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Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa
HEALTH
maggio/giugno 2017 - N°19
in evidenza
TUMORE ALL’OVAIO, UN MALE SILENTE DIFFICILE DA
DIAGNOSTICARE NELLA FASE INZIALE. INTERVISTA
ALLA DOTT.SSA ANNA BAGNATO, RICERCATRICE AIRC
malattie rare
scarsa
informazione
solidarietà
La Sindrome da
Cromosoma X Fragile
AIDS:
il Ministero della Salute
lavora un vademecum
conoscitivo
Banca delle Visite,
la nuova piattaforma
web solidale
Coopsalute
il primo network italiano in forma cooperativa
al servizio della salute e del benessere
PuntodiincontrotralaDomandael’Offertadiprestazionineisettoridell’Assistenza
SanitariaIntegrativa,deiserviziSocioAssistenzialieSocioSanitari,grazieaFamilydea
si rivolge anche al comparto del Welfare e dei servizi ai privati!
Coopsalute - Società Cooperativa per Azioni
Via di Santa Cornelia, 9 - 00060 - Formello (RM) - Italia | www.coopsalute.org | Facebook: Coopsalute
Per i servizi sanitari e socio
assistenziali, anche domiciliari:
800.511.311
Per le Strutture del Network o a coloro che intendano
candidarsi al convenzionamento:
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Nasce MyMBA, l’app dedicata ai soci di Mutua
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direttamente dal tuo smartphone o tablet.
Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione
e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare.
Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il
Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere.
In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e
collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato
sulla Cura Totale della persona.
Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto
nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci
consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie.
ITALIA
“La salute è la più grande forza
di un popolo civile”
Health Online
periodico bimestrale di
informazione sulla Sanità
Integrativa
Anno 4°
maggio/giugno 2017 - N°19
Direttore responsabile
Nicoletta Mele
Direttore editoriale
Ing. Roberto Anzanello
Comitato di redazione
Alessandro Brigato
Mariachiara Manopulo
Giulia Riganelli
Direzione e Proprietà
Health Italia
Via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
info@healthonline.it
Tutti i diritti sono riservati.
Nessuna parte può essere
riprodotta in alcun modo senza
permesso scritto del direttore
editoriale. Articoli, notizie e
recensioni firmati o siglati
esprimono soltanto l’opinione
dell’autore e comportano di
conseguenza esclusivamente la
sua responsabilità diretta.
iscritto presso il Registro
Stampa del Tribunale di Tivoli
n. 2/2016 - diffusione telematica
n.3/2016 - diffusione cartacea
9 maggio 2016
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Giulia Riganelli
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potrai scaricare la versione
digitale di questo numero e
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web ogni uscita!
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Health Online contatta
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HEALTH
Dalle colonne del nostro periodico affrontiamo, con la
massima chiarezza da sempre i temi inerenti la sanità
con la ferma convinzione che la salute sia il primo dovere
di ciascuno di noi e verso i nostri cari e un diritto sancito
costituzionalmente ed in questa prima parte dell’anno 2017
ci sembra opportuno quindi fare il punto della situazione
per comprendere bene cosa dobbiamo fare tutti insieme.
Nel 2016 la spesa complessiva che in Italia è stata utilizzata
per la sanità ha raggiunto, secondo le più recenti stime,
149 miliardi di euro, dei quali 113 circa di spesa pubblica e
poco più di 36 di spesa out of pocket.
La spesa pubblica ha raggiunto un livello che, se correlato
alla situazione economica generale e del paese,
difficilmente potrà essere incrementato di molto e che,
comunque, a fronte di qualsiasi incremento difficilmente
potrà soddisfare le necessità sanitarie di ogni cittadino,
fermi restando gli attuali indici di invecchiamento della
popolazione, di ampliamento della scienza medica e di
sviluppo delle tecnologie sanitarie.
Da una recente analisi risulterebbe che, se fossero
efficientata la gestione, reso più efficace il modello,
razionalizzate le procedure, governate meglio le forniture
ed evitati gli sprechi, degli attuali 113 miliardi di euro spesi
per la sanità pubblica ben 22 miliardi potrebbero essere
meglio finalizzati alle cure ed alla prevenzione.
Al di là di comprendere la validità economica dei
parametri stimati quello che ci preme sottolineare è che
la spesa sanitaria pubblica richiede oggi indispensabili
ed opportuni interventi mirati a garantire una maggiore
efficienza, rimanendo però fermo il concetto che la
valutazione degli indici sulla vita media e sulla crescita
della scienza medica impongono la scelta obbligata di
indirizzare questo denaro verso le fasce più deboli della
popolazione, essendo impossibile incrementare in modo
sensibile l’esborso dello stato ed essendo impossibile che
tale esborso sia sufficiente a consentire cure complete a
tutti.
Di controverso la spesa privata cresce in maniera sostenuta e
la tendenza statistica ci indica che crescerà necessariamente
in questo modo per oltre 10 ulteriori anni, ma i dati ci dicono
che viene utilizzata non in maniera corretta.
Infatti degli oltre 36 miliardi di euro che gli italiani
spendono per la propria salute solo 4,5 miliardi sono
intermediati e di questi solo 2,5 miliardi sono intermediati
da forme di sanità integrativa mentre altri 2 miliardi sono
intermediati dalla sanità privata.
Si può quindi ragionevolmente sostenere che il mercato
della sanità integrativa sarà un mercato in forte crescita
per almeno i prossimi 10 anni con evoluzioni sempre
più marcate mano a mano che sempre più aziende e
cittadini comprenderanno che la soluzione per la salute di
dipendenti ed individui sta nella sanità integrativa.
La sanita integrativa, che viene gestita dagli enti a questo
dedicati quali Fondi Sanitari, Società di Mutuo Soccorso e
Casse di Assistenza Sanitaria, che ricordiamo essere enti
senza scopo di lucro governati dalle complete ed articolate
legge vigenti, si sta intensamente rinnovando in termini sia
di qualità dei servizi offerti che di modalità di erogazione
delle prestazioni e sarà in grado di soddisfare le necessità
sanitarie di sempre più ampie fasce della popolazione, oltre
i circa 9 milioni di associati che oggi già ne usufruiscono,
mano a mano che sempre più cittadini vorranno usufruire
di questa soluzione, che essendo basata sul concetto di
mutualità consente di massimizzare l’efficienza maggiore è
il numero degli aderenti.
Diventaquindisemprepiùveroilfattochelasanitàintegrativa,
gestita dagli enti che la legge disciplina essere dedicati
a questo, non è una forzatura del sistema ma una scelta
opportuna che consente di ottenere un corretto equilibrio tra
spesa pubblica, diritti dei cittadini ed equità sociale.
Con questi dati che confermano quello che sosteniamo
da tempo la strada è già tracciata e dobbiamo tutti essere
consapevoli che non si tratta di valutare delle possibili
opzioni ma di seguire con determinazione una scelta
strategica che appare ogni giorno sempre più necessaria:
l’efficientamento della sanità pubblica e l’ampliamento
della sanità integrativa dovrebbero diventare uno modus
operandi che ciascun governante, ogni politico, tutti i
cittadini e qualsiasi azienda dovrebbe fare proprio.
Solo in questo modo daremo corpo al nostro dovere verso
la salute di ciascuno di noi ed al diritto costituzionale ad
una buona salute per ognuno, creando un mercato della
sanità sano ed in crescita con soluzioni opportune di sanità
pubblica e di sanità integrativa.
Una scelta opportuna per operare la quale è sufficiente
che ognuno faccia la propria parte con buona pace di
coloro che per interessi economici, corporativi o di settore
tentano di confondere le acque a dispetto di una chiarezza
che è espressa dai numeri, dalla logica, dalle leggi e dai
diritti sociali.
A cura di Roberto Anzanello
editoriale
Un mercato in crescita e soluzioni opportune:
una scelta necessaria
ommari
21
12
15
10
24
Don Arice denuncia la
cultura dello scarto
La nuova
responsabilità sanitaria
Ulcera peptica, una malattia
da non sottovalutare
Banca delle Visite,
la solidarietà viaggia sul web
Tumore all’ovaio, un male silente
difficile da diagnosticare nella fase inziale
in evidenza
18
Malattie rare: la Sindrome
da Cromosoma X Fragile
27
Menopausa, l’importanza
di viverla al meglio
ommari
34
L’adroterapia contro
i tumori nei nuovi lea
36
32
Le ricette
della salute
AIDS: scarsa informazione. Il Ministero della Salute
lavora un vademecum conoscitivo
30
Emorroidi: una patologia
tra tabù e imbarazzo
Health tips
Sapevi che...
Sapevi che la pratica dello scrub era già conosciuta
in Grecia ed in Medio Oriente? Si trattava di un rituale
di purificazione da effettuare prima della preghiera.
Oggi, come pratica di bellezza, viene utilizzata per
favorire la nascita di un nuovo strato di pelle,
nonché l’ossigenazione. Effettua regolarmente questa
buona pratica, il risultato sarà
una pelle più liscia e rinnovata,
ma non dimenticare
di utilizzare a fine
trattamento una crema
idratante.
I reni sono i Signori delle
acque del corpo: depurano
il sangue e mantengono
l’equilibrio della pressione
ematica nei vasi sanguigni.
Per mantenerli sani è utile
assumere un bicchiere
di acqua tiepida la
mattina a digiuno, sudare
regolarmente e bere tisane
o infusi come quelli
all’ortica, potente diuretico
naturale e previene la
formazione della renella, o
alla bardana.
Il grano saraceno regola la pressione sanguigna, grazie
all’apporto di magnesio. Ha proprietà diuretiche e
rafforza l’intestino. Grazie al suo alto contenuto di
vitamine del complesso B, è consigliato per persone
che soffrono di disturbi al fegato.
Il nostro cervello, se allenato,
può invecchiare più
lentamente rispetto al nostro
corpo. Alcuni studi hanno
inoltre evidenziato come certi
videogiochi possono
aiutare le persone anziane
a tenere la mente in attività.
L’esame audioemtrico è
un esame ambulatoriale in
grado di fornire indicazioni utili
sull’udito del paziente sia dal
punto di vista quantitativo
che da quello qualitativo.
All’interno di una “cabina
silente”, lo specialista esegue
un’audiometria tonale,
misurando la soglia uditiva
per via aerea e via ossea,
per ricevere informazioni
sulla capacità uditiva, e
un’audiometria vocale,
per valutare la capacità di
comprensione delle parole da
parte del paziente.
Sapevi che l’olio di avocado aiuta a contrastare
le smagliature? Contiene infatti sostanze come
vitamine A, D ed E ed oltre il 20% di acidi grassi
essenziali insaturi, veri rigeneratori della cute.
Abbinandolo a qualche goccia di oli vegetali o
essenziali (da utilizzare sia durante
il massaggio che in un bagno
rigenerante) ne aumenti l’effetto;
i più indicati sono l’olio di rosa
mosqueta e l’essenza di neroli.
Molto ricco di
vitamina C e di
luteina, uno dei più
potenti antiossidanti
in natura, il kiwi
fa bene al cuore,
alla vista, agli
sportivi, combatte
l’invecchiamento
e la stitichezza:
meno maturo è il frutto
e più forte sarà il suo
potere lassativo.
10
Banca delle Visite,
la solidarietà viaggia sul web
a cura di
Mariachiara Manopulo
Duepuntozero Doxa ha realizzato un’interessante ricerca
per PayPal Italia e Rete del Dono. Si chiama “Donare 3.0”,
e conferma come oggi gli italiani siano sempre più digital
anche per quanto riguarda la solidarietà.
Rispetto al 2014, nel 2015 sono stati infatti il 4% in più le
persone che hanno voluto fare beneficienza online.
I donatori “regolari” sono un po’ diminuiti, ma sempre più
italiani scelgono di fare una donazione a un’associazione
o di acquistare un regalo solidale per qualche ricorrenza
particolare.
Le associazioni alle quali sono state fatte donazioni nel 2015
sono state principalmente quelle legate alla categoria
“Salute e alla ricerca” (60%),
seguite da “Assistenza sociale”,
“Sostegno e servizi per disabili”
e “Tutela dell’ambiente e degli
animali”.
Internet è quindi la chiave di
volta per avere informazioni,
scegliere e decidere come
donare, anche con poco
tempo a disposizione. Sono
sempre di più le charity presenti
sul web che danno agli utenti la
possibilità di fare una donazione
in modo facile e veloce.
Curarsi sta diventando sempre
più costoso: il Servizio Sanitario Nazionale, si sa, soprattutto
in molte regioni italiane ha i suoi (lunghi) tempi, e non tutti
possono permettersi di aspettare la scalata delle liste di
attesa. Allora ci si può rivolgere al privato, con costi ben
diversi…
Ed ecco che ScegliereSalute, start up del gruppo Health
Italia, nota per essere il “Tripadvisor” della sanità, ha deciso
di fare la sua parte, creando la Banca delle Visite. Si tratta
di una piattaforma web in cui i cittadini, ma anche le
aziende, possono acquistare una visita medica presente
in un elenco, oppure donare una somma di denaro libera
che concorrerà, assieme alle altre donazioni, all’acquisto
di visite o prestazioni. A custodire le donazioni raccolte ci
pensa la Fondazione Basis, un ente no-profit dedicato alla
promozione e lo sviluppo di iniziative culturali, educative,
formative, integrazione sociale e assistenza sanitaria.
L’obiettivo è aiutare chi non può permettersi una visita
medica a pagamento, chi non può attendere i tempi
del Servizio Sanitario Nazionale, e chi ha bisogno di cure
immediate. Sono più di 12 milioni, secondo gli ultimi dati, i
cittadini italiani che nell’ultimo anno, prevalentemente per
motivi economici, hanno rinviato o rinunciato a curarsi.
E allora, perché non aiutarli, donando direttamente una
visita? È la filosofia del caffè sospeso, tanto in voga a Napoli
già nel secondo Dopoguerra.
Il cittadino che ne avrà bisogno, potrà richiedere una delle
prestazioni disponibili in Banca. La selezione del beneficiario
della visita è a cura della Fondazione Basis. “Ricevuta una
richiesta – ha spiegato Giuseppe Lorusso, fondatore di
ScegliereSalute – il cittadino viene messo in contatto con il
medico o il centro. E la onlus paga la prestazione utilizzando
i soldi del conto”.
Chi fa una richiesta deve inviare
un’autodichiarazione sulla
privacy e sul proprio stato di
indigenza, assieme a un video
di presentazione: “È un modo
perché ci mettano la faccia –
afferma Lorusso – non abbiamo
altri strumenti per controllare
la buona fede dei nostri
interlocutori. Ma fino a oggi
abbiamo raccolto esperienze
davvero toccanti, che ci fanno
capire la validità del nostro
progetto”.
Sul sito sono disponibili i video di chi ha già avuto una visita in
dono, ma anche l’elenco delle aziende sostenitrici.
La Banca delle Visite è un progetto di solidarietà forte,
innovativo, e importante, che si serve della rapidità del web
per regalare a più persone possibili – bisognose – la possibilità
di garantire il diritto alla salute.
Per maggiori informazioni:
https://www.sceglieresalute.it/la-banca-delle-visite
Ua piattaforma web in cui
acquistare una visita medica
presente in un elenco, oppure
donare una somma di denaro
libera che concorrerà, assieme
alle altre donazioni, all’acquisto di
visite o prestazioni
11
Caritas della Parrocchia di
San Lorenzo Martire
La Fondazione ha elaborato un
sussidio sanitario che consente la
copertura di spese per medicinali
e spese mediche che il Servizio
Sanitario nazionale non copre
adeguatamente. In questo modo
i costi medici sostenuti dalle
famiglie sono alleggeriti e le stesse
famiglie sono stimolate a curare e
preservare la loro salute!
museo del mutuo soccorso
La Fondazione ha ereditato da MBA
la collezione del Museo del Mutuo
Soccorso; il museo, nato con la volontà
di raccogliere significative testimonianze
sulla storia del movimento mutualistico
dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato
di salvaguardare e rendere fruibile al
pubblico i beni attualmente in dotazione e
dall’altro di promuovere la conoscenza e
la ricerca sul tema della Mutualità.
La Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBA, Health Italia e
Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della
Sanità Integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio-
sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi,
nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza
didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti.
Fondazione Basis | Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM) | www.fondazionebasis.org | info@fondazionebasis.org
supportare
favorire
promuovere
Un servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile!
Tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:
12
Ulcera peptica, una malattia
da non sottovalutare
a cura di
Nicoletta Mele
Disturbi durante la digestione con mal di stomaco
accentuato? Potrebbero essere i sintomi dell’Ulcera
Peptica, ovvero un’erosione, più o meno profonda, del
rivestimento interno dello stomaco o del duodeno, che
si verifica quando l’acidità dei succhi gastrici, necessaria
per digerire i cibi, danneggia le pareti dello stomaco o del
duodeno.
Ne esistono due tipi, distinti sulla base della localizzazione e
delle cause: gastrica o duodenale.
Qualisonolecauseeisintomidellamalattia?Comeavviene
la diagnosi e quali sono gli esami ai quali sottoporsi? E, se
trascurata, l’ulcera peptica potrebbe dare luogo a delle
complicanze?
L’abbiamo chiesto alla dottoressa Federica Fabris,
Gastroenterologa presso
Healthbay Clinic a Dubai.
Dottoressa Fabris che
cos’è l’ulcera peptica e
qual è la differenza tra
ulcera gastrica e quella
duodenale?
“Con il termine ‘ulcera
peptica’ si definisce una lesione profonda della mucosa
gastrica o duodenale. L’ulcera gastrica e l’ulcera
duodenale differiscono per localizzazione e a volte per
eziologia, ma hanno in comune il processo fisiopatologico,
le complicanze e un quadro sintomatologico caratterizzato
da dolore o bruciore post-prandiale in regione epigastrica,
tipicamente subito dopo i pasti nel caso di ulcera gastrica
e alcune ore dopo nel caso di ulcera duodenale. Nello
stomaco viene prodotta una grande quantità di acido,
necessario per la digestione del cibo, ma potenzialmente
nocivoperiltrattodigerente.Esistonoquindideimeccanismi
protettivi, deputati a mantenere l’integrità della mucosa
gastrica e duodenale. Se il bilancio tra elementi protettivi
ed elementi dannosi viene alterato, allora inizia il processo
infiammatorio a carico dello stomaco e duodeno, che
prevede fondamentalmente 3 gradi di severità: iperemia
(arrossamento), erosione (danno superficiale) ed ulcera
(danno profondo). I fattori che possono alterare questo
equilibrio sono molteplici: farmaci quali gli anti-infiammatori
non steroidei (FANS) e l’aspirina, l’infezione da Helicobacter
pylori, l’eccessivo consumo di alcol, l’eccessiva presenza
di sali biliari prodotti dal fegato e rilasciati dalla colecisti,
patologie in cui vengono prodotti ormoni in grado di
stimolare eccessivamente la produzione di acido da parte
dello stomaco, ecc... Ulcera gastrica e ulcera duodenale
hanno inoltre in comune le possibili complicanze nel
caso non siano trattate o riconosciute tempestivamente,
principalmente il sanguinamento e la perforazione. Seppur
in declino, l’ulcera peptica resta ad oggi una patologia
alquanto comune, con un’incidenza annua pari al 0.10-
0.19%. Si stima inoltre che ad un certo punto della vita, il
10% della popolazione mondiale svilupperà un’ulcera
peptica”.
Come si fa a capire se si soffre di ulcera peptica?
“Il sospetto di ulcera peptica viene posto in base ai sintomi
lamentati dal paziente e alla sua anamnesi (farmaci assunti,
abitudini alimentari, patologie associate, storia familiare).
In questo caso, lo specialista prescrive un trattamento
farmacologico e ne valuta la risposta, rivedendo il paziente
dopo2/3settimanedalprimocontrollo.Nelcasodimancata
risposta (nessun miglioramento dei sintomi) si sottopone il
paziente ad endoscopia (esofagogastroduodenoscopia).
Per avere una diagnosi definitiva, infatti bisogna ricorrere
ad esami radiologici o all’endoscopia. Quest’ultima è
l’esame preferibile, in quanto permette non solo di avere
una visione diretta dello stomaco e duodeno, ma anche di
eseguire biopsie ed eventualmente intervenire per arrestare
un sanguinamento. Grazie all’elevata efficacia del
trattamento medico (farmaci chiamati inibitori di pompa
protonica, detti PPI), l’endoscopia non è indicata in tutti i
pazienti in prima battuta, ma solo nel caso di campanelli
d’allarme o di mancata risposta al trattamento”.
Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare?
“Sono una significativa perdita di peso, inappetenza
persistente, vomito ricorrente, segni di sanguinamento,
anemia, difficoltà o dolore alla deglutizione, dolore
improvviso acuto e persistente nella regione epigastrica,
sudorazione profusa, tachicardia”.
Per lungo tempi i disturbi dell’ulcera peptica sono stati
attributi a stili di vita scorretti e stress che provocano un
aumento dell’acidità gastrica, invece oggi le cause sono
anche altre. Quali?
“Lo stile di vita gioca sempre un ruolo importante nello
sviluppo dell’ulcera peptica (eccessivo consumo di alcolici,
di cibi grassi, di caffeina, il fumo di sigaretta), ma le due
cause più comuni di ulcera peptica sono l’uso di farmaci
anti-infiammatori (FANS) e l’infezione da Helicobacter Pylori.
Questo batterio è in grado di danneggiare direttamente
la parete gastrica e di causare una eccessiva esposizione
del duodeno all’acidità gastrica. La concomitante
presenza del batterio all’uso/abuso di FANS ha un effetto
nocivo sinergico. Va comunque ricordato che l’infezione
da Helicobacter pylori è molto diffusa (più di metà della
popolazione mondiale è portatrice del batterio) ma la
13
presenza del batterio nel nostro stomaco non comporta
automaticamente lo sviluppo di ulcera peptica, se i
meccanismi di protezione sono adeguatamente efficaci”.
Chi sono i soggetti a rischio?
“I consumatori cronici di FANS/
aspirina, gli obesi, gli anziani, gli
immunocompromessi, i pazienti con
estese ustioni o traumi cerebrali”.
