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attualità
Come è cambiato il mondo del lavoro
per fronteggiare l’emergenza
del Coronavirus
innovazione e tecnologia
I sistemi robotici
come strumento di supporto
per combattere l’epidemia
psicologia
Le conseguenze psicologiche
della quarantena nei bambini
il periodico di informazione sulla sanità integrativa
marzo
aprile 2020
Anno VII
N°36
parliamo di...
Testimonianze
da Parma, Codogno
e Bergamo
modello
Cotugno
L’ospedale Sacco
propone il
speciale Covid-19
Fino al
CUORE
della SALUTE
Un Gruppo unito per sostenere
e diffondere la Cultura della Salute
e della Prevenzione
dalla Ricerca Scientifica alle Soluzioni Personalizzate
Health Italia S.p.A. · c/o Palasalute · Via di Santa Cornelia, 9 · 00060 Formello (RM)· info@healthitalia.itwww.healthitalia.it
sommario
speciale
covid-19
attualità
psicologia
parliamo di...
testimonianze
innovazione e
tecnologia
salute e
ricerca
in evidenza
pag. 30
pag. 06
pag. 24
pag. 16
pag. 40
pag. 44
pag. 50
pag. 20
pag. 36
pag. 05 - Editoriale
pag. 10
Il made in Italy
riconverte la produzione
per fronteggiare il Covid-19
La risposta del sistema
immunitario contro il virus
La telemedicina di Health
Point a fianco dei cittadini
Il nuovo Coronavirus
visto con gli occhi
di un bambino speciale
Coronavirus, viaggio
a Codogno, dove tutto
è cominciato
Bergamo, la vita al tempo
del Coronavirus
I sistemi robotici come
strumento di supporto per
combattere l’epidemia
Le conseguenze psicologiche
della quarantena
nei bambini
Smart working o home
working? Il virus porta
la rivoluzione in Italia.
E la scuola?
Il “Sacco” di Milano
propone il modello
Cotugno
periodico bimestrale di informazione sulla Sanità Integrativa
Anno 7° - marzo/aprile 2020 - N°36
Direttore responsabile
Nicoletta Mele
Direttore editoriale
Ing. Roberto Anzanello
coordinamento generale
H-Digital SpA
Comitato di redazione
Michela Dominicis
Francesco Maddalena
Mariachiara Manopulo
Giulia Riganelli
Hanno collaborato a questo numero
Alessia Elem
Giuseppe Iannone
Alessandro Notarnicola
Direzione e Proprietà
Health Italia SpA
c/o Palasalute - Via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
www.healthitalia.it
Tutti i diritti sono riservati.
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Articoli, notizie e recensioni firmati o siglati esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di conseguenza
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iscritto presso il Registro Stampa del Tribunale di Tivoli
n. 2/2016 - diffusione telematica
n.3/2016 - diffusione cartacea
9 maggio 2016
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e
di
to
ria
le
DISVALORE E VALORE DEL VIRUS
Nonèsicuramenteilmomentodifaredeibilanciinmeritoaglieffettisanitari,socialiedeconomicidellapandemia
causata dal Covid-19, però è possibile fissare dei punti focali che potranno essere sviluppati in futuro.
Ogni battaglia, e questa del Coronavirus è sicuramente una grande battaglia, offre due possibili punti
di vista: quello strategico descrivibile da chi osserva “dall’alto” l’evoluzione del combattimento e quello
tattico spiegabile da chi operando “sul campo” vive il combattimento dall’interno.
Per comprendere più approfonditamente e sempre rifacendosi ai temi di guerra, una prima similitudine
si ha con la descrizione della battaglia di Waterloo (cosi determinante per l’umanità) vista con queste due
visioni nel libro omonimo con due ricostruzioni: la prima stesa da Walter Scott nella sua monumentale
Vita di Napoleone Bonaparte, l’altra in un lungo racconto della giornata campale, costruito nella forma
di una visita al campo di battaglia, contenuto nei Miserabili di Victor Hugo; due versioni tanto differenti
anche nei toni e nei sentimenti, che suggeriscono in generale la doppiezza della storia stessa.
In questo momento dobbiamo quindi essere consapevoli che siamo a questo punto della storia
dell’epidemia: ci sono due versioni, due modi di vedere la battaglia al virus, due valutazioni da fare.
La valutazione tattica ci mostra alcuni aspetti importanti quali, in primis, l’impegno, la forza, la
professionalità, lo spirito di sacrificio del personale medico e paramedico, a volte cosi tanto criticato e
bistrattato, che in questa situazione ha mostrato tutto il proprio valore.
In seconda istanza possiamo constatare la tenuta del modello sanitario italiano che sta consentendo di
intervenire a favore di tutti i cittadini colpiti senza discriminazioni o differenze legate ad aspetti sociali
ed economici, come sta accadendo, al contrario, in altri paesi.
In terza istanza dobbiamo sottolineare la capacità evolutiva del sistema imprenditoriale del nostro
paese che, modificando le catene produttive, mettendo a disposizione le proprie soluzioni tecnologiche,
riconvertendo i propri modelli evolutivi sta sviluppando rapidamente tutta la propria potenza di fuoco
contro il virus invasore.
Sicuramente ci sono stati degli errori anche a livello tattico, in alcuni ospedali, in molte RSA, in certi
contesti sociali, ma comunque possiamo dire che a tatticamente il sistema sta tenendo e reagendo.
La valutazione strategica, invece, ci mostra altri aspetti significativi quali, in primis la scarsa capacità di
previsione del sistema politico per affrontare una situazione annunciata dagli esperti, dagli scienziati,
dagli accadimenti precedenti (la SARS ad esempio), che ha determinato una continua rincorsa alle
soluzioni piuttosto che una programmazione delle stesse.
In secondo luogo, dobbiamo anche evidenziare la scarsa coerenza del tessuto produttivo e sociale che per
scegliere l’uovo oggi invece della gallina domani ha sottovalutato l’impatto economico della pandemia
quando l’applicazione di alcune soluzioni, poi definite per decreto, avrebbe potuto garantire una minore
diffusione del virus.
Infine, non possiamo che sottolineare la miopia di coloro che gestiscono il potere della burocrazia che,
per mantenere inalterato il proprio status, hanno ingabbiato il paese in una serie di norme, regole,
processi farraginosi che, come catene, hanno impedito alle aziende ed ai cittadini una reazione forte
contro l’invasore.
Certamente, anche a livello strategico, ci sono state delle scelte corrette, alcune fin coraggiose, ma
nell’insieme dobbiamo prendere atto che il paese da questo punto di vista è stato ed è deficitario.
E allora che insegnamenti immediati ne possiamo trarre?
Due insegnamenti fondamentali che determinano due compiti da svolgere tutti insieme come cittadini
italiani.
Il primo compito che abbiamo fin da oggi, e dobbiamo farlo subito perché ancora possiamo incidere sulla
battaglia in corso che sarà ancora lunga, è quello di richiedere con forza che la strategia (fallimentare) si
adegui alla tattica (vincente), aumentando da oggi il corpo sanitario, ripensando subitaneamente l’iter
autorizzativo dei medici e degli infermieri, investendo forzatamente sulla ricerca medica, incentivando
immediatamente la tecnologia sanitaria, rafforzando tempestivamente la sanità integrativa, aprendo da
subito alla telemedicina.
Ma non solo, dobbiamo anche pretendere come cittadini di questo paese che le catene del valore
produttivo vengano rafforzate, che la burocrazia fine a se stessa venga eliminata, che i valori sociali
vengano rafforzati.
Il secondo compito che abbiamo, e che possiamo svolgere appena passata questa sciagura, sarà quello
di pretendere che le strategie dirette al futuro traggano insegnamento da quanto accaduto, perché
l’emergenza potrebbe ripresentarsi non solo in campo sanitario ma anche magari in ambito climatico
o, forse, nel contesto economico e quindi sarà necessario avere strategie adeguate da un punto di vista
sanitario, economico, sociale, climatico e geografico.
Dovremo quindi assolutamente pretendere che chi sceglieremo per governare ascolti prontamente le
valutazioni degli scienziati, valuti la possibilità che l’emergenza possa arrivare (e se fortunatamente non
arrivasse sarebbe solo meglio), progetti la gestione delle criticità, investa sul futuro.
Oggi dobbiamo affrontare questa epidemia che rappresenta un disvalore enorme, ma dobbiamo
impegnarci da subito tutti socialmente, economicamente, politicamente, sanitariamente affinché le scelte
di domani possano essere un valore a tutela di tutti noi, perché solo insieme ed in questo modo ce la
faremo oggi ed eviteremo di dovere combattere anche domani.
Milanese,homaturatoun’esperienza
ultraventennalenelsettoreassicurativo
efinanziario,occupandomi
siadeiprodottichedelmarketing
edellosviluppocommerciale,fino
alladirezionedicompagnieassicurative,
nazionaliedestere.Nel2005sviluppo
unprogettodiconsulenzaestrategia
aziendalechehaconsentito
dioperareconimaggioriplayer
delsettoreassicurativoperrealizzare
pianistrategicidisviluppocommerciale.
Dal2009mioccupodiSanitàIntegrativa,
assumendolacaricadiPresidenteANSI,
AssociazioneNazionaleSanitàIntegrativa
eWelfare,econtestualmentediHealth
HoldingGroup,importanterealtà
delsettore.Dal2016sonopresidente
diHealthItalia,unadellepiùgrandirealtà
nelpanoramadellaSanitàIntegrativa
ItalianaesocietàquotatainBorsa
sulmercatoAIMItalia.
a cura di
Roberto Anzanello
healthonline.it | 05
06 | #attualità
#attualità
Made in Italy
riconverte
la produzione
Il
per fronteggiare il Covid-19
healthonline.it | 07
#attualità
Sembra una vespa! Questa la storica frase di Enrico Piaggio, l’imprenditore e inventore
del mitico motoveicolo che dopo la seconda guerra mondiale pensò di riconvertire gli
stabilimenti industriali dalla costruzione di aerei alla produzione di un motociclo che
diventò uno dei simboli del made in Italy nel mondo.
Enrico Piaggio è un esempio di come gli imprenditori italiani, grazie alla loro genialità e
praticità,affrontanoimomentidifficili,mettendoinpiediunnuovopercorsoimprenditoriale.
Oggi, come allora, l’Italia sta vivendo un periodo drammatico perché sta combattendo
una guerra, questa volta contro un nemico invisibile: Sars Cov-2, conosciuto con il nome
Covid-19, l’infezione responsabile dell’epidemia di polmonite che ha avuto origine in Cina e
che si è diffusa in tutto il mondo coinvolgendo pesantemente anche il Bel Paese.
In questo scenario diverse aziende italiane, che si sono sempre occupate della produzione
di auto, abbigliamento e bibite alcoliche, vista l’emergenza sanitaria in atto e le richieste di
aiuto da parte di associazioni di volontariato, hanno pensato, ognuno nel proprio settore, di
cambiare momentaneamente la loro produzione.
Tutti al lavoro per mettere a disposizione delle strutture sanitarie e della popolazione,
camici, ventilatori, mascherine e gel igienizzanti.
A questo appuntamento non poteva mancare il guru della moda italiana nel mondo:
Mister Giorgio Armani, che ha convertito gli stabilimenti italiani nella produzione di camici
monouso destinati alla protezione dei medici e degli operatori sanitari impegnati in prima
linea nel fronteggiare il Covid19. “Mi manca di guardare negli occhi le persone che incontro
ogni giorno - ha dichiarato - ma provo a ricreare quotidianamente una nuova routine con un
gruppo ristretto di collaboratori a me vicini in questo momento”.
di Alessia Elem
8 |08 | #attualità
healthonline.it
Un’emergenzanell’emergenzaèrappresentata
dalle mascherine filtranti, che sono
diventate introvabili in tutta Italia a causa
della veloce diffusione del virus.
A questo ci ha pensato per prima
un’azienda di tessuti piemontese, la
Miroglio di Alba che in poco tempo, grazie
all’impegno del personale, ha riconvertito
tutta la produzione per realizzare delle
mascherine, con un tessuto impermeabile
eriutilizzabile,adusocivileenonmedicale.
Il cotone in magazzino viene inviato
all’atelier per la lavorazione: la stoffa viene
tagliata, ripiegata, cucita con l’elastico,
stirata e confezionata, tutto rigorosamente
a mano.
L’azienda ha reagito prontamente alla
situazione di necessità “grazie al fatto
che storicamente copre tutte le fasi
della filiera, dal trattamento del tessuto,
al confezionamento, alla logistica, fino
al retail. Decisive però sono state la
flessibilità, la creatività e la capacità di
adattamento di tutti coloro che lavorano
con Miroglio, non solo i dipendenti, ma
anche i nostri partner”, ha spiegato Alberto
Racca, AD del Gruppo Miroglio.
| 09
Per far fronte alla richiesta di un maggior
numero di macchinari di ventilazione,
strumento indispensabile per salvare
la vita ai pazienti colpiti dal Covid-19
e ricoverati in gravi condizioni in
terapia intensiva, Ferrari, il marchio
automobilistico italiano, icona nel
mondo per la Formula 1 oltre che per
la produzione di automobili di lusso, e
FCA (Fiat Chrysler Automobiles) stanno
valutando con la Siare Engineering
International di Bologna, azienda leader
in Italia per la progettazione e produzione
di apparecchiature elettromedicali, un
eventuale aiuto inerente la produzione e
la fornitura di alcuni componenti primari
che compongono il ventilatore polmonare.
La distilleria del Gruppo Pernord Ricard
di Canelli, in Piemonte, famosa per la
produzione dell’amaro Ramazzotti, ha
iniziato ad “imbottigliare” in piccoli
contenitori, un gel igienizzante per le
mani che verrà inizialmente messo a
disposizione della Croce Rossa Italiana,
della Protezione Civile, dei Vigili del fuoco
e della Polizia Municipale.
Molte le aziende che si sono mobilitate per arginare l’emergenza causata dal Covid-19
anche attraverso donazioni in denaro a favore di Istituzioni, strutture ospedaliere e
associazioni di volontariato.
Tra queste alcuni brand di abbigliamento di lusso conosciuti al livello internazionale: due
milioni di euro per la Protezione Civile e alcuni ospedali, tra i quali il San Raffaele e il Luigi
Sacco di Milano, sono arrivati dal portafogli di Giorgio Armani.
Valentino, altra icona del made in Italy nel settore dell’abbigliamento di lusso, ha donato
attraverso la Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, un milione di euro per
la nuova area Columbus Covid 2 del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
Due milioni di euro dalla maison fiorentina Gucci, somma destinata a due campagne
di crowdfunding, una in Italia a favore del Dipartimento della Protezione Civile in
collaborazione con Intesa Sanpaolo e l’altra a livello internazionale a favore del COVID-19
Solidarity Response Fund a supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso
la campagna di matchmaking di Facebook.
Insomma, in poco tempo il made in Italy è sceso in campo per combattere una delle battaglie
più difficili che mai avrebbe immaginato di dover fronteggiare, dimostrando al mondo intero
che l’Italia è unita e solidale nei momenti di difficoltà. Mai come in questo caso è appropriato
citare il proverbio “l’unione fa la forza”… quella interna al Paese!
10 | #attualità
home working?
smart
working
o
Il virus porta la rivoluzione in Italia
#attualità
...e la scuola?
healthonline.it | 11
Lavorare da casa è possibile e la rivoluzione è stata
introdotta da un virus arrivato da Wuhan. Ma quando la
tempesta sarà passata cosa ne resterà?
Già da qualche anno in Italia l’avanzare progressivo della
tecnologia ha consentito al 58% delle grandi imprese
italiane di avviare la pratica del lavoro agile. In tanti però
si sono chiesti di cosa si tratta realmente solo all’indomani
dell’introduzione delle prime restrizioni governative per
limitare la diffusione del COVID-19 e che hanno interessato,
oltre alle attività commerciali, anche gli uffici pubblici e
privati e le grandi aziende.
Ma andiamo con ordine: tra i risultati più interessanti
emersi dall’ultimo studio del Politecnico di Milano c’è
l’aumento della diffusione dello Smart Working nelle PMI
italiane: i progetti strutturati sono passati dall’8% al 12%
attuale, quelli informali dal 16% al 18%. Tuttavia, c’è anche
un’ombra: la percentuale di imprese disinteressate al tema
aumenta, in modo preoccupante, e passa dal 38% al 51%.
Anche la PA nell’ultimo anno ha fatto grandi passi in
avanti verso un modello di lavoro più “smart”: il 16% delle
pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro
agile (nel 2018 era l’8% e nel 2017 il 5%), l’1% ha attivato
iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal
prossimo anno. Ci si domanda però quale sarà la fotografia
una volta conclusa l’emergenza epidemiologica in corso e
in che modo le attività lavorative ne usciranno rinnovate.
di Alessandro Notarnicola
12 | #attualità
Lo Smart working, nel segno del motto #IoRestoaCasa, è stata una delle prime indicazioni
arrivate agli italiani direttamente dai banchi del Governo: il ricorso al lavoro agile, laddove
possibile chiaramente, è caldeggiato anche all’interno del Dpcm dell’11 marzo 2020, in
particolare il riferimento compare al comma 7 dell’articolo 1 in cui si raccomanda il massimo
utilizzo di questa pratica lavorativa da parte delle imprese.
In più, l’articolo 4, “Ulteriori misure sull’intero territorio nazionale”, stabilisce che “la modalità
di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può
essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio
dei ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel
rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi
individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017,
n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul
sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro”.
La regola madre è una: uscire di casa esclusivamente per comprovate esigenze lavorative,
oltre che di salute e dunque emergenziali. Tutti coloro che svolgono un lavoro praticabile
anche da casa sono tenuti a rispettare le indicazioni governative.
Sempredall’Esecutivoèinfattiarrivataunaversione“semplificata”dellosmartworking,
estesa per l’intera durata dello stato di emergenza, ad ogni tipo di lavoro subordinato su
tutto il territorio nazionale, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla relativa
normativa, al fine di evitare gli spostamenti e contenere i contagi.
Il rischio attuale
è che avvenga una sorta
di “rottura” dei parametri
spazio-temporali: la sede
del lavoro diventa la sala
da pranzo e le ore di incarico
subiscono un’elasticità che
potrebbe nuocere all’azienda
e al lavoratore
healthonline.it | 13
Per alcuni esperti tuttavia il modo massiccio con cui il
sistema produttivo si è affacciato alla modalità di telelavoro
non è così maturo come ci si aspettava perché, come accade
quando ci sia appresta a svolgere qualcosa di nuovo, è
necessario un periodo di formazione tanto per i datori
di lavoro, che non controllano direttamente, quanto per
i dipendenti, che potrebbero lavorare di più o persino
di meno se operano al pc con vista sala da pranzo (home
working). E se fosse questo stesso il periodo di formazione
richiesta? C’è da dire infatti che la situazione che viviamo
è del tutto inedita e (se vogliamo) sperimentale per la
collettività: per tale ragione le aziende e i lavoratori
possono scoprire progressivamente i benefici derivanti da
una forma di svolgimento della prestazione di lavoro che
mette al centro del rapporto tra le parti la fiducia, come
punto di partenza per ottenere più produttività ma anche
più flessibilità nella gestione del tempo e dello spazio di
lavoro. Il rischio attuale infatti è che avvenga una sorta di
“rottura” dei parametri spazio-temporali: la sede del lavoro
diventa la sala da pranzo della propria abitazione e le ore
di incarico subiscono un’elasticità che potrebbe nuocere,
anche in questo caso, all’azienda e al lavoratore.
Tuttavia, guardando il lato positivo, poter contare su un
numero sempre maggiore di dipendenti in smart working
garantirebbe al datore una riduzione della spesa e un
conseguente ritaglio degli spazi di lavoro. Insomma, se il
lavoratore opera da casa la sede di lavoro diventa sempre
più necessaria per alcuni comparti dell’azienda, e non per
tutti.
L’approccio improvvisato del mondo produttivo italiano
alla pratica del telelavoro non è sfuggito sin da subito e
ne è testimonianza il webinar di Fibering Spa, operatore
nazionale di telecomunicazioni con sede a Torino e Milano,
tenutosi a Torino il 20 marzo scorso dal titolo “Se a Wuhan
hanno costruito in 10 giorni un Ospedale, i Comuni possono
in altrettanti giorni dotarsi di una piattaforma di Smart
Working?”. All’incontro, chiaramente rivolto alla Pubblica
amministrazione,hannopresoparteseiComunipiemontesi.
La platea digitale ha preso in esame le differenze tra Smart
Working e Telelavoro e poi è stata invitata a valutare la
consistenza della loro connettività, della rete e dei sistemi
di protezione dei dati. “In 10 giorni il Comune può dotarsi
di una linea professionale simmetrica
per poter supportare una piattaforma di
Smart Working – ha commentato Ilario
Baronio responsabile del progetto Smart
Working di Fibering Spa al termine del
Webinar – il primo passaggio essenziale
è abbandonare il concetto della linea
tradizionale di tipo ‘casalingo’ e dotarsi di
una connettività in grado di supportare i
servizi disponibili quali videoconference,
condivisione documentale in un contesto
di unified-communications, connettività
sicuramente a favore delle attività di Smart
Working e non solo”.
