2. Indice
•Le fonti normative a livello europeo e
nazionale
•La direttiva MiFID e la direttiva ISD
•I Servizi e le attività di investimento
•I servizi accessori e le attività connesse
e strumentali
•Brevi cenni alle regole di condotta
applicabili alla prestazione di servizi di
Investimento
• consulenti finanziari
•La riserva di attività e i soggetti abilitati
4. Fonti normative a livello europeo
e nazionale
Le prime direttive comunitarie in materia sono
state rivolte all’armonizzazione dei vari
ordinamenti nazionali in ambito finanziario.
Occorre ricordare che negli anni 70, in
presenza di sistemi finanziari ancora
caratterizzati da radicali segmentazioni
nazionali e dominati da assicurazioni e banche,
le prime direttive comunitarie di
coordinamento hanno trattato la definizione
dei requisiti da soddisfare per consentire agli
intermediari di operare negli altri stati
membri..
5. Principali Fonti normative a
livello europeo e nazionale
Direttive n.73/1973 e la n.267/1979 (riguardanti le
assicurazioni
Direttiva n.780/1977 (prima direttiva Banche)
seguita da.
Direttiva n.646/1989 (Segnerà un passo in avanti
nel processo di liberalizzazione dei mercati, grazie
all’introduzione del principio dell’autorizzazione
comunitaria unica per le aziende di credito. Nello
stesso anno, il quadro normativo si arricchiva della
direttiva sulla solvibilità degli istituti creditizi
vigilati (n.89/67/CEE).
6. Obiettivi del legislatore
Questi interventi del legislatore comunitario erano
caratterizzati dall’obiettivo della stabilità anche se
nei “considerando” della seconda direttiva banche
si sottolineava come la stabilità fosse condizione
necessaria anche per assicurare eque condizioni
concorrenziali e adeguata protezione ai
risparmiatori e agli investitori.
7. Direttiva n.611/1985
Nel corso degli anni 80 prendeva gradualmente
forma e si rafforzava l’esigenza di regole idonee a
garantire non solo stabilità ma anche eque
condizioni competitive tra le diverse forme di
intermediazione, nonché protezione degli
investitori in uno spazio europeo più aperto alla
libera circolazione dei capitali e degli operatori sui
mercati finanziari.
8. Direttiva n.611/1985
Si occupa di intermediari attivi nel settore
dell’intermediazione mobiliare, anche se l’ambito
di applicazione è circoscritto agli organismi di
investimenti collettivo in valori mobiliari (OICVM),
che offrono quote di fondi aperti su valori quotati
in borsa o sui mercati regolamentati. Questo
intervento normativo rispondeva soprattutto alla
necessità di rimuovere le divergenze riscontrabili
nelle legislazioni nazionali, così da ristabilire
corrette condizioni concorrenziali tra gli OICVM
attivi nei diversi stati membri e facilitare la
commercializzazione, abolendo le restrizioni alla
libera circolazione delle quote.
10. Investment Services Directive
Per trovare una compiuta interpretazione dei
principi cui si ispiravano le direttive sopra
menzionate, occorrerà attendere fino al 1993 con
l’emanazione della “Investment Services Directive”
(ISD). La ISD si poneva innanzitutto l’obiettivo di
eliminare le divergenze esistenti tra i regimi
autorizzativi in vigore nei paesi europei per le
diverse imprese di investimento, con riferimento
alla prestazione di servizi e allo stabilimento di
succursali.
11. Investment Services Directive
A tal fine si auspicava che venisse definita una
regolamentazione necessaria e sufficiente a
consentire il reciproco riconoscimento, con la
Vigilanza affidata allo Stato membro di origine, sia
per le banche che per le imprese di investimento
non bancarie.
12. Novità introdotte dall’ISD
Definizione dei requisiti per ottenere
l’autorizzazione iniziale.
Definizione dei requisiti relativi all’esercizio
dell’attività e alcune norme di comportamento (ad
esempio sistemi di controllo interni), al fine di
garantire uguali condizioni concorrenziali a tutti gli
operatori del settore a tutelare gli interessi degli
investitori.
13. Novità introdotte dall’ISD
Proprio a partire dalla ISD che si assiste ad una
accelerazione del processo di trasformazione del
mercato europeo dei capitali.
E’ cresciuto il numero degli investitori attivi sui
mercati, si è ampliata la gamma e la complessità dei
servizi e degli strumenti offerti accanto a quelli
tradizionali.
Con il diffondersi delle raccomandazioni personalizzate
e dei servizi di consulenza, sono mutate anche le
modalità di prestazione dei servizi di investimento.
Si sono sviluppati nuovi sistemi organizzati di
negoziazione (MTF) accanto ai mercati regolamentati.
14. Novità introdotte dall’ISD
L’euro ha indubbiamente contribuito in modo
significativo a favorire le trasformazioni cui ho
accennato, creando le condizioni di mercato più
favorevoli per l’operatività degli emittenti e per una
maggiore competizione tra gli intermediari.
E’ cresciuto il numero degli investitori attivi sui
mercati, si è ampliata la gamma e la complessità dei
servizi e degli strumenti offerti accanto a quelli
tradizionali.
Con il diffondersi delle raccomandazioni personalizzate
e dei servizi di consulenza, sono mutate anche le
modalità di prestazione dei servizi di investimento.
Si sono sviluppati nuovi sistemi organizzati di
negoziazione (MTF) accanto ai mercati regolamentati.
15. Novità introdotte dall’ISD
Per la verità c’è chi ha sostenuto che questa crescita sia
stata frutto di uno sviluppo spontaneo dei mercati reso
possibile non solo da condizioni macro economiche
favorevoli a livello internazionale, ma anche dallo stesso
disallineamento tra i diversi contesti regolamentari.
In effetti nello spazio unico europeo si è creata in quegli
anni una molteplicità di mercati finanziari, più o meno
organizzati e spesso diversamente regolamentati.
Tale situazione ha fatto emergere a livello comunitario
la necessità di affrontare le nuove problematiche sorte
nel mondo dei servizi finanziari in modo sintetico e
strutturato.
16. Novità introdotte dall’ISD
La risposta a tal necessità è giunta nel 1999 con il
varo, da parte della Commissione Europea del
“Financial Services Action Plan” (FSAP), il quale si
è successivamente concretizzato in oltre 40
direttive finalizzate a dare stabilità e competitività
ai mercati finanziari in Europa.
La MiFID è una di queste e ha sostituito la direttiva
ISD del 1993… ma prima di parlare del passaggio
dalla ISD alla direttiva MiFID merita un cenno il
FSAP.
18. Financial Services Action Plan
Il FSAP è stato adottato l’11 maggio 1999 dalla
Commissione Europea con l’intento di creare a
livello europeo un mercato finanziario integrato,
indicando obiettivi generali e misure specifiche.
Il piano, studiato da un comitato di saggi
presieduto dal barone Alexandre Lamfalussy, ha
innovato significativamente il processo di
formazione della normativa concernente il mercato
dei servizi finanziari. Al “modello” Lamfalussy va
riconosciuto il merito di avere radicalmente
innovato il processo di formazione della normativa
europea.
19. Financial Services Action Plan
Tale processo, infatti:
a) coinvolge le istituzioni (Consiglio e Parlamento)
nel processo di decisione, soprattutto per quel che
concerne la determinazione dei principi e delle
linee generali della disciplina da realizzarsi con
direttive quadro, lasciando alla Commissione e ad
un processo di mediazione giuridica la
determinazione della normativa di esecuzione,
anche se dal 2006 si è istituzionalizzata anche una
forma di controllo preventivo; coinvolge il network
delle autorità indipendenti nazionali nella fase
preparatoria e istruttoria, nonché nella fase di
implementazione della normativa a livello
nazionale;
20. Financial Services Action Plan
b) sottolinea l’importanza dei canoni della better
regulation, valorizzando in particolare la fase di
informazione e di consultazione;
c) riduce lo spazio della normazione delle
istituzioni democratiche nazionali, nonché la
discrezionalità delle amministrazioni nella relativa
attuazione;
d) imposta un modello decisionale che, già testato
nel settore securities, è stato esteso alla disciplina
di altri settori come banche e assicurazioni.
21. I quattro livelli Lamfalussy
Al primo livello, l’adozione da parte del Parlamento
Europeo e del Consiglio di regolamenti o direttive che si
dovrebbero limitare a definire i principi generali e gli
elementi essenziali della materia da disciplinare, conferendo
alla Commissione (ex art.201 u.c., del Trattato CE) l’adozione
delle relative misure di esecuzione, tramite direttive o
regolamenti.
Al secondo livello, la fase di implementazione di principi
generali contenuti nelle direttive quadro, o di adattamento
resi necessari dagli sviluppi dei mercati. Di fatto, la
Commissione Europea, per la predisposizione delle misure di
esecuzione degli atti di primo livello, è assistita da comitati
appositamente costituiti: il Comitato Europeo dei Valori
Mobiliari (European Securities Comity ESC, composto da
rappresentanti degli stati membri di rango elevato e
presieduto da un rappresentante della commissione); il
Comitato delle Autorità di Regolamentazione (Comitee
European Securities Regulators,
22. I quattro livelli Lamfalussy
il Comitato delle Autorità di Regolamentazione
(Comitee European Securities Regulators, CESR,
composto dai presidenti delle autorità nazionali di
vigilanza sui mercati). Il Comitato della Autorità ha
funzioni consultive sulle misure di attuazione da
adottare ma può essere, talora, investito del compito di
redigere un articolato di direttiva o regolamento.
Il terzo livello concerne la responsabilità degli stati
membri di implementare il diritto comunitario
all’interno di un quadro di cooperazione con i regolatori
nazionali; in altri termini la cooperazione tra autorità
nazionali di regolamentazione e di vigilanza sui mercati
finanziari e il coordinamento delle loro attività.
23. I quattro livelli Lamfalussy
Al quarto livello si colloca, infine, il controllo
della Commissione sull’attività di attuazione da
parte degli stati membri delle norme e degli
orientamenti adottati e tra i livelli precedenti anche
al fine di assicurare una aperta e corretta
concorrenza dei mercati finanziari europei.
24. Conseguenze del modello
Lamfalussy
L’applicazione del modello Lamfalussy ha, di fatto,
accelerato il processo decisionale e reso più
flessibile la formazione, rendendone più agevole la
modifica; ha altresì contribuito ad una maggiore
trasparenza attraverso la consultazione aperta e
tempestiva degli operatori del mercato; ha infine
favorito una collaborazione ad una maggiore
convergenza tra gli ordinamenti nazionali in
materia di vigilanza.
25. Atti legislativi adottati sul
modello Lamfalussy
la direttiva sugli abusi di mercato (2003/6/CE); la direttiva prospetti, cioè relativa
al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione
di strumenti finanziari (direttiva 2003/71/CE); la direttiva sui mercati sugli
strumenti finanziari (2004/39/CE); la direttiva sull’armonizzazione degli obblighi
di trasparenza (2004/109/CE), direttive tutte che hanno comportato e
comportano mutamenti significati delle regole del mercato finanziario.
