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N. 04440/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04972/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4972 del 2012, proposto da:
Vincenzo Varone, Armando Mangone, Salvatore Cichello, Vincenzo Nicolasi,
Salvatore Vallone,
Antonio Fogliaro, Antonio Furci, Domenico Colloca,
Fortunato Greco, rappresentati e difesi dall’Avv. Antonio Torchia, con domicilio
eletto presso lo Studio dell’Avv. Saverio Menniti sito in Roma, Viale Parioli,
74/C/4;
contro
•

•

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, PRESIDENZA DELLA
REPUBBLICA, MINISTERO DELL’INTERNO, U.T.G. - PREFETTURA DI VIBO
VALENTIA, COMMISSIONE STRAORDINARIA DEL COMUNE DI MILETO,
rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
COMUNE DI MILETO in persona della COMMISSIONE STRAORDINARIA,
rappresentato e difeso dall’Avv. Gaetano Callipo ed elettivamente domiciliata
presso lo Studio dell’Avv. Alessandro Fusco sito in Roma, Via Fulceri Paulucci
de Calboli n. 1;

nei confronti di
Massimo Mariani, Caterina Minutoli, non costituiti;
per l’annullamento
a) del decreto del Presidente della Repubblica del 10 aprile 2012, relativo allo
“scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto ed alla nomina della
Commissione Straordinaria per la gestione dell’ente”, con cui è stato disposto,
per la durata di diciotto mesi, lo scioglimento del Consiglio comunale di Mileto,
ai sensi dell’art. 143 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.i. (“Testo Unico delle
leggi sull’ordinamento degli enti locali” ), con contestuale nomina di una
Commissione Straordinaria per la gestione del Comune di Mileto; b) della
deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 aprile
1
2012, avente ad oggetto lo scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto,
unitamente alla nota del Ministro dell’Interno del 5 aprile 2012, recante la
trasmissione di detta deliberazione al Presidente della Repubblica; c) della
relazione del Ministro dell’Interno del 5 aprile 2012, contenente la proposta di
scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto; d) della relazione del Prefetto
della Provincia di Vibo Valentia, avente ad oggetto l’esito degli accertamenti
ispettivi disposti ex art. 143 TUEL in relazione al Comune di Mileto del 25
gennaio 2012; e) del decreto prefettizio del 25.08.2011 e successiva proroga;
f) della relazione conclusiva svolta dalla Commissione d’indagine ex art. 143,
co. 2, TUEL nominata con decreto prefettizio del 25 agosto 2011, nonché di
ogni altro atto o provvedimento presupposto, coevo, connesso o
consequenziale, anche non conosciuto, ivi compresi:
1) i verbali e le ulteriori eventuali relazioni della Commissione di accesso;
2) la relazione del Consiglio dei Ministri e del Prefetto di Vibo Valentia;
3) del decreto del Prefetto di Vibo Valentia dell’ 1 1 aprile 2012.
con il
risarcimento dei danni patiti e patiendi oltre interessi e rivalutazione sino al
soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di: Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Ministero dell’Interno, U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia e Comune di Mileto;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio
2013 il cons. Rosa Perna e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, proclamati consiglieri comunali del
Comune di Mileto a seguito delle elezioni svoltesi nel giugno 2009, impugnano gli
atti indicati in epigrafe, con i quali si è proceduto allo scioglimento del Consiglio
Comunale di Mileto, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267
(recante il “Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali”, di seguito
anche TUEL).
Questi i motivi di ricorso dedotti a sostegno del gravame:
1) Violazione degli artt. 1, 3 e 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione del
giusto procedimento e del principio di partecipazione. Violazione degli artt. 3, 5,
24, 48, 51, 97, 113, 114 e 120 Cost. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e
difetto assoluto di motivazione.
Gli atti non sarebbero stati preceduti dalla comunicazione di avvio del
procedimento, né sussisterebbero le ragioni di urgenza che legittimano
l’omissione della comunicazione.
2
2) Assoluto difetto di motivazione – motivazione perplessa per la contemporanea
deduzione di presupposti di legge tra loro alternativi e comunque inesistenti –
mancanza del preliminare requisito dell’accertata diffusione sul territorio della
criminalità organizzata di stampo mafioso e omissione della comunicazione di
avvio del procedimento; Violazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 143 TUEL. Violazione del diritto ad una
buona amministrazione. Violazione del giusto procedimento.
Violazione degli artt. 3, 5, 24, 48, 51, 97, 113, 114, 120 Cost. Eccesso di potere
per difetto e perplessità della motivazione; manifesta illogicità; difetto di
presupposto; carenza di istruttoria.
Gli atti non sarebbero adeguatamente motivati, neanche per relationem, atteso
che la relazione del Prefetto contiene numerosi omissis e la relazione della
Commissione di accesso non risulta pubblicata. La proposta ministeriale di
scioglimento del consiglio comunale di Mileto e l’allegata relazione prefettizia
sarebbero irrimediabilmente viziate anche per perplessità della motivazione, nella
misura in cui richiamano sia “collegamenti diretti o indiretti” degli amministratori
comunali con la criminalità organizzata, sia “forme di condizionamento” degli
stessi soggetti.
Mancherebbe un adeguato accertamento circa l’eventuale
radicamento, nel territorio del Comune di Mileto, della criminalità organizzata di
stampo mafioso.
In ogni caso l’Amministrazione non avrebbe individuato elementi “concreti,
univoci e rilevanti”, né sotto il profilo dei collegamenti diretti o indiretti né sotto
quello delle forme di condizionamento.
Sarebbero da smentire le affermazioni relative ai collegamenti e alle
frequentazioni di alcuni componenti della compagine amministrativa, mentre
sarebbero irrilevanti rispetto al disposto scioglimento quelli relativi ad alcuni
dipendenti dell’ufficio tecnico; i meri rapporti di parentela con pregiudicati non
potrebbe condizionare la valutazione dei soggetti.
3) Insussistenza di tutte le pretese irregolarità dell’attività amministrativa
dell’ente e sulla conseguente assenza di compromissione del regolare
funzionamento dello stesso. Carenza dei requisiti della univocità e rilevanza e sul
difetto del nesso eziologico tra le asserite ingerenze della criminalità organizzata e
la pretesa compromissione del regolare funzionamento dell’Ente. Violazione e
falsa applicazione dell’art. 143 TUEL. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50
ss. TUEL. Violazione dell’art. 125 d.lgs 12 aprile 2006, n. 163. Violazione degli
artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione del giusto procedimento.
Violazione degli artt. 3, 5, 24, 48, 51, 97, 113, 114, 120 Cost. Eccesso di potere
per travisamento dei fatti ed erroneità della loro valutazione;
difetto di presupposto; difetto assoluto di motivazione; manifesta illogicità;
carenza di istruttoria. Gli atti impugnati non dedurrebbero alcunché in ordine al
nesso eziologico tra le lacune ed inefficienze dell’Amministrazione comunale ed il
condizionamento o il collegamento mafioso.
3
A tal fine non rileverebbe l’anomalia evidenziata in merito al servizio di fornitura
pasti agli alunni della scuola materna affidato alla stessa ditta per gli anni
2008/2009, 2009/2010, 2010/2011, servizio che per l’anno 2011/2012 sarebbe
stato comunque affidato ad altra ditta. Gli affidamenti diretti posti in essere
dall’amministrazione comunale sarebbero coerenti con la normativa vigente,
trattandosi di importi sottosoglia.
La eventuale circostanza che le locali forze politiche abbiano individuato i singoli
rappresentanti in giunta in epoca antecedente all’ultimo rinnovo del consiglio
comunale non proverebbe alcuna influenza malavitosa.
In definitiva, i provvedimenti impugnati si fonderebbero su ipotesi prive di
riscontro concreto e perciò sarebbero illegittimi per macroscopica carenza di
istruttoria e di motivazione e per mancanza assoluta dei presupposti di legge.
2. I ricorrenti hanno quindi domandato l’annullamento degli atti impugnati,
avanzando anche richieste istruttorie.
