GERMANIA SOSTENIBILE - Francesco Fischer (pseud. Marco Morosini)
Germania capace di futuro - Zukunftsfähiges Deutschland - non è solo un libro nè solo uno studio. E' un vero progetto culturale promosso da MISEREOR e dal BUND e concepito dall'Istituto di Wuppertal. Si deve anche a questo progetto se in Germania i temi della giustizia internazionale e della sostenibilità ambientale stanno riguadagnando spazio in un dibattito sociale sempre più dominato dalla questione della concorrenzialità del cosidetto Wirschaftsstandort Deutschland (Germania come "piazza economica").
Rabdomanti Grillo Marco Morosini testo 30 marzo 2014
Germania sostenibile 1997_morosini_aggiornamenti_sociali
1. 5400 parole, 36.800 battute (note incluse) Ulm, 28.3.1997
FISCHER, Francesco: Il progetto „Germania sostenibile“,
Aggiornamenti sociali 9-10 (1997) 663-674
GERMANIA SOSTENIBILE
Francesco Fischer (alias Marco Morosini)
Germania capace di futuro - Zukunftsfähiges Deutschland 1
- non è
solo un libro nè solo uno studio. E' un vero progetto culturale promosso da
MISEREOR2
e dal BUND3
e concepito dall'Istituto di Wuppertal4
. Si deve
anche a questo progetto se in Germania i temi della giustizia internazionale
e della sostenibilità ambientale stanno riguadagnando spazio in un dibattito
sociale sempre più dominato dalla questione della concorrenzialità del
cosidetto Wirschaftsstandort Deutschland (Germania come "piazza
economica").
1
WUPPERTAL INSTITUT FÜR KLIMA, UMWELT, ENERGIE (ISTITUTO DI WUPPERTAL
PER IL CLIMA, L'AMBIENTE E L'ENERGIA) Zukunftsfähiges Deutschland - Ein Beitrag zu einer
global nachhaltigen Entwicklung (Germania sostenibile - Un contributo per uno sviluppo
globalmente sostenibile), pp. 453, Birkhäuser, Basilea, Boston, Berlino 1996. Traduzione e sintesi
italiana: ISTITUTO DI WUPPERTAL - A cura di BEATI I COSTRUTTORI DI PACE, Per una
civiltà capace di futuro - Contributo per uno sviluppo globalmente sostenibile, EMI, Bologna 1996,
pp. 64. L’edizione completa e internazionalizzata dello studio uscirà nell’autunno 1997 in lingua
italiana (EMI, Bologna) e inglese (ZED, Londra).
2
MISEREOR è l'opera vescovile della Chiesa cattolica in Germania per la cooperazione allo
sviluppo. Fondata ad Aquisgrana nel 1958 dal Cardinale Frings, MISEREOR ha un bilancio annuo
di 320 milioni di marchi (1996) e in trentanni ha trasferito nei paesi poveri aiuti allo sviluppo per
6,3 milardi di marchi.
3
BUND (BUND FÜR UMWELT UND NATURSCHUTZ DEUTSCHLAND (LEGA PER
L'AMBIENTE E LA PROTEZIONE DELLA NATURA IN GERMANIA): è una delle principali
orgnizzazioni per l'ambiente in Germania. Il BUND è la sezione tedesca di FRIENDS OF THE
EARTH (AMICI DELLA TERRA). Lo studio Germania sostenibile fa parte della campagna Europa
sostenibile, promossa da FRIENDS OF THE EARTH. Cfr. AMICI DELLA TERRA, Verso
un'Europa sostenibile, Maggioli, Rimini 1995.
4
ISTITUTO DI WUPPERTAL PER IL CLIMA, L'AMBIENTE E L'ENERGIA: è uno dei principali
centri tedeschi di ricerca interdisciplinare sulle questioni ambientali e globali. Il fondatore
dell'Istituto, Prof. Ernst Ulrich von Weizsäcker, è uno dei promotori dell’Accademia Francesco
d'Assisi per la protezione della Terra, presso l'Università cattolica di Eichstätt in Baviera. L'Istituto,
in cui lavorano circa duecento persone, è finanziato per metà dal Land Nordreno-Vestfalia e per
metà dai committenti dei singoli studi.
12
2. 1. Risonanza dello studio Germania sostenibile
A meno di un anno dalla sua presentazione, una tesi di laurea è stata
dedicata alla risonanza dello studio nella società tedesca 5
. Con 30.000
copie vendute e un mese nella lista dei best-seller, il libro ha dato luogo a
300 articoli di stampa, due documentari, decine di trasmissioni radiofoniche
e televisive. Il settimanale Der Spiegel ha scritto, forse con troppa enfasi,
che il libro "ha buone chance di diventare la Bibbia verde del passaggio di
millennio".
