1. Bellezza, arte e geometria sacra
“Da dove viene la bellezza che
risplende sulla faccia della Terra e da
dove la sua assenza?”
Titus Burckhardt
2. Cos’è la bellezza?
• Perché certe cose
(non solo opere
d'arte, ma anche
pietre, piante,
animali, forme
geometriche...) sono
giudicate più belle di
altre?
3. • ... la bellezza non è un bisogno, ma un’estasi. Non è una bocca
assetata, né una mano vuota protesa, ma piuttosto un cuore
bruciante e un’anima incantata.
Non è un’immagine che vorreste vedere né un canto che vorreste
udire, ma piuttosto un’immagine che vedete con gli occhi chiusi, e
un canto che udite con le orecchie serrate. Non è la linfa nel solco
della corteccia, né l’ala congiunta all’artiglio, ma piuttosto un
giardino perennemente in fiore e uno stormo d’angeli eternamente
in volo.
... la bellezza è la Vita, quando la Vita disvela il suo volto sacro.
Ma voi siete la Vita e siete il velo.
La bellezza è l’eternità che si contempla in uno specchio. Ma voi
siete l’Eternità e siete lo specchio.
KAHLIL GIBRAN
Sulla Bellezza
4. La teoria dei numeri
• C’e’ un numero che, se e' contenuto in
un’ immagine (ma pure nella musica)
secondo alcuni la rende preferibile alle
immagini in cui manca tale numero.
E’ il Phi (1.61803) e nasce da un
rapporto particolare (1+ radice di 5/2)
• E’ la SEZIONE AUREA.
5. Bello e arte per i greci
• Per i Greci l’arte aveva a che fare con
l’intelletto e non con la sensibilità.
• L’estetica antica inserisce l’arte fra le
competenze tecniche ed artigianali, i cui
prodotti sono destinati ad una fruizione
prevalentemente pubblica entro spazi
istituzionali come feste e riti religiosi.
6. Kalón
• La parola kalón, “bello”, aveva un significato
più ampio: comprendeva non solo ciò che
risultava gradito all’occhio e all’orecchio, ma
anche qualità del carattere e della mente
umana.
• Gli antichi mantengono separate la sfera del
bello e la sfera dell’arte e conferiscono alla
bellezza un fondamento ontologico, per
ricercarne conseguentemente le
manifestazioni nella natura e, in particolare,
nel corpo dell’uomo, il più nobile e alto fra gli
esseri naturali.
7. • L’uomo è in grado di
esprimere la sua
bellezza, oltre che nella
proporzione delle forme
fisiche, anche nella
dignità dei
comportamenti
pratici:da qui deriva il
forte legame fra bello e
buono, che nella Grecia
classica trova la sua
espressione suprema
nell’ideale della
kalokagathía.
8. La ricerca delle proporzioni
• Per Platone la bellezza doveva essere
atemporale, perfetta e per questo era parte
costitutiva delle Idee: l’origine di tutte le cose.
Però anche la bellezza platonica aveva delle
limitazioni: “Nulla è bello senza proporzione”.
• Nessuna manifestazione appartenente alla
Grecia Antica mancava di proporzione, tutto
era sviluppato per mostrare un ideale di
bellezza che imperò per molti altri secoli in
Europa, un canone di simmetria ed estensione,
di ordine e limite.
9. Armonia pitagorica
• La teoria che la bellezza di un insieme
consiste nella proporzione tra le parti
che lo compongono ha la sua prima
formulazione con i pitagorici per i quali
a fondamento della realtà c’è il numero.
Secondo Filolao, allievo di Pitagora,
l'armonia può essere definita come
«l'unificazione del diverso» e ciò che
«rende concorde il discorde» (concezione
dialettica della bellezza).
10. • Bellezza è:
• 1. l’armonia, rilevabile nell’equilibrio
cosmico;
• 2. la simmetria, cioè misura appropriata;
• 3. l’euritmia, cioè ritmo esatto e dalle
corrette proporzioni.
• Tutto ciò è riassumibile nel concetto
di kósmos, che si riferisce alla bellezza di un
oggetto dovuta alla perfezione della sua
struttura in ragione della proporzione della
sue parti.
11. Kósmos e mimesis
• Fin dall’età arcaica l’opera d’arte è concepita
come un insieme composito di elementi che
rappresentano la riproduzione di un ordine
esterno e che generano piacere e ammirazione.
