Francesco Tonucci
Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) Del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
Responsabile del progetto internazionale “La città delle bambine e dei bambini”
Settimana Unesco di Educazione allo Sviluppo Sostenibile 2010
L'autonomia di movimento dei bambini: una necessità per loro, una risorsa per la città e per la scuola
1. L’autonomia di movimento dei bambini:
una necessità per loro, una risorsa per la città e per la scuola
Francesco Tonucci
Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC)
Del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
Responsabile del progetto internazionale “La città delle bambine e dei bambini”
Nella città moderna il crollo delle autonomie
Credo si possa dire che la differenza più importante fra l'essere bambino ai miei tempi, ma anche a
quelli dei miei figli, ed oggi è la scomparsa dell’autonomia di movimento. Secondo il ricercatore
inglese Hillman nel 1970 i bambini inglesi, dai 6 agli 11 anni, che andavano da soli a scuola erano il
90%. Nel 1990 erano il 10%! È scomparsa la possibilità di uscire di casa senza essere
accompagnati, incontrarsi con amici, scegliere con loro un gioco e realizzarlo in un tempo libero e
in un spazio scelto perché adeguato a quel gioco. Vivere insieme - anche se all'interno di un giusto
confine di regole dettate dalla famiglia- le esperienze dell'avventura, della scoperta, del rischio, e
non vedere l'ora di tornare a casa per raccontarle. Durante la mia infanzia spesso i genitori non
c’erano e noi potevamo approfittare della loro assenza per sperimentare quello che la loro presenza
avrebbe impedito, e questo ci permetteva di crescere, imparare e prepararci a vivere. Oggi invece gli
adulti ci sono sempre. Se non sono i genitori saranno gli insegnanti o gli animatori o gli allenatori, o
i ludotecari, ecc. A questo crollo dell’autonomia di movimento si contrappone un enorme aumento
di autonomia nell’informazione e nella comunicazione grazie alla televisione, internet e il cellulare.
La nuova situazione blocca i bambini per molto tempo davanti ad uno schermo e prepara situazioni
paradossali come il fenomeno giapponese Hikikomori: 1 milione di giovani fra i 14 e i 30 anni,
prevalentemente maschi, vivono chiusi nella loro stanza, alimentati dai genitori, rifiutando studi e
lavoro. Vivono davanti ad uno schermo, dentro un mondo virtuale e dal loro isolamento escono solo
per suicidarsi collettivamente. Nel 2004 si sono contati 32.000 suicidi.
Quanto costa ai bambini questa città?
La scomparsa dell'autonomia di movimento nell'infanzia sta producendo una serie di gravi
conseguenze sia per i bambini sia per le città.
Non potendo uscire liberamente di casa, i bambini non possono vivere adeguatamente e
compiutamente l'esperienza del gioco che, come ormai sappiamo bene, è certamente l'esperienza
più importante dello sviluppo cognitivo, sociale e affettivo: nel gioco si mettono le basi sulle quali
poi la scuola, la famiglia, la società potranno costruire la formazione della persona e del cittadino.
Perdendo la possibilità di movimento spontaneo e sufficiente, che solo il gioco libero può garantire,
e passando molto tempo tra i banchi di scuola o davanti ad uno schermo, stanno soffrendo, in
percentuali sempre crescenti, di obesità infantile e di altre patologie fisiche e del comportamento
come iperattività o passività.
Non potendo vivere esperienze autonome i bambini non conoscono l'esperienza dell'ostacolo, del
rischio, della frustrazione, del successo, nei tempi e nei modi giusti. L'impossibilità di queste
esperienze “forti”, negate dalla presenza di adulti vigilanti, produce un accumulo di desiderio che
potrà realizzarsi solo quando i bambini non saranno più bambini, ma adolescenti. Quando avranno
per la prima volta la chiave di casa in tasca o un motorino sotto il sedere. Credo che gran parte di
quelli che oggi consideriamo i drammi dell'adolescenza, come il vandalismo, il bullismo, l'abuso di
alcol e di droga, gli incidenti di moto (prima causa di morte in Italia fino ai 26 anni), i suicidi, non
siano problemi dell'adolescenza ma conseguenze di errori educativi nell'infanzia. Chi non ha potuto
fumare di nascosto a otto anni ha più facilità a subire il fascino dello spinello a tredici, chi non ha
potuto sbucciarsi le ginocchia in bicicletta è più facile che subisca incidenti gravi in moto.