Rilevanti sono soprattutto le centinaia di presentazioni, seminari e
convegni in cui MISEREOR e BUND hanno utilizzato lo studio di Wuppertal
per animare una discussione non convenzionale sul futuro della società
tedesca sotto il presupposto della giustizia internazionale. L'obiettivo del
progetto Germania sostenibile è di coinvolgere i più diversi attori sociali:
giovani, insegnanti, intellettuali, tecnici, imprenditori, artigiani, lavoratori
dipendenti, amministratori, realtà ecclesiali, associazioni civili e ambientali.
Lo spettro delle reazioni è molto ampio. Alcuni hanno salutato lo
studio come una fortunata miscela di pragmatismo e di coraggio progettuale,
un tentativo felice di porre il tema della giustizia al centro del dibattito
ecologico ed economico. Per altri, la proposta di Wuppertal sarebbe troppo
ingenuamente orientata alla pianificazione dell'economia in nome di principi
etici. Per altri ancora, lo studio non affronterebbe la questione degli interessi
in gioco, della loro conflittualità e del loro peso nel determinare i problemi
analizzati e nell'ostacolarne le soluzioni. Queste e altre valutazioni dello
studio sono state raccolte nella tesi di laurea di Volker Hamann secondo il
quale "lo studio non è tanto il risultato conclusivo di un'intesa ricerca, quanto
la base di partenza per ulteriori progetti"6
.
2. Il contesto: la crisi del Wirtschaftsstandort Deutschland
(Germania come piazza economica)
La crisi sociale che si sta aggravando in Germania rischia di erodere
le fondamenta industriali, economiche e sociali del paese 7
. Dato il peso
5
V. HAMANN, Die Rezeption der Studie "Zukunftsfähiges Deutschland" -. Empirische befunde und
theoretische Überlegungen (L'accoglienza dello studio Germania capace di futuro - Reperti
empirici e considerazioni teoriche), Diplomarbeit II, Universität Gesamthochschule Kassel, Kassel
21.8.1996.
6
V. HAMANN, op. cit. p. 98
7
"Crepe profonde attraversano il nostro paese: la disoccupazione di massa, il divario crescente tra
benessere e povertà, la crepa ancora aperta tra Est e Ovest" da: Für eine Zukunft in Solidarität und
Gerechtigkeit (Per un futuro in solidarietà e giustizia), Documento del CONSIGLIO DELLA
CHIESA EVANGELICA IN GERMANIA (KEKD) e della CONFERENZA EPISCOPALE
TEDESCA (DBK) sulla situazione economica e sociale in Germania, Bonn 28.2.1997
(www.kath.de/sdbk/index.htm). Cfr. anche: A. OTTNAD - S. WAHL - R. GRÜNEWALD, Risse im
Fundament (Crepe nelle fondamenta) - Springer, Berlino 1995. H.A. HENZLER - L. SPÄTH, Sind
die Deutschen noch zu retten? (I tedeschi si possono ancora salvare?) Goldmann, Monaco 1993
12
3. economico ma anche politico e socioculturale della Germania sulla scena
europea, la crisi di questo paese - o meglio di questa società - può essere
esemplare anche per altri paesi europei e per alcuni dei problemi che
affronteranno nei prossimi decenni.
Quella della Germania non è infatti tanto la crisi di una nazione
quanto quella di un sistema socioeconomico: crisi dell'economia della
crescita e dei mercati globalizzati, disoccupazione di massa, sovraccarico
dello stato sociale e dell'economia pubblica, crescente sperequazione dei
redditi e della fiscalità, accumulazione finanziaria, sbiadimento dei poteri
pubblici a vantaggio dei poteri di oligopolio economico, crescita del degrado
ambientale, segni di disgregazione sociale e familiare 8
,
commercializzazione esasperata della cultura di massa. Di fronte a questi
problemi, che non sono uno specifico tedesco, la Germania si trova più
esposta perchè più di altri ha basato la sua stabilità su fattori quali la
crescita materiale dell'economia, l'industria pesante e tradizionale, i grandi
consumi energetici (petrolio, carbone, gas, uranio), la supremazia
nell'esportazione, lo stato sociale, le istanze di perequazione ed equità
economica, la conseguente scarsa conflittualità sociale.
Il fattore che esaspera il caso tedesco, riversandosi su quasi tutti gli
altri aspetti sociali, è quello della sua concorrenzialità internazionale. La
Germania dipende dalle esportazioni industriali più di qualunque paese al
mondo 9
. Un posto di lavoro su tre dipende dalle esportazioni, che sono
attualmente l'unico fattore a sostenere la pur modesta crescita economica. Il
potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti e la domanda interna stagnano
invece da più di un decennio.