È importante che l’ulcera peptica sia
riconosciuta e curata tempestivamente,
perché nel tempo può portare a
complicazioni talvolta molto serie. Quali
possono essere le complicanze di una
diagnosi tardiva?
“L’ulcerapepticanontrattatapuòandare
incontro a complicanze severe, quali il sanguinamento (più
comune), la perforazione e l’occlusione gastrointestinale,
quest’ultima soprattutto nei casi cronici e recidivanti.
L’associazione tra ulcera peptica e sviluppo del cancro
gastrico non è ad oggi chiara ed è tutt’ora argomento di
ricerca e dibattito”.
Quali cure vengono proposte al paziente?
“Il farmaco di prima scelta è l’inibitore di pompa protonica
(PPI), in grado di ridurre drasticamente la produzione di
acido da parte dello stomaco. Possono poi essere aggiunti
farmaci in grado di formare uno strato protettivo sulla
mucosa gastrica. È poi necessario eseguire la ricerca
dell’Helicobacter pylori (o nelle feci o con un test del
respiro) e nel caso di positività, è raccomandato un regime
di eradicazione che consiste nell’associazione di 2 o 3
antibiotici da assumere assieme al PPI e possibilmente a
probiotici. Con la scoperta dell’Helicobacter pylori e la
sua eradicazione, si è osservata una drastica riduzione
dei casi di ulcera peptica cronica o recidivante. Nel
sospetto di sanguinamento da ulcera peptica il paziente
verrà sottoposto a gastroscopia e nel caso sia necessario,
verranno attuate le tecniche endoscopiche necessarie ad
arrestare l’emorragia. Se non vi sono poi controindicazioni
assolute, è necessario sospendere l’assunzione di FANS”.
Potrebbe anche essere necessario
l’intervento chirurgico?
“Fortunatamente con l’avvento di
medicine in grado di ridurre l’acidità
di stomaco e tecniche endoscopiche
in grado di arrestare un possibile
sanguinamento, entrambe altamente
efficaci, la chirurgia è necessaria solo
in quei pochi casi in cui non è stato
possibile arrestare un’emorragia o vi è
una perforazione del tratto digerente”.
Una volta diagnostica l’Ulcera Peptica si deve seguire uno
specifico piano alimentare? Quali sono i cibi da eliminare?
In generale è consigliata una dieta equilibrata, limitando
il consumo di cibi grassi, evitando sostanze irritanti per lo
stomaco, quali agrumi, caffeina ed alcolici e possibilmente
l’assunzione di FANS e aspirina”.
È possibile prevenire questa malattia?
“Purtroppo non è possibile un’azione preventiva perché
anche un soggetto sano può sviluppare la malattia, con
meno probabilità rispetto al soggetto a rischio. Abitudini di
vita sane e la non assunzione di determinati farmaci riduce
il rischio ma non lo previene”.
		
I suoi consigli quali sono?
“Nel caso di sintomi persistenti - non un semplice mal di
stomaco accusato il giorno prima - rivolgersi ad un medico
specialista”.
Scegliere
ITALIA
15
a cura di
Lucrezia Anzanello La nuova
responsabilità sanitaria
La Legge n. 47 dell’8 marzo 2017 (cd. Legge Gelli dal nome
del Ministro proponente) ha profondamente innovato il
sistema di responsabilità professionale sanitaria a distanza
di soli cinque anni dalla riforma operata dal Decreto
Legge n. 158 del 13 settembre 2012, meglio noto come
Decreto Balduzzi.
L’incipit della Legge è dedicato ad un’affermazione
di principio che, richiamando il dettato costituzionale
dell’art. 32, afferma l’importanza della sicurezza delle cure
da realizzarsi anche attraverso la prevenzione e gestione
del rischio sanitario.
Nel proseguo, la Legge insiste sulla istituzione di un
Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza
in sanità avente l’obiettivo e lo scopo di monitorare i
dati, di ciascuna regione, attinenti al rischio sanitario ed
all’onere finanziario del contenzioso oltre a focalizzarsi
sulla realizzazione ed introduzione, nel nostro ordinamento,
delle buone pratiche clinico assistenziali quali linee guida
di orientamento da redigersi ad opera di enti e istituzioni
pubbliche e private nonché dalle società scientifiche e
dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni
sanitarie.
Si sottolinea come il richiamo alle buone pratiche ed
alle linee guida accreditate dalla comunità scientifica
fosse già presente nel Decreto Balduzzi con un’incidenza
piuttosto rilevante in termini di responsabilità penale del
medico.
La Legge Gelli effettua però un passaggio ulteriore e
invece che richiamarsi, generalmente, a quelle pratiche
già accolte dalla comunità scientifica ne dispone la
composizione in esito ad un lavoro congiunto da parte dei
vari rappresentanti ed operatori del settore.
In punto di responsabilità penale, la Legge, abrogando
la disposizione del Decreto Balduzzi, introduce un nuovo
articolo nel nostro codice penale e, precisamente l’art.
590-sexies rubricato “Responsabilità colposa per morte o
lesioni personali in ambito sanitario”, con il quale si dispone
che: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi
nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano
le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo
comma. Qualora l’evento si sia verificato a causa di
imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le
raccomandazioni previste dalle linee guida come definite
e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di
queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che
16
le raccomandazioni previste dalle predette linee guida
risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
Nella ridisegnata cornice della responsabilità, dunque, la
punibilità risulta essere esclusa, senza più alcun riferimento
testuale alla declinazione in colpa grave o lieve, qualora
l’imperizia del sanitario abbia dato luogo al verificarsi di
un evento e (i) siano state rispettate le raccomandazioni
previste dalle linee guida o le buone pratiche clinico-
assistenziali e, ancora, (ii) tali raccomandazioni risultino
pertinenti alle peculiarità del caso.
La riforma interviene anche sul tema della responsabilità
civile della struttura sanitaria e del professionista sanitario
e, seppur nell’affiorare di modelli di tipo no fault, ne
individua come cardine l’elemento del dolo e della colpa.
Ciò significa che la struttura sanitaria - sia essa pubblica
o privata - che si avvalga dell’opera professionale di
operatori sanitari, anche se volontariamente selezionati
dal paziente e non dipendenti della struttura, risponde, a
titolo di responsabilità contrattuale, delle condotte dolose
o colpose di questi ultimi ai sensi di quanto previsto dagli
articoli 1218 e 1228 del codice civile.
Quanto alla responsabilità del singolo professionista,
questa ricade nella sfera della responsabilità
extracontrattuale (con conseguenti differenze in termini
di prova e prescrizione del diritto) costituendo così un
doppio binario di responsabilità che segue i dettami
della tipologia contrattuale per le strutture sanitarie e,
diversamente, soccorre alla disciplina ex art. 2043 cod.
civ. per la configurazione della responsabilità aquiliana
degli esercenti la professione sanitaria.
Al fine di ridurre il contenzioso in materia sanitaria, il
legislatore ha introdotto l’obbligo di esperire previamente
un tentativo di conciliazione in tutti quei casi nei quali un
soggetto intenda incardinare un’azione di risarcimento
del danno derivante da responsabilità sanitaria. Il
procedimento di conciliazione deve concludersi entro
sei mesi dalla presentazione della domanda e richiede la
partecipazione di tutte le parti, ivi comprese le compagnie
di assicurazione alle quali la Legge pare affidare un ruolo
centrale nel nuovo sistema di responsabilità.
L’articolo 10 della Legge in esame sancisce infatti
l’obbligo, per le strutture sanitarie, di dotarsi di una
copertura assicurativa per la responsabilità civile verso
terzi anche qualora le prestazioni sanitarie siano svolte in
regime di libera professione intramuraria ovvero in regime
di convenzione con il servizio sanitario nazionale nonché
attraverso la telemedicina. I professionisti che operano
in contesti diversi rispetto a quelli summenzionati o che
prestino la propria attività in strutture sanitarie secondo
il regime libero-professionale, sono a loro volta tenuti
a sottoscrivere idonea copertura assicurativa come
già richiamata dal Decreto Balduzzi ed in virtù delle
disposizioni del Decreto Legge 138/2011.
Non solo. La Legge Gelli obbliga l’esercente la prestazione
sanitaria operante a qualunque titolo, in strutture sanitarie
o sociosanitarie pubbliche o private, a provvedere alla
stipula di un’adeguata polizza di assicurazione per colpa
grave. Una simile previsione è funzionale a rendere
effettivo l’obbligo di rivalsa previsto dall’articolo 9 della
Legge ed esercitabile dalla struttura sanitaria nei confronti
dell’professionista quando quest’ultimo non abbia preso
parte all’azione giudiziale o stragiudiziale del risarcimento
del danno e l’evento si sia verificato per causa a lui
imputabile in base ad un giudizio fondato sul dolo o la
colpa grave.
In tema di assicurazioni sono poi certamente da sottolineare
due ulteriori aspetti. Da un lato, l’introduzione dell’azione
diretta del danneggiato nei confronti della compagnia
di assicurazione e dall’altro, la positivizzazione di una
clausola di tipo claims made (in deroga al regime classico
di loss occurence ex art. 1917 cod. civ.) con retroattività
decennale, a cui si affianca una cd. sunset clause per i
casi di cessazione definitiva dell’attività professionale.
Ultima annotazione riguarda il Fondo di garanzia per
i danni derivanti da responsabilità sanitaria previsto
dall’articolo 14. Il legislatore, presumibilmente ispirandosi
ai modelli no fault già citati in precedenza, ha introdotto
la concorrenza del Fondo di garanzia nel risarcimento del
danno sanitario per i seguenti casi:
a) il danno risulta essere sia di importo eccedente rispetto
ai massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati
dalla struttura sanitaria o sociosanitaria (sia essa pubblica
o privata) ovvero dall’esercente la professione sanitaria;
b) la struttura sanitaria o sociosanitaria (pubblica o
privata) ovvero l’esercente la professione sanitaria risultino
assicurati presso una compagnia di assicurazione che, al
verificarsi del sinistro e in fase di sua liquidazione, si trovi in
stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa;
c) la struttura sanitaria o sociosanitaria (pubblica o
privata) ovvero l’esercente la professione sanitaria siano
sprovvisti di copertura assicurativa per recesso unilaterale
dell’impresa assicuratrice ovvero per la sopravvenuta
inesistenza o cancellazione dall’albo dell’impresa
assicuratrice stessa.
Il Fondo costituisce quindi, in aggiunta all’obbligo di
assicurazione, un ulteriore strumento di tutela del paziente
che abbia subito un danno nell’esercizio dell’attività
sanitaria in termini di certezza del risarcimento.
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18
Malattie rare: la Sindrome
da Cromosoma X Fragile
a cura di
Nicoletta Mele
La Sindrome dell’X fragile è una condizione genetica
a trasmissione ereditaria. È la sindrome più frequente di
ritardo mentale dopo la Sindrome di Down.
Si stima che l’incidenza della Sindrome sia di 1 caso su 4.000
maschi e 1 su 6.000 femmine, ma tale dato può variare a
seconda delle aree geografiche.
È stata descritta per la prima volta nel 1943 da due medici
inglesi, Martin e Bell, ma solo negli anni Settanta divenne
chiaro che la presenza di queste caratteristiche poteva
essere ereditaria per un difetto nella forma del cromosoma
X, da cui il nome X Fragile. Nel 1991,
poi, grazie ai progressi sullo studio
del DNA, è stato definitivamente
identificato il gene responsabile e
dal 2001 la Sindrome dell’X fragile
è inserita nell’elenco delle Malattie
Rare.
La Sindrome può manifestarsi
in modo diverso da bambino
a bambino, i sintomi possono
comparire anche molto tempo
dopo la nascita e spaziano dal
ritardo nello sviluppo cognitivo - da
lieve a grave - alle difficoltà nella
gestione delle emozioni, da quadri
di epilessia (circa 1/3 dei bambini
ha convulsioni frequenti) a comportamenti di tipo autistico.
Allo stato attuale non esiste una cura, la diagnosi precoce
è fondamentale per l’attivazione di percorsi di riabilitazione
e strategie educative mirate.
Lo scorso marzo, presso il centro del Policlinico di Modena,
in occasione della X giornata Internazionale per le Malattie
Rare, è stato organizzato dalla Scuola di Specializzazione
in Pediatria di UNIMORE in collaborazione con l’Azienda
Ospedaliero-Universitaria di Modena e con l’Associazione
Italiana SXF - nata nel 1993 su iniziativa di un piccolo gruppo
di genitori di persone diagnosticate e di alcuni ricercatori,
che oggi conta circa 350 soci attivi a livello nazionale e
numerosi contatti - un incontro dal titolo “Conoscere e
riconoscere la Sindrome da cromosoma
X Fragile” con l’obiettivo di approfondire
la conoscenza della Sindrome e cercare
di costruire a Modena un percorso di
presa in carico dei pazienti.
Health Online ha intervistato il professor
Lorenzo Iughetti, Direttore della Scuola
di Specializzazione in Pediatria del
Policlinico di Modena.
Prof. Iughetti quali sono stati i punti fondamentali affrontati
nel corso dell’incontro?
“L’incontro ha fornito una panoramica completa della
sindrome dell’X Fragile. In particolare, la dott.ssa Olga
Calabrese, responsabile UO Genetica Medica, ha
incentrato il suo intervento sulle basi genetiche della
malattia (in particolare mutazione e premutazione con
assenza o presenza di metilazione). La dott.ssa Simona
F. Madeo, responsabile dell’Ambulatorio Malattie Rare
UOC Pediatria, invece ha illustrato i quadri clinici e il
percorso diagnostico, la dott.ssa
Patrizia Bergonzini, Ambulatorio di
Neuropediatria UOC Pediatria, ha
affrontato gli aspetti neurologici
specificidellacondizioneeDaniela
Nasi, dell’Associazione Italiana
Sindrome X Fragile, ha portato il
punto di vista della famiglia e del
paziente. Nel corso dell’incontro
è stata sottolineata la necessità
di un approccio multidisciplinare,
diagnostico prima e terapeutico
poi. Quest’ultimo punto è stato
fortemente evidenziato in
quanto necessario per garantire
al paziente e alla famiglia una
diagnosi più precoce possibile,
un corretto follow-up clinico e terapeutico e l’attivazione
di percorsi di supporto alla famiglia per la gestione del
paziente”.
Quali sono le cause della Sindrome e come riconoscerla?
“La Sindrome X-Fragile è causata da una mutazione nel
gene FMR1 (Fragile X Mental Retardation 1) che provoca
l’espansione di triplette CGG >200 che determina il
deficit o l’assenza di espressione di FMRP (Fragile X Mental
Retardation Protein).
Le manifestazioni cliniche in epoca prepuberale sono
subdole. Il bambino può presentare lievi dismorfismi
(macrocrania, padiglioni auricolari ampi,
strabismo, occhi alonati), valgismo degli
arti inferiori, iperlassità legamentosa,
obesità, macrorchidia che diventano,
però, più evidenti in epoca postpuberale.
Nella prima infanzia importanti indizi
diagnostici sono rappresentate da:
ipotonia, ritardo del linguaggio, ritardo
mentale da lieve a severo, autismo
(60% circa dei maschi con Sdr X
19
“Subito dopo la diagnosi viene avviato
il percorso di follow-up specialistico
concordando i controlli con i genitori,
la famiglia viene inviata presso il servizio
di neuropsichiatria infantile del territorio
per la necessaria presa in carico e
l’attivazione dei percorsi fisioterapici,
logopedici e di sostegno scolastico. Si
contatta il Pediatra di Comunità, con
cui viene fatta comunicazione della
patologia agli operatori scolastici per
garantire un’adeguata gestione sia
di apprendimento che relazionale, in
attesa dell’attivazione del sostegno
scolastico. Si danno i riferimenti
dell’associazione ai genitori per
permettere loro di confrontarsi con gli
altri genitori e condividere le esperienze,
in modo da non sentirsi soli in una fase così delicata come
quella della comunicazione della diagnosi”
Per una qualità di vita migliore per le persone affette dalla
malattia rara, la speranza è quella di avere la cura. Quali
sono gli studi e le attività di ricerca?
“Non vi sono al momento dati su terapie geniche risolutive.
Sono in atto progetti di ricerca, anche in Italia, su terapie
sperimentali (per ora testate solo su animali) volte a
migliorare gli aspetti comportamentali”.
A Modena si sta pensando di costruire un percorso di presa
in carico dei pazienti. Può spiegarci esattamente qual è
l’obiettivo a cui sperate di arrivare?
“L’obiettivo che vogliamo raggiungere è quello di rendere
sempre più preciso il lavoro del gruppo multidisciplinare,
in modo da garantire alle famiglie un chiaro percorso
diagnostico-terapeutico che coinvolga in modo strutturato
i servizi territoriali, i pediatri di libera scelta e le scuole, sempre
in collaborazione con le famiglie che rappresentano il
punto cardine per una corretta gestione di questi pazienti”.
Può raccontare un’esperienza che le è rimasta
particolarmente nel cuore?
“In realtà ogni paziente rappresenta un pezzo importante
nella mia pratica clinica. Nello specifico, i pazienti affetti
da malattie rare sono sempre legati ad esperienze
emotivamente coinvolgenti, in quanto in genere il percorso
diagnostico è lungo, vissuto spalla a spalla con il bambino
e con i genitori, i quali vivono questo percorso con ansia
e nell’attesa di avere delle risposte. Quando si riesce ad
arrivare alla diagnosi il momento è sempre emozionante
perché i genitori sono combattuti tra il sollievo di potere
dare finalmente un “nome” alla condizione del proprio
bambino e dall’altra dalla perdita della speranza di sentirsi
dire “non ha nulla”.
Fragile), collera, iperattività, disturbo
dell’attenzione, timidezza, ansia, scarso
contatto visivo, tendenza a mordere le
mani, hand flapping, disturbi del sonno,
epilessia. Fondamentale, inoltre, come
in tutti i percorsi diagnostici in medicina,
è una corretta anamnesi familiare,
in quanto la presenza in famiglia di
condizioni compatibili con sindrome
dell’insufficienza ovarica primitiva
X-Fragile associata (FXPOI) o sindrome
atassia/tremori X-Fragile associata
(FXTAS) sono utili nell’indirizzare verso la
diagnosi”.
Quanto è importante la diagnosi
precoce?
“Nel caso della Sindrome X-Fragile (come nella maggior
parte delle malattie genetiche) la diagnosi precoce non
permette di arrestare l’evoluzione della patologia. La
diagnosi precoce, però, è fondamentale per mettere in
atto le terapie mirate e ci permette di programmare il
follow-up multispecialistico adeguato oltre ad evitare al
bambino e alla sua famiglia esami e accertamenti non
necessari”.
Ogni bambino è diverso e non è semplice diagnosticare
la malattia, c’è chi ha impiegato più di 2 anni. È così?
“Il problema delle malattie rare è proprio nella loro rarità,
che le rende malattie “orfane”, poco conosciute e
spesso poco riconosciute. Come dicevo prima, i sintomi
in epoca prepuberale possono essere molto sfumati
e a volte fuorvianti per cui spesso si arriva alla diagnosi
tardivamente”.
Ad oggi non esiste una terapia risolutiva, ma si procede al
trattamento dei sintomi per migliorare la qualità di vita dei
pazienti, in che modo?
“Nei pazienti con Sindrome X-Fragile la terapia di
supporto è fondamentale, in particolare la presa in
carico presso la neuropsichiatria infantile, con la messa
in atto dei percorsi di fisioterapia e di logopedia. Il
follow-up multidisciplinare permette, inoltre, di gestire
le complicanze (otorinolaringoiatriche, oculistiche,
endocrinologiche, neurologiche, gastroenterologiche,
ortopediche, cardiologiche) e, laddove possibile, di
prevenirle. Tutto ciò garantisce al nostro paziente una
qualità di vita migliore con la possibilità di inserirsi nella
società, sfruttando al meglio le proprie potenzialità”.
La cura di un bambino X Fragile necessita di una forte
collaborazione tra medici, famiglia e contesto sociale
ed educativo. Che tipo di dialogo si stabilisce e qual è il
lavoro che si porta avanti con le famiglie?
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ITALIA
21
a cura di
Alessandro Notarnicola Don Arice denuncia la
cultura dello scarto
La cura degli anziani è un bisogno emergente e questo
è un dato innegabile del nostro tempo, detto con
chiarezza dalle statistiche e dalle proiezioni ISTAT che
periodicamente arrivano sulle nostre scrivanie e che ci
costringono ad aggiornare numeri crescenti e risposte
disattese.
L’impressione, però, è che questo cambiamento sia
poco, molto poco, all’attenzione concreta e operativa
dei responsabili della cosa pubblica, presi soprattutto da
questioni di bilancio e meno dalla risposta concreta alla
domanda di salute e di cura di questi pazienti, e purtroppo
anche all’attenzione della comunità ecclesiale in
generale, che con una certa fatica rimodula la sua azione
pastorale legando i processi alle situazioni concrete nelle
quali ci si viene a trovare. Sono queste le dichiarazioni di
don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la
pastorale della salute della Cei, la Conferenza Episcopale
Italiana, il quale trattando uno degli argomenti più attuali
del nostro tempo e della nostra cultura, la vecchiaia,
riflette su tutti i grandi temi dell’esistenza umana: il senso
della vita, la dignità del vivere e del morire, il rapporto
intergenerazionale, la dignità della persona, il valore del
corpo, l’allocazione etica delle risorse, la qualità della
cura e, in particolare, la considerazione della morte.
“C’è da rallegrarci per gli ultracentenari, triplicati in pochi
anni, con un trend in aumento di anno in anno: si è passati
– spiega don Arice – dalle 5.650 persone che avevano
raggiunto o superato i 100 anni nel 2002, a oltre 19.000
nel 2015 (nel 2015 le donne rappresentano l’83,8% del
totale degli ultracentenari). L’aspettativa di vita, anche
21
22
se con qualche leggera flessione in quest’ultimo anno, nel
nostro Paese rimane ancora di 82,8 anni (80,3 M – 85,2 F)
e il numero degli ultraottantenni, che oggi superano il 6%,
dovrebbero raddoppiare nel 2050”. Certamente, spiega
il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della
salute della Cei, non ci si può rallegrare per i 3,5 milioni di
ultrassessantacinquenni (su 12,5 milioni) non autosufficienti
spesso polimorbidi e quindi complessi.