L’emanazione della direttiva MiFID da parte del legislatore comunitario può essere
vista come il naturale completamento del processo descritto. L’estensione della
procedura Lamfalussy a tutti i settori finanziari ha garantito l’opportunità di
creare un quadro regolamentare maggiormente armonizzato e semplificato. La
MiFID ha previsto una serie di disposizioni precise che garantiscono di per sé una
regolamentazione dettagliata della gestione di nuovi mercati e di come devono
svolgersi le attività di intermediazione e di consulenza. Alla MiFID ha fatto seguito
l’emanazione della direttiva 10 agosto 2006/73/CE (nella prassi MiFID II) e del
Regolamento n.1287/2006, entrambi attuativi del c.d. secondo livello della
procedura Lamfalussy, essendo anche il Regolamento direttamente applicabile agli
stati membri.
27. Il recepimento della MiFID in
Italia.
Il recepimento ha trovato il suo culmine con l’emanazione di una
legge delega del gennaio 2007 per mezzo della quale è stato
modificato anche il testo unico della finanza. Nel redigere le norme
di recepimento si è tenuto conto dei parametri dettati dalla
procedura Lamfalussy e delle intenzioni dell’omonimo Comitato,
cioè ricreare un sistema normativo integrato a livello transnazionale,
evitando così frammentazioni tra le normative dei diversi stati
comunitari. L’opera di recepimento è stata di gran lunga più
semplice per gli stati dell’unione dopo l’emanazione del
Regolamento n.1287/2006: la via regolamentare, infatti, ha reso
direttamente applicabili all’interno dei singoli ordinamenti le norme
contenute nel Regolamento stesso senza necessità di una norma di
recepimento. In tal modo, tra l’altro, si sono evitati a monte tutti i
possibili problemi legati all’interpretazione della direttiva da parte di
ogni stato che, volendo, avrebbe potuto adattare il contenuto della
stessa alle proprie esigenze interne.
28. Il recepimento della MiFID in
Italia.
Indubbiamente la direttiva MiFID è andata oltre le migliori
aspettative, confermandosi come un punto di riferimento per
l’emanazione della seconda direttiva (2006/31/CE) che ha prorogato
il termine per l’attuazione della MiFID dal 31 gennaio 2007 al 1°
novembre 2007.
Il Consiglio dei Ministri, con d.lgs 17 settembre 2007, n.164 ha
approvato in via definitiva le modifiche del TUF.
Il recepimento della MiFID si è poi sostanzialmente completato con
la successiva approvazione da parte della Consob nel nuovo testo del
Regolamento Intermediari (deliberazione n.16190/2007) e del
Regolamento Mercati (deliberazione 16191/2007), nonché con
l’emanazione del regolamento congiunto Consob / Banca d’Italia
anch’esso approvato sempre nell’ottobre 2007.
29. Il recepimento della MiFID in
Italia.
Il legislatore nazionale, pertanto in armonia con l’ormai consolidato principio di
delegificazione già acquisito dal TUF, ha delegato l’individuazione delle regole specifiche
al potere normativo della Consob e della Banca d’Italia. Nel caso di specie alle Autorità
di Vigilanza è stato demandato il compito di recepire le disposizioni di fonte europea,
alla cui formulazione la stessa Consob aveva d'altronde partecipato, sia pure in sede
consultiva, attraverso il Committee of European Securities Regulation - CESR.
In particolare, le innovazioni sostanziali in materia di mercati sono stati introdotte nel
Regolamento Consob 29 ottobre 2007, n.16191 (c.d. “Nuovo Regolamento Mercati”). In
estrema sintesi, il potere concesso alla Consob di imporre l’obbligo di concentrazione
della negoziazione degli strumenti finanziari nei soli mercati regolamentati, ha lasciato
spazio all’opposto divieto di prevedere una siffatta regola. Tale scelta è stata adottata in
virtù dell’emergere di nuovi sistemi di negoziazione, gestiti anche da imprese di
investimento.
30. Il recepimento della MiFID in
Italia.
Ancora più significative sono state le novità in tema di intermediazione finanziaria: ad
una disciplina uniforme se ne sostituisce una più duttile e attenta a graduare le forme di
tutele in base alle diverse tipologie dei clienti. Le novità hanno assunto tale rilievo da
indurre la Consob ad abrogare il regolamento n.11522/1998 e adottare con delibera 29
ottobre 2007 n.16190, un nuovo Regolamento Intermediari.
In linea con le fonti comunitarie in recepimento, il nuovo Regolamento Intermediari si è
mosso nella direzione di porre maggiormente in rilievo la centralità del cliente quale
destinatario del servizio prestato dall’intermediario anche nel caso di servizi connessi
con la distribuzione al pubblico di strumenti finanziari. Da tale centralità discende, tra
l’altro, la necessaria contrattualizzazione del “rapporto di servizio” che intercorre tra
l’intermediario (anche se mero collocatore) e il cliente retail al fine di porre lo stesso
cliente nelle condizioni di assumere piena consapevolezza del quadro dei diritti e degli
obblighi derivanti dalla prestazione di servizio d’investimento.
31. Il recepimento della MiFID in
Italia.
La disciplina contenuta nel decreto di recepimento (artt.77-bis e 79-ter TUF) ha
trasposto, nell’ordinamento nazionale, le disposizioni della direttiva coordinando con la
disciplina dei mercati regolamentati, rinviando alla regolamentazione secondaria della
Consob la definizione dei requisiti minimi di funzionamento dei sistemi multilaterali di
negoziazione e i criteri per l’individuazione degli internalizzatori sistematici.
Come accennato, il mercato si caratterizzava, prima della MiFID, per la presenza di un
obbligo di concentrazione degli scambi che imponeva che le transazioni di titoli azionari
quotati in mercati regolamentati fossero effettuate in un mercato regolamentato; con
l’eccezione degli scambi di dimensioni superiori a quelle normali (c.d. blocchi).
32. Il recepimento della MiFID in
Italia.
Come ulteriore modalità di esecuzione delle negoziazioni mobiliari, la
direttiva prevede disciplina la c.d. “internalizzazione sistematica”, cioè la
possibilità, per le imprese di investimento, di eseguire al loro interno (ossia al
di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema unilaterale di
negoziazione) gli ordini dei clienti, in concorrenza con gli altri intermediari
con gli stessi mercati.
La direttiva di primo livello 2001/89 CEE, all’art’4, n.7 definisce
l’internalizzatore sistematico come “quell’impresa di investimento che in
modo organizzato, frequente e sistematico negozia per conto proprio
eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato o di
un sistema multi laterale di negoziazione”.
33. Il recepimento della MiFID in
Italia.
Prendendo atto dell’emergere accanto alla figura dei mercati regolamentati, di nuovi
sistemi di negoziazione, la MiFID introduce un’ulteriore modalità di negoziazione,
quella dei Sistemi Multilaterali di Negoziazione (Multilater Trading Facilities, MTF). Si
tratta di sistemi “multilaterali”, dove cioè intervengono più operatori con modalità di
funzionamento simili a quelle dei mercati regolamentati, ma che possono essere gestiti
anche da intermediari, oltre che dagli stessi mercati regolamentati.
La definizione fornita dalla direttiva 2004/39/CEE dei Sistemi Multilaterali di
Negoziazione è la seguente: “quei sistemi che consentono l’incontro al loro interno e in
base a regole non discrezionali di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi
relativi a strumenti finanziari in modo da dare luogo a contratti”.
34. Obiettivi della Mifid
Gli obiettivi della normativa MiFID sono diretti e chiari: pervenire alla creazione di un
mercato dei servizi finanziari che sia integrato (superamento delle barriere nazionali e
della piena operatività del passaporto europeo), concorrenziale (massima apertura alla
competizione tra operatori anche in segmenti finora caratterizzati da chiusure come
quello dei sistemi di negoziazione), efficiente (idoneità ad assolvere la funzione tipica
propria del mercato finanziario, vale a dire quella di tramite dei flussi finanziari dai
settori in surplus ai settori in deficit), affidabile (idoneità da assicurare un elevato grado
di fiducia degli operatori e degli investitori).
35. Linee guida del Legislatore
Ampliamento dell’area sottoposta a regolamentazione
Omogeneizzazione delle regole
Coordinamento della vigilanza
Rafforzamento delle imprese di investimento
Rapporti intermediario-investitore
Concorrenza
37. Fonti normative a livello europeo
e nazionale
Direttiva del Consiglio n. 93/22/CEE del 10.5.1993
(armonizzazione minima dei requisiti per l’autorizzazione e delle
regole di comportamento) ISD
D.lgs. N. 385 1/9/73 (attività agenti finanziari e mediatori
creditizi)
Direttiva del Consiglio del Parlamento n. 2003/6/CE-Market
Abuse
Direttiva del Consiglio del Parlamento 21.4.2004 n. 2004/39/CE-
MiFID (abolisce il principio di concentrazione, ammette sedi
alternative di esecuzione)
Direttiva della Commissione n. 2006/73 e regolamento della
Commissione n. 1287/2006 del 10.8.2006
38. Fonti normative a livello europeo
e nazionale
Legge 20 giugno 2007 (recepimento MiFID)
Direttiva n 44 del 5/09/2007 CE
D.lgs 17/09/2007 n 164 (Attuazione MiFID)
Direttiva 2008/48/ CE
D.lgs 27/01/2010 n 21 (Incrementi di partecipazione etc.)
Decreto legislativo 13 agosto 2010 n 141 (attuazione direttiva 48
2008 e modifiche del T.U.B. in merito disciplina soggetti operanti
settore finanziari, agenti e mediatori creditizi)
Direttiva 2010/78 del 24/11/2010: Modifiche alla MiFID etc
AESFEM) Autorità europea degli strumenti finanziari e dei
mercati.
D.lgs 11/04/2011 n 64 (ulteriori modifiche e integrazioni del d.lgs
41/2010) Frodi e furto di identità
39. Atti di recepimento della MiFID
Legge 6.2.2007 n. 13 (legge comunitaria 2006): articolo 10 delega
al Governo e modifica parziale T.U.I.F.
Decreto Legislativo 17.9.2007 n. 164 (ampia modifica T.U.I.F. e
deleghe ad Autorità indipendenti)
Regolamenti Consob in data 29.10.2007 nn. 16190 e 16191
Regolamento congiunto Consob e Banca d’Italia del 29.10.2007
41. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.
Sino al recepimento della MiFID, la disciplina del TUF elencava varie species
di servizi di investimento senza dettarne una specifica definizione, idonea a
individuare l’estensione delle figure considerate.
Ciò valeva anche per i servizi di negoziazione per conto proprio e per conto
terzi, le cui denominazioni evocavano una realtà economica e operativa che
riconduceva a figure dell’esperienza di matrice anglosassone. In particolare,
la negoziazione per conto terzi è stata ricondotta all’attività del broker, e cioè
di quel soggetto che, in conto del proprio committente, ricerca una propria
controparte con la quale eseguire l’ordine ricevuto di acquistare o vendere
un determinato strumento finanziario. La negoziazione per conto proprio è
stata assimilata alla figura del dealer, e dunque di quell’operatore che,
assumendo una posizione in proprio in titoli, mira a lucrare la differenza
tra i prezzi di acquisto e di vendita.
42. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.
Da ciò è derivata la costruzione volta a basare la distinzione tra il negoziatore
per conto proprio e quello per conto terzi sulla circostanza che, mentre
quest’ultimo sarebbe remunerato dal cliente per il servizio reso mediante il
pagamento di una commissione, il primo percepirebbe invece il differenziale
del prezzo di acquisto e di vendita degli strumenti finanziari, senza ricevere
commissioni di sorta. In tale prospettiva, alla previsione del (ora abrogato)
Regolamento Consob 11522/1998 che vietava ai negoziatori per conto proprio
di applicare commissioni sul prezzo pattuito di vendita o acquisto dello
strumento finanziario (v. art.32 comma 5 Regolamento Consob 11522/98) è
stata riconosciuta natura sostanzialmente definitoria della fattispecie,
piuttosto che di regola comportamentale a carico dell’intermediario.
43. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.
Sempre in base alla connotazione economica operativa si è osservato come
nella negoziazione per conto proprio, diversamente per quanto accade nella
negoziazione per conto terzi, l’intermediario assuma un effettivo rischio di
posizione, essendo esposto all’oscillazione del corso degli strumenti finanziari
in connessione all’andamento dei mercati e della situazione dell’emittente.
L’analisi concernente il servizio di negoziazione per conto terzi ha invece, per
lo più, riguardato l’inquadramento della figura in parola nell’ambito delle
tipologie contrattuali previste dal codice civile, recuperando in parte le
impostazioni, che antecedentemente all’emanazione del TUF, avevano
riguardato il tema della natura degli ordini di borsa. Pur con talune
oscillazioni, la posizione prevalente ha ricondotto il servizio al contratto di
commissione di cui all’art.1731 cod.civ., vale a dire ad un “mandato che ha
per oggetto l’acquisizione o la vendita di beni per conto del committente e in
nome del commissionario”.
44. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.
Più elaborata è risultata l’indagine che ha riguardato il servizio di negoziazione per conto
proprio.
Agli interventi interpretativi della Consob è da ascrivere principalmente l’enucleazione
di una distinzione tra l’attività di investimento del proprio portafoglio e la negoziazione
per conto proprio, con l’effetto di escludere la prima dall’area di influenza della
seconda. Tale approdo è stato raggiunto rilevando come nell’investimento delle
proprie disponibilità in strumenti finanziari non si rinvengono i tratti di un’attività
intermediativa, dal momento che le compravendite di strumenti sono realizzate di
propria iniziativa e non già dietro richieste nell’interesse del pubblico degli investitori.
Ad avviso della Consob, ciò che rileva “è che il portafoglio di valori immobiliari
detenuto dalla società non sia rimesso a disposizione del pubblico degli investitori per
soddisfare, tramite compravendite, le loro esigenze di investimento o disinvestimento
…, tale essendo la caratteristica essenziale dell’attività svolta dagli intermediari
negoziatori in senso proprio”.
V. comunicazione Consob 19 aprile 1995 DAL/RM/95003079.
45. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.
Conseguentemente, l’accesso e la partecipazione per proprio
conto alle negoziazioni su di un mercato regolamentato non
costituisce, di per sé, elemento sufficiente perché sia integrato
il servizio di investimento nella negoziazione per conto
proprio, qualora tale attività non sia svolta strumentalmente
all’esecuzione di ordini dei clienti, bensì nel solo interesse del
negoziatore. Più elaborata è risultata l’indagine che ha
riguardato il servizio di negoziazione per conto proprio.
46. Definizione MiFID e recepimento in Italia
Ai sensi della MiFID, per negoziazione e per conto proprio si deve
intendere la “contrattazione ai fini della conclusione di operazioni
riguardanti uno o più strumenti finanziari nelle quali il negoziatore
impegna posizioni proprie” (art.4, §1 n.6 MiFID).
Si tratta di una nozione molto estesa, capace di abbracciare
potenzialmente un ampio ambito di operatività e il cui tratto
caratterizzante risulta essenzialmente essere “l’impegno di
posizioni” personali da parte del negoziatore.
47. Definizione MiFID e recepimento in Italia
Non vi è indicazione, peraltro, circa il fatto che detto “impegno di posizioni”
debba riferirsi ad una richiesta da parte di cliente e che, dunque, l’attività in
parola sia indirizzata a soddisfare esclusivamente esigenze di terzi. Così
ricostruito, l’impiego del proprio patrimonio per mere esigenze di
investimento risulterebbe teoricamente collocabile nell’ambito di riferimento
della negoziazione.
In senso contrario, peraltro, sembra potersi leggere il considerando n.8 della
direttiva, secondo cui le persone che amministrano mezzi propri, cioè il
proprio patrimonio, “non dovrebbero rientrare” nell’ambito di applicazione
della direttiva. Tenuto conto di ciò, in sede di recepimento della MiFID, il
legislatore italiano ha dichiarato di voler tener conto del complessivo
impianto della fonte comunitaria.
48. Definizione MiFID e recepimento in Italia
La relazione illustrativa del decreto di attuazione della MiFID rilevava - a
proposito della formulazione del nuovo art.1 comma 5-bis TUF, - come
modificato dall’art. 1 D.lgs. 164/07 - che ha accolto la nozione domestica del
servizio di negoziazione per conto proprio - che la corrispondente definizione
della direttiva MiFID appariva “troppo ampia e generica rispetto alla ratio
della direttiva stessa” e che, conseguentemente occorreva precisarla meglio
“prevedendo che l’attività di negoziazione su posizioni proprie deve essere
posta in relazione a ordine dei clienti”.
La MiFID contiene anche la definizione del servizio di esecuzione di ordini:
“conclusione di accordi di acquisto e vendita di uno o più strumenti
finanziari per conto di clienti”.
In questo caso, peraltro, il legislatore nazionale non ha riprodotto nella fonte
interna la definizione in parola.
49. La negoziazione per conto proprio
L’art.1 comma 5 bis del TUF, accoglie nella definizione di negoziazione per
conto proprio “l’attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in
contropartita diretta e in relazione a ordini dei clienti”, nonché “l’attività di
market maker”.
La prima parte della definizione identifica i tratti caratterizzanti della tipica
negoziazione in conto proprio, mediante il riferimento a una pluralità di atti
od operazioni (un’attività, appunto) che si traducono nell’acquisto o nella
vendita di strumenti finanziari.
50. La negoziazione per conto proprio
Dal riferimento espresso alle operazioni di acquisto e vendita (e non anche di
sottoscrizione), si è tratta la conclusione che rilevi essenzialmente l’attività
che viene a svolgersi sul c.d. mercato secondario. Anche se tale conclusione
non sembra poter assumere portata assoluta, essa sembra, in effetti,
costituire la naturale conseguenza dei tratti tipizzanti del servizio: la
contrattazione e conclusione di operazioni su strumenti in contropartita
diretta presuppone, infatti, che l’intermediario o sia titolare degli strumenti
oggetti di negoziazione – e dunque tali strumenti siano già stati emessi (e
sottoscritti o acquistati dall’intermediario che li utilizza in fase di
negoziazione per conto proprio) – ovvero, come nel caso dei derivati, che
l’intermediario intervenga direttamente in contropartita con il cliente nella
fase di stipulazione del contratto che dà vita allo strumento.
51. La negoziazione per conto proprio
Va evidenziato, peraltro, come la formulazione della fonte comunitaria sia sul
punto neutra, facendo semplice riferimento alla “conclusione di operazioni”.
L’attività, peraltro, può riguardare e avere ad oggetto uno o più (e dunque un
solo) strumento finanziario. Vi possono rientrare, quindi, anche i casi nei
quali l’intermediario intenda sviluppare forme di negoziazione relative ad un
solo titolo (è il caso, ad esempio, dell’intermediario che si propone di
negoziare in contropartita diretta i soli titoli obbligazionari di propria
emissione).
L’attività di acquisto e vendita deve essere realizzata “in contropartita diretta
e in relazione a ordine dei clienti”.
52. La negoziazione per conto proprio
L’operazione posta in essere dall’intermediario deve dunque spiegare gli
effetti sul patrimonio dell’intermediario stesso (sul quale si riflettono anche i
risultati dell’operazione) e acquista rilevanza ove posta in essere in relazione a
ordini dei clienti. Tale secondo tratto della definizione è intimamente
connesso al primo; solo al congiunto ricorrere di entrambi, l’attività in parola
assume rilevanza ai fini della disciplina in esame. L’introduzione nella
previsione nazionale del riferimento espresso al raccordo tra la conclusione di
operazioni in contropartita diretta con ordini provenienti dai clienti, come già
accennato, vale a sottrarre dall’ambito di rilevanza della nozione domestica di
negoziazione l’attività consistente nel mero investimento del proprio
patrimonio personale, in assenza di ordini ricevuti dalla clientela.
53. Market maker
Nella nozione di negoziazione per conto proprio è espressamente presa in
considerazione la posizione del c.d. market maker.
Si tratta di una figura prevista, generalmente, nell’ambito di mercati poco
liquidi nei quali esiste un elevato rischio nella ricerca delle controparti,
ovvero su mercati volatili (per esempio quelli concernenti strumenti derivati).
Prendendo le mosse dalla MiFID, il TUF ne contiene un’apposita definizione.
Per market maker ci si riferisce dunque a quel soggetto che si propone sui
mercati regolamentati e sui sistemi multilaterali di negoziazione, su base
continua, come disposto a negoziare in contropartita diretta acquistando e
vendendo strumenti finanziari a prezzi da esso definiti (v. art.1, comma 5-
quater TUF).
54. Market maker
I tratti distintivi sono la disponibilità a operare su base continua, e dunque a
garantire attraverso tale disponibilità la possibilità di concludere operazioni
relative agli strumenti finanziari negoziati sui mercati e sui sistemi nei quali
opera il market maker.
Ulteriore tratto distintivo è rappresentato dalla circostanza che il prezzo il
quale il soggetto si rende disponibile a concludere operazioni di acquisto o
vendita sono fissati dal medesimo soggetto (il quale, per tal via definisce il
livello dei prezzi).
Rileva anche il fatto che il market maker conclude le operazioni
contropartita diretta, ma non in relazione (e tanto meno in esecuzione) di
ordini della clientela. Proprio l’assenza di una clientela incide sulla
qualificazione in termini di servizio dell’attività posta in essere dal market
maker.
55. Negoziazione per conto proprio, internalizzazione
sistematica e assunzione di partecipazioni:
differenze
L’individuazione delle caratteristiche della negoziazione per conto proprio
consente di tratteggiare, ora, i rapporti tra tale figura e quella di
internalizzazione sistematica.
Il TUF, riprendendo la MiFID, definisce l’internalizzatore sistematico come
“il soggetto che in modo organizzato, frequente e sistematico negozia per
conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato
regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione” (art.1 comma 5-
ter TUF).