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2. Infine i costi per la città. L'assenza di bambini che si muovono da soli nelle nostre strade, rende
peggiori i nostri comportamenti. Se non abbiamo i bambini fra noi siamo peggiori. Le città senza
bambini sono peggiori
Un conflitto nuovo
Intorno all’infanzia si sono sempre sviluppati dei conflitti. Il conflitto fra i bambini e la scuola è
storico, è sempre esistito. Si è analizzato e descritto quasi come un fenomeno necessario e naturale.
Anche il conflitto fra i bambini e le automobili ha origini antiche perché le auto creano pericolo e il
pericolo crea paura negli adulti e riduce l’autonomia dei bambini. Possiamo dire più in generale che
il rapporto fra bambini e adulti ha sempre provocato un certo conflitto perché i bambini sono
molesti, disturbatori.. Ma quello che registro oggi come conflitto nuovo è quello fra i bambini e i
loro stessi genitori: i bambini chiedono alla società, alla città, agli amministratori maggiore
sicurezza, maggiore controllo e vigilanza per i loro figli; bambini, i loro figli, chiedono alla società,
alla città, agli amministratori, maggiore libertà e maggiore autonomia. Un bambino del Consiglio
dei bambini di Roma chiedeva al suo sindaco: “Noi chiediamo a questa città il permesso di uscire di
casa”
Di fronte a questo conflitto ciascuno deve scegliere con chi stare, con le bambine e i bambini o con i
loro genitori? Se stiamo con i genitori stiamo certamente contro i bambini, ma se stiamo con i
bambini non stiamo contro i genitori. Questa è una bella regola della democrazia e della giustizia:
ogni volta che si favoriscono i piccoli, gli ultimi si arricchiscono tutti, ogni volta che chi ha potere
lo aumenta soffrono tutti i sottoposti. Ho capito questo riflettendo sulle battaglie e sulle vittorie
delle donne: ogni loro conquista è stato un passo avanti per tutti.
Con chi stiamo noi? Con chi sta la scuola? Con chi sta la città? Con chi sta il sindaco? Con chi sta la
politica?
I bambini possono aiutarci: il progetto “La città delle bambine e dei bambini”
Se siamo convinti che un cambiamento è necessario e urgente i bambini possono aiutarci. Ma
dobbiamo essere disposti e capaci di ascoltarli. Per questo sono necessarie alcune condizioni: essere
sicuri che hanno cose importanti da dirci, saper capire quel che ci chiedono anche oltre a quel che ci
dicono e avere il coraggio di tener conto di quello che chiedono costi quel che costi .
Il progetto “La città delle bambine e dei bambini” propone ai sindaci, ai politici, agli
amministratori, ma anche agli educatori (genitori e insegnanti) di chiedere aiuto e consiglio ai
bambini. Di assumere i bambini come parametro di valutazione e di cambiamento per le città,
pensando che una città adatta ai bambini sia una città migliore per tutti1. I bambini quindi non
vengono chiamati come una delle tante categorie sociali o generazionali, ma come capaci di
rappresentare l’”Altro”, il diverso, il lontano dal potere, dalla competenza, dalla opinione comune,
omogenea e conformista dell’adulto. Il bambino quindi come paradigma della diversità: il sindaco
che impara ad ascoltare i bambini diventa realmente il sindaco di tutti.
Un aspetto particolarmente emozionante è notare come le proposte di cambiamento urbano dei
bambini coincidano sostanzialmente con quelle degli esperti e degli scienziati e in particolare degli
psicologi, degli ambientalisti, dei sociologi, degli urbanisti, dei pediatri e anche dei giuristi e come
invece si allontanino dalle scelte dei politici e degli amministratori delle città..
Il progetto si articola su due assi principali:
La partecipazione dei bambini al governo delle città attraverso i Consigli dei bambini considerati
come organi consultivi dei sindaci e delle Amministrazioni locali, come applicazione corretta
dell’art. 12 della Convenzione del 1989 e la progettazione di spazi e arredi urbani partecipata ai
bambini.