Circa l’1,2 milioni di persone affette da patologie
neurodegenerative nel giro di
due decenni aumenteranno,
concorrendo così al formarsi
di una società sempre più
vecchia, molto pesante a
gestirsi economicamente per
la mancanza di un numero
sufficiente di contribuenti e
decisamente impegnativa
da gestire. In Italia i posti letto
nelle strutture assistenziali per
anziani, non superano i 290.000
(naturalmente con una
concentrazione al Nord Italia 3 volte superiore a quella del
Sud), il che vuol dire che la maggioranza dei nostri vecchi
restano a casa, spesso soli e, per chi può permetterselo,
con badanti che affrontano questo mestiere senza
un’adeguata preparazione. Ciò che, inoltre, rende la
questione più problematica è la crisi dell’istituto familiare
che vede una città come Milano capitale dei single. Nel
2016, per questa città che non raggiunge il milione e mezzo
di abitanti, il Comune ha censito nuclei monofamiliari più
del doppio delle coppie: 379.035 contro 164.435.
In città come Milano o come Roma non è poi così raro
che si ritrovino anziani morti diversi giorni dopo il loro
decesso (se non settimane) anche se la cronaca non
è così scandalizzata e indignata nel darne notizia.
Altrettanto frequente è la presenza di anziani che non
potendo provvedere a far la spesa da soli, a cucinare
adeguatamente, a reperire le medicine necessarie,
vedono peggiorare la loro povertà di salute, aggravando
situazioni già molto precarie sia per loro che per la spesa
sanitaria. “Umanamente parlando – spiega don Arice nel
suo interessante saggio che prende avvio dalla lettura
dello studio del sociologo e
teologo Armando Matteo “Tutti
muoiono troppo giovani” – il
quadro è davvero drammatico
e all’orizzonte si fatica a vedere
movimenti in controtendenza
che facciano presagire
una ripresa, una svolta che
può avvenire soprattutto se
aumenta in modo deciso la
natalità. In particolare, ritengo
che la ferita più importante
nella società contemporanea
l’abbia ricevuta, e continua a riceverla proprio la famiglia,
istituto cardine di ogni vera e sana comunità umana”.
Come denunciano le istituzioni laiche e la Chiesa stessa,
la famiglia, oggi, è maltrattata sia da un punto di vista
economico che da un punto di vista etico; la denatalità,
infatti, va letta come un’amara conseguenza di questo
fenomeno. Per tale ragione, don Carmine Arice auspica
un ripensamento delle politiche familiari, in campo civile,
per evitare un autoannientamento, e di una vera pastorale
familiare in campo ecclesiale, attenta e premurosa,
capace di discernere e accompagnare ogni situazione
nella sua singolarità, ma sempre ferma nell’annunciare il
vangelo della famiglia e della vita.
“Considerare la cura degli anziani
nel nostro tempo – conclude
– significa non dimenticare il
pericolo che corrono ‘i vecchi’
di essere tra le vittime più illustri
della cultura dello scarto, tante
volte denunciata da Papa
Francesco. Nei primi giorni del suo
pontificato, la parola del Papa
fu chiara: ‘La cultura dello scarto
tende a diventare una mentalità
comune, che contagia tutti. La
vita umana, la persona, non sono
più sentite come valore primario
da rispettare e tutelare, specie se
è povera o disabile, se non serve
ancora – come il nascituro –, o
non serve più – come l’anziano’.
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Tumore all’ovaio, un male silente
difficile da diagnosticare nella
fase inziale
a cura di
Alessia Elem
In Italia il tumore maligno all’ovaio, o carcinoma ovarico -
ovvero tumore epiteliale che origina dalle cellule epiteliali
che rivestono superficialmente le ovaie e costituiscono
più del 90% delle neoplasie ovariche maligne - colpisce
circa 4.490 donne ogni anno (fonte Registro dei Tumori,
2012), è al nono posto tra le forme tumorali, e costituisce il
2,9% di tutte le diagnosi di tumore.
Il carcinoma ovarico è un male silente, difficile da
diagnosticare nella fase iniziale perché non da sintomi
precisi che possono far pensare alla neoplasia.
La conseguenza della diagnosi tardiva influenza
pesantemente l’esito delle cure.
Secondo la Federazione Internazionale di Ginecologia
e Ostetricia (FIGO), negli stadi iniziali (stadio I) la
sopravvivenza a cinque anni è pari all’85%; negli stadi
avanzati la sopravvivenza a cinque anni scende al 25%.
I campanelli d’allarme da non sottovalutare sono
quando si presentano insieme, o all’improvviso, i seguenti
sintomi: addome gonfio, aerofagia (disfunzione apparato
digerente), o il bisogno di urinare frequentemente; in
questi casi il consiglio è quello di rivolgersi al ginecologo il
quale, grazie all’ecografia pelvica, sarà in grado di dare
una prima importante indicazione diagnostica.
Non esistono al momento programmi di screening
scientificamente affidabili per la prevenzione del tumore
dell’ovaio, ma alcuni studi hanno dimostrato che una
visita annuale dal ginecologo che esegue la palpazione
bimanuale dell’ovaio e l’ecografia transvaginale di
controllo possono facilitare una diagnosi precoce.
I fattori di rischio sono la lunghezza del periodo ovulatorio,
ossia il menarca (prima mestruazione) precoce, la
menopausa tardiva e il non aver avuto figli.
Anche l’età è un elemento importante, come dimostra il
fatto che nella maggior parte dei casi la patologia viene
identificata dopo l’ingresso in menopausa, tra i 50 e i 69
anni.
Circa un caso su dieci di cancro alle ovaie è dovuto ad
alterazioni genetiche. Secondo una stima del National
Cancer Institute, una percentuale tra il 7% e il 10% di
tutti i casi è il risultato di una alterazione genetica, che si
tramanda nelle generazioni.
È doveroso ricordare che l’esistenza in famiglia casi di
tumore dell’ovaio non dà la certezza che esso si ripresenti
in tutte le donne imparentate, ma solo che queste ultime
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25
hanno un rischio più elevato rispetto alla
popolazione generale.
Il carcinoma ovarico colpisce ogni anno, a
livello mondiale, 225mila donne.
“È il tumore femminile a cui le donne riescono
a sopravvivere di meno. È un male silente,
difficile da diagnosticare precocemente,
con un alto tasso di recidiva e di resistenza
ai farmaci”. Lo ha affermato nel corso
dell’intervista rilasciata a Health Online, la
dottoressa Anna Bagnato, ricercatrice alla
guida del laboratorio di Modelli preclinici
e nuovi agenti terapeutici dell’Istituto
Nazionale Tumori Regina Elena di Roma,
nonché storica ricercatrice AIRC e volto
dell’Azalea della Ricerca 2017.
Dottoressa, dopo la diagnosi quali sono le cure alle quali
viene sottoposta la paziente?
“Le donne colpite dal carcinoma dell’ovaio vengono
sottoposte a intervento chirurgico. La citoriduzione
primaria ad oggi è considerata il trattamento standard
per questa neoplasia. In relazione al tipo e alla diffusione
del tumore può anche essere eseguita in laparoscopica
o mediante un trattamento chirurgico mini-invasivo, con
l’ausilio del sistema robotizzato Da Vinci.
Dopo la chirurgia il trattamento di scelta per il carcinoma
ovarico è la chemioterapia a base di platino. Il
trattamento standard è
quello di sei cicli a base di
paclitaxel e di carboplatino.
Delle pazienti che rispondono
alla chemioterapia, circa il
70% va purtroppo incontro
a una recidiva e dev’essere
sottoposta a ulteriori cicli di
cure. Il più grande ostacolo
nella cura del carcinoma
ovarico è l’insorgenza della
resistenza alla chemioterapia”.
La malattia quindi può ripresentarsi e non rispondere più
ai farmaci. Per questo, oggi la ricerca è focalizzata sulla
messa a punto e sull’identificazione di combinazioni di
farmaci capaci di abbattere la resistenza del tumore.
Dottoressa, a che punto è arrivata la ricerca?
“Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi, scoprendo
nuovi farmaci molecolari mirati (come il bevacizumab
e l’olaparib), progettati per interferire
con uno specifico bersaglio cellulare.
Grazie ad AIRC abbiamo scoperto
che la combinazione di Macitentan,
farmaco approvato per il trattamento
dell’ipertensione arteriosa polmonare, con
i chemioterapici è in grado di sensibilizzare
nuovamente il tumore ai farmaci. Le
ultime novità nella lotta a questo big
killer delle donne vanno proprio in questa
direzione. Di recente è stato approvato il
farmaco bevacizumab che, insieme alla
chemioterapia, si è dimostrato efficace
contro le recidive resistenti ai farmaci.
Con lo stesso scopo è stato approvato
anche il farmaco olaparib. Infine sono in
corso studi incentrati sull’immunoterapia. L’approccio
immunoterapico, focalizzato nello stimolare la risposta
immune dei pazienti, è una delle sfide oggi più promettenti
e, in futuro, potrebbe rivelarsi un obiettivo vincente”.
Qual è l’impatto del tumore sulla vita della donna?
“Ogni tumore ha un forte impatto a livello psicologico.
È indubbio che il carcinoma ovarico colpisce
profondamente la donna nella sua identità femminile
(perdita della funzionalità ovarica), con reazioni legate
anche all’età in cui viene diagnosticato il tumore e
all’invasività delle cure. Per questo è importante intervenire
anche tramite il counseling
da parte di un esperto per
aiutare la donna a recuperare
un’adeguata qualità di vita.
È necessario promuovere
approcci multidisciplinari
con diversi professionisti, che
possano seguire la paziente
dalla diagnosi sino al periodo
che segue i trattamenti
chirurgici e la chemioterapia,
per supportarla in questo
importante periodo della vita”.
La sfida della ricerca è quella di sconfiggere il carcinoma
ovarico e l’AIRC anche quest’anno, in occasione
della festa della mamma, ha organizzato il consueto
appuntamento “L’Azalea della Ricerca”, un fiore che è
sbocciato in oltre 3.600 piazze italiane per la salute delle
donne. Obiettivo dell’iniziativa è infatti quello di portare
nuovi fondi ai migliori ricercatori italiani impegnati a
rendere i tumori femminili sempre più curabili.
in evidenza
L’allestimento museale è stato
progettato per offrire al visitatore un
quadro completo ed esaustivo sulla
storia delle società di mutuo soccorso.
Il percorso si apre con dei pannelli
informativi che raccontano, in una
sequenza cronologica, il fenomeno del
mutualismo e continua con delle grandi
teche espositive in cui è racchiusa
una notevole varietà di materiale
documentario, nonché un ragguardevole
insieme di medaglie, spille, distintivi ed
alcuni cimeli di notevole rarità, riconducibilli
ad oltre duecentro tra enti e società
di mutuo soccorso, con sedi in Italia e
all’estero.
All’interno del museo è presente
uno spazio multifunzionale nel
quale coesistono un archivio
storico, una biblioteca e un centro
studi. Inoltre, è stato riservato uno
spazio per ospitare ogni forma
d’arte: mostre, concerti di musica e
rappresentazioni teatrali.
Previa prenotazione, ogni
artista potrà esporre o esibirsi
gratuitamente all’interno dello
spazio dedicato.
Il Museo del Mutuo Soccorso, nato dalla volontà di valorizzare la storia delle società di mutuo
soccorso, si prefigge di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in
dotazione e di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della mutualità. Visitando
il museo si ha la possibilità di conoscere da vicino le società di mutuo soccorso, le loro tradizioni
e l’importanza sociale che hanno ricoperto nelle varie vicende storiche del nostro Paese.
La struttura accoglie i visitatori anche con visite guidate e per le scuole sono pensati percorsi e laboratori didattici tematici.
Sono, inoltre, previste aperture straordinarie nelle quali sarà possibile visitare le mostre in corso, assistere agli spettacoli e partecipare ad eventi e attività didattiche
Apertura:
Dal lunedì al venerdì previa prenotazione
11.00 - 13.00 | 15.00 - 18.00
Ultimo ingresso 17.30 (ingresso libero)
Info e prenotazioni:
+39 337 1590905
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www.museomutuosoccorso.it
Indirizzo:
Palasalute
via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
27
a cura di
Mariachiara Manopulo Menopausa, l’importanza
di viverla al meglio
Con la parola “menopausa” si indica di solito il climaterio,
il momento della vita della donna in cui cessano le
mestruazioni, ma sarebbe più corretto chiamare così
solamente l’ultima mestruazione. È preceduta dalla pre-
menopausa, un periodo, che può essere anche piuttosto
lungo, in cui il ciclo mestruale è irregolare, e si possono
presentare vampate di calore e sudorazioni notturne.
Dopo 6-12 mesi consecutivi di assenza totale di mestruazioni,
si entra nella post-menopausa.
La menopausa arriva in genere tra i 45 e i 53 anni. Possono
verificarsi casi di menopausa prematura, tra i 40 e i 45 anni,
di menopausa precoce, se ha luogo prima dei 40 anni,
mentre dopo i 53 anni si parla di menopausa tardiva.
La variabilità dell’inizio della menopausa da donna a donna
dipende, oltre che dalla differente riserva ovarica alla
nascita, anche da molti altri fattori. Il primo è l’ereditarietà:
le figlie tendono ad andare in menopausa alla stessa età
delle loro mamme. Il secondo è il fattore etnico: le donne
africane entrano in menopausa prima e le giapponesi
dopo rispetto alle donne europee. Conta anche lo stile di
vita, fumare, ad esempio, anticipa la menopausa da un
anno e mezzo a tre, perché ha un effetto tossico sull’ovaio
e distrugge una rilevante quota di follicoli. Le gravidanze e
la pubertà tardiva tendono a ritardarla, così come, ma è
per ora solo un’ipotesi - la contraccezione ormonale, per
effetto del blocco temporaneo della crescita dei follicoli. Un
ciclo più lungo, e quindi una ovulazione meno frequente,
comporta un consumo minore di follicoli e una riserva più
duratura, per cui tende a ritardare la menopausa.
A qualsiasi età arrivi, la menopausa condiziona l’insorgenza di
fattori di rischio cardiovascolari, rispetto alle donne di pari età
non in menopausa.
Quali sono i sintomi della menopausa? Vampate di calore,
secchezza vaginale, disturbi del sonno, sudorazione, difficoltà
nel controllare il peso corporeo, instabilità emotiva. A medio
lungo termine, la caduta dei livelli di estrogeni provoca
alterazioni a livello del metabolismo osseo, lipidico e glucidico
che incrementano il rischio di osteoporosi, malattie cardio
cerebro vascolari, diabete, sovrappeso e obesità.
La Terapia ormonale sostitutiva (Tos) viene utilizzata per
contrastarne i sintomi, ma ci si può sottoporre anche a
terapie ormonali selettive, che aiutano a contrastare la
sintomatologia senza però incorrere negli effetti collaterali
della Tos convenzionale. Ad esempio, c’è il Tissue Selective
Estrogen Complex (TSEC) o Complesso Estrogeni Tessuto-
Selettivo, una terapia ormonale sostitutiva indicata per le
donne che presentano intolleranza al progestinico, l’ormone
che viene usato nella Tos.
Oancora,iltibolone,unfarmacocheriduceglieffettinegativi
della TOS convenzionale su tessuti sensibili agli ormoni, come
27
28
l’utero e la mammella. È uno steroide sintetico dalle proprietà
estrogeniche, progestiniche e androgeniche, appartenente
alla famiglia degli STEAR (Selective Tissue, Estrogenic Activity
Regulator), dei regolatori selettivi dell’attività estrogenica
tessutale. Viene metabolizzato dall’organismo e utilizzato
dove c’è una carenza ormonale; può esercitare un’attività
estrogenica, progestinica e/o androgenica, grazie
all’azione dei suoi metaboliti che presentano proprietà
differenti nei vari distretti dell’organismo femminile. Come
la TOS convenzionale, riduce i sintomi tipici del periodo
menopausale e può prevenire la perdita di massa ossea
che, se trascurata, può degenerare in osteoporosi.
Si tratta di un passaggio delicato e importante per tutte le
donne. Per alcune può rappresentare un sollievo, la fine di
mestruazioni dolorose, la liberazione dai contraccettivi, ma
per altre può essere un momento di tristezza – magari per un
figlio non arrivato.
È molto importante viverla in maniera serena e tranquilla.
Entro il 2030, l’aspettativa di vita
delle donne occidentali sarà di 90
anni: la menopausa quindi sarà
una fase sempre più centrale, e le
accompagnerà per buona parte
della loro vita. Il modo migliore per
viverla è pensarla come un nuovo
inizio, e non una fine: con questo
evento, fisiologico e naturale,
quello che cambia è la fertilità,
oltre all’assetto ormonale che la
determina. È una fase della vita.
Ciclicamente, Sigo, Società Italiana di ginecologia e
ostetricia, promuove delle campagne di sensibilizzazione
e informazione. L’ultima è “Love Yourself - Menopausa da
oggi cambia qualcosa’, realizzata con la collaborazione
di MenopausaOK, un progetto di educazione di MSD Italia.
L’obiettivo è promuovere un nuovo modo di affrontare la
menopausa, dinamico, attraverso l’amore e la riscoperta
di sé, la prevenzione, l’utilizzo delle risorse terapeutiche per
contrastarne i sintomi a breve e a lungo termine.
Sul portale MenopausaOK sono state diffuse diverse
videointerviste, che la testimonial della campagna, Tosca
D’Aquino, ha fatto alla Love Band, un team di ginecologhe,
ponendo dubbi e domande che riguardano le donne in
menopausa: dalla forma fisica all’alimentazione, dalla cura
della pelle alla sessualità. È anche possibile fare il test “E tu di
che menopausa sei?”, per ricevere consigli più personalizzati.
“Questa campagna si propone di accrescere la
consapevolezza delle donne sull’importanza di mantenere
uno stile di vita equilibrato durante la menopausa e fornisce
loro gli strumenti per rendersi conto con più prontezza dei
cambiamenti che avvengono nel loro corpo, affrontando
queste situazioni senza chiudersi in loro stesse”, ha
dichiarato Nicola Surico, presidente della Sigo e ordinario
di Ginecologia e Ostetricia, Università Piemonte Orientale
(Novara).
Secondo il sondaggio “Come vivi la menopausa” condotto
pochi mesi fa dalla Società Italiana di Ginecologia e
Ostetricia su oltre 2mila italiane tra i 40 e i 60 anni, il 61%
afferma di sentirsi peggio di prima della fine del ciclo
mestruale, il 76% lamenta un aumento di peso, il 68 presenta
disturbi urinari, irritazione e secchezza vaginale e il 3% soffre
di sbalzi d’umore.
Per aiutare le donne a prepararsi al meglio ad affrontare
questa fase, la professoressa Rossella Nappi, professore
di Ostetricia e Ginecologia dell’Università degli Studi di
Pavia, Ambulatorio di Endocrinologia ginecologica e della
menopausa – IRCCS Policlinico San Matteo – e membro
del Consiglio direttivo della Società Internazionale della
Menopausa ha selezionato sul portale MenopausaOK 10
consigli importanti.
• Tieni un calendario del ciclo mestruale: è una buona
abitudine sempre, ma soprattutto dopo i 40 anni: per
riconoscere precocemente piccole variazioni nel
ritmo e nella quantità del
sanguinamento, oltre che
nella comparsa di sintomi
correlati al ciclo mestruale e di
sanguinamenti irregolari.
• Informati, se possibile, sull’età
dell’ultima mestruazione
materna: è molto frequente che
nella famiglia ci possa essere
una predisposizione genetica
a entrare in menopausa con
un certo anticipo ed è meglio
esserne consapevole per non trovarsi ad affrontare una
menopausa prematura impreparate, soprattutto sul
versante psicologico e di coppia.
•Faiunavisitaginecologicaperiodicaeseguiregolarmente
i programmi di prevenzione, come il pap-test e il sangue
occulto nelle feci.
• Tieni il peso corporeo sotto controllo, riducendo le calorie
e aumentando al tempo stesso l’attività fisica.
• Tieni d’occhio il giro-vita, è importante per la prevenzione
cardiovascolare. Se il grasso si deposita a livello della vita
(più di 88 cm) può rappresentare un campanello d’allarme.
• Misura regolarmente la pressione arteriosa: se supera i
130 su 80, meglio approfondire con il proprio medico.
• Controlla ogni anno i valori di glicemia, colesterolo tot,
colesterolo HDL(“buono”), trigliceridi: se i valori sono sulla
soglia del rischio (glicemia > 110 mg/dl; colesterolo HDL
< 50 mg/dl; trigliceridi > 150 mg/dl) è opportuno tenere
d’occhio l’alimentazione e confrontarsi con il proprio
medico.
• Fai una autopalpazione mensile della mammella e
almeno una mammografia tra i 40 e i 45 anni
• Fai un esame di coscienza sulle “cattive abitudini”, come
fumo e alcol.
• Ricostruisci se ti è possibile la storia familiare, importante
per la prevenzione dal punto di vista oncologico, del
rischio cardio-metabolico e cerebrovascolare, oltre che
sulla possibilità di andare incontro a una frattura ossea.
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Emorroidi: una patologia
tra tabù e imbarazzo
a cura di
Nicoletta Mele
Le emorroidi sono un argomento di cui ancora si parla con
un certo pudore.
La malattia emorroidaria è una patologia del canale anale
molto frequente. Secondo le stime, in Italia ne soffrono circa
tre milioni di pazienti, le donne sono leggermente più a
rischio per via della gravidanza e del parto.
Leemorroidisonodeipiccolicuscinettivascolarinormalmente
presenti all’interno del canale anale dei soggetti di tutte le
età. Esse svolgono una importante funzione, partecipano
al meccanismo della continenza insieme agli sfinteri. Infatti,
in condizioni di riposo, i cuscinetti emorroidari si gonfiano di
sangue e chiudono il canale anale; viceversa, durante la
defecazione, si sgonfiano, favorendo il passaggio delle feci.
