1. 1939-1950
• 1939. Settembre: dichiarazione di guerra della
Francia alla Germania.
• 1941. Derain, Vlaminck, Van Dongen, Friesz
viaggiano da Parigi in Germania.
• 1943. Fondazione del Salon de mai. Sartre:
L’essere e il nulla.
• 1944. L’arte moderna è accettata e consacrata
al Salon d’Automne. Francis Bacon : Three
Studies for Figures at the Base of a crucifixion
2. 1945-1950
1945 Armistizio. Bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Conferenza di Yalta e
creazione dell’ONU. A Parigi alla galleria René Drouin mostra «Art concret». Jean
Dubuffet parla di «Art Brut». Retrospettiva di Mondrian al MoMA a New York.
Cinema : Roma, città aperta di Rossellini.
1946. Isidore Isou fonda il «Lettrisme». Retrospettiva di Kandinsky, mostra di
Delaunai, e mostra di Calder (presentato da Sartre) a Parigi. Pollock inaugura il
dripping e nasce l’Espressionismo astratto. Fondazione del Festival di Cannes.
Cinema: La vita è bella di F. Capra; Il grande sonno di Hawks.
1947. André Malraux pubblica Le musée imaginaire; Antonin Artaud, l’Art Brut.
Apre il musée d’art moderne di Parigi. Mostre di Schneider, Hartung e Soulages.
Lucio Fontana fonda il movimento spazialista. Piano Marshall e inizio della guerra
fredda.
1948. Braque è premiato alla Biennale di Venezia. Ad Amsterdam nasce COBRA, a
Barcellona il gruppo Dau al set. Viene fondato lo stato di Israele. Willem De Kooning
realizza la serie delle Black Painting. Cinema: Germania anno zero di
Rossellini, Ladri di biciclette di De Sica, La signora di Shanghai di O. Welles.
1949. A Parigi si fonda il Salon de la Jeune Peinture. Articolo di Life : «Jackson
Pollock è il più grande pittore americano vivente?»
1950. Nasce il gruppo Origine intorno ad Alberto Burri. Caccia alle streghe del
senatore MacCarthy. La scuola di New York è presente a Venezia. I primi Color fields
di Rothko e la serie Woman di De Kooning. Cinema : Rashomon di Kurosawa, Viale
del tramonto di B. Wilder, Jungla d’asfalto di J. Huston; Il terzo uomo di Reeds.
3. New York, New York
La Seconda Guerra mondiale costituisce per le
arti una svolta decisiva: la scena artistica si
sposta dall’Europa verso il Nuovo Mondo e più
precisamente da Parigi a New York. Questa
migrazione – cioè quella degli artisti o almeno
delle avanguardie economicamente riconosciute
– consacra il trionfo di una estetica:
l’espressionismo astratto, un termine uscito
dalla penna di un critico nel 1946, e che domina
la scena americana e mondiale fino a circa il
1960.
4. Dal surrealismo all’astrazione
Se negli anni 1950 il critico americano Clement
Greenberg spiega l’arte americana solo come
emergenza formale, nel 1983 questa evoluzione
è rivisitata in un libro dello storico e critico Serge
Guibaut: Come New York ha rubato l’idea di arte
moderna: l’espressionismo astratto, la libertà e
la guerra fredda. Rispetto alla lettura
precedente, qui il trionfo della scuola di New
York è interpretato come quello di
un’ideologia, quella dell’America liberale, contro
la dittatura comunista sovietica.
5. La reazione antirealistica
L’astrazione sarebbe una reazione contro una
figurazione discreditata dall’uso propagandistico
che ne hanno fatto i totalitarismi nel primo
dopoguerra e contro il realismo socialista. Se il
mercato dell’arte parigino rimane prospero
durante l’Occupazione, i galleristi americani
hanno ormai l’ambizione di conquistare un
posto che sia almeno equivalente a quello della
capitale francese: tanto più che la potenza
economica americana permette da sola la
promozione di artisti reputati portare dei valori
del mondo libero e della democrazia.
6. Il passaggio del testimone
Ma gli esordi della scuola di New York non si
riassumono con la costruzione dell’ideologia
liberale avversa al marxismo: i pittori
americani, giovani e meno giovani, subiscono
l’influenza di una generazione di artisti del Vecchio
Mondo che la guerra o i suoi preliminari hanno
costretto all’esilio. Si tratta di astrattisti geometrici
comme Mondrian, ma soprattutto i surrealisti:
Bréton o Max Ernst (arrivato a New York nel 1941
con sua moglie Peggy Guggenheim, allora
proprietria della galleria Art of This Century)
, Masson, o ancora Tanguy e Matta.
7. ..
Agli inizi degli anni 1940, Joseph Cornell fabbrica
così delle scatole nella tradizione di oggetti
surrealisti, Dorothea Tanning – nuova compagna di
Max ernst – sviluppa un’immaginario
onirico, Jackson Pollock dipinge dei quadri che
dovrebbero svelare immagini sorte dall’inconscio
(Guardiani del segreto, 1943, San Francisco
Museum of Art), e Arshile Gorky, che si suicida nel
1948, rimpiazza la figuratività diretta con forme
«biomorfiche», cioè organiche, fatte di curve linee
irregolari che danno l’impressione di un dinamismo.
8. Arshile Gorky, The Liver is the Cock’s Comb, 1944, olio su
tela, 186 x 248,9 cm Buffalo, Albright-Knox Art Gallery
9. ..
Per Robert Motherwell (1915-1981) l’inflessione
decisiva è un soggiorno in Messico da Matta e
da un altro surrealista, Wolfang Paalen, nel
1941. Al ritorno, comincia a dipingere una serie
di quadri sulla guerra civile spagnola, tra i quali
The Little Spanish Prison, un rettangolo con delle
colature verticali gialle e bianche – come le
barre di una gogna. Geometria e materismo
discreto ci si combinano con il mantenimento di
un significato, eventualmente umano e politico.