3. Nel presente giudizio si sono costituiti per resistere all’epigrafato gravame la
Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero
dell’Interno ed il Comune di Mileto, concludendo per la reiezione del ricorso
siccome infondo nel merito. 4. Con ordinanza 4 luglio 2012, n. 6109 la Sezione
ha ordinato all’amministrazione resistente di produrre in giudizio la relazione
prefettizia e la relazione della Commissione di accesso intervenute nel
procedimento de quo nonché ogni altro atto presupposto. Alla camera di consiglio
del 26 settembre 2012 la domanda cautelare proposta dai ricorrenti unitamente al
ricorso è stata rinviata al merito.
5. L’amministrazione onerata, nel provvedere al deposito in atti dei predetti
documenti, ha rappresentato che gli stessi sono stati classificati “riservati” ai
sensi del comma 9 dell’art. 143 del d.lgs. 267/2000.
6. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 23 gennaio
2013; nella discussione in camera di consiglio il Collegio si è riservato,
rinviandone la decisione alla camera di consiglio del 15 aprile 2013.
DIRITTO 1. L’odierna controversia ha ad oggetto la legittimità dello scioglimento
del Consiglio Comunale
di Mileto per la durata di diciotto mesi e della nomina della Commissione
straordinaria per la gestione del Comune, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18
agosto 2000, n. 267, disposti con decreto del Presidente della Repubblica 10
aprile 2012.
I ricorrenti, proclamati consiglieri comunali del Comune di Mileto a seguito delle
elezioni svoltesi nel giugno 2009, con le dedotte censure espongono sia
l’irregolarità dell’andamento del relativo procedimento sia l’insussistenza degli
elementi concreti, univoci e rilevanti cui l’art. 143 TUEL, nel testo vigente,
subordina l’esercizio della potestà di scioglimento dell’organo comunale.
Resistono la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri,
il Ministero dell’Interno e il Comune di Mileto.
4
2. Prima di passare all’esame delle singole censure sollevate dalla parte
ricorrente, giova premettere che ai sensi del ripetuto art. 143 TUEL, comma 1,
“…i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di
accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti,
univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità
organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77,
comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare
un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi
ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle
amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei
servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante
pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.
3. Il Collegio ritiene altresì opportuno richiamare, in via preliminare, gli indirizzi di
interpretazione ed applicazione della normativa in materia, come definiti dalla
giurisprudenza costituzionale ed amministrativa (Corte Costituzionale, sentenza
19 marzo 1993, n. 103; Cons.
Stato, IV, 10 marzo 2011, n. 1547; id., 24 aprile 2009, n. 2615; 21 maggio
2007, n. 2583; Sez.VI, 10 marzo 2011, n. 1547; id., 17 gennaio 2011, n. 227;
15 marzo 2010, n. 1490): - lo scioglimento dell’organo elettivo si connota
quale misura di carattere straordinario per fronteggiare un’emergenza
straordinaria;
•

sono giustificati margini ampi nella potestà di apprezzamento
dell’Amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o
indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere
plausibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore
indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo
asse portante della valutazione di scioglimento, da un lato, la accertata o
notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le
precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del
condizionamento criminale;
• rispetto alla pur riscontrata commissione di atti illegittimi da parte
dell’amministrazione, è necessario un quid pluris, consistente in una
condotta, attiva od omissiva, condizionata dalla criminalità anche in quanto
subita, riscontrata dall’amministrazione competente con discrezionalità
ampia, ma non disancorata da situazioni di fatto suffragate da obbiettive
risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusione, così da rendere
pregiudizievole per i legittimi interessi della comunità locale il permanere
alla sua guida degli organi elettivi. In questo quadro, l’art. 143 del TUEL
precisa le caratteristiche di obbiettività delle risultanze da identificare,
richiedendo che esse siano concrete, e perciò fattuali, univoche, cioè non di
ambivalente interpretazione, rilevanti, in quanto significative di forme di
condizionamento.
E, come la Sezione ha avuto modo di considerare (Tar Lazio, I, 1° febbraio 2012,
n. 1119), nella disposizione in esame la volontà del legislatore di consentire
5
un’indagine sulla ricostruzione della sussistenza di un rapporto tra gli
amministratori e la criminalità organizzata sulla scorta di circostanze che
presentino un grado di significatività e di concludenza di livello inferiore rispetto a
quelle che legittimano l’azione penale o l’adozione di misure di sicurezza nei
confronti degli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o
analoghe, trova espressione nell’uso di una terminologia ampia ed indeterminata
nell’individuazione dei presupposti per il ricorso alla misura straordinaria. Ciò in
quanto l’intento del legislatore è quello di riferirsi anche a situazioni estranee
all’area
propria dell’intervento penalistico o preventivo, nell’evidente consapevolezza della
scarsa percepibilità, in tempi brevi, delle varie concrete forme di connessione o di
contiguità - e dunque di condizionamento - fra organizzazioni criminali e sfera
pubblica, e della necessità di evitare con immediatezza che l’amministrazione
dell’ente locale rimanga permeabile all’influenza della criminalità organizzata.
Alla stregua dei richiamati presupposti normativi, trovano giustificazione gli ampi
margini per l’apprezzamento degli effetti derivanti dal collegamento o dal
condizionamento in termini di compromissione della libera determinazione degli
organi elettivi, del buon andamento dell’amministrazione, del regolare
funzionamento dei servizi, ovvero in termini di grave e perdurante pregiudizio per
lo stato della sicurezza pubblica.
Ne consegue l’idoneità a costituire presupposto per lo scioglimento dell’organo
comunale anche di situazioni che, di per sé, non rivelino direttamente, né lascino
presumere, l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della
criminalità organizzata (Cons. Stato, VI, 24 aprile 2009, n. 2615; id., 6 aprile
2005, n. 1573).
4. Quanto allo scrutinio rimesso alla presente sede, conseguenza dei profili sopra
accennati è che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è
esercitabile nei limiti della presenza di elementi che denotino, con sufficiente
concludenza, la deviazione del procedimento dal suo fine di legge. In
particolare, l’apprezzamento giudiziale delle acquisizioni in ordine a collusioni e
condizionamenti non può essere effettuato estrapolando singoli fatti ed episodi,
al fine di contestare l’esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di
altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull’operato consiliare (Tar Lazio,
I, cit.).
Ciò in quanto, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel
territorio in questione, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e
condizionamenti, vanno considerati nel loro insieme, poiché solo dal loro esame
complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione
identificabile come presupposto per la misura di cui si tratta (Cons. Stato, IV, 6
aprile 2005, n. 1573; id., 4 febbraio 2003 n. 562; Sez. V, 22
marzo 1998, n. 319; id., 3 febbraio 2000, n. 585).
5. Tanto premesso, va considerato che nella fattispecie all’odierno esame la
relazione prefettizia di cui all’art. 143 del d.lgs. 267/2000, si esprimeva nel
6
senso della sussistenza delle condizioni previste dalla menzionata norma per
procedere allo scioglimento dell’ente, avendo rilevato che “il quadro
compiutamente delineato dall’organo ispettivo, sulla base degli accertamenti
effettuati, è caratterizzato, da un lato, dall’accertata e notoria presenza nel
contesto territoriale di cosche criminali e da un tessuto politico-amministrativo
profondamente compromesso e, dall’altro, da una precarietà delle condizioni
funzionali dell’Ente Territoriale che favoriscono la permeabilità degli organi
amministrativi ai condizionamenti criminali”; e precisando che “assumono
importanza decisiva, accanto ai collegamenti esistenti fra singoli amministratori
ed esponenti della criminalità, che intensamente ricorrono e che sono
documentati nel lavoro della Commissione d’accesso, anche i tratti di una
sistematica operatività caratterizzata da diffuse irregolarità, anomalie e
condizionamenti dell’andamento della sia pur limitata attività amministrativa
dell’Ente locale”.
6. Può dunque passarsi all’esame delle specifiche censure spiegate con l’azione
impugnatoria all’esame.
7. Prive di fondamento risultano le doglianze svolte con il primo mezzo.
I ricorrenti lamentano che gli atti gravati non sarebbero stati preceduti dalla
comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della l. 7 agosto 1990,
n. 241, né rinvengono le ragioni di urgenza che renderebbero legittima
l’omissione della comunicazione. Entrambi i rilievi non sono conducenti.