• Aristotele: l’ uomo si caratterizza per un
impulso a riprodurre in termini di kósmos
• Tale impulso riproduttivo viene da lui definito
come mímesis.
12. L’ arte per la Philosophia
Perennis
• L’arte è mimesis ovvero imitazione
della realtà in senso lato (non solamente ciò
che appare ma anche ciò che pur «essendo»
non appare, il possibile).
• La mimesis artistica è idealizzazione, non
imitazione di cose e di fatti concreti, ma di
universali, non ha il significato di copia e non
ricerca l’uguaglianza o la somiglianza con la
cosa imitata, è piuttosto imitazione della sua
forma immateriale e ideale.
13. • Teoria platonica: la realtà del mondo è
già essa stessa mimesis umbratile della
vera essenza quindi l’arte non è altro
che «imitazione di un’imitazione», ovvero
«tre gradi lontana dal vero»; compito
dell’artista è annullare questi gradi che
creano distanza e far sì che la sua arte
sia mimesis non delle cose ma delle idee
che formano le cose.
14. • Un arte che riproduce delle «idee eterne» e dei
simboli che sono intellettualmente primordiali
è un’arte che non può appartenere ad una
corrente, ad uno stile; (...) un ritorno a dei
principi primi che non dipendono da nessuna
epoca in quanto essendo espressione di
universali sono essenzialmente atemporali(...)
Quest’arte non può dirsi neppure Orientale
oppure Occidentale, categorie che, seppur vere e
definite, appartengono già al tempo, al limite
quest’arte può appellarsi ad entrambe.
(Ananda Coomaraswamy)
15. • “Se l’arte ha potuto esser detta linguaggio
universale non è perché le facoltà di sensazione di tutti
gli uomini permettono loro di riconoscere quel che
vedono (…) ma a causa del simbolismo adeguato
mediante il quale il suo significato si esprime”,
simbolismo che in ultima analisi risale “fino alla
«Tradizione universale e unanime» della quale
sant’Agostino ha parlato come di «una Saggezza che
non è stata ‘fatta’, ma che è ora quella che sempre è
stata e che sempre sarà»” . (Ananda Coomaraswamy)
16. Arte e Contemplazione
• Il lavoro dell’artista deve, innanzi tutto,
servirsi della «contemplazione»; di fronte
a lui non ha il modello ma un’immagine
mentale che corrisponde al risultato
della sua «contemplazione» ormai privo
di «particolari sensibili» ma arricchito di
«prototipi intellettuali».
17. • Il lavoro dell’ artista non dipende dalla sua
individualità ma dalla «contemplazione» di
una realtà che la supera; attualmente invece
vengono considerate opera d’arte il frutto
esclusivo della propria individualità caricata
di un fardello sentimentale e psichico.
• L’arte non ha bisogno di «geni» perché gli
artisti non devono esprimere se stessi ma delle
«idee eterne» dei prototipi che non gli
appartengono in quanto individui.
18. Realtà geometrica
• La Philosophia perennis riconosce la
struttura geometrica interna della
natura.
• Proclo, l'interprete degli insegnamenti di
Platone e dei Pitagorici, scrive che le
scienze sacre nacquero dal
riconoscimento della corrispondenza tra
cose naturali e divine.
19. • S. Agostino, influenzato da Platone e dai
Neoplatonici, afferma che la funzione
della geometria nell’arte e nella musica,
giace nei suoi aspetti analogici, ovvero in
ciò che ha l’abilità di condurre la mente
dal mondo delle apparenze alla
contemplazione dell’ordine divino velato.
La vera bellezza,dice , è ancorata nella
realtà spirituale (non-fisica).
20. • Quando le forme fisiche sono create,
nella pittura, nell’architettura o nella
musica, secondo una corrispondenza ai
principi divini, il risultato è la bellezza.
Questa idea, assieme alle leggi della
geometria, divenne il tema centrale e
l’impulso motivante che fu dietro al
grande Rinascimento in Europa.
21. Le cattedrali
• Le grandi cattedrali furono erette su
questi principi. Gli artisti creavano echi
acustici e visivi di perfezione metafisica,
seguendo la scienza del numero e della
proporzione armonica.
• L’idea era quella di produrre il “simbolo
del regno di Dio sulla terra”.
• Di fatto il tempio era, secondo la
tradizione, il luogo dove "è" la
"Presenza" della divinità, la casa di Dio.
22.