La patologia emorroidaria ha inizio quando i legamenti di
Parks che tengono in sede le emorroidi diventano per vari
motivi (stipsi cronica, gravidanza e parto, predisposizione
genetica) lassi, ciò causa la discesa (prolasso)
delle stesse nella parte più bassa, fino, in
alcuni casi avanzati, alla fuoriuscita completa
dal canale anale. In questa nuova posizione
innaturale, le emorroidi prolassate si gonfiano,
il loro epitelio si assottiglia e tendono a
sanguinare e/o a fuoriuscire durante la
defecazione. Per questo, in termini medici, è
più corretto parlare di prolasso emorroidario
invece che di emorroidi.
In generale, le emorroidi sono una fastidiosa
e “imbarazzante” patologia, della quale ne
soffrono molte persone, che spesso non lo ammettono.
La parola-tabù è stata sdoganata dalla serie televisiva
statunitense “Dottor House”, dove in una delle puntate, il
personaggio principale interpretato dall’attore Huge Laurie,
chiese ad un paziente: “Ehi! Le conosci le emorroidi? No.
Allora va su Google e mangia un po’ di crusca invece delle
frittelle”.
La storia racconta che ne soffrirono anche personaggi illustri,
come Napoleone Bonaparte e Karl Marx, e donne famose
bellissime come Marilyn Monroe e Liz Taylor.
Perché c’è paura e vergogna nel parlare di emorroidi? E
come si riconosce il disturbo anale? Lo abbiamo chiesto
alla dottoressa Valentina Giaccaglia, chirurgo generale,
esperta di proctologia nonché responsabile di un centro
specializzato a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.
“Da sempre la patologia anale - ha spiegato la dottoressa
Giaccaglia - è vissuta dai pazienti di tutte le età come un
qualcosa di imbarazzante, perché riguarda una parte
del corpo molto intima ed è collegata all’atto della
defecazione, momento anch’esso molto delicato e vissuto
in privato”.
È una malattia molto frequente, ma non è facile stabilirne
la diffusione, proprio perché molte persone che soffrono di
emorroidi non consultano mai il medico. Sulla base della sua
esperienza, quanti sono in media i pazienti che si rivolgono
a lei per risolvere il problema? Le donne sono più a rischio
rispetto agli uomini?
“Moltissimi pazienti soffrono di emorroidi, ma solo una
piccola parte di loro si reca dal medico, molto spesso
quando la situazione è già avanzata. Le donne, a causa
della gravidanze e del parto, sono più predisposte allo
sviluppo del prolasso emorroidario: si stima che questo
affligga circa 1/3 delle donne, per poi aumentare ai 2/3 in
età più avanzata”.
C’è una certa predisposizione familiare e stagionalità?
“Vi è una certa predisposizione familiare, dovuta alla
maggiore lassità dei legamenti di Parks,
unita spesso ad abitudini dietetiche
scorrette che portano alla stipsi cronica. La
patologia emorroidaria è più tipica delle
stagioni calde, perché l’aumento della
temperatura favorisce la vasodilatazione e
quindi il manifestarsi della stessa”.
Quali sono i fattori di rischio? Anche il
consumo eccessivo di caffè, fumo e
forte stress incidono? L’obesità favorisce il
problema emorroidario?
“I principali fattori di rischio sono stipsi cronica e gravidanze
con parto naturale. Anche l’obesità favorisce la patologia
emorroidaria, a causa dell’aumento della pressione
sul pavimento pelvico dovuta all’eccesso di grasso
addominale. Caffè, cibi piccanti, alcolici e superalcolici
peggiorano la sintomatologia ma da soli non causano
la patologia. Il fumo non è stato correlato alle emorroidi,
mentre lo stress indirettamente sì, perché porta ad abitudini
alimentari scorrette e alla stipsi.
Come si riconosce il disturbo anale? E quando rivolgersi allo
specialista?
“I principali segni delle emorroidi sono il sanguinamento
(rosso vivo) in seguito alla defecazione, la presenza di uno o
più noduli all’esterno dell’ano, il senso di pesantezza a livello
anale e la difficile ed incompleta evacuazione”.
Le emorroidi sono esterne o interne e a seconda della
gravità sono classificate in stadi. Può spiegare meglio cosa
si intende?
“Le emorroidi sono sempre inizialmente interne, quando
poi prolassano (cioè scivolano verso il basso nel canale
30
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anale posizionandosi troppo
vicino all’ano) possono
uscire esse stesse dal canale
anale, oppure causare
l’ingrossamento delle
cosiddette emorroidi esterne.
Le emorroidi di I grado sono
ingrossate, ma rimangono
nella loro sede anatomica.
Nel II grado prolassano
durante la defecazione,
tornando spontaneamente
in sede. Nel III grado, le
emorroidi arrivano all’esterno
del canale anale in seguito
alla defecazione e vengono
ridotte manualmente.
Nel IV grado infine, il prolasso è esterno e non è più riducibile”.
Come viene effettuata la visita ambulatoriale e in cosa
consiste il test emorroidale mediante proctoscopio?
“La visita in ambulatorio, dopo la raccolta dell’anamnesi,
si svolge con il paziente in decubito laterale sinistro, con
le ginocchia al petto (posizione di Sims). Il medico dopo
l’esplorazione rettale, potrà completare la visita con la ano
proctoscopia, che permette di visualizzare in modo diretto
il canale anale e, nel caso della video-proctoscopia, di
registrare e stampare immagini per il paziente. Sia la visita
che la proctoscopia sono indolori e non hanno bisogno di
preparazione intestinale precedente all’esame”.
Qual è la terapia più indicata e quali sono invece le azioni
da evitare?
“Nei casi meno gravi la terapia medica con pasticche,
creme e supposte, oltre ad una alimentazione corretta, è
più che sufficiente a risolvere il problema. Sono da evitare
applicazioni di ghiaccio locali, di acqua e sale, così come
di acqua troppo calda, mentre andrebbero preferiti bidet
con acqua tiepida. Quando la patologia è già avanzata,
la terapia chirurgica è la più adeguata per risolvere
definitivamente il problema.
Un’altra soluzione quindi, quando la malattia è in uno
stato avanzato, è l’intervento chirurgico con strumenti
all’avanguardia. Quando consiglia la chirurgia e quali sono
oggi i vantaggi?
“La chirurgia è indicata nei
pazienti con sanguinamento
che non risponde a terapia
medica, nella stipsi severa
correlata a prolasso rettale
e nelle emorroidi di IV grado
(cioè sempre esterne).
Salvo casi particolarmente
complessi, l’intervento si
svolge in Day Hospital, con
l’ausilio di tecniche mini-
invasive che consentono una
netta riduzione del dolore nel
periodo post operatorio e
una più rapida ripresa delle
normali attività”.
Può verificarsi una ricaduta di una crisi emorroidaria?
“Le ricadute possono avvenire dopo la terapia medica,
dopo la chirurgia invece sono meno frequenti, specie se
l’intervento viene effettuato in un centro specializzato”.
I farmaci aiutano a stare meglio e a superare la crisi, ma
anche è importante sottoporsi ad una visita di controllo?
Quante volte l’anno?
“È consigliabile la visita ai primi sintomi per poter risolvere
senza chirurgia. Poi è raccomandabile un follow-up
annuale”.
Anche seguire un’alimentazione adeguata e non fare una
vita sedentaria sono elementi importanti per combattere la
malattia?
“Una dieta corretta ricca di fibre (frutta e verdura) e di
acqua (almeno 1.5 litri di acqua al dì) sono i capisaldi della
prevenzione e del trattamento delle emorroidi, perché
prevengono la stipsi”.
Sulla base di quanto detto, quali sono i suoi consigli?
“Il mio consiglio è di mettere da parte il pudore e rivolgersi ad
un medico specializzato in proctologia. La visita è indolore
e oggi l’evoluzione della medicina permette di risolvere il
problema con semplici terapie mediche o con intervento
mini invasivo”.
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AIDS: scarsa informazione.
Il Ministero della Salute lavora
un vademecum conoscitivo
a cura di
Alessandro Notarnicola
Il Telefono verde AIDS e IST (Infezioni sessualmente trasmesse)
dell’Istituto superiore di sanità (Iss) festeggiano i primi 30
anni di impegno nella sanità pubblica e, nel corso di una
conferenza stampa tenutasi martedì 20 giugno presso la
sede del Ministero della Salute alla presenza del ministro
Beatrice Lorenzin, è stato illustrato il bilancio dei circa 800
mila interventi di counselling telefonico, in risposta a più di 2
milioni di domande, svolti in questo periodo. Dall’analisi dei
contenuti di questi interventi emerge come siano diminuiti i
giovani utenti - gli under 25 - e come sia invece accresciuta
in generale la disinformazione sui temi della prevenzione:
12 persone su 100 di tutte le età pensano infatti ancora che
il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e
bagni pubblici.
Circa la metà degli utenti che compongono il numero,
inoltre, afferma di non aver mai eseguito il test Hiv, pur
dichiarando di aver avuto un comportamento a rischio.
Rimangono invece costanti le richieste di consulenza legale
con riferimento a stigma, discriminazione sul posto di lavoro,
violazione della privacy, accesso alle cure. Per questo l’Iss,
in occasione del trentennale del Telefono Verde AIDS e
IST, ha realizzato un opuscolo informativo, “La bussola sui
diritti esigibili dalle persone sieropositive” che potrà essere
scaricato gratuitamente dal sito dell’Iss.
Approfondendo la questione dell’analisi delle telefonate,
queste vengono effettuate in maggioranza da uomini (75,4
percento);dapersonechedichiaranodiaveravutorapporti
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eterosessuali (56,8 per cento); da giovani appartenenti alla
fascia di età compresa tra i 25 e i 39 anni (57 per cento).
In diminuzione, tuttavia, risultano essere le donne, scese dal
33 per cento nel decennio 1987-1997 al 13,9 per cento nel
decennio 2007-2017, e i giovani che sono passati dal 23,3
per cento nel decennio 1987-1997 all’11,9 per cento nel
decennio 2007-2017. Le prime perché con ogni probabilità
hanno un accesso facilitato ai servizi di prevenzione
territoriali per la salute della donna, i
secondi perché sembrano prediligere
altri canali informativi, quali Internet,
ad esempio.
In generale i quesiti hanno riguardato
soprattutto le modalità di trasmissione
dell’Hiv (25,8 per cento) e le
informazioni relative ai test (22,1 per
cento). “Proprio i dati del Telefono
verde dimostrano come sia sempre
più importante elevare il livello di consapevolezza sui
comportamenti corretti in materia di salute”, ha affermato
Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità
sottolineando che la disinformazione nel corso di questi
trent’anni è passata dall’11,4% rilevato nel primo decennio
al 13,6% rilevato negli ultimi anni. “Relativamente all’Hiv, per
esempio, in 12 telefonate su cento effettuate da persone di
tutte le età – ha proseguito Ricciardi – emerge ancora che
il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare
e bagni pubblici. La richiesta costante di informazioni su
tematiche legali, inoltre, ci ha convinti a produrre, proprio in
quest’occasione,unostrumentoinformativodiorientamento
per la tutela dei diritti delle persone con Hiv nell’ottica anche
della tutela del diritto all’accesso alle cure”.
“Abbiamo lavorato a una campagna di comunicazione sui
social rivolta proprio ai giovanissimi, che manderemo alla
Presidenza del Consiglio dei ministri per una valutazione”.
Lo ha annunciato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin,
spiegando che la campagna è
stata studiata insieme a uno staff
di blogger e si rivolge ai ragazzi per
evidenziare i rischi di una malattia su
cui recentemente si sono generate
“false sicurezze”. Ma se con i farmaci
l’Aids diventa una malattia cronica,
ancora non si cura, hanno ricordato
gli esperti. “Oggi purtroppo spesso
la diagnosi arriva ai giovani con una
malattia conclamata”, ha osservato il ministro sottolineando
“l’abbandono dell’uso del preservativo come strumento di
protezione, e il fatto che non c’è un ricorso periodico ai test.
Insomma, rispetto agli anni ’80 e ’90 c’è una sottovalutazione
della malattie sessualmente trasmesse e delle complicanze.
Occorre educare in particolare i giovani a una protezione
della propria Salute e a una maggiore consapevolezza”.
Anche con progetti nelle scuole: “Con il Miur si collabora
molto, ma questo è un lavoro che ci impegnerà moltissimo
nei prossimi anni”, ha concluso.
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34
L’adroterapia è una tecnica oncologica innovativa
che prevede l’utilizzo di fasci di particelle, protoni e ioni
carbonio (particelle atomiche più pesanti e dotate di
maggiore energia degli elettroni, e quindi più precise
ed efficaci), che colpiscono in modo mirato e preciso
le cellule tumorali, preservando i tessuti sani. In questo
modo l’adroterapia permette di somministrare dosi
più intense di radiazioni, aumentando le possibilità di
successo del trattamento in pazienti con determinate
caratteristiche.
È una tecnica innovativa e non è sostitutiva della
radioterapia, ma è necessaria nei casi in cui non è
possibile trattare il tumore con la tradizionale radioterapia
ai raggi X, o per curare i tumori non operabili perché
troppo vicini a organi o tessuti sensibili come occhi, nervi,
cervello o intestino, che devono essere preservati dagli
effetti collaterali delle radiazioni.
L’adroterapia, con la firma del Decreto Ministeriale
sui nuovi Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA), è entrata
definitivamente a far parte delle terapie sostenute dal
Sistema Sanitario Nazionale.
Grazie al provvedimento, tutti i cittadini potranno avere
accesso diretto alle cure, servizio che fino ad oggi era
erogato solo all’interno del Sistema Sanitario Regionale
di Lombardia ed Emilia Romagna. I pazienti provenienti
da altre regioni potevano accedere alle cure solo dopo
l’autorizzazione della propria ASL di residenza.
In Italia è presente uno dei 6 centri al mondo che
effettua l’adroterapia con protoni e ioni carbonio per
tumori non operabili e resistenti ai tradizionali trattamenti
radioterapici, la Fondazione CNAO, Centro Nazionale di
Adroterapia Oncologica. Health Online ha intervistato il
Presidente, Erminio Borloni.
L’adroterapia è stata inserita nei nuovi Livelli Essenziali
d’Assistenza (LEA). Quali sono le novità?
“Grazie al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
sui nuovi Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA), tutti i pazienti
potranno avere accesso diretto all’adroterapia senza
dover sostenere i costi delle cure, che saranno a carico del
Sistema Sanitario Nazionale.
È un risultato importante ed è incoraggiante perchè
l’adroterapia è la cura più indicata per molti tumori che
non sono operabili o che non rispondono alla radioterapia
convenzionale ai raggi X”.
Quali sono i tumori trattati con l’adroterapia?
“Il decreto sui nuovi LEA prevede trattamenti di
adroterapia (protoni e ioni carbonio) per dieci patologie
L’adroterapia contro
i tumori nei nuovi lea
a cura di
Nicoletta Mele
35
tumorali: cordomi e condrosarcomi della base del cranio
e del rachide, tumori del tronco encefalico e del midollo
spinale,sarcomideldistrettocervico-cefalico,paraspinali,
retroperitoneali e pelvici, sarcomi delle estremità
resistenti alla radioterapia tradizionale (osteosarcoma,
condrosarcoma), meningiomi intracranici in sedi
critiche (stretta adiacenza alle vie ottiche e al tronco
encefalico), tumori orbitari e periorbitari (ad esempio
seni paranasali), incluso il melanoma oculare, carcinoma
adenoideo-cistico delle ghiandole salivari, tumori solidi
pediatrici, tumori in pazienti affetti da sindromi genetiche
e malattie del collageno associate ad un’aumentata
radiosensibilità, recidive
che richiedono il
ritrattamento in un’area
già precedentemente
sottoposta a radioterapia.
Grazie agli ioni carbonio
trattiamo anche altre
patologie radioresistenti,
come tumori al pancreas,
al fegato, prostata ad alto
rischio, recidive di tumori
del retto e glioblastomi
operati. Ci auguriamo che
presto anche le patologie
attualmente non previste
possano rientrare tra i nuovi LEA, grazie ai lavori della
Commissione ministeriale”.
Quali sono gli strumenti dell’adroterapia?
“I fasci di protoni e ioni carbonio sono prodotti da un
acceleratore di particelle (sincrotrone), simile a quelli del
CERN di Ginevra, alla cui realizzazione hanno lavorato 600
aziende e a cui hanno collaborato numerosi enti tra cui
INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), le Università
di Pavia e Milano, il Politecnico di Milano e il CERN di
Ginevra. Il sincrotrone del CNAO può generare sia fasci
di protoni che di ioni carbonio, particelle più pesanti e
dotate di maggiore energia, capaci di spezzare con
maggiore forza il DNA delle cellule tumorali e impedire
loro di riprodursi”.
Ad oggi quanti sono i pazienti curati presso il vostro
centro?
“Dal 2011 a oggi abbiamo già trattato con adroterapia
oltre 1200 pazienti, italiani e stranieri. Pur considerando
che il periodo di osservazione dei pazienti è ancora
breve, l’adroterapia si è rilevata efficace nel contrastare
e fermare la malattia in
percentuali comprese tra
il 70% e l’80% dei casi, a
seconda delle tipologie
di tumore trattate. Sono
dati analoghi a quelli
rilevati in Giappone, dove
l’adroterapia è utilizzata
dall’inizio degli anni ’90.”
Quali sono gli obiettivi per il
futuro?
“Continuare a lavorare con
le istituzioni per estendere
l’utilizzo dell’adroterapia a tutte le patologie per cui
si sta dimostrando efficace e incrementare l’attività
di ricerca. Ad esempio, vogliamo portare avanti studi
clinici per la misurazione dell’efficacia dell’adroterepia
su tumori del pancreas, del polmone e dell’encefalo. Per
il 2017 è previsto il completamento di una nuova sala
sperimentale del CNAO dove il fascio di ioni carbonio
sarà utilizzato per esperimenti di radiobiologia e per
ricerca industriale, con test su componenti elettronici.
In programma ci sono inoltre studi su una nuova forma
di radioterapia (Boron Neutron Capture Therapy - BNCT),
che consentirà di colpire i tumori metastatizzati”.
36
Le ricette della salute
Come di consueto abbiamo il piacere di presentare ricette sane e gustose per promuovere uno stile di vita corretto ed
equilibrato, che parta proprio dalle nostre tavole.
Non sempre “piatto saporito” equivale a dire “sano” per questo è importante incentivare, per noi che abbiamo a cuore la
salute dei nostri lettori, la riscoperta di gusti e ingredienti genuini e proporre soluzioni che preservino da patologie più o meno
rischiose.
In questo numero Health Online ha il piacere di presentare una ricetta elaborata con Miglio Fitowell, l’innovativa linea
di prodotti vegetali ad alto contenuto proteico pensata per apportare all’organismo più proteine salubri possibili, senza
ricorrere ad un uso smodato della carne e dei suoi derivati.
per scoprire le altre ricette Fitowell visita il sito
www.fitowell.com
Crocchette di broccoli e Miglio
Ingredienti
250gr di broccoli lessi
150 gr di miglio cotto
3 cucchiai di farina di riso
Sale rosa (integrale)
Pepe
Origano
Pangrattato
Acqua q.b
Olio evo
Procedimento
In una terrina aggiungete i broccoli, il miglio, due pizzichi di sale,
due pizzichi di pepe e amalgate per bene.
In una ciotola mettete la farina e un bicchiere di acqua
(la pastella deve essere fluida).
Preparate le crocchette con le mani.
Trasferite le crocchette nella pastella e poi nel pangrattato.
Cuocete in una padella antiaderente con un cucchiaio di olio fino a
doratura.
Buon appetito!
di “Riganelli Alessandro Azienda Agraria”
36
Facebook “f” Logo CMYK / .ai Facebook “f” Logo CMYK / .ai
Spesso l’importanza e i benefici che contraddistinguono i prodotti ricchi di proteine
di origine vegetale vengono sottovalutati e l’apporto giornaliero della componente
proteica avviene per lo più tramite il consumo di carne e suoi derivati.
Vi è ampio accordo nel mondo scientifico, nel consigliare una dieta basata sul minor
utilizzo di carne, di buona qualità, alternata a fonti proteiche di origine vegetale.
Seguire una dieta il più possibile varia, infatti, assicura all’organismo tutti i nutrienti
necessari a vivere in salute e favorisce un migliore benessere psico-fisico.
Dona il meglio al tuo benessere e varia la tua
alimentazione con Fitowell, la linea di prodotti
vegetali ad alto contenuto proteico!
Spelta
perlato
Miglio
decorticato
Grano
saraceno
Fagioli
Mung
Fagioli
Adzuki
Fieno
greco
Lenticchia
rossa
Riganelli Alessandro Azienda Agraria
Via Matteotti, 5 - 06055 - Compignano (PG) - Italia
Segui Fitowell
anche su facebook!
+39 340 3566581
www.fitowell.com - info@fitowell.com
Nessuna distinzione per numero di componenti della famiglia
Nessuna distinzione di età
Sussidi per Single o Nucleo famigliare
Detraibilità fiscale (Art. 15 TUIR)
Nessuna disdetta all’associato
Durata del rapporto associativo illimitata
Soci e non “numeri”
perché abbiamo scelto mba?
rimborso interventi
home test
alta diagnostica
assistenza rimborso ticket
conservazione cellule staminali
visite specialistichesussidi per tutti check up
MBA si pone come “supplemento” alle carenze, ad oggi evidenti, del Servizio Sanitario
Nazionale.
L’innovazione dei Sussidi che mette a disposizione dei propri associati identifica da
sempre MBA come una vera “Sanità Integrativa” volta a migliorare la qualità di vita
degli aderenti.
Mutua MBA
Tel. +39 06 90198060 - Fax +39 06 61568364
www.mbamutua.org
La Selvotta Suite è un’elegante Guest
House nel cuore del Parco di Vejo, a
pochi chilometri dallo storico comune di
Formello ed a soli 17 Km a nord della città
di Roma.