La Sezione ha da lungo tempo, ed anche di recente (Tar Lazio, Roma, I, da 26
gennaio 1995, n. 68 a 1° febbraio 2012, n. 1119), avuto modo di escludere che la
mancata comunicazione dell’avvio del procedimento e la conseguente mancata
partecipazione allo stesso inficino il provvedimento di scioglimento ex art. 143, d.
lgs. 267/2000. La stessa natura dell’atto di scioglimento dà ragione dell’esistenza,
oltre che della gravità, dell’urgenza del provvedere, cui non può non correlarsi
l’affievolimento dell’esigenza di salvaguardare in capo ai destinatari, nell’avvio
dell’iter del procedimento di scioglimento, le garanzie partecipative e del
contraddittorio assicurate dalla comunicazione di avvio del procedimento.
Sul punto la Corte Costituzionale, nella richiamata sentenza n. 103/1993, ha
sostenuto che la mancanza della previsione della preventiva contestazione degli
addebiti (e della possibilità, di conseguenza, di dedurre in ordine ad essi nel corso
del procedimento) nel procedimento amministrativo relativo alle ipotesi di
scioglimento, “appare giustificata dalla loro peculiarità, essendo quelle misure
caratterizzate dal fatto di costituire la reazione dell’ordinamento alle ipotesi di
attentato all’ordine ed alla sicurezza pubblica. Una evenienza dunque che esige
interventi rapidi e decisi, il che esclude che possa ravvisarsi l’asserito contrasto
con l’art. 97 della Costituzione, dato che la disciplina del procedimento
amministrativo é rimessa alla discrezionalità del legislatore nei limiti della
ragionevolezza e del rispetto degli altri principi costituzionali, fra i quali, secondo
la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 23 del 1978; ord. n.503 del 1987),
non é compreso quello del “giusto procedimento” amministrativo, dato che la
tutela delle situazioni soggettive é comunque assicurata in sede giurisdizionale
dagli artt. 24 e 113 della Costituzione.” In adesione al suesposto orientamento del
7
Giudice delle leggi, il Giudice amministrativo ha ritenuto che gli atti adottati ai
sensi dell’art. 143 d. lgs. 267/2000 ed in genere tutta l’attività svolta dalla P A ai
sensi della normativa antimafia sia sottratta al diritto di comunicazione preventiva
di avvio del procedimento per evidenti ragioni di ordine e sicurezza pubblica
sottesa all’attività (Cons. Stato, IV, 22 giugno 2004 n. 4467). L’affievolimento
delle garanzie partecipative e del contraddittorio nel procedimento è pienamente
giustificato, secondo il supremo organo della giustizia amministrativa, dal fatto
che si tratta di misura che esige interventi rapidi e decisi (Cons. Stato, V, 20
ottobre 2005, n. 5878); e, come da ultimo ribadito sempre in merito ai
provvedimenti ex art. 143 TUEL, le esigenze di celerità del provvedere – in
presenza della necessità di pronta tutela degli interessi di rilievo pubblico inerenti
alla sicurezza ed all’ordine pubblico a mezzo di provvedimento preventivo e
cautelare - consentono di omettere l’avviso partecipativo secondo quanto previsto
dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990” (Cons. Stato, III, 9 luglio 2012, n. 3998;
CGA, 21 novembre 2011, n. 866)
8. Neppure le censure svolte con il secondo motivo di ricorso si appalesano
meritevoli nel loro complesso di favorevole considerazione.
8.1 In primo luogo, va disattesa la prospettazione di parte ricorrente sulla
presunta illogicità del provvedimento impugnato per aver sovrapposto due
situazioni basate su presupposti antitetici, e cioè la collusione degli
amministratori con la criminalità organizzata ed il condizionamento degli
stessi, nonostante l’art. 143 TUEL preveda tra i necessari presupposti dello
scioglimento due situazioni che si porrebbero in rapporto di alternatività.
Osserva in proposito il Collegio che la richiamata disposizione, nel porre in
rapporto di alternatività le due fattispecie (collusione e condizionamento) non
ha inteso attribuire alle medesime un carattere antitetico e confliggente, ma
ha ritenuto sufficiente la sussistenza anche di una sola delle situazioni di
collusione o condizionamento per il legittimo esercizio del potere di
scioglimento.
Nel caso di specie, l’attività di indagine espletata ha riscontrato la sussistenza
sia di forme di collusione sia di forme di condizionamento, situazioni dunque
non antitetiche, ma ben compatibili che, laddove coesistono, non solo
legittimano ma rendono ancor più necessario il ricorso alle misure in esame,
in quanto ripristinatorie delle condizioni di legalità.
Difatti la relazione del Ministro dell’Interno, quanto al profilo della collusione,
richiamate le
risultanze dei lavori svolti dalla commissione d’indagine,
rappresenta come “componenti della giunta e del consiglio, in particolare il vice
sindaco ed il presidente del consiglio e dipendenti del comune di Mileto, alcuni
dei quali gravati da precedenti penali e di polizia di particolare rilievo, abbiano
forti legami ed assidue frequentazioni con esponenti delle locali consorterie, taluni
peraltro di elevato spessore criminale. Tali rapporti consolidatisi nel tempo hanno
reso possibile una gestione dell’ente permeabile agli interessi della criminalità
organizzata nonostante l’azione di
8
moralizzazione portata avanti dal primo cittadino, volta all’affermazione dei
principi di legalità all’interno del civico consesso”; ed evidenzia altresì che
“all’azione intrapresa dal sindaco non hanno fatto seguito concrete iniziative per
contrastare un ambiente caratterizzato da contiguità e cointeressi tra politica e
criminalità organizzata”. Ancora, la relazione ministeriale evidenzia che “logiche
clientelari ed interessi economici legati ad ambienti criminali avrebbero
contraddistinto anche la fase antecedente le consultazioni elettorali atteso che,
come anche emerso nel corso delle audizioni svolte dalla commissione d’indagine,
l’individuazione dei componenti dell’organo esecutivo sarebbe avvenuta ancor
prima della presentazione delle candidature e non sarebbe invece stata decisa
successivamente
alla
proclamazione
del
sindaco
eletto.
Questi,
conseguentemente, non avrebbe esercitato il potere di scelta dei componenti
della giunta, prerogativa che, sulla base dei principi ispiratori della vigente
normativa, è riservata all’organo di vertice”.
Quanto al secondo profilo, la relazione del Ministro richiama le vicende
analiticamente esaminate e dettagliate nella relazione prefettizia, le quali
“denotano una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Mileto
che, disattendendo ogni principio di buon andamento, imparzialità e trasparenza,
hanno compromesso il regolare funzionamento dei servizi con grave pregiudizio
degli interessi pubblici”.
7.2 A supporto di tale ultima considerazione, nella ripetuta relazione
ministeriale vengono messe in rilievo alcune vicende sintomatiche
dell’incapacità dell’amministrazione locale di far fronte alle ingerenze della
criminalità organizzata.
E così, nel settore degli appalti pubblici, nel periodo in esame, “il responsabile
dell’ area tecnica ha proceduto a numerosi affidamenti diretti di lavori senza
esperire le relative procedure negoziate o indagini comparative che le fonti
normative di riferimento richiedono. L’esame dei diversi affidamenti posti in
essere ha, peraltro, evidenziato l’assenza di motivi di indifferibilità o urgenza che
avrebbero giustificato il ricorso a tali procedure. Ulteriori, rilevanti elementi della
sussistenza di condizionamenti dell’attività amministrativa sono testimoniati dalla
circostanza che
gran parte dei suddetti affidamenti si sono risolti in favore di due società i cui
titolari hanno tra loro un rapporto di parentela; il titolare di una delle suddette
aziende, contiguo ad una locale cosca, ha inoltre rapporti di affinità con un
assessore comunale”. Nel delineato quadro di anomalie, si inserisce anche “la
complessiva procedura concernente il servizio di forniture agli alunni della scuola
materna, affidato per l’anno scolastico 2009/2010 e nuovamente conferito alla
stessa ditta per l’anno successivo. La gara è stata caratterizzata da una serie di
irregolarità, concernenti anche le norme di pubblicità che hanno ristretto l’ambito
di conoscenza da parte degli operatori di settore, con la conseguenza che è stata
presentata un’unica offerta, formulata dalla stessa ditta che risulterà poi
affidataria del servizio. Anche per la procedura d’appalto relativa all’anno
scolastico 2011/2012 è stata presentata una sola offerta, parimenti formulata
9
dalla suddetta società; la procedura non si è, però, conclusa con l’aggiudicazione
definitiva, essendo stata emessa dalla competente prefettura, nelle more della
stipula del contratto, un’informazione atipica ai sensi della normativa antimafia
nei confronti dell’ azienda in questione. Anche la ditta alla quale è stato affidato il
servizio di pulizia dei locali occupati dagli uffici giudiziari comunali è stata
destinataria, nello scorso mese di novembre, di un’informazione interdittiva
antimafia.”