10. Robert Motherwell, The Little
Spanish Prison, 1941-
1944, olio su tela, 69,2 x 43,5
cm New York, The MoMA
11. Matisse e la pittura americana
«un giorno avranno dei pittori»: questa frase
celebre fu pronunciata da Matisse, lo stesso
che, rimasto in Europa, influenzò
considerevolmente la genesi dell’espressionismo
astratto. Le tele nelle quali il pittore francese si è
più avvicinato all’astrazione hanno sicuramente
interessato i pittori americani del primo
dopoguerra, tipo Porta-finestra a Colliaure del
1914 (Parigi, Musée national d’art moderne), La
lezione di piano del 1916 (New York, The MoMA)
o ancora L’atelier rosso del 1911 (ibidem), dal
quale Rothko fa nascere tutta la sua pittura.
12. Henri Matisse, Icaro, tavola n. VII del libro Jazz, parigi, 1947, stampata
con mascherina di colore, 42,2 x 65,5 cm, New York, The MoMA
13. Jackson Pollock,
Out of the Web n°7, 1949
Stuttgard, Staatsgalerie
Le carte colorate a
gouache tagliate della fine
della vita di Matisse hanno
un’importanza ancora
maggiore: davano
l’esempio di un lavoro
diretto del colore
escludendo la tappa del
disegno. Jazz è l’origine
rivendicata da Pollock per
questo suo quadro
14. Sam Francis, Blue Composition on
White Ground, 1960, olio su tela,
130 x 97 cm, Rennes musée des
Beaux-Arts
e opere come quelle di Sam
Francis (1923-1994), di
Morris Louis verso il 1960 e
degli artisti californiani della
Pattern Painting degli anni
1970 non si spiegherebbero
senza il lirismo di questi
découpages.
15. 1951-1955
• 1951. Viene fondata a Ulm la Scuola superiore di Estetica;
Charles Estienne scrive L’arte astratta è accademismo?
Cinema: Un tram chiamato desiderio di E.
Kazan, fondazione di «Cahiers de cinéma».
• 1952. Samuel Beckett : Aspettando Godot. A Parigi la prima
mostra di Pollock.
• 1953.Muore Stalin. Rauschenber: Erased De Kooning.
Cinema: Le vacanze di monsieur Hulot.
• 1954.Inizia la guerra d’Algeria; appare il «tachisme».
Cinema: La strada di Fellini, I sette Samurai di
Kurosawa, Tutti in scena di V. Minnelli.
• 1955. Le manifeste jaune di Victor Vasarely.Duchamp
diventa cittadino americano. Rauschenberg: Bed, prima
combine painting. Il critico Lawrence Alloway utilizza il
termine Pop Art.
16. «Action Painting» dipingere con il corpo
Il critico Harold Rosenberg è, nel
1952, l’inventore dei termini «Action Painting»:
una denominazione che sottolinea, in seno ad
una avanguardia americana che vuole liberarsi
delle sua radici surrealiste, l’importanza di una
pittura che fa della gestualità il suo mezzo
d’espressione.
17. Willem De Kooning, Woman
I, 1950-1952,
olio su tela, 192,7 x 147,3 cm,
New York, The MoMA
18. De Kooning e le «Women»
Si associa generalmente action painting e astrazione.
Con la serie delle Women, negli anni 1950, l’opera di
Willem De Kooning (1904-1997) non rinuncia
comunque alle figure. Su grandi formati, con una
tavolozza dai colori vivi e con colpi di pennellessa che
lasciano striature e ruvidezze, l’artista mostra, senza
differenziarli dal fondo, gli elementi di un corpo
femminile. Davanti a queste tele di grande violenza e di
intensità erotica, si pensa ad archetipi come le Veneri
preistoriche – i segni sessuali come i seni sono
smisurati – ma anche ad una madre mostruosa (ad
esempio v. i piedi). Dieci anni dopo la prima di queste
donne, De Kooning sperimenta di nuovo una frase
astratta verso il 1960.
19. La traccia del corpo
Altri artisti si voltano più uniformemente verso
l’astrazione. Il corpo non è assente dalle loro
opere, ma il corpo è il loro e non più quello di un
modello/a che serve di punto di riferimento. La
tela, sempre di grandi dimensioni, è lavorata per
terra, in una gestualità che confina con la
danza, o con rulli o pennelli attaccati ad assi, -
così Franz Kline (1910-1962). Ma succede
anche, come lo fa lo stesso Kline, in Chief (il
nome di una locomotiva che ammirava quando
era bambino), che il tracciato sia studiato a
lungo, poi trascritto in scala monumentale.
22. Pollock
Jackson Pollock (1912-1956) è l’inventore nel
1947 della drip painting (to drip=colare). Si parla
anche di pouring (to pour=versare) Full Fathom
Five è dipinta in questo modo. Il
titolo, enigmatico e poeticamente si può
tradurre con «cinque braccia di fondo» o
qualcosa del genere . È una citazione dalla
Tempesta di Shakespeare: un padre annegato
(quindi disperazione) e di trasmutazione del suo
cadavere in corpo glorioso, che si fonde con il
corallo e le perle del fondo (quindi speranza).
23. La tecnica
Il pittore ha lavorato la tela per terra versando il
colore, industriale, dal barattolo (le superfici da
coprire sono notevoli) o facendolo scivolare da un
bastone impregnato di pigmento. Non si è
preoccupato di organizzare una composizione ma
ha sparso in maniera uguale la materia. Questa
ricopertura totale si chiama all-over. Poi ha
rilavorato il colore con la punta del bastone. Ha
anche introdotto dei rifiuti nel dipinto: un
mozzicone di sigaretta, il tappo di un tubetto, dei
chiodi… L’opera riporta il ricordo degli spostamenti
dell’artista.
