i confini del tempo e dello spazio, in
quanto non è sicuramente un tema attuale e circoscritto nel contesto italiano, ma sentito da sempre e
che sempre è stato motivo di più o meno aspri conflitti.
Tuttavia mi limiterò ad analizzare come esso possa incontrare o almeno essere intersecato con la
filosofia di alcuni “grandi” che si dice abbiano fatto la storia, ma dei quali, in fin dei conti, non si
applica più il pensiero e dei quali si perde il valore delle parole, accantonate come una lontana
reminescenza.

CARTESIO: Primo grande razionalista, per l’utilizzo metodologico e analitico della Ragione, nel
nome delle cui rigorose leggi ha condotto il proprio percorso.
Trarrò dal suo ampio pensiero unicamente degli spunti sulla morale, che egli chiama “morale
provvisoria” ed enuncia in tre regole: la prima regola riguarda l’osservanza e il rispetto delle leggi
del proprio Paese, utili al vivere civile; la seconda legge consiste nel retto utilizzo della ragione per
mediare le passioni negative; ed, infine, la terza legge con la quale consiglia di cercare di
combattere “me stesso piuttosto che la fortuna, e di mutare i miei desideri piuttosto che l’ordine del
mondo; e, in genere, di abituarmi a credere che non c’è nulla, aldilà dei pensieri, che sia interamente
in nostro potere”.
Tre leggi che, se seguite, certo non porterebbero al problema della discriminazione razziale.
Se vi fosse, infatti, una corretta osservanza delle leggi nessuno sarebbe portato ad allontanare il
proprio prossimo in quanto “diverso” da lui, poiché in nessuna costituzione democratica potremmo
ritrovare questo precetto; oppure se conducessimo al meglio la nostra Ragione sopprimendo stati
d’animo quali l’odio, la rabbia o il desiderio di riscatto, troveremmo pace in noi stessi e la
applicheremmo anche agli altri; e ancora, se riuscissimo ogni tanto a mettere da parte noi stessi con
i nostri desideri (spesso opportunistici e/o frutto di egoismo), vedremmo più chiaramente i bisogni e
i desideri altrui, vivendo, così, certamente in un mondo assai migliore!

SPINOZA: Altro razionalista del pieno Seicento, altro “grande”, altro portatore di idee
rivoluzionarie. Anche di lui prenderò unicamente alcune tesi, conformi all’argomento, sostenute
nell’Etica e nel Trattato teologico-politico: importanti scritti stesi intorno al 1670, sul finire dei suoi
anni, quelli quindi, del pensiero più maturo.
Egli sostiene, nell’analisi della natura dell’uomo e dello Stato, che ognuno dovrebbe essere mosso
dalla “ricerca dell’utile” attraverso la cooperazione e il sostegno sociale, in quanto “all’uomo niente
è più utile dell’uomo” per significare quanto ci sia bisogno di coesione tra gli individui o, meglio
ancora, “che gli uomini che siano guidati dalla ragione […] non bramino per sé niente che non
desiderino anche per gli altri, e perciò sono giusti, onesti e fedeli” (dall’Emilio).
Dov’è finito questo importante precetto oggi? Lo si è buttato ai margini della strada, lo si è
calpestato o, alla meno peggio, modificato; rimangono ben pochi a questo mondo a seguirlo,
seppur, talvolta, inconsciamente.
“Il fine dello Stato non è quello di trasformare gli uomini da esseri razionali in bestie o automi.
Proprio il contrario, è quello di far sì […] che cessino di contendere tra loro con odio, collera,
inganni e di comportarsi in modo ingiusto nei loro mutui rapporti. In una parola: il fine
dell’organizzazione politica è la libertà” (dal Trattato teologico-politico).
Libertà? Ma di che cosa? Di chi soprattutto? Di singoli individui, di pochi eletti, si ma…gli altri?