E' questo il dato saliente per capire come mai molte istanze sociali,
redistributive, ambientali, quelle di solidarietà con i paesi poveri o con i
popoli politicamente oppressi e perfino alcune di quelle religiose (per
esempio il riposo festivo) passino sempre più spesso in secondo piano
quando si tema di compromettere la competitività economica tedesca. Il forte
orientamento all'esportazione di cui la Germania ha profittato per decenni
rischia ora di costarle caro. Come ha osservato l'economista Wilhelm Hankel
"il martello del globalismo si rivolge oggi contro coloro che lo inventarono, si
abbatte sulla loro ricchezza, sul loro stato sociale10
". Non già la società dei
due terzi, bensì la società 20:80, con solo il 20% di forza lavoro occupata, è
quella che si profila secondo molti analisti nell'economia globalizzata11
. Nella
rincorsa ai mercati la Germania esporta sì prodotti industriali, ma esporta
8
In Germania il numero medio di persone in un nucleo abitativo è passato da più di quattro negli
anni '50 a 2,18 (1995). I "singoli" sono 12 milioni (15% della popolazione, ma nelle grandi città
circa il 50%). Per il 2005-2010 è previsto un ulterirore calo a 1,19 abitanti per unità familiare.
9
Un tedesco esporta come uno statunitense e un giapponese messi insieme. Le esportazioni tedesche
pro capite erano nel 1994 di 5300 dollari, cioè più della somma di quelle americane (3200 $ p.c.) e
giapponesi (2010 $ p.c.). Nei due anni successivi le esportazioni pro capite sono ulteriormente
aumentate dell'8% (1995) e del 5% (1996), raggiungendo il record di 5800 $ p.c. (1996). Previsioni
per il 1997: 6010 $ p.c. (+5,9%).
10
W. HANKEL in: <<Stern>>, Amburgo 30/1996, p. 28-29
11
Cfr. H. MARTIN - H. SCHUMANN, Die 20:80-Gesellschaft (La società 20:80), pp. 9-23, in: Die
Globalisierungsfalle (La trappola della globalizzazione) - Rowohlt, Amburgo 1996. I. RAMONET,
Régime Globalitaire (Regime globalitaro), in: <<Le Monde diplomatique>>, Parigi, gennaio 1997.
12
4. anche rifiuti tossici (primo esportatore mondiale)12
, armi (secondo
esportatore mondiale pro capite), posti di lavoro, profitti, imponibile fiscale.
Di fronte al crescere oltre ogni record sia del numero dei disoccupati
sia dei profitti d'impresa e dell'indice della borsa di Francoforte13
, lo slogan
“crescita e occupazione! ” su cui insistono diversi partiti politici sembra non
tenere abbastanza conto dei limiti oggettivi dello spazio ambientale,
dell'accelerarsi dell'automazione e soprattutto del fatto che non sempre gli
esseri umani si comportano secondo le linearità previste dai manuali
economici. Se in dieci anni le ore lavorative necessarie per montare
un'automobile si sono dimezzate, non si può aspettarsi che il consumatore
generi crescita e occupazione comprando due auto invece di una o
spendendo una cifra equivalente in nuovi tipi di consumi. Tantomeno se
negli ultimi quindici anni i benefici dell'aumento di produttività non sono stati
socialmente spartiti ma sono andati a raddoppiare i redditi d'impresa,
lasciando inalterato il reddito reale del lavoro dipendente e il suo potere
d'acquisto.
Pur aumentando di volume materiale, i consumi quindi non riescono a
star dietro all'incremento di produttività. Inoltre, insieme alla crescente
massa di coloro che non consumano "abbastanza" perchè non possono,
aumenta anche la piccola schiera di coloro che non consumano
"abbastanza" perchè non vogliono. Perchè, se possono, preferiscono per
esempio lavorare e consumare di meno e vivere meglio14
.
L’incrociarsi della dimensione economica ed ecologica con quella
esistenziale, cioè il porre anche la questione degli stili di vita e dei modelli
culturali è una delle peculiarità dello studio dell'Istituto di Wuppertal.
L'accelerazione del precetto produttivo infatti porta con se quella dei ritmi di
vita e di consumo, stimolando una corsa in cui cominciano a comparire
pesantezza e affanno15
. Il peso ambientale dell'economia della crescita non
grava così solo sul pianeta esterno ma anche sul pianeta interno16
. Concetti
fondamentali nella proposta di Wuppertal come "dematerializzazione" ed
"economia leggera" sembrano così riferirsi non solo al modo di realizzare i
prodotti industriali ma anche al modo di realizzare la propria vita nella civiltà
industriale.
12
La Germania esportava nel 1990 522.000 tonnellate di rifiuti tossici, cioè tanto quanto Olanda,
Canada e USA insieme. Dati OCSE.