25. Il gesto
L’atto di dipingere è sperimentato come una danza:
questo movimento non utile da cui Nietzsche aveva
tratto la metafora della libertà, da cui gli
antropologi, alcuni dei quali vicini ai
surrealisti, avevano sottolineato il ruolo, e di cui
alcuni coreografi come Martha Graham esplorano
alla fine degli anni 1940 la potenza espressiva. Si è
anche visto il legame tra la scrittura automatica
surrealista e i movimenti spontanei che fa l’artista
versando la pittura, e infine sul rapporto che una
tale opera ha potuto intrattenere con le pitture di
sabbia degli indiani Navajos.
26. L’epoca del Color-Field
Nel momento in cui Pollock e altri artisti
sperimentano il lirismo della gestualità, Barnett
Newman, Mark Rothko, o ancora Clyfford Still e
Adolph Gottlieb optano per una pratica
semplificata e quasi geometrica. Dipingono per
campiture di colore, per le quali il critico
Clement Greenberg inventa nel 1955 la
definizione color-field (campo di colore).
27. Mark Rothko, Number 10, 1950
olio su tela, 229,6 x 145 cm
New York, The MoMA
28. Rothko e gli effetti del colore
Nella pitture di Rothko (1903-1970), i
campi, rettangolari, sono estremamente luminosi: il
loro cromatismo ricorda la gamme di un Bonnard, la
cui opera fu esposta a New York nel 1942. In
numero di due o tre sulla tela, non si toccano mai
completamente, sono modulati all’interno dalla
materia e i loro contorni hanno un aspetto
vaporoso. La profondità è abolita, o almeno si
esprime in modo diverso: i piani fluttuano sulla tela.
I titoli, ridotti a numeri, scoraggiano ogni tentativo
di interpretazione. Fuori delle parole, la pittura è
autosufficiente.
29. «il fondamento dell’atto estetico è
l’idea pura … è questa che mi dà il
contatto con il mistero *…+ di questo
caos nero che è la morte»
Barnett Newman
30. Barnett Newman, Vir Heroicus Sublimis, 1950-1951
olio su tela, 242,2 x 541,7 cm
New York, The MoMA
31. Sublime o estetico?
Newman (1905-1970)fa delle tele monocrome:
semplicemente, al centro o alle estremità, una
banda verticale (zip) colorata in modo diverso
rompe la radicalità del colore unico. I titoli sono
tutto fuorché neutri, come questo. Per
Newman, dopo gli orrori della guerra, la pittura
deve avere un contenuto spirituale: introdurre al
sublime. Da cui l’uso di grandi formati, come i
giganteschi paesaggi americani dipinti nel XIX
secolo. Un altro pittore, Ad Reinhardt, evolve nello
stesso momento verso i monocromi. Le sue ultime
opere (Ultimate paintings) sono quasi interamente
nere. L’artista vi cerca i limiti di ciò che si può
dipingere: sono per lui una ricerca di assoluto.
32. 1956-1960
• 1956. Jack Kerouac : On the Road. Muore Pollock e a New York apre
la galleria Leo Castelli. I monocromi di Y. Klein sono rifiutati.
Cinema: I dieci comandamenti di C.B. De Mille, Le mysthère Picasso
di Clouzot.
• 1957. Roland Barthes : Mythologies, Internazionale
Situazionista, Creazione a Dusseldorf del Gruppo Zero. Y Klein
ripresenta i suoi monocromi e Piero Manzoni presenta gli Acromi.
• 1958. De Gaulle in Francia. La Biennale di Venezia consacra
M.Tobey, Tapiès e Chillida. Allan Kaprow mostra i primi Happenings.
Presentazione europea della mostra «La nuova pittura americana».
Cinema: Il posto delle fragole di I. Bergman.
• 1959. Fondazione della Biennale di Parigi. Fidel Castro a Cuba.
Cinema : A qualcuno piace Caldo, di B. Wilder, Hiroshima mon
Amour di Resnais.
• 1960. Kennedy presidente degli USA. Nasce il Nouveau Réalisme.
Creazione del GRAV. Nascita a Milano del gruppo T. Cinema: La
dolce vita di Fellini, Psycho di Hitchcock.
33. 1961-1965
1961. Cuba: La baia dei porci; Costruzione del muro di Berlino; a Parigi
alla galleria J: «40° sotto Dada»; New York, MoMA: «Arte
dell’assemblaggio»; Warhol: Campbell Soup Cans. Maciunas: Fluxus.
Manifesto del Gruppo N a Padova. John Cage: Silenzi. Cinema:
Accattone di Pasolini, Misfits di Huston.
1962. Cinema: 8 e ½ di Fellini, L’eclissi di Antonioni.
1963. Assassinio di Kennedy a Dallas. Warhol inaugura la Factory.
Prima grande retrospettiva Duchamp a Pasadena; Nascita del Gruppo
Uno a Roma. Cinema: Il disprezzo di Godard.
1964. Rauschenberg Gran Premio della Biennale di Venezia. Arthur
Danto pubblica Il mondo dell’arte. Lacan: Pour un nouveau roman. A
Milano nasce il gruppo MID.
1965. Intensificazione della guerra in Vietnam; appareil termine
Minimal Art. A New York la mostra di Op art «The responsive eye». A
Berna e Parigi la mostra «Lumière et mouvement».