56. Negoziazione per conto proprio, internalizzazione
sistematica e assunzione di partecipazioni:
differenze
La figura della negoziazione per conto proprio disegnata dal legislatore
nazionale costituisca, pertanto, una fattispecie più ampia rispetto a quella che
dà luogo all’internalizzazione sistematica. E ciò sotto un duplice profilo. Per
un verso, infatti, costituisce negoziazione per conto proprio, ma non
internalizzazione sistematica, l’esecuzione di ordini di clienti realizzata
impegnando posizioni personali e poste in essere al di fuori di mercati
regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione, ma priva dei connotati
di organizzazione e sistematicità richiesti per definire l’operatività
medesima quale internalizzazione sistematica. Sotto altro profilo, il servizio
di negoziazione ricomprende l’intera area di operatività nella quale il
negoziatore operi “in relazione” a un ordine del cliente, mentre nella
internalizzazione viene in rilievo esclusivamente l’ipotesi dell’operare “in
esecuzione” di ordine del cliente.
57. Negoziazione per conto proprio, internalizzazione
sistematica e assunzione di partecipazioni:
differenze
L’attività di negoziazione per conto proprio deve essere tenuta distinta anche
dalla attività di assunzione di partecipazioni, regolata dall’art.106 s.s. TUB.
E’ chiaro, infatti, il diverso ambito applicativo delle due figure, l’una
prendendo in considerazione un’operatività che può avere ad oggetto l’intera
gamma degli strumenti finanziari, l’altra rivolgendosi ai soli fenomeni
implicanti investimenti nel capitale di altre imprese.
L’assunzione di partecipazioni sembra, inoltre, caratterizzarsi maggiormente
per la staticità degli investimenti e per la finalità di gestione e coordinamento,
laddove la negoziazione sembra presentare natura maggiormente dinamica,
essendo rivolta all’ottenimento di uno spread di prezzo tra domanda e
offerta.
58. Negoziazione per conto proprio, internalizzazione
sistematica e assunzione di partecipazioni:
differenze
L’attività di assunzione di partecipazioni si risolve, per lo più,
nell’investimento di portafoglio, in acquisti e vendita di titoli spesso non a
titolo professionale e nell’interesse proprio o di società comunque collegate,
al fine di migliorare la performance del portafoglio aziendale.
La definizione di negoziazione contenuta nell’art.1 comma 5-bis TUF, nel
qualificare la negoziazione nel raccordo con ordini dei clienti, pone su chiare
basi la distinzione di tale fenomeno rispetto al mero investimento e per tale
via, anche rispetto all’attività di assunzione di partecipazioni.
59. L’esecuzione di ordini
La definizione “esecuzione di ordini” ha sostituito il pregresso riferimento alla
“negoziazione per conto terzi”.
La MiFID detta un’apposita definizione del servizio di esecuzione di ordini,
per tale indicando quell’attività consistente nella conclusione di accordi di
acquisto o vendita di uno o più strumenti finanziari in conto dei clienti
(art.4, § 1.5 MiFID). Il TUF non ha ripreso tale definizione, che, tuttavia,
costituisce il punto di riferimento in termini di ricostruzione della figura
anche nella prospettiva domestica.
60. L’esecuzione di ordini
Si possono, in tal modo, evidenziare talune differenze rispetto al tradizionale
inquadramento della “negoziazione per conto terzi”. Nell’esecuzione di ordini,
il nucleo centrale dell’attività risulta quello della “conclusione” degli accordi,
laddove il riferimento alla negoziazione per conto terzi appariva
maggiormente capace di evocare anche la fase di “contrattazione”.
Un tratto del servizio che non viene esplicitato nella definizione comunitaria e
neppure nella fonte domestica attiene alle caratteristiche dell’ordine del
cliente da cui origina l’attività di esecuzione. Deve tuttavia ritenersi che
l’ordine debba avere caratteristiche di specificità tali da consentire con
puntualità di definire l’oggetto dell’attività di “esecuzione”.
61. L’esecuzione di ordini
In definitiva, l’attività in parola appare finalizzata alla ricerca di una o più
controparti per l’esecuzione di un’operazione di acquisto o vendita di un
particolare strumento finanziario o di un dato quantitativo di strumenti
finanziari: l’oggetto deve, pertanto, essere specificato.
I caratteri ora individuati consentono di distinguere il servizio di esecuzione
ordini da quello di sottoscrizione e/o collocamento di strumenti finanziari di
cui all’art.1 comma 5 lett. c) TUF. Sul piano delle operazioni sottostanti,
l’esecuzione di ordini può avere ad oggetto anche la vendita di strumenti
finanziari (nel collocamento, viceversa, il rapporto tra il collocatore e
l’investitore ha ad oggetto la sola offerta in sottoscrizione o in vendita dei
medesimi strumenti). Sotto altro profilo, va tenuto in considerazione come il
collocamento si caratterizzi per essere uno strumento di esecuzione di una
campagna di offerta caratterizzata dalla formulazione di proposte
standardizzate, laddove, tipicamente, nell’esecuzione di ordini, le
transazioni (e prima ancora la ricerca della controparte) si realizza in
rapporto ad una specifica operazione di acquisto o vendita di un
determinato quantitativo di strumenti finanziari.
62. Ricezione e trasmissione ordini
Nozione del servizio esecuzione di ordini
La MiFID che, diversamente dall’abrogata direttiva ISD ha definito all’art.4 le
nozioni di numerosi servizi di investimento (come la consulenza in materia di
investimenti, la gestione del portafoglio, la negoziazione per conto proprio)
non fornisce alcuna definizione del servizio di “ricezione e trasmissione di
ordini indicati al n.1 della sez. A relativa ai servizi e alle attività di
investimento di cui all’all.1 alla direttiva).
Il considerando n. 20 della MiFID contiene, tuttavia, indicazioni che
consentono di definire con buona approssimazione il servizio: ai fini della
direttiva, in particolare, “l’attività di ricezione e trasmissione ordini
dovrebbe ricomprendere anche l’attività consistente nel mettere in contatto
due o più investitori, rendendo così possibile la conclusione di un’operazione
fra di essi”.
63. Ricezione e trasmissione ordini
Nozione del servizio esecuzione di ordini
L’art. 1, comma 5-sexies, TUF stabilisce che il servizio in esame “comprende
la ricezione e la trasmissione di ordini nonché l’attività consistente nel
mettere in contatto due o più investitori, rendendo così possibile la
conclusione di un’operazione fra loro (mediazione)”.
Si tratta di un servizio che si trova a “monte” dell’attività di negoziazione:
l’investitore, cioè, trasmette un ordine che l’intermediario non segue
direttamente, ma ritrasmette ad un soggetto negoziatore per la successiva
esecuzione sul mercato.
64. Ricezione e trasmissione ordini
Nozione del servizio esecuzione di ordini
La rilevanza concreta del servizio riguarda i casi in cui l’intermediario intenda
dare seguito a operazioni aventi ad oggetto titoli negoziati su mercati nei
quali non è autorizzato ad operare. Storicamente, prima che fosse loro
consentito di svolgere direttamente l’attività di negoziazione nei mercati
regolamentati, i principali prestatori del servizio erano le banche e i remisiers
operanti per conto o nell’interesse degli agenti di cambio.
Il legislatore italiano, conformandosi alle indicazioni della MiFID, ha
assimilato, infine, al servizio di ricezione e trasmissione ordini il servizio di
mediazione, la cui identificazione si poggia sulla disciplina di diritto comune
di cui agli artt. 1754 e segg. cod. civ., come suggerito dalla stessa definizione
adottata dal TUF.
65. Ricezione e trasmissione ordini
Nozione del servizio esecuzione di ordini
Carattere essenziale della figura giuridica del mediatore è l’imparzialità,
intesa, come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione institoria e di
qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l’attività
dell’intermediario. Non è configurabile la mediazione, pertanto, nel caso di
un soggetto munito di mandato con rappresentanza per la stipulazione di
un contratto con un terzo (v. Comunicazione Consob DI/98092726 del 2
dicembre 1998).
Le parti messe in contatto dal mediatore devono essere due o più investitori
(v. sempre il considerando n. 20 MiFID e l’art. 1, comma 5-sexies TUF).
Conseguentemente la trasmissione di un ordine dall’intermediario
prestatore del servizio a un emittente di strumenti finanziari, pur in assenza
di obblighi assunti dall’intermediario nei confronti dell’emittente, pare
integrare la prestazione del servizio di ricezione e trasmissione ordini e non
una fattispecie di mediazione.
66. Ricezione e trasmissione ordini
Nozione del servizio esecuzione di ordini
La fattispecie nella quale la MiFID ha apportato elementi di innovazione
rispetto al quadro nazionale preesistente è quella della trasmissione di ordini
all’emittente di strumenti finanziari, particolarmente nel caso di ordini aventi
ad oggetto quote di fondi comuni.
[richiamare art. 19, § 6, e art. 3 MiFID]
La trasmissione all’emittente, che aveva suscitato un certo dibattito prima
della trasposizione in Italia della MiFID, è ora una possibilità contemplata
dalla stessa MiFID e dalla lettura elaborata dalla Commissione europea,
almeno con esplicito riferimento alle quote di fondi comuni.
67. Disciplina del servizio di ricezione e trasmissione
ordini: cenni
Quando non prestato in uno con la consulenza, il servizio di ricezione e
trasmissione ordini è assoggettato ad un regime meno gravoso rispetto a
quello nazionale previgente: esso è, infatti, sottoposto a obblighi di know
your customer meno approfonditi – limitati ai parametri delle sole
conoscenze ed esperienze in materia di investimenti – ai fini di una
valutazione di appropriatezza dello strumento finanziario rispetto al profilo
dell’investitore (v. art. 19, § 5 MiFID e relative misure di esecuzione,
trasposti negli artt. 41 e 42 del Regolamento Consob 16190/2007)
Tale obbligo valutativo viene del tutto meno nel caso di prestazione del
servizio in regime execution only, modalità introdotta all’esito di un
articolato processo di negoziazione e mediazione finalizzato
all’approvazione della disciplina comunitaria. La elaborazione finale della
MiFID ha privilegiato la volontà di assicurare la prestazione di un servizio
più veloce ed economico in riferimento agli strumenti meno complessi.
68. Disciplina del servizio di ricezione e trasmissione
ordini: cenni
Requisito fondamentale è quello dell’iniziativa del cliente.
Si rileva, inoltre, un’articolata disciplina del regime di best execution
applicato di norma alla ricezione e trasmissione ordini in modo attenuato,
quale manifestazione dell’obbligo generale di agire sempre per servire al
meglio gli interessi del cliente (art. 45 direttiva 206/73/CR, trasposto
nell’art. 48 del Regolamento Consob 16190/2007). In tal senso è mutata la
discplina nazionale che non richiama più il previgente obbligo di realizzare
le “migliori condizioni possibili” nel caso di prestazione del servizio in
esame.