13
Cfr. Aktienkurse... - Arbeitlose.... . Das neue deutsche "Wirtschftswunder" (Listini azionari.... -
Disoccupati... . Il nuovo "miracolo economico" tedesco). In <<Der Spiegel>> 12/1997, p.1 e 92-105.
14
E' il caso per esempio dei lavoratori della Volkswagen di Wolfsburg, che da tre anni lavorano 29
ore settimanali in quattro giorni, con riduzione di salario. Recentemente un'inchiesta nel Canton
Ticino ha messo in luce che il 55% dei lavoratori dipendenti preferirebbero lavorare meno e
guadagnare meno se solo ne avessero l'opportunità. Cfr. Vivere bene piuttosto che avere molto, p.
36-37 in ISTITUTO DI WUPPERTAL; Per una civiltà..., op. cit. Cfr. J: DOMINGUEZ, V. ROBIN
Your money or your life (Il tuo denaro o la tua vita) Penguin, New York 1992.
15
Cfr. "L'obiettivo della sostenibilità verrà sicuramente mancato se il consumo medio nei paesi
industriali continuerà a crescere. Per questo deve crescere la consapevolezza che oggi una migliore
qualità di vita non può essere raggiunta con un di più o un più veloce, bensì con un di meno, più
lentamente e più consapevolmente in: KEKD-DBK, Per un futuro..., op. cit.. Cfr. anche Giusta
misura per tempo e spazio, p. 31-32, in ISTITUTO DI WUPPERTAL, Per una civiltà... op.cit.:
16
Cfr. A. MELUCCI, Il pianeta interno, p. 61-74, in: Il gioco dell'io - Il cambiamento di sé in una
società globale, Feltrinelli 1991.
12
5. 3. Presupposti e struttura dello studio Germania sostenibile
Lo studio è stato realizzato in due anni di lavoro (1994-95) da
un'équipe di venti ricercatori dell'Istituto di Wuppertal di cui hanno fatto parte
economisti, climatologi, tecnologi, sociologi, filosofi, studiosi della cultura.
Lo studio si divide in quattro parti:
1) i criteri della sostenibilità
2) i consumi tedeschi di natura (in Germania e all'estero)
3) le idee-guida per ridurre il consumo di natura
4) gli obiettivi quantitativi di riduzione (per il 2010 e 2050) e la loro
plausibilità
Sostenibilità e “futur-abilità” (capacità di futuro)
Il rilievo che la ricerca di Wuppertal dà non solo alla dimensione
verticale (generazioni future) ma anche alla dimensione orizzontale (diversi
popoli della Terra) giustifica anche la scelta del lessico e del titolo del libro:
Zukunftsfähiges Deutschland. In tedesco non esiste un termine come
l'italiano sostenibile per tradurre l'inglese sustainable. Spesso vengono usati
nachhaltig (persistente, duraturo) e dauerhaft (durevole, permanente,
costante, stabile). L'aggettivo scelto (zukunftsfähig) significa invece "futur-
abile", cioè capace di futuro. Il concetto va quindi al di là della semplice
compatibilità ambientale perchè include criteri di giustizia internazionale.
Contare e raccontare
La pluralità dell'approccio e degli autori si coglie comparando la
seconda e la quarta parte dello studio (consumi attuali e obiettivi di
riduzione) con la terza (idee-guida). Le due parti materialistico-quantitative
parlano infatti il linguaggio delle scienze naturali, dell'economia e della
tecnologia. Il capitolo delle idee-guida parla invece un'altro linguaggio, come
scrivono gli autori: "La forza e al tempo stesso la debolezza della
presentazione materialistico-quantitativa stanno nel fatto che la problematica
ambientale appare una crisi naturale e non una crisi sociale. Con la sua
riduzione della natura ad ambiente, con la sua concentrazione sui parametri
di consumo ambientale che stanno dietro alle manifestazioni percepibili della
natura - es. uccelli, boschi, fiumi - questo approccio quantitativo tocca
difficilmente i sentimenti della persona. Le sorprese e le meraviglie della
natura, i suoi suoni, colori e forme restano muti; la descrizione materialistico-
quantitativa può perciò porre l'accento sulla conoscenza della perdita ma
non sull'esperienza della perdita. Concentrandosi sui "quanti di natura"
questo modo di rappresentare le cose si priva di un organo di percezione
capace di cogliere gli aspetti sociali. Gli uomini con i loro interessi,
organizzazioni e desideri non vi compaiono. Al massimo si inciampa in essi
nel percorso, quando il cambiamento e l'accettazione delle conseguenze
finali fanno scoppiare il problema. Se ci limitiamo a un approccio tecnico-
scientifico difficilmente arriveremo a capire come mai la società si è involuta
in così alti consumi di materiali. Soprattutto però l'approccio materialistico-
quantitativo non ci può indicare come gli obiettivi di riduzione potrebbero
inserirsi nella nostra vita di ogni giorno. Ma le persone non vorrebbero solo
dovere, vorrebbero anche poter volere" 17
.