34. Dall’astrazione al minimalismo
La definizione «minimal art» o minimalismo
apparsa nel 1965, designa una reazione sia pittorica
sia plastica contro l’espressionismo gestuale. Il
minimalismo, che conosce degli sviluppi molto
aldilà degli anni 1960 e della sola America, appare
come la sistematizzazione dell’apprendimento
geometrico che marcava già il Color-Field. Un artista
come Newman, che appartiene a questa
tendenza, ha potuto così sembrare a certi critici
come vicino al minimalismo. Ma i punti di
riferimento di questa corrente sono anche nella
tradizione europea dell’astrazione geometrica.
L’idea della minimalizzazione «less is more» viene
dal Bauhaus ed è formulata da Mies Van der
Rohe, rifugiato in USA dal 1937.
35. Barnett Newman, Broken Obelisk, 1963-67
monumento alla memoria di Martin Luther King,
Houston, The Menil Collection davanti alla cappella Rothko
36. ..
L’obelisco spezzato è la prima scultura
monumentale di Newman. Dopo l’assassinio di
Martin Luther King nel 1968, i collezionisti De
Menil l’hanno comprata e hanno proposto di
farne un monumento commemorativo del leadr
nero. Poiché la città di Houston aveva rifiutato il
dono, fu esposto davanti alla cappella concepita
da Rothko.
37. David Smith, Cubi VIII, 1964,
acciaio inossidabile lucido, h 294 cm
Boston, Museum of Fine Arts
David Smith (1905-1965) si
esprime con il metallo: inaugura
negli USA la tradizione scultores
del ferro saldato. Dopo opere che
riprendevano la tradizione delle
sculture surrealiste di Picasso e di
Julio Gonzàles, il grande maestro
del metallo in Europa fino alla
guerra, il suoi Cubi, negli anni che
precedono la sua morte, sono
arrangiamenti di volumi
geometrici che evocano delle
nature morte. Il loro nome rende
un omaggio simbolico al cubismo.
38. Sol Lewitt, Open Cube, 1968
alluminio laccato, 105 cm di lato
Berlino, Nationalgalerie im Hamburger
Bahnhof
Sol LeWitt (1928-2007)
struttura lo spazio con moduli
di cubi che spoglia
conservandone solo lo
scheletro. Pittore e
scultore, utilizza la
linea, orizzontale, verticale, o
bliqua, per strutturare i suoi
quadri. Nello stesso
periodo, Frank Stella si serve
di strisce cromatiche, prima
nere (black stripes) e poi
colorate (shaped canvas)) per
organizzare delle
composizioni ugualmente
geometriche.
39. Ludwig Mies Van der Rohe, casa Edith Farnsworth
Piano (illinois), 1945-1950
La struttura portante ordinata in griglie astratte e i muri aperti sull’esterno per
vedere la natura caratterizzano questa dimora, la cui concezione fu celebrata
come il trionfo dell’idea pura come «una rottura radicale con la casa del Vecchio
Continente.
40. L’investitura dell’oggetto
L’eroismo dell’idea trasferita nell’atto estetico ha
condotto gli artisti americani lontano dalla
realtà. A partire dalla metà degli anni
1950, quando Color-Field poi il minimalismo
occupano il palco della scena
artistica, trascinando dei nuovi artisti come
Kenneth Noland o Ellsworth Kelly, alcuni si
impegnano in un’altra strada. L’oggetto, banale e
caricato di un contenuto simbolico, viene messo
al centro delle loro preoccupazioni.
42. Il ricorso al rifiuto
Il percorso di Robert Rauschenberg (1925-2008) è
rivelatore di questo cambiamento. Mentre l’artista
dipinge dei monocromi animati di effetti di texture nel
1951-52 (serie delle White Paintings e delle Night
Blooming), dal 1953 e per una decina di anni procede per
combinazioni (combine painting) di oggetti, trasferendo
nei quadri delle immagini fotografiche prima, poi dei
rifiuti: che allo stesso tempo mettono in discussione
l’eroizzazione della pittura praticata dalla generazione
precedente e affermano la presenza del reale
concreto, eventualmente urbano e sordido. Nel
1955, Rauschenberg compie un altro passo: l’oggetto non
è più soltanto riportato su una tela, ma diventa il
supporto dell’opera e l’opera stessa. Letti, porte e altri
elementi presi dal quotidiano.
43. Un nuovo dadaismo americano?
L’idea delle combine paintings deve molto agli
assemblaggi di Schwitters, l’artista di
Merz, movimento cripto-dadaista degli anni 1920.
Si può anche parlare di neodadaismo a proposito di
queste opere. Di fatto, l’influenza di dada, che si è
fatta sentire negli USA sin dall’inizio, con John
Covert, si trova riattualizzata negli anni 1960 con la
scuola sperimentale del Black Mountain
College, dove Rauschenberg risiede pe qualche
tempo come Jim Dine (nato nel 1935), che pratica
anche lui gli assemblaggi per un po’ di tempo.
44. Jim Dine, Five feet of
Colorful Tools, 1962, olio
su tela con tasselli di
legno e 32
utensili, 141,2 x 152,9 x
11 cm
New York, The MoMA
45. Jasper Johns, Hag, 1954-1955,
encausto, olio e collage su tessuto montato su legno, 107,3x154
cm, New York, The MoMA
46. ..
Si può parlare di assemblaggi anche per Jasper
Johns (nato nel 1930); anche lui si serve di oggetti,
ma invece di trasportarli tali e quali o mettendoli
nello spazio del museo, li riproduce con il pennello,
invertendo il procedimento del ready-made.
Simbolo della fierezza americana in questi primi
anni di dopoguerra dove gli USA ritiene di aver
salvato il mondo, la bandiera stellata diventa il
motivo della pittura: una pittura figurativa, dove il
pigmento è posato su uno strato di cera liquida che
afferma anche la sua matericità.