Anche dall’ analisi della vicenda concernente la progettata costruzione di un
impianto di smaltimento dei rifiuti solidi è emerso il fondato sospetto che sulla
realizzazione di tale sito si siano concentrati gli interessi della criminalità
organizzata, come dimostrerebbe, ad avviso dell’organo ispettivo, la totale
assenza di reazioni da parte della comunità residente nella frazione interessata
dall’installazione dell’ impianto.
Ancora, nella redazione del piano strutturale comunale alcuni componenti
dell’amministrazione comunale avrebbero tessuto un accordo, all’insaputa del
sindaco, per far rientrare nel nuovo piano diversi appezzamenti di terreno, la cui
proprietà è riconducibile in parte a locali famiglie malavitose e in parte agli stessi
amministratori locali. La relazione del Ministro prosegue rilevando come la
relazione prefettizia abbia altresì posto in evidenza la generale condizione di
disordine amministrativo e di totale carenza dell’attività di impulso nel settore
economico-tributario, come pure la mancata attività di vigilanza sul servizio di
gestione, potenziamento ed estensione dell’acquedotto comunale, affidato nel
1991 tramite licitazione privata ad una società recentemente raggiunta da
informazione antimafia atipica.
8.3 Se ne ricava che, nel caso in esame, l’influenza della criminalità
organizzata sugli organi elettivi del Comune è stata rappresentata, sia pure
sinteticamente e con numerosi omissis e per relationem negli allegati al
decreto presidenziale di scioglimento, nei quali è stata indicata una serie di
vicende che dimostrano in modo oggettivo l’esistenza di un condizionamento
di tipo ambientale derivante dalla diffusa ed accertata presenza di pericolose
cosche mafiose in grado di compromettere la libera determinazione degli
organi elettivi, con grave pregiudizio alla capacità di gestione e di
funzionamento dell’ente comunale, determinando di conseguenza una
condizione di assoggettamento alle scelte delle locali organizzazioni criminali;
mentre le reali vicende sintomatiche dell’infiltrazione e del condizionamento
mafioso nel Comune di Mileto sono state integralmente descritte nelle
risultanze della Commissione di accesso; di tal che è destituita di fondamento
pure l’ulteriore censura sul difetto di motivazione del provvedimento
impugnato.
8.4 Quanto alla lamentata carenza di istruttoria, si osserva in contrario che la
nomina della Commissione di accesso e la necessità di prorogare i poteri
della stessa denotano l’attenzione prestata nella disamina del contesto
ambientale e dell’attività posta in essere dalla disciolta amministrazione.

10
L’istruttoria è stata effettuata, infatti, attraverso l’attività svolta dagli organi di
polizia e dalla suddetta Commissione, che hanno raccolto circostanze, confluite
nella reazione prefettizia ed in quella ministeriale, sintomatiche del
condizionamento degli amministratori, ritenuti idonei a suffragare la proposta di
cui all’art. 143 TUEL, in quanto sono emersi elementi rilevanti, univoci e
significativi, in grado di costituire i presupposti di fatto e di diritto del
provvedimento di scioglimento. 9. Vanno disattese, infine, anche le censure svolte
con l’ultimo motivo di ricorso che lamenta il
travisamento dei fatti, l’erroneità della loro valutazione ed il difetto dei
presupposti necessari per l’adozione dei contestati provvedimenti.
Si osserva al riguardo che gli atti preordinati all’adozione del provvedimento
impugnato (relazione del Prefetto di Caserta sulla base delle conclusioni
rassegnate dalla Commissione di accesso), al contrario, mostrano come la
determinazione di scioglimento dell’organo consiliare abbia tratto fondamento da
un pluralità di elementi che, nel loro complesso, rendono significative ed univoche
le situazioni di ingerenza e condizionamento del buon governo dell’ente locale,
come richiesto dall’art. 143 TUEL per l’adozione della contestata misura di rigore.
Nello specifico, tali elementi consistono in: frequentazioni tra alcuni
amministratori locali e dipendenti con ambienti malavitosi; individuazione dei
componenti dell’organo esecutivo nella fase antecedente le consultazioni
elettorali; reiterate illegittimità nelle procedure poste in essere dall’ente.
In relazione ai riferiti accertamenti, la relazione prefettizia ha dato atto della
sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed
indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e
su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando pertanto i presupposti per
lo scioglimento del consiglio comunale. Correttamente tali fatti - storicamente
verificatisi ed accertati e quindi concreti - sono stati ritenuti espressivi di
situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente, che la
ripetuta norma del TUEL intende prevenire, dimostrandosi quindi rilevanti, poiché
gli effetti prodotti dai collegamenti sopra evidenziati nella gestione dell’ente
hanno prodotto l’effetto di un’azione amministrativa inadeguata a garantire gli
interessi della collettività.
La coerenza d’insieme degli indizi raccolti relativamente ai vari settori
dell’amministrazione comunale (come le frequentazioni di taluni amministratori,
oltre ad alcuni dipendenti del Comune, alcuni dei quali gravati da precedenti
penali e di polizia di particolare rilievo, con esponenti delle locali consorterie,
anche di elevato spessore criminale) sostanzia poi il requisito dell’univocità.
Nella considerazione dei riportati elementi fattuali si deve, poi, considerare come
la qualificazione della concretezza, univocità e rilevanza dei fatti accertati “va[da]
riferita non atomisticamente e partitamente ad ogni singolo elemento,
accadimento, circostanza cui l’istruttoria compiuta dalla Commissione di accesso
ha ricondotto la sussistenza dei presupposti di cui dall’art. 143 del d.lgs. n. 267

11
del 2000 e successive modificazioni, ma ad una valutazione complessiva del
coacervo di elementi acquisiti” (Cons.Stato, III, 9 luglio 2012, n. 3998).
Di conseguenza, gli elementi a tal fine rilevanti non debbono essere analizzati
separatamente,
come
operato
dagli
odierni
ricorrenti,
ma
valutati
complessivamente e contestualmente, ossia come quadro indiziario sintomatico di
un atteggiamento complessivo dell’amministrazione dell’ente locale che, per
effetto di possibili contatti dall’esterno, non sia teso alla esclusiva cura degli
interessi pubblici di cui lo stesso è attributario (Cons. Stato, IV, 15 giugno 2004
n. 4467). Il Collegio può dunque concludere che gli elementi raccolti ed i riscontri
effettuati sono idonei a suffragare la proposta di cui all’art. 143 del
d.lgs.n.267/2000, tenuto altresì conto del “differente grado di sufficienza del
valore indiziario dei dati nel procedimento di cui qui si tratta rispetto a quello
richiesto in sede penale”, come avallato da costante giurisprudenza (Cons. Stato,
VI, 17 gennaio 2011, n. 227).
Sotto questo profilo, appaiono idonee anche quelle situazioni che non rivelino, né
lascino presumere l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi
della criminalità organizzata, giacché, in tal caso, sussisterebbero i presupposti
per l’avvio dell’azione penale o, almeno, per l’applicazione delle misure di
prevenzione a carico degli amministratori, mentre la scelta del legislatore è stata
nel senso di non subordinare lo scioglimento del consiglio comunale né a tali
circostanze, né al compimento di specifiche illegittimità (Cons. Stato,VI, 13
maggio 2010, n. 2957), non essendo necessario che la volontà dei singoli
amministratori sia coartata con la violenza, giacché il condizionamento, idoneo a
determinare lo scioglimento dell’organo consiliare, può essere anche frutto di
spontanea adesione culturale o di timore o di esigenza di quieto vivere,
risultando, in tutti tali casi, l’attività amministrativa deviata dai suoi canoni
costitutivi per essere rivolta a soddisfare interessi propri della criminalità
organizzata (Cons. Stato, VI, 5 ottobre 2006, n. 5948; Tar Campania - Salerno, I,
30 novembre 2010, n.12788 ).