Meditiamo gente…

PASCAL: Ultimo che tratterò, ma non certo ultimo in ordine d’importanza.
Credo il più indicato e meglio ritraente la situazione, forse a causa della meticolosa indagine svolta
sul carattere e sulle passioni dell’uomo, il quale viene da lui collocato nell’enorme abisso esistente
tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande.
Egli identifica, fra le altre cose, come suprema fonte d’inganno per la conoscenza umana, la
consuetudine e il pregiudizio, che seguono all’immaginazione.
Certamente è stato additato dai più come un filosofo estremamente pessimista e con una visione
della vita negativa, ma è innegabile che abbia portato alla luce grandi verità e temi forse lasciati
celati fino ad allora in quanto “scomode verità”.
Infatti, riconduce la causa dei mali e degli errori dell’uomo, all’amor proprio, quindi all’amore così
pervasivo di sé da tentare di nascondere qualsiasi imperfezione, camuffare la propria natura,
evitando la realtà dei fatti; e, in uno dei suoi pensieri, definisce questo male di vivere così: “La vita
umana non è che un’illusione continua; non si fa che lusingarsi e ingannarsi a vicenda. Nessuno
parla di noi in nostra presenza come ne parla in nostra assenza. L’unione che è tra gli uomini non è
fondata che su questo mutuo inganno. E poche amicizie sussisterebbero, se ciascuno sapesse ciò che
il suo amico dice di lui in sua assenza, sebbene allora ne parli con sincerità e senza passione.”
A primo impatto questo passo potrebbe sembrare poco significativo ai fini dell’argomento trattato,
in quanto non vengono affatto nascosti agli altri sentimenti d’odio o di rabbia, se ne dà anzi ampio
spazio.
Tuttavia un punto è ancora da chiarire: il rapporto tra i bambini, che sono i veri protagonisti di
questa storia e dei quali si è molto poco parlato.
Dal loro punto di vista come sono stati vissuti i rapporti tra i genitori in lotta? E come si sono
trovati nel momento del confronto con i propri coetanei? La risposta è facile, sicuramente la mente
intonsa e pura dei bambini non arriva, se non per l’influenza dei ragionamenti indotti dai genitori, al
concetto di “diverso”, perché, in fondo, cos’è “diverso”? e cos’è “uguale”? non c’è forse diversità
pure nell’uguaglianza e uguaglianza nella diversità?
Ecco, a proposito, i Pensieri di Pascal che con limpidezza definivano come il mondo della
corruzione, dei pregiudizi, della falsità non potesse che arrivare nell’età più avanzata, dopo
l’influenza subita da altri, ma che certo non potevano toccare l’innocenza dei bambini.
E così, con la fragilità e l’insicurezza che ci domina come fossimo “delle canne sbattute dal vento”
non facciamo altro che prendercela con chi ci contrasta, anche soltanto minimamente, per paura di
veder crollare il nostro castello di menzogne e di maschere instabilmente costruito sulla sabbia.

E sulla scia di un classico intramontabile, chiudo con alcune delle parole della canzone Imagine di
Jhon Lennon:
Imagine no possessions          (Immagina che non ci siano possessi,
I wonder if you can             mi chiedo se ci riesci.
No need for greed or hunger Nessun bisogno di avidità o fame,
A brotherhood of man             la fratellanza fra gli uomini.