47. Omicidio simbolico
L’arte del neodadaismo è fatta di attrazione e
repulsione per la generazione dei «padri», gli
espressionisti astratti. Nel 1953 Rauschenberg
domanda a De Kooning un disegno «per
cancellarlo». Quest’ultimo, intrigato, lo fa, ma
siccome lo rese molto denso, con tratti di
pastello e materia e inchiostro, Rauschenberh ci
mise un mese per cancellarlo, cioè a realizzare
ciò che doveva diventare uno nuova
opera, basata sull’assenza stessa e il
silenzio, chiamata Erased De Kooning Drawing.
49. ..
Cy twombly (1928-2011), che è vicino a Robert
Rauschenberg e Jasper Johns, è conosciuto soprattutto
per le sue pitture e per le opere grafiche segnate di graffi
brutali e ripetuti in maniera aleatoria. Alla fine dello
stesso decennio 1950 si basa a Roma dove i suoi punti di
riferimento cambiano e aumentano i riferimenti al
classico mentre il gesto diventa meno pronunciato.
Il pittore pratica allora anche la scultura servendosi anche
lui di materiali di recupero: oggetti e frammenti di legno.
Immerge questi frammenti nel gesso e li dipinge in
bianco, ottenendo una patina deliberatamente rustica o,
come nel caso di questa scultura, li fonde in bronzo.
L’opera prodotta ricorda gli oggetti di arte primitiva e si
ricongiunge alla mitologia classica per il soggetto.
50. L’Europa dopo il disastro
Nel 1942, Max Ernst intitola uno dei suoi quadri
L’Europa dopo la pioggia: ci si vedono le rovine
di un mondo che un disastro a saccheggiato. Tre
anni più tardi, Picasso, che con Guernica aveva
testimoniato delle prime vittime civili dei
bombardamenti, rappresenta le carneficine che
si scoprono nei campi di sterminio.
51. Pablo Picasso, Il carnaio, 1945
olio e bulino su tela , 199,8 x 250 cm
New York, The MoMA
52. La memoria della guerra
La distruzione di intere regioni, la morte di
decine di milioni di esseri umani, la rivelazione
dei campi nazisti riempiti di cadaveri e di
agonizzanti, le bombe atomiche su Hiroshima e
Nagasaki: queste esperienze traumatiche
costituiscono il punto di partenza da cui gli
artisti europei, dopo il 1945, immaginano la loro
creazione.
53. La figura nonostante tutto
Nel Vecchio Continente come oltre Atlantico, la figura
sembra screditata – se ne discuterà per decenni … -. Sono
rari gli artisti – in particolari quelli legati al partito
comunista – che affermano che può ancora essere
salvata: come Guttuso o il francese André Fougeron, che
resta invece lontano dalle questioni formali delle
avanguardie e soprattutto da Léger e Picasso. Pittura
politica e manifesto estetico, Il carnaio di Picasso è
ispirato, come Guernica nel 1937 a fotografie di rotocalco.
Rispetta i grigi e i bianchi dei clichés, non aggiungendo
che dei valori di blu, come se il lirismo dei colori caldi non
potesse prestarsi alla rappresentazione dell’orrore.
54. …
La composizione piramidale e le forme
stilizzate, riprese anche da Guernica, affermano
la logica di una storia che ha portato
all’assassinio di una repubblica e a un genocidio.
L’abominio interviene nella banalità del
quotidiano: i corpi intricati si ammassano sotto
una tavola servita – è stata assassinata una
famiglia mentre pranzava.
55. Fautrier e gli «Otages»
Tra questi artisti, jean Faitrier (1898-1964) è stato
mostrato solo dal 1945. Eseguite a partire dal 1942,
mentre il pittore era in clandestinità, le sue serie degli
Otages rende omaggio alle vittime dell’occupazione.
Nella scia di un lavoro cominciato prima della guerra, la
forma riconoscibile sparisce e il critico Marcel Tapié ha
inventato il termine «informel» per indicare queste
opere. Non si tratta della riproduzione di un’apparenza,
ma la materia lavorata che porta il ricordo, e
eventualmente di volti; posato per terra, la carta si
imbeve per zone di bianco di Spagna e di colla che
formano una pasta spessa. Il pittore la lavora – la
scolpisce o quasi- con la spatola, aggiungendo altre paste,
inchiostri e polveri colorate.
56. Jean Fautrier,
testa di ostaggio n°8, 1944
olio su carta incollata su
tela, 36 x 28 cm
collezione privata
57. Dopo la Shoah: Adorno e la cultura
Esiliato sopo la presa del potere dei Nazisti e tornato in
Germania nel 1949, il filosofo Theodor Adorno (1903-
1969) denuncia nella sua critica della cultura e della
società, il rischio che la coscienza del disastro degenera in
chiacchiere. Ponendo in termini - che aggiusta
notevolmente in seguito - la dialettica tra cultura e
barbarie, afferma che scrivere un poema dopo Auschwitz
è divenuto impossibile.
Nel suo carattere perentorio tale affermazione di spiega
per il contesto: all’indomani della Seconda Guerra lo choc
è tale che diventa oggetto di ripensamento. Si
cerca, volontariamente o involontariamente di
dimenticare Auschwitz per non doversi confrontare con
questo abisso. La celebrazione della pace ritrovata, del
ritorno alla vita, si sostituisce alla denuncia della barbarie
messa in pratica recentemente.
58. … qualche anno dopo
Anni più tardi e in un altro contesto storico e
politico, Adorno tornerà sull’argomento
affermando che «bisogna scrivere dei poemi »,
nel senso dell’estetica hegeliana, cioè che poiché
esiste una coscienza della sofferenza deve
esistere l’arte come forma oggettiva di questa
coscienza.