17
ISTITUTO DI WUPPERTAL, Per una civiltà..., op. cit. p. 30
12
6. Come nota Wolfgang Sachs18
citando una frase del drammaturgo
Heinrich von Kleist (1777-1811): "Le persone si possono dividere in due
categorie: coloro che si spiegano con una formula e coloro che si spiegano
con una metafora. Quelli che le usano entrambe sono troppo pochi e fanno
una categoria a parte". La tensione tra formula e metafora, tra contare e
raccontare, ha animato le discussioni tra gli autori e la stesura dello studio e
si percepisce chiaramente leggendo il testo. Il capitolo sulle idee-guida - ne
vengono proposte otto19
- è l'unico che non menziona dati e tabelle eppure è
forse la parte più concreta e più originale dello studio, quella che si rivolge
più direttamente alle persone e meno agli addetti ai lavori.
4. I contenuti dello studio Germania sostenibile
Piuttosto di riassumere esaustivamente lo studio, vogliamo metterne
in luce alcuni temi salienti che lo percorrono per intero20
.
4.1. Dai nanogrammi alle megatonnellate
Occorre spostare l'attenzione dalla fine del ciclo produttivo al suo inizio.
La politica ambientale nei paesi industrializzati si è concentrata finora
sull'outpout cioè su ciò che esce dalla macchina industriale e raggiunge la
natura spesso alterandola. Prima decine, poi centinaia, infine migliaia di
singole sostanze inquinanti sono state individuate e misurate nei diversi
comparti ambientali (aria, acqua, suoli, flora, fauna, alimenti, uomo)
cercando di rincorrere - per cosí dire - i miliardesimi di grammo
(nanogrammi) di ogni inquinante, possibilmente in molti comparti ambientali.
L'obiettivo, spesso conseguito, era quello di filtrare o trattare in qualche
modo le emissioni problematiche così da ridurne il potenziale dannoso.
Questa politica ha avuto effetti positivi, specialmente per alcuni gruppi di
inquinanti (es. piombo, mercurio, alcuni pesticidi, ossidi di zolfo). Oggi però
questa politica dei filtri e dei risanamenti è arrivata al capolinea per cinque
motivi:
- è molto costosa;
- spesso non elimina i problemi ma solo li sposta, per esempio dai suoli
(discariche) all'atmosfera (inceneritori);
18
W. SACHS, Zählen oder Erzählen (Contare o raccontare?), in: Wechselwirkung, nr. 76, Gennaio
1996, Aquisgrana. WOLFGANG SACHS, filosofo della cultura e dello sviluppo, è uno degli autori
di Germania sostenibile:
19
1) Giusta misura per tempo e spazio 2) Un'agenda verde per il mercato 3) Dalla produzione
lineare a quella ciclica 4) Vivere bene piuttosto che avere molto 5) Per un'infrastruttura intelligente
6) La città come spazio di vita 7) La rigenerazione della campagna e dell'agricoltura 8) Giustizia e
vicinato globali.
20
Questo schema di presentazione riprende l'impostazione e i temi di una conferenza di
WOLFGANG SACHS, uno degli autori dello studio.
12
7. - non considera abbastanza il semplice principio "prevenire costa meno di
rimediare"
- tende al dirigismo e alla repressione perchè interviene solo alla fine del
processo produttivo, quando ormai tutto è già successo;
- spesso i suoi benefici sono quasi annullati dalla crescita del volume
materiale dell'economia. Le costose e laboriose misure degli inquinanti
atmosferici urbani, per esempio, hanno contribuito allo sviluppo di motori e
dispositivi automobilistici meno inquinanti e più efficienti. Buona parte di
questi vantaggi sono però stati annullati dall'aumento di peso, potenza,
velocità, percorrenza e numero delle automobili.
Occorre quindi cambiare prospettiva, ridimensionando la "caccia ai
nanogrammi" e spostando l'attenzione sul volume e sulla qualità dell'input,
cioè sui milioni di tonnellate (megatonnellate) che entrano nella macchina
industriale. Ciò permette di collocare la politica ambientale in un contesto
diverso: meno regolamentazione a posteriori, meno controlli, più
innovazione, più progettualità, più spinta ai cambiamenti profondi nei modi di
produrre e di consumare.
4.2. Dall'ambiente alla giustizia
Non c'è sostenibilità senza giustizia internazionale.
Per definire la sostenibilità21
occorrono due approcci, quello
dell'ecologia e quello della equa ripartizione del diritto alla natura. E' noto
che oggi il 20 % della popolazione mondiale utilizza l'80% delle risorse della
Terra. Alla base delle conseguenze ambientali di questo squilibrio c'è quindi
non solo un problema ecologico bensì un problema di ingiustizia22
.