E la scuola?
14 | #attualità
Le scuole riapriranno per quest’anno oppure no? La seconda ipotesi sembra la più probabile
al momento, tant’è che il governo ha già approvato un decreto, lo scorso 6 aprile, prevedendo
che, in via eccezionale, tutti gli alunni saranno ammessi all’anno successivo, anche
quelli con insufficienze registrate nel primo quadrimestre.
Non ci sarà nessun “6 politico”, ha specificato il ministro Azzolina, gli studenti saranno
valutati con voti finali corrispondenti all’impegno dimostrato durante l’anno e nella
didattica a distanza.
Per quanto riguarda l’esame di maturità, sono stati ipotizzati due scenari differenti. Se
le aule dovessero riaprire entro il 18 maggio, l’esame inizierà il 17 giugno, con il tema di
italiano uguale per tutti. La seconda prova scritta invece “non sarà a carattere nazionale, ma
predisposta dalla singola commissione di esame affinché sia aderente alle attività didattiche
svolte nel corso dell’anno scolastico”. La prova orale si svolgerà alla fine di giugno. In caso
di non riapertura, invece, salterebbero entrambe le prove scritte, l’esame sarebbe solamente
orale. E gli esami di terza media? Anche questi sarebbero aboliti in caso di non ritorno in
aula, mentre in caso contrario, si prevede una tesina da valutare insieme ai voti dell’anno
scolastico.
Intanto, si va avanti con gli strumenti di e-learning e le lezioni a distanza. L’obiettivo
è non interrompere il percorso di apprendimento ma anche, come si legge in una nota del
MIUR del 17 marzo scorso, “mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di
appartenenza e combattere il rischio di isolamento e di demotivazione”.
Non basta – specifica il MIUR - assegnare i compiti, serve “uno o più momenti di relazione
tra docente e discenti, attraverso i quali l’insegnante possa restituire agli alunni il senso di
quanto da essi operato in autonomia, utile anche per accertare, in un processo di costante
verifica e miglioramento, l’efficacia degli strumenti adottati, anche nel confronto con le
modalità di fruizione degli strumenti e dei contenuti digitali – quindi di apprendimento –
degli studenti, che già in queste settimane ha offerto soluzioni, aiuto, materiali. È ovviamente
da privilegiare, per quanto possibile, la modalità in ‘classe virtuale’”.
di Marichiara Manopulo
16 | #innovazione e tecnologia
#innovazione
Intervista all’AD Silvia Fiorini
TELEMEDICINA
a fianco dei cittadini
di Health Point
La
healthonline.it | 17
e tecnologia
Mai come in questo momento di grandissima emergenza
sanitaria la telemedicina può e deve ritagliarsi un ruolo
fondamentale.
La possibilità di avere un consulto medico a distanza, in
un momento in cui i rapporti umani devono essere ridotti
al minimo e in cui non si deve uscire di casa, se non per
una situazione di emergenza e comprovata necessità,
può certamente ridurre il rischio di contagio di pazienti e
operatori sanitari. La telemedicina rappresenta così uno
strumento di prevenzione importante, che punta altresì
ad alleggerire il carico del Servizio Sanitario Nazionale, in
molte regioni quasi al collasso.
Ci sono svariate opportunità che possono essere sfruttate,
a partire dal telemonitoraggio domiciliare per pazienti
non gravi o per coloro che sono stati dimessi forzatamente
e anticipatamente. La tecnologia permette di ridurre il
sovraffollamento negli ospedali, perché i pazienti in
via di guarigione o con sintomi leggeri possono essere
monitorati in maniera continua da remoto e controllati
dai medici mediante televisite, garantendo il ricovero alle
situazioni più critiche. La degenza a casa è così controllata,
e si evitano i rischi di complicanze in ospedale, come nuove
infezioni.
La medicina a distanza offre anche la possibilità di assistere
i malati cronici, che vanno seguiti costantemente e che, ad
esempioinsituazionicomequesta,conlachiusuradidiverse
strutture e poliambulatori, rischiano di essere lasciati
soli. La possibilità di fare una televisita, per chi dovesse
avere necessità di vedere uno specialista, rappresenta un
ulteriore vantaggio in un contesto come quello attuale in
cui è necessario alleggerire la sanità pubblica.
di Mariachiara Manopulo
Si sono quindi moltiplicate le iniziative, in Italia, così come
in tutto il mondo, per sfruttare al meglio queste soluzioni.
Health Italia, con la sua controllata Health Point, azienda
già attiva nel campo delle visite a distanza e specializzata
nella organizzazione e gestione di centri sanitari e sistemi
di telemedicina, ha voluto fare la sua parte, predisponendo
una piattaforma dedicata per permettere a tutti i cittadini
che ne abbiano necessità di avere un confronto con un
medico, con una televisita o al telefono.
Per saperne di più, abbiamo fatto alcune domande a Silvia
Fiorini, AD di Health Point.
Health Point ha lanciato un progetto molto interessante,
dando la possibilità ai cittadini di usufruire di una
televisita o di un consulto telefonico in un momento in
cui gli ospedali sono al collasso ed è difficile ottenere
una visita specialistica. Non solo: l’idea risponde
pienamente a quella che è la regola fondamentale a
cui tutti noi dobbiamo obbedire, #iorestoacasa. Come
funziona il servizio?
“La piattaforma di Televisita Health Point è stata sviluppata
proprio per consentire al medico di interagire a distanza e
in tempo reale con il paziente. Le aree mediche disponibili
sono differenti: tra queste possiamo elencare ad esempio
la medicina generale, la cardiologia, la pneumologia;
è disponibile anche la consulenza psicologica per offrire
maggiore supporto per gestire al meglio lo stress del
periodo che stiamo vivendo.
L’obiettivo primario della Televisita è proprio quello di
muovere le informazioni diagnostiche anziché il paziente
in tutte le situazioni in cui, chiaramente, non risulti
indispensabile il contatto fisico. Una volta effettuato il
consulto, il medico avrà la possibilità di fare una prima
diagnosi sullo stato di salute del paziente e, se necessario,
potrà prescrivere farmaci o cure”.
I medici possono accedere direttamente da casa: come ci
hanno spiegato dallo staff di Health Point, ogni medico
attivo per il servizio di telemedicina ha le sue credenziali
per poter accedere ad una propria area riservata da
qualsiasiluogositrovi.Occorrechiaramentelaconnessione
a internet. Per i consulti telefonici, ogni medico attivo è
fornito di un applicativo per poter ricevere le chiamate
girate dal centralino.
18 |
Dott.ssa Silvia Fiorini
AD di Health Point
innovazione e tecnologia
healthonline.it | 19
Nonostante in Italia stenti a decollare, mai come in questo momento la telemedicina si
sta rivelando fondamentale per dare un supporto al Servizio Sanitario Nazionale, per
monitorare i malati cronici o dare un supporto psicologico. Quali sono i progetti per il
futuro? Prevedete nuovi sviluppi per la piattaforma?
“La crescente richiesta di supporto e di consulenze mediche presuppone un ampliamento
delle disponibilità da parte dei medici. La nostra volontà è quella di sviluppare un network
medico dedicato sempre più corposo che possa rappresentare un punto fermo per
offrire ai pazienti un servizio a 360°, spaziando tra tutte le specializzazioni mediche. Senza
dimenticare l’accessibilità del servizio, fruibile in qualsiasi luogo, direttamente da casa, e la
possibilità di acquisire alcuni parametri fisici attraverso comuni device presenti in tutte le
famiglie al fine di favorire diagnosi sempre più specifiche, in qualsiasi momento”.
Con questa pandemia e l’obbligo a
restare in casa siamo per forza di cose
diventati tutti un po’ più digitali.
Questo grave momento di difficoltà
potrebbe in realtà rappresentare una
rampa di lancio per la diffusione della
cultura della telemedicina anche nel
nostro Paese?
“Sì, questo grave momento di difficoltà
sta certamente contribuendo a diffondere
la cultura della Telemedicina anche nel
nostro paese. In questo periodo ognuno
di noi si è trovato a dover modificare le
proprie abitudini quotidiane: gli studenti
sono passati dalle lezioni in aula alle
lezioni online, i dipendenti in smart
working usufruiscono di piattaforme
digitali, le riunioni lavorative sono svolte
in video conference; tutto questo grazie
alla tecnologia che ci sta permettendo di
continuare a gestire la nostra vita.
E mai come in questo momento è
indispensabile l’ausilio della tecnologia
anchepergarantiresupportoeconsulenze
mediche ai pazienti che non possono, né
devono uscire di casa: la Telemedicina oggi
rappresenta l’unica possibilità che abbiamo,
senza uscire di casa, di interagire a distanza
con un medico specialista.
Quello che ci auguriamo è di non
dimenticare quanto la tecnologia ci stia
aiutando in questo particolare momento
e di essere consapevoli di quanto potrà
continuare ad aiutarci nel quotidiano,
anche quando torneremo alla normalità”.
Ciò che ci spera è che una volta superata
– speriamo presto – la fase della grande
emergenza,latelemedicinadiventidavvero
un punto fermo della sanità italiana e un
obiettivo di sviluppo per la politica.
20 |
I sistemi robotici
supporto
come strumento di
per
combattere l’epidemia
#innovazione
innovazione e tecnologia
healthonline.it | 21
La pandemia Covid-19 sta mettendo a dura prova il Sistema
Sanitario Nazionale italiano con medici e operatori sanitari
impegnati in prima linea nel fronteggiare il virus spesso
senza sufficienti dispositivi di protezione individuale
(DIP), con il rischio, purtroppo confermato dai fatti, di
contagio e di ulteriore diffusione del virus.
In questo scenario, uno strumento efficace in grado di
combattere le epidemie come il Covid-19 e garantire
la funzionalità del sistema sanitario e la salute dei suoi
operatori potrebbe essere la robotica. La presenza di
sistemi robotici in supporto agli operatori umani può
essere un gran vantaggio: i robot, non temendo il virus
e le sue conseguenze, possono ridurre i rischi e il
carico di lavoro del personale, svolgendo alcuni compiti
semplici ma gravosi.
Alcune soluzioni arrivano dallo studio “Combating
COVID-19 - The role of robotics in managing public
health and infectious diseases” pubblicato come
Editoriale sulla rivista Science Robotics, che propone
una nuova prospettiva. Tredici studiosi di robotica di
fama internazionale - tra i quali Paolo Dario, docente
dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa e delegato della rettrice Sabina Nuti
alla terza missione - spiegano come la robotica può
combattere non soltanto il Covid-19, ma anche altri virus
(ed emergenze) che potrebbero ripresentarsi in un futuro
anche non lontano.
di Nicoletta Mele
e tecnologia
La pandemia dovuta
al Covid-19 ha introdotto
un nuovo ambito d’azione
per la robotica: la continuità
del lavoro e il mantenimento
delle funzioni sociali ed
economiche in situazioni
di grave emergenza
22 | innovazione e tecnologia
“La situazione drammatica che stiamo vivendo in queste settimane – afferma Paolo
Dario – rende evidente, e ci deve far riflettere su quanto operazioni svolte o assistite dai
robot potrebbero essere utili. Si tratta di agire e di mettere in azione tutto quello che nel
nostro Paese, ma anche in Europa, è stato fatto e preparato: eccellenza nella ricerca e nella
formazione di giovani ricercatori; applicazioni di avanguardia; industrie attive e presenti
sul mercato; una comunità vasta, interconnessa a livello nazionale e internazionale, e
fortemente motivata a intervenire. Più che mai in questo momento la ricerca scientifica, la
formazione di qualità e la capacità di tradurre tutto questo in applicazioni si dimostrano
asset fondamentali, e la Scuola Superiore Sant’Anna è impegnata con tutte le sue risorse per
garantire il proprio contributo. Come è pronto a fare l’intero sistema delle università e delle
istituzioni di ricerca italiane. In particolare noi – sottolinea Paolo Dario – assieme a molti
colleghi e a gruppi italiani di grandissima qualità e di elevata reputazione internazionale
in robotica, portiamo avanti questa visione e questa strategia da oltre 30 anni. E ora siamo
pronti ad attivarci, anche subito”.
In quali ambiti la robotica può avere una
funzione strategica? In quello che riguarda
l’assistenza clinica (per esempio, nella
telemedicina e nella decontaminazione);
in quello logistico (per esempio, nella
gestione dei rifiuti, anche contaminati),
e nella sicurezza (per esempio, per il
controllo su chi è chiamato a rispettare
le quarantene volontarie). La pandemia
dovuta al Covid-19 ne ha introdotto
un altro: la continuità del lavoro e il
mantenimento delle funzioni sociali ed
economiche anche in situazioni di grave
emergenza. Per ognuno di questi ambiti, la
robotica offre soluzioni innovative. Se ci si
concentra per esempio, sul primo ambito,
l’assistenza clinica, che appare il problema
più stringente in questo periodo, la
robotica può intervenire in aree specifiche
quali la prevenzione, la diagnosi e lo
screening, oltre che nella cura del paziente.
In Cina, nel corso della battaglia che è
stata combattuta a tutto campo contro
la diffusione del Covid-19, sono già state
sperimentate applicazioni in cui dei robot
svolgono compiti di ausilio all’uomo,
come ad esempio lo screening mediante
termometri o telecamere a infrarossi, la
disinfezione di superfici, la consegna di
pasti e medicine a persone anziane o in
isolamento.
InSpagna,percombatterel’emergenza,sono
in corso di impiego robot per accelerare gli
esami di laboratorio sui tamponi.
Tutto questo non va a sostituire il lavoro
umano, ma a integrarlo, consentendo al
personale medico, paramedico e socio-
sanitario di concentrarsi su compiti più
delicati e impegnativi, oltre a ridurre molti
dei rischi che altrimenti correrebbe.
Bisogna inoltre sottolineare che i robot non
soltanto processano informazioni e dati,
ma sono soprattutto macchine capaci di
agire, muoversi, manipolare, sollevare pesi,
trasportare,emoltoaltro.Èquestocheserve
in possibili analoghe emergenze future o,
semplicemente, per razionalizzare molti
servizi sanitari, in modo da ottimizzare
l’uso delle risorse umane e finanziarie,
migliorando nel contempo la qualità e
l’efficacia di alcuni di questi servizi. Una
sfida nevralgica, quindi, per costruire –
insieme, ovviamente, alla ricerca biologica
e medica - una società del futuro più sicura
e meno soggetta ai rischi che porranno
possibili pandemie future, in cui l’Italia è
pronta a svolgere un ruolo centrale grazie
alle idee e al lavowro di molti scienziati che
hanno permesso al nostro Paese di essere
riconosciuto come uno dei leader mondiali
della robotica (fonte: Scuola Superiore Sant’Anna).
healthonline.it | 23
contro il virus
sistema immunitario
risposta
La
del
24 | #salute e ricerca
Intervista al prof. Luca Simeoni
#salute E RICE
healthonline.it | 25
ERCA
26 | #salute e ricerca
Prof. Luca Simeoni
Immunologo presso
l’Università di Magdeburgo
di Nicoletta Mele
La Pandemia causata dal nuovo Coronavirus, conosciuto
conilnomeCovid-19madenominatoSARS-Cov-2Sindrome
respiratoria acuta grave coronavirus 2 (nome assegnato
dall’International Committee on Taxonomy of Viruses che si
occupa della designazione e della denominazione dei virus,
n.d.r), sta mettendo in ginocchio la popolazione mondiale.
Tutto ha avuto inizio con il primo caso registrato in Cina
nella città di Wuhan, nella provincia di Hubei, nel mese
di novembre 2019, ma riconosciuto in ritardo, fino alla
diffusione del virus in tutto il mondo, compresa l’Europa,
in soli 4 mesi. “L’Europa è attualmente l’epicentro della
pandemia di Covid-19”, (cit.Tedros Adhanom Ghebreyesus,
direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità).
Covid-19 è un virus nuovo per l’uomo del quale si sa poco,
l’unica certezza è la sua velocità di contagio.
Qual è la caratteristica che lo rende così aggressivo, pur
avendo un’alta percentuale pari all’80% del corredo
genetico simile ai suoi cugini coronavirus che causano il
comune raffreddore?
“In genetica, una differenza del 20% è enorme - spiega il
prof. Luca Simeoni, immunologo presso l’Università di
Magdeburgo capitale dello stato federale della Sassonia-
Anhalt - Questa differenza potrebbe conferire delle
caratteristiche nuove, sembra infatti che il Covid-19 usi
un meccanismo di ingresso nella cellula ospite diverso da
quello degli altri virus della stessa specie. Tale meccanismo
permette al virus di entrare più facilmente nella cellula
ospite dove si può replicare. I nuovi virus poi lasciano
la cellula ospite per infettare altre cellule. Ciò detto, il
Covid-19 è nuovo per l’uomo e dobbiamo studiarlo bene.
Probabilmente in precedenza era diffuso tra gli animali
e attraverso il cosiddetto spill over, o salto di specie si è
adattato all’uomo. Questo dello spill over è un fenomeno
ampiamente conosciuto in biologia. Un altro esempio
famoso a questo riguardo è quello dell’HIV, che è passato
dalla scimmia all’uomo agli inizi del secolo scorso”.
healthonline.it | 27
Qual è la risposta immunitaria contro i
virus?
“Avviene su due fronti: da una parte
ci sono i linfociti B, che producono gli
anticorpiconunafunzioneneutralizzante
e che servono appunto per neutralizzare
il virus e dall’altra ci sono i lifociti T, che
invece hanno una funzione citotossica,
cioè sono in grado di uccidere le cellule
infettate dal virus e quindi agiscono
contro la replicazione virale.
Dopo che il virus è stato eliminato,
una parte di questi linfociti persiste
nel nostro corpo sotto forma di
cellule della ‘memoria immunologica’,
hanno memorizzato il virus e sono in
grado di riconoscerlo ed eliminarlo
molto rapidamente qualora dovesse
ripresentarsi”.
Al momento, non essendo disponibile un vaccino, l’unico modo per difenderci dal virus è
“seguire tutte le raccomandazioni impartite dalle organizzazioni nazionali e internazionali,
come: lavarsi spesso le mani, evitare luoghi affollati, mantenere distanze di sicurezza e
non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani sporche” sottolinea Simeoni. “Queste misure
sono preventive ma non ci rendono immuni. L’immunità potremmo averla solo con un
vaccino che agisce contro il virus”.
In concomitanza con la pandemia, la
cooperazione internazionale sta lavorando
nella sperimentazione di un vaccino contro
il Covid-19.
Tra le aziende anche una italiana la
IRBM Science Park con il comparto dei
vaccini Advent, con sede a Pomezia, che
in collaborazione con l’istituto Jenner
della Oxford University sta lavorando per
la produzione di un vaccino in grado di
rendere immune l’uomo dal Covid-19.
L’IRBM ha prodotto già il vaccino
contro l’ebola. Sono due le fasi di
produzione, “la prima – spiega Stefania Di
Marco, Responsabile vaccini Advent-IRMB
tramite l’agenzia stampa Dire – in cui il
vaccino è prodotto in un sistema cellulare
in vitro e poi una fase di purificazione
che sfrutta quello che viene chiamato un
supporto cronomatografico. Lo scopo
della purificazione è riuscire a rimuovere
dal ‘nostro’ vaccino tutti i possibili
contaminanti e ottenere così un prodotto
puro. Il prodotto deve essere testato per
comprendereiltipodiconcentrazione,cioè
quante molecole di vaccino sono presenti
in un determinato flacone”. “Il secondo test
deve determinare la ‘potenza’ del vaccino
ovvero quanto funziona in vitro all’interno
di un sistema cellulare. Poi verranno
compiutideitestperassicurarel’assenzadi
altri contaminanti. Una volta che il vaccino
è pronto e rispetta requisiti di qualità può
essere usato per la sperimentazione sia
negli animali che clinica”.
La disponibilità del vaccino richiede
del tempo: “Secondo gli esperti del
settore - spiega il prof. Simeoni - non
sarà disponibile prima di uno o due anni.
Questo è dovuto anche al fatto che il
vaccino necessita di una valutazione sia
per la reale efficacia che per eventuali
effetti collaterali. Il vaccino funziona
sostanzialmente in questo modo: deve
indurre la memoria immunologica, cioè
deve insegnare ai linfociti a riconoscere il
virus senza indurre la patologia”.
28 | #salute
A questo punto pare che la strada più
breve per combattere il Covid-19 sia
quella farmacologica, proprio perché,
come specifica Simeoni “I farmaci di cui
si parla hanno completato tutte le fasi di
sperimentazione e sono stati testati”.