La bellezza del bosco di querce e la
vicinanza al Parco della Selvotta rendono
questa location unica nel suo genere,
offrendo un’oasi di pace per varie specie
di animali la cui compagnia sorprenderà
piacevolmente i propri ospiti.
La camere, curate nei dettagli in forme e
colori,dispongonotuttediserviziprivaticon
doccia, asciugacapelli, TV, riscaldamento
autonomo, aria condizionata, frigobar,
cassaforte e Wi-Fi free. Su richiesta inoltre,
è possibile usufruire del servizio lavanderia.
www.laselvottasuite.it | info@laselvottasuite.it
Via della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM)
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  • 1. Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa HEALTH maggio/giugno 2017 - N°19 in evidenza TUMORE ALL’OVAIO, UN MALE SILENTE DIFFICILE DA DIAGNOSTICARE NELLA FASE INZIALE. INTERVISTA ALLA DOTT.SSA ANNA BAGNATO, RICERCATRICE AIRC malattie rare scarsa informazione solidarietà La Sindrome da Cromosoma X Fragile AIDS: il Ministero della Salute lavora un vademecum conoscitivo Banca delle Visite, la nuova piattaforma web solidale
  • 2. Coopsalute il primo network italiano in forma cooperativa al servizio della salute e del benessere PuntodiincontrotralaDomandael’Offertadiprestazionineisettoridell’Assistenza SanitariaIntegrativa,deiserviziSocioAssistenzialieSocioSanitari,grazieaFamilydea si rivolge anche al comparto del Welfare e dei servizi ai privati! Coopsalute - Società Cooperativa per Azioni Via di Santa Cornelia, 9 - 00060 - Formello (RM) - Italia | www.coopsalute.org | Facebook: Coopsalute Per i servizi sanitari e socio assistenziali, anche domiciliari: 800.511.311 Per le Strutture del Network o a coloro che intendano candidarsi al convenzionamento: Ufficio Convenzioni: 06.9019801 (Tasto 2) e-mail: network@coopsalute.com www.familydea.it
  • 3. tutta la tua salute, ora, in un’app! Nasce MyMBA, l’app dedicata ai soci di Mutua MBA, attraverso cui è possibile accedere a tutti i servizi legati alla tua posizione o sussidio direttamente dal tuo smartphone o tablet.
  • 4. Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare. Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere. In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato sulla Cura Totale della persona. Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie. ITALIA “La salute è la più grande forza di un popolo civile”
  • 5. Health Online periodico bimestrale di informazione sulla Sanità Integrativa Anno 4° maggio/giugno 2017 - N°19 Direttore responsabile Nicoletta Mele Direttore editoriale Ing. Roberto Anzanello Comitato di redazione Alessandro Brigato Mariachiara Manopulo Giulia Riganelli Direzione e Proprietà Health Italia Via di Santa Cornelia, 9 00060 - Formello (RM) info@healthonline.it Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. Articoli, notizie e recensioni firmati o siglati esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta. iscritto presso il Registro Stampa del Tribunale di Tivoli n. 2/2016 - diffusione telematica n.3/2016 - diffusione cartacea 9 maggio 2016 ImPaginazione e grafica Giulia Riganelli Tiratura 101.905 copie Visita anche il sito www.healthonline.it potrai scaricare la versione digitale di questo numero e di quelli precedenti! E se non vuoi perderti neanche una delle prossime uscite contattaci via email a info@healthonline.it e richiedi l’abbonamento gratuito alla rivista, sarà nostra premura inviarti via web ogni uscita! Per la tua pubblicità su Health Online contatta mkt@healthonline.it HEALTH
  • 6. Dalle colonne del nostro periodico affrontiamo, con la massima chiarezza da sempre i temi inerenti la sanità con la ferma convinzione che la salute sia il primo dovere di ciascuno di noi e verso i nostri cari e un diritto sancito costituzionalmente ed in questa prima parte dell’anno 2017 ci sembra opportuno quindi fare il punto della situazione per comprendere bene cosa dobbiamo fare tutti insieme. Nel 2016 la spesa complessiva che in Italia è stata utilizzata per la sanità ha raggiunto, secondo le più recenti stime, 149 miliardi di euro, dei quali 113 circa di spesa pubblica e poco più di 36 di spesa out of pocket. La spesa pubblica ha raggiunto un livello che, se correlato alla situazione economica generale e del paese, difficilmente potrà essere incrementato di molto e che, comunque, a fronte di qualsiasi incremento difficilmente potrà soddisfare le necessità sanitarie di ogni cittadino, fermi restando gli attuali indici di invecchiamento della popolazione, di ampliamento della scienza medica e di sviluppo delle tecnologie sanitarie. Da una recente analisi risulterebbe che, se fossero efficientata la gestione, reso più efficace il modello, razionalizzate le procedure, governate meglio le forniture ed evitati gli sprechi, degli attuali 113 miliardi di euro spesi per la sanità pubblica ben 22 miliardi potrebbero essere meglio finalizzati alle cure ed alla prevenzione. Al di là di comprendere la validità economica dei parametri stimati quello che ci preme sottolineare è che la spesa sanitaria pubblica richiede oggi indispensabili ed opportuni interventi mirati a garantire una maggiore efficienza, rimanendo però fermo il concetto che la valutazione degli indici sulla vita media e sulla crescita della scienza medica impongono la scelta obbligata di indirizzare questo denaro verso le fasce più deboli della popolazione, essendo impossibile incrementare in modo sensibile l’esborso dello stato ed essendo impossibile che tale esborso sia sufficiente a consentire cure complete a tutti. Di controverso la spesa privata cresce in maniera sostenuta e la tendenza statistica ci indica che crescerà necessariamente in questo modo per oltre 10 ulteriori anni, ma i dati ci dicono che viene utilizzata non in maniera corretta. Infatti degli oltre 36 miliardi di euro che gli italiani spendono per la propria salute solo 4,5 miliardi sono intermediati e di questi solo 2,5 miliardi sono intermediati da forme di sanità integrativa mentre altri 2 miliardi sono intermediati dalla sanità privata. Si può quindi ragionevolmente sostenere che il mercato della sanità integrativa sarà un mercato in forte crescita per almeno i prossimi 10 anni con evoluzioni sempre più marcate mano a mano che sempre più aziende e cittadini comprenderanno che la soluzione per la salute di dipendenti ed individui sta nella sanità integrativa. La sanita integrativa, che viene gestita dagli enti a questo dedicati quali Fondi Sanitari, Società di Mutuo Soccorso e Casse di Assistenza Sanitaria, che ricordiamo essere enti senza scopo di lucro governati dalle complete ed articolate legge vigenti, si sta intensamente rinnovando in termini sia di qualità dei servizi offerti che di modalità di erogazione delle prestazioni e sarà in grado di soddisfare le necessità sanitarie di sempre più ampie fasce della popolazione, oltre i circa 9 milioni di associati che oggi già ne usufruiscono, mano a mano che sempre più cittadini vorranno usufruire di questa soluzione, che essendo basata sul concetto di mutualità consente di massimizzare l’efficienza maggiore è il numero degli aderenti. Diventaquindisemprepiùveroilfattochelasanitàintegrativa, gestita dagli enti che la legge disciplina essere dedicati a questo, non è una forzatura del sistema ma una scelta opportuna che consente di ottenere un corretto equilibrio tra spesa pubblica, diritti dei cittadini ed equità sociale. Con questi dati che confermano quello che sosteniamo da tempo la strada è già tracciata e dobbiamo tutti essere consapevoli che non si tratta di valutare delle possibili opzioni ma di seguire con determinazione una scelta strategica che appare ogni giorno sempre più necessaria: l’efficientamento della sanità pubblica e l’ampliamento della sanità integrativa dovrebbero diventare uno modus operandi che ciascun governante, ogni politico, tutti i cittadini e qualsiasi azienda dovrebbe fare proprio. Solo in questo modo daremo corpo al nostro dovere verso la salute di ciascuno di noi ed al diritto costituzionale ad una buona salute per ognuno, creando un mercato della sanità sano ed in crescita con soluzioni opportune di sanità pubblica e di sanità integrativa. Una scelta opportuna per operare la quale è sufficiente che ognuno faccia la propria parte con buona pace di coloro che per interessi economici, corporativi o di settore tentano di confondere le acque a dispetto di una chiarezza che è espressa dai numeri, dalla logica, dalle leggi e dai diritti sociali. A cura di Roberto Anzanello editoriale Un mercato in crescita e soluzioni opportune: una scelta necessaria
  • 7. ommari 21 12 15 10 24 Don Arice denuncia la cultura dello scarto La nuova responsabilità sanitaria Ulcera peptica, una malattia da non sottovalutare Banca delle Visite, la solidarietà viaggia sul web Tumore all’ovaio, un male silente difficile da diagnosticare nella fase inziale in evidenza 18 Malattie rare: la Sindrome da Cromosoma X Fragile 27 Menopausa, l’importanza di viverla al meglio
  • 8. ommari 34 L’adroterapia contro i tumori nei nuovi lea 36 32 Le ricette della salute AIDS: scarsa informazione. Il Ministero della Salute lavora un vademecum conoscitivo 30 Emorroidi: una patologia tra tabù e imbarazzo
  • 9. Health tips Sapevi che... Sapevi che la pratica dello scrub era già conosciuta in Grecia ed in Medio Oriente? Si trattava di un rituale di purificazione da effettuare prima della preghiera. Oggi, come pratica di bellezza, viene utilizzata per favorire la nascita di un nuovo strato di pelle, nonché l’ossigenazione. Effettua regolarmente questa buona pratica, il risultato sarà una pelle più liscia e rinnovata, ma non dimenticare di utilizzare a fine trattamento una crema idratante. I reni sono i Signori delle acque del corpo: depurano il sangue e mantengono l’equilibrio della pressione ematica nei vasi sanguigni. Per mantenerli sani è utile assumere un bicchiere di acqua tiepida la mattina a digiuno, sudare regolarmente e bere tisane o infusi come quelli all’ortica, potente diuretico naturale e previene la formazione della renella, o alla bardana. Il grano saraceno regola la pressione sanguigna, grazie all’apporto di magnesio. Ha proprietà diuretiche e rafforza l’intestino. Grazie al suo alto contenuto di vitamine del complesso B, è consigliato per persone che soffrono di disturbi al fegato. Il nostro cervello, se allenato, può invecchiare più lentamente rispetto al nostro corpo. Alcuni studi hanno inoltre evidenziato come certi videogiochi possono aiutare le persone anziane a tenere la mente in attività. L’esame audioemtrico è un esame ambulatoriale in grado di fornire indicazioni utili sull’udito del paziente sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo. All’interno di una “cabina silente”, lo specialista esegue un’audiometria tonale, misurando la soglia uditiva per via aerea e via ossea, per ricevere informazioni sulla capacità uditiva, e un’audiometria vocale, per valutare la capacità di comprensione delle parole da parte del paziente. Sapevi che l’olio di avocado aiuta a contrastare le smagliature? Contiene infatti sostanze come vitamine A, D ed E ed oltre il 20% di acidi grassi essenziali insaturi, veri rigeneratori della cute. Abbinandolo a qualche goccia di oli vegetali o essenziali (da utilizzare sia durante il massaggio che in un bagno rigenerante) ne aumenti l’effetto; i più indicati sono l’olio di rosa mosqueta e l’essenza di neroli. Molto ricco di vitamina C e di luteina, uno dei più potenti antiossidanti in natura, il kiwi fa bene al cuore, alla vista, agli sportivi, combatte l’invecchiamento e la stitichezza: meno maturo è il frutto e più forte sarà il suo potere lassativo.
  • 10. 10 Banca delle Visite, la solidarietà viaggia sul web a cura di Mariachiara Manopulo Duepuntozero Doxa ha realizzato un’interessante ricerca per PayPal Italia e Rete del Dono. Si chiama “Donare 3.0”, e conferma come oggi gli italiani siano sempre più digital anche per quanto riguarda la solidarietà. Rispetto al 2014, nel 2015 sono stati infatti il 4% in più le persone che hanno voluto fare beneficienza online. I donatori “regolari” sono un po’ diminuiti, ma sempre più italiani scelgono di fare una donazione a un’associazione o di acquistare un regalo solidale per qualche ricorrenza particolare. Le associazioni alle quali sono state fatte donazioni nel 2015 sono state principalmente quelle legate alla categoria “Salute e alla ricerca” (60%), seguite da “Assistenza sociale”, “Sostegno e servizi per disabili” e “Tutela dell’ambiente e degli animali”. Internet è quindi la chiave di volta per avere informazioni, scegliere e decidere come donare, anche con poco tempo a disposizione. Sono sempre di più le charity presenti sul web che danno agli utenti la possibilità di fare una donazione in modo facile e veloce. Curarsi sta diventando sempre più costoso: il Servizio Sanitario Nazionale, si sa, soprattutto in molte regioni italiane ha i suoi (lunghi) tempi, e non tutti possono permettersi di aspettare la scalata delle liste di attesa. Allora ci si può rivolgere al privato, con costi ben diversi… Ed ecco che ScegliereSalute, start up del gruppo Health Italia, nota per essere il “Tripadvisor” della sanità, ha deciso di fare la sua parte, creando la Banca delle Visite. Si tratta di una piattaforma web in cui i cittadini, ma anche le aziende, possono acquistare una visita medica presente in un elenco, oppure donare una somma di denaro libera che concorrerà, assieme alle altre donazioni, all’acquisto di visite o prestazioni. A custodire le donazioni raccolte ci pensa la Fondazione Basis, un ente no-profit dedicato alla promozione e lo sviluppo di iniziative culturali, educative, formative, integrazione sociale e assistenza sanitaria. L’obiettivo è aiutare chi non può permettersi una visita medica a pagamento, chi non può attendere i tempi del Servizio Sanitario Nazionale, e chi ha bisogno di cure immediate. Sono più di 12 milioni, secondo gli ultimi dati, i cittadini italiani che nell’ultimo anno, prevalentemente per motivi economici, hanno rinviato o rinunciato a curarsi. E allora, perché non aiutarli, donando direttamente una visita? È la filosofia del caffè sospeso, tanto in voga a Napoli già nel secondo Dopoguerra. Il cittadino che ne avrà bisogno, potrà richiedere una delle prestazioni disponibili in Banca. La selezione del beneficiario della visita è a cura della Fondazione Basis. “Ricevuta una richiesta – ha spiegato Giuseppe Lorusso, fondatore di ScegliereSalute – il cittadino viene messo in contatto con il medico o il centro. E la onlus paga la prestazione utilizzando i soldi del conto”. Chi fa una richiesta deve inviare un’autodichiarazione sulla privacy e sul proprio stato di indigenza, assieme a un video di presentazione: “È un modo perché ci mettano la faccia – afferma Lorusso – non abbiamo altri strumenti per controllare la buona fede dei nostri interlocutori. Ma fino a oggi abbiamo raccolto esperienze davvero toccanti, che ci fanno capire la validità del nostro progetto”. Sul sito sono disponibili i video di chi ha già avuto una visita in dono, ma anche l’elenco delle aziende sostenitrici. La Banca delle Visite è un progetto di solidarietà forte, innovativo, e importante, che si serve della rapidità del web per regalare a più persone possibili – bisognose – la possibilità di garantire il diritto alla salute. Per maggiori informazioni: https://www.sceglieresalute.it/la-banca-delle-visite Ua piattaforma web in cui acquistare una visita medica presente in un elenco, oppure donare una somma di denaro libera che concorrerà, assieme alle altre donazioni, all’acquisto di visite o prestazioni
  • 11. 11 Caritas della Parrocchia di San Lorenzo Martire La Fondazione ha elaborato un sussidio sanitario che consente la copertura di spese per medicinali e spese mediche che il Servizio Sanitario nazionale non copre adeguatamente. In questo modo i costi medici sostenuti dalle famiglie sono alleggeriti e le stesse famiglie sono stimolate a curare e preservare la loro salute! museo del mutuo soccorso La Fondazione ha ereditato da MBA la collezione del Museo del Mutuo Soccorso; il museo, nato con la volontà di raccogliere significative testimonianze sulla storia del movimento mutualistico dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e dall’altro di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della Mutualità. La Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBA, Health Italia e Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della Sanità Integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio- sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi, nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti. Fondazione Basis | Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM) | www.fondazionebasis.org | info@fondazionebasis.org supportare favorire promuovere Un servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile! Tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:
  • 12. 12 Ulcera peptica, una malattia da non sottovalutare a cura di Nicoletta Mele Disturbi durante la digestione con mal di stomaco accentuato? Potrebbero essere i sintomi dell’Ulcera Peptica, ovvero un’erosione, più o meno profonda, del rivestimento interno dello stomaco o del duodeno, che si verifica quando l’acidità dei succhi gastrici, necessaria per digerire i cibi, danneggia le pareti dello stomaco o del duodeno. Ne esistono due tipi, distinti sulla base della localizzazione e delle cause: gastrica o duodenale. Qualisonolecauseeisintomidellamalattia?Comeavviene la diagnosi e quali sono gli esami ai quali sottoporsi? E, se trascurata, l’ulcera peptica potrebbe dare luogo a delle complicanze? L’abbiamo chiesto alla dottoressa Federica Fabris, Gastroenterologa presso Healthbay Clinic a Dubai. Dottoressa Fabris che cos’è l’ulcera peptica e qual è la differenza tra ulcera gastrica e quella duodenale? “Con il termine ‘ulcera peptica’ si definisce una lesione profonda della mucosa gastrica o duodenale. L’ulcera gastrica e l’ulcera duodenale differiscono per localizzazione e a volte per eziologia, ma hanno in comune il processo fisiopatologico, le complicanze e un quadro sintomatologico caratterizzato da dolore o bruciore post-prandiale in regione epigastrica, tipicamente subito dopo i pasti nel caso di ulcera gastrica e alcune ore dopo nel caso di ulcera duodenale. Nello stomaco viene prodotta una grande quantità di acido, necessario per la digestione del cibo, ma potenzialmente nocivoperiltrattodigerente.Esistonoquindideimeccanismi protettivi, deputati a mantenere l’integrità della mucosa gastrica e duodenale. Se il bilancio tra elementi protettivi ed elementi dannosi viene alterato, allora inizia il processo infiammatorio a carico dello stomaco e duodeno, che prevede fondamentalmente 3 gradi di severità: iperemia (arrossamento), erosione (danno superficiale) ed ulcera (danno profondo). I fattori che possono alterare questo equilibrio sono molteplici: farmaci quali gli anti-infiammatori non steroidei (FANS) e l’aspirina, l’infezione da Helicobacter pylori, l’eccessivo consumo di alcol, l’eccessiva presenza di sali biliari prodotti dal fegato e rilasciati dalla colecisti, patologie in cui vengono prodotti ormoni in grado di stimolare eccessivamente la produzione di acido da parte dello stomaco, ecc... Ulcera gastrica e ulcera duodenale hanno inoltre in comune le possibili complicanze nel caso non siano trattate o riconosciute tempestivamente, principalmente il sanguinamento e la perforazione. Seppur in declino, l’ulcera peptica resta ad oggi una patologia alquanto comune, con un’incidenza annua pari al 0.10- 0.19%. Si stima inoltre che ad un certo punto della vita, il 10% della popolazione mondiale svilupperà un’ulcera peptica”. Come si fa a capire se si soffre di ulcera peptica? “Il sospetto di ulcera peptica viene posto in base ai sintomi lamentati dal paziente e alla sua anamnesi (farmaci assunti, abitudini alimentari, patologie associate, storia familiare). In questo caso, lo specialista prescrive un trattamento farmacologico e ne valuta la risposta, rivedendo il paziente dopo2/3settimanedalprimocontrollo.Nelcasodimancata risposta (nessun miglioramento dei sintomi) si sottopone il paziente ad endoscopia (esofagogastroduodenoscopia). Per avere una diagnosi definitiva, infatti bisogna ricorrere ad esami radiologici o all’endoscopia. Quest’ultima è l’esame preferibile, in quanto permette non solo di avere una visione diretta dello stomaco e duodeno, ma anche di eseguire biopsie ed eventualmente intervenire per arrestare un sanguinamento. Grazie all’elevata efficacia del trattamento medico (farmaci chiamati inibitori di pompa protonica, detti PPI), l’endoscopia non è indicata in tutti i pazienti in prima battuta, ma solo nel caso di campanelli d’allarme o di mancata risposta al trattamento”. Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare? “Sono una significativa perdita di peso, inappetenza persistente, vomito ricorrente, segni di sanguinamento, anemia, difficoltà o dolore alla deglutizione, dolore improvviso acuto e persistente nella regione epigastrica, sudorazione profusa, tachicardia”. Per lungo tempi i disturbi dell’ulcera peptica sono stati attributi a stili di vita scorretti e stress che provocano un aumento dell’acidità gastrica, invece oggi le cause sono anche altre. Quali? “Lo stile di vita gioca sempre un ruolo importante nello sviluppo dell’ulcera peptica (eccessivo consumo di alcolici, di cibi grassi, di caffeina, il fumo di sigaretta), ma le due cause più comuni di ulcera peptica sono l’uso di farmaci anti-infiammatori (FANS) e l’infezione da Helicobacter Pylori. Questo batterio è in grado di danneggiare direttamente la parete gastrica e di causare una eccessiva esposizione del duodeno all’acidità gastrica. La concomitante presenza del batterio all’uso/abuso di FANS ha un effetto nocivo sinergico. Va comunque ricordato che l’infezione da Helicobacter pylori è molto diffusa (più di metà della popolazione mondiale è portatrice del batterio) ma la
  • 13. 13 presenza del batterio nel nostro stomaco non comporta automaticamente lo sviluppo di ulcera peptica, se i meccanismi di protezione sono adeguatamente efficaci”. Chi sono i soggetti a rischio? “I consumatori cronici di FANS/ aspirina, gli obesi, gli anziani, gli immunocompromessi, i pazienti con estese ustioni o traumi cerebrali”. È importante che l’ulcera peptica sia riconosciuta e curata tempestivamente, perché nel tempo può portare a complicazioni talvolta molto serie. Quali possono essere le complicanze di una diagnosi tardiva? “L’ulcerapepticanontrattatapuòandare incontro a complicanze severe, quali il sanguinamento (più comune), la perforazione e l’occlusione gastrointestinale, quest’ultima soprattutto nei casi cronici e recidivanti. L’associazione tra ulcera peptica e sviluppo del cancro gastrico non è ad oggi chiara ed è tutt’ora argomento di ricerca e dibattito”. Quali cure vengono proposte al paziente? “Il farmaco di prima scelta è l’inibitore di pompa protonica (PPI), in grado di ridurre drasticamente la produzione di acido da parte dello stomaco. Possono poi essere aggiunti farmaci in grado di formare uno strato protettivo sulla mucosa gastrica. È poi necessario eseguire la ricerca dell’Helicobacter pylori (o nelle feci o con un test del respiro) e nel caso di positività, è raccomandato un regime di eradicazione che consiste nell’associazione di 2 o 3 antibiotici da assumere assieme al PPI e possibilmente a probiotici. Con la scoperta dell’Helicobacter pylori e la sua eradicazione, si è osservata una drastica riduzione dei casi di ulcera peptica cronica o recidivante. Nel sospetto di sanguinamento da ulcera peptica il paziente verrà sottoposto a gastroscopia e nel caso sia necessario, verranno attuate le tecniche endoscopiche necessarie ad arrestare l’emorragia. Se non vi sono poi controindicazioni assolute, è necessario sospendere l’assunzione di FANS”. Potrebbe anche essere necessario l’intervento chirurgico? “Fortunatamente con l’avvento di medicine in grado di ridurre l’acidità di stomaco e tecniche endoscopiche in grado di arrestare un possibile sanguinamento, entrambe altamente efficaci, la chirurgia è necessaria solo in quei pochi casi in cui non è stato possibile arrestare un’emorragia o vi è una perforazione del tratto digerente”. Una volta diagnostica l’Ulcera Peptica si deve seguire uno specifico piano alimentare? Quali sono i cibi da eliminare? In generale è consigliata una dieta equilibrata, limitando il consumo di cibi grassi, evitando sostanze irritanti per lo stomaco, quali agrumi, caffeina ed alcolici e possibilmente l’assunzione di FANS e aspirina”. È possibile prevenire questa malattia? “Purtroppo non è possibile un’azione preventiva perché anche un soggetto sano può sviluppare la malattia, con meno probabilità rispetto al soggetto a rischio. Abitudini di vita sane e la non assunzione di determinati farmaci riduce il rischio ma non lo previene”. I suoi consigli quali sono? “Nel caso di sintomi persistenti - non un semplice mal di stomaco accusato il giorno prima - rivolgersi ad un medico specialista”.