10. Stanti le esposte considerazioni, e rilevata, alla luce delle esaminate
censure, la congruenza e la significatività degli elementi posti a base degli atti
gravati, alla luce del modello legale di cui all’art. 143 del d.lgs. 267/2000, il
ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede: rigetta il
ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore
della parte resistente, che liquida in complessivi € 1.500,00 (euro
millecinquecento/00). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità
amministrativa. Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 23
gennaio 2013 e 15 aprile 2013, con l’intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
12
Angelo Gabbricci, Consigliere
Rosa Perna, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2013
http://www.autonomiecalabria.it/lac/wp-content/uploads/2012/05/comune-dimileto-TAR.pdf

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Scioglimento c.c. mileto ricorso tar roma 4972 2012 tesi difensiva

  • 1. N. 04440/2013 REG.PROV.COLL. N. 04972/2012 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 4972 del 2012, proposto da: Vincenzo Varone, Armando Mangone, Salvatore Cichello, Vincenzo Nicolasi, Salvatore Vallone, Antonio Fogliaro, Antonio Furci, Domenico Colloca, Fortunato Greco, rappresentati e difesi dall’Avv. Antonio Torchia, con domicilio eletto presso lo Studio dell’Avv. Saverio Menniti sito in Roma, Viale Parioli, 74/C/4; contro • • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA, MINISTERO DELL’INTERNO, U.T.G. - PREFETTURA DI VIBO VALENTIA, COMMISSIONE STRAORDINARIA DEL COMUNE DI MILETO, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; COMUNE DI MILETO in persona della COMMISSIONE STRAORDINARIA, rappresentato e difeso dall’Avv. Gaetano Callipo ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dell’Avv. Alessandro Fusco sito in Roma, Via Fulceri Paulucci de Calboli n. 1; nei confronti di Massimo Mariani, Caterina Minutoli, non costituiti; per l’annullamento a) del decreto del Presidente della Repubblica del 10 aprile 2012, relativo allo “scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto ed alla nomina della Commissione Straordinaria per la gestione dell’ente”, con cui è stato disposto, per la durata di diciotto mesi, lo scioglimento del Consiglio comunale di Mileto, ai sensi dell’art. 143 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.i. (“Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” ), con contestuale nomina di una Commissione Straordinaria per la gestione del Comune di Mileto; b) della deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 aprile 1
  • 2. 2012, avente ad oggetto lo scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto, unitamente alla nota del Ministro dell’Interno del 5 aprile 2012, recante la trasmissione di detta deliberazione al Presidente della Repubblica; c) della relazione del Ministro dell’Interno del 5 aprile 2012, contenente la proposta di scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto; d) della relazione del Prefetto della Provincia di Vibo Valentia, avente ad oggetto l’esito degli accertamenti ispettivi disposti ex art. 143 TUEL in relazione al Comune di Mileto del 25 gennaio 2012; e) del decreto prefettizio del 25.08.2011 e successiva proroga; f) della relazione conclusiva svolta dalla Commissione d’indagine ex art. 143, co. 2, TUEL nominata con decreto prefettizio del 25 agosto 2011, nonché di ogni altro atto o provvedimento presupposto, coevo, connesso o consequenziale, anche non conosciuto, ivi compresi: 1) i verbali e le ulteriori eventuali relazioni della Commissione di accesso; 2) la relazione del Consiglio dei Ministri e del Prefetto di Vibo Valentia; 3) del decreto del Prefetto di Vibo Valentia dell’ 1 1 aprile 2012. con il risarcimento dei danni patiti e patiendi oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia e Comune di Mileto; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2013 il cons. Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, proclamati consiglieri comunali del Comune di Mileto a seguito delle elezioni svoltesi nel giugno 2009, impugnano gli atti indicati in epigrafe, con i quali si è proceduto allo scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante il “Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali”, di seguito anche TUEL). Questi i motivi di ricorso dedotti a sostegno del gravame: 1) Violazione degli artt. 1, 3 e 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione del giusto procedimento e del principio di partecipazione. Violazione degli artt. 3, 5, 24, 48, 51, 97, 113, 114 e 120 Cost. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto assoluto di motivazione. Gli atti non sarebbero stati preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, né sussisterebbero le ragioni di urgenza che legittimano l’omissione della comunicazione. 2
  • 3. 2) Assoluto difetto di motivazione – motivazione perplessa per la contemporanea deduzione di presupposti di legge tra loro alternativi e comunque inesistenti – mancanza del preliminare requisito dell’accertata diffusione sul territorio della criminalità organizzata di stampo mafioso e omissione della comunicazione di avvio del procedimento; Violazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’art. 143 TUEL. Violazione del diritto ad una buona amministrazione. Violazione del giusto procedimento. Violazione degli artt. 3, 5, 24, 48, 51, 97, 113, 114, 120 Cost. Eccesso di potere per difetto e perplessità della motivazione; manifesta illogicità; difetto di presupposto; carenza di istruttoria. Gli atti non sarebbero adeguatamente motivati, neanche per relationem, atteso che la relazione del Prefetto contiene numerosi omissis e la relazione della Commissione di accesso non risulta pubblicata. La proposta ministeriale di scioglimento del consiglio comunale di Mileto e l’allegata relazione prefettizia sarebbero irrimediabilmente viziate anche per perplessità della motivazione, nella misura in cui richiamano sia “collegamenti diretti o indiretti” degli amministratori comunali con la criminalità organizzata, sia “forme di condizionamento” degli stessi soggetti. Mancherebbe un adeguato accertamento circa l’eventuale radicamento, nel territorio del Comune di Mileto, della criminalità organizzata di stampo mafioso. In ogni caso l’Amministrazione non avrebbe individuato elementi “concreti, univoci e rilevanti”, né sotto il profilo dei collegamenti diretti o indiretti né sotto quello delle forme di condizionamento. Sarebbero da smentire le affermazioni relative ai collegamenti e alle frequentazioni di alcuni componenti della compagine amministrativa, mentre sarebbero irrilevanti rispetto al disposto scioglimento quelli relativi ad alcuni dipendenti dell’ufficio tecnico; i meri rapporti di parentela con pregiudicati non potrebbe condizionare la valutazione dei soggetti. 3) Insussistenza di tutte le pretese irregolarità dell’attività amministrativa dell’ente e sulla conseguente assenza di compromissione del regolare funzionamento dello stesso. Carenza dei requisiti della univocità e rilevanza e sul difetto del nesso eziologico tra le asserite ingerenze della criminalità organizzata e la pretesa compromissione del regolare funzionamento dell’Ente. Violazione e falsa applicazione dell’art. 143 TUEL. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 ss. TUEL. Violazione dell’art. 125 d.lgs 12 aprile 2006, n. 163. Violazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione del giusto procedimento. Violazione degli artt. 3, 5, 24, 48, 51, 97, 113, 114, 120 Cost. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità della loro valutazione; difetto di presupposto; difetto assoluto di motivazione; manifesta illogicità; carenza di istruttoria. Gli atti impugnati non dedurrebbero alcunché in ordine al nesso eziologico tra le lacune ed inefficienze dell’Amministrazione comunale ed il condizionamento o il collegamento mafioso. 3
  • 4. A tal fine non rileverebbe l’anomalia evidenziata in merito al servizio di fornitura pasti agli alunni della scuola materna affidato alla stessa ditta per gli anni 2008/2009, 2009/2010, 2010/2011, servizio che per l’anno 2011/2012 sarebbe stato comunque affidato ad altra ditta. Gli affidamenti diretti posti in essere dall’amministrazione comunale sarebbero coerenti con la normativa vigente, trattandosi di importi sottosoglia. La eventuale circostanza che le locali forze politiche abbiano individuato i singoli rappresentanti in giunta in epoca antecedente all’ultimo rinnovo del consiglio comunale non proverebbe alcuna influenza malavitosa. In definitiva, i provvedimenti impugnati si fonderebbero su ipotesi prive di riscontro concreto e perciò sarebbero illegittimi per macroscopica carenza di istruttoria e di motivazione e per mancanza assoluta dei presupposti di legge. 2. I ricorrenti hanno quindi domandato l’annullamento degli atti impugnati, avanzando anche richieste istruttorie. 3. Nel presente giudizio si sono costituiti per resistere all’epigrafato gravame la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Interno ed il Comune di Mileto, concludendo per la reiezione del ricorso siccome infondo nel merito. 4. Con ordinanza 4 luglio 2012, n. 6109 la Sezione ha ordinato all’amministrazione resistente di produrre in giudizio la relazione prefettizia e la relazione della Commissione di accesso intervenute nel procedimento de quo nonché ogni altro atto presupposto. Alla camera di consiglio del 26 settembre 2012 la domanda cautelare proposta dai ricorrenti unitamente al ricorso è stata rinviata al merito. 5. L’amministrazione onerata, nel provvedere al deposito in atti dei predetti documenti, ha rappresentato che gli stessi sono stati classificati “riservati” ai sensi del comma 9 dell’art. 143 del d.lgs. 267/2000. 6. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 23 gennaio 2013; nella discussione in camera di consiglio il Collegio si è riservato, rinviandone la decisione alla camera di consiglio del 15 aprile 2013. DIRITTO 1. L’odierna controversia ha ad oggetto la legittimità dello scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto per la durata di diciotto mesi e della nomina della Commissione straordinaria per la gestione del Comune, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, disposti con decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 2012. I ricorrenti, proclamati consiglieri comunali del Comune di Mileto a seguito delle elezioni svoltesi nel giugno 2009, con le dedotte censure espongono sia l’irregolarità dell’andamento del relativo procedimento sia l’insussistenza degli elementi concreti, univoci e rilevanti cui l’art. 143 TUEL, nel testo vigente, subordina l’esercizio della potestà di scioglimento dell’organo comunale. Resistono la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Interno e il Comune di Mileto. 4
  • 5. 2. Prima di passare all’esame delle singole censure sollevate dalla parte ricorrente, giova premettere che ai sensi del ripetuto art. 143 TUEL, comma 1, “…i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”. 3. Il Collegio ritiene altresì opportuno richiamare, in via preliminare, gli indirizzi di interpretazione ed applicazione della normativa in materia, come definiti dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa (Corte Costituzionale, sentenza 19 marzo 1993, n. 103; Cons. Stato, IV, 10 marzo 2011, n. 1547; id., 24 aprile 2009, n. 2615; 21 maggio 2007, n. 2583; Sez.VI, 10 marzo 2011, n. 1547; id., 17 gennaio 2011, n. 227; 15 marzo 2010, n. 1490): - lo scioglimento dell’organo elettivo si connota quale misura di carattere straordinario per fronteggiare un’emergenza straordinaria; • sono giustificati margini ampi nella potestà di apprezzamento dell’Amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo asse portante della valutazione di scioglimento, da un lato, la accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale; • rispetto alla pur riscontrata commissione di atti illegittimi da parte dell’amministrazione, è necessario un quid pluris, consistente in una condotta, attiva od omissiva, condizionata dalla criminalità anche in quanto subita, riscontrata dall’amministrazione competente con discrezionalità ampia, ma non disancorata da situazioni di fatto suffragate da obbiettive risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusione, così da rendere pregiudizievole per i legittimi interessi della comunità locale il permanere alla sua guida degli organi elettivi. In questo quadro, l’art. 143 del TUEL precisa le caratteristiche di obbiettività delle risultanze da identificare, richiedendo che esse siano concrete, e perciò fattuali, univoche, cioè non di ambivalente interpretazione, rilevanti, in quanto significative di forme di condizionamento. E, come la Sezione ha avuto modo di considerare (Tar Lazio, I, 1° febbraio 2012, n. 1119), nella disposizione in esame la volontà del legislatore di consentire 5
  • 6. un’indagine sulla ricostruzione della sussistenza di un rapporto tra gli amministratori e la criminalità organizzata sulla scorta di circostanze che presentino un grado di significatività e di concludenza di livello inferiore rispetto a quelle che legittimano l’azione penale o l’adozione di misure di sicurezza nei confronti degli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o analoghe, trova espressione nell’uso di una terminologia ampia ed indeterminata nell’individuazione dei presupposti per il ricorso alla misura straordinaria. Ciò in quanto l’intento del legislatore è quello di riferirsi anche a situazioni estranee all’area propria dell’intervento penalistico o preventivo, nell’evidente consapevolezza della scarsa percepibilità, in tempi brevi, delle varie concrete forme di connessione o di contiguità - e dunque di condizionamento - fra organizzazioni criminali e sfera pubblica, e della necessità di evitare con immediatezza che l’amministrazione dell’ente locale rimanga permeabile all’influenza della criminalità organizzata. Alla stregua dei richiamati presupposti normativi, trovano giustificazione gli ampi margini per l’apprezzamento degli effetti derivanti dal collegamento o dal condizionamento in termini di compromissione della libera determinazione degli organi elettivi, del buon andamento dell’amministrazione, del regolare funzionamento dei servizi, ovvero in termini di grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Ne consegue l’idoneità a costituire presupposto per lo scioglimento dell’organo comunale anche di situazioni che, di per sé, non rivelino direttamente, né lascino presumere, l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata (Cons. Stato, VI, 24 aprile 2009, n. 2615; id., 6 aprile 2005, n. 1573). 4. Quanto allo scrutinio rimesso alla presente sede, conseguenza dei profili sopra accennati è che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è esercitabile nei limiti della presenza di elementi che denotino, con sufficiente concludenza, la deviazione del procedimento dal suo fine di legge. In particolare, l’apprezzamento giudiziale delle acquisizioni in ordine a collusioni e condizionamenti non può essere effettuato estrapolando singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l’esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull’operato consiliare (Tar Lazio, I, cit.). Ciò in quanto, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio in questione, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e condizionamenti, vanno considerati nel loro insieme, poiché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per la misura di cui si tratta (Cons. Stato, IV, 6 aprile 2005, n. 1573; id., 4 febbraio 2003 n. 562; Sez. V, 22 marzo 1998, n. 319; id., 3 febbraio 2000, n. 585). 5. Tanto premesso, va considerato che nella fattispecie all’odierno esame la relazione prefettizia di cui all’art. 143 del d.lgs. 267/2000, si esprimeva nel 6
  • 7. senso della sussistenza delle condizioni previste dalla menzionata norma per procedere allo scioglimento dell’ente, avendo rilevato che “il quadro compiutamente delineato dall’organo ispettivo, sulla base degli accertamenti effettuati, è caratterizzato, da un lato, dall’accertata e notoria presenza nel contesto territoriale di cosche criminali e da un tessuto politico-amministrativo profondamente compromesso e, dall’altro, da una precarietà delle condizioni funzionali dell’Ente Territoriale che favoriscono la permeabilità degli organi amministrativi ai condizionamenti criminali”; e precisando che “assumono importanza decisiva, accanto ai collegamenti esistenti fra singoli amministratori ed esponenti della criminalità, che intensamente ricorrono e che sono documentati nel lavoro della Commissione d’accesso, anche i tratti di una sistematica operatività caratterizzata da diffuse irregolarità, anomalie e condizionamenti dell’andamento della sia pur limitata attività amministrativa dell’Ente locale”. 6. Può dunque passarsi all’esame delle specifiche censure spiegate con l’azione impugnatoria all’esame. 7. Prive di fondamento risultano le doglianze svolte con il primo mezzo. I ricorrenti lamentano che gli atti gravati non sarebbero stati preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241, né rinvengono le ragioni di urgenza che renderebbero legittima l’omissione della comunicazione. Entrambi i rilievi non sono conducenti. La Sezione ha da lungo tempo, ed anche di recente (Tar Lazio, Roma, I, da 26 gennaio 1995, n. 68 a 1° febbraio 2012, n. 1119), avuto modo di escludere che la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento e la conseguente mancata partecipazione allo stesso inficino il provvedimento di scioglimento ex art. 143, d. lgs. 267/2000. La stessa natura dell’atto di scioglimento dà ragione dell’esistenza, oltre che della gravità, dell’urgenza del provvedere, cui non può non correlarsi l’affievolimento dell’esigenza di salvaguardare in capo ai destinatari, nell’avvio dell’iter del procedimento di scioglimento, le garanzie partecipative e del contraddittorio assicurate dalla comunicazione di avvio del procedimento. Sul punto la Corte Costituzionale, nella richiamata sentenza n. 103/1993, ha sostenuto che la mancanza della previsione della preventiva contestazione degli addebiti (e della possibilità, di conseguenza, di dedurre in ordine ad essi nel corso del procedimento) nel procedimento amministrativo relativo alle ipotesi di scioglimento, “appare giustificata dalla loro peculiarità, essendo quelle misure caratterizzate dal fatto di costituire la reazione dell’ordinamento alle ipotesi di attentato all’ordine ed alla sicurezza pubblica. Una evenienza dunque che esige interventi rapidi e decisi, il che esclude che possa ravvisarsi l’asserito contrasto con l’art. 97 della Costituzione, dato che la disciplina del procedimento amministrativo é rimessa alla discrezionalità del legislatore nei limiti della ragionevolezza e del rispetto degli altri principi costituzionali, fra i quali, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 23 del 1978; ord. n.503 del 1987), non é compreso quello del “giusto procedimento” amministrativo, dato che la tutela delle situazioni soggettive é comunque assicurata in sede giurisdizionale dagli artt. 24 e 113 della Costituzione.” In adesione al suesposto orientamento del 7
  • 8. Giudice delle leggi, il Giudice amministrativo ha ritenuto che gli atti adottati ai sensi dell’art. 143 d. lgs. 267/2000 ed in genere tutta l’attività svolta dalla P A ai sensi della normativa antimafia sia sottratta al diritto di comunicazione preventiva di avvio del procedimento per evidenti ragioni di ordine e sicurezza pubblica sottesa all’attività (Cons. Stato, IV, 22 giugno 2004 n. 4467). L’affievolimento delle garanzie partecipative e del contraddittorio nel procedimento è pienamente giustificato, secondo il supremo organo della giustizia amministrativa, dal fatto che si tratta di misura che esige interventi rapidi e decisi (Cons. Stato, V, 20 ottobre 2005, n. 5878); e, come da ultimo ribadito sempre in merito ai provvedimenti ex art. 143 TUEL, le esigenze di celerità del provvedere – in presenza della necessità di pronta tutela degli interessi di rilievo pubblico inerenti alla sicurezza ed all’ordine pubblico a mezzo di provvedimento preventivo e cautelare - consentono di omettere l’avviso partecipativo secondo quanto previsto dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990” (Cons. Stato, III, 9 luglio 2012, n. 3998; CGA, 21 novembre 2011, n. 866) 8. Neppure le censure svolte con il secondo motivo di ricorso si appalesano meritevoli nel loro complesso di favorevole considerazione. 8.1 In primo luogo, va disattesa la prospettazione di parte ricorrente sulla presunta illogicità del provvedimento impugnato per aver sovrapposto due situazioni basate su presupposti antitetici, e cioè la collusione degli amministratori con la criminalità organizzata ed il condizionamento degli stessi, nonostante l’art. 143 TUEL preveda tra i necessari presupposti dello scioglimento due situazioni che si porrebbero in rapporto di alternatività. Osserva in proposito il Collegio che la richiamata disposizione, nel porre in rapporto di alternatività le due fattispecie (collusione e condizionamento) non ha inteso attribuire alle medesime un carattere antitetico e confliggente, ma ha ritenuto sufficiente la sussistenza anche di una sola delle situazioni di collusione o condizionamento per il legittimo esercizio del potere di scioglimento. Nel caso di specie, l’attività di indagine espletata ha riscontrato la sussistenza sia di forme di collusione sia di forme di condizionamento, situazioni dunque non antitetiche, ma ben compatibili che, laddove coesistono, non solo legittimano ma rendono ancor più necessario il ricorso alle misure in esame, in quanto ripristinatorie delle condizioni di legalità. Difatti la relazione del Ministro dell’Interno, quanto al profilo della collusione, richiamate le risultanze dei lavori svolti dalla commissione d’indagine, rappresenta come “componenti della giunta e del consiglio, in particolare il vice sindaco ed il presidente del consiglio e dipendenti del comune di Mileto, alcuni dei quali gravati da precedenti penali e di polizia di particolare rilievo, abbiano forti legami ed assidue frequentazioni con esponenti delle locali consorterie, taluni peraltro di elevato spessore criminale. Tali rapporti consolidatisi nel tempo hanno reso possibile una gestione dell’ente permeabile agli interessi della criminalità organizzata nonostante l’azione di 8
  • 9. moralizzazione portata avanti dal primo cittadino, volta all’affermazione dei principi di legalità all’interno del civico consesso”; ed evidenzia altresì che “all’azione intrapresa dal sindaco non hanno fatto seguito concrete iniziative per contrastare un ambiente caratterizzato da contiguità e cointeressi tra politica e criminalità organizzata”. Ancora, la relazione ministeriale evidenzia che “logiche clientelari ed interessi economici legati ad ambienti criminali avrebbero contraddistinto anche la fase antecedente le consultazioni elettorali atteso che, come anche emerso nel corso delle audizioni svolte dalla commissione d’indagine, l’individuazione dei componenti dell’organo esecutivo sarebbe avvenuta ancor prima della presentazione delle candidature e non sarebbe invece stata decisa successivamente alla proclamazione del sindaco eletto. Questi, conseguentemente, non avrebbe esercitato il potere di scelta dei componenti della giunta, prerogativa che, sulla base dei principi ispiratori della vigente normativa, è riservata all’organo di vertice”. Quanto al secondo profilo, la relazione del Ministro richiama le vicende analiticamente esaminate e dettagliate nella relazione prefettizia, le quali “denotano una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Mileto che, disattendendo ogni principio di buon andamento, imparzialità e trasparenza, hanno compromesso il regolare funzionamento dei servizi con grave pregiudizio degli interessi pubblici”. 7.2 A supporto di tale ultima considerazione, nella ripetuta relazione ministeriale vengono messe in rilievo alcune vicende sintomatiche dell’incapacità dell’amministrazione locale di far fronte alle ingerenze della criminalità organizzata. E così, nel settore degli appalti pubblici, nel periodo in esame, “il responsabile dell’ area tecnica ha proceduto a numerosi affidamenti diretti di lavori senza esperire le relative procedure negoziate o indagini comparative che le fonti normative di riferimento richiedono. L’esame dei diversi affidamenti posti in essere ha, peraltro, evidenziato l’assenza di motivi di indifferibilità o urgenza che avrebbero giustificato il ricorso a tali procedure. Ulteriori, rilevanti elementi della sussistenza di condizionamenti dell’attività amministrativa sono testimoniati dalla circostanza che gran parte dei suddetti affidamenti si sono risolti in favore di due società i cui titolari hanno tra loro un rapporto di parentela; il titolare di una delle suddette aziende, contiguo ad una locale cosca, ha inoltre rapporti di affinità con un assessore comunale”. Nel delineato quadro di anomalie, si inserisce anche “la complessiva procedura concernente il servizio di forniture agli alunni della scuola materna, affidato per l’anno scolastico 2009/2010 e nuovamente conferito alla stessa ditta per l’anno successivo. La gara è stata caratterizzata da una serie di irregolarità, concernenti anche le norme di pubblicità che hanno ristretto l’ambito di conoscenza da parte degli operatori di settore, con la conseguenza che è stata presentata un’unica offerta, formulata dalla stessa ditta che risulterà poi affidataria del servizio. Anche per la procedura d’appalto relativa all’anno scolastico 2011/2012 è stata presentata una sola offerta, parimenti formulata 9
  • 10. dalla suddetta società; la procedura non si è, però, conclusa con l’aggiudicazione definitiva, essendo stata emessa dalla competente prefettura, nelle more della stipula del contratto, un’informazione atipica ai sensi della normativa antimafia nei confronti dell’ azienda in questione. Anche la ditta alla quale è stato affidato il servizio di pulizia dei locali occupati dagli uffici giudiziari comunali è stata destinataria, nello scorso mese di novembre, di un’informazione interdittiva antimafia.” Anche dall’ analisi della vicenda concernente la progettata costruzione di un impianto di smaltimento dei rifiuti solidi è emerso il fondato sospetto che sulla realizzazione di tale sito si siano concentrati gli interessi della criminalità organizzata, come dimostrerebbe, ad avviso dell’organo ispettivo, la totale assenza di reazioni da parte della comunità residente nella frazione interessata dall’installazione dell’ impianto. Ancora, nella redazione del piano strutturale comunale alcuni componenti dell’amministrazione comunale avrebbero tessuto un accordo, all’insaputa del sindaco, per far rientrare nel nuovo piano diversi appezzamenti di terreno, la cui proprietà è riconducibile in parte a locali famiglie malavitose e in parte agli stessi amministratori locali. La relazione del Ministro prosegue rilevando come la relazione prefettizia abbia altresì posto in evidenza la generale condizione di disordine amministrativo e di totale carenza dell’attività di impulso nel settore economico-tributario, come pure la mancata attività di vigilanza sul servizio di gestione, potenziamento ed estensione dell’acquedotto comunale, affidato nel 1991 tramite licitazione privata ad una società recentemente raggiunta da informazione antimafia atipica. 8.3 Se ne ricava che, nel caso in esame, l’influenza della criminalità organizzata sugli organi elettivi del Comune è stata rappresentata, sia pure sinteticamente e con numerosi omissis e per relationem negli allegati al decreto presidenziale di scioglimento, nei quali è stata indicata una serie di vicende che dimostrano in modo oggettivo l’esistenza di un condizionamento di tipo ambientale derivante dalla diffusa ed accertata presenza di pericolose cosche mafiose in grado di compromettere la libera determinazione degli organi elettivi, con grave pregiudizio alla capacità di gestione e di funzionamento dell’ente comunale, determinando di conseguenza una condizione di assoggettamento alle scelte delle locali organizzazioni criminali; mentre le reali vicende sintomatiche dell’infiltrazione e del condizionamento mafioso nel Comune di Mileto sono state integralmente descritte nelle risultanze della Commissione di accesso; di tal che è destituita di fondamento pure l’ulteriore censura sul difetto di motivazione del provvedimento impugnato. 8.4 Quanto alla lamentata carenza di istruttoria, si osserva in contrario che la nomina della Commissione di accesso e la necessità di prorogare i poteri della stessa denotano l’attenzione prestata nella disamina del contesto ambientale e dell’attività posta in essere dalla disciolta amministrazione. 10
  • 11. L’istruttoria è stata effettuata, infatti, attraverso l’attività svolta dagli organi di polizia e dalla suddetta Commissione, che hanno raccolto circostanze, confluite nella reazione prefettizia ed in quella ministeriale, sintomatiche del condizionamento degli amministratori, ritenuti idonei a suffragare la proposta di cui all’art. 143 TUEL, in quanto sono emersi elementi rilevanti, univoci e significativi, in grado di costituire i presupposti di fatto e di diritto del provvedimento di scioglimento. 9. Vanno disattese, infine, anche le censure svolte con l’ultimo motivo di ricorso che lamenta il travisamento dei fatti, l’erroneità della loro valutazione ed il difetto dei presupposti necessari per l’adozione dei contestati provvedimenti. Si osserva al riguardo che gli atti preordinati all’adozione del provvedimento impugnato (relazione del Prefetto di Caserta sulla base delle conclusioni rassegnate dalla Commissione di accesso), al contrario, mostrano come la determinazione di scioglimento dell’organo consiliare abbia tratto fondamento da un pluralità di elementi che, nel loro complesso, rendono significative ed univoche le situazioni di ingerenza e condizionamento del buon governo dell’ente locale, come richiesto dall’art. 143 TUEL per l’adozione della contestata misura di rigore. Nello specifico, tali elementi consistono in: frequentazioni tra alcuni amministratori locali e dipendenti con ambienti malavitosi; individuazione dei componenti dell’organo esecutivo nella fase antecedente le consultazioni elettorali; reiterate illegittimità nelle procedure poste in essere dall’ente. In relazione ai riferiti accertamenti, la relazione prefettizia ha dato atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando pertanto i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale. Correttamente tali fatti - storicamente verificatisi ed accertati e quindi concreti - sono stati ritenuti espressivi di situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente, che la ripetuta norma del TUEL intende prevenire, dimostrandosi quindi rilevanti, poiché gli effetti prodotti dai collegamenti sopra evidenziati nella gestione dell’ente hanno prodotto l’effetto di un’azione amministrativa inadeguata a garantire gli interessi della collettività. La coerenza d’insieme degli indizi raccolti relativamente ai vari settori dell’amministrazione comunale (come le frequentazioni di taluni amministratori, oltre ad alcuni dipendenti del Comune, alcuni dei quali gravati da precedenti penali e di polizia di particolare rilievo, con esponenti delle locali consorterie, anche di elevato spessore criminale) sostanzia poi il requisito dell’univocità. Nella considerazione dei riportati elementi fattuali si deve, poi, considerare come la qualificazione della concretezza, univocità e rilevanza dei fatti accertati “va[da] riferita non atomisticamente e partitamente ad ogni singolo elemento, accadimento, circostanza cui l’istruttoria compiuta dalla Commissione di accesso ha ricondotto la sussistenza dei presupposti di cui dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 11
  • 12. del 2000 e successive modificazioni, ma ad una valutazione complessiva del coacervo di elementi acquisiti” (Cons.Stato, III, 9 luglio 2012, n. 3998). Di conseguenza, gli elementi a tal fine rilevanti non debbono essere analizzati separatamente, come operato dagli odierni ricorrenti, ma valutati complessivamente e contestualmente, ossia come quadro indiziario sintomatico di un atteggiamento complessivo dell’amministrazione dell’ente locale che, per effetto di possibili contatti dall’esterno, non sia teso alla esclusiva cura degli interessi pubblici di cui lo stesso è attributario (Cons. Stato, IV, 15 giugno 2004 n. 4467). Il Collegio può dunque concludere che gli elementi raccolti ed i riscontri effettuati sono idonei a suffragare la proposta di cui all’art. 143 del d.lgs.n.267/2000, tenuto altresì conto del “differente grado di sufficienza del valore indiziario dei dati nel procedimento di cui qui si tratta rispetto a quello richiesto in sede penale”, come avallato da costante giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2011, n. 227). Sotto questo profilo, appaiono idonee anche quelle situazioni che non rivelino, né lascino presumere l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, giacché, in tal caso, sussisterebbero i presupposti per l’avvio dell’azione penale o, almeno, per l’applicazione delle misure di prevenzione a carico degli amministratori, mentre la scelta del legislatore è stata nel senso di non subordinare lo scioglimento del consiglio comunale né a tali circostanze, né al compimento di specifiche illegittimità (Cons. Stato,VI, 13 maggio 2010, n. 2957), non essendo necessario che la volontà dei singoli amministratori sia coartata con la violenza, giacché il condizionamento, idoneo a determinare lo scioglimento dell’organo consiliare, può essere anche frutto di spontanea adesione culturale o di timore o di esigenza di quieto vivere, risultando, in tutti tali casi, l’attività amministrativa deviata dai suoi canoni costitutivi per essere rivolta a soddisfare interessi propri della criminalità organizzata (Cons. Stato, VI, 5 ottobre 2006, n. 5948; Tar Campania - Salerno, I, 30 novembre 2010, n.12788 ). 10. Stanti le esposte considerazioni, e rilevata, alla luce delle esaminate censure, la congruenza e la significatività degli elementi posti a base degli atti gravati, alla luce del modello legale di cui all’art. 143 del d.lgs. 267/2000, il ricorso deve essere respinto. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede: rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della parte resistente, che liquida in complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 23 gennaio 2013 e 15 aprile 2013, con l’intervento dei magistrati: Calogero Piscitello, Presidente 12
  • 13. Angelo Gabbricci, Consigliere Rosa Perna, Consigliere, Estensore DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/05/2013 http://www.autonomiecalabria.it/lac/wp-content/uploads/2012/05/comune-dimileto-TAR.pdf 13