È recente la notizia dell’autorizzazione da
parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco
(AIFA) per lo “studio di fase due” sul
Tocilizumab, il farmaco biologico già in uso
contro l’artrite reumatoide che ha dato
risultati molto incoraggianti per quanto
riguarda il trattamento del Covid-19.
“Annunciamo la sperimentazione
del Tocilizumab, farmaco per artrite
reumatoide; i dati preliminari sono
promettenti”. A rilevarlo Nicola Magrini,
direttore dell’Agenzia Italiana del
Farmaco. Lo studio TOCIVID-19, promosso
dall’Istituto nazionale per i tumori di
Napoli, insieme all’Università di Modena,
l’Irccs di Reggio Emilia e la Commissione
tecnicoscientificadiAifa,hacomeobiettivo
“produrre dati scientificamente validi sul
trattamento”.
In questa fase di pandemia, mentre la
ricerca sta facendo passi in avanti per
trovare una soluzione immediata contro
il nemico invisibile, a noi il compito di
“non farci prendere dal panico, ma essere
prudenti soprattutto per le persone più
a rischio, come gli anziani e pazienti con
malattie pregresse. Avere inoltre una
visione ottimista che prima o poi questa
drammatica situazione finirà”, conclude il
professor Luca Simeoni.
L’AIFA ha
recentemente
autorizzato la
sperimentazione
di Tocilizumab, il
farmaco biologico
già in uso contro
l’artrite reumatoide
che ha dato risultati
molto incoraggianti
per il trattamento
del Covid-19
28 | salute e ricerca
#in
e
vi
den
za30 | #in evidenza
Il modello
Cotugno
Il “Sacco” di Milano propone
healthonline.it | 31
La parola a
Maurizio Viecca
“Se non cambiano le cose convivremo
con il COVID-19 fino al prossimo autunno”
“È una lotta contro il tempo che ci preoccupa perché temiamo duri fino al prossimo autunno”.
In prima linea nella battaglia contro il COVID-19, il direttore del reparto di Cardiologia
dell’ospedale “Sacco” di Milano, Maurizio Viecca, non nasconde le proprie paure e chiede
alle autorità politiche di adottare il modello di Cotugno (Napoli), uno dei pochi ospedali
italiani in cui non risulta contagiato neanche un medico o infermiere e per questo noto
all’estero per essere la migliore struttura ospedaliera in Italia per organizzazione e qualità
del servizio offerto.
È questo il primo dato che balza all’onore delle cronache, il crescente numero di decessi
nelle strutture sanitarie. Una dimensione difficilmente quantificabile che vede tra i primi
infetti tutti coloro che si adoperano ogni giorno, senza sosta, a favore dei pazienti.
“Lavoriamo di continuo e a volte affrontando doppi turni. Torniamo a casa con i segni della
mascherina sul viso e ci chiediamo quando tutto questo avrà fine”. Affaticato ma non per
questo arrendevole, il Direttore Viecca confida nell’utilizzo massivo delle mascherine,
dispositivi di protezione fondamentali per contrastare il Coronavirus.
“L’agente patogeno – spiega – sopravvive nelle bollicine di aerosol per oltre 30 minuti
e arriva a 4 metri e mezzo a distanza. Proteggersi il viso è importante, soprattutto per
tutti coloro che sono a contatto con il pubblico”.
di Alessandro Notarnicola
Dott. Maurizio Viecca
Direttore del reparto
di Cardiologia dell’ospedale
“Sacco” di Milano
32 | #in evidenza
Dottor Viecca, l’ospedale “Sacco” di Milano è in prima
linea nella lotta al COVID-19. Qual è la situazione?
Lasituazionenonèdellemigliori.Siamomoltopreoccupati
dell’onda lunga; di questo passo, se non modifichiamo
i sistemi di controllo come è stato fatto in Cina o in
Giappone, arriveremo all’autunno.
Ilpersonalemedico-infermieristicoèal70%positivoenon
ci sono sicurezze per i nostri pazienti. Un mio assistente
vive in Cina e mi racconta che nel Paese le verifiche sono
ferree: ogni mattina uscendo di casa incontra un poliziotto
che gli misura la temperatura corporea accertandosi
sui suoi spostamenti. Da noi invece questa epidemia sin
dall’inizio non è stata affrontata nel modo giusto.
Gli ospedali sono in ginocchio e la conferma arriva dal
numero di medici e di infermieri che perdono la vita
quotidianamente.
32 | #in evidenza
Lei parla di un modello italiano che
dovrebbe essere assunto sull’intero
territorio nazionale. Di quale Ospedale
si tratta?
L’esempio di Cotugno, a Napoli, è
paradigmatico. Non hanno perso
tempo: sono partiti in fretta avendo alle
spalle un’esperienza pluridecennale in
riferimento a colera, HIV, Sars, Ebola. Oltre
al fatto che normalmente questo ospedale
gestisce malattie infettive non epidemiche,
come la meningite. In breve tempo è stato
completatoilPadiglioneGlacuicostruzione
era stata interrotta, realizzando 80 nuovi
posti di terapia sub intensiva. Ospitano
200 pazienti Covid-19 al giorno. Intanto
è in corso l’allestimento di una nuova sala
operatoria ibrida dedicata a operazioni
urgenti di pazienti Covid.
Oltre all’esperienza, sono un esempio
per formazione del personale e per
numero di mascherine…
Una delle prime cause di contagio nei
nostri ospedali riguarda la mancata
formazione di medici, infermieri e
personale sanitario. All’ospedale di
Cotugno i nuovi arrivati (chiamati per far
fronte all’emergenza epidemiologica in
corso) sono stati affiancati a infermieri
esperti che hanno assunto il ruolo di
formatori.
In merito alle mascherine invece, a
Cotugno hanno dispositivi di protezione
diversi rispetto a quelli usati negli altri
ospedali.
Il personale indossa tute integrali, e
maschere più simili a quelle antigas che
alle FFP3.
healthonline.it | 33
Eccetto le prime settimane, in cui effettivamente le mascherine erano carenti, oggi
invece qual è la situazione?
Questo è un virus che si trasmette per vie inalatorie. L’Oms cade in contraddizione quando
sostiene che la mascherina andrebbe indossata dagli uni anziché dagli altri. I dispositivi di
protezione devono essere indossati da tutti. È questa l’unica soluzione. La gente non ha
capito cosa sono i portatori sani e chi gli ammalati: di fatto cambia poco. Se un soggetto sano
entra a contatto con un soggetto malato, il sano dopo 5 giorni è positivo e gli restano due
possibilità: o si ammala o non si ammala, ma è comunque un portatore sano che diffonde il
virus senza saperlo.
A tal proposito, nel suo Ospedale lei ha
donato le mascherine ai visitatori…
Se non avessi regalato la mascherina ai
nostri visitatori cosa sarebbe successo?
Questo è un film quotidiano: la gente si
ammala per qualcosa e poi salta fuori che
è positiva al virus. Sottoporre tutti al test
del tampone è fondamentale non tanto
per scoprire chi è malato e chi no, ma
per vedere se c’è l’incubazione. Negli
ospedali del Nord il 30/40% di tamponi è
positivo, sia sul fronte dei pazienti che per
quanto riguarda il personale. Questo ci fa
capire che se il personale è costretto per
due settimane a casa, i nosocomi non sono
in grado di far fronte all’arrivo di nuovi
pazienti COVID.
34 | #in evidenza
La mascherina è ormai il simbolo di questa
pandemia globale. I social sono sempre più
popolati da foto che raccontano la realtà:
il volto segnato di medici e infermieri
o la carrellata di salme che lasciano la
Bergamasca. Hanno un potere queste
immagini?
Hanno una grande importanza e una funzione
educativa. Se noi medici indossiamo la
mascherina per tutto il turno e anche fuori
dalla nostra struttura sanitaria influiamo
psicologicamente su chi ci guarda. In questi
contesti le immagini sono tutto: da una parte
fanno ben comprendere quello che avviene, e
pensoalleregioniitalianemaggiormentecolpite
dal COVID-19, e dall’altra educano a un corretto
utilizzo di tutte le misure di prevenzione.
In merito ai trattamenti farmacologici anti-
COVID: all’ospedale di Castel San Giovanni,
a Piacenza, sperimentano l’eparina come
antinfiammatorioconrisultatiincoraggianti.
Lei invece propone un Protocollo. Di cosa si
tratta?
Il mio protocollo prevede l’utilizzo di un
farmaco da aggiungere all’eparina. Si tratta di
un antiaggregante: farmaco noto in cardiologia
che evita l’adesione tra una piastrina e un’altra.
È stato dimostrato che questi pazienti
peggiorano per la formazione di trombi nel
circolo polmonare ed è per questa ragione
che i colleghi di Piacenza hanno pensato
all’anticoagulante eparina.
La terapia sfrutta da un lato il potere
antiinfiammatorio dell’eparina e, dall’altro,
la sua capacità anticoagulante. Elemento,
quest’ultimo, che previene una delle maggiori
complicanze osservate nei pazienti Covid
positivi: la trombosi diffusa.
Il trend positivo osservato sugli indici di
infiammazione conferma l’utilità dell’impiego
in questa patologia.
In questi contesti le
immagini sono tutto:
da una parte fanno
ben comprendere
quello che avviene e
dall’altra educano a
un corretto utilizzo
di tutte le misure di
prevenzione
healthonline.it | 35
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36 | #psicologia
conseguenze
psicologiche
della quarantena
Le
nei bambini
#psicologia
healthonline.it | 37
La quarantena imposta per contenere il contagio da
Covid-19 è un fatto senza precedenti nella storia. Nel
giro di pochissimi giorni, la vita delle persone è stata
completamente stravolta: orari, abitudini, modi di
socializzare. La motivazione è seria e i provvedimenti
necessari. Ma ora che il panico del primo impatto si sta
placando, c’è chi comincia a interrogarsi sulle conseguenze
psicologiche che una simile situazione può comportare.
Soprattutto nei bambini.
Dall’inizio dell’emergenza, le scuole sono state chiuse.
Probabilmente in principio è stata presa come una sorta
di vacanza dai bambini. I problemi sembravano riguardare
maggiormente gli adulti, che dovevano conciliare la
chiusura delle scuole con il lavoro. Ma con il prolungamento
del periodo di restrizione, le cose sono cambiate.
I bambini sono chiusi in casa 24 ore al giorno da diverse
settimane ormai. Oltre alla scuola, sono state cancellate altre
attività importanti, come lo sport e le attività ricreative. La
socialità fuori dalla propria casa è stata cancellata: non
si possono più incontrare i nonni, gli zii, gli amici. È stata
perfino proibita qualsiasi forma di attività all’aria aperta.
E mentre si discuteva degli adulti dediti alla corsa o alla
possibilità di portare fuori il proprio animale domestico,
dei bambini nessuno ne parlava. Ai bambini che forse
hanno una maggiore esigenza di vivere l’aria aperta, non
sono concesse neppure quelle brevi pause dalla clausura
che gli adulti fanno per fare la spesa o per lavoro.
Una dura prova per l’equilibrio di bambini e ragazzi, la cui
gestione è affidata interamente ai genitori.
di Giuseppe Iannone, Psicologo Psicoterapeuta
38 | #psicologia
Il problema però è che non si è nemmeno pensato a come sostenere i genitori. Mancano
consigli e strategie non solo per far passare le lunghe ore della giornata, ma anche
per evitare conseguenze psicologiche che si possano presentare a medio o lungo
termine.
I rischi
Ci sono diversi aspetti da tenere sotto controllo in questo periodo, affinché i più piccoli
possano affrontare al meglio questo periodo difficile. L’obiettivo è non sottovalutare certi
atteggiamenti oggi, perché non si trasformino in problematiche più grandi in futuro. Ecco
quali sono i principali rischi della quarantena.
1. Insonnia
La modifica dei ritmi quotidiani può
influire sul riposo notturno. Le giornate
tutte uguali, senza punti di riferimento
a scandire l’orario o la differenza fra
settimana e weekend, potrebbero influire
sulle abitudini. Ma se la sveglia al mattino
non è più un obbligo, non bisogna
dimenticare che il corpo risponde sempre
ai ritmi circadiani. È importante seguire
l’andamento della luce del sole, senza
ritardare troppo l’ora in cui si va a dormire.
Non solo: la mancanza di attività fisica
non permette di scaricare adeguatamente
le energie. Può essere più difficile
addormentarsi e riposare.
Ma questo significa essere meno reattivi
al mattino, col rischio di innescare un
pericoloso circolo vizioso. Bambini e
ragazzi in età scolastica frequentano
le videolezioni e seguono la didattica
a distanza, ed è quindi importante che
siano reattivi al mattino. È opportuno
perciò non allontanarsi troppo dagli
orari normali, anche per facilitare il
rientro alla quotidianità quando sarà il
momento.
2. STRESS POST-TRAUMATICO
L’emergenza sanitaria ha portato con
sé molti sentimenti negativi: paura
del contagio, perdita dei propri punti
di riferimento, preoccupazione per le
conseguenze sociali ed economiche.
Sono apprensioni degli adulti, ma si
possono ripercuotere seriamente anche
sui bambini. Proprio perché la situazione
a loro può apparire ancora meno chiara,
vivere in un ambiente di continua tensione
lascia una sensazione di costante paura.
È necessario spiegare il più possibile ai
bambini la situazione, le motivazioni
dei regolamenti. Meglio evitare che
ascoltino telegiornali e commenti
televisivi, a meno che non ci sia
un’adeguata delucidazione da parte degli
adulti.
Attenzione anche ai discorsi fra adulti
quando il bambino sembra distratto.
Meglio sempre che riceva informazioni
dirette ed abbia la possibilità di fare
domande, che assorbire un senso generale
di angoscia.
Il rischio è che il bambino interiorizzi
una paura generalizzata. In questo modo,
anche a distanza di tempo, potrebbe
collegare questo periodo di quarantena
a sensazioni di ipervigilanza e stress,
che potrebbero riemergere in momenti
diversi.
Una pausa scolastica o una semplice
malattia potrebbero richiamare l’ansia
di oggi, e provocare reazione tipiche del
disturbo da stress post-traumatico.
3. DISTURBI DELL’UMORE
La mancanza di attività, soprattutto all’aria
aperta e il conseguente accumulo di stress,
possonomanifestarsiconsbalzid’umoree
irritabilità. Durante la quarantena, questi
potrebberoessererivoltiaifamigliarivicini.
Anche terminato il periodo di isolamento,
lo stress potrebbe ripresentarsi per
qualche tempo, creando episodi di rabbia o
malumore apparentemente non spiegabili.
Dare spazio a giochi fisici per quanto è
possibile in casa, e creare un ambiente
sereno con momenti di svago e gioco
aiutano a scaricare la tensione mentale di
tutta la famiglia.
4. ISOLAMENTO
I bambini non vedono insegnanti,
compagni e parenti da qualche settimana
ormai. Soprattutto i più piccoli, potrebbero
fare fatica a riprendere confidenza con le
persone. Il rischio è che associno l’idea
di casa e isolamento con quella di
sicurezza, rifiutando almeno all’inizio un
ritorno alla normalità.
La strada migliore è nuovamente quella di
cercare di spiegare tutto ciò che accade,
con un linguaggio calibrato sull’età del
figlio. E procedere pazientemente e per
gradi, quasi come se si dovesse affrontare
un inserimento scolastico.
healthonline.it | 39
5. GAMING DISORDER
Si tratta della dipendenza da videogioco, catalogata come malattia mentale
dall’International Classification of Diseases, che raccoglie tutte le patologie riconosciute. Il
Gaming Disorder è così paragonabile ad altre dipendenze, come quelle da gioco d’azzardo
o dall’abuso di alcool.
Uno dei sintomi più evidenti è l’incapacità di valutare la quantità di tempo passata
davanti allo schermo, fino a non riuscire più ad allontanarsi volontariamente dal gioco.
In queste settimane chiusi in casa, il rischio di trascorrere troppo tempo nel mondo virtuale
è molto alta, soprattutto per gli adolescenti.
I genitori potrebbero essere molto più permissivi sulla quantità di tempo da passare fra
cellulari e videogiochi, potendo offrire poche alternative a questi passatempi. I ragazzi si
ritrovano a giocare insieme online, come surrogato della socialità. Anche in questo caso, i
genitori sono chiamati a intervenire il prima possibile. È utile offrire alternative di svago
reali, in famiglia, dal cucinare in compagnia ai giochi di società. La cosa importante è
evitare che i ragazzi si chiudano in un ulteriore livello di isolamento.
un bambino
speciale
DA PARMA
Il Coronavirus visto con
gli occhi di
#parliamo di..
40 | #parliamo di...testimonianze
healthonline.it | 41
Parma non solo è la seconda città più popolosa dell’Emilia
Romagna, ma è anche la seconda località della Regione,
dopo Piacenza, ad aver registrato il maggior numero di
persone positive al Covid-19. E proprio nella città del
più grande compositore italiano, Giuseppe Verdi, abita
il piccolo Giorgio, il bambino affetto alla nascita dalla
sindrome di Hirschsprung. “La situazione è drammatica,
la zona dove viviamo è molto vicina a Codogno, alla zona
del basso lodigiano e di Piacenza - racconta Barbara, la
mamma di Giorgio - sono tempi duri per tutto il mondo e
la situazione in Italia, anche dopo aver visto quello che è
successo in Cina, ci spaventa molto”.
Il timore è soprattutto per Giorgio, il bambino a cui alla
nascita, avvenuta il 23 settembre del 2015 presso Al
Zahra Hospital di Dubai (città dove la famiglia viveva in
quegli anni), fu diagnosticata la Malattia di Hirschsprung
(o Megacolon Congenito Agangliare), una patologia rara
che colpisce 1 bambino su 5000 e rappresenta la più
frequente causa congenita di occlusione intestinale.
“Dopo molti anni nel Medio Oriente, con mio marito
Tommaso abbiamo deciso di rientrare in Italia per una
serie di ragioni tra le quali proteggere la salute di nostro
figlio, nato con una malattia rara e operato a pochi mesi di
vita all’Ospedale Gaslini di Genova”.
di Nicoletta Mele
..Testimonianze
I bambini affetti dal morbo di Hirschsprung spesso trascorrono lunghi periodi in
ospedale conducendo una vita diversa da quella dei loro coetanei perché devono
seguire una dieta speciale e, in alcuni casi, sono costretti a portare il pannolino per
tempi più lunghi del normale. “Fino al compimento di 1 anno di età, ogni 3 mesi, Giorgio
si è sottoposto a dei controlli regolari sempre presso la struttura pediatrica italiana”,
aggiunge Barbara.
Barbara e Tommaso, oltre ad essere i genitori di Giorgio hanno anche un altro bambino più
grande, di 7 anni.
In che modo avete spiegato la situazione ai vostri bambini?
Con mio marito abbiamo spiegato loro cosa stava succedendo e soprattutto come sarebbe
cambiata la nostra vita. Lo abbiamo fatto utilizzando il linguaggio dei piccoli, per evitare
spaventi o traumi che potrebbero comportare conseguenze serie. Siamo stati con loro
molto sinceri, ma dedichiamo un sacco di tempo a rispondere alle loro domande e
ogni volta che vogliono si dedicano a realizzare disegni o lavoretti descrivendo il virus.
Come sta Giorgio e come state
affrontando la sua malattia in questo
periodo di emergenza sanitaria?
Staabbastanzabene,maancorafatichiamo
un po’ con la dieta e la crescita, fattori che
neibambinicomeluirichiedonopiùtempo
rispetto agli altri coetanei. Abbiamo però
notato che nell’ultimo anno è cresciuto
molto. È seguito costantemente dagli
specialisti che lo hanno sottoposto a
diversi controlli per capire il livello di
assorbimento e di reintegro di vitamine
e sali. Giorgio ha 4 anni e mezzo e vive
una vita serena: ha frequentato la scuola
materna fino a poche settimane fa e aveva
iniziato a giocare a calcio con una squadra
della città, sport che lui adora.
In questo momento di emergenza
sanitaria, chiaramente i controlli non
urgenti e gli esami pianificati sono stati
sospesi, in attesa di una normalizzazione
nelle strutture ospedaliere. I dottori
del Centro Bosio di Alessandria come
i medici che fanno parte del comitato
scientifico dell’Associazione A.mor.hi
(Associazione famiglie affette da Morbo
di Hirschsprung) sono molto vicini alle
famiglie e ci hanno rassicurato.
I nostri bambini fortunatamente non
rientrano nella percentuale della
popolazione a rischio perché non sono
immunodepressi, e anche perché il
Covid-19 principalmente attacca i tessuti
polmonari e l’intestino non è il principale
interessato.
Anche noi come tutte le famiglie italiane
siamo in quarantena e usciamo solo nei
casi di estrema necessità, per evitare il
contagio e per poter salvaguardare le
strutture mediche e ospedaliere e gli
operatori, affinché il sistema sanitario
non collassi e riesca ad aiutare chi invece
ha bisogno di cure immediate”.