La restituzione ai bambini del diritto di muoversi liberamente nella propria città, rivedendo le
politiche della mobilità, per permettere ai bambini le attività indispensabili del gioco, della
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Per una migliore conoscenza delle motivazioni, delle proposte e delle esperienze del progetto si possono consultare i
volumi Tonucci, “La città dei bambini”, Laterza, 1996; Tonucci, “Se i bambini dicono: adesso basta!”, Laterza, 2002 e
il sito web www.lacittadeibambini.org
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3. esplorazione, della avventura. La presenza dei bambini negli spazi urbani restituirà sicurezza alle
città.
Il progetto ha promosso adesione in varie città e oggi ha una rete di quasi 200 città in Italia, Spagna,
Argentina e altri Paesi dell’America Latina.
Per favorire la mobilità autonoma delle bambine e dei bambini proponiamo tre esperienze.
1. A scuola ci andiamo da soli: i bambini per strada fanno la strada sicura
Per favorire il recupero dell’autonomia perduta il progetto propone ai bambini e alle bambine a
partire dai sei anni, di andare a scuola a piedi o in bicicletta, senza essere accompagnati da adulti. È
una esperienza difficile però necessaria e possibile. Una esperienza molto più forte e coerente di
Pedibus che propone invece che i bambini siano accompagnati da operatori. Un’esperienza facile e
ma che non restituisce ai bambini nessun livello di autonomia. Noi preferiamo proporre l’esperienza
difficile, che deve fare i conti con la paura delle famiglie, deve avere una adeguata preparazione,
richiede una adeguata accoglienza ambientale dei bambini coinvolgendo commercianti, anziani,
vigili urbani e, naturalmente, un notevole impegno da parte della scuola. Bisogna preparala
adeguatamente, discutere con le famiglie, studiare i percorsi con i bambini, proporre migliorie alla
Amministrazione, chiedere la collaborazione dei negozianti (che lavorano sulla strada) e degli
anziani. Importante sarà lo stimolo dei pediatri. Se ci sarà una buona collaborazione fra tutti i
protagonisti i risultati saranno positivi. Il numero dei bambini autonomi salirà di molto e gli effetti
della presenza dei bambini sulle strade sarà sorprendente: le strade saranno più sicure non perché
aumentano le misure di difesa (polizia, telecamere, sistemi elettronici di allarme) ma perché
aumenta l’attenzione e la solidarietà fra i cittadini. I bambini diventano una preoccupazione di tutti
e questo produce sicurezza. I genitori non lasciano uscire i bambini da soli perché le strade sono
insicure, ma in realtà le strade sono insicure perché non ci sono i bambini.
Valga come documento a riprova di questa affermazione, solo apparentemente paradossale,
l’esperienza di Buenos Aires. Nel 2001, dopo l’ennesimo atto di violenza contro i bambini che
andavano a scuola, in uno dei distretti periferici della città la gente si ribella e si riunisce per
decidere cosa fare. Rifiuta la richiesta di maggiore presenza di polizia (possono avvenire sparatorie
con esiti imprevedibili) e dicono di voler far andare i bambini a scuola da soli facendo riferimento
al nostro progetto “La città dei bambini”. Per farlo coinvolgono, come previsto, commercianti e
anziani, sensibilizzano le scuole e i quartieri e chiamano questa esperienza “Senderos seguros hacia
la escuela”. Nel 2005, quando l’esperienza si era ormai diffusa in vari distretti della Gran Buenos
Aires ed era entrata nella Capital Federal, il responsabile della sicurezza della città, in un convegno
pubblico, dichiarò che nei distretti che promuovevano questa esperienza i fatti di criminalità urbana
erano diminuiti del 50%!
2. Prima i pedoni
L’esperienza “A scuola ci andiamo da soli” è la proposta principale, quella a cui vale la pena
dedicare tutte le energie disponibili. Per favorirla il Consiglio dei bambini di Roma ha studiato
alcune proposte per “rieducare” i genitori e gli adulti del loro quartiere al rispetto dei diritti dei
pedoni. È nata così la campagna “Prima i pedoni!" che per tre anni ha mobilitato e più di 900 classi
delle scuole primarie romane con quasi 20.000 alunni, promossa dal Laboratorio “Roma la città dei
bambini”. La campagna proponeva la realizzazione di quattro attività elaborate dal Consiglio dei
bambini:
A. La rilevazione delle infrazioni. Per prima cosa i bambini hanno cercato di conoscere l'entità e la
gravità del fenomeno del mancato rispetto della precedenza dei pedoni sulle strisce. Armati di
apposite schede, si sono appostati a coppie vicino ai passaggi pedonali e hanno registrato per
mezz'ora quante macchine e quante moto non rispettavano la precedenza dei pedoni. Riferendo
questa esperienza una bambina ha detto: "Siamo rimasti sconvolti e indignati!". I bambini si sono
"indignati" non solo per la percentuale altissima delle violazioni ma perché a violare le leggi c'erano
anche i loro genitori, i loro insegnanti e perfino le macchine e le moto della polizia municipale! È
evidente che una conoscenza così traumatica è diventata la motivazione più forte per le azioni
successive.