69. Collocamento
Evoluzione
In particolare l’art.18 della legge 216/1974 dedicava specifica attenzione alla
sollecitazione c.d. “porta a porta” (oggi diremmo: offerta fuori sede);
disciplina che veniva quindi ripresa a livello regolamentare dal regolamento
n.1739/1985 concernente le sollecitazioni del pubblico risparmio effettuate
mediante attività, anche di carattere promozionale, svolto in luogo diverso da
quello adibito a sede legale o amministrativa principale dell’emittente, del
proponente l’investimento o del soggetto che procede al collocamento.
70. Collocamento
Evoluzione
Merita ricordare, anche se si tratta di un reperto storico, che l’art.18-ter della
legge n.216/1974 forniva una nozione di sollecitazione al pubblico risparmio
tale da ricomprendere “ogni pubblico annuncio di emissione; ogni acquisto
o vendita mediante offerta al pubblico, ogni offerta di pubblica
sottoscrizione; ogni pubblica offerta di scambio di valori mobiliari; ogni
forma di collocamento porta a porta, a mezzo circolari e mezzi di
comunicazione di massa in genere, nonché ogni annuncio pubblicitario
tendente ad offrire informazioni o consigli al pubblico degli investitori
concernenti valori mobiliari non ancora emessi o per i quali l’emittente o
l’offerente non abbia già predisposto il prospetto informativo, fatta
eccezione per quelli quotati presso le borse valori”.
71. Collocamento
Evoluzione
Detto incidentalmente, il comma 2 dell’art.18-ter introduceva anche il c.d.
jus poenitendi, stabilendo la sospensione di efficacia dei contratti stipulati
mediante vendite a domicilio per la durata, all’epoca, di cinque giorni
decorrenti dalla data di sottoscrizione, con la previsione che entro tale
termine l’acquirente aveva la facoltà di comunicare al venditore o al suo
agente procuratore o commissario, a mezzo telegramma, il proprio recesso
senza corrispettivo (e il diritto di recesso doveva essere indicato nei contratti
stessi, anche se non vi era una previsione di nullità come quella di cui
all’art.30 co.6 del TUF).
72. Collocamento
Evoluzione
Quella normativa, ancora in embrione, era peraltro incentrata su doveri di
disclosure standardizzati che prescindevano dalla situazione e dalle
esigenze del singolo investitore e trovava nella consegna del prospetto
informativo il suo momento qualificante. Si trattava di una “disciplina del
prodotto” e della trasparenza di quel prodotto.
73. Collocamento
Evoluzione
Anche quando con la legge SIM n.1/1991 l’attività di “collocamento e
distribuzione di valori mobiliari con o senza preventiva sottoscrizione o
acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti
dell’emittente” è stata ricompresa tra le attività di intermediazione
mobiliare – e come tale sottoposta a riserva e alle relative regole di condotta
(fra cui anche quella che imponeva all’intermediario di conoscere il proprio
cliente e di valutare l’adeguatezza dei suoi investimenti) l’attività di
collocamento ha comunque mantenuto un forte aggancio con la disciplina
del prodotto collocato, come reso manifesto in particolare:
74. Collocamento
Evoluzione
dall’esenzione dalla forma scritta per il contratto regolante il rapporto fra
l’intermediario collocatore e il cliente (esenzione la cui ratio poteva cogliersi
nella finalità di evitare duplicazioni a fronte di una normativa che
continuava a richiedere la forma scritta per l’adesione al prodotto
collocato);
nella norma remunerazione del collocatore, a differenza di quanto poteva
registrarsi in occasione di tutte le altre attività di intermediazione
mobiliare, non direttamente da parte del cliente/investitore, ma da parte
delle “società prodotto” i cui titoli venivano distribuiti: nel prezzo di tali
titoli finiva per essere ricompresa anche la remunerazione
dell’intermediario collocatore.
75. Collocamento
Evoluzione
La situazione è rimasta nei termini sopradetti anche con il d.lgs.415/1996 e
con l’originaria formula del d.lgs.5871998.
In occasione del recepimento della MiFID, l’ordinamento nazionale ha invece
compiuto un passo deciso verso la liberazione del collocatore dalla disciplina
del prodotto da distribuire, disponendo la necessità di un contratto scritto nel
rapporto con il cliente retail e considerando l’ipotesi della remunerazione del
collocatore ad opera di un soggetto diverso dal cliente finale un’eccezione
sottoposta alle specifiche condizioni previste dalla disciplina comunitaria.
Il nuovo servizio di “consulenza in materia di investimenti”, poi, si presta ad
un tipico e normale abbinamento con i servizi dispositivi (quali la ricezione e
trasmissione ordini, l’esecuzione di ordini, ma anche, e soprattutto, il
collocamento), contribuendo alla valorizzazione del rapporto di servizio
dell’intermediario con il proprio cliente.
76. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
La MiFID distingue (v.allegato 1 sez.A contenente l’elenco dei servizi e delle
attività e degli strumenti finanziari) tra:
- “assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di
strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile”
- “collocamento di strumenti finanziari senza impegno irrevocabile”.
77. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Specularmente, l’art.1 co.5, TUF distingue due servizi che, in precedenza,
erano identificati unitariamente: ossia, il servizio di collocamento “senza” o
“con” forme di garanzia.
Va notato che la garanzia, come viene specificato nel TUF, è assunta “nei
confronti dell’emittente”: si tratta dunque di una garanzia del collocatore
offerente a vantaggio dell’emittente.
Il termine underwriting è tradotto nel TUF come “sottoscrizione”, a fronte
dell’espressione “assunzione a fermo” che compare invece nel testo italiano
della MiFID.
78. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Proprio tale fedele riproduzione della direttiva in lingua inglese, ad opera del
TUF novellato, sembra aver segnato una potenziale innovazione
dell’ordinamento nazionale, rispetto al precedente contesto. Oggi la lettera c)
del comma 5 dell’art.1 del TUF, infatti, riproducendo l’espressione della
direttiva, fa riferimento a “sottoscrizione e/o collocamento” di strumenti
finanziari. Pertanto, se nel precedente quadro nazionale di riferimento si
era potuto ritenere che la preventiva “sottoscrizione” potesse certamente
accompagnarsi al collocamento, ma non integrare di per sé sola un’attività
riservata, oggi pare rilevare anche il solo underwriting non seguito dal
placing. Nel caso, peraltro, mancando un cliente-investitore con cui
l’intermediario entra in contatto, potremmo dire di essere in presenza di
una attività di investimento – piuttosto che di un servizio – rispetto alla
quale, dunque, non risulteranno applicabili le regole di condotta previste
dall’ordinamento nel normale presupposto della relazione con l’investitore
(adeguatezza, appropriatezza, informativa, etc).
79. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Le due forme che il servizio può assumere sono riflesse, rispettivamente, nelle
due distinte definizioni di cui alle lettere c) e c-bis) dell’elenco di cui all’art.1
comma 5. Come detto, la distinzione deriva dalla circostanza per la quale
l’intermediario può sopportare o meno – e, in caso affermativo, con
modalità ed intensità diverse – il rischio che l’operazione non vada a buon
fine. Nel caso di cui alla lettera c-bis) della definizione nazionale (o della
previsione “senza impegno irrevocabile” di cui al n.7 della sez. A dell’all.1
MiFID), l’intermediario non sopporta il rischio del mancato buon fine
dell’operazione; nel caso di cui alla lettera c) (o “con impegno” secondo la
definizione di cui al n. 6 dell’elenco allegato alla MiFID), tale rischio, di
contro, sussiste.
80. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Il fatto che l’attività svolta ricada nell’una o nell’altra forma dipende,
evidentemente, dagli accordi che intervengono tra il collocatore e il soggetto
che emette o vende gli strumenti finanziari: nel caso di collocamento senza
garanzia, il rischio del mancato collocamento è sopportato integralmente
dall’emittente, o dal soggetto che pone in vendita gli strumenti finanziari.
Nell’ipotesi in cui il collocatore si accolli, invece, tutto o parte del rischio
relativo al mancato collocamento degli strumenti finanziari possono darsi
quanto meno due casi principali: in base a un primo schema, il collocatore
assume l’impegno di acquisire, al termine dell’offerta gli strumenti
finanziari non collocati; in alternativa, il collocatore acquisisce
immediatamente, in tutto o in parte, gli strumenti oggetto del collocamento,
assumendo conseguentemente l’impegno di offrirli a terzi (è, questo, il caso
della “assunzione a fermo”).
81. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Il servizio di collocamento, per dirsi tale in senso proprio deve avere ad
oggetto “strumenti finanziari”: in tale senso è l’art.1 co.5 del TUF e a livello
comunitario, l’art.4 §1, n.2 della MiFID.
Non rientra, pertanto, all’interno della relativa nozione l’attività che avesse ad
oggetto “prodotti finanziari”, diversi dagli strumenti finanziari o “servizi di
investimento”.
Nella circoscrizione della fattispecie “collocamento”, propriamente detta, ai
fenomeni aventi ad oggetto “strumenti finanziari” si registra pertanto una
differenziazione tra i confini oggettivi della nozione in esame, da un lato e
quella di “offerta fuori sede” e di “promozione e collocamento a distanza”
dall’altro.
82. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Queste ultime, infatti, per il cui svolgimento pure la legge richiede, di norma,
l’autorizzazione al collocamento, hanno un ambito oggettivo di estensione più
ampio potendo aver a oggetto anche prodotti finanziari diversi dagli
strumenti finanziari, oltre che servizi di investimenti.
Fermo restando quanto sopra ai fini della ricostruzione della nozione di
collocamento propriamente detta, si deve tuttavia osservare come, ai sensi
dell’art.25-bis del TUF, introdotto dalla legge sul risparmio, le regole di
condotta generale disciplinanti la prestazione dei servizi di investimento si
applichino anche “alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari
emessi da banche e da imprese di assicurazione”.
83. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Con riguardo ai prodotti finanziari emessi dalle banche, la portata del
richiamo si coglie nella scelta di riferire l’area di applicazione delle regole
dettate dal TUF anche al caso in cui sia la stessa banca emittente a precedere
al “classamento” diretto delle proprie obbligazioni (o di propri altri titoli di
debito) alla clientela. Nel passato, infatti, il classamento da parte della banca
emittente di propri titoli di debito era stato considerato come rientrante
nell’area della “raccolta del risparmio fra il pubblico”, momento della tipica
attività bancaria, piuttosto che esercizio di un servizio di investimento. La
stessa Consob aveva ritenuto che il classamento da parte di una banca in sede
di emissione presso le proprie sedi di proprie obbligazioni non rientrasse
nell’ambito del servizio di collocamento e, al di fuori dell’ipotesi dell’offerta
fuori sede, si dovesse ritenere regolato esclusivamente dal TUB.
84. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Il nuovo art.25-bis introdotto nel TUF mira invece, inequivocabilmente, ad
attrarre all’area delle regole di condotta dettate per il collocamento
propriamente detto anche il fenomeno del c.d. “auto-collocamento” di propri
titoli di debito da parte delle banche.