Il presupposto della sostenibilità è quindi di natura etica: non solo
ogni generazione futura ma anche ogni persona vivente ha diritto allo stesso
spazio ambientale, che viene definito come lo spazio che gli esseri umani
possono utilizzare nell'ambiente naturale senza comprometterne
durevolmente le caratteristiche essenziali23
. Uno dei meriti dello studio e della
21
Il concetto di sviluppo sostenibile (sustainable development) si deve in buona parte al cosiddetto
Rapporto Brundtland: WORLD COMMISSION ON ENVIRONMENT AND DEVELOPMENT
(COMMISSIONE MONDIALE PER L'AMBIENTE E LO SVILUPPO), Our common future (Il
nostro comune futuro), Greven 1987. Il principio è in sostanza un semplice precetto di buona
economia. Afferma infatti che un’economia sana vive degli interessi e non del capitale. Ciò implica
che il capitale naturale, inteso sia come fonte di risorse sia come recipiente di rifiuti, possa essere
sfruttato solo nei limiti della sua capacità di rigenerarsi. Poichè sia le conseguenze di questo
sfruttamento sia la eventuale rigenerazione della natura si estendono su secoli o millenni, il principio
della sostenibilità implica che le generazioni future debbano poter godere dello stesso capitale di
quelle presenti. Negli ultimi dieci anni il principio dello sviluppo sostenibile si è diffuso a tal punto,
quasi da snaturarsi. Molti attori sociali - governi, organizzazioni non governative (ONG), imprese
multinazionali e locali, banche, assicurazioni - affermano di orientarsi a tale principo pur operando
nella pratica in modi molto diversi e a volte contrastanti.
22
Secondo le parole (1958) del Cardinale Frings, fondatore di MISEREOR: "Dobbiamo portare
davanti agli occhi dell'opinione pubblica due ingiustizie: che i beni di questo mondo siano ripartiti in
modo così sproporzionato e che questa iniqua distribuzione non venga modificata". In MISEREOR,
Aquisgrana, 1995.
23
Il concetto di spazio ambientale è stato introdotto dall'economista olandese J.B. OPPSCHOR. E'
una grandezza a cui avvicinarsi, senza però la pretesa di poterla conoscere con esattezza nè di
aspirare ad un'unanimità di valutazioni. Ciò infatti implicherebbe la conoscenza completa di tutti i
12
8. campagna Germania sostenibile è quello di aver molto contribuito a rendere
oggi quasi impossibile in Germania parlare di ambiente e sostenibilità senza
parlare contemporaneamente di giustiza internazionale.
4.3. Il fattore dieci
Quanto misura realmente lo spazio ambientale? Di quanto dobbiamo ridurre
il consumo di natura nei paesi industriali?
La parte quantitativa dello studio analizza diversi consumi materiali
(minerali, cemento, legno, prodotti ittici, alimenti, acqua, energia, superficie,
etc.) e diverse emissioni. Tra questi fattori ne viene particolarmente
considerato uno: l'emissione di CO2 generata dai processi di combustione.
Nessun parametro ambientale è più riassuntivo di questo. Essendo infatti la
conseguenza dell'uso energetico dei combustibili fossili (carbone, petrolio,
gas) e delle combustioni di biomassa (legno e altri vegetali) all'emissione di
CO2 sono collegate - per ora - la maggior parte delle attività di produzione e
di consumo dei paesi industriali. Questo parametro è inoltre il più
dettagliatamente studiato sul piano scientifico. Gran parte dei climatologi
valutano a 13 miliardi di tonnellate la capacità annua della Terra di assorbire
le emissioni di CO2. Per non alterare il clima i 5,8 miliardi di abitanti del
pianeta potrebbe quindi emettere in media 2,3 tonnellate di CO2 all'anno a
testa, cioè circa l'attuale emissione di un cinese o di tre indiani. Se però ogni
abitante della Terra emettesse tanta CO2 quanto il tedesco medio (12
tonnellate/a), occorrerebbero cinque pianeti per assorbire i risultanti 67
miliardi di tonnellate. Secondo un criterio di equilibrio ambientale
raccomandato dai climatologi dello IPCC (International Panel on Climate
Change - Commissione Internazionale sul Cambiamento del Clima) delle
Nazioni Unite, l'attuale emissione globale di CO2 (23 miliardi di tonnellate
nel 1994) dovrebbe essere dimezzata. Se a questo criterio ecologico si
aggiunge il criterio della giustizia, ciò vuol dire che l'emissione del tedesco
medio dovrebbe passare dalle 12 alle 2,3 tonnellate/a di CO2 (circa - 80%).