42 | #parliamo di...testimonianze
Come hanno reagito e quali sono state le
loro domande?
Lalororeazioneèdicuriosità,fannospesso
domande. Chiedono dei loro amici e anche
quando questo virus andrà via.
Èsicuramentestranoperlorovedereingiro
le persone che indossano una mascherina,
credono che tutti quelli che la indossano
sono malati. All’inizio dell’epidemia, ho
spiegato loro che andava indossata solo se
si era malati, adesso hanno l’impressione
che tutti lo siano pertanto sto lavorando
affinché capiscano che non è così.
Com’è cambiata la vostra vita?
Abbiamo realizzato un planning
giornalierochecomprendesialeattività
ludiche che quelle di apprendimento
scolastico. C’è il tempo per il gioco, per
la tv e anche quello degli inevitabili litigi.
Siamo passati dal vivere in socialità e avere
ognuno i propri spazi a convivere 24 ore
su 24 sotto lo stesso tetto seppur avendo
ognuno comunque esigenze diverse.
Anche voi, come molte famiglie italiane
vivete i rapporti sociali online?
Sì, dalle video chiamate con gli amichetti
di scuola a quelle con il resto della
famiglia, ci stiamo abituando a questo
nuovo modo di vivere.
Ormai la nostra quotidianità ha preso
un’altra forma, di conseguenza andiamo
avanti col sorriso e augurandoci che tutto
passi presto.
È primavera e qui da noi si comincia ad
assaporare l’aria mite tipica di questa
stagione:gliuccellinichecinguettanoefiori
che sbocciano, un bellissimo spettacolo
che purtroppo possiamo ammirare solo
dal terrazzo di casa.
healthonline.it | 43
44 | #parliamo di...testimonianze
codogno,
coronavirus,
viaggio a
dove tutto è cominciato
#parliamo di..
healthonline.it | 45
Con l’approvazione del decreto dell’8 marzo scorso, a
Codogno e nei comuni del Lodigiano, in Lombardia, e Vo’
Euganeo, in Veneto, sono stati eliminati i posti di blocco che
per 14 giorni li hanno circondati, filtrando entrate e uscite.
IlGoverno,con i nuovi provvedimenti, ha deciso che queste
aree blindate non avevano più senso di esistere, con la
diffusione del virus tutta l’Italia doveva essere “protetta”.
Ma intanto, per due settimane, gli abitanti di quella che era
stata chiamata la prima zona rossa hanno vissuto – unici
in tutto il Paese - con regole molto restrittive, nessuno
poteva entrare e uscire. I dieci comuni della provincia di
Lodi (insieme a Vo’ Euganeo) sono stati i primi a chiudere
le scuole, i musei, buona parte degli esercizi commerciali, a
sospendere eventi e manifestazioni. Sono stati i “pionieri”
della nostra quarantena.
Codogno è un po’ il comune simbolo di questa
emergenza. Qui è stato trovato il primo positivo, da qui si
è sviluppato il cosiddetto “focolaio lombardo”.
di Mariachiara Manopulo
..Testimonianze
Claudia Stefanoni
Health Online aveva raggiunto al telefono Claudia, che vive
a pochi chilometri da Codogno, con il marito e la figlia di tre
anni, per capire come erano stati vissuti quei primi giorni,
quando ancora il virus non era una emergenza nazionale,
e forse non si poteva nemmeno immaginare quello che
sarebbe successo dopo. Ci aveva raccontato “la vita in
quarantena”. E rileggendo le sue parole ritroviamo molto di
quella che è la nostra vita quotidiana oggi.
“Da subito tutte le attività sono state chiuse”, ci aveva
spiegato. “Le farmacie aprivano a turno, così come i
supermercati. Si creavano code lunghissime, la gente stava
in fila con il carrello e la mascherina, perché facevano
entrare solo tre persone alla volta.
Tutti facevano scorte, per cui se arrivavi tardi non
trovavi quasi più nulla, solamente surgelati. La gente
si comportava come se ci fosse stato un terremoto,
o un’alluvione. Come se quasi fossimo in guerra.
Effettivamente, anche ora si cerca di uscire il meno
possibile e limitare i contatti esterni. Io vivo in un piccolo
comune confinante con Codogno, San Fiorano, dove per
i primi giorni l’unico negozio di alimentari aveva chiuso,
per cui sono stata costretta a prendere la macchina e
spostarmi per fare la spesa”.
Sono distanze molto brevi quelle che collegano i diversi
paesi di quella che era la zona rossa, vi fermavano
spesso quando c’erano i posti di blocco?
“Sì, tra un paese e l’altro c’erano spesso posti di blocco,
ed eravamo circondati dall’esercito. A molti non veniva
permesso nemmeno di spostarsi tra i comuni. 50.000
persone chiuse dentro”.
Il governo ha facilitato la concessione dello smart
working, voi come vi siete organizzati con il lavoro?
“Io, per la tipologia di lavoro che faccio, riesco a lavorare da
casa. Da poco tempo ho anche un’altra attività che svolgo
prevalentemente online. Sicuramente in queste situazioni
del tutto imprevedibili, avere delle attività di backup o
cercare di differenziare le entrate, può rappresentare una
chance in più per far sì che il budget familiare non si inceppi
completamente.
Mio marito invece ha un’attività, un’officina, e in quei giorni
ha dovuto chiudere. Non poteva nemmeno andarci, voleva
approfittare dei giorni di chiusura per imbiancare, ma non
era possibile. Tutto doveva essere sigillato”.
46 | #parliamo di...testimonianze
healthonline.it | 47
Come hai reagito quando hai saputo che
c’erauncasodiCoronavirusneltuopaese?
“La paura inizialmente mi ha paralizzato.
Hoiniziatoapensarealpeggio,perchéero
al corrente della velocità di contagio. Poi
ho iniziato a documentarmi sulla malattia
e sugli effetti che poteva potenzialmente
avere su un soggetto apparentemente
sano e scoprendo che il decorso poteva
essere anche asintomatico, mi sono
tranquillizzata.
Tuttavia poi col passare dei giorni e con
l’aumento dei casi a tutte le età, tra cui
alcuni molti gravi, e vedendo le terapie
intensive dei nostri ospedali già piene,
ho dovuto purtroppo ricredermi”.
Tua figlia è molto piccola, ma sta
risentendo di questa situazione?
“Giulia è felice di avere mamma e papà
a casa tutti per sè e naturalmente non
capisce quello che sta succedendo.
Di sicuro il fatto di non poter vedere
nonni, zii e cugini da settimane la fa
stare male.
Abbiamo anche festeggiato, purtroppo
solo per videochiamata, mio nipote
Riccardo che ha compiuto 11 anni e lei
subito dopo ha pianto...Questo è uno dei
lati più brutti di tutta questa storia, non
poter vedere i parenti che magari vivono
lontano, evitare i contatti con gli amici. È
tutto molto triste”.
Qui ci sono davvero moltissimi
morti. Non c’è spazio per
mettere le bare E le persone
ancora continuano ad uscire
senza una motivazione reale
Già,ledifficoltàelatristezzadell’isolamento.
A questo ti costringe il virus: se ti prende
sei solo, con la paura e la malattia.
“Non possiamo andare a trovare le
persone in ospedale, e chi muore per il
virus, e purtroppo sono in tanti, non ha
nemmeno un funerale. È molto triste.
Io conosco molte persone che sono
ricoverate, forse alcune non ce la faranno,
non le posso andare a trovare e questa è
una delle cose che fa più male. Si cerca
di evitare assembramenti di persone, lo
capisco, ma umanamente è molto difficile
da accettare”.
Abbiamo richiamato Claudia, per sapere come stava e chiederle se aveva alcuni
aggiornamenti. È passato quasi un mese, ormai, da quando ci eravamo sentite. Purtroppo
un mese che ha portato un aumento esponenziale dei contagi e migliaia di morti,
soprattutto in Lombardia.
Siamo tutti provati da questa situazione. Immagino che per voi sia ancora più dura,
siete in “quarantena” dal 24 febbraio…ma cosa è cambiato in queste settimane?
“Anche dopo che hanno tolto i blocchi, il senso di responsabilità mi ha portato a evitare
comunque di muovermi, se non per esigenze inderogabili. Purtroppo questo in molti non
lo hanno capito e hanno continuato a sottovalutare l’emergenza.
Quando hanno tolto i blocchi, e abbiamo avuto per alcuni giorni la possibilità di spostarci
anche nei comuni vicini, ho saputo che c’era la coda di macchine per andare al centro
commerciale che si trova sulla strada per Piacenza. Non è lontano, ma che necessità c’era di
andare in massa al centro commerciale? Come se da un giorno all’altro il virus fosse sparito,
portato via insieme ai blocchi.
Speravo che con gli ultimi provvedimenti tutti si sarebbero responsabilizzati, ma non è così.
Vedo in giro ancora troppe persone, e so che anche nel resto del Paese c’è questo problema.
Forse fuori dalla Lombardia c’è una percezione diversa, la gente non si rende conto fino in
fondo di cosa vuol dire davvero il Coronavirus. Qui ci sono davvero moltissimi morti. Non c’è
spazio per mettere le bare, le hanno messe nelle chiese, al posto delle panche. E le persone
ancora continuano ad uscire senza una motivazione reale.
Io ho paura a volte anche solo a baciare mia figlia e a starle vicino. Penso: e se andando a fare
la spesa sono stata contagiata? E la sto prendendo anche bene…ho amiche che passano le
giornate a piangere. Penso a chi ha perso un famigliare, un amico. O a chi ha perso il lavoro.
Bisogna essere tutti responsabili, altrimenti non ne usciremo più!
A Codogno c’è stato un momento in cui il numero di nuovi casi era pari a zero, a
dimostrazione che la quarantena, se fatta bene, dà risultati.
“Certo, ma purtroppo tutti gli sforzi rischiano di essere vanificati se non si rispettano le
regole. E non so neanche come possano fare una statistica verosimile, quando la realtà è che
non a tutti i presunti contagiati è stato effettuato un tampone...diciamo che l’umore deve
restare alto perché è l’unica cosa che ci resta. Magari non #andràtuttobene ma ne usciremo
di sicuro più forti di prima!”
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coronavirus
Bergamo,la vita al tempo del
Il racconto della Dott.ssa Paola Salvetti,
Responsabile del Polo Oculistico del Centro di Radiologia
e Fisioterapia di Gorle
#parliamo di..
50 | #parliamo di...testimonianze
healthonline.it | 51
di Nicoletta Mele
IlnuovoCoronavirus,l’infezioneresponsabiledell’epidemia
di polmonite scoppiata nella città di Wuhan nella provincia
di Hubei in Cina in poco tempo è arrivato anche in Italia.
Il Governo italiano, al fine di contenere la rapidità di
espansionedelvirus,haemanatounaseriediprovvedimenti
volti alla tutela della salute dei tutti e in particolare quella
dei più fragili. Ridurre a zero la vita sociale restando a casa
(#iorestoacasa) proprio per evitare di contagiare gli altri
o di essere contagiati.
Questo in sintesi il provvedimento principale valido per
tutta Italia. Bergamo è la seconda provincia italiana dopo
Milano con il maggior numero di casi positivi al nuovo
Coronavirus.
“La situazione è molto pesante, siamo tutti isolati. Tutti gli
esercizi commerciali, salvo supermercati e farmacie, sono
chiusi dall’11 marzo. Il Centro diagnostico per il quale
lavoro ha chiuso tutti i servizi ad eccezione della radiologia
che rimane a supporto del SSN”. Queste le prime parole del
racconto a Health Online della dottoressa Paola Salvetti,
Responsabile del Polo Oculistico del Centro di Radiologia e
Fisioterapia di Gorle, comune in provincia di Bergamo.
“IpazientidelCentro,privatoeconvenzionatoconilSistema
Sanitario Nazionale, arrivano prevalentemente da zone ad
altissima densità di contagio come Alzano Lombardo e la
Val Seriana. Qui sono la responsabile del Polo Oculistico,
che ho aperto un anno fa, dove eseguiamo sia visite che
esami strumentali”.
Quali sono i rischi maggiori per la sua professione?
Anche se l’oculistica in questa fase di emergenza non è
naturalmente una specialità impegnata in prima linea, è
comunque estremamente esposta perché l’esame avviene
con la lampada fessura, dove il viso dello specialista e
quello del paziente sono molto ravvicinati, a meno di 10
cm. Con il senno di poi, so con certezza di avere a metà
febbraio visto delle congiuntiviti virali che oggi sappiamo
essere ascrivibili a COVID-19.
..Testimonianze
Quando ha capito che non c’erano più le condizioni per lavorare in sicurezza?
Sin dall’istituzione delle prime zone rosse mi sono resa conto che essere realmente
efficaci sulla disinfezione era virtualmente impossibile in un contesto ambulatoriale.
Disinfettare gli strumenti come si fa regolarmente, ovvero tra un paziente e l’altro, in questa
situazione di rapidità di contagio, non è sufficiente: si dovrebbero applicare precauzioni
simili almeno a quelle della sala operatoria.
Con i colleghi anche di altre specialità abbiamo chiesto alla struttura di fornirci più
disinfettante e mascherine FFP2 e FFP3, cosa sulla quale la nostra Direzione si era mossa con
anticipo nonostante la completa assenza di indicazioni da parte della AST, ma purtroppo la
risposta è stata che anche presso i fornitori erano ormai introvabili. A quel punto, il 4 marzo,
mi sono assunta la responsabilità di scrivere una lettera indirizzata al Direttore Sanitario e
all’Amministrazione del Centro nella quale ho spiegato che non essendoci più le condizioni
per continuare a lavorare in sicurezza, ritenevo necessaria la sospensione dell’attività.
Qual è la situazione?
Nel nostro centro sono passati almeno due casi confermati di Covid-19, ma visto il bacino
di provenienza dei pazienti, realisticamente ritengo impossibile determinare il numero di
pazienti asintomatici o esposti che verosimilmente sono transitati nei nostri ambulatori.
Su disposizione dell’AST (Agenzie di Tutela della salute che operano sul territorio regionale
n.d.r.) rimangono aperti servizi considerati essenziali quali la radiologia, TC e RMN, ma i
servizi non essenziali sono stati chiusi.
Visto l’elevatissimo numero di morti (4500 a Bergamo e provincia) abbiamo la certezza
di una larga sottostima dei casi conteggiati. Personalmente conosco almeno una ventina
di persone che hanno avuto sintomatologia varia sicuramente ascrivibile a COVID, e che si
sono curate a casa senza effettuare alcun tampone. Questi casi ovviamente non compaiono
nelle statistiche.
52 | #parliamo di...testimonianze
Dott.ssa Paola Salvetti
Responsabile del Polo Oculistico
del Centro di Radiologia
e Fisioterapia di Gorle
Tra le principali raccomandazioni quella di lavarsi
spesso le mani evitando di toccarsi bocca, naso e occhi.
Può spiegare qual è la correlazione tra gli occhi e il
rischio contagio?
Li Wenliang, il medico cinese che per primo diede l’allarme
del virus e che è purtroppo deceduto, era un oftalmologo
34enne. In effetti è stato riscontrato che il Coronavirus è
presente sulla congiuntiva e nelle lacrime che quindi
possono essere veicolo di contagio.
Una piccola percentuale di pazienti Covid-19 presenta
anche delle congiuntivi virali abbastanza importanti,
generalmente associate a tosse secca e febbre, anche se
in questo quadro clinico tanto complesso da gestire non
ci sono molti dati relativi all’interessamento oculare della
patologia. In generale non è frequente diagnosticare il virus
specifico che ha causato una congiuntivite virale.
healthonline.it | 53
Unapiccolapercentuale
di pazienti Covid-19
presenta anche delle
congiuntivi virali
abbastanza importanti,
generalmente associate
a tosse secca e febbre,
anche se non ci sono
molti dati relativi
all’interessamento
oculare della patologia
54 | #parliamo di...testimonianze
Come sta vivendo questo momento?
La situazione è surreale, i sentimenti molti e contrastanti. La città è molto più silenziosa, il che
amplifica il purtroppo frequente suono delle sirene. La necessità di mantenere una routine e
un atteggiamento di responsabilità senza troppo spaventare mio figlio - sono a casa da sola
con lui - scandisce la nostra giornata. Le video comunicazioni ci permettono di vedere i miei
genitori e mantenere un minimo di interazione sociale.
Io sono stata fortunata - negli ospedali gli oculisti fanno già supporto ai reparti Covid visto che
la gran parte dell’attività ordinaria è stata sospesa- al momento non essere in un organico
ospedaliero mi ha permesso di rimanere con mio figlio e quindi di proteggere anche i
miei genitori, ai quali avrei dovuto chiedere di occuparsi di mio figlio, esponendoli a un rischio
aumentato dal momento che per età e patologie pregresse sono nella fascia di età più a rischio
di non riuscire a cavarsela in caso dovessero finire in terapia intensiva”.
Purtroppo l’aumento del numero dei casi
e le risorse limitate come i posti letto nelle
terapie intensive, che sono poco più di
5000 in tutto il Paese tra ospedali pubblici
e privati (dati dell’Annuario Statistico
del Servizio Sanitario Nazionale), ha
portato la Società italiana di anestesia,
analgesia, rianimazione e terapia intensiva
(SIIARTI) a redigere un documento
sulle raccomandazioni per l’ammissione
in terapia intensiva in condizioni di
emergenza. “Può rendersi necessario porre
un limite di età all’ingresso in terapia
intensiva. Non si tratta di compiere scelte
meramente di valore, ma di riservare risorse
che potrebbero essere scarsissime a chi ha
in primis più probabilità di sopravvivenza e
secondariamente a chi può avere più anni di
vita salvata, in un’ottica di massimizzazione
dei benefici per il maggior numero di
persone”. (SIIART, Raccomandazione n. 3)
Dottoressa, la conseguenza di avere poche
risorse in una situazione di emergenza è…
Drammatica.Parechealmomentononsisia
ancora arrivati ad una situazione di questo
tipo, ma purtroppo - per quanto assurdo
ed ingiusto possa sembrare - capisco che la
possibilità di non avere sufficienti risorse
sia un’eventualità da prevedere e per la
quale essere preparati.
In questo momento vedo grandissima
professionalità ed abnegazione tra i
colleghi che sono in prima linea, moltissimi
strumentidicollaborazionesonostatimessi
in campo per condividere esperienze e best
practices, molti colleghi anche in pensione
collaborano leggendo articoli e redigendo
sintesi nella speranza di essere d’aiuto.
Un ospedale da campo è stato costruito
a Bergamo in poco più di una settimana,
grazie all’opera degli Alpini e alla
generosità di oltre 120 artigiani che hanno
offerto gratuitamente la loro competenza.
A Milano una nuova terapia intensiva
presso l’Ospedale San Raffaele, oltre ad
un Ospedale nell’area della ex fiera sono
stati costruiti ed attrezzati in tempi record,
grazie alla generosità delle donazioni
effettuate da imprenditori e privati arrivate
da tutto il mondo.
Spiace molto vedere come la politica,
soprattutto all’inizio, abbia sottovalutato la
situazione, un atteggiamento minimizzante
chepurtroppoèstatolargamentecondivisoin
EuropaenegliStatiUniticonnumerichesono
sotto gli occhi di tutti. E che di nuovo, dopo
l’inizio del lockdown, si stia solo ora iniziando
a ragionare come gestire la riapertura.
Perché questo lockdown, assolutamente
necessario al momento, non potrà
comunquedurarepermesi:saràessenziale
che i molti errori che si sono verificati a
Bergamo nella gestione dell’emergenza
non siano ripetuti, soprattutto per
proteggere il personale sanitario. Qui i
medici, sia in Ospedale sia sul territorio,
sono stati letteralmente mandati al macello,
cosa che purtroppo è evidente viste che
nel nostro territorio abbiamo avuto un
altissimo numero di vittime tra il personale
sanitario.
Una situazione drammatica e difficile
quella che sta vivendo il nostro Paese ed in
particolare le zone del Nord d’Italia come
la provincia di Bergamo dove sono stati
registrati maggiori casi di contagio e decessi
da Covid-19.
Quanto e in che modo è cambiata la sua
quotidianità?
Non solo la mia, quella di tutti: certamente
il ritmo è completamente stravolto, non
avendo obblighi orari precisi. Ovvio che
stareincasaconibambininonèfacile,tanto
più se sono da soli in un appartamento,
mentre tu cerchi di pulire e disinfettare
tutto in uno sforzo titanico di ridurre al
massimo il rischio di contagio.
In una città delle dimensioni di Bergamo
(120.000 abitanti) puoi solo sperare che
nessuno della tua cerchia familiare o
amicale rimanga vittima della situazione,
anche se ogni giorno purtroppo apprendi di
qualcuno che non ce l’ha fatta.