23. • "Per i popoli sedentari, l'arte sacra per
eccellenza è la costruzione di un santuario,
dove lo Spirito divino, abiterà. In tal luogo
l’uomo si sottrae allo spazio e al tempo, giacché
qui e ora Dio è presente nell’uomo. Questo fatto
si esprime nella forma del tempio: indicando i
punti cardinali, la forma ordina per così dire
lo spazio in rapporto al suo centro. Essa è la
sintesi del mondo: tutto ciò che nell’universo è
in incessante movimento, l’architettura sacra
lo traspone in forma permanente”. (Titus
Burckhardt)
24. Sintesi di spazio e tempo
• La rappresentazione simbolica dello
spazio, la dimensione terrena, è
rapportata al quadrato (o rettangolo);
sul piano tridimensionale alla "terra"
sono rapportati i solidi che si sviluppano
dalle suddette forme geometriche, cioè
cubo e parallelepipedo
25. • La dimensione celeste – intesa come
volta celeste o come insieme delle sfere
celesti che ruotano attorno alla terra – è
connessa alla figura del cerchio e, sul
piano tridimensionale, alla sfera, alla
cupola o alle parti concave in generale
(es: abside).
26. • Il simbolismo cosmico della chiesa era
anche realizzato, sul piano costruttivo,
seguendo criteri precisi per le
proporzioni delle varie parti dell’edificio.
• Le proporzioni di una chiesa erano date
dalla divisione di un cerchio per cinque
oppure per dieci secondo il metodo
pitagorico, che i costruttori cristiani
avevano ereditato dai collegia fabrorum.
27. Arte religiosa e arte sacra
• La prima
rappresenta soggetti
che appartengono
alla storia della
religione, la seconda,
al contrario, può
raffigurare ogni cosa
perché non è il
soggetto ma è il modo
e il metodo che la
rende «sacra».
28. Arte Cristiana e Arte
Orientale
• L’artista costruisce qualcosa di utile, che
si usa. Nella filosofia che stiamo
esaminando, solo la vita contemplativa e
la vita attiva sono riconosciute umane.
La vita dedita al solo piacere è
subumana. L’artigianato, la pratica di
un’arte, non è solo la produzione di cose
utili ma l’educazione dell’uomo nel senso
più alto.
29. • Nella visione tradizionale dell’arte,
cristiana e orientale, non esiste la
distinzione tra un’arte bella e senza
scopo e l’opera utile. Non c’è distinzione
di principio tra un musicista e un
falegname, ma solo tra cose ben fatte
contro ciò che non lo è.
30. Ars sine scientia nihil
• Come per gli umanisti e gli individualisti, noi
riteniamo che l’arte sia espressione personale
e sentimentale, che sia questione di preferenze
e libera scelta, completamente separata dalle
scienze matematiche e dalla cosmologia.
• Gli artisti medievali, invece, non erano “liberi”
di ignorare la verità. Per essi, Ars sine scientia
nihil.
31. • Gli “invisibili attributi di Dio” (cioè le idee o
l’ordine eterno delle cose) devono essere
conosciute nelle “cose fatte” per l’uomo, non
solo quelle create da Dio, ma quelle create
dall’uomo per sé stesso.
• L’ architetto indiano, si diceva, visitava il
paradiso per prendere nota delle forme che là
dominavano l’architettura e imitarle quaggiù.
Tutte le architetture tradizionali, infatti,
seguono uno schema cosmologico.
32. • Non è con l’osservazione delle cose
esistenti, come disse Agostino, ma delle
loro idee, che conosciamo come dovranno
essere le cose che ci accingiamo a creare.
Colui che non vede vivide e chiare altre
cose che quelle che l’occhio mortale può
vedere, non vede in modo creativo.
33. L’ anonimato
• La lavorazione è un rito, in cui il celebrante
non cercherà mai di esprimere se stesso.
• L’opera d’arte tradizionale, cristiana, orientale
o popolare, raramente è firmata: l’artista è
solitamente anonimo o, se il suo nome è stato
tramandato, conosciamo poco o nulla di lui.
• Ciò appartiene a una cultura dominata
dall’anelito a liberarsi di sé stessi.
34. • E’ forse possibile per i cristiani considerare alcuna
opera “propria” quando lo stesso Cristo ha detto “non
agisco per me stesso”, o per un Hindu, se Krishna ha
detto: “Il Conoscitore non può possedere il concetto di
‘io sono l’agente’”, o per i buddisti, ai quali è stato
insegnato che dire “l’ho fatto io è il pensiero di un
uomo non adulto”?