Analizzando anche altri consumi ed emissioni della Germania e
comparandoli con quelli necessariamente crescenti dei paesi in via di
industrializzazione, lo studio di Wuppertal valuta che se si vuole seriamente
parlare di sostenibilità della Germania in un contesto di giustizia globale
bisogna realisticamente entrare in un prospettiva di una riduzione dell'80-
90% dei principali consumi di natura nel giro di mezzo secolo (2050) e del
20-30 % intorno al 2010.
4.4. La produttività dei limiti
E' possibile trasformare limiti in opportunità24
?
limiti di tollerabilità delle azioni umane sulla natura (n.d.r). Cfr. J.B. OPPSCHOR; Environment,
Economics and Sustainable Development, Groningen, Olanda 1992.
24
Cfr. MISEREOR, Grenzen zu Chancen wenden (Trasformare i limiti in opportunità - Moduli per
l'educazione degli adulti), 104 pag., Aquisgrana, 1996. Traduzione in corso presso EMI, Bologna.
12
9. La dimensione delle riduzioni materiali da perseguire in mezzo secolo
in Germania ( - 80-90%) disegna uno scenario di vero e proprio
cambiamento di civiltà, non riducibile a una semplice riforma di efficienza
tecnico-economica. Si pone così la questione della produttività dei limiti, per
alcuni il punto centrale di tutto lo studio. I limiti biofisici del pianeta saranno
solo una frustrazione, un muro contro cui si scontra la civiltà, oppure questi
limiti possono avere un potere creativo?
Forse l'arte di costruire una società ha bisogno di limiti. Nell'arte e
nell'architetura, nello sviluppo psichico e nell'evoluzione biologica, ovunque
troviamo l'esempio di limiti che sono la condizione per un salto di qualità.
Allora perchè, citando Paul Hawken25
, i limiti biofisici posti al progresso
dovrebbero esercitare una costrizione maggiore di quella posta dalla cornice
che delimita la tela di Paul Cezanne o dal numero di fori del flauto di Jean-
Pierre Rampal?26
4.5. L'eco-efficienza
Spostare il progresso tecnico dal risparmio di lavoro al risparmio di natura.
Lo sviluppo della modernità si è basato sull'utopia di una generosità
infinita della natura. La crescita di efficienza è stata quindi a lungo concepita
come capacità di produrre più beni utilizzando sempre meno lavoro e
sempre più natura. Le due crisi attuali che spesso sembrano confliggere,
quella dell'occupazione e quella dell'ambiente, sono di fatto i risultati
complementari di questa concezione dell'efficienza tecnico-economica.
Per 150 anni l'accento è stato messo sulla produttività del lavoro,
dimenticando la finitezza della natura. Oggi però quest’utopia non regge più
perchè la scarsità della natura emerge sempre più evidente. Così anche
l'indirizzo del progresso tecnologico deve cambiare colore. Ciò significa
concepire tecnologie che utilizzino meno energia e materiali per unità di
servizio. Eco-efficienza significa cioè la capacità di ricavare molto più
benessere da una tonnellata di petrolio, di rame o di cellulosa. Secondo E.
U. von Weizsäcker, il fondatore dell'Istituto di Wuppertal, si tratta di dare
una nuova direzione al concetto di progresso. L'obiettivo sarà così di
"rendere disoccupati i kilowattora e le tonnellate di petrolio o di alluminio,
non le persone".
Ci sono già centinaia di esempi di prodotti o servizi che offrono la
medesima prestazione impiegando metà o un quarto delle materie o
dell'energia, secondo un principio definito di "dematerializzazione"27
25
Cfr. P. HAWKEN, The Ecology of commerce, New York 1993
26
WUPPERTAL INSTITUT, Zukunftsfähiges Deutschland, op. cit., p. 151
27
Per dematerializzazione non si intende semplicisticamente l'alleggerimento degli oggetti, ma
piuttosto la riduzione di tutti i materiali impiegati e scartati (lo zaino ecologico) per la produzione di
un oggetto. Per esempio una tonnellata di automobile ha ora uno zaino ecologico di 25 tonnellate, un
computer da tavolo ha uno zaino ecologico di 15 tonnellate. Cfr. E.U. von WEIZSAEKER, A.B.
LOVINS, L.H. LOVINS, Faktor Vier - Doppelter Wohlstand, halbierter Naturverbrauch (Fattore
quattro - Doppio benessere con metà consumo di natura), Monaco 1995. Il libro illustra 50 esempi
di prodotti o servizi industriali dematerializzati. La traduzione italiana è in corso.
12
10. Sul piano esistenziale e culturale resta inoltre da chiarire il paradosso
secondo cui "le fabbriche di robot creano posti di lavoro" e il fatto che nel
concepire, nel comprare e nell'usare nuovi prodotti non abbiamo mai
dedicato tanto tempo di vita agli oggetti che fanno risparmiare tempo.