59. Wladimir Stremiski, Voto e
giuramento in memoria delle
mani, dalla serie Ai miei amici
gli Ebrei, 1945
Collage e inchiostro su
carta, 30 x 21,5 cm
Gerusalemme, Yad Vashem
Art Museum
60. Disegnare come un bambino : l’art brut
Alla metà degli anni 1940, Jean Dubuffet
intraprende delle ricerche sulla materia pittorica. In
dipinti che si vorrebbero ritratti, volti anonimi o
corpi di donne, la rappresentazione è degradata in
favore dell’espressività di un gesto non
premeditato, e soprattutto liberata da ogni
convenzione.
Negoziante di vini, frequenta in USA Duchamp e
André Breton, sostenuto ancora oltreoceano dal
mercante Pierre Matisse (figlio del pittore) e
soprattutto da Michel Tapié, Dubuffet (1901-1985)
sviluppa all’inizio un’arte gestuale che evoca le
Women di De Kooning ma anteriormente a questa
serie.
61. Jean Dubuffet, Venere del
marciapiede, 1946
olio su placca di gesso,
102 x 82 cm
Marsiglia, musée Cantini
62. Un primitivismo radicale
Il proposito di Dubuffet non è l’espressione del
corpo dell’artista come per Pollock, né quella
delle pulsioni fisiche come per i surrealisti. Si
preoccupa di un primitivismo radicale che
consiste corpo nel non tener conto di qualsiasi
riferimento accademico, ma anche si allontana
dai modelli già esplorati che rappresentano ciò
che non si chiamano ancora arti primitive.
63. Materico
Dopo la scoperta dell’arte di Fautrier nel
1945, Dubuffet, che scriverà il manifesto
«asfissiante cultura» si gira verso la materia per
creare i suoi quadri. I suoi «paesaggi mentali»
chiamati Texturologies (1957) poi Matériologies
(1959), ricoperti di materia povera, spessa o fine
(polvere, terra, ecc.) stesa su tutto il supporto senza
lasciare tracce, mettono l’accento sull’aspetto
materiale dell’opera piuttosto che sulla parte
intellettuale del lavoro dell’artista : ciò che Dubuffet
stesso chiama «bere alle fonti dell’assenza»
64. … e puerile
A partire dal 1945, Dubuffet, che sente di
disegnare come un bambino, non avendo
formazione artistica, definisce il concetto di «art
brut»: il disegno infantile, l’arte dei malati di
mente, o quella di personalità effettivamente
autodidatte – come Gaston Chaissac (1910-
1964) tappezziere di mestiere, gli sembrano
essere le sole vie d’uscita possibili per fondare
un arte nuova.
66. Happenings europei
Gli anni del dopoguerra nel mondo germanico sono
quelli del disorientamento e della difficoltà creativa.
Impegnandosi in una sorta di processo che potremmo
definire di “denazismizzazione“ che consiste
artisticamente nella promozione delle opere che il II
Reich aveva denunciato come degenerate, la RFT e
l’Austria si chiudono nel silenzio per qualche
anno, come per tacere dei crimini commessi da una
generazione. Intorno agli anni 1960, i figli di questa
generazione, fanno saltare i contorni della creazione
artistica. Non si tratta più di sapere se l’astrazione è il
vettore dei valori di libertà e la figurazione il veicolo di
quelli dei dittatori, ma di rinunciare ad ogni pratica
estetica e abbattere le frontiere nelle arti.
67. Fluxus
Di Fluxus ne abbiamo già parlato a proposito di
Nam June Paik, John Cage e altri artisti. Tutto inizia
con la rivista dello stesso nome fondata a New York
dal musicista di origine lituana, George Maciunas. IL
titolo mette l’accento sul flusso vitale che deve
ispirare l’atto creativo piuttosto che sull’opera
prodotta, e organizza delle serate «donore»
sperimentali. Trasferitosi a Wiesbaden qualche
mese più tardi, impianta Fluxus in Germania. Nam
June Paik e Wolf Vostell sono i primi a raggiungerlo.
Il gruppo inventa la «non arte»: la non produzione
di quadri, di oggetti, l’antimusica, l’antipoesia –
altrettanti mezzi espressivi che utilizzano lo humor
come risorsa.
69. L’azionismo viennese
In Austria, nel decennio 1960, l’interpretazione
dell’happening dagli “azionisti” viennesi riveste
un carattere decisamente più violento e
traumatico. Ispirati dall’Action Painting, Günter
Brus, Otto Muchl, Hermann Nitsch e Rudolph
Schwarzkogler mettono in scena il corpo
(generalmente il proprio) in un modo che
secondo alcuni critici anticiperebbe la Body Art.
70. Otto Muhel,
azione Oh
Sensibility, Vienna, 196
0,
in una foto di L.
Hoffenreich
71. Gutai
Molto lontano dall’Europa, tra il 1955 e il
1957, nel Giappone sconfitto e traumatizzato
dalla distruzione, il movimento Gutai (che vuol
dire «strumento» e «corpo») riunito intorno a
Jiro Yoshihara, fa del corpodell’artista il
materiale della creazione: Kazuro Shiraga che
arranca nel fango, Saburo Murakami, nel
1956, sfonda dei fogli di carta correndo.
72. Saburo Murakami
Sakuhin (Tsuka) (Paper Break Through), 1956
veduta della performance / performance view
The Gutai Art Exhibition (2nd Gutai Art Exhibition),
73. Informale
Il termine INFORMEL designa un certo tipo di
pittura contemporanea (ad eccezione dell’opera
di Kandinsky) che non deve nulla al passato e
non subisce alcuna influenza contemporanea né
per il soggetto né per la rappresentazione.
Questa corrente, si spande in Germania, poi in
Francia e in Spagna. Anche in Italia ci sono
correnti informali.