Anche immaginare la ripresa è complesso:
quando finalmente potremmo riaprire
l’ambulatorio, sarà obbligatoriamente in
condizioni molto differenti di esercizio
rispetto a quello che accadeva prima. Non è
piùimmaginabileinquestocontestodiavere
la sala d’attesa o l’accettazione piena, si
dovranno scaglionare gli appuntamenti,
si dovranno indossare presidi di protezione
individuale che prima erano riservati solo ai
repartidimalattieinfettive.Saràunarealtà
molto distante da quella che conoscevamo
prima, alla quale sarà necessario adattarsi
per la protezione di tutti, soprattutto delle
fasce più deboli, penso ai più anziani ma
anche a tutte le persone con patologie
autoimmuni che spesso assumono farmaci
immunomodulatori o immunosoppressori,
ai pazienti oncologici.
GraziealladottoressaPaolaSalvettiperlasuatestimonianzaegrazieatuttiimedicieoperatori
sanitari impegnati in un’emergenza grave e di difficile gestione che resterà nella storia. Grazie
per continuare a ricordare a tutti noi di restare a casa per il nostro bene e per quello degli altri,
mentre voi rischiate ogni giorno, ogni ora e ogni minuto di contrarre il virus più di chiunque
altro. Grazie ai nostri angeli pur sempre esseri umani che… hanno paura, ma nonostante tutto
stanno lottando in prima linea. Grazie, dal cuore.
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Health Online 36 - Marzo Aprile 2020

  • 1. attualità Come è cambiato il mondo del lavoro per fronteggiare l’emergenza del Coronavirus innovazione e tecnologia I sistemi robotici come strumento di supporto per combattere l’epidemia psicologia Le conseguenze psicologiche della quarantena nei bambini il periodico di informazione sulla sanità integrativa marzo aprile 2020 Anno VII N°36 parliamo di... Testimonianze da Parma, Codogno e Bergamo modello Cotugno L’ospedale Sacco propone il speciale Covid-19
  • 2. Fino al CUORE della SALUTE Un Gruppo unito per sostenere e diffondere la Cultura della Salute e della Prevenzione dalla Ricerca Scientifica alle Soluzioni Personalizzate Health Italia S.p.A. · c/o Palasalute · Via di Santa Cornelia, 9 · 00060 Formello (RM)· info@healthitalia.itwww.healthitalia.it
  • 3. sommario speciale covid-19 attualità psicologia parliamo di... testimonianze innovazione e tecnologia salute e ricerca in evidenza pag. 30 pag. 06 pag. 24 pag. 16 pag. 40 pag. 44 pag. 50 pag. 20 pag. 36 pag. 05 - Editoriale pag. 10 Il made in Italy riconverte la produzione per fronteggiare il Covid-19 La risposta del sistema immunitario contro il virus La telemedicina di Health Point a fianco dei cittadini Il nuovo Coronavirus visto con gli occhi di un bambino speciale Coronavirus, viaggio a Codogno, dove tutto è cominciato Bergamo, la vita al tempo del Coronavirus I sistemi robotici come strumento di supporto per combattere l’epidemia Le conseguenze psicologiche della quarantena nei bambini Smart working o home working? Il virus porta la rivoluzione in Italia. E la scuola? Il “Sacco” di Milano propone il modello Cotugno
  • 4. periodico bimestrale di informazione sulla Sanità Integrativa Anno 7° - marzo/aprile 2020 - N°36 Direttore responsabile Nicoletta Mele Direttore editoriale Ing. Roberto Anzanello coordinamento generale H-Digital SpA Comitato di redazione Michela Dominicis Francesco Maddalena Mariachiara Manopulo Giulia Riganelli Hanno collaborato a questo numero Alessia Elem Giuseppe Iannone Alessandro Notarnicola Direzione e Proprietà Health Italia SpA c/o Palasalute - Via di Santa Cornelia, 9 00060 - Formello (RM) www.healthitalia.it Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. Articoli, notizie e recensioni firmati o siglati esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta. iscritto presso il Registro Stampa del Tribunale di Tivoli n. 2/2016 - diffusione telematica n.3/2016 - diffusione cartacea 9 maggio 2016 Idea grafica H-Digital SpA impaginazione Giulia Riganelli immagini © AdobeStock Tiratura 103.302 copie Scarica Health Online in versione digitale su www.healthonline.it Se non vuoi perderti neanche una delle prossime uscite contattaci via email a info@healthonline.it e richiedi l’abbonamento gratuito alla rivista, sarà nostra premura inviarti via web ogni uscita. Per la tua pubblicità su Health Online contatta mkt@healthonline.it
  • 5. e di to ria le DISVALORE E VALORE DEL VIRUS Nonèsicuramenteilmomentodifaredeibilanciinmeritoaglieffettisanitari,socialiedeconomicidellapandemia causata dal Covid-19, però è possibile fissare dei punti focali che potranno essere sviluppati in futuro. Ogni battaglia, e questa del Coronavirus è sicuramente una grande battaglia, offre due possibili punti di vista: quello strategico descrivibile da chi osserva “dall’alto” l’evoluzione del combattimento e quello tattico spiegabile da chi operando “sul campo” vive il combattimento dall’interno. Per comprendere più approfonditamente e sempre rifacendosi ai temi di guerra, una prima similitudine si ha con la descrizione della battaglia di Waterloo (cosi determinante per l’umanità) vista con queste due visioni nel libro omonimo con due ricostruzioni: la prima stesa da Walter Scott nella sua monumentale Vita di Napoleone Bonaparte, l’altra in un lungo racconto della giornata campale, costruito nella forma di una visita al campo di battaglia, contenuto nei Miserabili di Victor Hugo; due versioni tanto differenti anche nei toni e nei sentimenti, che suggeriscono in generale la doppiezza della storia stessa. In questo momento dobbiamo quindi essere consapevoli che siamo a questo punto della storia dell’epidemia: ci sono due versioni, due modi di vedere la battaglia al virus, due valutazioni da fare. La valutazione tattica ci mostra alcuni aspetti importanti quali, in primis, l’impegno, la forza, la professionalità, lo spirito di sacrificio del personale medico e paramedico, a volte cosi tanto criticato e bistrattato, che in questa situazione ha mostrato tutto il proprio valore. In seconda istanza possiamo constatare la tenuta del modello sanitario italiano che sta consentendo di intervenire a favore di tutti i cittadini colpiti senza discriminazioni o differenze legate ad aspetti sociali ed economici, come sta accadendo, al contrario, in altri paesi. In terza istanza dobbiamo sottolineare la capacità evolutiva del sistema imprenditoriale del nostro paese che, modificando le catene produttive, mettendo a disposizione le proprie soluzioni tecnologiche, riconvertendo i propri modelli evolutivi sta sviluppando rapidamente tutta la propria potenza di fuoco contro il virus invasore. Sicuramente ci sono stati degli errori anche a livello tattico, in alcuni ospedali, in molte RSA, in certi contesti sociali, ma comunque possiamo dire che a tatticamente il sistema sta tenendo e reagendo. La valutazione strategica, invece, ci mostra altri aspetti significativi quali, in primis la scarsa capacità di previsione del sistema politico per affrontare una situazione annunciata dagli esperti, dagli scienziati, dagli accadimenti precedenti (la SARS ad esempio), che ha determinato una continua rincorsa alle soluzioni piuttosto che una programmazione delle stesse. In secondo luogo, dobbiamo anche evidenziare la scarsa coerenza del tessuto produttivo e sociale che per scegliere l’uovo oggi invece della gallina domani ha sottovalutato l’impatto economico della pandemia quando l’applicazione di alcune soluzioni, poi definite per decreto, avrebbe potuto garantire una minore diffusione del virus. Infine, non possiamo che sottolineare la miopia di coloro che gestiscono il potere della burocrazia che, per mantenere inalterato il proprio status, hanno ingabbiato il paese in una serie di norme, regole, processi farraginosi che, come catene, hanno impedito alle aziende ed ai cittadini una reazione forte contro l’invasore. Certamente, anche a livello strategico, ci sono state delle scelte corrette, alcune fin coraggiose, ma nell’insieme dobbiamo prendere atto che il paese da questo punto di vista è stato ed è deficitario. E allora che insegnamenti immediati ne possiamo trarre? Due insegnamenti fondamentali che determinano due compiti da svolgere tutti insieme come cittadini italiani. Il primo compito che abbiamo fin da oggi, e dobbiamo farlo subito perché ancora possiamo incidere sulla battaglia in corso che sarà ancora lunga, è quello di richiedere con forza che la strategia (fallimentare) si adegui alla tattica (vincente), aumentando da oggi il corpo sanitario, ripensando subitaneamente l’iter autorizzativo dei medici e degli infermieri, investendo forzatamente sulla ricerca medica, incentivando immediatamente la tecnologia sanitaria, rafforzando tempestivamente la sanità integrativa, aprendo da subito alla telemedicina. Ma non solo, dobbiamo anche pretendere come cittadini di questo paese che le catene del valore produttivo vengano rafforzate, che la burocrazia fine a se stessa venga eliminata, che i valori sociali vengano rafforzati. Il secondo compito che abbiamo, e che possiamo svolgere appena passata questa sciagura, sarà quello di pretendere che le strategie dirette al futuro traggano insegnamento da quanto accaduto, perché l’emergenza potrebbe ripresentarsi non solo in campo sanitario ma anche magari in ambito climatico o, forse, nel contesto economico e quindi sarà necessario avere strategie adeguate da un punto di vista sanitario, economico, sociale, climatico e geografico. Dovremo quindi assolutamente pretendere che chi sceglieremo per governare ascolti prontamente le valutazioni degli scienziati, valuti la possibilità che l’emergenza possa arrivare (e se fortunatamente non arrivasse sarebbe solo meglio), progetti la gestione delle criticità, investa sul futuro. Oggi dobbiamo affrontare questa epidemia che rappresenta un disvalore enorme, ma dobbiamo impegnarci da subito tutti socialmente, economicamente, politicamente, sanitariamente affinché le scelte di domani possano essere un valore a tutela di tutti noi, perché solo insieme ed in questo modo ce la faremo oggi ed eviteremo di dovere combattere anche domani. Milanese,homaturatoun’esperienza ultraventennalenelsettoreassicurativo efinanziario,occupandomi siadeiprodottichedelmarketing edellosviluppocommerciale,fino alladirezionedicompagnieassicurative, nazionaliedestere.Nel2005sviluppo unprogettodiconsulenzaestrategia aziendalechehaconsentito dioperareconimaggioriplayer delsettoreassicurativoperrealizzare pianistrategicidisviluppocommerciale. Dal2009mioccupodiSanitàIntegrativa, assumendolacaricadiPresidenteANSI, AssociazioneNazionaleSanitàIntegrativa eWelfare,econtestualmentediHealth HoldingGroup,importanterealtà delsettore.Dal2016sonopresidente diHealthItalia,unadellepiùgrandirealtà nelpanoramadellaSanitàIntegrativa ItalianaesocietàquotatainBorsa sulmercatoAIMItalia. a cura di Roberto Anzanello healthonline.it | 05
  • 6. 06 | #attualità #attualità Made in Italy riconverte la produzione Il per fronteggiare il Covid-19
  • 8. #attualità Sembra una vespa! Questa la storica frase di Enrico Piaggio, l’imprenditore e inventore del mitico motoveicolo che dopo la seconda guerra mondiale pensò di riconvertire gli stabilimenti industriali dalla costruzione di aerei alla produzione di un motociclo che diventò uno dei simboli del made in Italy nel mondo. Enrico Piaggio è un esempio di come gli imprenditori italiani, grazie alla loro genialità e praticità,affrontanoimomentidifficili,mettendoinpiediunnuovopercorsoimprenditoriale. Oggi, come allora, l’Italia sta vivendo un periodo drammatico perché sta combattendo una guerra, questa volta contro un nemico invisibile: Sars Cov-2, conosciuto con il nome Covid-19, l’infezione responsabile dell’epidemia di polmonite che ha avuto origine in Cina e che si è diffusa in tutto il mondo coinvolgendo pesantemente anche il Bel Paese. In questo scenario diverse aziende italiane, che si sono sempre occupate della produzione di auto, abbigliamento e bibite alcoliche, vista l’emergenza sanitaria in atto e le richieste di aiuto da parte di associazioni di volontariato, hanno pensato, ognuno nel proprio settore, di cambiare momentaneamente la loro produzione. Tutti al lavoro per mettere a disposizione delle strutture sanitarie e della popolazione, camici, ventilatori, mascherine e gel igienizzanti. A questo appuntamento non poteva mancare il guru della moda italiana nel mondo: Mister Giorgio Armani, che ha convertito gli stabilimenti italiani nella produzione di camici monouso destinati alla protezione dei medici e degli operatori sanitari impegnati in prima linea nel fronteggiare il Covid19. “Mi manca di guardare negli occhi le persone che incontro ogni giorno - ha dichiarato - ma provo a ricreare quotidianamente una nuova routine con un gruppo ristretto di collaboratori a me vicini in questo momento”. di Alessia Elem 8 |08 | #attualità
  • 9. healthonline.it Un’emergenzanell’emergenzaèrappresentata dalle mascherine filtranti, che sono diventate introvabili in tutta Italia a causa della veloce diffusione del virus. A questo ci ha pensato per prima un’azienda di tessuti piemontese, la Miroglio di Alba che in poco tempo, grazie all’impegno del personale, ha riconvertito tutta la produzione per realizzare delle mascherine, con un tessuto impermeabile eriutilizzabile,adusocivileenonmedicale. Il cotone in magazzino viene inviato all’atelier per la lavorazione: la stoffa viene tagliata, ripiegata, cucita con l’elastico, stirata e confezionata, tutto rigorosamente a mano. L’azienda ha reagito prontamente alla situazione di necessità “grazie al fatto che storicamente copre tutte le fasi della filiera, dal trattamento del tessuto, al confezionamento, alla logistica, fino al retail. Decisive però sono state la flessibilità, la creatività e la capacità di adattamento di tutti coloro che lavorano con Miroglio, non solo i dipendenti, ma anche i nostri partner”, ha spiegato Alberto Racca, AD del Gruppo Miroglio. | 09 Per far fronte alla richiesta di un maggior numero di macchinari di ventilazione, strumento indispensabile per salvare la vita ai pazienti colpiti dal Covid-19 e ricoverati in gravi condizioni in terapia intensiva, Ferrari, il marchio automobilistico italiano, icona nel mondo per la Formula 1 oltre che per la produzione di automobili di lusso, e FCA (Fiat Chrysler Automobiles) stanno valutando con la Siare Engineering International di Bologna, azienda leader in Italia per la progettazione e produzione di apparecchiature elettromedicali, un eventuale aiuto inerente la produzione e la fornitura di alcuni componenti primari che compongono il ventilatore polmonare. La distilleria del Gruppo Pernord Ricard di Canelli, in Piemonte, famosa per la produzione dell’amaro Ramazzotti, ha iniziato ad “imbottigliare” in piccoli contenitori, un gel igienizzante per le mani che verrà inizialmente messo a disposizione della Croce Rossa Italiana, della Protezione Civile, dei Vigili del fuoco e della Polizia Municipale. Molte le aziende che si sono mobilitate per arginare l’emergenza causata dal Covid-19 anche attraverso donazioni in denaro a favore di Istituzioni, strutture ospedaliere e associazioni di volontariato. Tra queste alcuni brand di abbigliamento di lusso conosciuti al livello internazionale: due milioni di euro per la Protezione Civile e alcuni ospedali, tra i quali il San Raffaele e il Luigi Sacco di Milano, sono arrivati dal portafogli di Giorgio Armani. Valentino, altra icona del made in Italy nel settore dell’abbigliamento di lusso, ha donato attraverso la Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, un milione di euro per la nuova area Columbus Covid 2 del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. Due milioni di euro dalla maison fiorentina Gucci, somma destinata a due campagne di crowdfunding, una in Italia a favore del Dipartimento della Protezione Civile in collaborazione con Intesa Sanpaolo e l’altra a livello internazionale a favore del COVID-19 Solidarity Response Fund a supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso la campagna di matchmaking di Facebook. Insomma, in poco tempo il made in Italy è sceso in campo per combattere una delle battaglie più difficili che mai avrebbe immaginato di dover fronteggiare, dimostrando al mondo intero che l’Italia è unita e solidale nei momenti di difficoltà. Mai come in questo caso è appropriato citare il proverbio “l’unione fa la forza”… quella interna al Paese!
  • 10. 10 | #attualità home working? smart working o Il virus porta la rivoluzione in Italia #attualità ...e la scuola?
  • 11. healthonline.it | 11 Lavorare da casa è possibile e la rivoluzione è stata introdotta da un virus arrivato da Wuhan. Ma quando la tempesta sarà passata cosa ne resterà? Già da qualche anno in Italia l’avanzare progressivo della tecnologia ha consentito al 58% delle grandi imprese italiane di avviare la pratica del lavoro agile. In tanti però si sono chiesti di cosa si tratta realmente solo all’indomani dell’introduzione delle prime restrizioni governative per limitare la diffusione del COVID-19 e che hanno interessato, oltre alle attività commerciali, anche gli uffici pubblici e privati e le grandi aziende. Ma andiamo con ordine: tra i risultati più interessanti emersi dall’ultimo studio del Politecnico di Milano c’è l’aumento della diffusione dello Smart Working nelle PMI italiane: i progetti strutturati sono passati dall’8% al 12% attuale, quelli informali dal 16% al 18%. Tuttavia, c’è anche un’ombra: la percentuale di imprese disinteressate al tema aumenta, in modo preoccupante, e passa dal 38% al 51%. Anche la PA nell’ultimo anno ha fatto grandi passi in avanti verso un modello di lavoro più “smart”: il 16% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile (nel 2018 era l’8% e nel 2017 il 5%), l’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno. Ci si domanda però quale sarà la fotografia una volta conclusa l’emergenza epidemiologica in corso e in che modo le attività lavorative ne usciranno rinnovate. di Alessandro Notarnicola
  • 12. 12 | #attualità Lo Smart working, nel segno del motto #IoRestoaCasa, è stata una delle prime indicazioni arrivate agli italiani direttamente dai banchi del Governo: il ricorso al lavoro agile, laddove possibile chiaramente, è caldeggiato anche all’interno del Dpcm dell’11 marzo 2020, in particolare il riferimento compare al comma 7 dell’articolo 1 in cui si raccomanda il massimo utilizzo di questa pratica lavorativa da parte delle imprese. In più, l’articolo 4, “Ulteriori misure sull’intero territorio nazionale”, stabilisce che “la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro”. La regola madre è una: uscire di casa esclusivamente per comprovate esigenze lavorative, oltre che di salute e dunque emergenziali. Tutti coloro che svolgono un lavoro praticabile anche da casa sono tenuti a rispettare le indicazioni governative. Sempredall’Esecutivoèinfattiarrivataunaversione“semplificata”dellosmartworking, estesa per l’intera durata dello stato di emergenza, ad ogni tipo di lavoro subordinato su tutto il territorio nazionale, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla relativa normativa, al fine di evitare gli spostamenti e contenere i contagi. Il rischio attuale è che avvenga una sorta di “rottura” dei parametri spazio-temporali: la sede del lavoro diventa la sala da pranzo e le ore di incarico subiscono un’elasticità che potrebbe nuocere all’azienda e al lavoratore
  • 13. healthonline.it | 13 Per alcuni esperti tuttavia il modo massiccio con cui il sistema produttivo si è affacciato alla modalità di telelavoro non è così maturo come ci si aspettava perché, come accade quando ci sia appresta a svolgere qualcosa di nuovo, è necessario un periodo di formazione tanto per i datori di lavoro, che non controllano direttamente, quanto per i dipendenti, che potrebbero lavorare di più o persino di meno se operano al pc con vista sala da pranzo (home working). E se fosse questo stesso il periodo di formazione richiesta? C’è da dire infatti che la situazione che viviamo è del tutto inedita e (se vogliamo) sperimentale per la collettività: per tale ragione le aziende e i lavoratori possono scoprire progressivamente i benefici derivanti da una forma di svolgimento della prestazione di lavoro che mette al centro del rapporto tra le parti la fiducia, come punto di partenza per ottenere più produttività ma anche più flessibilità nella gestione del tempo e dello spazio di lavoro. Il rischio attuale infatti è che avvenga una sorta di “rottura” dei parametri spazio-temporali: la sede del lavoro diventa la sala da pranzo della propria abitazione e le ore di incarico subiscono un’elasticità che potrebbe nuocere, anche in questo caso, all’azienda e al lavoratore. Tuttavia, guardando il lato positivo, poter contare su un numero sempre maggiore di dipendenti in smart working garantirebbe al datore una riduzione della spesa e un conseguente ritaglio degli spazi di lavoro. Insomma, se il lavoratore opera da casa la sede di lavoro diventa sempre più necessaria per alcuni comparti dell’azienda, e non per tutti. L’approccio improvvisato del mondo produttivo italiano alla pratica del telelavoro non è sfuggito sin da subito e ne è testimonianza il webinar di Fibering Spa, operatore nazionale di telecomunicazioni con sede a Torino e Milano, tenutosi a Torino il 20 marzo scorso dal titolo “Se a Wuhan hanno costruito in 10 giorni un Ospedale, i Comuni possono in altrettanti giorni dotarsi di una piattaforma di Smart Working?”. All’incontro, chiaramente rivolto alla Pubblica amministrazione,hannopresoparteseiComunipiemontesi. La platea digitale ha preso in esame le differenze tra Smart Working e Telelavoro e poi è stata invitata a valutare la consistenza della loro connettività, della rete e dei sistemi di protezione dei dati. “In 10 giorni il Comune può dotarsi
  • 14. di una linea professionale simmetrica per poter supportare una piattaforma di Smart Working – ha commentato Ilario Baronio responsabile del progetto Smart Working di Fibering Spa al termine del Webinar – il primo passaggio essenziale è abbandonare il concetto della linea tradizionale di tipo ‘casalingo’ e dotarsi di una connettività in grado di supportare i servizi disponibili quali videoconference, condivisione documentale in un contesto di unified-communications, connettività sicuramente a favore delle attività di Smart Working e non solo”. E la scuola? 14 | #attualità Le scuole riapriranno per quest’anno oppure no? La seconda ipotesi sembra la più probabile al momento, tant’è che il governo ha già approvato un decreto, lo scorso 6 aprile, prevedendo che, in via eccezionale, tutti gli alunni saranno ammessi all’anno successivo, anche quelli con insufficienze registrate nel primo quadrimestre. Non ci sarà nessun “6 politico”, ha specificato il ministro Azzolina, gli studenti saranno valutati con voti finali corrispondenti all’impegno dimostrato durante l’anno e nella didattica a distanza. Per quanto riguarda l’esame di maturità, sono stati ipotizzati due scenari differenti. Se le aule dovessero riaprire entro il 18 maggio, l’esame inizierà il 17 giugno, con il tema di italiano uguale per tutti. La seconda prova scritta invece “non sarà a carattere nazionale, ma predisposta dalla singola commissione di esame affinché sia aderente alle attività didattiche svolte nel corso dell’anno scolastico”. La prova orale si svolgerà alla fine di giugno. In caso di non riapertura, invece, salterebbero entrambe le prove scritte, l’esame sarebbe solamente orale. E gli esami di terza media? Anche questi sarebbero aboliti in caso di non ritorno in aula, mentre in caso contrario, si prevede una tesina da valutare insieme ai voti dell’anno scolastico. Intanto, si va avanti con gli strumenti di e-learning e le lezioni a distanza. L’obiettivo è non interrompere il percorso di apprendimento ma anche, come si legge in una nota del MIUR del 17 marzo scorso, “mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza e combattere il rischio di isolamento e di demotivazione”. Non basta – specifica il MIUR - assegnare i compiti, serve “uno o più momenti di relazione tra docente e discenti, attraverso i quali l’insegnante possa restituire agli alunni il senso di quanto da essi operato in autonomia, utile anche per accertare, in un processo di costante verifica e miglioramento, l’efficacia degli strumenti adottati, anche nel confronto con le modalità di fruizione degli strumenti e dei contenuti digitali – quindi di apprendimento – degli studenti, che già in queste settimane ha offerto soluzioni, aiuto, materiali. È ovviamente da privilegiare, per quanto possibile, la modalità in ‘classe virtuale’”. di Marichiara Manopulo
  • 15.