  • 15. 15 a cura di Lucrezia Anzanello La nuova responsabilità sanitaria La Legge n. 47 dell’8 marzo 2017 (cd. Legge Gelli dal nome del Ministro proponente) ha profondamente innovato il sistema di responsabilità professionale sanitaria a distanza di soli cinque anni dalla riforma operata dal Decreto Legge n. 158 del 13 settembre 2012, meglio noto come Decreto Balduzzi. L’incipit della Legge è dedicato ad un’affermazione di principio che, richiamando il dettato costituzionale dell’art. 32, afferma l’importanza della sicurezza delle cure da realizzarsi anche attraverso la prevenzione e gestione del rischio sanitario. Nel proseguo, la Legge insiste sulla istituzione di un Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità avente l’obiettivo e lo scopo di monitorare i dati, di ciascuna regione, attinenti al rischio sanitario ed all’onere finanziario del contenzioso oltre a focalizzarsi sulla realizzazione ed introduzione, nel nostro ordinamento, delle buone pratiche clinico assistenziali quali linee guida di orientamento da redigersi ad opera di enti e istituzioni pubbliche e private nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie. Si sottolinea come il richiamo alle buone pratiche ed alle linee guida accreditate dalla comunità scientifica fosse già presente nel Decreto Balduzzi con un’incidenza piuttosto rilevante in termini di responsabilità penale del medico. La Legge Gelli effettua però un passaggio ulteriore e invece che richiamarsi, generalmente, a quelle pratiche già accolte dalla comunità scientifica ne dispone la composizione in esito ad un lavoro congiunto da parte dei vari rappresentanti ed operatori del settore. In punto di responsabilità penale, la Legge, abrogando la disposizione del Decreto Balduzzi, introduce un nuovo articolo nel nostro codice penale e, precisamente l’art. 590-sexies rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”, con il quale si dispone che: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che
  • 16. 16 le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”. Nella ridisegnata cornice della responsabilità, dunque, la punibilità risulta essere esclusa, senza più alcun riferimento testuale alla declinazione in colpa grave o lieve, qualora l’imperizia del sanitario abbia dato luogo al verificarsi di un evento e (i) siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o le buone pratiche clinico- assistenziali e, ancora, (ii) tali raccomandazioni risultino pertinenti alle peculiarità del caso. La riforma interviene anche sul tema della responsabilità civile della struttura sanitaria e del professionista sanitario e, seppur nell’affiorare di modelli di tipo no fault, ne individua come cardine l’elemento del dolo e della colpa. Ciò significa che la struttura sanitaria - sia essa pubblica o privata - che si avvalga dell’opera professionale di operatori sanitari, anche se volontariamente selezionati dal paziente e non dipendenti della struttura, risponde, a titolo di responsabilità contrattuale, delle condotte dolose o colpose di questi ultimi ai sensi di quanto previsto dagli articoli 1218 e 1228 del codice civile. Quanto alla responsabilità del singolo professionista, questa ricade nella sfera della responsabilità extracontrattuale (con conseguenti differenze in termini di prova e prescrizione del diritto) costituendo così un doppio binario di responsabilità che segue i dettami della tipologia contrattuale per le strutture sanitarie e, diversamente, soccorre alla disciplina ex art. 2043 cod. civ. per la configurazione della responsabilità aquiliana degli esercenti la professione sanitaria. Al fine di ridurre il contenzioso in materia sanitaria, il legislatore ha introdotto l’obbligo di esperire previamente un tentativo di conciliazione in tutti quei casi nei quali un soggetto intenda incardinare un’azione di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria. Il procedimento di conciliazione deve concludersi entro sei mesi dalla presentazione della domanda e richiede la partecipazione di tutte le parti, ivi comprese le compagnie di assicurazione alle quali la Legge pare affidare un ruolo centrale nel nuovo sistema di responsabilità. L’articolo 10 della Legge in esame sancisce infatti l’obbligo, per le strutture sanitarie, di dotarsi di una copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi anche qualora le prestazioni sanitarie siano svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina. I professionisti che operano in contesti diversi rispetto a quelli summenzionati o che prestino la propria attività in strutture sanitarie secondo il regime libero-professionale, sono a loro volta tenuti a sottoscrivere idonea copertura assicurativa come già richiamata dal Decreto Balduzzi ed in virtù delle disposizioni del Decreto Legge 138/2011. Non solo. La Legge Gelli obbliga l’esercente la prestazione sanitaria operante a qualunque titolo, in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, a provvedere alla stipula di un’adeguata polizza di assicurazione per colpa grave. Una simile previsione è funzionale a rendere effettivo l’obbligo di rivalsa previsto dall’articolo 9 della Legge ed esercitabile dalla struttura sanitaria nei confronti dell’professionista quando quest’ultimo non abbia preso parte all’azione giudiziale o stragiudiziale del risarcimento del danno e l’evento si sia verificato per causa a lui imputabile in base ad un giudizio fondato sul dolo o la colpa grave. In tema di assicurazioni sono poi certamente da sottolineare due ulteriori aspetti. Da un lato, l’introduzione dell’azione diretta del danneggiato nei confronti della compagnia di assicurazione e dall’altro, la positivizzazione di una clausola di tipo claims made (in deroga al regime classico di loss occurence ex art. 1917 cod. civ.) con retroattività decennale, a cui si affianca una cd. sunset clause per i casi di cessazione definitiva dell’attività professionale. Ultima annotazione riguarda il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria previsto dall’articolo 14. Il legislatore, presumibilmente ispirandosi ai modelli no fault già citati in precedenza, ha introdotto la concorrenza del Fondo di garanzia nel risarcimento del danno sanitario per i seguenti casi: a) il danno risulta essere sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla struttura sanitaria o sociosanitaria (sia essa pubblica o privata) ovvero dall’esercente la professione sanitaria; b) la struttura sanitaria o sociosanitaria (pubblica o privata) ovvero l’esercente la professione sanitaria risultino assicurati presso una compagnia di assicurazione che, al verificarsi del sinistro e in fase di sua liquidazione, si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa; c) la struttura sanitaria o sociosanitaria (pubblica o privata) ovvero l’esercente la professione sanitaria siano sprovvisti di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell’impresa assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione dall’albo dell’impresa assicuratrice stessa. Il Fondo costituisce quindi, in aggiunta all’obbligo di assicurazione, un ulteriore strumento di tutela del paziente che abbia subito un danno nell’esercizio dell’attività sanitaria in termini di certezza del risarcimento. 16
  • 17. Presentano Diventa un associato e cambia adesso il tuo futuro, richiedi la consulenza di un promotore! www.garanziasalute.it garanziasalute@radioradio.it Il Fondo Garanzia Salute nasce nell’ottica di offrire un servizio in linea con i principi cardine cui si ispira una Società di Mutuo Soccorso, la solidarietà e la cooperazione, che riconoscono nella sanità integrativa l’unica forma di assistenza concreta e sostenibile che opera senza scopo di lucro. La volontà di diffondere il più possibile il principio di prevenzione ha spinto Mutua MBA ad affidarsi a Radio Radio, emittente radiofonica romana che sin dalla sua nascita si è caratterizzata come talk radio, ed elaborare per gli ascoltatori un’offerta di 9 sussidi: Pop, Rock, Techno e Dance dedicati agli under 65, Jazz, Classica, Blues, Country e Folk per gli over 65. La sanità d’eccellenza per le famiglie di Radio Radio!
  • 18. 18 Malattie rare: la Sindrome da Cromosoma X Fragile a cura di Nicoletta Mele La Sindrome dell’X fragile è una condizione genetica a trasmissione ereditaria. È la sindrome più frequente di ritardo mentale dopo la Sindrome di Down. Si stima che l’incidenza della Sindrome sia di 1 caso su 4.000 maschi e 1 su 6.000 femmine, ma tale dato può variare a seconda delle aree geografiche. È stata descritta per la prima volta nel 1943 da due medici inglesi, Martin e Bell, ma solo negli anni Settanta divenne chiaro che la presenza di queste caratteristiche poteva essere ereditaria per un difetto nella forma del cromosoma X, da cui il nome X Fragile. Nel 1991, poi, grazie ai progressi sullo studio del DNA, è stato definitivamente identificato il gene responsabile e dal 2001 la Sindrome dell’X fragile è inserita nell’elenco delle Malattie Rare. La Sindrome può manifestarsi in modo diverso da bambino a bambino, i sintomi possono comparire anche molto tempo dopo la nascita e spaziano dal ritardo nello sviluppo cognitivo - da lieve a grave - alle difficoltà nella gestione delle emozioni, da quadri di epilessia (circa 1/3 dei bambini ha convulsioni frequenti) a comportamenti di tipo autistico. Allo stato attuale non esiste una cura, la diagnosi precoce è fondamentale per l’attivazione di percorsi di riabilitazione e strategie educative mirate. Lo scorso marzo, presso il centro del Policlinico di Modena, in occasione della X giornata Internazionale per le Malattie Rare, è stato organizzato dalla Scuola di Specializzazione in Pediatria di UNIMORE in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e con l’Associazione Italiana SXF - nata nel 1993 su iniziativa di un piccolo gruppo di genitori di persone diagnosticate e di alcuni ricercatori, che oggi conta circa 350 soci attivi a livello nazionale e numerosi contatti - un incontro dal titolo “Conoscere e riconoscere la Sindrome da cromosoma X Fragile” con l’obiettivo di approfondire la conoscenza della Sindrome e cercare di costruire a Modena un percorso di presa in carico dei pazienti. Health Online ha intervistato il professor Lorenzo Iughetti, Direttore della Scuola di Specializzazione in Pediatria del Policlinico di Modena. Prof. Iughetti quali sono stati i punti fondamentali affrontati nel corso dell’incontro? “L’incontro ha fornito una panoramica completa della sindrome dell’X Fragile. In particolare, la dott.ssa Olga Calabrese, responsabile UO Genetica Medica, ha incentrato il suo intervento sulle basi genetiche della malattia (in particolare mutazione e premutazione con assenza o presenza di metilazione). La dott.ssa Simona F. Madeo, responsabile dell’Ambulatorio Malattie Rare UOC Pediatria, invece ha illustrato i quadri clinici e il percorso diagnostico, la dott.ssa Patrizia Bergonzini, Ambulatorio di Neuropediatria UOC Pediatria, ha affrontato gli aspetti neurologici specificidellacondizioneeDaniela Nasi, dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile, ha portato il punto di vista della famiglia e del paziente. Nel corso dell’incontro è stata sottolineata la necessità di un approccio multidisciplinare, diagnostico prima e terapeutico poi. Quest’ultimo punto è stato fortemente evidenziato in quanto necessario per garantire al paziente e alla famiglia una diagnosi più precoce possibile, un corretto follow-up clinico e terapeutico e l’attivazione di percorsi di supporto alla famiglia per la gestione del paziente”. Quali sono le cause della Sindrome e come riconoscerla? “La Sindrome X-Fragile è causata da una mutazione nel gene FMR1 (Fragile X Mental Retardation 1) che provoca l’espansione di triplette CGG >200 che determina il deficit o l’assenza di espressione di FMRP (Fragile X Mental Retardation Protein). Le manifestazioni cliniche in epoca prepuberale sono subdole. Il bambino può presentare lievi dismorfismi (macrocrania, padiglioni auricolari ampi, strabismo, occhi alonati), valgismo degli arti inferiori, iperlassità legamentosa, obesità, macrorchidia che diventano, però, più evidenti in epoca postpuberale. Nella prima infanzia importanti indizi diagnostici sono rappresentate da: ipotonia, ritardo del linguaggio, ritardo mentale da lieve a severo, autismo (60% circa dei maschi con Sdr X
  • 19. 19 “Subito dopo la diagnosi viene avviato il percorso di follow-up specialistico concordando i controlli con i genitori, la famiglia viene inviata presso il servizio di neuropsichiatria infantile del territorio per la necessaria presa in carico e l’attivazione dei percorsi fisioterapici, logopedici e di sostegno scolastico. Si contatta il Pediatra di Comunità, con cui viene fatta comunicazione della patologia agli operatori scolastici per garantire un’adeguata gestione sia di apprendimento che relazionale, in attesa dell’attivazione del sostegno scolastico. Si danno i riferimenti dell’associazione ai genitori per permettere loro di confrontarsi con gli altri genitori e condividere le esperienze, in modo da non sentirsi soli in una fase così delicata come quella della comunicazione della diagnosi” Per una qualità di vita migliore per le persone affette dalla malattia rara, la speranza è quella di avere la cura. Quali sono gli studi e le attività di ricerca? “Non vi sono al momento dati su terapie geniche risolutive. Sono in atto progetti di ricerca, anche in Italia, su terapie sperimentali (per ora testate solo su animali) volte a migliorare gli aspetti comportamentali”. A Modena si sta pensando di costruire un percorso di presa in carico dei pazienti. Può spiegarci esattamente qual è l’obiettivo a cui sperate di arrivare? “L’obiettivo che vogliamo raggiungere è quello di rendere sempre più preciso il lavoro del gruppo multidisciplinare, in modo da garantire alle famiglie un chiaro percorso diagnostico-terapeutico che coinvolga in modo strutturato i servizi territoriali, i pediatri di libera scelta e le scuole, sempre in collaborazione con le famiglie che rappresentano il punto cardine per una corretta gestione di questi pazienti”. Può raccontare un’esperienza che le è rimasta particolarmente nel cuore? “In realtà ogni paziente rappresenta un pezzo importante nella mia pratica clinica. Nello specifico, i pazienti affetti da malattie rare sono sempre legati ad esperienze emotivamente coinvolgenti, in quanto in genere il percorso diagnostico è lungo, vissuto spalla a spalla con il bambino e con i genitori, i quali vivono questo percorso con ansia e nell’attesa di avere delle risposte. Quando si riesce ad arrivare alla diagnosi il momento è sempre emozionante perché i genitori sono combattuti tra il sollievo di potere dare finalmente un “nome” alla condizione del proprio bambino e dall’altra dalla perdita della speranza di sentirsi dire “non ha nulla”. Fragile), collera, iperattività, disturbo dell’attenzione, timidezza, ansia, scarso contatto visivo, tendenza a mordere le mani, hand flapping, disturbi del sonno, epilessia. Fondamentale, inoltre, come in tutti i percorsi diagnostici in medicina, è una corretta anamnesi familiare, in quanto la presenza in famiglia di condizioni compatibili con sindrome dell’insufficienza ovarica primitiva X-Fragile associata (FXPOI) o sindrome atassia/tremori X-Fragile associata (FXTAS) sono utili nell’indirizzare verso la diagnosi”. Quanto è importante la diagnosi precoce? “Nel caso della Sindrome X-Fragile (come nella maggior parte delle malattie genetiche) la diagnosi precoce non permette di arrestare l’evoluzione della patologia. La diagnosi precoce, però, è fondamentale per mettere in atto le terapie mirate e ci permette di programmare il follow-up multispecialistico adeguato oltre ad evitare al bambino e alla sua famiglia esami e accertamenti non necessari”. Ogni bambino è diverso e non è semplice diagnosticare la malattia, c’è chi ha impiegato più di 2 anni. È così? “Il problema delle malattie rare è proprio nella loro rarità, che le rende malattie “orfane”, poco conosciute e spesso poco riconosciute. Come dicevo prima, i sintomi in epoca prepuberale possono essere molto sfumati e a volte fuorvianti per cui spesso si arriva alla diagnosi tardivamente”. Ad oggi non esiste una terapia risolutiva, ma si procede al trattamento dei sintomi per migliorare la qualità di vita dei pazienti, in che modo? “Nei pazienti con Sindrome X-Fragile la terapia di supporto è fondamentale, in particolare la presa in carico presso la neuropsichiatria infantile, con la messa in atto dei percorsi di fisioterapia e di logopedia. Il follow-up multidisciplinare permette, inoltre, di gestire le complicanze (otorinolaringoiatriche, oculistiche, endocrinologiche, neurologiche, gastroenterologiche, ortopediche, cardiologiche) e, laddove possibile, di prevenirle. Tutto ciò garantisce al nostro paziente una qualità di vita migliore con la possibilità di inserirsi nella società, sfruttando al meglio le proprie potenzialità”. La cura di un bambino X Fragile necessita di una forte collaborazione tra medici, famiglia e contesto sociale ed educativo. Che tipo di dialogo si stabilisce e qual è il lavoro che si porta avanti con le famiglie?