74. denominazione
Sotto questa denominazione si raggruppano diverse
forme di astrazione, di costruzioni più o meno esplose
: la calligrafia, il “tachisme”, l’art brut e l’arte
giapponese Gutaï. Nel 1951 il critico d’arte Michel
Tapié organizza una mostra a Parigi sul tema
«Tendances extrèmes de la peinture non figurative».
Qualifica d’«informale» l’improvvisazione psichica, ciò
che non ha forma determinata e possiede ancora
connotazioni surrealiste.
75. Artisti
INFORMALI : Wols, Jean Fautrier, Jean
Dubuffet, Camille Bryen, Georges Mathieu, Frédéric
Benrath, Jiro Yoshihara (gruppo Gutaï); gli spagnoli
Antoni Tapies, Antonio Saura, Rafael
Canogar, Manolo Millarès; l’americano tachiste Sam
Francis; Alberto Burri.
ASTRATTI : Henry Michaux, Hans Hartung, Jean
Atlan, Pierre Soulages, Gerard Schneider, Olivier
Debré, il canadese Jean-Paul Riopelle.
CALLIGRAFICI : Mark Tobey (USA), Julius Bissier
(Germania), Jean Degottex (Francia).
82. Saburo Murakami
Sakuhin (Tsuka) (Paper Break Through), 1956
veduta della performance / performance view
The Gutai Art Exhibition (2nd Gutai Art Exhibition),
83. Yasuo Sumi
Untitled (Itami), 1958
colori su rete metallica stesa
su tela intelaiata
(colore steso con oggetti e
con le mani)
colours on metal net on
stretched canvas
(colour laid with objects and
hands)
120 x 80 x 10 cm
Archivio Pari &
Dispari, Reggio Emilia
97. Spazialismo
Si elabora attorno a Lucio Fontana (1899-1968) e conosce
il suo apogeo tra il 1945 e il 1952. Nel 1946 Pubblica a
Buenos Aires il Manifesto Blanco; nel 1947 SpazialistiI e
nel 1947 Spazialisti2 sono redatti da Beniamino Joppolo
(1906-1963), pittore e scrittore e Antonio Tullier, filosofo
e critico. Fontana incoraggia l’abbandono delle «forme
conosciute dall’arte per lo sviluppo di un’arte basata
sull’unità del tempo e dello spazio». Nel 1949 ha luogo la
mostra fondatrice dello spazialismo con la prima opera di
Fontana. Nel Maniofesto dell’Arte spaziale
(1951), dichiara che l’era spaziale deve trovare la suo eco
nell’arte spaziale..
98.
99. Non voglio fare un quadro, voglio aprire lo
spazio, creare per l’arte una nuova dimensione
• … attaccarla al cosmo, per quanto si estende,
infinito, oltre la superficie piatta dell’immagine.
• Lacera con la lama di un rasoio o cutter i suoi
monocromi, forma d’espressione scoperta per
caso preparando una mostra a Parigi, quando
aveva appena sbagliato una tela. Cosciente del
suo atto, si rende conto del potenziale di questo
gesto che esprime in seguito colontariamente.
• « Oltre le perforazioni ci attende una libertà
riconquistata ma ci aspetta anche e con
altrtettanta evidenza, la fine dell’arte.»
101. Joseph Beuys: la riattivazione della memoria
Tedesco, Joseph Beuys (1921-1986) era pilota della
Lufttwaffe durante la Seconda Guerra mondiale. Il
suo aereo viene abbattuto in Crimea: salvato da
alcuni nomadi tartari, riprende conoscenza coperto
di grasso, avviluppato in coperte di feltro e nutrito
di miele. Questo avvenimento, forse una leggenda
dell’artista costruita intorno all’incidente, influenza
la tematica di un’opera che si estende su trent’anni
di carriera artistica, fatta di
disegni, sculture, istallazioni e performances.
102. Joseph Beuys, Infiltrazione omogenea per piano a coda, 1966
Piano a coda ricoperto di feltro grigio e croce in tessuto
rosso, 100x152x240, Parigi, Cenre Georges Pompidou
103. ..
Questo oggetto può essere qualificato si cultura o
istallazione, e messo in rapporto con i ready-made
«assistés» di Duchamp . Ma soprattutto conviene
soprattutto cercare di capirne il senso. Si tratta di
un piano a coda: uno strumento di qualità… ma la
musica non può essere suonata a causa della
coperta di feltro che lo avvolge. La musica, come
ogni crazione artistica è stata soffocata dalla guerra
(il feltro ha il colore delle uniformi). La Croce Rossa
ha salvato molte vite umane, forse la musica può
altrettanto? Se non fosse stata appunto soffocata. Il
riferimento autobiografico è evidente e forse anche
a quello della nazione tedesca, terra di grandi
musicisti : forse musica è guerra sono due aspetti
della stessa anima germanica.
104. «Un tale oggetto è concepito per incoraggiare il
dibattito, e in nessun caso come prodotto estetico»
Joseph Beuys
105. I like America and America likes me
Nel 1974 Beuys organizza un’azione nella galleria René Block a
New York per l’inaugurazione di una mosta. Venuto apposto dalla
Germania non mette piede sul suolo americano, ma si fa venire a
prendere e trasporare su una barella, avvolto in una coperta di
feltro. La performance consiste a coabitare per tre giorni con un
coyote. Il suolo è coperto di paglia e di esemplari del Wall Street
Journal che con il tempo si imbevono di urina del coyote. Beuys è
protetto dal feltro e tiene un bastone da pastore. La
performance, secondo Beuys mira a sottolineare il divario sempre
più ampio che si crea tra la natura e l’uomo sociale (lo spettatore).
Il coyote rappresenta anche la vita indigena, la cultura indiana
americana sterminata dall’uomo bianco. L’avvenimento ha una
portata di redenzione: l’uomo e l’animale sono quasi costretti a
ravvicinarsi e convivere perdendo uno il proprio ruolo sociale ed
economico, e l’altro il proprio essere selvaggio.