• E’ in queste condizioni che fiorisce un’arte davvero
vivente, diversa da quella che Platone definisce l’arte
della lusinga; e quando invece l’artista sfrutta la
propria personalità e diventa esibizionista, l’arte
incontra un inevitabile declino.
• (Ananda Coomaraswamy)
36. • Il principale promotore in Occidente dell’arte
islamica quale categoria specifica di arte fu
Titus Burckhardt (Ibrāhīm ‘Izz al-Dīn).
37. • Tutta l’arte prodotta nel mondo islamico
– dalla nascita dell’Islam fino a circa 150
anni fa, con l’inizio della colonizzazione
occidentale – era arte islamica.
• Durante il Medio Evo, la situazione in
Occidente era molto simile: si poteva
distinguere l’arte spagnola dall’arte
francese o inglese, ma tutte erano frutto
della civiltà cristiana.
38. Le forme dell’ arte
• L’arte islamica possiede i propri principi. Il
tipo di arte sviluppato in ogni civiltà dipende
dalla struttura della religione che crea questa
civiltà.
• Nell’Islam (come nel lontano Oriente) l’arte
della calligrafia è fondamentale, mentre non si
è mai sviluppata la scultura, a causa di certe
prescrizioni religiose. Quanto alla pittura, i
musulmani la praticarono in un modo molto
differente da quella occidentale.
39. Quesiti di fondo
• Perché il vuoto rappresenta una delle principali
caratteristiche delle moschee?
• Perché il vuoto equivale alla plenitudine
nell’architettura islamica?
• Perché il suolo è più importante nella civiltà islamica
che in qualsiasi altra civiltà, ad eccezione di quella
giapponese?
• Perché i musulmani hanno sviluppato l’arte del
tappeto?
• Perché è cosi importante la terra?
• Perché, in definitiva, la fronte del Profeta
toccava il suolo quando si inchinava davanti al
Trono Divino. Le preghiere quotidiane vengono
realizzate sul pavimento; per questo la terra è
sacra.
40. • I principi che dominano l’arte islamica e la filosofia
della bellezza che la governa, proviene direttamente
dal Corano e dagli hadith.
• Non esiste nessun libro islamico sulla filosofia della
bellezza o la modalità di produrre opere. Nessuno sa
come vennero costruiti il Taj Mahal o le moschee di
Badshahi e Isfahan, poiché si tratta di una tradizione
trasmessa per via orale di generazione in generazione
attraverso confraternite di artigiani e artisti,
fratellanze connesse infine con la ṭarīqah o via
esoterica.
41. Il principio del tawhid
• Il primo e più importante è il tawhid, la dottrina
dell’unità. Ogni arte islamica autentica deve riflettere
l’Unità Divina.
• Vi è un centro. Un centro il quale si esprime
nell’architettura, nella calligrafia, nelle miniature e
nella tessitura dei tappeti e che è un riflesso
del tawhid.
• Esclusione di ogni forma di idolatria.
• Ad ogni modo il tawhid agisce nell’arte islamica
attraverso vari livelli; integrazione; assenza di
tensione tra le forme e elementi artistici; stato di
concentrazione mentale; mancanza di dispersione da
parte del testimone dell’opera d’arte, ecc.
42. Allah è bello e ama la bellezza
• C’è un famoso detto che
recita: “In tutte le cose
esiste un segno che
rende testimonianza
della Sua Unità”. Aljamāl (la bellezza) è una
condizione
assolutamente
essenziale per la
creazione di qualsiasi
forma artistica che sia
islamica.
43. Il principio del jamāl
• Il secondo principio è, dunque, quello
del jamāl, la bellezza. Un hadith
definisce l’arte islamica nell’insieme
della civiltà islamica: “Allāhu jamīlun
iuḥibu ‘l-jamāl”
• La bellezza è reale, e la bruttezza
irreale. Vivere nella bruttezza è vivere
nell’illusione, nell’irrealtà. La bellezza si
oppone a gran parte dell’arte moderna,
la quale mostra la bruttezza e il male.
44. Il vuoto
• "Ero un tesoro
nascosto ed amavo
essere conosciuto,
così ho creato il
mondo affinché
potessi essere
conosciuto"hadith qudsi.