  • 20. 20 Domus dei Cesari e Basis Eventi del gruppo Basis S.p.A. propongono: La Selvotta Suite Guest House, splendida location immersa nel cuore del Parco di Vejo. IN ESCLUSIVA PER GLI ADERENTI ALLA CONVENZIONE HEALTH ITALIA, VENGONO RISERVATE SPECIALI TARIFFE PER IL SOGGIORNO IN FORMULA B&B OLTRE AD OFFERTE VANTAGGIOSE PER L’ORGANIZZAZIONE PERSONALIZZATA DI EVENTI PRIVATI, COME ANNIVERSARI, FESTE A TEMA E RICEVIMENTI, E AZIENDALI COME MEETING, CENE E TEAM BUILDING IN COLLABORAZIONE CON PROFESSIONISTI DEL SETTORE. Il silenzio della natura è molto reale... ti circonda, puoi sentirlo La richiesta dovrà essere effettuata tramite l’invio di una mail a info@laselvottasuite.it con: Oggetto_Info camera o Info evento Allegato_Tesserino Health Italia Nome e Cognome Data soggiorno/evento e numero di persone AGEVOLAZIONI CAMERE STANDARD_71€ a persona in formula B&B ALTRE TIPOLOGIE_Sconto del 10% a partire da 85€ a persona ATTIVITÀ ATTIVE NELLA STRUTTURA_Sconto del 10% AFFITTO DELLA LOCATION IN ESCLUSIVA_Sconto del 15% Via della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM) | +39 06 98267176 | info@laselvottasuite.it - www.laselvottasuite.it ITALIA
  • 21. 21 a cura di Alessandro Notarnicola Don Arice denuncia la cultura dello scarto La cura degli anziani è un bisogno emergente e questo è un dato innegabile del nostro tempo, detto con chiarezza dalle statistiche e dalle proiezioni ISTAT che periodicamente arrivano sulle nostre scrivanie e che ci costringono ad aggiornare numeri crescenti e risposte disattese. L’impressione, però, è che questo cambiamento sia poco, molto poco, all’attenzione concreta e operativa dei responsabili della cosa pubblica, presi soprattutto da questioni di bilancio e meno dalla risposta concreta alla domanda di salute e di cura di questi pazienti, e purtroppo anche all’attenzione della comunità ecclesiale in generale, che con una certa fatica rimodula la sua azione pastorale legando i processi alle situazioni concrete nelle quali ci si viene a trovare. Sono queste le dichiarazioni di don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, il quale trattando uno degli argomenti più attuali del nostro tempo e della nostra cultura, la vecchiaia, riflette su tutti i grandi temi dell’esistenza umana: il senso della vita, la dignità del vivere e del morire, il rapporto intergenerazionale, la dignità della persona, il valore del corpo, l’allocazione etica delle risorse, la qualità della cura e, in particolare, la considerazione della morte. “C’è da rallegrarci per gli ultracentenari, triplicati in pochi anni, con un trend in aumento di anno in anno: si è passati – spiega don Arice – dalle 5.650 persone che avevano raggiunto o superato i 100 anni nel 2002, a oltre 19.000 nel 2015 (nel 2015 le donne rappresentano l’83,8% del totale degli ultracentenari). L’aspettativa di vita, anche 21
  • 22. 22 se con qualche leggera flessione in quest’ultimo anno, nel nostro Paese rimane ancora di 82,8 anni (80,3 M – 85,2 F) e il numero degli ultraottantenni, che oggi superano il 6%, dovrebbero raddoppiare nel 2050”. Certamente, spiega il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, non ci si può rallegrare per i 3,5 milioni di ultrassessantacinquenni (su 12,5 milioni) non autosufficienti spesso polimorbidi e quindi complessi. Circa l’1,2 milioni di persone affette da patologie neurodegenerative nel giro di due decenni aumenteranno, concorrendo così al formarsi di una società sempre più vecchia, molto pesante a gestirsi economicamente per la mancanza di un numero sufficiente di contribuenti e decisamente impegnativa da gestire. In Italia i posti letto nelle strutture assistenziali per anziani, non superano i 290.000 (naturalmente con una concentrazione al Nord Italia 3 volte superiore a quella del Sud), il che vuol dire che la maggioranza dei nostri vecchi restano a casa, spesso soli e, per chi può permetterselo, con badanti che affrontano questo mestiere senza un’adeguata preparazione. Ciò che, inoltre, rende la questione più problematica è la crisi dell’istituto familiare che vede una città come Milano capitale dei single. Nel 2016, per questa città che non raggiunge il milione e mezzo di abitanti, il Comune ha censito nuclei monofamiliari più del doppio delle coppie: 379.035 contro 164.435. In città come Milano o come Roma non è poi così raro che si ritrovino anziani morti diversi giorni dopo il loro decesso (se non settimane) anche se la cronaca non è così scandalizzata e indignata nel darne notizia. Altrettanto frequente è la presenza di anziani che non potendo provvedere a far la spesa da soli, a cucinare adeguatamente, a reperire le medicine necessarie, vedono peggiorare la loro povertà di salute, aggravando situazioni già molto precarie sia per loro che per la spesa sanitaria. “Umanamente parlando – spiega don Arice nel suo interessante saggio che prende avvio dalla lettura dello studio del sociologo e teologo Armando Matteo “Tutti muoiono troppo giovani” – il quadro è davvero drammatico e all’orizzonte si fatica a vedere movimenti in controtendenza che facciano presagire una ripresa, una svolta che può avvenire soprattutto se aumenta in modo deciso la natalità. In particolare, ritengo che la ferita più importante nella società contemporanea l’abbia ricevuta, e continua a riceverla proprio la famiglia, istituto cardine di ogni vera e sana comunità umana”. Come denunciano le istituzioni laiche e la Chiesa stessa, la famiglia, oggi, è maltrattata sia da un punto di vista economico che da un punto di vista etico; la denatalità, infatti, va letta come un’amara conseguenza di questo fenomeno. Per tale ragione, don Carmine Arice auspica un ripensamento delle politiche familiari, in campo civile, per evitare un autoannientamento, e di una vera pastorale familiare in campo ecclesiale, attenta e premurosa, capace di discernere e accompagnare ogni situazione nella sua singolarità, ma sempre ferma nell’annunciare il vangelo della famiglia e della vita. “Considerare la cura degli anziani nel nostro tempo – conclude – significa non dimenticare il pericolo che corrono ‘i vecchi’ di essere tra le vittime più illustri della cultura dello scarto, tante volte denunciata da Papa Francesco. Nei primi giorni del suo pontificato, la parola del Papa fu chiara: ‘La cultura dello scarto tende a diventare una mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona, non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano’.
  • 23.
  • 24. 24 Tumore all’ovaio, un male silente difficile da diagnosticare nella fase inziale a cura di Alessia Elem In Italia il tumore maligno all’ovaio, o carcinoma ovarico - ovvero tumore epiteliale che origina dalle cellule epiteliali che rivestono superficialmente le ovaie e costituiscono più del 90% delle neoplasie ovariche maligne - colpisce circa 4.490 donne ogni anno (fonte Registro dei Tumori, 2012), è al nono posto tra le forme tumorali, e costituisce il 2,9% di tutte le diagnosi di tumore. Il carcinoma ovarico è un male silente, difficile da diagnosticare nella fase iniziale perché non da sintomi precisi che possono far pensare alla neoplasia. La conseguenza della diagnosi tardiva influenza pesantemente l’esito delle cure. Secondo la Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO), negli stadi iniziali (stadio I) la sopravvivenza a cinque anni è pari all’85%; negli stadi avanzati la sopravvivenza a cinque anni scende al 25%. I campanelli d’allarme da non sottovalutare sono quando si presentano insieme, o all’improvviso, i seguenti sintomi: addome gonfio, aerofagia (disfunzione apparato digerente), o il bisogno di urinare frequentemente; in questi casi il consiglio è quello di rivolgersi al ginecologo il quale, grazie all’ecografia pelvica, sarà in grado di dare una prima importante indicazione diagnostica. Non esistono al momento programmi di screening scientificamente affidabili per la prevenzione del tumore dell’ovaio, ma alcuni studi hanno dimostrato che una visita annuale dal ginecologo che esegue la palpazione bimanuale dell’ovaio e l’ecografia transvaginale di controllo possono facilitare una diagnosi precoce. I fattori di rischio sono la lunghezza del periodo ovulatorio, ossia il menarca (prima mestruazione) precoce, la menopausa tardiva e il non aver avuto figli. Anche l’età è un elemento importante, come dimostra il fatto che nella maggior parte dei casi la patologia viene identificata dopo l’ingresso in menopausa, tra i 50 e i 69 anni. Circa un caso su dieci di cancro alle ovaie è dovuto ad alterazioni genetiche. Secondo una stima del National Cancer Institute, una percentuale tra il 7% e il 10% di tutti i casi è il risultato di una alterazione genetica, che si tramanda nelle generazioni. È doveroso ricordare che l’esistenza in famiglia casi di tumore dell’ovaio non dà la certezza che esso si ripresenti in tutte le donne imparentate, ma solo che queste ultime 24
  • 25. 25 hanno un rischio più elevato rispetto alla popolazione generale. Il carcinoma ovarico colpisce ogni anno, a livello mondiale, 225mila donne. “È il tumore femminile a cui le donne riescono a sopravvivere di meno. È un male silente, difficile da diagnosticare precocemente, con un alto tasso di recidiva e di resistenza ai farmaci”. Lo ha affermato nel corso dell’intervista rilasciata a Health Online, la dottoressa Anna Bagnato, ricercatrice alla guida del laboratorio di Modelli preclinici e nuovi agenti terapeutici dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, nonché storica ricercatrice AIRC e volto dell’Azalea della Ricerca 2017. Dottoressa, dopo la diagnosi quali sono le cure alle quali viene sottoposta la paziente? “Le donne colpite dal carcinoma dell’ovaio vengono sottoposte a intervento chirurgico. La citoriduzione primaria ad oggi è considerata il trattamento standard per questa neoplasia. In relazione al tipo e alla diffusione del tumore può anche essere eseguita in laparoscopica o mediante un trattamento chirurgico mini-invasivo, con l’ausilio del sistema robotizzato Da Vinci. Dopo la chirurgia il trattamento di scelta per il carcinoma ovarico è la chemioterapia a base di platino. Il trattamento standard è quello di sei cicli a base di paclitaxel e di carboplatino. Delle pazienti che rispondono alla chemioterapia, circa il 70% va purtroppo incontro a una recidiva e dev’essere sottoposta a ulteriori cicli di cure. Il più grande ostacolo nella cura del carcinoma ovarico è l’insorgenza della resistenza alla chemioterapia”. La malattia quindi può ripresentarsi e non rispondere più ai farmaci. Per questo, oggi la ricerca è focalizzata sulla messa a punto e sull’identificazione di combinazioni di farmaci capaci di abbattere la resistenza del tumore. Dottoressa, a che punto è arrivata la ricerca? “Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi, scoprendo nuovi farmaci molecolari mirati (come il bevacizumab e l’olaparib), progettati per interferire con uno specifico bersaglio cellulare. Grazie ad AIRC abbiamo scoperto che la combinazione di Macitentan, farmaco approvato per il trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare, con i chemioterapici è in grado di sensibilizzare nuovamente il tumore ai farmaci. Le ultime novità nella lotta a questo big killer delle donne vanno proprio in questa direzione. Di recente è stato approvato il farmaco bevacizumab che, insieme alla chemioterapia, si è dimostrato efficace contro le recidive resistenti ai farmaci. Con lo stesso scopo è stato approvato anche il farmaco olaparib. Infine sono in corso studi incentrati sull’immunoterapia. L’approccio immunoterapico, focalizzato nello stimolare la risposta immune dei pazienti, è una delle sfide oggi più promettenti e, in futuro, potrebbe rivelarsi un obiettivo vincente”. Qual è l’impatto del tumore sulla vita della donna? “Ogni tumore ha un forte impatto a livello psicologico. È indubbio che il carcinoma ovarico colpisce profondamente la donna nella sua identità femminile (perdita della funzionalità ovarica), con reazioni legate anche all’età in cui viene diagnosticato il tumore e all’invasività delle cure. Per questo è importante intervenire anche tramite il counseling da parte di un esperto per aiutare la donna a recuperare un’adeguata qualità di vita. È necessario promuovere approcci multidisciplinari con diversi professionisti, che possano seguire la paziente dalla diagnosi sino al periodo che segue i trattamenti chirurgici e la chemioterapia, per supportarla in questo importante periodo della vita”. La sfida della ricerca è quella di sconfiggere il carcinoma ovarico e l’AIRC anche quest’anno, in occasione della festa della mamma, ha organizzato il consueto appuntamento “L’Azalea della Ricerca”, un fiore che è sbocciato in oltre 3.600 piazze italiane per la salute delle donne. Obiettivo dell’iniziativa è infatti quello di portare nuovi fondi ai migliori ricercatori italiani impegnati a rendere i tumori femminili sempre più curabili. in evidenza
  • 26. L’allestimento museale è stato progettato per offrire al visitatore un quadro completo ed esaustivo sulla storia delle società di mutuo soccorso. Il percorso si apre con dei pannelli informativi che raccontano, in una sequenza cronologica, il fenomeno del mutualismo e continua con delle grandi teche espositive in cui è racchiusa una notevole varietà di materiale documentario, nonché un ragguardevole insieme di medaglie, spille, distintivi ed alcuni cimeli di notevole rarità, riconducibilli ad oltre duecentro tra enti e società di mutuo soccorso, con sedi in Italia e all’estero. All’interno del museo è presente uno spazio multifunzionale nel quale coesistono un archivio storico, una biblioteca e un centro studi. Inoltre, è stato riservato uno spazio per ospitare ogni forma d’arte: mostre, concerti di musica e rappresentazioni teatrali. Previa prenotazione, ogni artista potrà esporre o esibirsi gratuitamente all’interno dello spazio dedicato. Il Museo del Mutuo Soccorso, nato dalla volontà di valorizzare la storia delle società di mutuo soccorso, si prefigge di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della mutualità. Visitando il museo si ha la possibilità di conoscere da vicino le società di mutuo soccorso, le loro tradizioni e l’importanza sociale che hanno ricoperto nelle varie vicende storiche del nostro Paese. La struttura accoglie i visitatori anche con visite guidate e per le scuole sono pensati percorsi e laboratori didattici tematici. Sono, inoltre, previste aperture straordinarie nelle quali sarà possibile visitare le mostre in corso, assistere agli spettacoli e partecipare ad eventi e attività didattiche Apertura: Dal lunedì al venerdì previa prenotazione 11.00 - 13.00 | 15.00 - 18.00 Ultimo ingresso 17.30 (ingresso libero) Info e prenotazioni: +39 337 1590905 info@fondazionebasis.org www.museomutuosoccorso.it Indirizzo: Palasalute via di Santa Cornelia, 9 00060 - Formello (RM)
  • 27. 27 a cura di Mariachiara Manopulo Menopausa, l’importanza di viverla al meglio Con la parola “menopausa” si indica di solito il climaterio, il momento della vita della donna in cui cessano le mestruazioni, ma sarebbe più corretto chiamare così solamente l’ultima mestruazione. È preceduta dalla pre- menopausa, un periodo, che può essere anche piuttosto lungo, in cui il ciclo mestruale è irregolare, e si possono presentare vampate di calore e sudorazioni notturne. Dopo 6-12 mesi consecutivi di assenza totale di mestruazioni, si entra nella post-menopausa. La menopausa arriva in genere tra i 45 e i 53 anni. Possono verificarsi casi di menopausa prematura, tra i 40 e i 45 anni, di menopausa precoce, se ha luogo prima dei 40 anni, mentre dopo i 53 anni si parla di menopausa tardiva. La variabilità dell’inizio della menopausa da donna a donna dipende, oltre che dalla differente riserva ovarica alla nascita, anche da molti altri fattori. Il primo è l’ereditarietà: le figlie tendono ad andare in menopausa alla stessa età delle loro mamme. Il secondo è il fattore etnico: le donne africane entrano in menopausa prima e le giapponesi dopo rispetto alle donne europee. Conta anche lo stile di vita, fumare, ad esempio, anticipa la menopausa da un anno e mezzo a tre, perché ha un effetto tossico sull’ovaio e distrugge una rilevante quota di follicoli. Le gravidanze e la pubertà tardiva tendono a ritardarla, così come, ma è per ora solo un’ipotesi - la contraccezione ormonale, per effetto del blocco temporaneo della crescita dei follicoli. Un ciclo più lungo, e quindi una ovulazione meno frequente, comporta un consumo minore di follicoli e una riserva più duratura, per cui tende a ritardare la menopausa. A qualsiasi età arrivi, la menopausa condiziona l’insorgenza di fattori di rischio cardiovascolari, rispetto alle donne di pari età non in menopausa. Quali sono i sintomi della menopausa? Vampate di calore, secchezza vaginale, disturbi del sonno, sudorazione, difficoltà nel controllare il peso corporeo, instabilità emotiva. A medio lungo termine, la caduta dei livelli di estrogeni provoca alterazioni a livello del metabolismo osseo, lipidico e glucidico che incrementano il rischio di osteoporosi, malattie cardio cerebro vascolari, diabete, sovrappeso e obesità. La Terapia ormonale sostitutiva (Tos) viene utilizzata per contrastarne i sintomi, ma ci si può sottoporre anche a terapie ormonali selettive, che aiutano a contrastare la sintomatologia senza però incorrere negli effetti collaterali della Tos convenzionale. Ad esempio, c’è il Tissue Selective Estrogen Complex (TSEC) o Complesso Estrogeni Tessuto- Selettivo, una terapia ormonale sostitutiva indicata per le donne che presentano intolleranza al progestinico, l’ormone che viene usato nella Tos. Oancora,iltibolone,unfarmacocheriduceglieffettinegativi della TOS convenzionale su tessuti sensibili agli ormoni, come 27
  • 28. 28 l’utero e la mammella. È uno steroide sintetico dalle proprietà estrogeniche, progestiniche e androgeniche, appartenente alla famiglia degli STEAR (Selective Tissue, Estrogenic Activity Regulator), dei regolatori selettivi dell’attività estrogenica tessutale. Viene metabolizzato dall’organismo e utilizzato dove c’è una carenza ormonale; può esercitare un’attività estrogenica, progestinica e/o androgenica, grazie all’azione dei suoi metaboliti che presentano proprietà differenti nei vari distretti dell’organismo femminile. Come la TOS convenzionale, riduce i sintomi tipici del periodo menopausale e può prevenire la perdita di massa ossea che, se trascurata, può degenerare in osteoporosi. Si tratta di un passaggio delicato e importante per tutte le donne. Per alcune può rappresentare un sollievo, la fine di mestruazioni dolorose, la liberazione dai contraccettivi, ma per altre può essere un momento di tristezza – magari per un figlio non arrivato. È molto importante viverla in maniera serena e tranquilla. Entro il 2030, l’aspettativa di vita delle donne occidentali sarà di 90 anni: la menopausa quindi sarà una fase sempre più centrale, e le accompagnerà per buona parte della loro vita. Il modo migliore per viverla è pensarla come un nuovo inizio, e non una fine: con questo evento, fisiologico e naturale, quello che cambia è la fertilità, oltre all’assetto ormonale che la determina. È una fase della vita. Ciclicamente, Sigo, Società Italiana di ginecologia e ostetricia, promuove delle campagne di sensibilizzazione e informazione. L’ultima è “Love Yourself - Menopausa da oggi cambia qualcosa’, realizzata con la collaborazione di MenopausaOK, un progetto di educazione di MSD Italia. L’obiettivo è promuovere un nuovo modo di affrontare la menopausa, dinamico, attraverso l’amore e la riscoperta di sé, la prevenzione, l’utilizzo delle risorse terapeutiche per contrastarne i sintomi a breve e a lungo termine. Sul portale MenopausaOK sono state diffuse diverse videointerviste, che la testimonial della campagna, Tosca D’Aquino, ha fatto alla Love Band, un team di ginecologhe, ponendo dubbi e domande che riguardano le donne in menopausa: dalla forma fisica all’alimentazione, dalla cura della pelle alla sessualità. È anche possibile fare il test “E tu di che menopausa sei?”, per ricevere consigli più personalizzati. “Questa campagna si propone di accrescere la consapevolezza delle donne sull’importanza di mantenere uno stile di vita equilibrato durante la menopausa e fornisce loro gli strumenti per rendersi conto con più prontezza dei cambiamenti che avvengono nel loro corpo, affrontando queste situazioni senza chiudersi in loro stesse”, ha dichiarato Nicola Surico, presidente della Sigo e ordinario di Ginecologia e Ostetricia, Università Piemonte Orientale (Novara). Secondo il sondaggio “Come vivi la menopausa” condotto pochi mesi fa dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia su oltre 2mila italiane tra i 40 e i 60 anni, il 61% afferma di sentirsi peggio di prima della fine del ciclo mestruale, il 76% lamenta un aumento di peso, il 68 presenta disturbi urinari, irritazione e secchezza vaginale e il 3% soffre di sbalzi d’umore. Per aiutare le donne a prepararsi al meglio ad affrontare questa fase, la professoressa Rossella Nappi, professore di Ostetricia e Ginecologia dell’Università degli Studi di Pavia, Ambulatorio di Endocrinologia ginecologica e della menopausa – IRCCS Policlinico San Matteo – e membro del Consiglio direttivo della Società Internazionale della Menopausa ha selezionato sul portale MenopausaOK 10 consigli importanti. • Tieni un calendario del ciclo mestruale: è una buona abitudine sempre, ma soprattutto dopo i 40 anni: per riconoscere precocemente piccole variazioni nel ritmo e nella quantità del sanguinamento, oltre che nella comparsa di sintomi correlati al ciclo mestruale e di sanguinamenti irregolari. • Informati, se possibile, sull’età dell’ultima mestruazione materna: è molto frequente che nella famiglia ci possa essere una predisposizione genetica a entrare in menopausa con un certo anticipo ed è meglio esserne consapevole per non trovarsi ad affrontare una menopausa prematura impreparate, soprattutto sul versante psicologico e di coppia. •Faiunavisitaginecologicaperiodicaeseguiregolarmente i programmi di prevenzione, come il pap-test e il sangue occulto nelle feci. • Tieni il peso corporeo sotto controllo, riducendo le calorie e aumentando al tempo stesso l’attività fisica. • Tieni d’occhio il giro-vita, è importante per la prevenzione cardiovascolare. Se il grasso si deposita a livello della vita (più di 88 cm) può rappresentare un campanello d’allarme. • Misura regolarmente la pressione arteriosa: se supera i 130 su 80, meglio approfondire con il proprio medico. • Controlla ogni anno i valori di glicemia, colesterolo tot, colesterolo HDL(“buono”), trigliceridi: se i valori sono sulla soglia del rischio (glicemia > 110 mg/dl; colesterolo HDL < 50 mg/dl; trigliceridi > 150 mg/dl) è opportuno tenere d’occhio l’alimentazione e confrontarsi con il proprio medico. • Fai una autopalpazione mensile della mammella e almeno una mammografia tra i 40 e i 45 anni • Fai un esame di coscienza sulle “cattive abitudini”, come fumo e alcol. • Ricostruisci se ti è possibile la storia familiare, importante per la prevenzione dal punto di vista oncologico, del rischio cardio-metabolico e cerebrovascolare, oltre che sulla possibilità di andare incontro a una frattura ossea.