Quanto ai prodotti assicurativi, gli stessi continuano a non essere strumenti
finanziari. Sono tuttavia qualificate come “prodotti finanziari” (v. art.1,
comma 1, lett. w-bis) “le polizze e le operazioni di cui ai rami vita terzo e
quinto” del codice delle assicurazioni private. Si tratta delle polizze unit
linked e index linked e delle operazioni di capitalizzazione, nelle quali la
componente finanziaria ha assunto una - ora riconosciuta - valenza
centrale, tanto da essere colte dai risparmiatori come succedanei di
strumenti finanziari tipicamente intesi (obbligazioni, quote di fondi comuni,
ecc.).
85. La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.
Anche la sottoscrizione e il collocamento di tali prodotti, per effetto
dell’art.25-bis del TUF sono, pertanto, sottoposti alle stesse regole
disciplinanti i servizi di investimento, sia che la distribuzione avvenga
direttamente da parte dell’impresa di assicurazione emittente, sia che la
stessa sia affidata a banche o a SIM distributrici.
Nella prassi interpretativa della Consob, formatasi antecedentemente alla
MiFID – ma ancora utilizzabile – il servizio consiste nell’offerta a una cerchia
di possibili investitori, di un determinato quantitativo di strumenti finanziari,
sulla base di un accordo preventivo che intercorre tra l’intermediario
collocatore e il soggetto che emette (o vende) gli strumenti stessi (v. la
comunicazione Consob 9 luglio 1997, n.DAL/97006042). Il collocamento
presuppone, pertanto, la presenza di un soggetto (emittente o titolare degli
strumenti finanziari) per conto del quale l’intermediario agisce.
86. Differenze: esecuzione ordini; auto-
collocamento; offerta fuori sede
il servizio di collocamento può avere ad oggetto anche la sottoscrizione, e non
soltanto la vendita di strumenti finanziari (anzi, il collocamento è
normalmente un servizio che si svolge proprio sul c.d. “mercato primario”);
nel collocamento, l’intermediario necessariamente offre all’investitore di
acquistare o sottoscrivere strumenti finanziari, mentre l’esecuzione di
ordini, a differenza del collocamento, può avere ad oggetto non solo
l’acquisto ma anche la vendita di strumenti finanziari;
nel collocamento, l’offerta degli strumenti finanziari avviene a condizioni
standardizzate, nell’ambito dello svolgimento di un’operazione di massa. E’
possibile, beninteso, che il collocamento avvenga per tranches, e ciascuna
tranche può essere riservata a talune categorie di investitori soltanto (ad
esempio: investitori istituzionali, pubblico indistinto, dipendenti della
società o del gruppo, etc.), ma nell’ambito di ciascuna tranche l’operazione si
realizzerà comunque a condizioni uniformi.
87. Differenze: esecuzione ordini; auto-
collocamento; offerta fuori sede
Secondo la nuova formulazione dell’art.33 comma 2 del TUF ai sensi
del quale (lett. e-bis), le SGR possono “commercializzare quote o
azioni di OICR propri o di terzi …”. L’attività consentita è
circoscritta alle parti di OICR (seppure anche quelle di terzi) ed è, al
fine di dare un segno di distinzione, qualificata come
“commercializzazione”, evocando il termine marketing di un
utilizzo comunitario.
88. Contratto scritto. Remunerazione del
collocatore
Si è già accennato come i principali tratti della disciplina del
collocamento si colgano nella (ora) prescritta necessità di concludere
un apposito contratto scritto tra collocatore e cliente al dettaglio,
oltre che nella regolamentazione degli “inducements” la quale rende
la remunerazione del collocatore ad opera della società-prodotto
meno normale di quanto potesse essere nel passato.
Quanto al primo aspetto, già nel 2003 la Consob, nel documento di
prima consultazione sulla revisione del regolamento 11522/1998,
aveva proposto di riformare l’art.30, comma 3, di cui al regolamento
(che esonerava dalla stipula di un contratto scritto con il cliente
retail il prestatore del servizio di collocamento), prevedendo la
necessaria formalizzazione del contratto almeno per i casi in cui fra
il collocatore e il cliente fosse sorto un rapporto di durata.
89. Contratto scritto. Remunerazione del
collocatore
Tale rapporto, tipicamente, era rintracciabile in sede di distribuzione
di quote di fondi comuni che richiede di norma la successiva
assistenza da parte dell’intermediario collocatore in termini, quanto
meno di esecuzione di switch o di rimborsi.
In tali casi appariva poco giustificabile il risolversi del rapporto fra
intermediario distributore e cliente esclusivamente nella disciplina
del prodotto collocato.
Con il recepimento della MiFID la riforma si è integralmente
compiuta e ora, fra collocatore e cliente al dettaglio deve sempre
sussistere un apposito contratto quadro redatto per iscritto.
.
90. Contratto scritto. Remunerazione del
collocatore
Quanto al corrispettivo del servizio, se nel passato si poteva ritenere
normale che il collocatore ricevesse la propria remunerazione
dall’emittente/offerente i titoli collocati, nel cui prezzo complessivo
era di norma compresa la quota parte poi retrocessa al distributore.
con la MiFID (e in particolare con l’art.26 della direttiva
2006/73/CE) tale modello deve considerarsi superato.
Anche per il collocatore, la normalità è essere remunerato dal
cliente. La remunerazione proveniente da un soggetto diverso dal
cliente è giustificabile solo nella misura in cui questa sia volta ad
accrescere la qualità del servizio fornito al cliente e non ostacoli
l’adempimento da parte dell’intermediario dell’obbligo di servire al
meglio gli interessi dell’investitore.
91. Requisiti degli intermediari finanziari
Requisiti di professionalità (art.14 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).
Requisiti di onorabilità (art.15 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).
Requisiti patrimoniali (art.16 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).
Incompatibilità (art. 17)
Requisiti tecnico informatici (art. 18)
Inoltre l’art.19 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141 prevede la creazione di un
organismo competente per la gestione degli elenchi degli agenti in
attività finanziaria e dei mediatori creditizi.
92. Classificazione della clientela
La MiFID impone alle imprese di investimento di operare una classificazione della
propria clientela ai fini di modulare gli obblighi informativi da assolvere e le tutele da
garantire. Vi sono, dunque, tre categorie di clienti:
Cliente al dettaglio (o retail), definito in negativo in quanto né cliente professionale né
controparte qualificata.
Cliente professionale, categoria alla quale appartengono di diritto i soggetti autorizzati a
svolgere servizi di investimento, i Governi nazionali e locali, gli enti pubblici, le Banche
centrali e le istituzioni internazionali. Inoltre, un cliente al dettaglio può chiedere di
essere considerato professionale, dopo essersi sottoposto ad una valutazione di idoneità
da parte dell'impresa di investimento.
Controparte qualificata, un sottoinsieme dei clienti professionali composto da imprese
di investimento, enti creditizi e assicurativi, fondi pensione, Governi nazionali, Banche
centrali e istituzioni internazionali. L'accesso a tale categoria non è automatico, bensì il
cliente deve confermare di voler essere trattato come controparte qualificata.
93. Classificazione della clientela
Nell’ambito della categoria dei “clienti professionali” è opportuno
distinguere tra:
“clienti professionali privati” individuati nell’Allegato 3 del
Regolamento Intermediari;
“clienti professionali pubblici” che saranno individuati in un
emanando regolamento del Ministero dell’Economia.
L’Allegato n. 3 del Regolamento Intermediari distingue i clienti
professionali privati in due categorie:
i clienti professionali di diritto;
i clienti professionali su richiesta.
94. Clienti professionali privati di diritto
Le imprese di grandi dimensioni che presentano, a livello di singola
società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali:
• totale di bilancio: 20 milioni di Euro;
• fatturato netto: 40 milioni di Euro;
• fondi propri: 2 milioni di Euro
95. Controparti qualificate
Le “Controparti qualificate” sono i soggetti nei confronti dei quali le imprese di
investimento, allorquando prestano i servizi di esecuzione di ordini e/o
negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, non
sono tenute ad osservare gli obblighi di cui agli artt. da 27 a 56, ad eccezione
del comma 2 dell’articolo 49 del Regolamento Intermediari. Sono da
considerare controparti qualificate:
- le imprese di investimento, le banche, le imprese di assicurazioni, gli
OICR, le SGR, le società di gestione armonizzate, i fondi pensione, gli
intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106, 107 e 113
del T.U. bancario, le società di cui all’art. 18 del T.U. bancario, gli istituti di
moneta elettronica, le fondazioni bancarie, i governi nazionali e i loro
corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il
debito pubblico, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a
carattere pubblico;
96. Controparti qualificate
Le “Controparti qualificate” sono i soggetti nei confronti dei quali le imprese di
investimento, allorquando prestano i servizi di esecuzione di ordini e/o
negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, non
sono tenute ad osservare gli obblighi di cui agli artt. da 27 a 56, ad eccezione del
comma 2 dell’articolo 49 del Regolamento Intermediari. Sono da considerare
controparti qualificate:
L'ordinamento di settore, in esito al recepimento della MiFID, prevede tre categorie
di clienti, in relazione alle quali le regole di condotta degli intermediari subiscono
una diversa graduazione:
a. i clienti professionali;
b. le controparti qualificate;
c. i clienti al dettaglio.
97. Controparti qualificate
In particolare, l'art. 6 del D.lgs. 141/2010:
, comma 2-quater, lettera d), nel fornire l'elenco dei soggetti ascrivibili alla
categoria delle "controparti qualificate", menziona espressamente "gli
intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti da[ll'] ... articol[o] … 113 del testo
unico bancario". I soggetti in esame sono altresì riconducibili alla categoria dei
clienti professionali privati di diritto, in quanto, ai sensi dell' Allegato n. 3, sezione I
al Regolamento lntermediari n. 16190, "si intendono clienti professionali per tutti i
servizi e gli strumenti di investimento: 1) i soggetti che sono tenuti ad essere
autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o
esteri quali: a) banche; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari
autorizzati o regolamentati".
98. Variazione della classificazione
Il processo di classificazione non si conclude necessariamente al momento del
primo contatto con il cliente. La classificazione iniziale, infatti, può essere
modificata nel corso del rapporto, sia su iniziativa dell’intermediario che
su richiesta del cliente.
L’intermediario può decidere di trattare come cliente professionale o cliente al
dettaglio un cliente che potrebbe essere altrimenti classificato come
controparte qualificata, ovvero trattare come cliente al dettaglio un cliente che
è considerato cliente professionale di diritto. In tal caso l’intermediario fornirà
una apposita informativa al cliente circa la variazione della classificazione.
99. Variazione della classificazione
Anche il cliente, peraltro, ha diritto a richiedere una variazione della
classificazione attribuitagli dall’intermediario.
Tale richiesta di variazione nella classificazione può avere ad oggetto uno o
più servizi di investimento, uno o più prodotti finanziari, ovvero una o più
operazioni di investimento.