45. La moschea
• Ciò che caratterizza la moschea è il vuoto, la
mancanza di qualsiasi punto che possa esser preso
come centro della presenza divina. Ogni elemento
segnala in sé stesso la presenza divina, senza
necessità di un oggetto, di una pietra, di una pittura o
di un’immagine che rappresenti direttamente questa
presenza.
• L’ insistenza sull’Uno (al-Ahad) è il segreto della
ricchezza dei disegni dei matematici nell’arte islamica
e l’origine dell’incredibile sviluppo della geometria e
degli arabeschi; quindi, dalla prospettiva islamica, la
forma geometrica è una rappresentazione del mondo
celeste.
46. • La filosofia islamica assimila l’idea pitagorica
delle scienze matematiche. La geometria e le
scienze matematiche rappresentano il mondo
intellegibile, gli archetipi attraverso i quali
Dio creò il mondo fisico.
• I disegni geometrici e i modelli matematici non
hanno fini meramente decorativi, ma sono un
mezzo per ricordare Dio, il centro che è sempre
presente e che è una prova o una
dimostrazione del famoso versetto
coranico: “Ovunque vi voltate, lì è il Volto
di Dio” (2: 115).
47. • Il “realismo” nell’arte islamica e’ inteso
nel suo senso filosofico più tradizionale:
“rimanere fedele alla natura della
realtà”. La pittura islamica cerca di
evitare di ingannare sé stessa e il suo
pubblico, ovvero far apparire qualcosa
ciò che non è, eludendo l’uso delle tre
dimensioni.
48. • Le tre grandi tradizioni
miniaturistiche del
mondo islamico – quella
mongola, quella
persiana e quella turca –
hanno sempre utilizzato
le due dimensioni, e
appena comparirono in
India le
rappresentazioni
tridimensionali
attraverso i pittori
olandesi, si produsse la
decadenza della grande
tradizione
miniaturistica mongola.
49. L’irrilevanza del mondo
• Questo principio si basa sul versetto coranico più
importante e la prima shahādah (dichiarazione di
fede): lā ilāh illa Allāh (non vi è altra divinità al di
fuori di Dio). Questa dichiarazione di fede può essere
compresa ad ogni livello, dall’interpretazione più
antropomorfica e popolare fino ad una comprensione
più profonda e metafisica la quale afferma che non vi
è realtà ad eccezione di Allah.
• Artisticamente lā ilāh illa Allāh significa svuotare
tutte le cose al di fuori di Dio della loro realtà relativa
e ricondurre ogni realtà a Dio.
• E’ per questo che tale vuoto è pienezza per l’anima del
musulmano.
50. • Il vuoto genera faqr, povertà, nel senso
spirituale della parola. Anche gli edifici
più suntuosi del periodo safavide o
mongolo, che sembrano essere così
esuberanti – alcuni di essi con disegni
d’oro, ecc. – non possiedono un lusso
completamente mondano. La geometria,
l’arabesco, i principi di intelligibilità e
l’assenza del naturalismo controllano
sempre questa esuberanza e lusso.
51. Contro l’individualismo
• L’arte islamica è sempre stata nonindividuale.
• I principi trascendono gli individui.
• L’arte nel mondo islamico era anche una via di
realizzazione spirituale. Molte delle persone
che praticano la calligrafia, l’architettura, ecc.,
hanno aderito anche ad una disciplina
spirituale. Si tratta di un’unione tra gilde
artistiche e ordini sufi, nel mondo islamico,
che ancora sopravvive.
52. • Nell’Islam
l’originalità ha
sempre significato
ritornare all’origine,
non proiettare il
proprio ego. Questa è
anche la ragione per
la quale non esiste
nessuna divisione tra
arte secolare e arte
religiosa nell’Islam.
53. La gerarchia delle arti
• Cristianesimo: la pittura religiosa occupa un posto
elevato.
• Induismo: sono molto importanti le statue delle
divinità.
• Islam: le arti più elevate sono relazionate con la
Parola di Dio, la più alta forma di arte è quella della
recitazione del Corano, salmodiare il Corano.
• Vi sono due arti visive che sono particolarmente
relazionate con l’arte coranica. La prima è la
calligrafia, la seconda è l’architettura, la creazione di
luoghi nei quali risuona la Parola di Dio.
54. Gli autori
• Ananda Coomaraswamy (Colombo, 1877
– Needham, 1947)
• Titus Burckhardt (Firenze,1908Losanna, 1984)
• Seyyed Hossein Nasr (Teheran, 1933)