Imagine all the people           Immagina tutte le persone
Sharing all the world...         condividere il mondo intero…)

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  • 1. Ho scelto di analizzare un filmato piuttosto che un articolo, perché meglio desta l’attenzione e tiene vivo l’interesse che in maniera non altrettanto proficua farebbe una pagina scritta, rischiando, anzi, di tediare il lettore; e, motivo ancor più importante, perché non si viene influenzati dai giudizi dell’autore, ma vi è la libertà di potersi creare una propria opinione in merito all’argomento trattato, limitandosi alle osservazioni che emergono di primo acchito e svincolati da qualsiasi condizionamento. Certamente la prima osservazione che emerge spontanea può essere riassunta in una parola: DISCRIMINAZIONE! E personalmente ritengo che chiunque (sia esso facente parte di qualsiasi schieramento politico, di qualsiasi religione faccia parte o a qualsiasi filone di pensiero aderisca) guardando nel filmato gli occhi lacrimanti di una madre che ha perso la propria figlia perché all’ospedale non le è stata prestata la giusta attenzione in quanto “straniera” o con un diverso “colore di pelle” non possa pensare a nient’altro se non questo. Il compito assegnatomi è di riuscire a collegare all’argomento che ho scelto di trattare il pensiero di alcuni filosofi razionalisti trattati in classe. Ora, pare ovvio che il problema della discriminazione travalica i confini del tempo e dello spazio, in quanto non è sicuramente un tema attuale e circoscritto nel contesto italiano, ma sentito da sempre e che sempre è stato motivo di più o meno aspri conflitti. Tuttavia mi limiterò ad analizzare come esso possa incontrare o almeno essere intersecato con la filosofia di alcuni “grandi” che si dice abbiano fatto la storia, ma dei quali, in fin dei conti, non si applica più il pensiero e dei quali si perde il valore delle parole, accantonate come una lontana reminescenza. CARTESIO: Primo grande razionalista, per l’utilizzo metodologico e analitico della Ragione, nel nome delle cui rigorose leggi ha condotto il proprio percorso. Trarrò dal suo ampio pensiero unicamente degli spunti sulla morale, che egli chiama “morale provvisoria” ed enuncia in tre regole: la prima regola riguarda l’osservanza e il rispetto delle leggi del proprio Paese, utili al vivere civile; la seconda legge consiste nel retto utilizzo della ragione per mediare le passioni negative; ed, infine, la terza legge con la quale consiglia di cercare di combattere “me stesso piuttosto che la fortuna, e di mutare i miei desideri piuttosto che l’ordine del mondo; e, in genere, di abituarmi a credere che non c’è nulla, aldilà dei pensieri, che sia interamente in nostro potere”. Tre leggi che, se seguite, certo non porterebbero al problema della discriminazione razziale. Se vi fosse, infatti, una corretta osservanza delle leggi nessuno sarebbe portato ad allontanare il proprio prossimo in quanto “diverso” da lui, poiché in nessuna costituzione democratica potremmo ritrovare questo precetto; oppure se conducessimo al meglio la nostra Ragione sopprimendo stati d’animo quali l’odio, la rabbia o il desiderio di riscatto, troveremmo pace in noi stessi e la applicheremmo anche agli altri; e ancora, se riuscissimo ogni tanto a mettere da parte noi stessi con i nostri desideri (spesso opportunistici e/o frutto di egoismo), vedremmo più chiaramente i bisogni e i desideri altrui, vivendo, così, certamente in un mondo assai migliore! SPINOZA: Altro razionalista del pieno Seicento, altro “grande”, altro portatore di idee rivoluzionarie. Anche di lui prenderò unicamente alcune tesi, conformi all’argomento, sostenute nell’Etica e nel Trattato teologico-politico: importanti scritti stesi intorno al 1670, sul finire dei suoi anni, quelli quindi, del pensiero più maturo. Egli sostiene, nell’analisi della natura dell’uomo e dello Stato, che ognuno dovrebbe essere mosso dalla “ricerca dell’utile” attraverso la cooperazione e il sostegno sociale, in quanto “all’uomo niente è più utile dell’uomo” per significare quanto ci sia bisogno di coesione tra gli individui o, meglio ancora, “che gli uomini che siano guidati dalla ragione […] non bramino per sé niente che non desiderino anche per gli altri, e perciò sono giusti, onesti e fedeli” (dall’Emilio).