  • 16. 16 | #innovazione e tecnologia #innovazione Intervista all’AD Silvia Fiorini TELEMEDICINA a fianco dei cittadini di Health Point La
  • 17. healthonline.it | 17 e tecnologia Mai come in questo momento di grandissima emergenza sanitaria la telemedicina può e deve ritagliarsi un ruolo fondamentale. La possibilità di avere un consulto medico a distanza, in un momento in cui i rapporti umani devono essere ridotti al minimo e in cui non si deve uscire di casa, se non per una situazione di emergenza e comprovata necessità, può certamente ridurre il rischio di contagio di pazienti e operatori sanitari. La telemedicina rappresenta così uno strumento di prevenzione importante, che punta altresì ad alleggerire il carico del Servizio Sanitario Nazionale, in molte regioni quasi al collasso. Ci sono svariate opportunità che possono essere sfruttate, a partire dal telemonitoraggio domiciliare per pazienti non gravi o per coloro che sono stati dimessi forzatamente e anticipatamente. La tecnologia permette di ridurre il sovraffollamento negli ospedali, perché i pazienti in via di guarigione o con sintomi leggeri possono essere monitorati in maniera continua da remoto e controllati dai medici mediante televisite, garantendo il ricovero alle situazioni più critiche. La degenza a casa è così controllata, e si evitano i rischi di complicanze in ospedale, come nuove infezioni. La medicina a distanza offre anche la possibilità di assistere i malati cronici, che vanno seguiti costantemente e che, ad esempioinsituazionicomequesta,conlachiusuradidiverse strutture e poliambulatori, rischiano di essere lasciati soli. La possibilità di fare una televisita, per chi dovesse avere necessità di vedere uno specialista, rappresenta un ulteriore vantaggio in un contesto come quello attuale in cui è necessario alleggerire la sanità pubblica. di Mariachiara Manopulo
  • 18. Si sono quindi moltiplicate le iniziative, in Italia, così come in tutto il mondo, per sfruttare al meglio queste soluzioni. Health Italia, con la sua controllata Health Point, azienda già attiva nel campo delle visite a distanza e specializzata nella organizzazione e gestione di centri sanitari e sistemi di telemedicina, ha voluto fare la sua parte, predisponendo una piattaforma dedicata per permettere a tutti i cittadini che ne abbiano necessità di avere un confronto con un medico, con una televisita o al telefono. Per saperne di più, abbiamo fatto alcune domande a Silvia Fiorini, AD di Health Point. Health Point ha lanciato un progetto molto interessante, dando la possibilità ai cittadini di usufruire di una televisita o di un consulto telefonico in un momento in cui gli ospedali sono al collasso ed è difficile ottenere una visita specialistica. Non solo: l’idea risponde pienamente a quella che è la regola fondamentale a cui tutti noi dobbiamo obbedire, #iorestoacasa. Come funziona il servizio? “La piattaforma di Televisita Health Point è stata sviluppata proprio per consentire al medico di interagire a distanza e in tempo reale con il paziente. Le aree mediche disponibili sono differenti: tra queste possiamo elencare ad esempio la medicina generale, la cardiologia, la pneumologia; è disponibile anche la consulenza psicologica per offrire maggiore supporto per gestire al meglio lo stress del periodo che stiamo vivendo. L’obiettivo primario della Televisita è proprio quello di muovere le informazioni diagnostiche anziché il paziente in tutte le situazioni in cui, chiaramente, non risulti indispensabile il contatto fisico. Una volta effettuato il consulto, il medico avrà la possibilità di fare una prima diagnosi sullo stato di salute del paziente e, se necessario, potrà prescrivere farmaci o cure”. I medici possono accedere direttamente da casa: come ci hanno spiegato dallo staff di Health Point, ogni medico attivo per il servizio di telemedicina ha le sue credenziali per poter accedere ad una propria area riservata da qualsiasiluogositrovi.Occorrechiaramentelaconnessione a internet. Per i consulti telefonici, ogni medico attivo è fornito di un applicativo per poter ricevere le chiamate girate dal centralino. 18 | Dott.ssa Silvia Fiorini AD di Health Point innovazione e tecnologia
  • 19. healthonline.it | 19 Nonostante in Italia stenti a decollare, mai come in questo momento la telemedicina si sta rivelando fondamentale per dare un supporto al Servizio Sanitario Nazionale, per monitorare i malati cronici o dare un supporto psicologico. Quali sono i progetti per il futuro? Prevedete nuovi sviluppi per la piattaforma? “La crescente richiesta di supporto e di consulenze mediche presuppone un ampliamento delle disponibilità da parte dei medici. La nostra volontà è quella di sviluppare un network medico dedicato sempre più corposo che possa rappresentare un punto fermo per offrire ai pazienti un servizio a 360°, spaziando tra tutte le specializzazioni mediche. Senza dimenticare l’accessibilità del servizio, fruibile in qualsiasi luogo, direttamente da casa, e la possibilità di acquisire alcuni parametri fisici attraverso comuni device presenti in tutte le famiglie al fine di favorire diagnosi sempre più specifiche, in qualsiasi momento”. Con questa pandemia e l’obbligo a restare in casa siamo per forza di cose diventati tutti un po’ più digitali. Questo grave momento di difficoltà potrebbe in realtà rappresentare una rampa di lancio per la diffusione della cultura della telemedicina anche nel nostro Paese? “Sì, questo grave momento di difficoltà sta certamente contribuendo a diffondere la cultura della Telemedicina anche nel nostro paese. In questo periodo ognuno di noi si è trovato a dover modificare le proprie abitudini quotidiane: gli studenti sono passati dalle lezioni in aula alle lezioni online, i dipendenti in smart working usufruiscono di piattaforme digitali, le riunioni lavorative sono svolte in video conference; tutto questo grazie alla tecnologia che ci sta permettendo di continuare a gestire la nostra vita. E mai come in questo momento è indispensabile l’ausilio della tecnologia anchepergarantiresupportoeconsulenze mediche ai pazienti che non possono, né devono uscire di casa: la Telemedicina oggi rappresenta l’unica possibilità che abbiamo, senza uscire di casa, di interagire a distanza con un medico specialista. Quello che ci auguriamo è di non dimenticare quanto la tecnologia ci stia aiutando in questo particolare momento e di essere consapevoli di quanto potrà continuare ad aiutarci nel quotidiano, anche quando torneremo alla normalità”. Ciò che ci spera è che una volta superata – speriamo presto – la fase della grande emergenza,latelemedicinadiventidavvero un punto fermo della sanità italiana e un obiettivo di sviluppo per la politica.
  • 20. 20 | I sistemi robotici supporto come strumento di per combattere l’epidemia #innovazione innovazione e tecnologia
  • 21. healthonline.it | 21 La pandemia Covid-19 sta mettendo a dura prova il Sistema Sanitario Nazionale italiano con medici e operatori sanitari impegnati in prima linea nel fronteggiare il virus spesso senza sufficienti dispositivi di protezione individuale (DIP), con il rischio, purtroppo confermato dai fatti, di contagio e di ulteriore diffusione del virus. In questo scenario, uno strumento efficace in grado di combattere le epidemie come il Covid-19 e garantire la funzionalità del sistema sanitario e la salute dei suoi operatori potrebbe essere la robotica. La presenza di sistemi robotici in supporto agli operatori umani può essere un gran vantaggio: i robot, non temendo il virus e le sue conseguenze, possono ridurre i rischi e il carico di lavoro del personale, svolgendo alcuni compiti semplici ma gravosi. Alcune soluzioni arrivano dallo studio “Combating COVID-19 - The role of robotics in managing public health and infectious diseases” pubblicato come Editoriale sulla rivista Science Robotics, che propone una nuova prospettiva. Tredici studiosi di robotica di fama internazionale - tra i quali Paolo Dario, docente dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e delegato della rettrice Sabina Nuti alla terza missione - spiegano come la robotica può combattere non soltanto il Covid-19, ma anche altri virus (ed emergenze) che potrebbero ripresentarsi in un futuro anche non lontano. di Nicoletta Mele e tecnologia
  • 22. La pandemia dovuta al Covid-19 ha introdotto un nuovo ambito d’azione per la robotica: la continuità del lavoro e il mantenimento delle funzioni sociali ed economiche in situazioni di grave emergenza 22 | innovazione e tecnologia
  • 23. “La situazione drammatica che stiamo vivendo in queste settimane – afferma Paolo Dario – rende evidente, e ci deve far riflettere su quanto operazioni svolte o assistite dai robot potrebbero essere utili. Si tratta di agire e di mettere in azione tutto quello che nel nostro Paese, ma anche in Europa, è stato fatto e preparato: eccellenza nella ricerca e nella formazione di giovani ricercatori; applicazioni di avanguardia; industrie attive e presenti sul mercato; una comunità vasta, interconnessa a livello nazionale e internazionale, e fortemente motivata a intervenire. Più che mai in questo momento la ricerca scientifica, la formazione di qualità e la capacità di tradurre tutto questo in applicazioni si dimostrano asset fondamentali, e la Scuola Superiore Sant’Anna è impegnata con tutte le sue risorse per garantire il proprio contributo. Come è pronto a fare l’intero sistema delle università e delle istituzioni di ricerca italiane. In particolare noi – sottolinea Paolo Dario – assieme a molti colleghi e a gruppi italiani di grandissima qualità e di elevata reputazione internazionale in robotica, portiamo avanti questa visione e questa strategia da oltre 30 anni. E ora siamo pronti ad attivarci, anche subito”. In quali ambiti la robotica può avere una funzione strategica? In quello che riguarda l’assistenza clinica (per esempio, nella telemedicina e nella decontaminazione); in quello logistico (per esempio, nella gestione dei rifiuti, anche contaminati), e nella sicurezza (per esempio, per il controllo su chi è chiamato a rispettare le quarantene volontarie). La pandemia dovuta al Covid-19 ne ha introdotto un altro: la continuità del lavoro e il mantenimento delle funzioni sociali ed economiche anche in situazioni di grave emergenza. Per ognuno di questi ambiti, la robotica offre soluzioni innovative. Se ci si concentra per esempio, sul primo ambito, l’assistenza clinica, che appare il problema più stringente in questo periodo, la robotica può intervenire in aree specifiche quali la prevenzione, la diagnosi e lo screening, oltre che nella cura del paziente. In Cina, nel corso della battaglia che è stata combattuta a tutto campo contro la diffusione del Covid-19, sono già state sperimentate applicazioni in cui dei robot svolgono compiti di ausilio all’uomo, come ad esempio lo screening mediante termometri o telecamere a infrarossi, la disinfezione di superfici, la consegna di pasti e medicine a persone anziane o in isolamento. InSpagna,percombatterel’emergenza,sono in corso di impiego robot per accelerare gli esami di laboratorio sui tamponi. Tutto questo non va a sostituire il lavoro umano, ma a integrarlo, consentendo al personale medico, paramedico e socio- sanitario di concentrarsi su compiti più delicati e impegnativi, oltre a ridurre molti dei rischi che altrimenti correrebbe. Bisogna inoltre sottolineare che i robot non soltanto processano informazioni e dati, ma sono soprattutto macchine capaci di agire, muoversi, manipolare, sollevare pesi, trasportare,emoltoaltro.Èquestocheserve in possibili analoghe emergenze future o, semplicemente, per razionalizzare molti servizi sanitari, in modo da ottimizzare l’uso delle risorse umane e finanziarie, migliorando nel contempo la qualità e l’efficacia di alcuni di questi servizi. Una sfida nevralgica, quindi, per costruire – insieme, ovviamente, alla ricerca biologica e medica - una società del futuro più sicura e meno soggetta ai rischi che porranno possibili pandemie future, in cui l’Italia è pronta a svolgere un ruolo centrale grazie alle idee e al lavowro di molti scienziati che hanno permesso al nostro Paese di essere riconosciuto come uno dei leader mondiali della robotica (fonte: Scuola Superiore Sant’Anna). healthonline.it | 23
  • 24. contro il virus sistema immunitario risposta La del 24 | #salute e ricerca Intervista al prof. Luca Simeoni #salute E RICE
  • 26. 26 | #salute e ricerca Prof. Luca Simeoni Immunologo presso l’Università di Magdeburgo di Nicoletta Mele La Pandemia causata dal nuovo Coronavirus, conosciuto conilnomeCovid-19madenominatoSARS-Cov-2Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (nome assegnato dall’International Committee on Taxonomy of Viruses che si occupa della designazione e della denominazione dei virus, n.d.r), sta mettendo in ginocchio la popolazione mondiale. Tutto ha avuto inizio con il primo caso registrato in Cina nella città di Wuhan, nella provincia di Hubei, nel mese di novembre 2019, ma riconosciuto in ritardo, fino alla diffusione del virus in tutto il mondo, compresa l’Europa, in soli 4 mesi. “L’Europa è attualmente l’epicentro della pandemia di Covid-19”, (cit.Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità). Covid-19 è un virus nuovo per l’uomo del quale si sa poco, l’unica certezza è la sua velocità di contagio. Qual è la caratteristica che lo rende così aggressivo, pur avendo un’alta percentuale pari all’80% del corredo genetico simile ai suoi cugini coronavirus che causano il comune raffreddore? “In genetica, una differenza del 20% è enorme - spiega il prof. Luca Simeoni, immunologo presso l’Università di Magdeburgo capitale dello stato federale della Sassonia- Anhalt - Questa differenza potrebbe conferire delle caratteristiche nuove, sembra infatti che il Covid-19 usi un meccanismo di ingresso nella cellula ospite diverso da quello degli altri virus della stessa specie. Tale meccanismo permette al virus di entrare più facilmente nella cellula ospite dove si può replicare. I nuovi virus poi lasciano la cellula ospite per infettare altre cellule. Ciò detto, il Covid-19 è nuovo per l’uomo e dobbiamo studiarlo bene. Probabilmente in precedenza era diffuso tra gli animali e attraverso il cosiddetto spill over, o salto di specie si è adattato all’uomo. Questo dello spill over è un fenomeno ampiamente conosciuto in biologia. Un altro esempio famoso a questo riguardo è quello dell’HIV, che è passato dalla scimmia all’uomo agli inizi del secolo scorso”.
  • 27. healthonline.it | 27 Qual è la risposta immunitaria contro i virus? “Avviene su due fronti: da una parte ci sono i linfociti B, che producono gli anticorpiconunafunzioneneutralizzante e che servono appunto per neutralizzare il virus e dall’altra ci sono i lifociti T, che invece hanno una funzione citotossica, cioè sono in grado di uccidere le cellule infettate dal virus e quindi agiscono contro la replicazione virale. Dopo che il virus è stato eliminato, una parte di questi linfociti persiste nel nostro corpo sotto forma di cellule della ‘memoria immunologica’, hanno memorizzato il virus e sono in grado di riconoscerlo ed eliminarlo molto rapidamente qualora dovesse ripresentarsi”. Al momento, non essendo disponibile un vaccino, l’unico modo per difenderci dal virus è “seguire tutte le raccomandazioni impartite dalle organizzazioni nazionali e internazionali, come: lavarsi spesso le mani, evitare luoghi affollati, mantenere distanze di sicurezza e non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani sporche” sottolinea Simeoni. “Queste misure sono preventive ma non ci rendono immuni. L’immunità potremmo averla solo con un vaccino che agisce contro il virus”. In concomitanza con la pandemia, la cooperazione internazionale sta lavorando nella sperimentazione di un vaccino contro il Covid-19. Tra le aziende anche una italiana la IRBM Science Park con il comparto dei vaccini Advent, con sede a Pomezia, che in collaborazione con l’istituto Jenner della Oxford University sta lavorando per la produzione di un vaccino in grado di rendere immune l’uomo dal Covid-19. L’IRBM ha prodotto già il vaccino contro l’ebola. Sono due le fasi di produzione, “la prima – spiega Stefania Di Marco, Responsabile vaccini Advent-IRMB tramite l’agenzia stampa Dire – in cui il vaccino è prodotto in un sistema cellulare in vitro e poi una fase di purificazione che sfrutta quello che viene chiamato un supporto cronomatografico. Lo scopo della purificazione è riuscire a rimuovere dal ‘nostro’ vaccino tutti i possibili contaminanti e ottenere così un prodotto puro. Il prodotto deve essere testato per comprendereiltipodiconcentrazione,cioè quante molecole di vaccino sono presenti in un determinato flacone”. “Il secondo test deve determinare la ‘potenza’ del vaccino ovvero quanto funziona in vitro all’interno di un sistema cellulare. Poi verranno compiutideitestperassicurarel’assenzadi altri contaminanti. Una volta che il vaccino è pronto e rispetta requisiti di qualità può essere usato per la sperimentazione sia negli animali che clinica”. La disponibilità del vaccino richiede del tempo: “Secondo gli esperti del settore - spiega il prof. Simeoni - non sarà disponibile prima di uno o due anni. Questo è dovuto anche al fatto che il vaccino necessita di una valutazione sia per la reale efficacia che per eventuali effetti collaterali. Il vaccino funziona sostanzialmente in questo modo: deve indurre la memoria immunologica, cioè deve insegnare ai linfociti a riconoscere il virus senza indurre la patologia”.
  • 28. 28 | #salute A questo punto pare che la strada più breve per combattere il Covid-19 sia quella farmacologica, proprio perché, come specifica Simeoni “I farmaci di cui si parla hanno completato tutte le fasi di sperimentazione e sono stati testati”. È recente la notizia dell’autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per lo “studio di fase due” sul Tocilizumab, il farmaco biologico già in uso contro l’artrite reumatoide che ha dato risultati molto incoraggianti per quanto riguarda il trattamento del Covid-19. “Annunciamo la sperimentazione del Tocilizumab, farmaco per artrite reumatoide; i dati preliminari sono promettenti”. A rilevarlo Nicola Magrini, direttore dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Lo studio TOCIVID-19, promosso dall’Istituto nazionale per i tumori di Napoli, insieme all’Università di Modena, l’Irccs di Reggio Emilia e la Commissione tecnicoscientificadiAifa,hacomeobiettivo “produrre dati scientificamente validi sul trattamento”. In questa fase di pandemia, mentre la ricerca sta facendo passi in avanti per trovare una soluzione immediata contro il nemico invisibile, a noi il compito di “non farci prendere dal panico, ma essere prudenti soprattutto per le persone più a rischio, come gli anziani e pazienti con malattie pregresse. Avere inoltre una visione ottimista che prima o poi questa drammatica situazione finirà”, conclude il professor Luca Simeoni. L’AIFA ha recentemente autorizzato la sperimentazione di Tocilizumab, il farmaco biologico già in uso contro l’artrite reumatoide che ha dato risultati molto incoraggianti per il trattamento del Covid-19 28 | salute e ricerca
  • 29.
  • 31. Il modello Cotugno Il “Sacco” di Milano propone healthonline.it | 31 La parola a Maurizio Viecca “Se non cambiano le cose convivremo con il COVID-19 fino al prossimo autunno”
  • 32. “È una lotta contro il tempo che ci preoccupa perché temiamo duri fino al prossimo autunno”. In prima linea nella battaglia contro il COVID-19, il direttore del reparto di Cardiologia dell’ospedale “Sacco” di Milano, Maurizio Viecca, non nasconde le proprie paure e chiede alle autorità politiche di adottare il modello di Cotugno (Napoli), uno dei pochi ospedali italiani in cui non risulta contagiato neanche un medico o infermiere e per questo noto all’estero per essere la migliore struttura ospedaliera in Italia per organizzazione e qualità del servizio offerto. È questo il primo dato che balza all’onore delle cronache, il crescente numero di decessi nelle strutture sanitarie. Una dimensione difficilmente quantificabile che vede tra i primi infetti tutti coloro che si adoperano ogni giorno, senza sosta, a favore dei pazienti. “Lavoriamo di continuo e a volte affrontando doppi turni. Torniamo a casa con i segni della mascherina sul viso e ci chiediamo quando tutto questo avrà fine”. Affaticato ma non per questo arrendevole, il Direttore Viecca confida nell’utilizzo massivo delle mascherine, dispositivi di protezione fondamentali per contrastare il Coronavirus. “L’agente patogeno – spiega – sopravvive nelle bollicine di aerosol per oltre 30 minuti e arriva a 4 metri e mezzo a distanza. Proteggersi il viso è importante, soprattutto per tutti coloro che sono a contatto con il pubblico”. di Alessandro Notarnicola Dott. Maurizio Viecca Direttore del reparto di Cardiologia dell’ospedale “Sacco” di Milano 32 | #in evidenza Dottor Viecca, l’ospedale “Sacco” di Milano è in prima linea nella lotta al COVID-19. Qual è la situazione? Lasituazionenonèdellemigliori.Siamomoltopreoccupati dell’onda lunga; di questo passo, se non modifichiamo i sistemi di controllo come è stato fatto in Cina o in Giappone, arriveremo all’autunno. Ilpersonalemedico-infermieristicoèal70%positivoenon ci sono sicurezze per i nostri pazienti. Un mio assistente vive in Cina e mi racconta che nel Paese le verifiche sono ferree: ogni mattina uscendo di casa incontra un poliziotto che gli misura la temperatura corporea accertandosi sui suoi spostamenti. Da noi invece questa epidemia sin dall’inizio non è stata affrontata nel modo giusto. Gli ospedali sono in ginocchio e la conferma arriva dal numero di medici e di infermieri che perdono la vita quotidianamente. 32 | #in evidenza
  • 33. Lei parla di un modello italiano che dovrebbe essere assunto sull’intero territorio nazionale. Di quale Ospedale si tratta? L’esempio di Cotugno, a Napoli, è paradigmatico. Non hanno perso tempo: sono partiti in fretta avendo alle spalle un’esperienza pluridecennale in riferimento a colera, HIV, Sars, Ebola. Oltre al fatto che normalmente questo ospedale gestisce malattie infettive non epidemiche, come la meningite. In breve tempo è stato completatoilPadiglioneGlacuicostruzione era stata interrotta, realizzando 80 nuovi posti di terapia sub intensiva. Ospitano 200 pazienti Covid-19 al giorno. Intanto è in corso l’allestimento di una nuova sala operatoria ibrida dedicata a operazioni urgenti di pazienti Covid. Oltre all’esperienza, sono un esempio per formazione del personale e per numero di mascherine… Una delle prime cause di contagio nei nostri ospedali riguarda la mancata formazione di medici, infermieri e personale sanitario. All’ospedale di Cotugno i nuovi arrivati (chiamati per far fronte all’emergenza epidemiologica in corso) sono stati affiancati a infermieri esperti che hanno assunto il ruolo di formatori. In merito alle mascherine invece, a Cotugno hanno dispositivi di protezione diversi rispetto a quelli usati negli altri ospedali. Il personale indossa tute integrali, e maschere più simili a quelle antigas che alle FFP3. healthonline.it | 33 Eccetto le prime settimane, in cui effettivamente le mascherine erano carenti, oggi invece qual è la situazione? Questo è un virus che si trasmette per vie inalatorie. L’Oms cade in contraddizione quando sostiene che la mascherina andrebbe indossata dagli uni anziché dagli altri. I dispositivi di protezione devono essere indossati da tutti. È questa l’unica soluzione. La gente non ha capito cosa sono i portatori sani e chi gli ammalati: di fatto cambia poco. Se un soggetto sano entra a contatto con un soggetto malato, il sano dopo 5 giorni è positivo e gli restano due possibilità: o si ammala o non si ammala, ma è comunque un portatore sano che diffonde il virus senza saperlo. A tal proposito, nel suo Ospedale lei ha donato le mascherine ai visitatori… Se non avessi regalato la mascherina ai nostri visitatori cosa sarebbe successo? Questo è un film quotidiano: la gente si ammala per qualcosa e poi salta fuori che è positiva al virus. Sottoporre tutti al test del tampone è fondamentale non tanto per scoprire chi è malato e chi no, ma per vedere se c’è l’incubazione. Negli ospedali del Nord il 30/40% di tamponi è positivo, sia sul fronte dei pazienti che per quanto riguarda il personale. Questo ci fa capire che se il personale è costretto per due settimane a casa, i nosocomi non sono in grado di far fronte all’arrivo di nuovi pazienti COVID.
  • 34. 34 | #in evidenza La mascherina è ormai il simbolo di questa pandemia globale. I social sono sempre più popolati da foto che raccontano la realtà: il volto segnato di medici e infermieri o la carrellata di salme che lasciano la Bergamasca. Hanno un potere queste immagini? Hanno una grande importanza e una funzione educativa. Se noi medici indossiamo la mascherina per tutto il turno e anche fuori dalla nostra struttura sanitaria influiamo psicologicamente su chi ci guarda. In questi contesti le immagini sono tutto: da una parte fanno ben comprendere quello che avviene, e pensoalleregioniitalianemaggiormentecolpite dal COVID-19, e dall’altra educano a un corretto utilizzo di tutte le misure di prevenzione. In merito ai trattamenti farmacologici anti- COVID: all’ospedale di Castel San Giovanni, a Piacenza, sperimentano l’eparina come antinfiammatorioconrisultatiincoraggianti. Lei invece propone un Protocollo. Di cosa si tratta? Il mio protocollo prevede l’utilizzo di un farmaco da aggiungere all’eparina. Si tratta di un antiaggregante: farmaco noto in cardiologia che evita l’adesione tra una piastrina e un’altra. È stato dimostrato che questi pazienti peggiorano per la formazione di trombi nel circolo polmonare ed è per questa ragione che i colleghi di Piacenza hanno pensato all’anticoagulante eparina. La terapia sfrutta da un lato il potere antiinfiammatorio dell’eparina e, dall’altro, la sua capacità anticoagulante. Elemento, quest’ultimo, che previene una delle maggiori complicanze osservate nei pazienti Covid positivi: la trombosi diffusa. Il trend positivo osservato sugli indici di infiammazione conferma l’utilità dell’impiego in questa patologia. In questi contesti le immagini sono tutto: da una parte fanno ben comprendere quello che avviene e dall’altra educano a un corretto utilizzo di tutte le misure di prevenzione
  • 35. healthonline.it | 35 make itYou Y Scatena il tuo benessere. Entra in Be Health. Be Health è un percorso concreto e coinvolgente per raggiungere l’indipendenza personale e professionale attraverso una concreta opportunità di business meritocratico, con un solido Gruppo alle spalle. Un percorso che inizia con la cura di se stessi e la ricerca di uno stile di vita sano e ispirato al ‘made in Italy’ fino all’unione di tante persone che hanno in comune la volontà di costruire la propria dimensione di benessere. Un vero e proprio Community Network dove poter scatenare e riscoprire il tuo naturale benessere. Scopri di più su www.behealthglobal.com
  • 36. 36 | #psicologia conseguenze psicologiche della quarantena Le nei bambini #psicologia
  • 37. healthonline.it | 37 La quarantena imposta per contenere il contagio da Covid-19 è un fatto senza precedenti nella storia. Nel giro di pochissimi giorni, la vita delle persone è stata completamente stravolta: orari, abitudini, modi di socializzare. La motivazione è seria e i provvedimenti necessari. Ma ora che il panico del primo impatto si sta placando, c’è chi comincia a interrogarsi sulle conseguenze psicologiche che una simile situazione può comportare. Soprattutto nei bambini. Dall’inizio dell’emergenza, le scuole sono state chiuse. Probabilmente in principio è stata presa come una sorta di vacanza dai bambini. I problemi sembravano riguardare maggiormente gli adulti, che dovevano conciliare la chiusura delle scuole con il lavoro. Ma con il prolungamento del periodo di restrizione, le cose sono cambiate. I bambini sono chiusi in casa 24 ore al giorno da diverse settimane ormai. Oltre alla scuola, sono state cancellate altre attività importanti, come lo sport e le attività ricreative. La socialità fuori dalla propria casa è stata cancellata: non si possono più incontrare i nonni, gli zii, gli amici. È stata perfino proibita qualsiasi forma di attività all’aria aperta. E mentre si discuteva degli adulti dediti alla corsa o alla possibilità di portare fuori il proprio animale domestico, dei bambini nessuno ne parlava. Ai bambini che forse hanno una maggiore esigenza di vivere l’aria aperta, non sono concesse neppure quelle brevi pause dalla clausura che gli adulti fanno per fare la spesa o per lavoro. Una dura prova per l’equilibrio di bambini e ragazzi, la cui gestione è affidata interamente ai genitori. di Giuseppe Iannone, Psicologo Psicoterapeuta
  • 38. 38 | #psicologia Il problema però è che non si è nemmeno pensato a come sostenere i genitori. Mancano consigli e strategie non solo per far passare le lunghe ore della giornata, ma anche per evitare conseguenze psicologiche che si possano presentare a medio o lungo termine. I rischi Ci sono diversi aspetti da tenere sotto controllo in questo periodo, affinché i più piccoli possano affrontare al meglio questo periodo difficile. L’obiettivo è non sottovalutare certi atteggiamenti oggi, perché non si trasformino in problematiche più grandi in futuro. Ecco quali sono i principali rischi della quarantena. 1. Insonnia La modifica dei ritmi quotidiani può influire sul riposo notturno. Le giornate tutte uguali, senza punti di riferimento a scandire l’orario o la differenza fra settimana e weekend, potrebbero influire sulle abitudini. Ma se la sveglia al mattino non è più un obbligo, non bisogna dimenticare che il corpo risponde sempre ai ritmi circadiani. È importante seguire l’andamento della luce del sole, senza ritardare troppo l’ora in cui si va a dormire. Non solo: la mancanza di attività fisica non permette di scaricare adeguatamente le energie. Può essere più difficile addormentarsi e riposare. Ma questo significa essere meno reattivi al mattino, col rischio di innescare un pericoloso circolo vizioso. Bambini e ragazzi in età scolastica frequentano le videolezioni e seguono la didattica a distanza, ed è quindi importante che siano reattivi al mattino. È opportuno perciò non allontanarsi troppo dagli orari normali, anche per facilitare il rientro alla quotidianità quando sarà il momento. 2. STRESS POST-TRAUMATICO L’emergenza sanitaria ha portato con sé molti sentimenti negativi: paura del contagio, perdita dei propri punti di riferimento, preoccupazione per le conseguenze sociali ed economiche. Sono apprensioni degli adulti, ma si possono ripercuotere seriamente anche sui bambini. Proprio perché la situazione a loro può apparire ancora meno chiara, vivere in un ambiente di continua tensione lascia una sensazione di costante paura. È necessario spiegare il più possibile ai bambini la situazione, le motivazioni dei regolamenti. Meglio evitare che ascoltino telegiornali e commenti televisivi, a meno che non ci sia un’adeguata delucidazione da parte degli adulti. Attenzione anche ai discorsi fra adulti quando il bambino sembra distratto. Meglio sempre che riceva informazioni dirette ed abbia la possibilità di fare domande, che assorbire un senso generale di angoscia. Il rischio è che il bambino interiorizzi una paura generalizzata. In questo modo, anche a distanza di tempo, potrebbe collegare questo periodo di quarantena a sensazioni di ipervigilanza e stress, che potrebbero riemergere in momenti diversi. Una pausa scolastica o una semplice malattia potrebbero richiamare l’ansia di oggi, e provocare reazione tipiche del disturbo da stress post-traumatico.
  • 39. 3. DISTURBI DELL’UMORE La mancanza di attività, soprattutto all’aria aperta e il conseguente accumulo di stress, possonomanifestarsiconsbalzid’umoree irritabilità. Durante la quarantena, questi potrebberoessererivoltiaifamigliarivicini. Anche terminato il periodo di isolamento, lo stress potrebbe ripresentarsi per qualche tempo, creando episodi di rabbia o malumore apparentemente non spiegabili. Dare spazio a giochi fisici per quanto è possibile in casa, e creare un ambiente sereno con momenti di svago e gioco aiutano a scaricare la tensione mentale di tutta la famiglia. 4. ISOLAMENTO I bambini non vedono insegnanti, compagni e parenti da qualche settimana ormai. Soprattutto i più piccoli, potrebbero fare fatica a riprendere confidenza con le persone. Il rischio è che associno l’idea di casa e isolamento con quella di sicurezza, rifiutando almeno all’inizio un ritorno alla normalità. La strada migliore è nuovamente quella di cercare di spiegare tutto ciò che accade, con un linguaggio calibrato sull’età del figlio. E procedere pazientemente e per gradi, quasi come se si dovesse affrontare un inserimento scolastico. healthonline.it | 39 5. GAMING DISORDER Si tratta della dipendenza da videogioco, catalogata come malattia mentale dall’International Classification of Diseases, che raccoglie tutte le patologie riconosciute. Il Gaming Disorder è così paragonabile ad altre dipendenze, come quelle da gioco d’azzardo o dall’abuso di alcool. Uno dei sintomi più evidenti è l’incapacità di valutare la quantità di tempo passata davanti allo schermo, fino a non riuscire più ad allontanarsi volontariamente dal gioco. In queste settimane chiusi in casa, il rischio di trascorrere troppo tempo nel mondo virtuale è molto alta, soprattutto per gli adolescenti. I genitori potrebbero essere molto più permissivi sulla quantità di tempo da passare fra cellulari e videogiochi, potendo offrire poche alternative a questi passatempi. I ragazzi si ritrovano a giocare insieme online, come surrogato della socialità. Anche in questo caso, i genitori sono chiamati a intervenire il prima possibile. È utile offrire alternative di svago reali, in famiglia, dal cucinare in compagnia ai giochi di società. La cosa importante è evitare che i ragazzi si chiudano in un ulteriore livello di isolamento.
  • 40. un bambino speciale DA PARMA Il Coronavirus visto con gli occhi di #parliamo di.. 40 | #parliamo di...testimonianze
  • 41. healthonline.it | 41 Parma non solo è la seconda città più popolosa dell’Emilia Romagna, ma è anche la seconda località della Regione, dopo Piacenza, ad aver registrato il maggior numero di persone positive al Covid-19. E proprio nella città del più grande compositore italiano, Giuseppe Verdi, abita il piccolo Giorgio, il bambino affetto alla nascita dalla sindrome di Hirschsprung. “La situazione è drammatica, la zona dove viviamo è molto vicina a Codogno, alla zona del basso lodigiano e di Piacenza - racconta Barbara, la mamma di Giorgio - sono tempi duri per tutto il mondo e la situazione in Italia, anche dopo aver visto quello che è successo in Cina, ci spaventa molto”. Il timore è soprattutto per Giorgio, il bambino a cui alla nascita, avvenuta il 23 settembre del 2015 presso Al Zahra Hospital di Dubai (città dove la famiglia viveva in quegli anni), fu diagnosticata la Malattia di Hirschsprung (o Megacolon Congenito Agangliare), una patologia rara che colpisce 1 bambino su 5000 e rappresenta la più frequente causa congenita di occlusione intestinale. “Dopo molti anni nel Medio Oriente, con mio marito Tommaso abbiamo deciso di rientrare in Italia per una serie di ragioni tra le quali proteggere la salute di nostro figlio, nato con una malattia rara e operato a pochi mesi di vita all’Ospedale Gaslini di Genova”. di Nicoletta Mele ..Testimonianze
  • 42. I bambini affetti dal morbo di Hirschsprung spesso trascorrono lunghi periodi in ospedale conducendo una vita diversa da quella dei loro coetanei perché devono seguire una dieta speciale e, in alcuni casi, sono costretti a portare il pannolino per tempi più lunghi del normale. “Fino al compimento di 1 anno di età, ogni 3 mesi, Giorgio si è sottoposto a dei controlli regolari sempre presso la struttura pediatrica italiana”, aggiunge Barbara. Barbara e Tommaso, oltre ad essere i genitori di Giorgio hanno anche un altro bambino più grande, di 7 anni. In che modo avete spiegato la situazione ai vostri bambini? Con mio marito abbiamo spiegato loro cosa stava succedendo e soprattutto come sarebbe cambiata la nostra vita. Lo abbiamo fatto utilizzando il linguaggio dei piccoli, per evitare spaventi o traumi che potrebbero comportare conseguenze serie. Siamo stati con loro molto sinceri, ma dedichiamo un sacco di tempo a rispondere alle loro domande e ogni volta che vogliono si dedicano a realizzare disegni o lavoretti descrivendo il virus. Come sta Giorgio e come state affrontando la sua malattia in questo periodo di emergenza sanitaria? Staabbastanzabene,maancorafatichiamo un po’ con la dieta e la crescita, fattori che neibambinicomeluirichiedonopiùtempo rispetto agli altri coetanei. Abbiamo però notato che nell’ultimo anno è cresciuto molto. È seguito costantemente dagli specialisti che lo hanno sottoposto a diversi controlli per capire il livello di assorbimento e di reintegro di vitamine e sali. Giorgio ha 4 anni e mezzo e vive una vita serena: ha frequentato la scuola materna fino a poche settimane fa e aveva iniziato a giocare a calcio con una squadra della città, sport che lui adora. In questo momento di emergenza sanitaria, chiaramente i controlli non urgenti e gli esami pianificati sono stati sospesi, in attesa di una normalizzazione nelle strutture ospedaliere. I dottori del Centro Bosio di Alessandria come i medici che fanno parte del comitato scientifico dell’Associazione A.mor.hi (Associazione famiglie affette da Morbo di Hirschsprung) sono molto vicini alle famiglie e ci hanno rassicurato. I nostri bambini fortunatamente non rientrano nella percentuale della popolazione a rischio perché non sono immunodepressi, e anche perché il Covid-19 principalmente attacca i tessuti polmonari e l’intestino non è il principale interessato. Anche noi come tutte le famiglie italiane siamo in quarantena e usciamo solo nei casi di estrema necessità, per evitare il contagio e per poter salvaguardare le strutture mediche e ospedaliere e gli operatori, affinché il sistema sanitario non collassi e riesca ad aiutare chi invece ha bisogno di cure immediate”. 42 | #parliamo di...testimonianze
  • 43. Come hanno reagito e quali sono state le loro domande? Lalororeazioneèdicuriosità,fannospesso domande. Chiedono dei loro amici e anche quando questo virus andrà via. Èsicuramentestranoperlorovedereingiro le persone che indossano una mascherina, credono che tutti quelli che la indossano sono malati. All’inizio dell’epidemia, ho spiegato loro che andava indossata solo se si era malati, adesso hanno l’impressione che tutti lo siano pertanto sto lavorando affinché capiscano che non è così. Com’è cambiata la vostra vita? Abbiamo realizzato un planning giornalierochecomprendesialeattività ludiche che quelle di apprendimento scolastico. C’è il tempo per il gioco, per la tv e anche quello degli inevitabili litigi. Siamo passati dal vivere in socialità e avere ognuno i propri spazi a convivere 24 ore su 24 sotto lo stesso tetto seppur avendo ognuno comunque esigenze diverse. Anche voi, come molte famiglie italiane vivete i rapporti sociali online? Sì, dalle video chiamate con gli amichetti di scuola a quelle con il resto della famiglia, ci stiamo abituando a questo nuovo modo di vivere. Ormai la nostra quotidianità ha preso un’altra forma, di conseguenza andiamo avanti col sorriso e augurandoci che tutto passi presto. È primavera e qui da noi si comincia ad assaporare l’aria mite tipica di questa stagione:gliuccellinichecinguettanoefiori che sbocciano, un bellissimo spettacolo che purtroppo possiamo ammirare solo dal terrazzo di casa. healthonline.it | 43
  • 44. 44 | #parliamo di...testimonianze codogno, coronavirus, viaggio a dove tutto è cominciato #parliamo di..