  • 29. 29 29 Tante e diverse opportunità a chi intende passare 7 o più giorni nel nord della Sardegna, negli incantevoli scenari di Valledoria, Terme di Casteldoria e San Pietro a Mare. Di seguito le condizioni esclusive riservate agli aderenti alla convenzione Health Italia, per l’affitto di appartamenti: 10% di sconto per il periodo che va da Maggio a Settembre Soggiorno gratuito dal mese di Ottobre ad Aprile, con il solo vincolo del pagamento delle spese di pulizia finali (60€) Scegli il tuo alloggio su www.casainvestimento.it ITALIA casa investimento e health italia propongono La richiesta dovrà essere effettuata tramite l’invio di una mail a info@casainvestimento.it. La mail dovrà riportare le seguenti indicazioni: Oggetto: Convenzione Health Italia Allegato: Tesserino Health Italia Nome e Cognome Periodo e struttura scelte Numero di persone Spese non comprese nel soggiorno: Pulizie finali_60 € (obbligatorio con tutte le tariffe) Check-in o Check-Out fuori orario_20 € Set biancheria letto e bagno su richiesta (per persona)_20 € Telo mare su richiesta_5 € Animali domestici. Extra per pulizie_20 € Culla da campeggio e biancheria su richiesta_20 € Deposito cauzionale rimborsabile (da versare all’arrivo)_200 € www.casainvestimento.it info@casainvestimento.it
  • 30. 30 Emorroidi: una patologia tra tabù e imbarazzo a cura di Nicoletta Mele Le emorroidi sono un argomento di cui ancora si parla con un certo pudore. La malattia emorroidaria è una patologia del canale anale molto frequente. Secondo le stime, in Italia ne soffrono circa tre milioni di pazienti, le donne sono leggermente più a rischio per via della gravidanza e del parto. Leemorroidisonodeipiccolicuscinettivascolarinormalmente presenti all’interno del canale anale dei soggetti di tutte le età. Esse svolgono una importante funzione, partecipano al meccanismo della continenza insieme agli sfinteri. Infatti, in condizioni di riposo, i cuscinetti emorroidari si gonfiano di sangue e chiudono il canale anale; viceversa, durante la defecazione, si sgonfiano, favorendo il passaggio delle feci. La patologia emorroidaria ha inizio quando i legamenti di Parks che tengono in sede le emorroidi diventano per vari motivi (stipsi cronica, gravidanza e parto, predisposizione genetica) lassi, ciò causa la discesa (prolasso) delle stesse nella parte più bassa, fino, in alcuni casi avanzati, alla fuoriuscita completa dal canale anale. In questa nuova posizione innaturale, le emorroidi prolassate si gonfiano, il loro epitelio si assottiglia e tendono a sanguinare e/o a fuoriuscire durante la defecazione. Per questo, in termini medici, è più corretto parlare di prolasso emorroidario invece che di emorroidi. In generale, le emorroidi sono una fastidiosa e “imbarazzante” patologia, della quale ne soffrono molte persone, che spesso non lo ammettono. La parola-tabù è stata sdoganata dalla serie televisiva statunitense “Dottor House”, dove in una delle puntate, il personaggio principale interpretato dall’attore Huge Laurie, chiese ad un paziente: “Ehi! Le conosci le emorroidi? No. Allora va su Google e mangia un po’ di crusca invece delle frittelle”. La storia racconta che ne soffrirono anche personaggi illustri, come Napoleone Bonaparte e Karl Marx, e donne famose bellissime come Marilyn Monroe e Liz Taylor. Perché c’è paura e vergogna nel parlare di emorroidi? E come si riconosce il disturbo anale? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Valentina Giaccaglia, chirurgo generale, esperta di proctologia nonché responsabile di un centro specializzato a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. “Da sempre la patologia anale - ha spiegato la dottoressa Giaccaglia - è vissuta dai pazienti di tutte le età come un qualcosa di imbarazzante, perché riguarda una parte del corpo molto intima ed è collegata all’atto della defecazione, momento anch’esso molto delicato e vissuto in privato”. È una malattia molto frequente, ma non è facile stabilirne la diffusione, proprio perché molte persone che soffrono di emorroidi non consultano mai il medico. Sulla base della sua esperienza, quanti sono in media i pazienti che si rivolgono a lei per risolvere il problema? Le donne sono più a rischio rispetto agli uomini? “Moltissimi pazienti soffrono di emorroidi, ma solo una piccola parte di loro si reca dal medico, molto spesso quando la situazione è già avanzata. Le donne, a causa della gravidanze e del parto, sono più predisposte allo sviluppo del prolasso emorroidario: si stima che questo affligga circa 1/3 delle donne, per poi aumentare ai 2/3 in età più avanzata”. C’è una certa predisposizione familiare e stagionalità? “Vi è una certa predisposizione familiare, dovuta alla maggiore lassità dei legamenti di Parks, unita spesso ad abitudini dietetiche scorrette che portano alla stipsi cronica. La patologia emorroidaria è più tipica delle stagioni calde, perché l’aumento della temperatura favorisce la vasodilatazione e quindi il manifestarsi della stessa”. Quali sono i fattori di rischio? Anche il consumo eccessivo di caffè, fumo e forte stress incidono? L’obesità favorisce il problema emorroidario? “I principali fattori di rischio sono stipsi cronica e gravidanze con parto naturale. Anche l’obesità favorisce la patologia emorroidaria, a causa dell’aumento della pressione sul pavimento pelvico dovuta all’eccesso di grasso addominale. Caffè, cibi piccanti, alcolici e superalcolici peggiorano la sintomatologia ma da soli non causano la patologia. Il fumo non è stato correlato alle emorroidi, mentre lo stress indirettamente sì, perché porta ad abitudini alimentari scorrette e alla stipsi. Come si riconosce il disturbo anale? E quando rivolgersi allo specialista? “I principali segni delle emorroidi sono il sanguinamento (rosso vivo) in seguito alla defecazione, la presenza di uno o più noduli all’esterno dell’ano, il senso di pesantezza a livello anale e la difficile ed incompleta evacuazione”. Le emorroidi sono esterne o interne e a seconda della gravità sono classificate in stadi. Può spiegare meglio cosa si intende? “Le emorroidi sono sempre inizialmente interne, quando poi prolassano (cioè scivolano verso il basso nel canale 30
  • 31. 31 anale posizionandosi troppo vicino all’ano) possono uscire esse stesse dal canale anale, oppure causare l’ingrossamento delle cosiddette emorroidi esterne. Le emorroidi di I grado sono ingrossate, ma rimangono nella loro sede anatomica. Nel II grado prolassano durante la defecazione, tornando spontaneamente in sede. Nel III grado, le emorroidi arrivano all’esterno del canale anale in seguito alla defecazione e vengono ridotte manualmente. Nel IV grado infine, il prolasso è esterno e non è più riducibile”. Come viene effettuata la visita ambulatoriale e in cosa consiste il test emorroidale mediante proctoscopio? “La visita in ambulatorio, dopo la raccolta dell’anamnesi, si svolge con il paziente in decubito laterale sinistro, con le ginocchia al petto (posizione di Sims). Il medico dopo l’esplorazione rettale, potrà completare la visita con la ano proctoscopia, che permette di visualizzare in modo diretto il canale anale e, nel caso della video-proctoscopia, di registrare e stampare immagini per il paziente. Sia la visita che la proctoscopia sono indolori e non hanno bisogno di preparazione intestinale precedente all’esame”. Qual è la terapia più indicata e quali sono invece le azioni da evitare? “Nei casi meno gravi la terapia medica con pasticche, creme e supposte, oltre ad una alimentazione corretta, è più che sufficiente a risolvere il problema. Sono da evitare applicazioni di ghiaccio locali, di acqua e sale, così come di acqua troppo calda, mentre andrebbero preferiti bidet con acqua tiepida. Quando la patologia è già avanzata, la terapia chirurgica è la più adeguata per risolvere definitivamente il problema. Un’altra soluzione quindi, quando la malattia è in uno stato avanzato, è l’intervento chirurgico con strumenti all’avanguardia. Quando consiglia la chirurgia e quali sono oggi i vantaggi? “La chirurgia è indicata nei pazienti con sanguinamento che non risponde a terapia medica, nella stipsi severa correlata a prolasso rettale e nelle emorroidi di IV grado (cioè sempre esterne). Salvo casi particolarmente complessi, l’intervento si svolge in Day Hospital, con l’ausilio di tecniche mini- invasive che consentono una netta riduzione del dolore nel periodo post operatorio e una più rapida ripresa delle normali attività”. Può verificarsi una ricaduta di una crisi emorroidaria? “Le ricadute possono avvenire dopo la terapia medica, dopo la chirurgia invece sono meno frequenti, specie se l’intervento viene effettuato in un centro specializzato”. I farmaci aiutano a stare meglio e a superare la crisi, ma anche è importante sottoporsi ad una visita di controllo? Quante volte l’anno? “È consigliabile la visita ai primi sintomi per poter risolvere senza chirurgia. Poi è raccomandabile un follow-up annuale”. Anche seguire un’alimentazione adeguata e non fare una vita sedentaria sono elementi importanti per combattere la malattia? “Una dieta corretta ricca di fibre (frutta e verdura) e di acqua (almeno 1.5 litri di acqua al dì) sono i capisaldi della prevenzione e del trattamento delle emorroidi, perché prevengono la stipsi”. Sulla base di quanto detto, quali sono i suoi consigli? “Il mio consiglio è di mettere da parte il pudore e rivolgersi ad un medico specializzato in proctologia. La visita è indolore e oggi l’evoluzione della medicina permette di risolvere il problema con semplici terapie mediche o con intervento mini invasivo”.
  • 32. 32 AIDS: scarsa informazione. Il Ministero della Salute lavora un vademecum conoscitivo a cura di Alessandro Notarnicola Il Telefono verde AIDS e IST (Infezioni sessualmente trasmesse) dell’Istituto superiore di sanità (Iss) festeggiano i primi 30 anni di impegno nella sanità pubblica e, nel corso di una conferenza stampa tenutasi martedì 20 giugno presso la sede del Ministero della Salute alla presenza del ministro Beatrice Lorenzin, è stato illustrato il bilancio dei circa 800 mila interventi di counselling telefonico, in risposta a più di 2 milioni di domande, svolti in questo periodo. Dall’analisi dei contenuti di questi interventi emerge come siano diminuiti i giovani utenti - gli under 25 - e come sia invece accresciuta in generale la disinformazione sui temi della prevenzione: 12 persone su 100 di tutte le età pensano infatti ancora che il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e bagni pubblici. Circa la metà degli utenti che compongono il numero, inoltre, afferma di non aver mai eseguito il test Hiv, pur dichiarando di aver avuto un comportamento a rischio. Rimangono invece costanti le richieste di consulenza legale con riferimento a stigma, discriminazione sul posto di lavoro, violazione della privacy, accesso alle cure. Per questo l’Iss, in occasione del trentennale del Telefono Verde AIDS e IST, ha realizzato un opuscolo informativo, “La bussola sui diritti esigibili dalle persone sieropositive” che potrà essere scaricato gratuitamente dal sito dell’Iss. Approfondendo la questione dell’analisi delle telefonate, queste vengono effettuate in maggioranza da uomini (75,4 percento);dapersonechedichiaranodiaveravutorapporti
  • 33. 33 eterosessuali (56,8 per cento); da giovani appartenenti alla fascia di età compresa tra i 25 e i 39 anni (57 per cento). In diminuzione, tuttavia, risultano essere le donne, scese dal 33 per cento nel decennio 1987-1997 al 13,9 per cento nel decennio 2007-2017, e i giovani che sono passati dal 23,3 per cento nel decennio 1987-1997 all’11,9 per cento nel decennio 2007-2017. Le prime perché con ogni probabilità hanno un accesso facilitato ai servizi di prevenzione territoriali per la salute della donna, i secondi perché sembrano prediligere altri canali informativi, quali Internet, ad esempio. In generale i quesiti hanno riguardato soprattutto le modalità di trasmissione dell’Hiv (25,8 per cento) e le informazioni relative ai test (22,1 per cento). “Proprio i dati del Telefono verde dimostrano come sia sempre più importante elevare il livello di consapevolezza sui comportamenti corretti in materia di salute”, ha affermato Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità sottolineando che la disinformazione nel corso di questi trent’anni è passata dall’11,4% rilevato nel primo decennio al 13,6% rilevato negli ultimi anni. “Relativamente all’Hiv, per esempio, in 12 telefonate su cento effettuate da persone di tutte le età – ha proseguito Ricciardi – emerge ancora che il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e bagni pubblici. La richiesta costante di informazioni su tematiche legali, inoltre, ci ha convinti a produrre, proprio in quest’occasione,unostrumentoinformativodiorientamento per la tutela dei diritti delle persone con Hiv nell’ottica anche della tutela del diritto all’accesso alle cure”. “Abbiamo lavorato a una campagna di comunicazione sui social rivolta proprio ai giovanissimi, che manderemo alla Presidenza del Consiglio dei ministri per una valutazione”. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, spiegando che la campagna è stata studiata insieme a uno staff di blogger e si rivolge ai ragazzi per evidenziare i rischi di una malattia su cui recentemente si sono generate “false sicurezze”. Ma se con i farmaci l’Aids diventa una malattia cronica, ancora non si cura, hanno ricordato gli esperti. “Oggi purtroppo spesso la diagnosi arriva ai giovani con una malattia conclamata”, ha osservato il ministro sottolineando “l’abbandono dell’uso del preservativo come strumento di protezione, e il fatto che non c’è un ricorso periodico ai test. Insomma, rispetto agli anni ’80 e ’90 c’è una sottovalutazione della malattie sessualmente trasmesse e delle complicanze. Occorre educare in particolare i giovani a una protezione della propria Salute e a una maggiore consapevolezza”. Anche con progetti nelle scuole: “Con il Miur si collabora molto, ma questo è un lavoro che ci impegnerà moltissimo nei prossimi anni”, ha concluso. KNOW YOUR HOME, Protect your health. Scopri gli inquinamenti nella tua casa con N1 N1 è il primo dispositivo specifico per il monitoraggio delle principali fonti di inquinamento indoor che con il tempo possono nuocere alla salute della famiglia. www.nuvap.com
  • 34. 34 L’adroterapia è una tecnica oncologica innovativa che prevede l’utilizzo di fasci di particelle, protoni e ioni carbonio (particelle atomiche più pesanti e dotate di maggiore energia degli elettroni, e quindi più precise ed efficaci), che colpiscono in modo mirato e preciso le cellule tumorali, preservando i tessuti sani. In questo modo l’adroterapia permette di somministrare dosi più intense di radiazioni, aumentando le possibilità di successo del trattamento in pazienti con determinate caratteristiche. È una tecnica innovativa e non è sostitutiva della radioterapia, ma è necessaria nei casi in cui non è possibile trattare il tumore con la tradizionale radioterapia ai raggi X, o per curare i tumori non operabili perché troppo vicini a organi o tessuti sensibili come occhi, nervi, cervello o intestino, che devono essere preservati dagli effetti collaterali delle radiazioni. L’adroterapia, con la firma del Decreto Ministeriale sui nuovi Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA), è entrata definitivamente a far parte delle terapie sostenute dal Sistema Sanitario Nazionale. Grazie al provvedimento, tutti i cittadini potranno avere accesso diretto alle cure, servizio che fino ad oggi era erogato solo all’interno del Sistema Sanitario Regionale di Lombardia ed Emilia Romagna. I pazienti provenienti da altre regioni potevano accedere alle cure solo dopo l’autorizzazione della propria ASL di residenza. In Italia è presente uno dei 6 centri al mondo che effettua l’adroterapia con protoni e ioni carbonio per tumori non operabili e resistenti ai tradizionali trattamenti radioterapici, la Fondazione CNAO, Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica. Health Online ha intervistato il Presidente, Erminio Borloni. L’adroterapia è stata inserita nei nuovi Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA). Quali sono le novità? “Grazie al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui nuovi Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA), tutti i pazienti potranno avere accesso diretto all’adroterapia senza dover sostenere i costi delle cure, che saranno a carico del Sistema Sanitario Nazionale. È un risultato importante ed è incoraggiante perchè l’adroterapia è la cura più indicata per molti tumori che non sono operabili o che non rispondono alla radioterapia convenzionale ai raggi X”. Quali sono i tumori trattati con l’adroterapia? “Il decreto sui nuovi LEA prevede trattamenti di adroterapia (protoni e ioni carbonio) per dieci patologie L’adroterapia contro i tumori nei nuovi lea a cura di Nicoletta Mele
  • 35. 35 tumorali: cordomi e condrosarcomi della base del cranio e del rachide, tumori del tronco encefalico e del midollo spinale,sarcomideldistrettocervico-cefalico,paraspinali, retroperitoneali e pelvici, sarcomi delle estremità resistenti alla radioterapia tradizionale (osteosarcoma, condrosarcoma), meningiomi intracranici in sedi critiche (stretta adiacenza alle vie ottiche e al tronco encefalico), tumori orbitari e periorbitari (ad esempio seni paranasali), incluso il melanoma oculare, carcinoma adenoideo-cistico delle ghiandole salivari, tumori solidi pediatrici, tumori in pazienti affetti da sindromi genetiche e malattie del collageno associate ad un’aumentata radiosensibilità, recidive che richiedono il ritrattamento in un’area già precedentemente sottoposta a radioterapia. Grazie agli ioni carbonio trattiamo anche altre patologie radioresistenti, come tumori al pancreas, al fegato, prostata ad alto rischio, recidive di tumori del retto e glioblastomi operati. Ci auguriamo che presto anche le patologie attualmente non previste possano rientrare tra i nuovi LEA, grazie ai lavori della Commissione ministeriale”. Quali sono gli strumenti dell’adroterapia? “I fasci di protoni e ioni carbonio sono prodotti da un acceleratore di particelle (sincrotrone), simile a quelli del CERN di Ginevra, alla cui realizzazione hanno lavorato 600 aziende e a cui hanno collaborato numerosi enti tra cui INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), le Università di Pavia e Milano, il Politecnico di Milano e il CERN di Ginevra. Il sincrotrone del CNAO può generare sia fasci di protoni che di ioni carbonio, particelle più pesanti e dotate di maggiore energia, capaci di spezzare con maggiore forza il DNA delle cellule tumorali e impedire loro di riprodursi”. Ad oggi quanti sono i pazienti curati presso il vostro centro? “Dal 2011 a oggi abbiamo già trattato con adroterapia oltre 1200 pazienti, italiani e stranieri. Pur considerando che il periodo di osservazione dei pazienti è ancora breve, l’adroterapia si è rilevata efficace nel contrastare e fermare la malattia in percentuali comprese tra il 70% e l’80% dei casi, a seconda delle tipologie di tumore trattate. Sono dati analoghi a quelli rilevati in Giappone, dove l’adroterapia è utilizzata dall’inizio degli anni ’90.” Quali sono gli obiettivi per il futuro? “Continuare a lavorare con le istituzioni per estendere l’utilizzo dell’adroterapia a tutte le patologie per cui si sta dimostrando efficace e incrementare l’attività di ricerca. Ad esempio, vogliamo portare avanti studi clinici per la misurazione dell’efficacia dell’adroterepia su tumori del pancreas, del polmone e dell’encefalo. Per il 2017 è previsto il completamento di una nuova sala sperimentale del CNAO dove il fascio di ioni carbonio sarà utilizzato per esperimenti di radiobiologia e per ricerca industriale, con test su componenti elettronici. In programma ci sono inoltre studi su una nuova forma di radioterapia (Boron Neutron Capture Therapy - BNCT), che consentirà di colpire i tumori metastatizzati”.
  • 36. 36 Le ricette della salute Come di consueto abbiamo il piacere di presentare ricette sane e gustose per promuovere uno stile di vita corretto ed equilibrato, che parta proprio dalle nostre tavole. Non sempre “piatto saporito” equivale a dire “sano” per questo è importante incentivare, per noi che abbiamo a cuore la salute dei nostri lettori, la riscoperta di gusti e ingredienti genuini e proporre soluzioni che preservino da patologie più o meno rischiose. In questo numero Health Online ha il piacere di presentare una ricetta elaborata con Miglio Fitowell, l’innovativa linea di prodotti vegetali ad alto contenuto proteico pensata per apportare all’organismo più proteine salubri possibili, senza ricorrere ad un uso smodato della carne e dei suoi derivati. per scoprire le altre ricette Fitowell visita il sito www.fitowell.com Crocchette di broccoli e Miglio Ingredienti 250gr di broccoli lessi 150 gr di miglio cotto 3 cucchiai di farina di riso Sale rosa (integrale) Pepe Origano Pangrattato Acqua q.b Olio evo Procedimento In una terrina aggiungete i broccoli, il miglio, due pizzichi di sale, due pizzichi di pepe e amalgate per bene. In una ciotola mettete la farina e un bicchiere di acqua (la pastella deve essere fluida). Preparate le crocchette con le mani. Trasferite le crocchette nella pastella e poi nel pangrattato. Cuocete in una padella antiaderente con un cucchiaio di olio fino a doratura. Buon appetito! di “Riganelli Alessandro Azienda Agraria” 36
  • 37. Facebook “f” Logo CMYK / .ai Facebook “f” Logo CMYK / .ai Spesso l’importanza e i benefici che contraddistinguono i prodotti ricchi di proteine di origine vegetale vengono sottovalutati e l’apporto giornaliero della componente proteica avviene per lo più tramite il consumo di carne e suoi derivati. Vi è ampio accordo nel mondo scientifico, nel consigliare una dieta basata sul minor utilizzo di carne, di buona qualità, alternata a fonti proteiche di origine vegetale. Seguire una dieta il più possibile varia, infatti, assicura all’organismo tutti i nutrienti necessari a vivere in salute e favorisce un migliore benessere psico-fisico. Dona il meglio al tuo benessere e varia la tua alimentazione con Fitowell, la linea di prodotti vegetali ad alto contenuto proteico! Spelta perlato Miglio decorticato Grano saraceno Fagioli Mung Fagioli Adzuki Fieno greco Lenticchia rossa Riganelli Alessandro Azienda Agraria Via Matteotti, 5 - 06055 - Compignano (PG) - Italia Segui Fitowell anche su facebook! +39 340 3566581 www.fitowell.com - info@fitowell.com
  • 38. Nessuna distinzione per numero di componenti della famiglia Nessuna distinzione di età Sussidi per Single o Nucleo famigliare Detraibilità fiscale (Art. 15 TUIR) Nessuna disdetta all’associato Durata del rapporto associativo illimitata Soci e non “numeri” perché abbiamo scelto mba? rimborso interventi home test alta diagnostica assistenza rimborso ticket conservazione cellule staminali visite specialistichesussidi per tutti check up MBA si pone come “supplemento” alle carenze, ad oggi evidenti, del Servizio Sanitario Nazionale. L’innovazione dei Sussidi che mette a disposizione dei propri associati identifica da sempre MBA come una vera “Sanità Integrativa” volta a migliorare la qualità di vita degli aderenti. Mutua MBA Tel. +39 06 90198060 - Fax +39 06 61568364 www.mbamutua.org
  • 39. La Selvotta Suite è un’elegante Guest House nel cuore del Parco di Vejo, a pochi chilometri dallo storico comune di Formello ed a soli 17 Km a nord della città di Roma. La bellezza del bosco di querce e la vicinanza al Parco della Selvotta rendono questa location unica nel suo genere, offrendo un’oasi di pace per varie specie di animali la cui compagnia sorprenderà piacevolmente i propri ospiti. La camere, curate nei dettagli in forme e colori,dispongonotuttediserviziprivaticon doccia, asciugacapelli, TV, riscaldamento autonomo, aria condizionata, frigobar, cassaforte e Wi-Fi free. Su richiesta inoltre, è possibile usufruire del servizio lavanderia. www.laselvottasuite.it | info@laselvottasuite.it Via della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM)