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   Diritto ed economia dei mercati finanziari




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Indice

 •Le fonti normative a livello europeo e
 nazionale
 •La direttiva MiFID e la direttiva ISD
 •I Servizi e le attività di investimento
 •I servizi accessori e le attività connesse
 e strumentali
 •Brevi cenni alle regole di condotta
 applicabili alla prestazione di servizi di
 Investimento
 • consulenti finanziari
 •La riserva di attività e i soggetti abilitati
Le fonti normative a livello europeo e nazionale
Fonti normative a livello europeo
e nazionale
   Le prime direttive comunitarie in materia sono
    state rivolte all’armonizzazione dei vari
    ordinamenti nazionali in ambito finanziario.
    Occorre ricordare che negli anni 70, in
    presenza di sistemi finanziari ancora
    caratterizzati da radicali segmentazioni
    nazionali e dominati da assicurazioni e banche,
    le prime direttive comunitarie di
    coordinamento hanno trattato la definizione
    dei requisiti da soddisfare per consentire agli
    intermediari di operare negli altri stati
    membri..
Principali Fonti normative a
livello europeo e nazionale
   Direttive n.73/1973 e la n.267/1979 (riguardanti le
    assicurazioni
   Direttiva n.780/1977 (prima direttiva Banche)
    seguita da.
   Direttiva n.646/1989 (Segnerà un passo in avanti
    nel processo di liberalizzazione dei mercati, grazie
    all’introduzione del principio dell’autorizzazione
    comunitaria unica per le aziende di credito. Nello
    stesso anno, il quadro normativo si arricchiva della
    direttiva sulla solvibilità degli istituti creditizi
    vigilati (n.89/67/CEE).
Obiettivi del legislatore
   Questi interventi del legislatore comunitario erano
    caratterizzati dall’obiettivo della stabilità anche se
    nei “considerando” della seconda direttiva banche
    si sottolineava come la stabilità fosse condizione
    necessaria anche per assicurare eque condizioni
    concorrenziali e adeguata protezione ai
    risparmiatori e agli investitori.
Direttiva n.611/1985
   Nel corso degli anni 80 prendeva gradualmente
    forma e si rafforzava l’esigenza di regole idonee a
    garantire non solo stabilità ma anche eque
    condizioni competitive tra le diverse forme di
    intermediazione, nonché protezione degli
    investitori in uno spazio europeo più aperto alla
    libera circolazione dei capitali e degli operatori sui
    mercati finanziari.
Direttiva n.611/1985
   Si occupa di intermediari attivi nel settore
    dell’intermediazione mobiliare, anche se l’ambito
    di applicazione è circoscritto agli organismi di
    investimenti collettivo in valori mobiliari (OICVM),
    che offrono quote di fondi aperti su valori quotati
    in borsa o sui mercati regolamentati. Questo
    intervento normativo rispondeva soprattutto alla
    necessità di rimuovere le divergenze riscontrabili
    nelle legislazioni nazionali, così da ristabilire
    corrette condizioni concorrenziali tra gli OICVM
    attivi nei diversi stati membri e facilitare la
    commercializzazione, abolendo le restrizioni alla
    libera circolazione delle quote.
Investment Services Directive
Investment Services Directive
   Per trovare una compiuta interpretazione dei
    principi cui si ispiravano le direttive sopra
    menzionate, occorrerà attendere fino al 1993 con
    l’emanazione della “Investment Services Directive”
    (ISD). La ISD si poneva innanzitutto l’obiettivo di
    eliminare le divergenze esistenti tra i regimi
    autorizzativi in vigore nei paesi europei per le
    diverse imprese di investimento, con riferimento
    alla prestazione di servizi e allo stabilimento di
    succursali.
Investment Services Directive
   A tal fine si auspicava che venisse definita una
    regolamentazione necessaria e sufficiente a
    consentire il reciproco riconoscimento, con la
    Vigilanza affidata allo Stato membro di origine, sia
    per le banche che per le imprese di investimento
    non bancarie.
Novità introdotte dall’ISD
   Definizione dei requisiti per ottenere
    l’autorizzazione iniziale.
   Definizione dei requisiti relativi all’esercizio
    dell’attività e alcune norme di comportamento (ad
    esempio sistemi di controllo interni), al fine di
    garantire uguali condizioni concorrenziali a tutti gli
    operatori del settore a tutelare gli interessi degli
    investitori.
Novità introdotte dall’ISD
 Proprio a partire dalla ISD che si assiste ad una
  accelerazione del processo di trasformazione del
  mercato europeo dei capitali.
 E’ cresciuto il numero degli investitori attivi sui
  mercati, si è ampliata la gamma e la complessità dei
  servizi e degli strumenti offerti accanto a quelli
  tradizionali.
 Con il diffondersi delle raccomandazioni personalizzate
  e dei servizi di consulenza, sono mutate anche le
  modalità di prestazione dei servizi di investimento.
 Si sono sviluppati nuovi sistemi organizzati di
  negoziazione (MTF) accanto ai mercati regolamentati.
Novità introdotte dall’ISD
   L’euro ha indubbiamente contribuito in modo
    significativo a favorire le trasformazioni cui ho
    accennato, creando le condizioni di mercato più
    favorevoli per l’operatività degli emittenti e per una
    maggiore competizione tra gli intermediari.

  E’ cresciuto il numero degli investitori attivi sui
  mercati, si è ampliata la gamma e la complessità dei
  servizi e degli strumenti offerti accanto a quelli
  tradizionali.
 Con il diffondersi delle raccomandazioni personalizzate
  e dei servizi di consulenza, sono mutate anche le
  modalità di prestazione dei servizi di investimento.
 Si sono sviluppati nuovi sistemi organizzati di
  negoziazione (MTF) accanto ai mercati regolamentati.
Novità introdotte dall’ISD
 Per la verità c’è chi ha sostenuto che questa crescita sia
  stata frutto di uno sviluppo spontaneo dei mercati reso
  possibile non solo da condizioni macro economiche
  favorevoli a livello internazionale, ma anche dallo stesso
  disallineamento tra i diversi contesti regolamentari.
 In effetti nello spazio unico europeo si è creata in quegli
  anni una molteplicità di mercati finanziari, più o meno
  organizzati e spesso diversamente regolamentati.
 Tale situazione ha fatto emergere a livello comunitario
  la necessità di affrontare le nuove problematiche sorte
  nel mondo dei servizi finanziari in modo sintetico e
  strutturato.
Novità introdotte dall’ISD
   La risposta a tal necessità è giunta nel 1999 con il
    varo, da parte della Commissione Europea del
    “Financial Services Action Plan” (FSAP), il quale si
    è successivamente concretizzato in oltre 40
    direttive finalizzate a dare stabilità e competitività
    ai mercati finanziari in Europa.
   La MiFID è una di queste e ha sostituito la direttiva
    ISD del 1993… ma prima di parlare del passaggio
    dalla ISD alla direttiva MiFID merita un cenno il
    FSAP.
Financial Services Action Plan
Financial Services Action Plan
   Il FSAP è stato adottato l’11 maggio 1999 dalla
    Commissione Europea con l’intento di creare a
    livello europeo un mercato finanziario integrato,
    indicando obiettivi generali e misure specifiche.
   Il piano, studiato da un comitato di saggi
    presieduto dal barone Alexandre Lamfalussy, ha
    innovato significativamente il processo di
    formazione della normativa concernente il mercato
    dei servizi finanziari. Al “modello” Lamfalussy va
    riconosciuto il merito di avere radicalmente
    innovato il processo di formazione della normativa
    europea.
Financial Services Action Plan
   Tale processo, infatti:
    a) coinvolge le istituzioni (Consiglio e Parlamento)
    nel processo di decisione, soprattutto per quel che
    concerne la determinazione dei principi e delle
    linee generali della disciplina da realizzarsi con
    direttive quadro, lasciando alla Commissione e ad
    un processo di mediazione giuridica la
    determinazione della normativa di esecuzione,
    anche se dal 2006 si è istituzionalizzata anche una
    forma di controllo preventivo; coinvolge il network
    delle autorità indipendenti nazionali nella fase
    preparatoria e istruttoria, nonché nella fase di
    implementazione della normativa a livello
    nazionale;
Financial Services Action Plan
   b) sottolinea l’importanza dei canoni della better
    regulation, valorizzando in particolare la fase di
    informazione e di consultazione;
    c) riduce lo spazio della normazione delle
    istituzioni democratiche nazionali, nonché la
    discrezionalità delle amministrazioni nella relativa
    attuazione;
   d) imposta un modello decisionale che, già testato
    nel settore securities, è stato esteso alla disciplina
    di altri settori come banche e assicurazioni.
I quattro livelli Lamfalussy
 Al primo livello, l’adozione da parte del Parlamento
  Europeo e del Consiglio di regolamenti o direttive che si
  dovrebbero limitare a definire i principi generali e gli
  elementi essenziali della materia da disciplinare, conferendo
  alla Commissione (ex art.201 u.c., del Trattato CE) l’adozione
  delle relative misure di esecuzione, tramite direttive o
  regolamenti.
 Al secondo livello, la fase di implementazione di principi
  generali contenuti nelle direttive quadro, o di adattamento
  resi necessari dagli sviluppi dei mercati. Di fatto, la
  Commissione Europea, per la predisposizione delle misure di
  esecuzione degli atti di primo livello, è assistita da comitati
  appositamente costituiti: il Comitato Europeo dei Valori
  Mobiliari (European Securities Comity ESC, composto da
  rappresentanti degli stati membri di rango elevato e
  presieduto da un rappresentante della commissione); il
  Comitato delle Autorità di Regolamentazione (Comitee
  European Securities Regulators,
I quattro livelli Lamfalussy
 il Comitato delle Autorità di Regolamentazione
  (Comitee European Securities Regulators, CESR,
  composto dai presidenti delle autorità nazionali di
  vigilanza sui mercati). Il Comitato della Autorità ha
  funzioni consultive sulle misure di attuazione da
  adottare ma può essere, talora, investito del compito di
  redigere un articolato di direttiva o regolamento.
 Il terzo livello concerne la responsabilità degli stati
  membri di implementare il diritto comunitario
  all’interno di un quadro di cooperazione con i regolatori
  nazionali; in altri termini la cooperazione tra autorità
  nazionali di regolamentazione e di vigilanza sui mercati
  finanziari e il coordinamento delle loro attività.
I quattro livelli Lamfalussy
   Al quarto livello si colloca, infine, il controllo
    della Commissione sull’attività di attuazione da
    parte degli stati membri delle norme e degli
    orientamenti adottati e tra i livelli precedenti anche
    al fine di assicurare una aperta e corretta
    concorrenza dei mercati finanziari europei.
Conseguenze del modello
Lamfalussy
   L’applicazione del modello Lamfalussy ha, di fatto,
    accelerato il processo decisionale e reso più
    flessibile la formazione, rendendone più agevole la
    modifica; ha altresì contribuito ad una maggiore
    trasparenza attraverso la consultazione aperta e
    tempestiva degli operatori del mercato; ha infine
    favorito una collaborazione ad una maggiore
    convergenza tra gli ordinamenti nazionali in
    materia di vigilanza.
Atti legislativi adottati sul
modello Lamfalussy
   la direttiva sugli abusi di mercato (2003/6/CE); la direttiva prospetti, cioè relativa
    al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione
    di strumenti finanziari (direttiva 2003/71/CE); la direttiva sui mercati sugli
    strumenti finanziari (2004/39/CE); la direttiva sull’armonizzazione degli obblighi
    di trasparenza (2004/109/CE), direttive tutte che hanno comportato e
    comportano mutamenti significati delle regole del mercato finanziario.
   L’emanazione della direttiva MiFID da parte del legislatore comunitario può essere
    vista come il naturale completamento del processo descritto. L’estensione della
    procedura Lamfalussy a tutti i settori finanziari ha garantito l’opportunità di
    creare un quadro regolamentare maggiormente armonizzato e semplificato. La
    MiFID ha previsto una serie di disposizioni precise che garantiscono di per sé una
    regolamentazione dettagliata della gestione di nuovi mercati e di come devono
    svolgersi le attività di intermediazione e di consulenza. Alla MiFID ha fatto seguito
    l’emanazione della direttiva 10 agosto 2006/73/CE (nella prassi MiFID II) e del
    Regolamento n.1287/2006, entrambi attuativi del c.d. secondo livello della
    procedura Lamfalussy, essendo anche il Regolamento direttamente applicabile agli
    stati membri.
MiFID
Il recepimento della MiFID in
Italia.
   Il recepimento ha trovato il suo culmine con l’emanazione di una
    legge delega del gennaio 2007 per mezzo della quale è stato
    modificato anche il testo unico della finanza. Nel redigere le norme
    di recepimento si è tenuto conto dei parametri dettati dalla
    procedura Lamfalussy e delle intenzioni dell’omonimo Comitato,
    cioè ricreare un sistema normativo integrato a livello transnazionale,
    evitando così frammentazioni tra le normative dei diversi stati
    comunitari. L’opera di recepimento è stata di gran lunga più
    semplice per gli stati dell’unione dopo l’emanazione del
    Regolamento n.1287/2006: la via regolamentare, infatti, ha reso
    direttamente applicabili all’interno dei singoli ordinamenti le norme
    contenute nel Regolamento stesso senza necessità di una norma di
    recepimento. In tal modo, tra l’altro, si sono evitati a monte tutti i
    possibili problemi legati all’interpretazione della direttiva da parte di
    ogni stato che, volendo, avrebbe potuto adattare il contenuto della
    stessa alle proprie esigenze interne.
Il recepimento della MiFID in
Italia.
   Indubbiamente la direttiva MiFID è andata oltre le migliori
    aspettative, confermandosi come un punto di riferimento per
    l’emanazione della seconda direttiva (2006/31/CE) che ha prorogato
    il termine per l’attuazione della MiFID dal 31 gennaio 2007 al 1°
    novembre 2007.
   Il Consiglio dei Ministri, con d.lgs 17 settembre 2007, n.164 ha
    approvato in via definitiva le modifiche del TUF.
   Il recepimento della MiFID si è poi sostanzialmente completato con
    la successiva approvazione da parte della Consob nel nuovo testo del
    Regolamento Intermediari (deliberazione n.16190/2007) e del
    Regolamento Mercati (deliberazione 16191/2007), nonché con
    l’emanazione del regolamento congiunto Consob / Banca d’Italia
    anch’esso approvato sempre nell’ottobre 2007.
Il recepimento della MiFID in
Italia.
   Il legislatore nazionale, pertanto in armonia con l’ormai consolidato principio di
    delegificazione già acquisito dal TUF, ha delegato l’individuazione delle regole specifiche
    al potere normativo della Consob e della Banca d’Italia. Nel caso di specie alle Autorità
    di Vigilanza è stato demandato il compito di recepire le disposizioni di fonte europea,
    alla cui formulazione la stessa Consob aveva d'altronde partecipato, sia pure in sede
    consultiva, attraverso il Committee of European Securities Regulation - CESR.
   In particolare, le innovazioni sostanziali in materia di mercati sono stati introdotte nel
    Regolamento Consob 29 ottobre 2007, n.16191 (c.d. “Nuovo Regolamento Mercati”). In
    estrema sintesi, il potere concesso alla Consob di imporre l’obbligo di concentrazione
    della negoziazione degli strumenti finanziari nei soli mercati regolamentati, ha lasciato
    spazio all’opposto divieto di prevedere una siffatta regola. Tale scelta è stata adottata in
    virtù dell’emergere di nuovi sistemi di negoziazione, gestiti anche da imprese di
    investimento.
Il recepimento della MiFID in
Italia.
   Ancora più significative sono state le novità in tema di intermediazione finanziaria: ad
    una disciplina uniforme se ne sostituisce una più duttile e attenta a graduare le forme di
    tutele in base alle diverse tipologie dei clienti. Le novità hanno assunto tale rilievo da
    indurre la Consob ad abrogare il regolamento n.11522/1998 e adottare con delibera 29
    ottobre 2007 n.16190, un nuovo Regolamento Intermediari.
   In linea con le fonti comunitarie in recepimento, il nuovo Regolamento Intermediari si è
    mosso nella direzione di porre maggiormente in rilievo la centralità del cliente quale
    destinatario del servizio prestato dall’intermediario anche nel caso di servizi connessi
    con la distribuzione al pubblico di strumenti finanziari. Da tale centralità discende, tra
    l’altro, la necessaria contrattualizzazione del “rapporto di servizio” che intercorre tra
    l’intermediario (anche se mero collocatore) e il cliente retail al fine di porre lo stesso
    cliente nelle condizioni di assumere piena consapevolezza del quadro dei diritti e degli
    obblighi derivanti dalla prestazione di servizio d’investimento.
Il recepimento della MiFID in
Italia.
   La disciplina contenuta nel decreto di recepimento (artt.77-bis e 79-ter TUF) ha
    trasposto, nell’ordinamento nazionale, le disposizioni della direttiva coordinando con la
    disciplina dei mercati regolamentati, rinviando alla regolamentazione secondaria della
    Consob la definizione dei requisiti minimi di funzionamento dei sistemi multilaterali di
    negoziazione e i criteri per l’individuazione degli internalizzatori sistematici.
   Come accennato, il mercato si caratterizzava, prima della MiFID, per la presenza di un
    obbligo di concentrazione degli scambi che imponeva che le transazioni di titoli azionari
    quotati in mercati regolamentati fossero effettuate in un mercato regolamentato; con
    l’eccezione degli scambi di dimensioni superiori a quelle normali (c.d. blocchi).
Il recepimento della MiFID in
Italia.

   Come ulteriore modalità di esecuzione delle negoziazioni mobiliari, la
    direttiva prevede disciplina la c.d. “internalizzazione sistematica”, cioè la
    possibilità, per le imprese di investimento, di eseguire al loro interno (ossia al
    di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema unilaterale di
    negoziazione) gli ordini dei clienti, in concorrenza con gli altri intermediari
    con gli stessi mercati.
   La direttiva di primo livello 2001/89 CEE, all’art’4, n.7 definisce
    l’internalizzatore sistematico come “quell’impresa di investimento che in
    modo organizzato, frequente e sistematico negozia per conto proprio
    eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato o di
    un sistema multi laterale di negoziazione”.
Il recepimento della MiFID in
Italia.
   Prendendo atto dell’emergere accanto alla figura dei mercati regolamentati, di nuovi
    sistemi di negoziazione, la MiFID introduce un’ulteriore modalità di negoziazione,
    quella dei Sistemi Multilaterali di Negoziazione (Multilater Trading Facilities, MTF). Si
    tratta di sistemi “multilaterali”, dove cioè intervengono più operatori con modalità di
    funzionamento simili a quelle dei mercati regolamentati, ma che possono essere gestiti
    anche da intermediari, oltre che dagli stessi mercati regolamentati.
   La definizione fornita dalla direttiva 2004/39/CEE dei Sistemi Multilaterali di
    Negoziazione è la seguente: “quei sistemi che consentono l’incontro al loro interno e in
    base a regole non discrezionali di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi
    relativi a strumenti finanziari in modo da dare luogo a contratti”.
Obiettivi della Mifid

   Gli obiettivi della normativa MiFID sono diretti e chiari: pervenire alla creazione di un
    mercato dei servizi finanziari che sia integrato (superamento delle barriere nazionali e
    della piena operatività del passaporto europeo), concorrenziale (massima apertura alla
    competizione tra operatori anche in segmenti finora caratterizzati da chiusure come
    quello dei sistemi di negoziazione), efficiente (idoneità ad assolvere la funzione tipica
    propria del mercato finanziario, vale a dire quella di tramite dei flussi finanziari dai
    settori in surplus ai settori in deficit), affidabile (idoneità da assicurare un elevato grado
    di fiducia degli operatori e degli investitori).
Linee guida del Legislatore

   Ampliamento dell’area sottoposta a regolamentazione
   Omogeneizzazione delle regole
   Coordinamento della vigilanza
   Rafforzamento delle imprese di investimento
   Rapporti intermediario-investitore
   Concorrenza
Tabella riassuntiva delle principali Fonti
normative
Fonti normative a livello europeo
e nazionale
   Direttiva del Consiglio n. 93/22/CEE del 10.5.1993
    (armonizzazione minima dei requisiti per l’autorizzazione e delle
    regole di comportamento) ISD
   D.lgs. N. 385 1/9/73 (attività agenti finanziari e mediatori
    creditizi)
   Direttiva del Consiglio del Parlamento n. 2003/6/CE-Market
    Abuse
   Direttiva del Consiglio del Parlamento 21.4.2004 n. 2004/39/CE-
    MiFID (abolisce il principio di concentrazione, ammette sedi
    alternative di esecuzione)
   Direttiva della Commissione n. 2006/73 e regolamento della
    Commissione n. 1287/2006 del 10.8.2006
Fonti normative a livello europeo
e nazionale
   Legge 20 giugno 2007 (recepimento MiFID)
   Direttiva n 44 del 5/09/2007 CE
   D.lgs 17/09/2007 n 164 (Attuazione MiFID)
   Direttiva 2008/48/ CE
   D.lgs 27/01/2010 n 21 (Incrementi di partecipazione etc.)
   Decreto legislativo 13 agosto 2010 n 141 (attuazione direttiva 48
    2008 e modifiche del T.U.B. in merito disciplina soggetti operanti
    settore finanziari, agenti e mediatori creditizi)
   Direttiva 2010/78 del 24/11/2010: Modifiche alla MiFID etc
    AESFEM) Autorità europea degli strumenti finanziari e dei
    mercati.
   D.lgs 11/04/2011 n 64 (ulteriori modifiche e integrazioni del d.lgs
    41/2010) Frodi e furto di identità
Atti di recepimento della MiFID


   Legge 6.2.2007 n. 13 (legge comunitaria 2006): articolo 10 delega
    al Governo e modifica parziale T.U.I.F.

   Decreto Legislativo 17.9.2007 n. 164 (ampia modifica T.U.I.F. e
    deleghe ad Autorità indipendenti)

   Regolamenti Consob in data 29.10.2007 nn. 16190 e 16191

   Regolamento congiunto Consob e Banca d’Italia del 29.10.2007
I servizi e le attività di investimento
Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.


   Sino al recepimento della MiFID, la disciplina del TUF elencava varie species
    di servizi di investimento senza dettarne una specifica definizione, idonea a
    individuare l’estensione delle figure considerate.
   Ciò valeva anche per i servizi di negoziazione per conto proprio e per conto
    terzi, le cui denominazioni evocavano una realtà economica e operativa che
    riconduceva a figure dell’esperienza di matrice anglosassone. In particolare,
    la negoziazione per conto terzi è stata ricondotta all’attività del broker, e cioè
    di quel soggetto che, in conto del proprio committente, ricerca una propria
    controparte con la quale eseguire l’ordine ricevuto di acquistare o vendere
    un determinato strumento finanziario. La negoziazione per conto proprio è
    stata assimilata alla figura del dealer, e dunque di quell’operatore che,
    assumendo una posizione in proprio in titoli, mira a lucrare la differenza
    tra i prezzi di acquisto e di vendita.
Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.


   Da ciò è derivata la costruzione volta a basare la distinzione tra il negoziatore
    per conto proprio e quello per conto terzi sulla circostanza che, mentre
    quest’ultimo sarebbe remunerato dal cliente per il servizio reso mediante il
    pagamento di una commissione, il primo percepirebbe invece il differenziale
    del prezzo di acquisto e di vendita degli strumenti finanziari, senza ricevere
    commissioni di sorta. In tale prospettiva, alla previsione del (ora abrogato)
    Regolamento Consob 11522/1998 che vietava ai negoziatori per conto proprio
    di applicare commissioni sul prezzo pattuito di vendita o acquisto dello
    strumento finanziario (v. art.32 comma 5 Regolamento Consob 11522/98) è
    stata riconosciuta natura sostanzialmente definitoria della fattispecie,
    piuttosto che di regola comportamentale a carico dell’intermediario.
Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.


   Sempre in base alla connotazione economica operativa si è osservato come
    nella negoziazione per conto proprio, diversamente per quanto accade nella
    negoziazione per conto terzi, l’intermediario assuma un effettivo rischio di
    posizione, essendo esposto all’oscillazione del corso degli strumenti finanziari
    in connessione all’andamento dei mercati e della situazione dell’emittente.
    L’analisi concernente il servizio di negoziazione per conto terzi ha invece, per
    lo più, riguardato l’inquadramento della figura in parola nell’ambito delle
    tipologie contrattuali previste dal codice civile, recuperando in parte le
    impostazioni, che antecedentemente all’emanazione del TUF, avevano
    riguardato il tema della natura degli ordini di borsa. Pur con talune
    oscillazioni, la posizione prevalente ha ricondotto il servizio al contratto di
    commissione di cui all’art.1731 cod.civ., vale a dire ad un “mandato che ha
    per oggetto l’acquisizione o la vendita di beni per conto del committente e in
    nome del commissionario”.
Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.


   Più elaborata è risultata l’indagine che ha riguardato il servizio di negoziazione per conto
    proprio.
   Agli interventi interpretativi della Consob è da ascrivere principalmente l’enucleazione
    di una distinzione tra l’attività di investimento del proprio portafoglio e la negoziazione
    per conto proprio, con l’effetto di escludere la prima dall’area di influenza della
    seconda. Tale approdo è stato raggiunto rilevando come nell’investimento delle
    proprie disponibilità in strumenti finanziari non si rinvengono i tratti di un’attività
    intermediativa, dal momento che le compravendite di strumenti sono realizzate di
    propria iniziativa e non già dietro richieste nell’interesse del pubblico degli investitori.
    Ad avviso della Consob, ciò che rileva “è che il portafoglio di valori immobiliari
    detenuto dalla società non sia rimesso a disposizione del pubblico degli investitori per
    soddisfare, tramite compravendite, le loro esigenze di investimento o disinvestimento
    …, tale essendo la caratteristica essenziale dell’attività svolta dagli intermediari
    negoziatori in senso proprio”.
   V. comunicazione Consob 19 aprile 1995 DAL/RM/95003079.
Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di
ordini per conto dei clienti.



   Conseguentemente, l’accesso e la partecipazione per proprio
    conto alle negoziazioni su di un mercato regolamentato non
    costituisce, di per sé, elemento sufficiente perché sia integrato
    il servizio di investimento nella negoziazione per conto
    proprio, qualora tale attività non sia svolta strumentalmente
    all’esecuzione di ordini dei clienti, bensì nel solo interesse del
    negoziatore. Più elaborata è risultata l’indagine che ha
    riguardato il servizio di negoziazione per conto proprio.
Definizione MiFID e recepimento in Italia



   Ai sensi della MiFID, per negoziazione e per conto proprio si deve
    intendere la “contrattazione ai fini della conclusione di operazioni
    riguardanti uno o più strumenti finanziari nelle quali il negoziatore
    impegna posizioni proprie” (art.4, §1 n.6 MiFID).

   Si tratta di una nozione molto estesa, capace di abbracciare
    potenzialmente un ampio ambito di operatività e il cui tratto
    caratterizzante risulta essenzialmente essere “l’impegno di
    posizioni” personali da parte del negoziatore.
Definizione MiFID e recepimento in Italia


   Non vi è indicazione, peraltro, circa il fatto che detto “impegno di posizioni”
    debba riferirsi ad una richiesta da parte di cliente e che, dunque, l’attività in
    parola sia indirizzata a soddisfare esclusivamente esigenze di terzi. Così
    ricostruito, l’impiego del proprio patrimonio per mere esigenze di
    investimento risulterebbe teoricamente collocabile nell’ambito di riferimento
    della negoziazione.

   In senso contrario, peraltro, sembra potersi leggere il considerando n.8 della
    direttiva, secondo cui le persone che amministrano mezzi propri, cioè il
    proprio patrimonio, “non dovrebbero rientrare” nell’ambito di applicazione
    della direttiva. Tenuto conto di ciò, in sede di recepimento della MiFID, il
    legislatore italiano ha dichiarato di voler tener conto del complessivo
    impianto della fonte comunitaria.
Definizione MiFID e recepimento in Italia

   La relazione illustrativa del decreto di attuazione della MiFID rilevava - a
    proposito della formulazione del nuovo art.1 comma 5-bis TUF, - come
    modificato dall’art. 1 D.lgs. 164/07 - che ha accolto la nozione domestica del
    servizio di negoziazione per conto proprio - che la corrispondente definizione
    della direttiva MiFID appariva “troppo ampia e generica rispetto alla ratio
    della direttiva stessa” e che, conseguentemente occorreva precisarla meglio
    “prevedendo che l’attività di negoziazione su posizioni proprie deve essere
    posta in relazione a ordine dei clienti”.
   La MiFID contiene anche la definizione del servizio di esecuzione di ordini:
    “conclusione di accordi di acquisto e vendita di uno o più strumenti
    finanziari per conto di clienti”.
   In questo caso, peraltro, il legislatore nazionale non ha riprodotto nella fonte
    interna la definizione in parola.
La negoziazione per conto proprio


   L’art.1 comma 5 bis del TUF, accoglie nella definizione di negoziazione per
    conto proprio “l’attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in
    contropartita diretta e in relazione a ordini dei clienti”, nonché “l’attività di
    market maker”.


   La prima parte della definizione identifica i tratti caratterizzanti della tipica
    negoziazione in conto proprio, mediante il riferimento a una pluralità di atti
    od operazioni (un’attività, appunto) che si traducono nell’acquisto o nella
    vendita di strumenti finanziari.
La negoziazione per conto proprio


   Dal riferimento espresso alle operazioni di acquisto e vendita (e non anche di
    sottoscrizione), si è tratta la conclusione che rilevi essenzialmente l’attività
    che viene a svolgersi sul c.d. mercato secondario. Anche se tale conclusione
    non sembra poter assumere portata assoluta, essa sembra, in effetti,
    costituire la naturale conseguenza dei tratti tipizzanti del servizio: la
    contrattazione e conclusione di operazioni su strumenti in contropartita
    diretta presuppone, infatti, che l’intermediario o sia titolare degli strumenti
    oggetti di negoziazione – e dunque tali strumenti siano già stati emessi (e
    sottoscritti o acquistati dall’intermediario che li utilizza in fase di
    negoziazione per conto proprio) – ovvero, come nel caso dei derivati, che
    l’intermediario intervenga direttamente in contropartita con il cliente nella
    fase di stipulazione del contratto che dà vita allo strumento.
La negoziazione per conto proprio


   Va evidenziato, peraltro, come la formulazione della fonte comunitaria sia sul
    punto neutra, facendo semplice riferimento alla “conclusione di operazioni”.

   L’attività, peraltro, può riguardare e avere ad oggetto uno o più (e dunque un
    solo) strumento finanziario. Vi possono rientrare, quindi, anche i casi nei
    quali l’intermediario intenda sviluppare forme di negoziazione relative ad un
    solo titolo (è il caso, ad esempio, dell’intermediario che si propone di
    negoziare in contropartita diretta i soli titoli obbligazionari di propria
    emissione).

   L’attività di acquisto e vendita deve essere realizzata “in contropartita diretta
    e in relazione a ordine dei clienti”.
La negoziazione per conto proprio


   L’operazione posta in essere dall’intermediario deve dunque spiegare gli
    effetti sul patrimonio dell’intermediario stesso (sul quale si riflettono anche i
    risultati dell’operazione) e acquista rilevanza ove posta in essere in relazione a
    ordini dei clienti. Tale secondo tratto della definizione è intimamente
    connesso al primo; solo al congiunto ricorrere di entrambi, l’attività in parola
    assume rilevanza ai fini della disciplina in esame. L’introduzione nella
    previsione nazionale del riferimento espresso al raccordo tra la conclusione di
    operazioni in contropartita diretta con ordini provenienti dai clienti, come già
    accennato, vale a sottrarre dall’ambito di rilevanza della nozione domestica di
    negoziazione l’attività consistente nel mero investimento del proprio
    patrimonio personale, in assenza di ordini ricevuti dalla clientela.
Market maker


   Nella nozione di negoziazione per conto proprio è espressamente presa in
    considerazione la posizione del c.d. market maker.
   Si tratta di una figura prevista, generalmente, nell’ambito di mercati poco
    liquidi nei quali esiste un elevato rischio nella ricerca delle controparti,
    ovvero su mercati volatili (per esempio quelli concernenti strumenti derivati).
   Prendendo le mosse dalla MiFID, il TUF ne contiene un’apposita definizione.
   Per market maker ci si riferisce dunque a quel soggetto che si propone sui
    mercati regolamentati e sui sistemi multilaterali di negoziazione, su base
    continua, come disposto a negoziare in contropartita diretta acquistando e
    vendendo strumenti finanziari a prezzi da esso definiti (v. art.1, comma 5-
    quater TUF).
Market maker


   I tratti distintivi sono la disponibilità a operare su base continua, e dunque a
    garantire attraverso tale disponibilità la possibilità di concludere operazioni
    relative agli strumenti finanziari negoziati sui mercati e sui sistemi nei quali
    opera il market maker.


   Ulteriore tratto distintivo è rappresentato dalla circostanza che il prezzo il
    quale il soggetto si rende disponibile a concludere operazioni di acquisto o
    vendita sono fissati dal medesimo soggetto (il quale, per tal via definisce il
    livello dei prezzi).
   Rileva anche il fatto che il market maker conclude le operazioni
    contropartita diretta, ma non in relazione (e tanto meno in esecuzione) di
    ordini della clientela. Proprio l’assenza di una clientela incide sulla
    qualificazione in termini di servizio dell’attività posta in essere dal market
    maker.
Negoziazione per conto proprio, internalizzazione
sistematica e assunzione di partecipazioni:
differenze

   L’individuazione delle caratteristiche della negoziazione per conto proprio
    consente di tratteggiare, ora, i rapporti tra tale figura e quella di
    internalizzazione sistematica.



   Il TUF, riprendendo la MiFID, definisce l’internalizzatore sistematico come
    “il soggetto che in modo organizzato, frequente e sistematico negozia per
    conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato
    regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione” (art.1 comma 5-
    ter TUF).
Negoziazione per conto proprio, internalizzazione
sistematica e assunzione di partecipazioni:
differenze

   La figura della negoziazione per conto proprio disegnata dal legislatore
    nazionale costituisca, pertanto, una fattispecie più ampia rispetto a quella che
    dà luogo all’internalizzazione sistematica. E ciò sotto un duplice profilo. Per
    un verso, infatti, costituisce negoziazione per conto proprio, ma non
    internalizzazione sistematica, l’esecuzione di ordini di clienti realizzata
    impegnando posizioni personali e poste in essere al di fuori di mercati
    regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione, ma priva dei connotati
    di organizzazione e sistematicità richiesti per definire l’operatività
    medesima quale internalizzazione sistematica. Sotto altro profilo, il servizio
    di negoziazione ricomprende l’intera area di operatività nella quale il
    negoziatore operi “in relazione” a un ordine del cliente, mentre nella
    internalizzazione viene in rilievo esclusivamente l’ipotesi dell’operare “in
    esecuzione” di ordine del cliente.
Negoziazione per conto proprio, internalizzazione
sistematica e assunzione di partecipazioni:
differenze

   L’attività di negoziazione per conto proprio deve essere tenuta distinta anche
    dalla attività di assunzione di partecipazioni, regolata dall’art.106 s.s. TUB.
   E’ chiaro, infatti, il diverso ambito applicativo delle due figure, l’una
    prendendo in considerazione un’operatività che può avere ad oggetto l’intera
    gamma degli strumenti finanziari, l’altra rivolgendosi ai soli fenomeni
    implicanti investimenti nel capitale di altre imprese.
   L’assunzione di partecipazioni sembra, inoltre, caratterizzarsi maggiormente
    per la staticità degli investimenti e per la finalità di gestione e coordinamento,
    laddove la negoziazione sembra presentare natura maggiormente dinamica,
    essendo rivolta all’ottenimento di uno spread di prezzo tra domanda e
    offerta.
Negoziazione per conto proprio, internalizzazione
sistematica e assunzione di partecipazioni:
differenze

   L’attività di assunzione di partecipazioni si risolve, per lo più,
    nell’investimento di portafoglio, in acquisti e vendita di titoli spesso non a
    titolo professionale e nell’interesse proprio o di società comunque collegate,
    al fine di migliorare la performance del portafoglio aziendale.



   La definizione di negoziazione contenuta nell’art.1 comma 5-bis TUF, nel
    qualificare la negoziazione nel raccordo con ordini dei clienti, pone su chiare
    basi la distinzione di tale fenomeno rispetto al mero investimento e per tale
    via, anche rispetto all’attività di assunzione di partecipazioni.
L’esecuzione di ordini



   La definizione “esecuzione di ordini” ha sostituito il pregresso riferimento alla
    “negoziazione per conto terzi”.

   La MiFID detta un’apposita definizione del servizio di esecuzione di ordini,
    per tale indicando quell’attività consistente nella conclusione di accordi di
    acquisto o vendita di uno o più strumenti finanziari in conto dei clienti
    (art.4, § 1.5 MiFID). Il TUF non ha ripreso tale definizione, che, tuttavia,
    costituisce il punto di riferimento in termini di ricostruzione della figura
    anche nella prospettiva domestica.
L’esecuzione di ordini



   Si possono, in tal modo, evidenziare talune differenze rispetto al tradizionale
    inquadramento della “negoziazione per conto terzi”. Nell’esecuzione di ordini,
    il nucleo centrale dell’attività risulta quello della “conclusione” degli accordi,
    laddove il riferimento alla negoziazione per conto terzi appariva
    maggiormente capace di evocare anche la fase di “contrattazione”.

   Un tratto del servizio che non viene esplicitato nella definizione comunitaria e
    neppure nella fonte domestica attiene alle caratteristiche dell’ordine del
    cliente da cui origina l’attività di esecuzione. Deve tuttavia ritenersi che
    l’ordine debba avere caratteristiche di specificità tali da consentire con
    puntualità di definire l’oggetto dell’attività di “esecuzione”.
L’esecuzione di ordini



   In definitiva, l’attività in parola appare finalizzata alla ricerca di una o più
    controparti per l’esecuzione di un’operazione di acquisto o vendita di un
    particolare strumento finanziario o di un dato quantitativo di strumenti
    finanziari: l’oggetto deve, pertanto, essere specificato.
   I caratteri ora individuati consentono di distinguere il servizio di esecuzione
    ordini da quello di sottoscrizione e/o collocamento di strumenti finanziari di
    cui all’art.1 comma 5 lett. c) TUF. Sul piano delle operazioni sottostanti,
    l’esecuzione di ordini può avere ad oggetto anche la vendita di strumenti
    finanziari (nel collocamento, viceversa, il rapporto tra il collocatore e
    l’investitore ha ad oggetto la sola offerta in sottoscrizione o in vendita dei
    medesimi strumenti). Sotto altro profilo, va tenuto in considerazione come il
    collocamento si caratterizzi per essere uno strumento di esecuzione di una
    campagna di offerta caratterizzata dalla formulazione di proposte
    standardizzate, laddove, tipicamente, nell’esecuzione di ordini, le
    transazioni (e prima ancora la ricerca della controparte) si realizza in
    rapporto ad una specifica operazione di acquisto o vendita di un
    determinato quantitativo di strumenti finanziari.
Ricezione e trasmissione ordini

Nozione del servizio esecuzione di ordini

   La MiFID che, diversamente dall’abrogata direttiva ISD ha definito all’art.4 le
    nozioni di numerosi servizi di investimento (come la consulenza in materia di
    investimenti, la gestione del portafoglio, la negoziazione per conto proprio)
    non fornisce alcuna definizione del servizio di “ricezione e trasmissione di
    ordini indicati al n.1 della sez. A relativa ai servizi e alle attività di
    investimento di cui all’all.1 alla direttiva).
   Il considerando n. 20 della MiFID contiene, tuttavia, indicazioni che
    consentono di definire con buona approssimazione il servizio: ai fini della
    direttiva, in particolare, “l’attività di ricezione e trasmissione ordini
    dovrebbe ricomprendere anche l’attività consistente nel mettere in contatto
    due o più investitori, rendendo così possibile la conclusione di un’operazione
    fra di essi”.
Ricezione e trasmissione ordini

Nozione del servizio esecuzione di ordini

   L’art. 1, comma 5-sexies, TUF stabilisce che il servizio in esame “comprende
    la ricezione e la trasmissione di ordini nonché l’attività consistente nel
    mettere in contatto due o più investitori, rendendo così possibile la
    conclusione di un’operazione fra loro (mediazione)”.


   Si tratta di un servizio che si trova a “monte” dell’attività di negoziazione:
    l’investitore, cioè, trasmette un ordine che l’intermediario non segue
    direttamente, ma ritrasmette ad un soggetto negoziatore per la successiva
    esecuzione sul mercato.
Ricezione e trasmissione ordini

Nozione del servizio esecuzione di ordini

   La rilevanza concreta del servizio riguarda i casi in cui l’intermediario intenda
    dare seguito a operazioni aventi ad oggetto titoli negoziati su mercati nei
    quali non è autorizzato ad operare. Storicamente, prima che fosse loro
    consentito di svolgere direttamente l’attività di negoziazione nei mercati
    regolamentati, i principali prestatori del servizio erano le banche e i remisiers
     operanti per conto o nell’interesse degli agenti di cambio.

   Il legislatore italiano, conformandosi alle indicazioni della MiFID, ha
    assimilato, infine, al servizio di ricezione e trasmissione ordini il servizio di
    mediazione, la cui identificazione si poggia sulla disciplina di diritto comune
    di cui agli artt. 1754 e segg. cod. civ., come suggerito dalla stessa definizione
    adottata dal TUF.
Ricezione e trasmissione ordini

Nozione del servizio esecuzione di ordini

   Carattere essenziale della figura giuridica del mediatore è l’imparzialità,
    intesa, come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione institoria e di
    qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l’attività
    dell’intermediario. Non è configurabile la mediazione, pertanto, nel caso di
    un soggetto munito di mandato con rappresentanza per la stipulazione di
    un contratto con un terzo (v. Comunicazione Consob DI/98092726 del 2
    dicembre 1998).
   Le parti messe in contatto dal mediatore devono essere due o più investitori
    (v. sempre il considerando n. 20 MiFID e l’art. 1, comma 5-sexies TUF).
    Conseguentemente la trasmissione di un ordine dall’intermediario
    prestatore del servizio a un emittente di strumenti finanziari, pur in assenza
    di obblighi assunti dall’intermediario nei confronti dell’emittente, pare
    integrare la prestazione del servizio di ricezione e trasmissione ordini e non
    una fattispecie di mediazione.
Ricezione e trasmissione ordini

Nozione del servizio esecuzione di ordini

   La fattispecie nella quale la MiFID ha apportato elementi di innovazione
    rispetto al quadro nazionale preesistente è quella della trasmissione di ordini
    all’emittente di strumenti finanziari, particolarmente nel caso di ordini aventi
    ad oggetto quote di fondi comuni.
   [richiamare art. 19, § 6, e art. 3 MiFID]
   La trasmissione all’emittente, che aveva suscitato un certo dibattito prima
    della trasposizione in Italia della MiFID, è ora una possibilità contemplata
    dalla stessa MiFID e dalla lettura elaborata dalla Commissione europea,
    almeno con esplicito riferimento alle quote di fondi comuni.
Disciplina del servizio di ricezione e trasmissione
ordini: cenni

   Quando non prestato in uno con la consulenza, il servizio di ricezione e
    trasmissione ordini è assoggettato ad un regime meno gravoso rispetto a
    quello nazionale previgente: esso è, infatti, sottoposto a obblighi di know
    your customer meno approfonditi – limitati ai parametri delle sole
    conoscenze ed esperienze in materia di investimenti – ai fini di una
    valutazione di appropriatezza dello strumento finanziario rispetto al profilo
    dell’investitore (v. art. 19, § 5 MiFID e relative misure di esecuzione,
    trasposti negli artt. 41 e 42 del Regolamento Consob 16190/2007)

   Tale obbligo valutativo viene del tutto meno nel caso di prestazione del
    servizio in regime execution only, modalità introdotta all’esito di un
    articolato processo di negoziazione e mediazione finalizzato
    all’approvazione della disciplina comunitaria. La elaborazione finale della
    MiFID ha privilegiato la volontà di assicurare la prestazione di un servizio
    più veloce ed economico in riferimento agli strumenti meno complessi.
Disciplina del servizio di ricezione e trasmissione
ordini: cenni

   Requisito fondamentale è quello dell’iniziativa del cliente.


   Si rileva, inoltre, un’articolata disciplina del regime di best execution
    applicato di norma alla ricezione e trasmissione ordini in modo attenuato,
    quale manifestazione dell’obbligo generale di agire sempre per servire al
    meglio gli interessi del cliente (art. 45 direttiva 206/73/CR, trasposto
    nell’art. 48 del Regolamento Consob 16190/2007). In tal senso è mutata la
    discplina nazionale che non richiama più il previgente obbligo di realizzare
    le “migliori condizioni possibili” nel caso di prestazione del servizio in
    esame.
Collocamento

Evoluzione

   In particolare l’art.18 della legge 216/1974 dedicava specifica attenzione alla
    sollecitazione c.d. “porta a porta” (oggi diremmo: offerta fuori sede);
    disciplina che veniva quindi ripresa a livello regolamentare dal regolamento
    n.1739/1985 concernente le sollecitazioni del pubblico risparmio effettuate
    mediante attività, anche di carattere promozionale, svolto in luogo diverso da
    quello adibito a sede legale o amministrativa principale dell’emittente, del
    proponente l’investimento o del soggetto che procede al collocamento.
Collocamento

Evoluzione

   Merita ricordare, anche se si tratta di un reperto storico, che l’art.18-ter della
    legge n.216/1974 forniva una nozione di sollecitazione al pubblico risparmio
    tale da ricomprendere “ogni pubblico annuncio di emissione; ogni acquisto
    o vendita mediante offerta al pubblico, ogni offerta di pubblica
    sottoscrizione; ogni pubblica offerta di scambio di valori mobiliari; ogni
    forma di collocamento porta a porta, a mezzo circolari e mezzi di
    comunicazione di massa in genere, nonché ogni annuncio pubblicitario
    tendente ad offrire informazioni o consigli al pubblico degli investitori
    concernenti valori mobiliari non ancora emessi o per i quali l’emittente o
    l’offerente non abbia già predisposto il prospetto informativo, fatta
    eccezione per quelli quotati presso le borse valori”.
Collocamento

Evoluzione

   Detto incidentalmente, il comma 2 dell’art.18-ter introduceva anche il c.d.
    jus poenitendi, stabilendo la sospensione di efficacia dei contratti stipulati
    mediante vendite a domicilio per la durata, all’epoca, di cinque giorni
    decorrenti dalla data di sottoscrizione, con la previsione che entro tale
    termine l’acquirente aveva la facoltà di comunicare al venditore o al suo
    agente procuratore o commissario, a mezzo telegramma, il proprio recesso
    senza corrispettivo (e il diritto di recesso doveva essere indicato nei contratti
    stessi, anche se non vi era una previsione di nullità come quella di cui
    all’art.30 co.6 del TUF).
Collocamento

Evoluzione

   Quella normativa, ancora in embrione, era peraltro incentrata su doveri di
    disclosure standardizzati che prescindevano dalla situazione e dalle
    esigenze del singolo investitore e trovava nella consegna del prospetto
    informativo il suo momento qualificante. Si trattava di una “disciplina del
    prodotto” e della trasparenza di quel prodotto.
Collocamento

Evoluzione

   Anche quando con la legge SIM n.1/1991 l’attività di “collocamento e
    distribuzione di valori mobiliari con o senza preventiva sottoscrizione o
    acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti
    dell’emittente” è stata ricompresa tra le attività di intermediazione
    mobiliare – e come tale sottoposta a riserva e alle relative regole di condotta
    (fra cui anche quella che imponeva all’intermediario di conoscere il proprio
    cliente e di valutare l’adeguatezza dei suoi investimenti) l’attività di
    collocamento ha comunque mantenuto un forte aggancio con la disciplina
    del prodotto collocato, come reso manifesto in particolare:
Collocamento

Evoluzione

   dall’esenzione dalla forma scritta per il contratto regolante il rapporto fra
    l’intermediario collocatore e il cliente (esenzione la cui ratio poteva cogliersi
    nella finalità di evitare duplicazioni a fronte di una normativa che
    continuava a richiedere la forma scritta per l’adesione al prodotto
    collocato);
   nella norma remunerazione del collocatore, a differenza di quanto poteva
    registrarsi in occasione di tutte le altre attività di intermediazione
    mobiliare, non direttamente da parte del cliente/investitore, ma da parte
    delle “società prodotto” i cui titoli venivano distribuiti: nel prezzo di tali
    titoli finiva per essere ricompresa anche la remunerazione
    dell’intermediario collocatore.
Collocamento

Evoluzione

   La situazione è rimasta nei termini sopradetti anche con il d.lgs.415/1996 e
    con l’originaria formula del d.lgs.5871998.
   In occasione del recepimento della MiFID, l’ordinamento nazionale ha invece
    compiuto un passo deciso verso la liberazione del collocatore dalla disciplina
    del prodotto da distribuire, disponendo la necessità di un contratto scritto nel
    rapporto con il cliente retail e considerando l’ipotesi della remunerazione del
    collocatore ad opera di un soggetto diverso dal cliente finale un’eccezione
    sottoposta alle specifiche condizioni previste dalla disciplina comunitaria.
   Il nuovo servizio di “consulenza in materia di investimenti”, poi, si presta ad
    un tipico e normale abbinamento con i servizi dispositivi (quali la ricezione e
    trasmissione ordini, l’esecuzione di ordini, ma anche, e soprattutto, il
    collocamento), contribuendo alla valorizzazione del rapporto di servizio
    dell’intermediario con il proprio cliente.
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   La MiFID distingue (v.allegato 1 sez.A contenente l’elenco dei servizi e delle
    attività e degli strumenti finanziari) tra:
   -    “assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di
    strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile”
   -     “collocamento di strumenti finanziari senza impegno irrevocabile”.
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Specularmente, l’art.1 co.5, TUF distingue due servizi che, in precedenza,
    erano identificati unitariamente: ossia, il servizio di collocamento “senza” o
    “con” forme di garanzia.
   Va notato che la garanzia, come viene specificato nel TUF, è assunta “nei
    confronti dell’emittente”: si tratta dunque di una garanzia del collocatore
    offerente a vantaggio dell’emittente.
   Il termine underwriting è tradotto nel TUF come “sottoscrizione”, a fronte
    dell’espressione “assunzione a fermo” che compare invece nel testo italiano
    della MiFID.
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Proprio tale fedele riproduzione della direttiva in lingua inglese, ad opera del
    TUF novellato, sembra aver segnato una potenziale innovazione
    dell’ordinamento nazionale, rispetto al precedente contesto. Oggi la lettera c)
    del comma 5 dell’art.1 del TUF, infatti, riproducendo l’espressione della
    direttiva, fa riferimento a “sottoscrizione e/o collocamento” di strumenti
    finanziari. Pertanto, se nel precedente quadro nazionale di riferimento si
    era potuto ritenere che la preventiva “sottoscrizione” potesse certamente
    accompagnarsi al collocamento, ma non integrare di per sé sola un’attività
    riservata, oggi pare rilevare anche il solo underwriting non seguito dal
    placing. Nel caso, peraltro, mancando un cliente-investitore con cui
    l’intermediario entra in contatto, potremmo dire di essere in presenza di
    una attività di investimento – piuttosto che di un servizio – rispetto alla
    quale, dunque, non risulteranno applicabili le regole di condotta previste
    dall’ordinamento nel normale presupposto della relazione con l’investitore
    (adeguatezza, appropriatezza, informativa, etc).
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Le due forme che il servizio può assumere sono riflesse, rispettivamente, nelle
    due distinte definizioni di cui alle lettere c) e c-bis) dell’elenco di cui all’art.1
    comma 5. Come detto, la distinzione deriva dalla circostanza per la quale
    l’intermediario può sopportare o meno – e, in caso affermativo, con
    modalità ed intensità diverse – il rischio che l’operazione non vada a buon
    fine. Nel caso di cui alla lettera c-bis) della definizione nazionale (o della
    previsione “senza impegno irrevocabile” di cui al n.7 della sez. A dell’all.1
    MiFID), l’intermediario non sopporta il rischio del mancato buon fine
    dell’operazione; nel caso di cui alla lettera c) (o “con impegno” secondo la
    definizione di cui al n. 6 dell’elenco allegato alla MiFID), tale rischio, di
    contro, sussiste.
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Il fatto che l’attività svolta ricada nell’una o nell’altra forma dipende,
    evidentemente, dagli accordi che intervengono tra il collocatore e il soggetto
    che emette o vende gli strumenti finanziari: nel caso di collocamento senza
    garanzia, il rischio del mancato collocamento è sopportato integralmente
    dall’emittente, o dal soggetto che pone in vendita gli strumenti finanziari.
    Nell’ipotesi in cui il collocatore si accolli, invece, tutto o parte del rischio
    relativo al mancato collocamento degli strumenti finanziari possono darsi
    quanto meno due casi principali: in base a un primo schema, il collocatore
    assume l’impegno di acquisire, al termine dell’offerta gli strumenti
    finanziari non collocati; in alternativa, il collocatore acquisisce
    immediatamente, in tutto o in parte, gli strumenti oggetto del collocamento,
    assumendo conseguentemente l’impegno di offrirli a terzi (è, questo, il caso
    della “assunzione a fermo”).
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Il servizio di collocamento, per dirsi tale in senso proprio deve avere ad
    oggetto “strumenti finanziari”: in tale senso è l’art.1 co.5 del TUF e a livello
    comunitario, l’art.4 §1, n.2 della MiFID.
   Non rientra, pertanto, all’interno della relativa nozione l’attività che avesse ad
    oggetto “prodotti finanziari”, diversi dagli strumenti finanziari o “servizi di
    investimento”.
   Nella circoscrizione della fattispecie “collocamento”, propriamente detta, ai
    fenomeni aventi ad oggetto “strumenti finanziari” si registra pertanto una
    differenziazione tra i confini oggettivi della nozione in esame, da un lato e
    quella di “offerta fuori sede” e di “promozione e collocamento a distanza”
    dall’altro.
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Queste ultime, infatti, per il cui svolgimento pure la legge richiede, di norma,
    l’autorizzazione al collocamento, hanno un ambito oggettivo di estensione più
    ampio potendo aver a oggetto anche prodotti finanziari diversi dagli
    strumenti finanziari, oltre che servizi di investimenti.
   Fermo restando quanto sopra ai fini della ricostruzione della nozione di
    collocamento propriamente detta, si deve tuttavia osservare come, ai sensi
    dell’art.25-bis del TUF, introdotto dalla legge sul risparmio, le regole di
    condotta generale disciplinanti la prestazione dei servizi di investimento si
    applichino anche “alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari
    emessi da banche e da imprese di assicurazione”.
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Con riguardo ai prodotti finanziari emessi dalle banche, la portata del
    richiamo si coglie nella scelta di riferire l’area di applicazione delle regole
    dettate dal TUF anche al caso in cui sia la stessa banca emittente a precedere
    al “classamento” diretto delle proprie obbligazioni (o di propri altri titoli di
    debito) alla clientela. Nel passato, infatti, il classamento da parte della banca
    emittente di propri titoli di debito era stato considerato come rientrante
    nell’area della “raccolta del risparmio fra il pubblico”, momento della tipica
    attività bancaria, piuttosto che esercizio di un servizio di investimento. La
    stessa Consob aveva ritenuto che il classamento da parte di una banca in sede
    di emissione presso le proprie sedi di proprie obbligazioni non rientrasse
    nell’ambito del servizio di collocamento e, al di fuori dell’ipotesi dell’offerta
    fuori sede, si dovesse ritenere regolato esclusivamente dal TUB.
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Il nuovo art.25-bis introdotto nel TUF mira invece, inequivocabilmente, ad
    attrarre all’area delle regole di condotta dettate per il collocamento
    propriamente detto anche il fenomeno del c.d. “auto-collocamento” di propri
    titoli di debito da parte delle banche.


   Quanto ai prodotti assicurativi, gli stessi continuano a non essere strumenti
    finanziari. Sono tuttavia qualificate come “prodotti finanziari” (v. art.1,
    comma 1, lett. w-bis) “le polizze e le operazioni di cui ai rami vita terzo e
    quinto” del codice delle assicurazioni private. Si tratta delle polizze unit
    linked e index linked e delle operazioni di capitalizzazione, nelle quali la
    componente finanziaria ha assunto una - ora riconosciuta - valenza
    centrale, tanto da essere colte dai risparmiatori come succedanei di
    strumenti finanziari tipicamente intesi (obbligazioni, quote di fondi comuni,
    ecc.).
La definizione e nozione del collocamento
secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.

   Anche la sottoscrizione e il collocamento di tali prodotti, per effetto
    dell’art.25-bis del TUF sono, pertanto, sottoposti alle stesse regole
    disciplinanti i servizi di investimento, sia che la distribuzione avvenga
    direttamente da parte dell’impresa di assicurazione emittente, sia che la
    stessa sia affidata a banche o a SIM distributrici.
   Nella prassi interpretativa della Consob, formatasi antecedentemente alla
    MiFID – ma ancora utilizzabile – il servizio consiste nell’offerta a una cerchia
    di possibili investitori, di un determinato quantitativo di strumenti finanziari,
    sulla base di un accordo preventivo che intercorre tra l’intermediario
    collocatore e il soggetto che emette (o vende) gli strumenti stessi (v. la
    comunicazione Consob 9 luglio 1997, n.DAL/97006042). Il collocamento
    presuppone, pertanto, la presenza di un soggetto (emittente o titolare degli
    strumenti finanziari) per conto del quale l’intermediario agisce.
Differenze: esecuzione ordini; auto-
collocamento; offerta fuori sede
   il servizio di collocamento può avere ad oggetto anche la sottoscrizione, e non
    soltanto la vendita di strumenti finanziari (anzi, il collocamento è
    normalmente un servizio che si svolge proprio sul c.d. “mercato primario”);
   nel collocamento, l’intermediario necessariamente offre all’investitore di
    acquistare o sottoscrivere strumenti finanziari, mentre l’esecuzione di
    ordini, a differenza del collocamento, può avere ad oggetto non solo
    l’acquisto ma anche la vendita di strumenti finanziari;
   nel collocamento, l’offerta degli strumenti finanziari avviene a condizioni
    standardizzate, nell’ambito dello svolgimento di un’operazione di massa. E’
    possibile, beninteso, che il collocamento avvenga per tranches, e ciascuna
    tranche può essere riservata a talune categorie di investitori soltanto (ad
    esempio: investitori istituzionali, pubblico indistinto, dipendenti della
    società o del gruppo, etc.), ma nell’ambito di ciascuna tranche l’operazione si
    realizzerà comunque a condizioni uniformi.
Differenze: esecuzione ordini; auto-
collocamento; offerta fuori sede
   Secondo la nuova formulazione dell’art.33 comma 2 del TUF ai sensi
    del quale (lett. e-bis), le SGR possono “commercializzare quote o
    azioni di OICR propri o di terzi …”. L’attività consentita è
    circoscritta alle parti di OICR (seppure anche quelle di terzi) ed è, al
    fine di dare un segno di distinzione, qualificata come
    “commercializzazione”, evocando il termine marketing di un
    utilizzo comunitario.
Contratto scritto. Remunerazione del
collocatore
   Si è già accennato come i principali tratti della disciplina del
    collocamento si colgano nella (ora) prescritta necessità di concludere
    un apposito contratto scritto tra collocatore e cliente al dettaglio,
    oltre che nella regolamentazione degli “inducements” la quale rende
    la remunerazione del collocatore ad opera della società-prodotto
    meno normale di quanto potesse essere nel passato.
   Quanto al primo aspetto, già nel 2003 la Consob, nel documento di
    prima consultazione sulla revisione del regolamento 11522/1998,
    aveva proposto di riformare l’art.30, comma 3, di cui al regolamento
    (che esonerava dalla stipula di un contratto scritto con il cliente
    retail il prestatore del servizio di collocamento), prevedendo la
    necessaria formalizzazione del contratto almeno per i casi in cui fra
    il collocatore e il cliente fosse sorto un rapporto di durata.
Contratto scritto. Remunerazione del
collocatore
   Tale rapporto, tipicamente, era rintracciabile in sede di distribuzione
    di quote di fondi comuni che richiede di norma la successiva
    assistenza da parte dell’intermediario collocatore in termini, quanto
    meno di esecuzione di switch o di rimborsi.
   In tali casi appariva poco giustificabile il risolversi del rapporto fra
    intermediario distributore e cliente esclusivamente nella disciplina
    del prodotto collocato.
   Con il recepimento della MiFID la riforma si è integralmente
    compiuta e ora, fra collocatore e cliente al dettaglio deve sempre
    sussistere un apposito contratto quadro redatto per iscritto.
.
Contratto scritto. Remunerazione del
collocatore
   Quanto al corrispettivo del servizio, se nel passato si poteva ritenere
    normale che il collocatore ricevesse la propria remunerazione
    dall’emittente/offerente i titoli collocati, nel cui prezzo complessivo
    era di norma compresa la quota parte poi retrocessa al distributore.
   con la MiFID (e in particolare con l’art.26 della direttiva
    2006/73/CE) tale modello deve considerarsi superato.
   Anche per il collocatore, la normalità è essere remunerato dal
    cliente. La remunerazione proveniente da un soggetto diverso dal
    cliente è giustificabile solo nella misura in cui questa sia volta ad
    accrescere la qualità del servizio fornito al cliente e non ostacoli
    l’adempimento da parte dell’intermediario dell’obbligo di servire al
    meglio gli interessi dell’investitore.
Requisiti degli intermediari finanziari
   Requisiti di professionalità (art.14 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).
   Requisiti di onorabilità (art.15 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).
   Requisiti patrimoniali (art.16 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).
   Incompatibilità (art. 17)
   Requisiti tecnico informatici (art. 18)

   Inoltre l’art.19 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141 prevede la creazione di un
    organismo competente per la gestione degli elenchi degli agenti in
    attività finanziaria e dei mediatori creditizi.
Classificazione della clientela
   La MiFID impone alle imprese di investimento di operare una classificazione della
    propria clientela ai fini di modulare gli obblighi informativi da assolvere e le tutele da
    garantire. Vi sono, dunque, tre categorie di clienti:
   Cliente al dettaglio (o retail), definito in negativo in quanto né cliente professionale né
    controparte qualificata.
   Cliente professionale, categoria alla quale appartengono di diritto i soggetti autorizzati a
    svolgere servizi di investimento, i Governi nazionali e locali, gli enti pubblici, le Banche
    centrali e le istituzioni internazionali. Inoltre, un cliente al dettaglio può chiedere di
    essere considerato professionale, dopo essersi sottoposto ad una valutazione di idoneità
    da parte dell'impresa di investimento.
   Controparte qualificata, un sottoinsieme dei clienti professionali composto da imprese
    di investimento, enti creditizi e assicurativi, fondi pensione, Governi nazionali, Banche
    centrali e istituzioni internazionali. L'accesso a tale categoria non è automatico, bensì il
    cliente deve confermare di voler essere trattato come controparte qualificata.
Classificazione della clientela
   Nell’ambito della categoria dei “clienti professionali” è opportuno
    distinguere tra:
   “clienti professionali privati” individuati nell’Allegato 3 del
    Regolamento Intermediari;
  “clienti professionali pubblici” che saranno individuati in un
   emanando regolamento del Ministero dell’Economia.
L’Allegato n. 3 del Regolamento Intermediari distingue i clienti
   professionali privati in due categorie:

  i clienti professionali di diritto;
 i clienti professionali su richiesta.
Clienti professionali privati di diritto

Le imprese di grandi dimensioni che presentano, a livello di singola
   società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali:



•   totale di bilancio: 20 milioni di Euro;
•   fatturato netto: 40 milioni di Euro;
•   fondi propri: 2 milioni di Euro
Controparti qualificate

Le “Controparti qualificate” sono i soggetti nei confronti dei quali le imprese di
   investimento, allorquando prestano i servizi di esecuzione di ordini e/o
   negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, non
   sono tenute ad osservare gli obblighi di cui agli artt. da 27 a 56, ad eccezione
   del comma 2 dell’articolo 49 del Regolamento Intermediari. Sono da
   considerare controparti qualificate:
   -     le imprese di investimento, le banche, le imprese di assicurazioni, gli
   OICR, le SGR, le società di gestione armonizzate, i fondi pensione, gli
   intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106, 107 e 113
   del T.U. bancario, le società di cui all’art. 18 del T.U. bancario, gli istituti di
   moneta elettronica, le fondazioni bancarie, i governi nazionali e i loro
   corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il
   debito pubblico, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a
   carattere pubblico;
Controparti qualificate

Le “Controparti qualificate” sono i soggetti nei confronti dei quali le imprese di
investimento, allorquando prestano i servizi di esecuzione di ordini e/o
negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, non
sono tenute ad osservare gli obblighi di cui agli artt. da 27 a 56, ad eccezione del
comma 2 dell’articolo 49 del Regolamento Intermediari. Sono da considerare
controparti qualificate:
L'ordinamento di settore, in esito al recepimento della MiFID, prevede tre categorie
di clienti, in relazione alle quali le regole di condotta degli intermediari subiscono
una diversa graduazione:
a. i clienti professionali;
b. le controparti qualificate;
c. i clienti al dettaglio.
Controparti qualificate

In particolare, l'art. 6 del D.lgs. 141/2010:
, comma 2-quater, lettera d), nel fornire l'elenco dei soggetti ascrivibili alla
categoria delle "controparti qualificate", menziona espressamente "gli
intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti da[ll'] ... articol[o] … 113 del testo
unico bancario". I soggetti in esame sono altresì riconducibili alla categoria dei
clienti professionali privati di diritto, in quanto, ai sensi dell' Allegato n. 3, sezione I
al Regolamento lntermediari n. 16190, "si intendono clienti professionali per tutti i
servizi e gli strumenti di investimento: 1) i soggetti che sono tenuti ad essere
autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o
esteri quali: a) banche; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari
autorizzati o regolamentati".
Variazione della classificazione


Il processo di classificazione non si conclude necessariamente al momento del
    primo contatto con il cliente. La classificazione iniziale, infatti, può essere
    modificata nel corso del rapporto, sia su iniziativa dell’intermediario che
    su richiesta del cliente.
    L’intermediario può decidere di trattare come cliente professionale o cliente al
    dettaglio un cliente che potrebbe essere altrimenti classificato come
    controparte qualificata, ovvero trattare come cliente al dettaglio un cliente che
    è considerato cliente professionale di diritto. In tal caso l’intermediario fornirà
    una apposita informativa al cliente circa la variazione della classificazione.
Variazione della classificazione


Anche il cliente, peraltro, ha diritto a richiedere una variazione della
  classificazione attribuitagli dall’intermediario.

   Tale richiesta di variazione nella classificazione può avere ad oggetto uno o
   più servizi di investimento, uno o più prodotti finanziari, ovvero una o più
   operazioni di investimento.
Variazione della classificazione
 da cliente al dettaglio a cliente professionale



In merito alla valutazione che deve essere compiuta dall’intermediario, è
opportuno ricordare che la disapplicazione delle regole di condotta previste per
la prestazione dei servizi nei confronti dei clienti non professionali è consentita
solo nel caso in cui l’intermediario, dopo aver effettuato una valutazione
adeguata della competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del cliente,
può ragionevolmente ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o
dei servizi previsti, che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente
le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi
che assume.
Variazione della classificazione
    da cliente al dettaglio a cliente professionale

L’intermediario deve in ogni caso verificare che il cliente soddisfatti almeno due
    dei seguenti requisiti:
    (i) il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in
    questione con una frequenza media di 10 operazioni a trimestre nei quattro
    trimestri precedenti;
    (ii) il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi
    in contante, deve superare i 500.000 Euro;
    (iii) il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un
    anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza dei
    servizi previsti.
Variazione della classificazione


Se l’intermediario valuta che il cliente non è in possesso dei suddetti requisiti,
   ovvero non ha adeguata conoscenza, esperienza e competenza in materia di
   investimenti, dovrà rifiutarsi di procedere con la variazione da cliente al
   dettaglio a cliente professionale, informando prontamente il cliente .
Variazione della classificazione da
    controparte qualificata a cliente al dettaglio

Quando una controparte qualificata richiede espressamente di essere trattata
  come un cliente al dettaglio, è necessario che la controparte qualificata e
  l’intermediario concludano un accordo scritto in cui si stabiliscano i servizi, le
  operazioni e i prodotti ai quali si applica il trattamento quale cliente al dettaglio.
Adeguatezza / Appropriatezza -
     Execution only
La MiFID distingue tra:


•   valutazione di adeguatezza (at. 39 e 40 Reg. Intermediari);
•   valutazione di appropriatezza (art. 41 e 42 Reg. Intermediari).
Adeguatezza / Appropriatezza -
    Execution only
Il Considerando n. 56 della Direttiva 2006/73/CE stabilisce che: “è
necessario prevedere regole distinte per le modalità pratiche della
valutazione dell’adeguatezza (…) e della valutazione di
appropriatezza (…). Tali valutazioni hanno un ambito di
applicazione diverso per quanto riguarda i servizi di investimento
ai quali si riferiscono e hanno diverse funzioni e caratteristiche”.
Adeguatezza / Appropriatezza -
    Execution only
                  Valutazione di adeguatezza

Ai sensi dell’art. 39 del Regolamento Intermediari, al fine di
raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti adatti al
cliente o potenziale cliente, nella prestazione di servizi di
consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafogli,
gli intermediari ottengono dal cliente o potenziale cliente le
informazioni necessarie in merito alla conoscenza e esperienza
nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di
servizio, alla situazione finanziaria, agli obiettivi di
investimento.
Adeguatezza / Appropriatezza -
    Execution only
                   Valutazione di adeguatezza

Le informazioni riguardanti la situazione finanziaria includono, ove
pertinenti, dati sulla fonte e sulla consistenza del reddito del
cliente, del suo patrimonio complessivo e dei suoi impegni
finanziari (cfr. art. 39, comma 3, della Regolamento Intermediari).
Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
                       Disposizioni comuni

Le informazioni relative alle conoscenze ed esperienza del
cliente in materia di investimenti - presupposto sia della
valutazione di adeguatezza che della valutazione di
appropriatezza - devono essere basate su:
(i) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il
cliente ha dimestichezza;
(ii) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su
strumenti             finanziari realizzate dal cliente e il periodo
durante il quale queste operazioni sono state eseguite;
(iii) il livello di istruzione e la professione o, se rilevante, la
precedente professione del cliente.
Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
                    Valutazione di adeguatezza

Un’operazione di investimento potrà essere ritenuta adeguata se
soddisfa i seguenti criteri:

(i) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente;
(ii) sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di
sopportare       qualsiasi     rischio    connesso       all’investimento
compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento;
(iii) sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria
esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti
all’operazione o alla gestione del suo portafoglio.
(cfr. art. 40 del Regolamento Intermediari).
Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
                Valutazione di adeguatezza


In caso di prestazione del servizio di consulenza in materia di
investimenti ad un cliente professionale considerato tale di
diritto ai sensi dell’Allegato n. 3 al presente regolamento
ovvero del regolamento emanato dal Ministro dell’Economia e
delle Finanze ai sensi dell’articolo 6, comma 2-sexies del
Testo Unico, gli intermediari possono presumere che il cliente
sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi
rischio di investimento compatibile con i propri obiettivi di
investimento.
Adeguatezza / Appropriatezza -
    Execution only
                 Valutazione di appropriatezza


Quando prestano servizi di investimento diversi dalla
consulenza in materia di investimenti o dalla gestione di
portafogli, gli intermediari richiedono al cliente o al potenziale
cliente di fornire informazioni in merito alla sua conoscenza e
esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di
strumento o di servizio proposto o chiesto (cfr. art. 41,
Regolamento Intermediari).
Adeguatezza / Appropriatezza -
    Execution only
                  Valutazione di appropriatezza


Qualora il cliente scelga di non fornire le informazioni richieste
dall’ intermediario circa le sue conoscenze ed esperienze, ovvero
qualora tali informazioni siano insufficienti, l’intermediario avverte
il cliente che la sua decisione impedirà di determinare se il
servizio o prodotto sia per lui “appropriato” .

Qualora l’intermediario ritenga che il prodotto o servizio non sia
“appropriato” al cliente, avverte il cliente di tale circostanza.
Adeguatezza / Appropriatezza -
    Execution only
                        Execution only


Gli intermediari quando prestano i servizi di esecuzione di ordini
per conto dei clienti o di ricezione e trasmissione di ordini (c.d.
“execution only”), non sono tenuti ad acquisire dai clienti le
informazioni relative alle sue conoscenze ed esperienze in
materia di investimenti, né ad effettuare la valutazione di
appropriatezza se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
Adeguatezza / Appropriatezza -
   Execution only
                    Execution only

- i servizi prestati sono connessi ad azioni ammesse
alla negoziazione in un mercato regolamentato, o in un
mercato equivalente di un paese terzo, strumenti del
mercato monetario, obbligazioni o altri titoli di debito
(escluse le obbligazioni o i titoli di debito che
incorporano uno strumento derivato), OICR
armonizzati ed altri strumenti finanziari non complessi;
Adeguatezza / Appropriatezza -
     Execution only
                    Execution only

-il servizio è prestato a iniziativa del cliente o potenziale cliente;

-il cliente o potenziale cliente è stato chiaramente informato che
l'intermediario non è tenuto a valutare l’appropriatezza e che pertanto
l’investitore non beneficia della protezione offerta dalle relative
disposizioni;

- l’intermediario rispetta i propri obblighi in tema di conflitto di interessi.
Adeguatezza / Appropriatezza -
Execution only
Execution only

Uno strumento finanziario che non sia menzionato all’articolo 43, comma 1,
lettera a) è considerato non complesso se soddisfa i seguenti criteri:
•     non rientra nelle definizioni di cui all’art. 1, comma 1-bis), lettere c) e d),
      del Testo Unico, nonché nelle definizioni di cui all’articolo 1, comma 2,
      lettere d), e), f), g), h), i) e j) del Testo Unico;
•     esistono frequenti opportunità di cedere, riscattare od ottenere altrimenti
      il corrispettivo di tale strumento a prezzi che siano pubblicamente
      disponibili per i partecipanti al mercato. Tali prezzi devono essere quelli
•     di mercato o quelli messi a disposizione, ovvero convalidati, da sistemi di
di               valutazione                    indipendenti          dall’emittente.
Adeguatezza / Appropriatezza -
    Execution only
                              Execution only

•   non implica alcuna passività effettiva o potenziale per il cliente che vada oltre
    il costo di acquisizione dello strumento;

•   sono pubblicamente disponibili informazioni sufficientemente complete e di
    agevole comprensione sulle sue caratteristiche, in modo tale che il cliente al
    dettaglio medio possa prendere una decisione informata in merito alla
    realizzazione o meno di un’operazione su tale strumento.
Adeguatezza / Appropriatezza -
     Execution only
Nell’ambito del servizio di execution only l’intermediario:

     a) non è tenuto ad effettuare la valutazione di appropriatezza;

     b)    deve rispettare la regola della best execution. In caso di ricezione e
     trasmissione ordini la regola si tramuta in un obbligo di diligente ed efficace
     selezione degli intermediari che possano garantire la miglior esecuzione
     possibile dell’ordine;

     c) deve rispettare la disciplina dei conflitti di interesse.
Adeguatezza / Appropriatezza -
   Execution only
La consulenza e la Direttiva MiFID


Il considerando n. 3 della Direttiva 2004/39/CE, prevede che “Per via della sempre
 maggior dipendenza degli investitori dalle raccomandazioni personalizzate è
 opportuno includere la consulenza in materia di investimenti tra i servizi di
 investimento che richiedono un’autorizzazione”.

L’art. 1, comma 5, del T.U.F., ricomprende la consulenza in materia di investimenti
 tra i “servizi e le attività di investimento”.La ratio alla base della scelta del
 legislatore comunitario di definire la consulenza finanziaria come servizio di
 investimento deriva dalla considerazione che tale servizio costituisce un’attività
 “delicata” (o, se si vuole, “pericolosa”) dal momento che coinvolge, alla stregua
 degli altri servizi di investimento, direttamente il pubblico risparmio.
Adeguatezza / Appropriatezza -
   Execution only
La consulenza e il TUF


Ai sensi dell’art.1, comma 5-septies del T.U.F., per consulenza in materia di
investimenti si intende la prestazioni di raccomandazioni personalizzate a un
cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a
una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario.

La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta per il
cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una
raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante
canali di distribuzione.
Adeguatezza / Appropriatezza -
  Execution only
La consulenza e la Direttiva MiFID


Il considerando n. 79 della Direttiva 2006/73/CE prevede che “La consulenza in
merito a strumenti finanziari fornita in un quotidiano, giornale, rivista o in qualsiasi
altra pubblicazione destinata al pubblico in generale (incluso tramite Internet) o
trasmissione televisiva o radiofonica non deve essere considerata come una
raccomandazione personalizzata ai fini della definizione di «consulenza in materia
di investimenti» di cui alla direttiva 2004/39/CE”.
Adeguatezza / Appropriatezza -
  Execution only
La consulenza ‘generica’


Il considerando n. 81 della Direttiva 2006/73/CE prevede che “una consulenza
generica in merito ad un tipo di strumento finanziario non è una consulenza in
materia di investimenti ai fini della direttiva 2004/39/CE, in quanto la presente
direttiva specifica che, ai fini della direttiva 2004/39/CE, la consulenza in materia
di investimenti è limitata alla consulenza in merito a determinati strumenti
finanziari.
Tuttavia se l’impresa di investimento fornisce una consulenza generica ad un
cliente in merito ad un tipo di strumento finanziario che essa presente come
adatto per tale cliente (…) e tale consulenza non è in realtà adeguata per tale
cliente (…) è probabile che tale impresa violi l’art. 19, paragrafo 1 o 2 della
Direttiva 2004/39/CE”.
Sistemi multilaterali di negoziazione
Nella Direttiva MiFID viene definito come: ‘sistema multilaterale di negoziazione
gestito da un’impresa di investimento o da un gestore del mercato che consente
l’incontro-al suo interno e in base a regole non discrezionali-di interessi multipli di
acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari’ Come per la borsa
anche un sistema multilaterale di negoziazione è soggetto ad una preventiva
autorizzazione della Consob. Nel richiederla l’impresa d’investimento dovrà
allegare l’elenco degli strumenti finanziari che saranno oggetto degli scambi le
regole di funzionamento del sistema e le procedure di vigilanza adottate.
Best execution

La stretta della MiFID ruota anche attorno a un altro principio generale, quello della
cosiddetta "best execution": l'obbligo imposto agli intermediari ad eseguire l'ordine
del cliente alle migliori condizioni anche a danno dei pro-pri interessi. La best
execution resta però un concetto fumoso quando lo strumento di riferimento non è
l'azione ma l'obbligazione: proprio la crisi subprime ha fatto emergere la mancanza
di un efficiente mercato secondario per i bond strutturati e le cartolarizzazioni. E
prima di questo terremoto le emissioni di bond con un importo inferiore ai 500
milioni di euro era comunque definite "illiquide". A questo va aggiunta l'opacità dei
prezzi delle obbligazioni bancarie strutturate collocate a rubinetto attraverso la rete
degli sportelli.
.
Sistemi multilaterali di negoziazione
. Le imprese di investimento sono obbligate a informare i clienti della strategia di
esecuzione e di trasmissione degli ordini (la cosiddetta best execution policy) che
intendono adottare e a eseguirla in modo da assicurare il miglior risultato possibile,
avendo riguardo al prezzo, ai costi totali, alla rapidità e alla probabilità di
esecuzione e di regolamento, alle dimensioni, alla natura dell’ordine o a qualsiasi
altra caratteristica rilevante ai fini dell’esecuzione. L’’impresa dovrà scegliere la
sede più idonea in cui eseguire l’ordine: dai mercati regolamentati ai sistemi
multilaterali di negoziazione, ai mercati informali.
Attuazione Direttiva 2008/48/CE
Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n 141

•Art. 117 Contratti
•Art: 123 Pubblicità
•Art 124 Obblighi precontrattuali
•Art 124 Bis Verifica Merito Creditizio
•Art.125 Banche Dati
•Art.125 bis Contratti e comunicazioni
•Art.125 ter Recesso del consumatore
Gestione del conflitto di interessi

Gli intermediari devono identificare le attività di investimento per le quali esiste o
potrebbe sorgere un conflitto di interesse, iscriverle in un registro e informarne
chiaramente i clienti che potrebbero averne pregiudizio, prima di agire per loro
conto. Il cliente è messo nelle condizioni di decidere se usufruire comunque dei
servizi offerti dall’impresa di investimento o rivolgersi altrove.
Collegato al tema dei conflitti di interessi, è quello degli incentivi (inducements) : La
MiFID obbliga gli intermediari a comunicare alla clientela gli incentivi percepiti da
controparti terze e a dimostrare che non danneggiano la qualità del servizio ma
hanno, al contrario, l’obiettivo di accrescerla.

.
Gestione del conflitto di interessi
In una scheda predisposta dal ministero del Tesoro sulla MiFID viene puntualizzato
che le autorità e gli intermediari dovranno adottare «ogni misura ragionevole per
identificare i conflitti d'interesse e per gestirli in modo da evitare che incidano
negativamente sugli interessi dei clienti».Quando il conflitto d'interesse è
inevitabile, allora per lo meno deve essere esposto al cliente nero su bianco.
C'è poi la cosi' detta modalità di "mera esecuzione degli ordini". In questa caso
l'intermediario è esonerato dalla responsabilità di fare valutazioni circa
l'appropriatezza dell'operazione che si va a porre in essere. Per fare questo è
sufficiente che l'intermediario informi il cliente che sta eseguendo l'operazione con
questa modalità.

.
Il servizi accessori e le attività connesse
    e strumentali
Ai sensi dell’art.1, comma 6, TUF, come novellato dal d.lgs. n.164/2007 di
attuazione della MiFID, per servizi accessori si intendono – per trasposizione
dell’elenco di cui all’allegato 1) sez. B MiFID – i seguenti: (omissis)

Dalla precedente elencazione del testo unico scompare, dal novero dei servizi
accessori la consulenza in materia di investimenti, assunta, come si è visto, al
rango di servizio di investimento.

Ulteriore novità è la previsione, tra i servizi accessori, delle attività e dei servizi che
il Ministero delle Economie e delle Finanze avrebbe dovuto individuare con
apposita regolamentazione: si tratta in particolare delle attività e dei servizi
connessi alla prestazione di servizi di investimento ed accessori aventi ad oggetto
strumenti derivati.



.
Il servizi accessori e le attività connesse
    e strumentali
Un nuovo servizio accessorio è poi quello della ricerca in materia di investimenti,
l’analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti
operazioni relative a strumenti finanziari, sulla quale specificamente mi soffermerò.

In via generale occorre tenere a mente che i servizi accessori non sono soggetti a
riserva di attività a favore degli intermediari abilitati alla prestazione dei servizi di
investimento. I servizi accessori rappresentano però servizi che gli intermediari
possono svolgere in quanto, per l’appunto, autorizzati alla prestazione dei servizi di
investimento


.
Il servizi accessori e le attività connesse
    e strumentali
La possibilità di prestare servizi accessori, unitamente ai servizi di investimento, si
giustifica, per gli intermediari abilitati, in base all’elevata complementarità delle due
“famiglie” di servizi. Non trattandosi di attività soggette a riserva, si tratta, peraltro,
di servizi che possono essere liberamente svolti anche da soggetti non abilitati.

Il termine “accessorio”, peraltro, non significa necessariamente che i servizi in
parola debbano essere per forza prestati in via “ausiliaria” o “strumentale” rispetto
a un servizio di investimento: tale requisito, infatti, è previsto unicamente per il
servizio accessorio di intermediazione in cambi. E’ dunque perfettamente legittimo
che un intermediario abilitato alla prestazione di servizi di investimento svolga
servizi accessori anche in via autonoma, senza cioè che il servizio accessorio sia,
per così dire, di supporto a un servizio di investimento.


.
Riserva di attività e soggetti abilitati
Riserva di attività e soggetti abilitati

L’accesso alla prestazione dei servizi e delle attività di investimento deve essere
subordinato ad un’autorizzazione, rilasciata dalle autorità competenti degli Stati
membri (art. 5 MiFID).
Vi è, inoltre, la possibilità per le imprese di investimento comunitarie di prestare, a
determinate condizioni, il loro servizi anche negli altri Stati membri della U.E.
L’accesso a servizi e attività di investimento avviene in base modalità diverse a
seconda che il soggetto sia una banca o un’impresa di investimento e a seconda
che il soggetto sia italiano o straniero.
Il TUF (artt. 18 e 18-bis) prevede che le banche e le imprese di investimento non
sono i soli soggetti che possono prestare servizi ed attività di investimento, poiché
ad esse si aggiungono: le società di gestione del risparmio (SGR), le società di
gestione armonizzate (SGA), le società di cui all’art. 107 TUB, gli agenti di cambio,
i consulenti finanziari, le società fiduciarie iscritte in una sezione speciale dell’albo
delle SIM, le società di gestione dei mercati regolamentati.



.
Riserva di attività e soggetti abilitati

L’art. 1 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n.
10 dell’11/3/2008 ha modificato il paragrafo 2 dell’art. 3 della
MIFID, che recita: . <<Le persone escluse dall'ambito
d'applicazione della presente direttiva a norma del paragrafo 1
non godono delle libertà di prestare servizi e/o di effettuare attività
di investimento o di stabilire succursali previste, rispettivamente,
dalle disposizioni dell'articolo 31 e dell'articolo 32.Tali misure,
intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva
completandola, sono adottate secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui all'articolo 64, paragrafo 2
>>.
Riserva di attività e soggetti abilitati

Inoltre, come previsto dall’art. 5 DIR 39/2004, modificato dall’art. 6 DIR 78/2010: 3.
Gli Stati membri istituiscono un registro di tutte le imprese di investimento. Il
registro è accessibile al pubblico e contiene informazioni sui servizi o sulle attività
per i quali l'impresa di investimento è autorizzata. Il registro è aggiornato
regolarmente. Ogni autorizzazione è notificata all'Autorità europea di vigilanza
(Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (in prosieguo
l'“AESFEM”), istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e
del Consiglio.
L'AESFEM redige un elenco di tutte le imprese di investimento dell'Unione. Il
registro contiene informazioni sui servizi o sulle attività per i quali l'impresa di
investimento è autorizzata ed è aggiornato regolarmente. L'AESFEM pubblica
l'elenco sul suo sito web e ne cura l'aggiornamento. Parimenti ogni revoca di
autorizzazione è notificata all’AESFEM ex art. 6 DIR 78/2010.


.
Riserva di attività e soggetti abilitati

IAutorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (in prosieguo
l'“AESFEM”), istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e
del Consiglio.
Art. 15 MiFID pagg. 29/30 (informativa all’AESEFEM NEL CASO
DI DIFFICOLTA’ NELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI IN PAESI TERZI)
Art. 16 n.ro 2 co. 2 pag. 31 (autorità competenti devono determinare metodi
appropriati per cotrollare che le imprese di investimento ottemperino agli
obblighi che incombono loro….esse devono notificare alle autorità
competenti qualunque modifica rilevante delle condizioni per ottenere l’aut.
Iniziale)
Riserva di attività e soggetti abilitati
Art. 19 n.ro 6 alinea I pag.34(AESFEM redige sul proprio sito un
elenco dei mercati che sono considerati equivalenti. L’elenco è
aggiornato periodicamente assiste anche la commissione nela
valutazione dei mercati di paesi terzi)
Art. 23 n. 3 co.1 pag. 39 – Art. 47 (creazione di un albo degli agenti
colegati)
Art. 25 n.ri 1 e 2 co. 2 pag. 41*1
Art. 27 n.ro 2 co 1 pag. 44 AESFEM
Art. 31 n.ro 2 ultimo periodo pag 49 AESFEM PROGETTI DI NORME
TECNICHE DI ATTUAZIONE
Art. 32 n.ro 10 co 3 pag.52 AESFEM PROGETTI DI NORME
TECNICHE DI ATTUAZIONE FORMATI STADARD, MODELLI E
PROCEDURE PER TRASMISSIONE INFO


.



.
Mercati finanziari Master ipsoa 2012
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Mercati finanziari Master ipsoa 2012

  • 1. Master di specializzazione Diritto ed economia dei mercati finanziari www.studiosodo.it
  • 2. Indice •Le fonti normative a livello europeo e nazionale •La direttiva MiFID e la direttiva ISD •I Servizi e le attività di investimento •I servizi accessori e le attività connesse e strumentali •Brevi cenni alle regole di condotta applicabili alla prestazione di servizi di Investimento • consulenti finanziari •La riserva di attività e i soggetti abilitati
  • 3. Le fonti normative a livello europeo e nazionale
  • 4. Fonti normative a livello europeo e nazionale  Le prime direttive comunitarie in materia sono state rivolte all’armonizzazione dei vari ordinamenti nazionali in ambito finanziario. Occorre ricordare che negli anni 70, in presenza di sistemi finanziari ancora caratterizzati da radicali segmentazioni nazionali e dominati da assicurazioni e banche, le prime direttive comunitarie di coordinamento hanno trattato la definizione dei requisiti da soddisfare per consentire agli intermediari di operare negli altri stati membri..
  • 5. Principali Fonti normative a livello europeo e nazionale  Direttive n.73/1973 e la n.267/1979 (riguardanti le assicurazioni  Direttiva n.780/1977 (prima direttiva Banche) seguita da.  Direttiva n.646/1989 (Segnerà un passo in avanti nel processo di liberalizzazione dei mercati, grazie all’introduzione del principio dell’autorizzazione comunitaria unica per le aziende di credito. Nello stesso anno, il quadro normativo si arricchiva della direttiva sulla solvibilità degli istituti creditizi vigilati (n.89/67/CEE).
  • 6. Obiettivi del legislatore  Questi interventi del legislatore comunitario erano caratterizzati dall’obiettivo della stabilità anche se nei “considerando” della seconda direttiva banche si sottolineava come la stabilità fosse condizione necessaria anche per assicurare eque condizioni concorrenziali e adeguata protezione ai risparmiatori e agli investitori.
  • 7. Direttiva n.611/1985  Nel corso degli anni 80 prendeva gradualmente forma e si rafforzava l’esigenza di regole idonee a garantire non solo stabilità ma anche eque condizioni competitive tra le diverse forme di intermediazione, nonché protezione degli investitori in uno spazio europeo più aperto alla libera circolazione dei capitali e degli operatori sui mercati finanziari.
  • 8. Direttiva n.611/1985  Si occupa di intermediari attivi nel settore dell’intermediazione mobiliare, anche se l’ambito di applicazione è circoscritto agli organismi di investimenti collettivo in valori mobiliari (OICVM), che offrono quote di fondi aperti su valori quotati in borsa o sui mercati regolamentati. Questo intervento normativo rispondeva soprattutto alla necessità di rimuovere le divergenze riscontrabili nelle legislazioni nazionali, così da ristabilire corrette condizioni concorrenziali tra gli OICVM attivi nei diversi stati membri e facilitare la commercializzazione, abolendo le restrizioni alla libera circolazione delle quote.
  • 10. Investment Services Directive  Per trovare una compiuta interpretazione dei principi cui si ispiravano le direttive sopra menzionate, occorrerà attendere fino al 1993 con l’emanazione della “Investment Services Directive” (ISD). La ISD si poneva innanzitutto l’obiettivo di eliminare le divergenze esistenti tra i regimi autorizzativi in vigore nei paesi europei per le diverse imprese di investimento, con riferimento alla prestazione di servizi e allo stabilimento di succursali.
  • 11. Investment Services Directive  A tal fine si auspicava che venisse definita una regolamentazione necessaria e sufficiente a consentire il reciproco riconoscimento, con la Vigilanza affidata allo Stato membro di origine, sia per le banche che per le imprese di investimento non bancarie.
  • 12. Novità introdotte dall’ISD  Definizione dei requisiti per ottenere l’autorizzazione iniziale.  Definizione dei requisiti relativi all’esercizio dell’attività e alcune norme di comportamento (ad esempio sistemi di controllo interni), al fine di garantire uguali condizioni concorrenziali a tutti gli operatori del settore a tutelare gli interessi degli investitori.
  • 13. Novità introdotte dall’ISD  Proprio a partire dalla ISD che si assiste ad una accelerazione del processo di trasformazione del mercato europeo dei capitali.  E’ cresciuto il numero degli investitori attivi sui mercati, si è ampliata la gamma e la complessità dei servizi e degli strumenti offerti accanto a quelli tradizionali.  Con il diffondersi delle raccomandazioni personalizzate e dei servizi di consulenza, sono mutate anche le modalità di prestazione dei servizi di investimento.  Si sono sviluppati nuovi sistemi organizzati di negoziazione (MTF) accanto ai mercati regolamentati.
  • 14. Novità introdotte dall’ISD  L’euro ha indubbiamente contribuito in modo significativo a favorire le trasformazioni cui ho accennato, creando le condizioni di mercato più favorevoli per l’operatività degli emittenti e per una maggiore competizione tra gli intermediari.  E’ cresciuto il numero degli investitori attivi sui mercati, si è ampliata la gamma e la complessità dei servizi e degli strumenti offerti accanto a quelli tradizionali.  Con il diffondersi delle raccomandazioni personalizzate e dei servizi di consulenza, sono mutate anche le modalità di prestazione dei servizi di investimento.  Si sono sviluppati nuovi sistemi organizzati di negoziazione (MTF) accanto ai mercati regolamentati.
  • 15. Novità introdotte dall’ISD  Per la verità c’è chi ha sostenuto che questa crescita sia stata frutto di uno sviluppo spontaneo dei mercati reso possibile non solo da condizioni macro economiche favorevoli a livello internazionale, ma anche dallo stesso disallineamento tra i diversi contesti regolamentari.  In effetti nello spazio unico europeo si è creata in quegli anni una molteplicità di mercati finanziari, più o meno organizzati e spesso diversamente regolamentati.  Tale situazione ha fatto emergere a livello comunitario la necessità di affrontare le nuove problematiche sorte nel mondo dei servizi finanziari in modo sintetico e strutturato.
  • 16. Novità introdotte dall’ISD  La risposta a tal necessità è giunta nel 1999 con il varo, da parte della Commissione Europea del “Financial Services Action Plan” (FSAP), il quale si è successivamente concretizzato in oltre 40 direttive finalizzate a dare stabilità e competitività ai mercati finanziari in Europa.  La MiFID è una di queste e ha sostituito la direttiva ISD del 1993… ma prima di parlare del passaggio dalla ISD alla direttiva MiFID merita un cenno il FSAP.
  • 18. Financial Services Action Plan  Il FSAP è stato adottato l’11 maggio 1999 dalla Commissione Europea con l’intento di creare a livello europeo un mercato finanziario integrato, indicando obiettivi generali e misure specifiche.  Il piano, studiato da un comitato di saggi presieduto dal barone Alexandre Lamfalussy, ha innovato significativamente il processo di formazione della normativa concernente il mercato dei servizi finanziari. Al “modello” Lamfalussy va riconosciuto il merito di avere radicalmente innovato il processo di formazione della normativa europea.
  • 19. Financial Services Action Plan  Tale processo, infatti:  a) coinvolge le istituzioni (Consiglio e Parlamento) nel processo di decisione, soprattutto per quel che concerne la determinazione dei principi e delle linee generali della disciplina da realizzarsi con direttive quadro, lasciando alla Commissione e ad un processo di mediazione giuridica la determinazione della normativa di esecuzione, anche se dal 2006 si è istituzionalizzata anche una forma di controllo preventivo; coinvolge il network delle autorità indipendenti nazionali nella fase preparatoria e istruttoria, nonché nella fase di implementazione della normativa a livello nazionale;
  • 20. Financial Services Action Plan  b) sottolinea l’importanza dei canoni della better regulation, valorizzando in particolare la fase di informazione e di consultazione;  c) riduce lo spazio della normazione delle istituzioni democratiche nazionali, nonché la discrezionalità delle amministrazioni nella relativa attuazione;  d) imposta un modello decisionale che, già testato nel settore securities, è stato esteso alla disciplina di altri settori come banche e assicurazioni.
  • 21. I quattro livelli Lamfalussy  Al primo livello, l’adozione da parte del Parlamento Europeo e del Consiglio di regolamenti o direttive che si dovrebbero limitare a definire i principi generali e gli elementi essenziali della materia da disciplinare, conferendo alla Commissione (ex art.201 u.c., del Trattato CE) l’adozione delle relative misure di esecuzione, tramite direttive o regolamenti.  Al secondo livello, la fase di implementazione di principi generali contenuti nelle direttive quadro, o di adattamento resi necessari dagli sviluppi dei mercati. Di fatto, la Commissione Europea, per la predisposizione delle misure di esecuzione degli atti di primo livello, è assistita da comitati appositamente costituiti: il Comitato Europeo dei Valori Mobiliari (European Securities Comity ESC, composto da rappresentanti degli stati membri di rango elevato e presieduto da un rappresentante della commissione); il Comitato delle Autorità di Regolamentazione (Comitee European Securities Regulators,
  • 22. I quattro livelli Lamfalussy  il Comitato delle Autorità di Regolamentazione (Comitee European Securities Regulators, CESR, composto dai presidenti delle autorità nazionali di vigilanza sui mercati). Il Comitato della Autorità ha funzioni consultive sulle misure di attuazione da adottare ma può essere, talora, investito del compito di redigere un articolato di direttiva o regolamento.  Il terzo livello concerne la responsabilità degli stati membri di implementare il diritto comunitario all’interno di un quadro di cooperazione con i regolatori nazionali; in altri termini la cooperazione tra autorità nazionali di regolamentazione e di vigilanza sui mercati finanziari e il coordinamento delle loro attività.
  • 23. I quattro livelli Lamfalussy  Al quarto livello si colloca, infine, il controllo della Commissione sull’attività di attuazione da parte degli stati membri delle norme e degli orientamenti adottati e tra i livelli precedenti anche al fine di assicurare una aperta e corretta concorrenza dei mercati finanziari europei.
  • 24. Conseguenze del modello Lamfalussy  L’applicazione del modello Lamfalussy ha, di fatto, accelerato il processo decisionale e reso più flessibile la formazione, rendendone più agevole la modifica; ha altresì contribuito ad una maggiore trasparenza attraverso la consultazione aperta e tempestiva degli operatori del mercato; ha infine favorito una collaborazione ad una maggiore convergenza tra gli ordinamenti nazionali in materia di vigilanza.
  • 25. Atti legislativi adottati sul modello Lamfalussy  la direttiva sugli abusi di mercato (2003/6/CE); la direttiva prospetti, cioè relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari (direttiva 2003/71/CE); la direttiva sui mercati sugli strumenti finanziari (2004/39/CE); la direttiva sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza (2004/109/CE), direttive tutte che hanno comportato e comportano mutamenti significati delle regole del mercato finanziario.  L’emanazione della direttiva MiFID da parte del legislatore comunitario può essere vista come il naturale completamento del processo descritto. L’estensione della procedura Lamfalussy a tutti i settori finanziari ha garantito l’opportunità di creare un quadro regolamentare maggiormente armonizzato e semplificato. La MiFID ha previsto una serie di disposizioni precise che garantiscono di per sé una regolamentazione dettagliata della gestione di nuovi mercati e di come devono svolgersi le attività di intermediazione e di consulenza. Alla MiFID ha fatto seguito l’emanazione della direttiva 10 agosto 2006/73/CE (nella prassi MiFID II) e del Regolamento n.1287/2006, entrambi attuativi del c.d. secondo livello della procedura Lamfalussy, essendo anche il Regolamento direttamente applicabile agli stati membri.
  • 26. MiFID
  • 27. Il recepimento della MiFID in Italia.  Il recepimento ha trovato il suo culmine con l’emanazione di una legge delega del gennaio 2007 per mezzo della quale è stato modificato anche il testo unico della finanza. Nel redigere le norme di recepimento si è tenuto conto dei parametri dettati dalla procedura Lamfalussy e delle intenzioni dell’omonimo Comitato, cioè ricreare un sistema normativo integrato a livello transnazionale, evitando così frammentazioni tra le normative dei diversi stati comunitari. L’opera di recepimento è stata di gran lunga più semplice per gli stati dell’unione dopo l’emanazione del Regolamento n.1287/2006: la via regolamentare, infatti, ha reso direttamente applicabili all’interno dei singoli ordinamenti le norme contenute nel Regolamento stesso senza necessità di una norma di recepimento. In tal modo, tra l’altro, si sono evitati a monte tutti i possibili problemi legati all’interpretazione della direttiva da parte di ogni stato che, volendo, avrebbe potuto adattare il contenuto della stessa alle proprie esigenze interne.
  • 28. Il recepimento della MiFID in Italia.  Indubbiamente la direttiva MiFID è andata oltre le migliori aspettative, confermandosi come un punto di riferimento per l’emanazione della seconda direttiva (2006/31/CE) che ha prorogato il termine per l’attuazione della MiFID dal 31 gennaio 2007 al 1° novembre 2007.  Il Consiglio dei Ministri, con d.lgs 17 settembre 2007, n.164 ha approvato in via definitiva le modifiche del TUF.  Il recepimento della MiFID si è poi sostanzialmente completato con la successiva approvazione da parte della Consob nel nuovo testo del Regolamento Intermediari (deliberazione n.16190/2007) e del Regolamento Mercati (deliberazione 16191/2007), nonché con l’emanazione del regolamento congiunto Consob / Banca d’Italia anch’esso approvato sempre nell’ottobre 2007.
  • 29. Il recepimento della MiFID in Italia.  Il legislatore nazionale, pertanto in armonia con l’ormai consolidato principio di delegificazione già acquisito dal TUF, ha delegato l’individuazione delle regole specifiche al potere normativo della Consob e della Banca d’Italia. Nel caso di specie alle Autorità di Vigilanza è stato demandato il compito di recepire le disposizioni di fonte europea, alla cui formulazione la stessa Consob aveva d'altronde partecipato, sia pure in sede consultiva, attraverso il Committee of European Securities Regulation - CESR.  In particolare, le innovazioni sostanziali in materia di mercati sono stati introdotte nel Regolamento Consob 29 ottobre 2007, n.16191 (c.d. “Nuovo Regolamento Mercati”). In estrema sintesi, il potere concesso alla Consob di imporre l’obbligo di concentrazione della negoziazione degli strumenti finanziari nei soli mercati regolamentati, ha lasciato spazio all’opposto divieto di prevedere una siffatta regola. Tale scelta è stata adottata in virtù dell’emergere di nuovi sistemi di negoziazione, gestiti anche da imprese di investimento.
  • 30. Il recepimento della MiFID in Italia.  Ancora più significative sono state le novità in tema di intermediazione finanziaria: ad una disciplina uniforme se ne sostituisce una più duttile e attenta a graduare le forme di tutele in base alle diverse tipologie dei clienti. Le novità hanno assunto tale rilievo da indurre la Consob ad abrogare il regolamento n.11522/1998 e adottare con delibera 29 ottobre 2007 n.16190, un nuovo Regolamento Intermediari.  In linea con le fonti comunitarie in recepimento, il nuovo Regolamento Intermediari si è mosso nella direzione di porre maggiormente in rilievo la centralità del cliente quale destinatario del servizio prestato dall’intermediario anche nel caso di servizi connessi con la distribuzione al pubblico di strumenti finanziari. Da tale centralità discende, tra l’altro, la necessaria contrattualizzazione del “rapporto di servizio” che intercorre tra l’intermediario (anche se mero collocatore) e il cliente retail al fine di porre lo stesso cliente nelle condizioni di assumere piena consapevolezza del quadro dei diritti e degli obblighi derivanti dalla prestazione di servizio d’investimento.
  • 31. Il recepimento della MiFID in Italia.  La disciplina contenuta nel decreto di recepimento (artt.77-bis e 79-ter TUF) ha trasposto, nell’ordinamento nazionale, le disposizioni della direttiva coordinando con la disciplina dei mercati regolamentati, rinviando alla regolamentazione secondaria della Consob la definizione dei requisiti minimi di funzionamento dei sistemi multilaterali di negoziazione e i criteri per l’individuazione degli internalizzatori sistematici.  Come accennato, il mercato si caratterizzava, prima della MiFID, per la presenza di un obbligo di concentrazione degli scambi che imponeva che le transazioni di titoli azionari quotati in mercati regolamentati fossero effettuate in un mercato regolamentato; con l’eccezione degli scambi di dimensioni superiori a quelle normali (c.d. blocchi).
  • 32. Il recepimento della MiFID in Italia.  Come ulteriore modalità di esecuzione delle negoziazioni mobiliari, la direttiva prevede disciplina la c.d. “internalizzazione sistematica”, cioè la possibilità, per le imprese di investimento, di eseguire al loro interno (ossia al di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema unilaterale di negoziazione) gli ordini dei clienti, in concorrenza con gli altri intermediari con gli stessi mercati.  La direttiva di primo livello 2001/89 CEE, all’art’4, n.7 definisce l’internalizzatore sistematico come “quell’impresa di investimento che in modo organizzato, frequente e sistematico negozia per conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema multi laterale di negoziazione”.
  • 33. Il recepimento della MiFID in Italia.  Prendendo atto dell’emergere accanto alla figura dei mercati regolamentati, di nuovi sistemi di negoziazione, la MiFID introduce un’ulteriore modalità di negoziazione, quella dei Sistemi Multilaterali di Negoziazione (Multilater Trading Facilities, MTF). Si tratta di sistemi “multilaterali”, dove cioè intervengono più operatori con modalità di funzionamento simili a quelle dei mercati regolamentati, ma che possono essere gestiti anche da intermediari, oltre che dagli stessi mercati regolamentati.  La definizione fornita dalla direttiva 2004/39/CEE dei Sistemi Multilaterali di Negoziazione è la seguente: “quei sistemi che consentono l’incontro al loro interno e in base a regole non discrezionali di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari in modo da dare luogo a contratti”.
  • 34. Obiettivi della Mifid  Gli obiettivi della normativa MiFID sono diretti e chiari: pervenire alla creazione di un mercato dei servizi finanziari che sia integrato (superamento delle barriere nazionali e della piena operatività del passaporto europeo), concorrenziale (massima apertura alla competizione tra operatori anche in segmenti finora caratterizzati da chiusure come quello dei sistemi di negoziazione), efficiente (idoneità ad assolvere la funzione tipica propria del mercato finanziario, vale a dire quella di tramite dei flussi finanziari dai settori in surplus ai settori in deficit), affidabile (idoneità da assicurare un elevato grado di fiducia degli operatori e degli investitori).
  • 35. Linee guida del Legislatore  Ampliamento dell’area sottoposta a regolamentazione  Omogeneizzazione delle regole  Coordinamento della vigilanza  Rafforzamento delle imprese di investimento  Rapporti intermediario-investitore  Concorrenza
  • 36. Tabella riassuntiva delle principali Fonti normative
  • 37. Fonti normative a livello europeo e nazionale  Direttiva del Consiglio n. 93/22/CEE del 10.5.1993 (armonizzazione minima dei requisiti per l’autorizzazione e delle regole di comportamento) ISD  D.lgs. N. 385 1/9/73 (attività agenti finanziari e mediatori creditizi)  Direttiva del Consiglio del Parlamento n. 2003/6/CE-Market Abuse  Direttiva del Consiglio del Parlamento 21.4.2004 n. 2004/39/CE- MiFID (abolisce il principio di concentrazione, ammette sedi alternative di esecuzione)  Direttiva della Commissione n. 2006/73 e regolamento della Commissione n. 1287/2006 del 10.8.2006
  • 38. Fonti normative a livello europeo e nazionale  Legge 20 giugno 2007 (recepimento MiFID)  Direttiva n 44 del 5/09/2007 CE  D.lgs 17/09/2007 n 164 (Attuazione MiFID)  Direttiva 2008/48/ CE  D.lgs 27/01/2010 n 21 (Incrementi di partecipazione etc.)  Decreto legislativo 13 agosto 2010 n 141 (attuazione direttiva 48 2008 e modifiche del T.U.B. in merito disciplina soggetti operanti settore finanziari, agenti e mediatori creditizi)  Direttiva 2010/78 del 24/11/2010: Modifiche alla MiFID etc AESFEM) Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati.  D.lgs 11/04/2011 n 64 (ulteriori modifiche e integrazioni del d.lgs 41/2010) Frodi e furto di identità
  • 39. Atti di recepimento della MiFID  Legge 6.2.2007 n. 13 (legge comunitaria 2006): articolo 10 delega al Governo e modifica parziale T.U.I.F.  Decreto Legislativo 17.9.2007 n. 164 (ampia modifica T.U.I.F. e deleghe ad Autorità indipendenti)  Regolamenti Consob in data 29.10.2007 nn. 16190 e 16191  Regolamento congiunto Consob e Banca d’Italia del 29.10.2007
  • 40. I servizi e le attività di investimento
  • 41. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di ordini per conto dei clienti.  Sino al recepimento della MiFID, la disciplina del TUF elencava varie species di servizi di investimento senza dettarne una specifica definizione, idonea a individuare l’estensione delle figure considerate.  Ciò valeva anche per i servizi di negoziazione per conto proprio e per conto terzi, le cui denominazioni evocavano una realtà economica e operativa che riconduceva a figure dell’esperienza di matrice anglosassone. In particolare, la negoziazione per conto terzi è stata ricondotta all’attività del broker, e cioè di quel soggetto che, in conto del proprio committente, ricerca una propria controparte con la quale eseguire l’ordine ricevuto di acquistare o vendere un determinato strumento finanziario. La negoziazione per conto proprio è stata assimilata alla figura del dealer, e dunque di quell’operatore che, assumendo una posizione in proprio in titoli, mira a lucrare la differenza tra i prezzi di acquisto e di vendita.
  • 42. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di ordini per conto dei clienti.  Da ciò è derivata la costruzione volta a basare la distinzione tra il negoziatore per conto proprio e quello per conto terzi sulla circostanza che, mentre quest’ultimo sarebbe remunerato dal cliente per il servizio reso mediante il pagamento di una commissione, il primo percepirebbe invece il differenziale del prezzo di acquisto e di vendita degli strumenti finanziari, senza ricevere commissioni di sorta. In tale prospettiva, alla previsione del (ora abrogato) Regolamento Consob 11522/1998 che vietava ai negoziatori per conto proprio di applicare commissioni sul prezzo pattuito di vendita o acquisto dello strumento finanziario (v. art.32 comma 5 Regolamento Consob 11522/98) è stata riconosciuta natura sostanzialmente definitoria della fattispecie, piuttosto che di regola comportamentale a carico dell’intermediario.
  • 43. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di ordini per conto dei clienti.  Sempre in base alla connotazione economica operativa si è osservato come nella negoziazione per conto proprio, diversamente per quanto accade nella negoziazione per conto terzi, l’intermediario assuma un effettivo rischio di posizione, essendo esposto all’oscillazione del corso degli strumenti finanziari in connessione all’andamento dei mercati e della situazione dell’emittente. L’analisi concernente il servizio di negoziazione per conto terzi ha invece, per lo più, riguardato l’inquadramento della figura in parola nell’ambito delle tipologie contrattuali previste dal codice civile, recuperando in parte le impostazioni, che antecedentemente all’emanazione del TUF, avevano riguardato il tema della natura degli ordini di borsa. Pur con talune oscillazioni, la posizione prevalente ha ricondotto il servizio al contratto di commissione di cui all’art.1731 cod.civ., vale a dire ad un “mandato che ha per oggetto l’acquisizione o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario”.
  • 44. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di ordini per conto dei clienti.  Più elaborata è risultata l’indagine che ha riguardato il servizio di negoziazione per conto proprio.  Agli interventi interpretativi della Consob è da ascrivere principalmente l’enucleazione di una distinzione tra l’attività di investimento del proprio portafoglio e la negoziazione per conto proprio, con l’effetto di escludere la prima dall’area di influenza della seconda. Tale approdo è stato raggiunto rilevando come nell’investimento delle proprie disponibilità in strumenti finanziari non si rinvengono i tratti di un’attività intermediativa, dal momento che le compravendite di strumenti sono realizzate di propria iniziativa e non già dietro richieste nell’interesse del pubblico degli investitori. Ad avviso della Consob, ciò che rileva “è che il portafoglio di valori immobiliari detenuto dalla società non sia rimesso a disposizione del pubblico degli investitori per soddisfare, tramite compravendite, le loro esigenze di investimento o disinvestimento …, tale essendo la caratteristica essenziale dell’attività svolta dagli intermediari negoziatori in senso proprio”.  V. comunicazione Consob 19 aprile 1995 DAL/RM/95003079.
  • 45. Negoziazione per conto proprio ed esecuzione di ordini per conto dei clienti.  Conseguentemente, l’accesso e la partecipazione per proprio conto alle negoziazioni su di un mercato regolamentato non costituisce, di per sé, elemento sufficiente perché sia integrato il servizio di investimento nella negoziazione per conto proprio, qualora tale attività non sia svolta strumentalmente all’esecuzione di ordini dei clienti, bensì nel solo interesse del negoziatore. Più elaborata è risultata l’indagine che ha riguardato il servizio di negoziazione per conto proprio.
  • 46. Definizione MiFID e recepimento in Italia  Ai sensi della MiFID, per negoziazione e per conto proprio si deve intendere la “contrattazione ai fini della conclusione di operazioni riguardanti uno o più strumenti finanziari nelle quali il negoziatore impegna posizioni proprie” (art.4, §1 n.6 MiFID).  Si tratta di una nozione molto estesa, capace di abbracciare potenzialmente un ampio ambito di operatività e il cui tratto caratterizzante risulta essenzialmente essere “l’impegno di posizioni” personali da parte del negoziatore.
  • 47. Definizione MiFID e recepimento in Italia  Non vi è indicazione, peraltro, circa il fatto che detto “impegno di posizioni” debba riferirsi ad una richiesta da parte di cliente e che, dunque, l’attività in parola sia indirizzata a soddisfare esclusivamente esigenze di terzi. Così ricostruito, l’impiego del proprio patrimonio per mere esigenze di investimento risulterebbe teoricamente collocabile nell’ambito di riferimento della negoziazione.  In senso contrario, peraltro, sembra potersi leggere il considerando n.8 della direttiva, secondo cui le persone che amministrano mezzi propri, cioè il proprio patrimonio, “non dovrebbero rientrare” nell’ambito di applicazione della direttiva. Tenuto conto di ciò, in sede di recepimento della MiFID, il legislatore italiano ha dichiarato di voler tener conto del complessivo impianto della fonte comunitaria.
  • 48. Definizione MiFID e recepimento in Italia  La relazione illustrativa del decreto di attuazione della MiFID rilevava - a proposito della formulazione del nuovo art.1 comma 5-bis TUF, - come modificato dall’art. 1 D.lgs. 164/07 - che ha accolto la nozione domestica del servizio di negoziazione per conto proprio - che la corrispondente definizione della direttiva MiFID appariva “troppo ampia e generica rispetto alla ratio della direttiva stessa” e che, conseguentemente occorreva precisarla meglio “prevedendo che l’attività di negoziazione su posizioni proprie deve essere posta in relazione a ordine dei clienti”.  La MiFID contiene anche la definizione del servizio di esecuzione di ordini: “conclusione di accordi di acquisto e vendita di uno o più strumenti finanziari per conto di clienti”.  In questo caso, peraltro, il legislatore nazionale non ha riprodotto nella fonte interna la definizione in parola.
  • 49. La negoziazione per conto proprio  L’art.1 comma 5 bis del TUF, accoglie nella definizione di negoziazione per conto proprio “l’attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in contropartita diretta e in relazione a ordini dei clienti”, nonché “l’attività di market maker”.  La prima parte della definizione identifica i tratti caratterizzanti della tipica negoziazione in conto proprio, mediante il riferimento a una pluralità di atti od operazioni (un’attività, appunto) che si traducono nell’acquisto o nella vendita di strumenti finanziari.
  • 50. La negoziazione per conto proprio  Dal riferimento espresso alle operazioni di acquisto e vendita (e non anche di sottoscrizione), si è tratta la conclusione che rilevi essenzialmente l’attività che viene a svolgersi sul c.d. mercato secondario. Anche se tale conclusione non sembra poter assumere portata assoluta, essa sembra, in effetti, costituire la naturale conseguenza dei tratti tipizzanti del servizio: la contrattazione e conclusione di operazioni su strumenti in contropartita diretta presuppone, infatti, che l’intermediario o sia titolare degli strumenti oggetti di negoziazione – e dunque tali strumenti siano già stati emessi (e sottoscritti o acquistati dall’intermediario che li utilizza in fase di negoziazione per conto proprio) – ovvero, come nel caso dei derivati, che l’intermediario intervenga direttamente in contropartita con il cliente nella fase di stipulazione del contratto che dà vita allo strumento.
  • 51. La negoziazione per conto proprio  Va evidenziato, peraltro, come la formulazione della fonte comunitaria sia sul punto neutra, facendo semplice riferimento alla “conclusione di operazioni”.  L’attività, peraltro, può riguardare e avere ad oggetto uno o più (e dunque un solo) strumento finanziario. Vi possono rientrare, quindi, anche i casi nei quali l’intermediario intenda sviluppare forme di negoziazione relative ad un solo titolo (è il caso, ad esempio, dell’intermediario che si propone di negoziare in contropartita diretta i soli titoli obbligazionari di propria emissione).  L’attività di acquisto e vendita deve essere realizzata “in contropartita diretta e in relazione a ordine dei clienti”.
  • 52. La negoziazione per conto proprio  L’operazione posta in essere dall’intermediario deve dunque spiegare gli effetti sul patrimonio dell’intermediario stesso (sul quale si riflettono anche i risultati dell’operazione) e acquista rilevanza ove posta in essere in relazione a ordini dei clienti. Tale secondo tratto della definizione è intimamente connesso al primo; solo al congiunto ricorrere di entrambi, l’attività in parola assume rilevanza ai fini della disciplina in esame. L’introduzione nella previsione nazionale del riferimento espresso al raccordo tra la conclusione di operazioni in contropartita diretta con ordini provenienti dai clienti, come già accennato, vale a sottrarre dall’ambito di rilevanza della nozione domestica di negoziazione l’attività consistente nel mero investimento del proprio patrimonio personale, in assenza di ordini ricevuti dalla clientela.
  • 53. Market maker  Nella nozione di negoziazione per conto proprio è espressamente presa in considerazione la posizione del c.d. market maker.  Si tratta di una figura prevista, generalmente, nell’ambito di mercati poco liquidi nei quali esiste un elevato rischio nella ricerca delle controparti, ovvero su mercati volatili (per esempio quelli concernenti strumenti derivati).  Prendendo le mosse dalla MiFID, il TUF ne contiene un’apposita definizione.  Per market maker ci si riferisce dunque a quel soggetto che si propone sui mercati regolamentati e sui sistemi multilaterali di negoziazione, su base continua, come disposto a negoziare in contropartita diretta acquistando e vendendo strumenti finanziari a prezzi da esso definiti (v. art.1, comma 5- quater TUF).
  • 54. Market maker  I tratti distintivi sono la disponibilità a operare su base continua, e dunque a garantire attraverso tale disponibilità la possibilità di concludere operazioni relative agli strumenti finanziari negoziati sui mercati e sui sistemi nei quali opera il market maker.  Ulteriore tratto distintivo è rappresentato dalla circostanza che il prezzo il quale il soggetto si rende disponibile a concludere operazioni di acquisto o vendita sono fissati dal medesimo soggetto (il quale, per tal via definisce il livello dei prezzi).  Rileva anche il fatto che il market maker conclude le operazioni contropartita diretta, ma non in relazione (e tanto meno in esecuzione) di ordini della clientela. Proprio l’assenza di una clientela incide sulla qualificazione in termini di servizio dell’attività posta in essere dal market maker.
  • 55. Negoziazione per conto proprio, internalizzazione sistematica e assunzione di partecipazioni: differenze  L’individuazione delle caratteristiche della negoziazione per conto proprio consente di tratteggiare, ora, i rapporti tra tale figura e quella di internalizzazione sistematica.  Il TUF, riprendendo la MiFID, definisce l’internalizzatore sistematico come “il soggetto che in modo organizzato, frequente e sistematico negozia per conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione” (art.1 comma 5- ter TUF).
  • 56. Negoziazione per conto proprio, internalizzazione sistematica e assunzione di partecipazioni: differenze  La figura della negoziazione per conto proprio disegnata dal legislatore nazionale costituisca, pertanto, una fattispecie più ampia rispetto a quella che dà luogo all’internalizzazione sistematica. E ciò sotto un duplice profilo. Per un verso, infatti, costituisce negoziazione per conto proprio, ma non internalizzazione sistematica, l’esecuzione di ordini di clienti realizzata impegnando posizioni personali e poste in essere al di fuori di mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione, ma priva dei connotati di organizzazione e sistematicità richiesti per definire l’operatività medesima quale internalizzazione sistematica. Sotto altro profilo, il servizio di negoziazione ricomprende l’intera area di operatività nella quale il negoziatore operi “in relazione” a un ordine del cliente, mentre nella internalizzazione viene in rilievo esclusivamente l’ipotesi dell’operare “in esecuzione” di ordine del cliente.
  • 57. Negoziazione per conto proprio, internalizzazione sistematica e assunzione di partecipazioni: differenze  L’attività di negoziazione per conto proprio deve essere tenuta distinta anche dalla attività di assunzione di partecipazioni, regolata dall’art.106 s.s. TUB.  E’ chiaro, infatti, il diverso ambito applicativo delle due figure, l’una prendendo in considerazione un’operatività che può avere ad oggetto l’intera gamma degli strumenti finanziari, l’altra rivolgendosi ai soli fenomeni implicanti investimenti nel capitale di altre imprese.  L’assunzione di partecipazioni sembra, inoltre, caratterizzarsi maggiormente per la staticità degli investimenti e per la finalità di gestione e coordinamento, laddove la negoziazione sembra presentare natura maggiormente dinamica, essendo rivolta all’ottenimento di uno spread di prezzo tra domanda e offerta.
  • 58. Negoziazione per conto proprio, internalizzazione sistematica e assunzione di partecipazioni: differenze  L’attività di assunzione di partecipazioni si risolve, per lo più, nell’investimento di portafoglio, in acquisti e vendita di titoli spesso non a titolo professionale e nell’interesse proprio o di società comunque collegate, al fine di migliorare la performance del portafoglio aziendale.  La definizione di negoziazione contenuta nell’art.1 comma 5-bis TUF, nel qualificare la negoziazione nel raccordo con ordini dei clienti, pone su chiare basi la distinzione di tale fenomeno rispetto al mero investimento e per tale via, anche rispetto all’attività di assunzione di partecipazioni.
  • 59. L’esecuzione di ordini  La definizione “esecuzione di ordini” ha sostituito il pregresso riferimento alla “negoziazione per conto terzi”.  La MiFID detta un’apposita definizione del servizio di esecuzione di ordini, per tale indicando quell’attività consistente nella conclusione di accordi di acquisto o vendita di uno o più strumenti finanziari in conto dei clienti (art.4, § 1.5 MiFID). Il TUF non ha ripreso tale definizione, che, tuttavia, costituisce il punto di riferimento in termini di ricostruzione della figura anche nella prospettiva domestica.
  • 60. L’esecuzione di ordini  Si possono, in tal modo, evidenziare talune differenze rispetto al tradizionale inquadramento della “negoziazione per conto terzi”. Nell’esecuzione di ordini, il nucleo centrale dell’attività risulta quello della “conclusione” degli accordi, laddove il riferimento alla negoziazione per conto terzi appariva maggiormente capace di evocare anche la fase di “contrattazione”.   Un tratto del servizio che non viene esplicitato nella definizione comunitaria e neppure nella fonte domestica attiene alle caratteristiche dell’ordine del cliente da cui origina l’attività di esecuzione. Deve tuttavia ritenersi che l’ordine debba avere caratteristiche di specificità tali da consentire con puntualità di definire l’oggetto dell’attività di “esecuzione”.
  • 61. L’esecuzione di ordini  In definitiva, l’attività in parola appare finalizzata alla ricerca di una o più controparti per l’esecuzione di un’operazione di acquisto o vendita di un particolare strumento finanziario o di un dato quantitativo di strumenti finanziari: l’oggetto deve, pertanto, essere specificato.  I caratteri ora individuati consentono di distinguere il servizio di esecuzione ordini da quello di sottoscrizione e/o collocamento di strumenti finanziari di cui all’art.1 comma 5 lett. c) TUF. Sul piano delle operazioni sottostanti, l’esecuzione di ordini può avere ad oggetto anche la vendita di strumenti finanziari (nel collocamento, viceversa, il rapporto tra il collocatore e l’investitore ha ad oggetto la sola offerta in sottoscrizione o in vendita dei medesimi strumenti). Sotto altro profilo, va tenuto in considerazione come il collocamento si caratterizzi per essere uno strumento di esecuzione di una campagna di offerta caratterizzata dalla formulazione di proposte standardizzate, laddove, tipicamente, nell’esecuzione di ordini, le transazioni (e prima ancora la ricerca della controparte) si realizza in rapporto ad una specifica operazione di acquisto o vendita di un determinato quantitativo di strumenti finanziari.
  • 62. Ricezione e trasmissione ordini Nozione del servizio esecuzione di ordini  La MiFID che, diversamente dall’abrogata direttiva ISD ha definito all’art.4 le nozioni di numerosi servizi di investimento (come la consulenza in materia di investimenti, la gestione del portafoglio, la negoziazione per conto proprio) non fornisce alcuna definizione del servizio di “ricezione e trasmissione di ordini indicati al n.1 della sez. A relativa ai servizi e alle attività di investimento di cui all’all.1 alla direttiva).  Il considerando n. 20 della MiFID contiene, tuttavia, indicazioni che consentono di definire con buona approssimazione il servizio: ai fini della direttiva, in particolare, “l’attività di ricezione e trasmissione ordini dovrebbe ricomprendere anche l’attività consistente nel mettere in contatto due o più investitori, rendendo così possibile la conclusione di un’operazione fra di essi”.
  • 63. Ricezione e trasmissione ordini Nozione del servizio esecuzione di ordini  L’art. 1, comma 5-sexies, TUF stabilisce che il servizio in esame “comprende la ricezione e la trasmissione di ordini nonché l’attività consistente nel mettere in contatto due o più investitori, rendendo così possibile la conclusione di un’operazione fra loro (mediazione)”.  Si tratta di un servizio che si trova a “monte” dell’attività di negoziazione: l’investitore, cioè, trasmette un ordine che l’intermediario non segue direttamente, ma ritrasmette ad un soggetto negoziatore per la successiva esecuzione sul mercato.
  • 64. Ricezione e trasmissione ordini Nozione del servizio esecuzione di ordini  La rilevanza concreta del servizio riguarda i casi in cui l’intermediario intenda dare seguito a operazioni aventi ad oggetto titoli negoziati su mercati nei quali non è autorizzato ad operare. Storicamente, prima che fosse loro consentito di svolgere direttamente l’attività di negoziazione nei mercati regolamentati, i principali prestatori del servizio erano le banche e i remisiers operanti per conto o nell’interesse degli agenti di cambio.  Il legislatore italiano, conformandosi alle indicazioni della MiFID, ha assimilato, infine, al servizio di ricezione e trasmissione ordini il servizio di mediazione, la cui identificazione si poggia sulla disciplina di diritto comune di cui agli artt. 1754 e segg. cod. civ., come suggerito dalla stessa definizione adottata dal TUF.
  • 65. Ricezione e trasmissione ordini Nozione del servizio esecuzione di ordini  Carattere essenziale della figura giuridica del mediatore è l’imparzialità, intesa, come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario. Non è configurabile la mediazione, pertanto, nel caso di un soggetto munito di mandato con rappresentanza per la stipulazione di un contratto con un terzo (v. Comunicazione Consob DI/98092726 del 2 dicembre 1998).  Le parti messe in contatto dal mediatore devono essere due o più investitori (v. sempre il considerando n. 20 MiFID e l’art. 1, comma 5-sexies TUF). Conseguentemente la trasmissione di un ordine dall’intermediario prestatore del servizio a un emittente di strumenti finanziari, pur in assenza di obblighi assunti dall’intermediario nei confronti dell’emittente, pare integrare la prestazione del servizio di ricezione e trasmissione ordini e non una fattispecie di mediazione.
  • 66. Ricezione e trasmissione ordini Nozione del servizio esecuzione di ordini  La fattispecie nella quale la MiFID ha apportato elementi di innovazione rispetto al quadro nazionale preesistente è quella della trasmissione di ordini all’emittente di strumenti finanziari, particolarmente nel caso di ordini aventi ad oggetto quote di fondi comuni.  [richiamare art. 19, § 6, e art. 3 MiFID]  La trasmissione all’emittente, che aveva suscitato un certo dibattito prima della trasposizione in Italia della MiFID, è ora una possibilità contemplata dalla stessa MiFID e dalla lettura elaborata dalla Commissione europea, almeno con esplicito riferimento alle quote di fondi comuni.
  • 67. Disciplina del servizio di ricezione e trasmissione ordini: cenni  Quando non prestato in uno con la consulenza, il servizio di ricezione e trasmissione ordini è assoggettato ad un regime meno gravoso rispetto a quello nazionale previgente: esso è, infatti, sottoposto a obblighi di know your customer meno approfonditi – limitati ai parametri delle sole conoscenze ed esperienze in materia di investimenti – ai fini di una valutazione di appropriatezza dello strumento finanziario rispetto al profilo dell’investitore (v. art. 19, § 5 MiFID e relative misure di esecuzione, trasposti negli artt. 41 e 42 del Regolamento Consob 16190/2007)  Tale obbligo valutativo viene del tutto meno nel caso di prestazione del servizio in regime execution only, modalità introdotta all’esito di un articolato processo di negoziazione e mediazione finalizzato all’approvazione della disciplina comunitaria. La elaborazione finale della MiFID ha privilegiato la volontà di assicurare la prestazione di un servizio più veloce ed economico in riferimento agli strumenti meno complessi.
  • 68. Disciplina del servizio di ricezione e trasmissione ordini: cenni  Requisito fondamentale è quello dell’iniziativa del cliente.  Si rileva, inoltre, un’articolata disciplina del regime di best execution applicato di norma alla ricezione e trasmissione ordini in modo attenuato, quale manifestazione dell’obbligo generale di agire sempre per servire al meglio gli interessi del cliente (art. 45 direttiva 206/73/CR, trasposto nell’art. 48 del Regolamento Consob 16190/2007). In tal senso è mutata la discplina nazionale che non richiama più il previgente obbligo di realizzare le “migliori condizioni possibili” nel caso di prestazione del servizio in esame.
  • 69. Collocamento Evoluzione  In particolare l’art.18 della legge 216/1974 dedicava specifica attenzione alla sollecitazione c.d. “porta a porta” (oggi diremmo: offerta fuori sede); disciplina che veniva quindi ripresa a livello regolamentare dal regolamento n.1739/1985 concernente le sollecitazioni del pubblico risparmio effettuate mediante attività, anche di carattere promozionale, svolto in luogo diverso da quello adibito a sede legale o amministrativa principale dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto che procede al collocamento.
  • 70. Collocamento Evoluzione  Merita ricordare, anche se si tratta di un reperto storico, che l’art.18-ter della legge n.216/1974 forniva una nozione di sollecitazione al pubblico risparmio tale da ricomprendere “ogni pubblico annuncio di emissione; ogni acquisto o vendita mediante offerta al pubblico, ogni offerta di pubblica sottoscrizione; ogni pubblica offerta di scambio di valori mobiliari; ogni forma di collocamento porta a porta, a mezzo circolari e mezzi di comunicazione di massa in genere, nonché ogni annuncio pubblicitario tendente ad offrire informazioni o consigli al pubblico degli investitori concernenti valori mobiliari non ancora emessi o per i quali l’emittente o l’offerente non abbia già predisposto il prospetto informativo, fatta eccezione per quelli quotati presso le borse valori”.
  • 71. Collocamento Evoluzione  Detto incidentalmente, il comma 2 dell’art.18-ter introduceva anche il c.d. jus poenitendi, stabilendo la sospensione di efficacia dei contratti stipulati mediante vendite a domicilio per la durata, all’epoca, di cinque giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione, con la previsione che entro tale termine l’acquirente aveva la facoltà di comunicare al venditore o al suo agente procuratore o commissario, a mezzo telegramma, il proprio recesso senza corrispettivo (e il diritto di recesso doveva essere indicato nei contratti stessi, anche se non vi era una previsione di nullità come quella di cui all’art.30 co.6 del TUF).
  • 72. Collocamento Evoluzione  Quella normativa, ancora in embrione, era peraltro incentrata su doveri di disclosure standardizzati che prescindevano dalla situazione e dalle esigenze del singolo investitore e trovava nella consegna del prospetto informativo il suo momento qualificante. Si trattava di una “disciplina del prodotto” e della trasparenza di quel prodotto.
  • 73. Collocamento Evoluzione  Anche quando con la legge SIM n.1/1991 l’attività di “collocamento e distribuzione di valori mobiliari con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente” è stata ricompresa tra le attività di intermediazione mobiliare – e come tale sottoposta a riserva e alle relative regole di condotta (fra cui anche quella che imponeva all’intermediario di conoscere il proprio cliente e di valutare l’adeguatezza dei suoi investimenti) l’attività di collocamento ha comunque mantenuto un forte aggancio con la disciplina del prodotto collocato, come reso manifesto in particolare:
  • 74. Collocamento Evoluzione  dall’esenzione dalla forma scritta per il contratto regolante il rapporto fra l’intermediario collocatore e il cliente (esenzione la cui ratio poteva cogliersi nella finalità di evitare duplicazioni a fronte di una normativa che continuava a richiedere la forma scritta per l’adesione al prodotto collocato);  nella norma remunerazione del collocatore, a differenza di quanto poteva registrarsi in occasione di tutte le altre attività di intermediazione mobiliare, non direttamente da parte del cliente/investitore, ma da parte delle “società prodotto” i cui titoli venivano distribuiti: nel prezzo di tali titoli finiva per essere ricompresa anche la remunerazione dell’intermediario collocatore.
  • 75. Collocamento Evoluzione  La situazione è rimasta nei termini sopradetti anche con il d.lgs.415/1996 e con l’originaria formula del d.lgs.5871998.  In occasione del recepimento della MiFID, l’ordinamento nazionale ha invece compiuto un passo deciso verso la liberazione del collocatore dalla disciplina del prodotto da distribuire, disponendo la necessità di un contratto scritto nel rapporto con il cliente retail e considerando l’ipotesi della remunerazione del collocatore ad opera di un soggetto diverso dal cliente finale un’eccezione sottoposta alle specifiche condizioni previste dalla disciplina comunitaria.  Il nuovo servizio di “consulenza in materia di investimenti”, poi, si presta ad un tipico e normale abbinamento con i servizi dispositivi (quali la ricezione e trasmissione ordini, l’esecuzione di ordini, ma anche, e soprattutto, il collocamento), contribuendo alla valorizzazione del rapporto di servizio dell’intermediario con il proprio cliente.
  • 76. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  La MiFID distingue (v.allegato 1 sez.A contenente l’elenco dei servizi e delle attività e degli strumenti finanziari) tra:  - “assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile”  - “collocamento di strumenti finanziari senza impegno irrevocabile”.
  • 77. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Specularmente, l’art.1 co.5, TUF distingue due servizi che, in precedenza, erano identificati unitariamente: ossia, il servizio di collocamento “senza” o “con” forme di garanzia.  Va notato che la garanzia, come viene specificato nel TUF, è assunta “nei confronti dell’emittente”: si tratta dunque di una garanzia del collocatore offerente a vantaggio dell’emittente.  Il termine underwriting è tradotto nel TUF come “sottoscrizione”, a fronte dell’espressione “assunzione a fermo” che compare invece nel testo italiano della MiFID.
  • 78. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Proprio tale fedele riproduzione della direttiva in lingua inglese, ad opera del TUF novellato, sembra aver segnato una potenziale innovazione dell’ordinamento nazionale, rispetto al precedente contesto. Oggi la lettera c) del comma 5 dell’art.1 del TUF, infatti, riproducendo l’espressione della direttiva, fa riferimento a “sottoscrizione e/o collocamento” di strumenti finanziari. Pertanto, se nel precedente quadro nazionale di riferimento si era potuto ritenere che la preventiva “sottoscrizione” potesse certamente accompagnarsi al collocamento, ma non integrare di per sé sola un’attività riservata, oggi pare rilevare anche il solo underwriting non seguito dal placing. Nel caso, peraltro, mancando un cliente-investitore con cui l’intermediario entra in contatto, potremmo dire di essere in presenza di una attività di investimento – piuttosto che di un servizio – rispetto alla quale, dunque, non risulteranno applicabili le regole di condotta previste dall’ordinamento nel normale presupposto della relazione con l’investitore (adeguatezza, appropriatezza, informativa, etc).
  • 79. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Le due forme che il servizio può assumere sono riflesse, rispettivamente, nelle due distinte definizioni di cui alle lettere c) e c-bis) dell’elenco di cui all’art.1 comma 5. Come detto, la distinzione deriva dalla circostanza per la quale l’intermediario può sopportare o meno – e, in caso affermativo, con modalità ed intensità diverse – il rischio che l’operazione non vada a buon fine. Nel caso di cui alla lettera c-bis) della definizione nazionale (o della previsione “senza impegno irrevocabile” di cui al n.7 della sez. A dell’all.1 MiFID), l’intermediario non sopporta il rischio del mancato buon fine dell’operazione; nel caso di cui alla lettera c) (o “con impegno” secondo la definizione di cui al n. 6 dell’elenco allegato alla MiFID), tale rischio, di contro, sussiste.
  • 80. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Il fatto che l’attività svolta ricada nell’una o nell’altra forma dipende, evidentemente, dagli accordi che intervengono tra il collocatore e il soggetto che emette o vende gli strumenti finanziari: nel caso di collocamento senza garanzia, il rischio del mancato collocamento è sopportato integralmente dall’emittente, o dal soggetto che pone in vendita gli strumenti finanziari. Nell’ipotesi in cui il collocatore si accolli, invece, tutto o parte del rischio relativo al mancato collocamento degli strumenti finanziari possono darsi quanto meno due casi principali: in base a un primo schema, il collocatore assume l’impegno di acquisire, al termine dell’offerta gli strumenti finanziari non collocati; in alternativa, il collocatore acquisisce immediatamente, in tutto o in parte, gli strumenti oggetto del collocamento, assumendo conseguentemente l’impegno di offrirli a terzi (è, questo, il caso della “assunzione a fermo”).
  • 81. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Il servizio di collocamento, per dirsi tale in senso proprio deve avere ad oggetto “strumenti finanziari”: in tale senso è l’art.1 co.5 del TUF e a livello comunitario, l’art.4 §1, n.2 della MiFID.  Non rientra, pertanto, all’interno della relativa nozione l’attività che avesse ad oggetto “prodotti finanziari”, diversi dagli strumenti finanziari o “servizi di investimento”.  Nella circoscrizione della fattispecie “collocamento”, propriamente detta, ai fenomeni aventi ad oggetto “strumenti finanziari” si registra pertanto una differenziazione tra i confini oggettivi della nozione in esame, da un lato e quella di “offerta fuori sede” e di “promozione e collocamento a distanza” dall’altro.
  • 82. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Queste ultime, infatti, per il cui svolgimento pure la legge richiede, di norma, l’autorizzazione al collocamento, hanno un ambito oggettivo di estensione più ampio potendo aver a oggetto anche prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari, oltre che servizi di investimenti.  Fermo restando quanto sopra ai fini della ricostruzione della nozione di collocamento propriamente detta, si deve tuttavia osservare come, ai sensi dell’art.25-bis del TUF, introdotto dalla legge sul risparmio, le regole di condotta generale disciplinanti la prestazione dei servizi di investimento si applichino anche “alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione”.
  • 83. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Con riguardo ai prodotti finanziari emessi dalle banche, la portata del richiamo si coglie nella scelta di riferire l’area di applicazione delle regole dettate dal TUF anche al caso in cui sia la stessa banca emittente a precedere al “classamento” diretto delle proprie obbligazioni (o di propri altri titoli di debito) alla clientela. Nel passato, infatti, il classamento da parte della banca emittente di propri titoli di debito era stato considerato come rientrante nell’area della “raccolta del risparmio fra il pubblico”, momento della tipica attività bancaria, piuttosto che esercizio di un servizio di investimento. La stessa Consob aveva ritenuto che il classamento da parte di una banca in sede di emissione presso le proprie sedi di proprie obbligazioni non rientrasse nell’ambito del servizio di collocamento e, al di fuori dell’ipotesi dell’offerta fuori sede, si dovesse ritenere regolato esclusivamente dal TUB.
  • 84. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Il nuovo art.25-bis introdotto nel TUF mira invece, inequivocabilmente, ad attrarre all’area delle regole di condotta dettate per il collocamento propriamente detto anche il fenomeno del c.d. “auto-collocamento” di propri titoli di debito da parte delle banche.  Quanto ai prodotti assicurativi, gli stessi continuano a non essere strumenti finanziari. Sono tuttavia qualificate come “prodotti finanziari” (v. art.1, comma 1, lett. w-bis) “le polizze e le operazioni di cui ai rami vita terzo e quinto” del codice delle assicurazioni private. Si tratta delle polizze unit linked e index linked e delle operazioni di capitalizzazione, nelle quali la componente finanziaria ha assunto una - ora riconosciuta - valenza centrale, tanto da essere colte dai risparmiatori come succedanei di strumenti finanziari tipicamente intesi (obbligazioni, quote di fondi comuni, ecc.).
  • 85. La definizione e nozione del collocamento secondo MiFID e TUF: tratti essenziali.  Anche la sottoscrizione e il collocamento di tali prodotti, per effetto dell’art.25-bis del TUF sono, pertanto, sottoposti alle stesse regole disciplinanti i servizi di investimento, sia che la distribuzione avvenga direttamente da parte dell’impresa di assicurazione emittente, sia che la stessa sia affidata a banche o a SIM distributrici.  Nella prassi interpretativa della Consob, formatasi antecedentemente alla MiFID – ma ancora utilizzabile – il servizio consiste nell’offerta a una cerchia di possibili investitori, di un determinato quantitativo di strumenti finanziari, sulla base di un accordo preventivo che intercorre tra l’intermediario collocatore e il soggetto che emette (o vende) gli strumenti stessi (v. la comunicazione Consob 9 luglio 1997, n.DAL/97006042). Il collocamento presuppone, pertanto, la presenza di un soggetto (emittente o titolare degli strumenti finanziari) per conto del quale l’intermediario agisce.
  • 86. Differenze: esecuzione ordini; auto- collocamento; offerta fuori sede  il servizio di collocamento può avere ad oggetto anche la sottoscrizione, e non soltanto la vendita di strumenti finanziari (anzi, il collocamento è normalmente un servizio che si svolge proprio sul c.d. “mercato primario”);  nel collocamento, l’intermediario necessariamente offre all’investitore di acquistare o sottoscrivere strumenti finanziari, mentre l’esecuzione di ordini, a differenza del collocamento, può avere ad oggetto non solo l’acquisto ma anche la vendita di strumenti finanziari;  nel collocamento, l’offerta degli strumenti finanziari avviene a condizioni standardizzate, nell’ambito dello svolgimento di un’operazione di massa. E’ possibile, beninteso, che il collocamento avvenga per tranches, e ciascuna tranche può essere riservata a talune categorie di investitori soltanto (ad esempio: investitori istituzionali, pubblico indistinto, dipendenti della società o del gruppo, etc.), ma nell’ambito di ciascuna tranche l’operazione si realizzerà comunque a condizioni uniformi.
  • 87. Differenze: esecuzione ordini; auto- collocamento; offerta fuori sede  Secondo la nuova formulazione dell’art.33 comma 2 del TUF ai sensi del quale (lett. e-bis), le SGR possono “commercializzare quote o azioni di OICR propri o di terzi …”. L’attività consentita è circoscritta alle parti di OICR (seppure anche quelle di terzi) ed è, al fine di dare un segno di distinzione, qualificata come “commercializzazione”, evocando il termine marketing di un utilizzo comunitario.
  • 88. Contratto scritto. Remunerazione del collocatore  Si è già accennato come i principali tratti della disciplina del collocamento si colgano nella (ora) prescritta necessità di concludere un apposito contratto scritto tra collocatore e cliente al dettaglio, oltre che nella regolamentazione degli “inducements” la quale rende la remunerazione del collocatore ad opera della società-prodotto meno normale di quanto potesse essere nel passato.  Quanto al primo aspetto, già nel 2003 la Consob, nel documento di prima consultazione sulla revisione del regolamento 11522/1998, aveva proposto di riformare l’art.30, comma 3, di cui al regolamento (che esonerava dalla stipula di un contratto scritto con il cliente retail il prestatore del servizio di collocamento), prevedendo la necessaria formalizzazione del contratto almeno per i casi in cui fra il collocatore e il cliente fosse sorto un rapporto di durata.
  • 89. Contratto scritto. Remunerazione del collocatore  Tale rapporto, tipicamente, era rintracciabile in sede di distribuzione di quote di fondi comuni che richiede di norma la successiva assistenza da parte dell’intermediario collocatore in termini, quanto meno di esecuzione di switch o di rimborsi.  In tali casi appariva poco giustificabile il risolversi del rapporto fra intermediario distributore e cliente esclusivamente nella disciplina del prodotto collocato.  Con il recepimento della MiFID la riforma si è integralmente compiuta e ora, fra collocatore e cliente al dettaglio deve sempre sussistere un apposito contratto quadro redatto per iscritto. .
  • 90. Contratto scritto. Remunerazione del collocatore  Quanto al corrispettivo del servizio, se nel passato si poteva ritenere normale che il collocatore ricevesse la propria remunerazione dall’emittente/offerente i titoli collocati, nel cui prezzo complessivo era di norma compresa la quota parte poi retrocessa al distributore.  con la MiFID (e in particolare con l’art.26 della direttiva 2006/73/CE) tale modello deve considerarsi superato.  Anche per il collocatore, la normalità è essere remunerato dal cliente. La remunerazione proveniente da un soggetto diverso dal cliente è giustificabile solo nella misura in cui questa sia volta ad accrescere la qualità del servizio fornito al cliente e non ostacoli l’adempimento da parte dell’intermediario dell’obbligo di servire al meglio gli interessi dell’investitore.
  • 91. Requisiti degli intermediari finanziari  Requisiti di professionalità (art.14 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).  Requisiti di onorabilità (art.15 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).  Requisiti patrimoniali (art.16 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141).  Incompatibilità (art. 17)  Requisiti tecnico informatici (art. 18)  Inoltre l’art.19 D. Lgs. 13/8/2010 n. 141 prevede la creazione di un organismo competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi.
  • 92. Classificazione della clientela  La MiFID impone alle imprese di investimento di operare una classificazione della propria clientela ai fini di modulare gli obblighi informativi da assolvere e le tutele da garantire. Vi sono, dunque, tre categorie di clienti:  Cliente al dettaglio (o retail), definito in negativo in quanto né cliente professionale né controparte qualificata.  Cliente professionale, categoria alla quale appartengono di diritto i soggetti autorizzati a svolgere servizi di investimento, i Governi nazionali e locali, gli enti pubblici, le Banche centrali e le istituzioni internazionali. Inoltre, un cliente al dettaglio può chiedere di essere considerato professionale, dopo essersi sottoposto ad una valutazione di idoneità da parte dell'impresa di investimento.  Controparte qualificata, un sottoinsieme dei clienti professionali composto da imprese di investimento, enti creditizi e assicurativi, fondi pensione, Governi nazionali, Banche centrali e istituzioni internazionali. L'accesso a tale categoria non è automatico, bensì il cliente deve confermare di voler essere trattato come controparte qualificata.
  • 93. Classificazione della clientela  Nell’ambito della categoria dei “clienti professionali” è opportuno distinguere tra:  “clienti professionali privati” individuati nell’Allegato 3 del Regolamento Intermediari;  “clienti professionali pubblici” che saranno individuati in un emanando regolamento del Ministero dell’Economia. L’Allegato n. 3 del Regolamento Intermediari distingue i clienti professionali privati in due categorie:  i clienti professionali di diritto;  i clienti professionali su richiesta.
  • 94. Clienti professionali privati di diritto Le imprese di grandi dimensioni che presentano, a livello di singola società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali: • totale di bilancio: 20 milioni di Euro; • fatturato netto: 40 milioni di Euro; • fondi propri: 2 milioni di Euro
  • 95. Controparti qualificate Le “Controparti qualificate” sono i soggetti nei confronti dei quali le imprese di investimento, allorquando prestano i servizi di esecuzione di ordini e/o negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, non sono tenute ad osservare gli obblighi di cui agli artt. da 27 a 56, ad eccezione del comma 2 dell’articolo 49 del Regolamento Intermediari. Sono da considerare controparti qualificate: - le imprese di investimento, le banche, le imprese di assicurazioni, gli OICR, le SGR, le società di gestione armonizzate, i fondi pensione, gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106, 107 e 113 del T.U. bancario, le società di cui all’art. 18 del T.U. bancario, gli istituti di moneta elettronica, le fondazioni bancarie, i governi nazionali e i loro corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il debito pubblico, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a carattere pubblico;
  • 96. Controparti qualificate Le “Controparti qualificate” sono i soggetti nei confronti dei quali le imprese di investimento, allorquando prestano i servizi di esecuzione di ordini e/o negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, non sono tenute ad osservare gli obblighi di cui agli artt. da 27 a 56, ad eccezione del comma 2 dell’articolo 49 del Regolamento Intermediari. Sono da considerare controparti qualificate: L'ordinamento di settore, in esito al recepimento della MiFID, prevede tre categorie di clienti, in relazione alle quali le regole di condotta degli intermediari subiscono una diversa graduazione: a. i clienti professionali; b. le controparti qualificate; c. i clienti al dettaglio.
  • 97. Controparti qualificate In particolare, l'art. 6 del D.lgs. 141/2010: , comma 2-quater, lettera d), nel fornire l'elenco dei soggetti ascrivibili alla categoria delle "controparti qualificate", menziona espressamente "gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti da[ll'] ... articol[o] … 113 del testo unico bancario". I soggetti in esame sono altresì riconducibili alla categoria dei clienti professionali privati di diritto, in quanto, ai sensi dell' Allegato n. 3, sezione I al Regolamento lntermediari n. 16190, "si intendono clienti professionali per tutti i servizi e gli strumenti di investimento: 1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri quali: a) banche; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati".
  • 98. Variazione della classificazione Il processo di classificazione non si conclude necessariamente al momento del primo contatto con il cliente. La classificazione iniziale, infatti, può essere modificata nel corso del rapporto, sia su iniziativa dell’intermediario che su richiesta del cliente. L’intermediario può decidere di trattare come cliente professionale o cliente al dettaglio un cliente che potrebbe essere altrimenti classificato come controparte qualificata, ovvero trattare come cliente al dettaglio un cliente che è considerato cliente professionale di diritto. In tal caso l’intermediario fornirà una apposita informativa al cliente circa la variazione della classificazione.
  • 99. Variazione della classificazione Anche il cliente, peraltro, ha diritto a richiedere una variazione della classificazione attribuitagli dall’intermediario. Tale richiesta di variazione nella classificazione può avere ad oggetto uno o più servizi di investimento, uno o più prodotti finanziari, ovvero una o più operazioni di investimento.
  • 100. Variazione della classificazione da cliente al dettaglio a cliente professionale In merito alla valutazione che deve essere compiuta dall’intermediario, è opportuno ricordare che la disapplicazione delle regole di condotta previste per la prestazione dei servizi nei confronti dei clienti non professionali è consentita solo nel caso in cui l’intermediario, dopo aver effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del cliente, può ragionevolmente ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o dei servizi previsti, che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi che assume.
  • 101. Variazione della classificazione da cliente al dettaglio a cliente professionale L’intermediario deve in ogni caso verificare che il cliente soddisfatti almeno due dei seguenti requisiti: (i) il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni a trimestre nei quattro trimestri precedenti; (ii) il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante, deve superare i 500.000 Euro; (iii) il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza dei servizi previsti.
  • 102. Variazione della classificazione Se l’intermediario valuta che il cliente non è in possesso dei suddetti requisiti, ovvero non ha adeguata conoscenza, esperienza e competenza in materia di investimenti, dovrà rifiutarsi di procedere con la variazione da cliente al dettaglio a cliente professionale, informando prontamente il cliente .
  • 103. Variazione della classificazione da controparte qualificata a cliente al dettaglio Quando una controparte qualificata richiede espressamente di essere trattata come un cliente al dettaglio, è necessario che la controparte qualificata e l’intermediario concludano un accordo scritto in cui si stabiliscano i servizi, le operazioni e i prodotti ai quali si applica il trattamento quale cliente al dettaglio.
  • 104. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only La MiFID distingue tra: • valutazione di adeguatezza (at. 39 e 40 Reg. Intermediari); • valutazione di appropriatezza (art. 41 e 42 Reg. Intermediari).
  • 105. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Il Considerando n. 56 della Direttiva 2006/73/CE stabilisce che: “è necessario prevedere regole distinte per le modalità pratiche della valutazione dell’adeguatezza (…) e della valutazione di appropriatezza (…). Tali valutazioni hanno un ambito di applicazione diverso per quanto riguarda i servizi di investimento ai quali si riferiscono e hanno diverse funzioni e caratteristiche”.
  • 106. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Valutazione di adeguatezza Ai sensi dell’art. 39 del Regolamento Intermediari, al fine di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti adatti al cliente o potenziale cliente, nella prestazione di servizi di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafogli, gli intermediari ottengono dal cliente o potenziale cliente le informazioni necessarie in merito alla conoscenza e esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio, alla situazione finanziaria, agli obiettivi di investimento.
  • 107. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Valutazione di adeguatezza Le informazioni riguardanti la situazione finanziaria includono, ove pertinenti, dati sulla fonte e sulla consistenza del reddito del cliente, del suo patrimonio complessivo e dei suoi impegni finanziari (cfr. art. 39, comma 3, della Regolamento Intermediari).
  • 108. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Disposizioni comuni Le informazioni relative alle conoscenze ed esperienza del cliente in materia di investimenti - presupposto sia della valutazione di adeguatezza che della valutazione di appropriatezza - devono essere basate su: (i) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza; (ii) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; (iii) il livello di istruzione e la professione o, se rilevante, la precedente professione del cliente.
  • 109. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Valutazione di adeguatezza Un’operazione di investimento potrà essere ritenuta adeguata se soddisfa i seguenti criteri: (i) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente; (ii) sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; (iii) sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio. (cfr. art. 40 del Regolamento Intermediari).
  • 110. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Valutazione di adeguatezza In caso di prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti ad un cliente professionale considerato tale di diritto ai sensi dell’Allegato n. 3 al presente regolamento ovvero del regolamento emanato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’articolo 6, comma 2-sexies del Testo Unico, gli intermediari possono presumere che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio di investimento compatibile con i propri obiettivi di investimento.
  • 111. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Valutazione di appropriatezza Quando prestano servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti o dalla gestione di portafogli, gli intermediari richiedono al cliente o al potenziale cliente di fornire informazioni in merito alla sua conoscenza e esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio proposto o chiesto (cfr. art. 41, Regolamento Intermediari).
  • 112. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Valutazione di appropriatezza Qualora il cliente scelga di non fornire le informazioni richieste dall’ intermediario circa le sue conoscenze ed esperienze, ovvero qualora tali informazioni siano insufficienti, l’intermediario avverte il cliente che la sua decisione impedirà di determinare se il servizio o prodotto sia per lui “appropriato” . Qualora l’intermediario ritenga che il prodotto o servizio non sia “appropriato” al cliente, avverte il cliente di tale circostanza.
  • 113. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Execution only Gli intermediari quando prestano i servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti o di ricezione e trasmissione di ordini (c.d. “execution only”), non sono tenuti ad acquisire dai clienti le informazioni relative alle sue conoscenze ed esperienze in materia di investimenti, né ad effettuare la valutazione di appropriatezza se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
  • 114. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Execution only - i servizi prestati sono connessi ad azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato, o in un mercato equivalente di un paese terzo, strumenti del mercato monetario, obbligazioni o altri titoli di debito (escluse le obbligazioni o i titoli di debito che incorporano uno strumento derivato), OICR armonizzati ed altri strumenti finanziari non complessi;
  • 115. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Execution only -il servizio è prestato a iniziativa del cliente o potenziale cliente; -il cliente o potenziale cliente è stato chiaramente informato che l'intermediario non è tenuto a valutare l’appropriatezza e che pertanto l’investitore non beneficia della protezione offerta dalle relative disposizioni; - l’intermediario rispetta i propri obblighi in tema di conflitto di interessi.
  • 116. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Execution only Uno strumento finanziario che non sia menzionato all’articolo 43, comma 1, lettera a) è considerato non complesso se soddisfa i seguenti criteri: • non rientra nelle definizioni di cui all’art. 1, comma 1-bis), lettere c) e d), del Testo Unico, nonché nelle definizioni di cui all’articolo 1, comma 2, lettere d), e), f), g), h), i) e j) del Testo Unico; • esistono frequenti opportunità di cedere, riscattare od ottenere altrimenti il corrispettivo di tale strumento a prezzi che siano pubblicamente disponibili per i partecipanti al mercato. Tali prezzi devono essere quelli • di mercato o quelli messi a disposizione, ovvero convalidati, da sistemi di di valutazione indipendenti dall’emittente.
  • 117. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Execution only • non implica alcuna passività effettiva o potenziale per il cliente che vada oltre il costo di acquisizione dello strumento; • sono pubblicamente disponibili informazioni sufficientemente complete e di agevole comprensione sulle sue caratteristiche, in modo tale che il cliente al dettaglio medio possa prendere una decisione informata in merito alla realizzazione o meno di un’operazione su tale strumento.
  • 118. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only Nell’ambito del servizio di execution only l’intermediario: a) non è tenuto ad effettuare la valutazione di appropriatezza; b) deve rispettare la regola della best execution. In caso di ricezione e trasmissione ordini la regola si tramuta in un obbligo di diligente ed efficace selezione degli intermediari che possano garantire la miglior esecuzione possibile dell’ordine; c) deve rispettare la disciplina dei conflitti di interesse.
  • 119. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only La consulenza e la Direttiva MiFID Il considerando n. 3 della Direttiva 2004/39/CE, prevede che “Per via della sempre maggior dipendenza degli investitori dalle raccomandazioni personalizzate è opportuno includere la consulenza in materia di investimenti tra i servizi di investimento che richiedono un’autorizzazione”. L’art. 1, comma 5, del T.U.F., ricomprende la consulenza in materia di investimenti tra i “servizi e le attività di investimento”.La ratio alla base della scelta del legislatore comunitario di definire la consulenza finanziaria come servizio di investimento deriva dalla considerazione che tale servizio costituisce un’attività “delicata” (o, se si vuole, “pericolosa”) dal momento che coinvolge, alla stregua degli altri servizi di investimento, direttamente il pubblico risparmio.
  • 120. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only La consulenza e il TUF Ai sensi dell’art.1, comma 5-septies del T.U.F., per consulenza in materia di investimenti si intende la prestazioni di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta per il cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione.
  • 121. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only La consulenza e la Direttiva MiFID Il considerando n. 79 della Direttiva 2006/73/CE prevede che “La consulenza in merito a strumenti finanziari fornita in un quotidiano, giornale, rivista o in qualsiasi altra pubblicazione destinata al pubblico in generale (incluso tramite Internet) o trasmissione televisiva o radiofonica non deve essere considerata come una raccomandazione personalizzata ai fini della definizione di «consulenza in materia di investimenti» di cui alla direttiva 2004/39/CE”.
  • 122. Adeguatezza / Appropriatezza - Execution only La consulenza ‘generica’ Il considerando n. 81 della Direttiva 2006/73/CE prevede che “una consulenza generica in merito ad un tipo di strumento finanziario non è una consulenza in materia di investimenti ai fini della direttiva 2004/39/CE, in quanto la presente direttiva specifica che, ai fini della direttiva 2004/39/CE, la consulenza in materia di investimenti è limitata alla consulenza in merito a determinati strumenti finanziari. Tuttavia se l’impresa di investimento fornisce una consulenza generica ad un cliente in merito ad un tipo di strumento finanziario che essa presente come adatto per tale cliente (…) e tale consulenza non è in realtà adeguata per tale cliente (…) è probabile che tale impresa violi l’art. 19, paragrafo 1 o 2 della Direttiva 2004/39/CE”.
  • 123. Sistemi multilaterali di negoziazione Nella Direttiva MiFID viene definito come: ‘sistema multilaterale di negoziazione gestito da un’impresa di investimento o da un gestore del mercato che consente l’incontro-al suo interno e in base a regole non discrezionali-di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari’ Come per la borsa anche un sistema multilaterale di negoziazione è soggetto ad una preventiva autorizzazione della Consob. Nel richiederla l’impresa d’investimento dovrà allegare l’elenco degli strumenti finanziari che saranno oggetto degli scambi le regole di funzionamento del sistema e le procedure di vigilanza adottate.
  • 124. Best execution La stretta della MiFID ruota anche attorno a un altro principio generale, quello della cosiddetta "best execution": l'obbligo imposto agli intermediari ad eseguire l'ordine del cliente alle migliori condizioni anche a danno dei pro-pri interessi. La best execution resta però un concetto fumoso quando lo strumento di riferimento non è l'azione ma l'obbligazione: proprio la crisi subprime ha fatto emergere la mancanza di un efficiente mercato secondario per i bond strutturati e le cartolarizzazioni. E prima di questo terremoto le emissioni di bond con un importo inferiore ai 500 milioni di euro era comunque definite "illiquide". A questo va aggiunta l'opacità dei prezzi delle obbligazioni bancarie strutturate collocate a rubinetto attraverso la rete degli sportelli. .
  • 125. Sistemi multilaterali di negoziazione . Le imprese di investimento sono obbligate a informare i clienti della strategia di esecuzione e di trasmissione degli ordini (la cosiddetta best execution policy) che intendono adottare e a eseguirla in modo da assicurare il miglior risultato possibile, avendo riguardo al prezzo, ai costi totali, alla rapidità e alla probabilità di esecuzione e di regolamento, alle dimensioni, alla natura dell’ordine o a qualsiasi altra caratteristica rilevante ai fini dell’esecuzione. L’’impresa dovrà scegliere la sede più idonea in cui eseguire l’ordine: dai mercati regolamentati ai sistemi multilaterali di negoziazione, ai mercati informali.
  • 126. Attuazione Direttiva 2008/48/CE Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n 141 •Art. 117 Contratti •Art: 123 Pubblicità •Art 124 Obblighi precontrattuali •Art 124 Bis Verifica Merito Creditizio •Art.125 Banche Dati •Art.125 bis Contratti e comunicazioni •Art.125 ter Recesso del consumatore
  • 127. Gestione del conflitto di interessi Gli intermediari devono identificare le attività di investimento per le quali esiste o potrebbe sorgere un conflitto di interesse, iscriverle in un registro e informarne chiaramente i clienti che potrebbero averne pregiudizio, prima di agire per loro conto. Il cliente è messo nelle condizioni di decidere se usufruire comunque dei servizi offerti dall’impresa di investimento o rivolgersi altrove. Collegato al tema dei conflitti di interessi, è quello degli incentivi (inducements) : La MiFID obbliga gli intermediari a comunicare alla clientela gli incentivi percepiti da controparti terze e a dimostrare che non danneggiano la qualità del servizio ma hanno, al contrario, l’obiettivo di accrescerla. .
  • 128. Gestione del conflitto di interessi In una scheda predisposta dal ministero del Tesoro sulla MiFID viene puntualizzato che le autorità e gli intermediari dovranno adottare «ogni misura ragionevole per identificare i conflitti d'interesse e per gestirli in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti».Quando il conflitto d'interesse è inevitabile, allora per lo meno deve essere esposto al cliente nero su bianco. C'è poi la cosi' detta modalità di "mera esecuzione degli ordini". In questa caso l'intermediario è esonerato dalla responsabilità di fare valutazioni circa l'appropriatezza dell'operazione che si va a porre in essere. Per fare questo è sufficiente che l'intermediario informi il cliente che sta eseguendo l'operazione con questa modalità. .
  • 129. Il servizi accessori e le attività connesse e strumentali Ai sensi dell’art.1, comma 6, TUF, come novellato dal d.lgs. n.164/2007 di attuazione della MiFID, per servizi accessori si intendono – per trasposizione dell’elenco di cui all’allegato 1) sez. B MiFID – i seguenti: (omissis) Dalla precedente elencazione del testo unico scompare, dal novero dei servizi accessori la consulenza in materia di investimenti, assunta, come si è visto, al rango di servizio di investimento. Ulteriore novità è la previsione, tra i servizi accessori, delle attività e dei servizi che il Ministero delle Economie e delle Finanze avrebbe dovuto individuare con apposita regolamentazione: si tratta in particolare delle attività e dei servizi connessi alla prestazione di servizi di investimento ed accessori aventi ad oggetto strumenti derivati. .
  • 130. Il servizi accessori e le attività connesse e strumentali Un nuovo servizio accessorio è poi quello della ricerca in materia di investimenti, l’analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti operazioni relative a strumenti finanziari, sulla quale specificamente mi soffermerò. In via generale occorre tenere a mente che i servizi accessori non sono soggetti a riserva di attività a favore degli intermediari abilitati alla prestazione dei servizi di investimento. I servizi accessori rappresentano però servizi che gli intermediari possono svolgere in quanto, per l’appunto, autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento .
  • 131. Il servizi accessori e le attività connesse e strumentali La possibilità di prestare servizi accessori, unitamente ai servizi di investimento, si giustifica, per gli intermediari abilitati, in base all’elevata complementarità delle due “famiglie” di servizi. Non trattandosi di attività soggette a riserva, si tratta, peraltro, di servizi che possono essere liberamente svolti anche da soggetti non abilitati. Il termine “accessorio”, peraltro, non significa necessariamente che i servizi in parola debbano essere per forza prestati in via “ausiliaria” o “strumentale” rispetto a un servizio di investimento: tale requisito, infatti, è previsto unicamente per il servizio accessorio di intermediazione in cambi. E’ dunque perfettamente legittimo che un intermediario abilitato alla prestazione di servizi di investimento svolga servizi accessori anche in via autonoma, senza cioè che il servizio accessorio sia, per così dire, di supporto a un servizio di investimento. .
  • 132. Riserva di attività e soggetti abilitati
  • 133. Riserva di attività e soggetti abilitati L’accesso alla prestazione dei servizi e delle attività di investimento deve essere subordinato ad un’autorizzazione, rilasciata dalle autorità competenti degli Stati membri (art. 5 MiFID). Vi è, inoltre, la possibilità per le imprese di investimento comunitarie di prestare, a determinate condizioni, il loro servizi anche negli altri Stati membri della U.E. L’accesso a servizi e attività di investimento avviene in base modalità diverse a seconda che il soggetto sia una banca o un’impresa di investimento e a seconda che il soggetto sia italiano o straniero. Il TUF (artt. 18 e 18-bis) prevede che le banche e le imprese di investimento non sono i soli soggetti che possono prestare servizi ed attività di investimento, poiché ad esse si aggiungono: le società di gestione del risparmio (SGR), le società di gestione armonizzate (SGA), le società di cui all’art. 107 TUB, gli agenti di cambio, i consulenti finanziari, le società fiduciarie iscritte in una sezione speciale dell’albo delle SIM, le società di gestione dei mercati regolamentati. .
  • 134. Riserva di attività e soggetti abilitati L’art. 1 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 10 dell’11/3/2008 ha modificato il paragrafo 2 dell’art. 3 della MIFID, che recita: . <<Le persone escluse dall'ambito d'applicazione della presente direttiva a norma del paragrafo 1 non godono delle libertà di prestare servizi e/o di effettuare attività di investimento o di stabilire succursali previste, rispettivamente, dalle disposizioni dell'articolo 31 e dell'articolo 32.Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 64, paragrafo 2 >>.
  • 135. Riserva di attività e soggetti abilitati Inoltre, come previsto dall’art. 5 DIR 39/2004, modificato dall’art. 6 DIR 78/2010: 3. Gli Stati membri istituiscono un registro di tutte le imprese di investimento. Il registro è accessibile al pubblico e contiene informazioni sui servizi o sulle attività per i quali l'impresa di investimento è autorizzata. Il registro è aggiornato regolarmente. Ogni autorizzazione è notificata all'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (in prosieguo l'“AESFEM”), istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio. L'AESFEM redige un elenco di tutte le imprese di investimento dell'Unione. Il registro contiene informazioni sui servizi o sulle attività per i quali l'impresa di investimento è autorizzata ed è aggiornato regolarmente. L'AESFEM pubblica l'elenco sul suo sito web e ne cura l'aggiornamento. Parimenti ogni revoca di autorizzazione è notificata all’AESFEM ex art. 6 DIR 78/2010. .
  • 136. Riserva di attività e soggetti abilitati IAutorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (in prosieguo l'“AESFEM”), istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio. Art. 15 MiFID pagg. 29/30 (informativa all’AESEFEM NEL CASO DI DIFFICOLTA’ NELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI IN PAESI TERZI) Art. 16 n.ro 2 co. 2 pag. 31 (autorità competenti devono determinare metodi appropriati per cotrollare che le imprese di investimento ottemperino agli obblighi che incombono loro….esse devono notificare alle autorità competenti qualunque modifica rilevante delle condizioni per ottenere l’aut. Iniziale)
  • 137. Riserva di attività e soggetti abilitati Art. 19 n.ro 6 alinea I pag.34(AESFEM redige sul proprio sito un elenco dei mercati che sono considerati equivalenti. L’elenco è aggiornato periodicamente assiste anche la commissione nela valutazione dei mercati di paesi terzi) Art. 23 n. 3 co.1 pag. 39 – Art. 47 (creazione di un albo degli agenti colegati) Art. 25 n.ri 1 e 2 co. 2 pag. 41*1 Art. 27 n.ro 2 co 1 pag. 44 AESFEM Art. 31 n.ro 2 ultimo periodo pag 49 AESFEM PROGETTI DI NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE Art. 32 n.ro 10 co 3 pag.52 AESFEM PROGETTI DI NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE FORMATI STADARD, MODELLI E PROCEDURE PER TRASMISSIONE INFO . .

Notas del editor

  1. Direttiva 2008/48/ CE Relativa ai CONTRATTI DI CREDITO AI CONSUMATORI, nonché MODIFICHE DEL TITOLO VI del T.U.B.(DECRETO L.GS N385 DEL 1993) IN MERITO ALLA DISCIPLINA DEI SOGGETTI OPERANTI NEL SETTORE FINANZIARIO, DEGLI AGENTI IN ATTIVITA’ FINANZIARIA E DEI MEDIATORI CREDITIZI.
  2. *1Stati membri e AESFEM CONFORMEMENTE ALL’ARTICOLO 31 DEL REGOLAMENTO UE N.1095/2010 mettano in atto le misure appropriate per consentire all’autorità competente di controllare le attività delle imprese di investimento per assicurarsi che esse operino in modo, onesto, equo e professionale per rafforzare l’integrità del mercato.
  3. *1Stati membri e AESFEM CONFORMEMENTE ALL’ARTICOLO 31 DEL REGOLAMENTO UE N.1095/2010 mettano in atto le misure appropriate per consentire all’autorità competente di controllare le attività delle imprese di investimento per assicurarsi che esse operino in modo, onesto, equo e professionale per rafforzare l’integrità del mercato.
  4. *1Stati membri e AESFEM CONFORMEMENTE ALL’ARTICOLO 31 DEL REGOLAMENTO UE N.1095/2010 mettano in atto le misure appropriate per consentire all’autorità competente di controllare le attività delle imprese di investimento per assicurarsi che esse operino in modo, onesto, equo e professionale per rafforzare l’integrità del mercato.