  • 45. healthonline.it | 45 Con l’approvazione del decreto dell’8 marzo scorso, a Codogno e nei comuni del Lodigiano, in Lombardia, e Vo’ Euganeo, in Veneto, sono stati eliminati i posti di blocco che per 14 giorni li hanno circondati, filtrando entrate e uscite. IlGoverno,con i nuovi provvedimenti, ha deciso che queste aree blindate non avevano più senso di esistere, con la diffusione del virus tutta l’Italia doveva essere “protetta”. Ma intanto, per due settimane, gli abitanti di quella che era stata chiamata la prima zona rossa hanno vissuto – unici in tutto il Paese - con regole molto restrittive, nessuno poteva entrare e uscire. I dieci comuni della provincia di Lodi (insieme a Vo’ Euganeo) sono stati i primi a chiudere le scuole, i musei, buona parte degli esercizi commerciali, a sospendere eventi e manifestazioni. Sono stati i “pionieri” della nostra quarantena. Codogno è un po’ il comune simbolo di questa emergenza. Qui è stato trovato il primo positivo, da qui si è sviluppato il cosiddetto “focolaio lombardo”. di Mariachiara Manopulo ..Testimonianze
  • 46. Claudia Stefanoni Health Online aveva raggiunto al telefono Claudia, che vive a pochi chilometri da Codogno, con il marito e la figlia di tre anni, per capire come erano stati vissuti quei primi giorni, quando ancora il virus non era una emergenza nazionale, e forse non si poteva nemmeno immaginare quello che sarebbe successo dopo. Ci aveva raccontato “la vita in quarantena”. E rileggendo le sue parole ritroviamo molto di quella che è la nostra vita quotidiana oggi. “Da subito tutte le attività sono state chiuse”, ci aveva spiegato. “Le farmacie aprivano a turno, così come i supermercati. Si creavano code lunghissime, la gente stava in fila con il carrello e la mascherina, perché facevano entrare solo tre persone alla volta. Tutti facevano scorte, per cui se arrivavi tardi non trovavi quasi più nulla, solamente surgelati. La gente si comportava come se ci fosse stato un terremoto, o un’alluvione. Come se quasi fossimo in guerra. Effettivamente, anche ora si cerca di uscire il meno possibile e limitare i contatti esterni. Io vivo in un piccolo comune confinante con Codogno, San Fiorano, dove per i primi giorni l’unico negozio di alimentari aveva chiuso, per cui sono stata costretta a prendere la macchina e spostarmi per fare la spesa”. Sono distanze molto brevi quelle che collegano i diversi paesi di quella che era la zona rossa, vi fermavano spesso quando c’erano i posti di blocco? “Sì, tra un paese e l’altro c’erano spesso posti di blocco, ed eravamo circondati dall’esercito. A molti non veniva permesso nemmeno di spostarsi tra i comuni. 50.000 persone chiuse dentro”. Il governo ha facilitato la concessione dello smart working, voi come vi siete organizzati con il lavoro? “Io, per la tipologia di lavoro che faccio, riesco a lavorare da casa. Da poco tempo ho anche un’altra attività che svolgo prevalentemente online. Sicuramente in queste situazioni del tutto imprevedibili, avere delle attività di backup o cercare di differenziare le entrate, può rappresentare una chance in più per far sì che il budget familiare non si inceppi completamente. Mio marito invece ha un’attività, un’officina, e in quei giorni ha dovuto chiudere. Non poteva nemmeno andarci, voleva approfittare dei giorni di chiusura per imbiancare, ma non era possibile. Tutto doveva essere sigillato”. 46 | #parliamo di...testimonianze
  • 47. healthonline.it | 47 Come hai reagito quando hai saputo che c’erauncasodiCoronavirusneltuopaese? “La paura inizialmente mi ha paralizzato. Hoiniziatoapensarealpeggio,perchéero al corrente della velocità di contagio. Poi ho iniziato a documentarmi sulla malattia e sugli effetti che poteva potenzialmente avere su un soggetto apparentemente sano e scoprendo che il decorso poteva essere anche asintomatico, mi sono tranquillizzata. Tuttavia poi col passare dei giorni e con l’aumento dei casi a tutte le età, tra cui alcuni molti gravi, e vedendo le terapie intensive dei nostri ospedali già piene, ho dovuto purtroppo ricredermi”. Tua figlia è molto piccola, ma sta risentendo di questa situazione? “Giulia è felice di avere mamma e papà a casa tutti per sè e naturalmente non capisce quello che sta succedendo. Di sicuro il fatto di non poter vedere nonni, zii e cugini da settimane la fa stare male. Abbiamo anche festeggiato, purtroppo solo per videochiamata, mio nipote Riccardo che ha compiuto 11 anni e lei subito dopo ha pianto...Questo è uno dei lati più brutti di tutta questa storia, non poter vedere i parenti che magari vivono lontano, evitare i contatti con gli amici. È tutto molto triste”. Qui ci sono davvero moltissimi morti. Non c’è spazio per mettere le bare E le persone ancora continuano ad uscire senza una motivazione reale
  • 48. Già,ledifficoltàelatristezzadell’isolamento. A questo ti costringe il virus: se ti prende sei solo, con la paura e la malattia. “Non possiamo andare a trovare le persone in ospedale, e chi muore per il virus, e purtroppo sono in tanti, non ha nemmeno un funerale. È molto triste. Io conosco molte persone che sono ricoverate, forse alcune non ce la faranno, non le posso andare a trovare e questa è una delle cose che fa più male. Si cerca di evitare assembramenti di persone, lo capisco, ma umanamente è molto difficile da accettare”. Abbiamo richiamato Claudia, per sapere come stava e chiederle se aveva alcuni aggiornamenti. È passato quasi un mese, ormai, da quando ci eravamo sentite. Purtroppo un mese che ha portato un aumento esponenziale dei contagi e migliaia di morti, soprattutto in Lombardia. Siamo tutti provati da questa situazione. Immagino che per voi sia ancora più dura, siete in “quarantena” dal 24 febbraio…ma cosa è cambiato in queste settimane? “Anche dopo che hanno tolto i blocchi, il senso di responsabilità mi ha portato a evitare comunque di muovermi, se non per esigenze inderogabili. Purtroppo questo in molti non lo hanno capito e hanno continuato a sottovalutare l’emergenza. Quando hanno tolto i blocchi, e abbiamo avuto per alcuni giorni la possibilità di spostarci anche nei comuni vicini, ho saputo che c’era la coda di macchine per andare al centro commerciale che si trova sulla strada per Piacenza. Non è lontano, ma che necessità c’era di andare in massa al centro commerciale? Come se da un giorno all’altro il virus fosse sparito, portato via insieme ai blocchi. Speravo che con gli ultimi provvedimenti tutti si sarebbero responsabilizzati, ma non è così. Vedo in giro ancora troppe persone, e so che anche nel resto del Paese c’è questo problema. Forse fuori dalla Lombardia c’è una percezione diversa, la gente non si rende conto fino in fondo di cosa vuol dire davvero il Coronavirus. Qui ci sono davvero moltissimi morti. Non c’è spazio per mettere le bare, le hanno messe nelle chiese, al posto delle panche. E le persone ancora continuano ad uscire senza una motivazione reale. Io ho paura a volte anche solo a baciare mia figlia e a starle vicino. Penso: e se andando a fare la spesa sono stata contagiata? E la sto prendendo anche bene…ho amiche che passano le giornate a piangere. Penso a chi ha perso un famigliare, un amico. O a chi ha perso il lavoro. Bisogna essere tutti responsabili, altrimenti non ne usciremo più! A Codogno c’è stato un momento in cui il numero di nuovi casi era pari a zero, a dimostrazione che la quarantena, se fatta bene, dà risultati. “Certo, ma purtroppo tutti gli sforzi rischiano di essere vanificati se non si rispettano le regole. E non so neanche come possano fare una statistica verosimile, quando la realtà è che non a tutti i presunti contagiati è stato effettuato un tampone...diciamo che l’umore deve restare alto perché è l’unica cosa che ci resta. Magari non #andràtuttobene ma ne usciremo di sicuro più forti di prima!”
  • 49. Mutua MBA c/o Palasalute - Via di Santa Cornelia, 9 - 00060 - Formello (RM) Tel. +39 06 90198060 - Fax +39 06 61568364 - www.mbamutua.org
  • 50. coronavirus Bergamo,la vita al tempo del Il racconto della Dott.ssa Paola Salvetti, Responsabile del Polo Oculistico del Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle #parliamo di.. 50 | #parliamo di...testimonianze
  • 51. healthonline.it | 51 di Nicoletta Mele IlnuovoCoronavirus,l’infezioneresponsabiledell’epidemia di polmonite scoppiata nella città di Wuhan nella provincia di Hubei in Cina in poco tempo è arrivato anche in Italia. Il Governo italiano, al fine di contenere la rapidità di espansionedelvirus,haemanatounaseriediprovvedimenti volti alla tutela della salute dei tutti e in particolare quella dei più fragili. Ridurre a zero la vita sociale restando a casa (#iorestoacasa) proprio per evitare di contagiare gli altri o di essere contagiati. Questo in sintesi il provvedimento principale valido per tutta Italia. Bergamo è la seconda provincia italiana dopo Milano con il maggior numero di casi positivi al nuovo Coronavirus. “La situazione è molto pesante, siamo tutti isolati. Tutti gli esercizi commerciali, salvo supermercati e farmacie, sono chiusi dall’11 marzo. Il Centro diagnostico per il quale lavoro ha chiuso tutti i servizi ad eccezione della radiologia che rimane a supporto del SSN”. Queste le prime parole del racconto a Health Online della dottoressa Paola Salvetti, Responsabile del Polo Oculistico del Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle, comune in provincia di Bergamo. “IpazientidelCentro,privatoeconvenzionatoconilSistema Sanitario Nazionale, arrivano prevalentemente da zone ad altissima densità di contagio come Alzano Lombardo e la Val Seriana. Qui sono la responsabile del Polo Oculistico, che ho aperto un anno fa, dove eseguiamo sia visite che esami strumentali”. Quali sono i rischi maggiori per la sua professione? Anche se l’oculistica in questa fase di emergenza non è naturalmente una specialità impegnata in prima linea, è comunque estremamente esposta perché l’esame avviene con la lampada fessura, dove il viso dello specialista e quello del paziente sono molto ravvicinati, a meno di 10 cm. Con il senno di poi, so con certezza di avere a metà febbraio visto delle congiuntiviti virali che oggi sappiamo essere ascrivibili a COVID-19. ..Testimonianze
  • 52. Quando ha capito che non c’erano più le condizioni per lavorare in sicurezza? Sin dall’istituzione delle prime zone rosse mi sono resa conto che essere realmente efficaci sulla disinfezione era virtualmente impossibile in un contesto ambulatoriale. Disinfettare gli strumenti come si fa regolarmente, ovvero tra un paziente e l’altro, in questa situazione di rapidità di contagio, non è sufficiente: si dovrebbero applicare precauzioni simili almeno a quelle della sala operatoria. Con i colleghi anche di altre specialità abbiamo chiesto alla struttura di fornirci più disinfettante e mascherine FFP2 e FFP3, cosa sulla quale la nostra Direzione si era mossa con anticipo nonostante la completa assenza di indicazioni da parte della AST, ma purtroppo la risposta è stata che anche presso i fornitori erano ormai introvabili. A quel punto, il 4 marzo, mi sono assunta la responsabilità di scrivere una lettera indirizzata al Direttore Sanitario e all’Amministrazione del Centro nella quale ho spiegato che non essendoci più le condizioni per continuare a lavorare in sicurezza, ritenevo necessaria la sospensione dell’attività. Qual è la situazione? Nel nostro centro sono passati almeno due casi confermati di Covid-19, ma visto il bacino di provenienza dei pazienti, realisticamente ritengo impossibile determinare il numero di pazienti asintomatici o esposti che verosimilmente sono transitati nei nostri ambulatori. Su disposizione dell’AST (Agenzie di Tutela della salute che operano sul territorio regionale n.d.r.) rimangono aperti servizi considerati essenziali quali la radiologia, TC e RMN, ma i servizi non essenziali sono stati chiusi. Visto l’elevatissimo numero di morti (4500 a Bergamo e provincia) abbiamo la certezza di una larga sottostima dei casi conteggiati. Personalmente conosco almeno una ventina di persone che hanno avuto sintomatologia varia sicuramente ascrivibile a COVID, e che si sono curate a casa senza effettuare alcun tampone. Questi casi ovviamente non compaiono nelle statistiche. 52 | #parliamo di...testimonianze Dott.ssa Paola Salvetti Responsabile del Polo Oculistico del Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle Tra le principali raccomandazioni quella di lavarsi spesso le mani evitando di toccarsi bocca, naso e occhi. Può spiegare qual è la correlazione tra gli occhi e il rischio contagio? Li Wenliang, il medico cinese che per primo diede l’allarme del virus e che è purtroppo deceduto, era un oftalmologo 34enne. In effetti è stato riscontrato che il Coronavirus è presente sulla congiuntiva e nelle lacrime che quindi possono essere veicolo di contagio. Una piccola percentuale di pazienti Covid-19 presenta anche delle congiuntivi virali abbastanza importanti, generalmente associate a tosse secca e febbre, anche se in questo quadro clinico tanto complesso da gestire non ci sono molti dati relativi all’interessamento oculare della patologia. In generale non è frequente diagnosticare il virus specifico che ha causato una congiuntivite virale.
  • 53. healthonline.it | 53 Unapiccolapercentuale di pazienti Covid-19 presenta anche delle congiuntivi virali abbastanza importanti, generalmente associate a tosse secca e febbre, anche se non ci sono molti dati relativi all’interessamento oculare della patologia
  • 54. 54 | #parliamo di...testimonianze Come sta vivendo questo momento? La situazione è surreale, i sentimenti molti e contrastanti. La città è molto più silenziosa, il che amplifica il purtroppo frequente suono delle sirene. La necessità di mantenere una routine e un atteggiamento di responsabilità senza troppo spaventare mio figlio - sono a casa da sola con lui - scandisce la nostra giornata. Le video comunicazioni ci permettono di vedere i miei genitori e mantenere un minimo di interazione sociale. Io sono stata fortunata - negli ospedali gli oculisti fanno già supporto ai reparti Covid visto che la gran parte dell’attività ordinaria è stata sospesa- al momento non essere in un organico ospedaliero mi ha permesso di rimanere con mio figlio e quindi di proteggere anche i miei genitori, ai quali avrei dovuto chiedere di occuparsi di mio figlio, esponendoli a un rischio aumentato dal momento che per età e patologie pregresse sono nella fascia di età più a rischio di non riuscire a cavarsela in caso dovessero finire in terapia intensiva”. Purtroppo l’aumento del numero dei casi e le risorse limitate come i posti letto nelle terapie intensive, che sono poco più di 5000 in tutto il Paese tra ospedali pubblici e privati (dati dell’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale), ha portato la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (SIIARTI) a redigere un documento sulle raccomandazioni per l’ammissione in terapia intensiva in condizioni di emergenza. “Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone”. (SIIART, Raccomandazione n. 3) Dottoressa, la conseguenza di avere poche risorse in una situazione di emergenza è… Drammatica.Parechealmomentononsisia ancora arrivati ad una situazione di questo tipo, ma purtroppo - per quanto assurdo ed ingiusto possa sembrare - capisco che la possibilità di non avere sufficienti risorse sia un’eventualità da prevedere e per la quale essere preparati. In questo momento vedo grandissima professionalità ed abnegazione tra i colleghi che sono in prima linea, moltissimi strumentidicollaborazionesonostatimessi
  • 55. in campo per condividere esperienze e best practices, molti colleghi anche in pensione collaborano leggendo articoli e redigendo sintesi nella speranza di essere d’aiuto. Un ospedale da campo è stato costruito a Bergamo in poco più di una settimana, grazie all’opera degli Alpini e alla generosità di oltre 120 artigiani che hanno offerto gratuitamente la loro competenza. A Milano una nuova terapia intensiva presso l’Ospedale San Raffaele, oltre ad un Ospedale nell’area della ex fiera sono stati costruiti ed attrezzati in tempi record, grazie alla generosità delle donazioni effettuate da imprenditori e privati arrivate da tutto il mondo. Spiace molto vedere come la politica, soprattutto all’inizio, abbia sottovalutato la situazione, un atteggiamento minimizzante chepurtroppoèstatolargamentecondivisoin EuropaenegliStatiUniticonnumerichesono sotto gli occhi di tutti. E che di nuovo, dopo l’inizio del lockdown, si stia solo ora iniziando a ragionare come gestire la riapertura. Perché questo lockdown, assolutamente necessario al momento, non potrà comunquedurarepermesi:saràessenziale che i molti errori che si sono verificati a Bergamo nella gestione dell’emergenza non siano ripetuti, soprattutto per proteggere il personale sanitario. Qui i medici, sia in Ospedale sia sul territorio, sono stati letteralmente mandati al macello, cosa che purtroppo è evidente viste che nel nostro territorio abbiamo avuto un altissimo numero di vittime tra il personale sanitario. Una situazione drammatica e difficile quella che sta vivendo il nostro Paese ed in particolare le zone del Nord d’Italia come la provincia di Bergamo dove sono stati registrati maggiori casi di contagio e decessi da Covid-19. Quanto e in che modo è cambiata la sua quotidianità? Non solo la mia, quella di tutti: certamente il ritmo è completamente stravolto, non avendo obblighi orari precisi. Ovvio che stareincasaconibambininonèfacile,tanto più se sono da soli in un appartamento, mentre tu cerchi di pulire e disinfettare tutto in uno sforzo titanico di ridurre al massimo il rischio di contagio. In una città delle dimensioni di Bergamo (120.000 abitanti) puoi solo sperare che nessuno della tua cerchia familiare o amicale rimanga vittima della situazione, anche se ogni giorno purtroppo apprendi di qualcuno che non ce l’ha fatta. Anche immaginare la ripresa è complesso: quando finalmente potremmo riaprire l’ambulatorio, sarà obbligatoriamente in condizioni molto differenti di esercizio rispetto a quello che accadeva prima. Non è piùimmaginabileinquestocontestodiavere la sala d’attesa o l’accettazione piena, si dovranno scaglionare gli appuntamenti, si dovranno indossare presidi di protezione individuale che prima erano riservati solo ai repartidimalattieinfettive.Saràunarealtà molto distante da quella che conoscevamo prima, alla quale sarà necessario adattarsi per la protezione di tutti, soprattutto delle fasce più deboli, penso ai più anziani ma anche a tutte le persone con patologie autoimmuni che spesso assumono farmaci immunomodulatori o immunosoppressori, ai pazienti oncologici. GraziealladottoressaPaolaSalvettiperlasuatestimonianzaegrazieatuttiimedicieoperatori sanitari impegnati in un’emergenza grave e di difficile gestione che resterà nella storia. Grazie per continuare a ricordare a tutti noi di restare a casa per il nostro bene e per quello degli altri, mentre voi rischiate ogni giorno, ogni ora e ogni minuto di contrarre il virus più di chiunque altro. Grazie ai nostri angeli pur sempre esseri umani che… hanno paura, ma nonostante tutto stanno lottando in prima linea. Grazie, dal cuore.
  • 56.
  • 57.
  • 58. www.acquapradis.com 8.2 pH Acqua alcalina , 0,001 % di Sodio, imbottigliata a soli 140 Passi dalla Sorgente Immersa nella natura delle Prealpi Carniche, in Friuli Venezia Giulia, sgorga un’acqua minerale microbiologicamente pura, dal gusto equilibrato e leggero, che racchiude in sé tutte le benefiche proprietà del luogo in cui nasce. Acqua Pradis è dissetante e perfetta in ogni momento della giornata: al lavoro, in palestra, nel tempo libero e durante i pasti. PH 8.2 Acqua Pradis. Naturalmente buona, naturalmente salutare. Naturalmente.
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