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4. B. I manifesti. La seconda azione proposta era la realizzazione di manifesti di denuncia delle
infrazioni e di proposta di comportamenti corretti. Sono stati distribuiti centinaia di manifesti
monocromi che prevedevano un ampio spazio centrale da riempirsi con il disegno dei bambini. I
manifesti sono stati esposti dei Municipi, nei quartieri e nelle scuole. I migliori sono stati esposti in
Campidoglio durante un convegno. Il manifesto scelto da una commissione, della quale facevano
parte anche dei bambini, è stato stampato ed è diventato il manifesto cittadino dell’anno successivo.
C. Le multe. Per denunciare la pessima abitudine di parcheggiare la loro auto o la moto sui
marciapiedi o sulle strisce pedonali, rendendo ficcale, pericoloso e a volte impossibile la vita dei
pedoni i bambini hanno progettato una multa da infilarsi sotto il tergicristallo. I blocchetti delle
multe portavano come enti emissari l’Assessorato dei diritti dei bambini e il Comando dei Vigili
urbani.
D. Rieducazione dei genitori. Come ultima e più originale iniziativa i bambini dovevano impegnarsi
ad “obbligare” i genitori a rispettare la precedenza dei pedoni sulle strisce pedonali quando erano
insieme in macchina. Gli effetti sono stati diversi ma sempre interessanti: dal fastidio degli adulti a
confessate “conversioni”. Ma i bambini non erano sicuri che l’effetto sarebbe stato garantito anche
in loro assenza e hanno chiesto la realizzazione di un adesivo da attaccare sul cruscotto con scritto:
“Ricordati la promessa, prima i pedoni!”.
3. La bicicletta, un mito
La terza proposta intende far entrare la bicicletta a scuola come un materiale didattico. Si propone
di aprire nelle scuole elementari e medie un laboratorio della bicicletta nel quale gli studenti, con la
competente guida dei loro insegnanti, possano conoscere le parti di questo elementare mezzo di
trasporto, smontarle, pulirle e aggiustarle; studiare le caratteristiche fisiche di questa macchina
semplice; studiarne la storia nei secoli; conoscere la storia e le caratteristiche del ciclismo. Obiettivo
di questa nuova “disciplina scolastica” è far appassionare i bambini e i ragazzi alla bicicletta,
sceglierla come mezzo di trasporto urbano, comprendere che per le ragioni economiche, ecologiche
e fisiche è il mezzo più vantaggioso oggi disponibile, la vera “city car” moderna. Esiste un grande
sforzo economico per produrre automobili sempre più piccole e a minore consumo energetico, ma
per quanto piccole bruciano carburante e occupano spazio pubblico, con il pericolo che nel
parcheggio di una normale automobile si possano parcheggiare due mini-auto. Un bambino, una
bambina che fin da piccoli si appassionano a muoversi da soli a piedi o in bicicletta saranno adulti
che potranno poi evitare di iscriversi ad un corso di ginnastica o di nuoto dopo essersi mossi per
tutto il giorno seduti in macchina ed essersi innervositi per le difficoltà del traffico.
Per essere poi disponibile agli interessi degli allievi e trasferire questa “conoscenza” nel mondo rale
degli alunni, il laboratorio della bicicletta scolastico dovrebbe rimanere aperto anche in alcuni
pomeriggi nei quali i bambini e ragazzi possano tornare a scuola con le loro biciclette e, con l’aiuto
di qualche nonno o ciclista in pensione, le possano pulire e aggiustare. Sarà poi naturale e spontaneo
organizzare nei fine settimana delle gite in bicicletta che coinvolgano alunni e insegnanti, per
andare insieme a scoprire luoghi interessanti da un punto di vista paesaggistico, naturalistico o
artistico.
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