106. Joseph Beuys, I like America
and America likes me,
New York, 1974,
galleria René Block
(foto di Caroline Tisdall)
108. ..
Una performance su ciò che resta di una
performance finita. Il ricordo non rimane che
nelle foto e nei films. Nel caso della
performance I like America…, poiché la galleria
dove si era fatta è andata distrutta, Beuys ha
recuperato tutti i detriti e li ha riorganizzati in
istallazione.
109. La rifondazione della pitura tedesca
Nel momento in cui gli artisti di Fluxus e poi Beuys si impegnano in
«actions», azioni, alcuni più giovani, nati con la guerra, affermano la
possibilità di tornare ad una pittura che deve essere accessibile a tutti.
La nuova epoca d’oro della pittura tedesca ha la sua origine nella RFT;
ma uno dei suoi protagonisti, George Baselitz, è nato nel 1938 in quella
che sarebbe divenuta Germania dell’Est e si è formato nella RDT.
Questi artisti praticano un’arte figurativa: altra novità rispetto alla
tradizione tedesca occidentale segnata, dopo la guerra, dall’astrazione
gestuale (Wols) o geometrica (Albers). I loro punti di riferimento sono
da rintracciare nell’arte dell’inizio del secolo: i fauves per i colori e gli
espressionisti, ma questi pittori vogliono privilegiare un approccio al
quadro che non sia né figurativo del tutto, né narrativo.
110. George Baselitz, La famiglia, 1975
olio su tela, 250 x 200 cm
Kassel, Neue Galerie
Dal 1969 Baselitz rappresenta i
suoi soggetti al contrario per
lasciare meno presa
all’interpretazione realistica:
«l’inversione del motivo *…+ mi
dava la libertà di attaccarmi a
problemi pittorici». Prima di
questa data i soggetti
apparivano anodini
(animali, interni, ritratti di
anonimi, ecc), trattati in modo
da destabilizzare lo spettatore.
111. Ancora la questione del soggetto
Negli anni 1970, il passato recente della
Germania riviene fuori con evidenza. Pencke
Immendorff (1945-2007) che fu allievo di
Beuys, abbordano la questione della divisione
del Paese. Un altro artista, Lüpertz, dipinge
nature morte di grande formato che chiama
Motivi tedeschi dove inserisce dei caschi nazisti;
Anselm Kiefer comincia la sua opera con una
azione dove fa il saluto nazista prima di mettersi
a dipinge delle tele tragiche e fisicamente
pesanti con materiali diversi che dicono e
ridicono ciò che è stato taciuto per molto
tempo.
112. Jörg Immendorff, Cafè Deutschland VII, 1980
olio e acrilico su tela, 153 x 163 cm
Monaco Pinakothek des Moderne
113. Francis Bacon : un fedele della figura…
Sulla scia di Picasso, che esercitò su di lui
un’influenza notevole, l’Angloirlandese Francis
Bacon (1909-1992) è sempre stato fedele alla
figura: una figuratività in qualche modo sfigurata, a
misura del mondo contemporaneo. Il corpo e il
volto umano sono motivi che l’interessano quasi
esclusivamente. Li esplora direttamente attraverso
ritratti e autoritratti, ma anche riferendosi ai
maestri del passato, realizzando delle serie a partire
da un quadro (ad esempio il ritratto di Innocenzo X
di Velasquez o ‘autoritratto sulla via di Tarascona di
Van Gogh).
114. Francis Bacon, Tre studi per una crocifissione, 1962
trittico olio su tela, 198 x 322 cm (198 x 144, 8 ogni pannello)
New York, Solomon R. Guggenheim Museum
115. ..
Nei Tre studi per una crocifissione, il suo punto di
partenza non è un dipinto preciso, ma un tema, la
Passione cristiana che possiede la storia della
pittura e costituisce, secondo Bacon, una
«magnifica armatura» capace di sopportare «ogni
sorta di sentimento e di sensazione». Questi studi si
impongono in definitiva come un quadro intero:
Bacon non sentì mai il bisogno di rifinire il
dipinto, né di completarlo con una
rappresentazione della croce.
La forma di trittico, ricorrente nella pittura cristiana
dalla fine del medioevo, l’epoca che rappresenta in
modo più drammatico la Passione.
116. Nel pannello di sinistra i
personaggi hanno il volto
caratterizzato, evocano dei
personaggi, quasi dei ritratti
ma sono allo stesso tempo
schiacciati, deformati. Su
quello che potrebbe essere un
tavolo, due carcasse di carne
sono come il doppio delle due
silhouette vestite con abiti
contemporanei.
117. Nel pannello centrale è
dipinto, sembrerebbe, un letto
d’ospedale. Un uomo ci si
attarda con il ventre
squarciato: il rosso porta ad
associare questo corpo
martire alla carcassa del
pannello di destra a quelle del
pannello di sinistra. Ma
soprattutto, da un punto di
vista pittorico, deborda dalla
silhouette contornata di nero:
macchia il cuscino bianco di
gocce scure. Al centro del
quadro è la prova che la carne
è triste e vulnerabile.
118. Nel pannello di sinistra Bacon
dipinge di nuovo una carcassa
che prende il posto del corpo del
Cristo in croce. La torsione di
questa massa sanguinante è resa
più evidente dal disegno della
colonna e del costato. La
carcassa evoca i mattatoi «luoghi
d’elezione del peccato di carne»
come l’aveva scritto Georges
Bataille in Documenti del
1929, che diventano la metafora
del rapporto tra società e morte
(dell’uomo) nel contesto del
dopoguerra e della rivelazione
dei crimini nazisti.