  • 2. Dov’è finito questo importante precetto oggi? Lo si è buttato ai margini della strada, lo si è calpestato o, alla meno peggio, modificato; rimangono ben pochi a questo mondo a seguirlo, seppur, talvolta, inconsciamente. “Il fine dello Stato non è quello di trasformare gli uomini da esseri razionali in bestie o automi. Proprio il contrario, è quello di far sì […] che cessino di contendere tra loro con odio, collera, inganni e di comportarsi in modo ingiusto nei loro mutui rapporti. In una parola: il fine dell’organizzazione politica è la libertà” (dal Trattato teologico-politico). Libertà? Ma di che cosa? Di chi soprattutto? Di singoli individui, di pochi eletti, si ma…gli altri? Meditiamo gente… PASCAL: Ultimo che tratterò, ma non certo ultimo in ordine d’importanza. Credo il più indicato e meglio ritraente la situazione, forse a causa della meticolosa indagine svolta sul carattere e sulle passioni dell’uomo, il quale viene da lui collocato nell’enorme abisso esistente tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. Egli identifica, fra le altre cose, come suprema fonte d’inganno per la conoscenza umana, la consuetudine e il pregiudizio, che seguono all’immaginazione. Certamente è stato additato dai più come un filosofo estremamente pessimista e con una visione della vita negativa, ma è innegabile che abbia portato alla luce grandi verità e temi forse lasciati celati fino ad allora in quanto “scomode verità”. Infatti, riconduce la causa dei mali e degli errori dell’uomo, all’amor proprio, quindi all’amore così pervasivo di sé da tentare di nascondere qualsiasi imperfezione, camuffare la propria natura, evitando la realtà dei fatti; e, in uno dei suoi pensieri, definisce questo male di vivere così: “La vita umana non è che un’illusione continua; non si fa che lusingarsi e ingannarsi a vicenda. Nessuno parla di noi in nostra presenza come ne parla in nostra assenza. L’unione che è tra gli uomini non è fondata che su questo mutuo inganno. E poche amicizie sussisterebbero, se ciascuno sapesse ciò che il suo amico dice di lui in sua assenza, sebbene allora ne parli con sincerità e senza passione.” A primo impatto questo passo potrebbe sembrare poco significativo ai fini dell’argomento trattato, in quanto non vengono affatto nascosti agli altri sentimenti d’odio o di rabbia, se ne dà anzi ampio spazio. Tuttavia un punto è ancora da chiarire: il rapporto tra i bambini, che sono i veri protagonisti di questa storia e dei quali si è molto poco parlato. Dal loro punto di vista come sono stati vissuti i rapporti tra i genitori in lotta? E come si sono trovati nel momento del confronto con i propri coetanei? La risposta è facile, sicuramente la mente intonsa e pura dei bambini non arriva, se non per l’influenza dei ragionamenti indotti dai genitori, al concetto di “diverso”, perché, in fondo, cos’è “diverso”? e cos’è “uguale”? non c’è forse diversità pure nell’uguaglianza e uguaglianza nella diversità? Ecco, a proposito, i Pensieri di Pascal che con limpidezza definivano come il mondo della corruzione, dei pregiudizi, della falsità non potesse che arrivare nell’età più avanzata, dopo l’influenza subita da altri, ma che certo non potevano toccare l’innocenza dei bambini. E così, con la fragilità e l’insicurezza che ci domina come fossimo “delle canne sbattute dal vento” non facciamo altro che prendercela con chi ci contrasta, anche soltanto minimamente, per paura di veder crollare il nostro castello di menzogne e di maschere instabilmente costruito sulla sabbia. E sulla scia di un classico intramontabile, chiudo con alcune delle parole della canzone Imagine di Jhon Lennon: Imagine no possessions (Immagina che non ci siano possessi, I wonder if you can mi chiedo se ci riesci. No need for greed or hunger Nessun bisogno di avidità o fame, A brotherhood of man la fratellanza fra gli uomini. Imagine all the people Immagina tutte le persone Sharing all the world... condividere il mondo intero…)