100. Variazione della classificazione
da cliente al dettaglio a cliente professionale
In merito alla valutazione che deve essere compiuta dall’intermediario, è
opportuno ricordare che la disapplicazione delle regole di condotta previste per
la prestazione dei servizi nei confronti dei clienti non professionali è consentita
solo nel caso in cui l’intermediario, dopo aver effettuato una valutazione
adeguata della competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del cliente,
può ragionevolmente ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o
dei servizi previsti, che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente
le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi
che assume.
101. Variazione della classificazione
da cliente al dettaglio a cliente professionale
L’intermediario deve in ogni caso verificare che il cliente soddisfatti almeno due
dei seguenti requisiti:
(i) il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in
questione con una frequenza media di 10 operazioni a trimestre nei quattro
trimestri precedenti;
(ii) il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi
in contante, deve superare i 500.000 Euro;
(iii) il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un
anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza dei
servizi previsti.
102. Variazione della classificazione
Se l’intermediario valuta che il cliente non è in possesso dei suddetti requisiti,
ovvero non ha adeguata conoscenza, esperienza e competenza in materia di
investimenti, dovrà rifiutarsi di procedere con la variazione da cliente al
dettaglio a cliente professionale, informando prontamente il cliente .
103. Variazione della classificazione da
controparte qualificata a cliente al dettaglio
Quando una controparte qualificata richiede espressamente di essere trattata
come un cliente al dettaglio, è necessario che la controparte qualificata e
l’intermediario concludano un accordo scritto in cui si stabiliscano i servizi, le
operazioni e i prodotti ai quali si applica il trattamento quale cliente al dettaglio.
104. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
La MiFID distingue tra:
• valutazione di adeguatezza (at. 39 e 40 Reg. Intermediari);
• valutazione di appropriatezza (art. 41 e 42 Reg. Intermediari).
105. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Il Considerando n. 56 della Direttiva 2006/73/CE stabilisce che: “è
necessario prevedere regole distinte per le modalità pratiche della
valutazione dell’adeguatezza (…) e della valutazione di
appropriatezza (…). Tali valutazioni hanno un ambito di
applicazione diverso per quanto riguarda i servizi di investimento
ai quali si riferiscono e hanno diverse funzioni e caratteristiche”.
106. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Valutazione di adeguatezza
Ai sensi dell’art. 39 del Regolamento Intermediari, al fine di
raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti adatti al
cliente o potenziale cliente, nella prestazione di servizi di
consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafogli,
gli intermediari ottengono dal cliente o potenziale cliente le
informazioni necessarie in merito alla conoscenza e esperienza
nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di
servizio, alla situazione finanziaria, agli obiettivi di
investimento.
107. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Valutazione di adeguatezza
Le informazioni riguardanti la situazione finanziaria includono, ove
pertinenti, dati sulla fonte e sulla consistenza del reddito del
cliente, del suo patrimonio complessivo e dei suoi impegni
finanziari (cfr. art. 39, comma 3, della Regolamento Intermediari).
108. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Disposizioni comuni
Le informazioni relative alle conoscenze ed esperienza del
cliente in materia di investimenti - presupposto sia della
valutazione di adeguatezza che della valutazione di
appropriatezza - devono essere basate su:
(i) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il
cliente ha dimestichezza;
(ii) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su
strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo
durante il quale queste operazioni sono state eseguite;
(iii) il livello di istruzione e la professione o, se rilevante, la
precedente professione del cliente.
109. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Valutazione di adeguatezza
Un’operazione di investimento potrà essere ritenuta adeguata se
soddisfa i seguenti criteri:
(i) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente;
(ii) sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di
sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento
compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento;
(iii) sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria
esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti
all’operazione o alla gestione del suo portafoglio.
(cfr. art. 40 del Regolamento Intermediari).
110. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Valutazione di adeguatezza
In caso di prestazione del servizio di consulenza in materia di
investimenti ad un cliente professionale considerato tale di
diritto ai sensi dell’Allegato n. 3 al presente regolamento
ovvero del regolamento emanato dal Ministro dell’Economia e
delle Finanze ai sensi dell’articolo 6, comma 2-sexies del
Testo Unico, gli intermediari possono presumere che il cliente
sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi
rischio di investimento compatibile con i propri obiettivi di
investimento.
111. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Valutazione di appropriatezza
Quando prestano servizi di investimento diversi dalla
consulenza in materia di investimenti o dalla gestione di
portafogli, gli intermediari richiedono al cliente o al potenziale
cliente di fornire informazioni in merito alla sua conoscenza e
esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di
strumento o di servizio proposto o chiesto (cfr. art. 41,
Regolamento Intermediari).
112. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Valutazione di appropriatezza
Qualora il cliente scelga di non fornire le informazioni richieste
dall’ intermediario circa le sue conoscenze ed esperienze, ovvero
qualora tali informazioni siano insufficienti, l’intermediario avverte
il cliente che la sua decisione impedirà di determinare se il
servizio o prodotto sia per lui “appropriato” .
Qualora l’intermediario ritenga che il prodotto o servizio non sia
“appropriato” al cliente, avverte il cliente di tale circostanza.
113. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Execution only
Gli intermediari quando prestano i servizi di esecuzione di ordini
per conto dei clienti o di ricezione e trasmissione di ordini (c.d.
“execution only”), non sono tenuti ad acquisire dai clienti le
informazioni relative alle sue conoscenze ed esperienze in
materia di investimenti, né ad effettuare la valutazione di
appropriatezza se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
114. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Execution only
- i servizi prestati sono connessi ad azioni ammesse
alla negoziazione in un mercato regolamentato, o in un
mercato equivalente di un paese terzo, strumenti del
mercato monetario, obbligazioni o altri titoli di debito
(escluse le obbligazioni o i titoli di debito che
incorporano uno strumento derivato), OICR
armonizzati ed altri strumenti finanziari non complessi;
115. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Execution only
-il servizio è prestato a iniziativa del cliente o potenziale cliente;
-il cliente o potenziale cliente è stato chiaramente informato che
l'intermediario non è tenuto a valutare l’appropriatezza e che pertanto
l’investitore non beneficia della protezione offerta dalle relative
disposizioni;
- l’intermediario rispetta i propri obblighi in tema di conflitto di interessi.
116. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Execution only
Uno strumento finanziario che non sia menzionato all’articolo 43, comma 1,
lettera a) è considerato non complesso se soddisfa i seguenti criteri:
• non rientra nelle definizioni di cui all’art. 1, comma 1-bis), lettere c) e d),
del Testo Unico, nonché nelle definizioni di cui all’articolo 1, comma 2,
lettere d), e), f), g), h), i) e j) del Testo Unico;
• esistono frequenti opportunità di cedere, riscattare od ottenere altrimenti
il corrispettivo di tale strumento a prezzi che siano pubblicamente
disponibili per i partecipanti al mercato. Tali prezzi devono essere quelli
• di mercato o quelli messi a disposizione, ovvero convalidati, da sistemi di
di valutazione indipendenti dall’emittente.
117. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Execution only
• non implica alcuna passività effettiva o potenziale per il cliente che vada oltre
il costo di acquisizione dello strumento;
• sono pubblicamente disponibili informazioni sufficientemente complete e di
agevole comprensione sulle sue caratteristiche, in modo tale che il cliente al
dettaglio medio possa prendere una decisione informata in merito alla
realizzazione o meno di un’operazione su tale strumento.
118. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Nell’ambito del servizio di execution only l’intermediario:
a) non è tenuto ad effettuare la valutazione di appropriatezza;
b) deve rispettare la regola della best execution. In caso di ricezione e
trasmissione ordini la regola si tramuta in un obbligo di diligente ed efficace
selezione degli intermediari che possano garantire la miglior esecuzione
possibile dell’ordine;
c) deve rispettare la disciplina dei conflitti di interesse.
119. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
La consulenza e la Direttiva MiFID
Il considerando n. 3 della Direttiva 2004/39/CE, prevede che “Per via della sempre
maggior dipendenza degli investitori dalle raccomandazioni personalizzate è
opportuno includere la consulenza in materia di investimenti tra i servizi di
investimento che richiedono un’autorizzazione”.
L’art. 1, comma 5, del T.U.F., ricomprende la consulenza in materia di investimenti
tra i “servizi e le attività di investimento”.La ratio alla base della scelta del
legislatore comunitario di definire la consulenza finanziaria come servizio di
investimento deriva dalla considerazione che tale servizio costituisce un’attività
“delicata” (o, se si vuole, “pericolosa”) dal momento che coinvolge, alla stregua
degli altri servizi di investimento, direttamente il pubblico risparmio.
120. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
La consulenza e il TUF
Ai sensi dell’art.1, comma 5-septies del T.U.F., per consulenza in materia di
investimenti si intende la prestazioni di raccomandazioni personalizzate a un
cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a
una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario.
La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta per il
cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una
raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante
canali di distribuzione.
121. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
La consulenza e la Direttiva MiFID
Il considerando n. 79 della Direttiva 2006/73/CE prevede che “La consulenza in
merito a strumenti finanziari fornita in un quotidiano, giornale, rivista o in qualsiasi
altra pubblicazione destinata al pubblico in generale (incluso tramite Internet) o
trasmissione televisiva o radiofonica non deve essere considerata come una
raccomandazione personalizzata ai fini della definizione di «consulenza in materia
di investimenti» di cui alla direttiva 2004/39/CE”.
122. Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
La consulenza ‘generica’
Il considerando n. 81 della Direttiva 2006/73/CE prevede che “una consulenza
generica in merito ad un tipo di strumento finanziario non è una consulenza in
materia di investimenti ai fini della direttiva 2004/39/CE, in quanto la presente
direttiva specifica che, ai fini della direttiva 2004/39/CE, la consulenza in materia
di investimenti è limitata alla consulenza in merito a determinati strumenti
finanziari.
Tuttavia se l’impresa di investimento fornisce una consulenza generica ad un
cliente in merito ad un tipo di strumento finanziario che essa presente come
adatto per tale cliente (…) e tale consulenza non è in realtà adeguata per tale
cliente (…) è probabile che tale impresa violi l’art. 19, paragrafo 1 o 2 della
Direttiva 2004/39/CE”.
123. Sistemi multilaterali di negoziazione
Nella Direttiva MiFID viene definito come: ‘sistema multilaterale di negoziazione
gestito da un’impresa di investimento o da un gestore del mercato che consente
l’incontro-al suo interno e in base a regole non discrezionali-di interessi multipli di
acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari’ Come per la borsa
anche un sistema multilaterale di negoziazione è soggetto ad una preventiva
autorizzazione della Consob. Nel richiederla l’impresa d’investimento dovrà
allegare l’elenco degli strumenti finanziari che saranno oggetto degli scambi le
regole di funzionamento del sistema e le procedure di vigilanza adottate.
124. Best execution
La stretta della MiFID ruota anche attorno a un altro principio generale, quello della
cosiddetta "best execution": l'obbligo imposto agli intermediari ad eseguire l'ordine
del cliente alle migliori condizioni anche a danno dei pro-pri interessi. La best
execution resta però un concetto fumoso quando lo strumento di riferimento non è
l'azione ma l'obbligazione: proprio la crisi subprime ha fatto emergere la mancanza
di un efficiente mercato secondario per i bond strutturati e le cartolarizzazioni. E
prima di questo terremoto le emissioni di bond con un importo inferiore ai 500
milioni di euro era comunque definite "illiquide". A questo va aggiunta l'opacità dei
prezzi delle obbligazioni bancarie strutturate collocate a rubinetto attraverso la rete
degli sportelli.
.
125. Sistemi multilaterali di negoziazione
. Le imprese di investimento sono obbligate a informare i clienti della strategia di
esecuzione e di trasmissione degli ordini (la cosiddetta best execution policy) che
intendono adottare e a eseguirla in modo da assicurare il miglior risultato possibile,
avendo riguardo al prezzo, ai costi totali, alla rapidità e alla probabilità di
esecuzione e di regolamento, alle dimensioni, alla natura dell’ordine o a qualsiasi
altra caratteristica rilevante ai fini dell’esecuzione. L’’impresa dovrà scegliere la
sede più idonea in cui eseguire l’ordine: dai mercati regolamentati ai sistemi
multilaterali di negoziazione, ai mercati informali.
126. Attuazione Direttiva 2008/48/CE
Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n 141
•Art. 117 Contratti
•Art: 123 Pubblicità
•Art 124 Obblighi precontrattuali
•Art 124 Bis Verifica Merito Creditizio
•Art.125 Banche Dati
•Art.125 bis Contratti e comunicazioni
•Art.125 ter Recesso del consumatore
127. Gestione del conflitto di interessi
Gli intermediari devono identificare le attività di investimento per le quali esiste o
potrebbe sorgere un conflitto di interesse, iscriverle in un registro e informarne
chiaramente i clienti che potrebbero averne pregiudizio, prima di agire per loro
conto. Il cliente è messo nelle condizioni di decidere se usufruire comunque dei
servizi offerti dall’impresa di investimento o rivolgersi altrove.
Collegato al tema dei conflitti di interessi, è quello degli incentivi (inducements) : La
MiFID obbliga gli intermediari a comunicare alla clientela gli incentivi percepiti da
controparti terze e a dimostrare che non danneggiano la qualità del servizio ma
hanno, al contrario, l’obiettivo di accrescerla.
.
128. Gestione del conflitto di interessi
In una scheda predisposta dal ministero del Tesoro sulla MiFID viene puntualizzato
che le autorità e gli intermediari dovranno adottare «ogni misura ragionevole per
identificare i conflitti d'interesse e per gestirli in modo da evitare che incidano
negativamente sugli interessi dei clienti».Quando il conflitto d'interesse è
inevitabile, allora per lo meno deve essere esposto al cliente nero su bianco.
C'è poi la cosi' detta modalità di "mera esecuzione degli ordini". In questa caso
l'intermediario è esonerato dalla responsabilità di fare valutazioni circa
l'appropriatezza dell'operazione che si va a porre in essere. Per fare questo è
sufficiente che l'intermediario informi il cliente che sta eseguendo l'operazione con
questa modalità.
.
129. Il servizi accessori e le attività connesse
e strumentali
Ai sensi dell’art.1, comma 6, TUF, come novellato dal d.lgs. n.164/2007 di
attuazione della MiFID, per servizi accessori si intendono – per trasposizione
dell’elenco di cui all’allegato 1) sez. B MiFID – i seguenti: (omissis)
Dalla precedente elencazione del testo unico scompare, dal novero dei servizi
accessori la consulenza in materia di investimenti, assunta, come si è visto, al
rango di servizio di investimento.
Ulteriore novità è la previsione, tra i servizi accessori, delle attività e dei servizi che
il Ministero delle Economie e delle Finanze avrebbe dovuto individuare con
apposita regolamentazione: si tratta in particolare delle attività e dei servizi
connessi alla prestazione di servizi di investimento ed accessori aventi ad oggetto
strumenti derivati.
.
130. Il servizi accessori e le attività connesse
e strumentali
Un nuovo servizio accessorio è poi quello della ricerca in materia di investimenti,
l’analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti
operazioni relative a strumenti finanziari, sulla quale specificamente mi soffermerò.
In via generale occorre tenere a mente che i servizi accessori non sono soggetti a
riserva di attività a favore degli intermediari abilitati alla prestazione dei servizi di
investimento. I servizi accessori rappresentano però servizi che gli intermediari
possono svolgere in quanto, per l’appunto, autorizzati alla prestazione dei servizi di
investimento
.
131. Il servizi accessori e le attività connesse
e strumentali
La possibilità di prestare servizi accessori, unitamente ai servizi di investimento, si
giustifica, per gli intermediari abilitati, in base all’elevata complementarità delle due
“famiglie” di servizi. Non trattandosi di attività soggette a riserva, si tratta, peraltro,
di servizi che possono essere liberamente svolti anche da soggetti non abilitati.
Il termine “accessorio”, peraltro, non significa necessariamente che i servizi in
parola debbano essere per forza prestati in via “ausiliaria” o “strumentale” rispetto
a un servizio di investimento: tale requisito, infatti, è previsto unicamente per il
servizio accessorio di intermediazione in cambi. E’ dunque perfettamente legittimo
che un intermediario abilitato alla prestazione di servizi di investimento svolga
servizi accessori anche in via autonoma, senza cioè che il servizio accessorio sia,
per così dire, di supporto a un servizio di investimento.
.
133. Riserva di attività e soggetti abilitati
L’accesso alla prestazione dei servizi e delle attività di investimento deve essere
subordinato ad un’autorizzazione, rilasciata dalle autorità competenti degli Stati
membri (art. 5 MiFID).
Vi è, inoltre, la possibilità per le imprese di investimento comunitarie di prestare, a
determinate condizioni, il loro servizi anche negli altri Stati membri della U.E.
L’accesso a servizi e attività di investimento avviene in base modalità diverse a
seconda che il soggetto sia una banca o un’impresa di investimento e a seconda
che il soggetto sia italiano o straniero.
Il TUF (artt. 18 e 18-bis) prevede che le banche e le imprese di investimento non
sono i soli soggetti che possono prestare servizi ed attività di investimento, poiché
ad esse si aggiungono: le società di gestione del risparmio (SGR), le società di
gestione armonizzate (SGA), le società di cui all’art. 107 TUB, gli agenti di cambio,
i consulenti finanziari, le società fiduciarie iscritte in una sezione speciale dell’albo
delle SIM, le società di gestione dei mercati regolamentati.
.
134. Riserva di attività e soggetti abilitati
L’art. 1 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n.
10 dell’11/3/2008 ha modificato il paragrafo 2 dell’art. 3 della
MIFID, che recita: . <<Le persone escluse dall'ambito
d'applicazione della presente direttiva a norma del paragrafo 1
non godono delle libertà di prestare servizi e/o di effettuare attività
di investimento o di stabilire succursali previste, rispettivamente,
dalle disposizioni dell'articolo 31 e dell'articolo 32.Tali misure,
intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva
completandola, sono adottate secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui all'articolo 64, paragrafo 2
>>.
135. Riserva di attività e soggetti abilitati
Inoltre, come previsto dall’art. 5 DIR 39/2004, modificato dall’art. 6 DIR 78/2010: 3.
Gli Stati membri istituiscono un registro di tutte le imprese di investimento. Il
registro è accessibile al pubblico e contiene informazioni sui servizi o sulle attività
per i quali l'impresa di investimento è autorizzata. Il registro è aggiornato
regolarmente. Ogni autorizzazione è notificata all'Autorità europea di vigilanza
(Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (in prosieguo
l'“AESFEM”), istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e
del Consiglio.
L'AESFEM redige un elenco di tutte le imprese di investimento dell'Unione. Il
registro contiene informazioni sui servizi o sulle attività per i quali l'impresa di
investimento è autorizzata ed è aggiornato regolarmente. L'AESFEM pubblica
l'elenco sul suo sito web e ne cura l'aggiornamento. Parimenti ogni revoca di
autorizzazione è notificata all’AESFEM ex art. 6 DIR 78/2010.
.
136. Riserva di attività e soggetti abilitati
IAutorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (in prosieguo
l'“AESFEM”), istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e
del Consiglio.
Art. 15 MiFID pagg. 29/30 (informativa all’AESEFEM NEL CASO
DI DIFFICOLTA’ NELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI IN PAESI TERZI)
Art. 16 n.ro 2 co. 2 pag. 31 (autorità competenti devono determinare metodi
appropriati per cotrollare che le imprese di investimento ottemperino agli
obblighi che incombono loro….esse devono notificare alle autorità
competenti qualunque modifica rilevante delle condizioni per ottenere l’aut.
Iniziale)
137. Riserva di attività e soggetti abilitati
Art. 19 n.ro 6 alinea I pag.34(AESFEM redige sul proprio sito un
elenco dei mercati che sono considerati equivalenti. L’elenco è
aggiornato periodicamente assiste anche la commissione nela
valutazione dei mercati di paesi terzi)
Art. 23 n. 3 co.1 pag. 39 – Art. 47 (creazione di un albo degli agenti
colegati)
Art. 25 n.ri 1 e 2 co. 2 pag. 41*1
Art. 27 n.ro 2 co 1 pag. 44 AESFEM
Art. 31 n.ro 2 ultimo periodo pag 49 AESFEM PROGETTI DI NORME
TECNICHE DI ATTUAZIONE
Art. 32 n.ro 10 co 3 pag.52 AESFEM PROGETTI DI NORME
TECNICHE DI ATTUAZIONE FORMATI STADARD, MODELLI E
PROCEDURE PER TRASMISSIONE INFO
.
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Notas del editor
Direttiva 2008/48/ CE Relativa ai CONTRATTI DI CREDITO AI CONSUMATORI, nonché MODIFICHE DEL TITOLO VI del T.U.B.(DECRETO L.GS N385 DEL 1993) IN MERITO ALLA DISCIPLINA DEI SOGGETTI OPERANTI NEL SETTORE FINANZIARIO, DEGLI AGENTI IN ATTIVITA’ FINANZIARIA E DEI MEDIATORI CREDITIZI.
*1Stati membri e AESFEM CONFORMEMENTE ALL’ARTICOLO 31 DEL REGOLAMENTO UE N.1095/2010 mettano in atto le misure appropriate per consentire all’autorità competente di controllare le attività delle imprese di investimento per assicurarsi che esse operino in modo, onesto, equo e professionale per rafforzare l’integrità del mercato.
*1Stati membri e AESFEM CONFORMEMENTE ALL’ARTICOLO 31 DEL REGOLAMENTO UE N.1095/2010 mettano in atto le misure appropriate per consentire all’autorità competente di controllare le attività delle imprese di investimento per assicurarsi che esse operino in modo, onesto, equo e professionale per rafforzare l’integrità del mercato.
*1Stati membri e AESFEM CONFORMEMENTE ALL’ARTICOLO 31 DEL REGOLAMENTO UE N.1095/2010 mettano in atto le misure appropriate per consentire all’autorità competente di controllare le attività delle imprese di investimento per assicurarsi che esse operino in modo, onesto, equo e professionale per rafforzare l’integrità del mercato.