4.6. La riforma ecologica del sistema fiscale
E' possibile rendere più conveniente il risparmio di natura che non il
risparmio di lavoro?
La legislazione ambientale sta infittendosi a dismisura nei paesi
industriali. In Germania le oltre duemila norme di regolamentazione
ambientale sono sempre più una croce per l'imprenditoria, le amministrazioni
e per la stessa giustizia. Questa ipertrofia legislativa è il risultato di una
politica ambientale tesa a controllare e reprimere le emissioni piuttosto che a
influenzare i modelli di produzione e di consumo. Se si vuole ridurre il
consumo di natura e favorire l'occupazione occorre quindi non tanto
introdurre questa o quella tassa ecologica ma riformare l'intera fiscalità in
modo da rendere più caro il consumo di materiali e di energia e più a buon
mercato il lavoro umano. Gli attori sociali sarebbero quindi meno gravati
dalla pletora di regolamentazione e più stimolati all'innovazione eco-
efficiente e all'impiego di personale.
4.7. Decelerazione
Oltre una certa soglia, la velocità diventa contraproduttiva
Parallellamente all'efficienza del lavoro lo sviluppo degli ultimi 150
anni ha costantemente aumentato la velocità degli spostamenti. Più veloce,
più lontano, di più: questo precetto di sviluppo ha sempre sottinteso che
velocità più elevate siano comunque da preferire28
. Il risultato è stato un
grande aumento di disponibilità e di benessere materiale nei paesi
industriali. Il costo però è stata una forte crescita dei consumi energetici e
delle emissioni dannose.
Sul piano esistenziale si è inoltre sviluppata la cosiddetta società
irrequieta, quella cioè dove "si raggiungono sempre più in fretta luoghi dove
si resta sempre di meno" (Wolfang Sachs). L'energia umana viene così
investita sempre di più nella partenza e nell'arrivo piuttosto che nel vivere il
presente.
Il prodotto industriale che più incarna questo sviluppo è l'automobile.
La potenza media dei motori è quasi triplicata in trentanni e l'automobile
media è concepita e ottimizzata come se ogni giorno dovesse affrontare una
gara di velocità sull'autostrada. Lo studio di Wuppertal propone per esempio
che le automobili tornino ad essere ragionevolmente motorizzate, cioè
28
Cfr. W. SACHS, Perchè la velocità è importante, Verde Ambiente, 1/1997, p. 2.
12
11. costruite in modo da non superare i 120 km/h. Per i treni si consiglia inoltre
una velocità massima di circa 200 km/h oltre la quale il consumo energetico
cresce eccessivamente.
4.8. Distanze più brevi
La regionalizzazione come contrappeso alla globalizzazione
Un'altra idea-guida del secolo scorso è stata quella della riduzione
delle distanze per uomini e merci. Questo sviluppo, che oggi si sta
accelerando con la maggiore globalizzazione dei mercati, è sempre stato
delineato non solo come inevitabile ma anche come desiderabile. Assieme
ai suoi vantaggi, emergono però anche le sue ombre. Problemi ambientali e
di uso razionale delle risorse, per esempio: trasporti sempre più lontani di
beni producibili anche localmente29
generano infatti consumi ed emissioni
crescenti e non necessari. Le ombre della globalizzazione sono però anche
di natura sociale e politica. Se il precetto della competitività internazionale -
competizione anche con le dittature e con le economie sperequate - diventa
il criterio dominante delle economie locali, il prezzo da pagare rischia forse
di includere anche la perequazione sociale, i diritti sindacali, politici e
ambientali30
.
Agli indubbi vantaggi che alcuni aspetti della internazionalizzazione
comportano va quindi appaiato il principio della regionalizzazione
dell'economia quando ciò sia sensato socialmente, culturalmente ed
ecologicamente.
Un'accademia residenziale tedesca, per esempio, ha analizzato un
insolito ingrediente tra quelli necessari alla cucina per i suoi 200 ospiti
quotidiani: i chilometri di trasporti contenuti nei cibi. Regionalizzando la
scelta di molti alimenti, l'accademia ha portato all'80% i cibi prodotti entro i
20 km, riducendo così del 90% il contenuto di chilometri della propria cucina.
La piccola riforma - definita Una dieta per il clima - ha rafforzato l'economia
locale, migliorato la genuinità dei cibi e contribuito a ridurre le emissioni di
gas che alterano il clima globale come la CO2
4.9. Consumi più leggeri
Gli oggetti offrono spesso benessere ma richiedono sempre tempo.
Secondo un'altra delle idee-guida della società industriale la
soddisfazione nella vita aumenta con l'accumulazione dei beni. Nel
29
Più di metà del commercio mondiale scambia beni producibili anche localmente. La crescita annua
del volume degli scambi internazionali è superiore alla crescita annua dell'economia mondiale.
30
Cfr. <<E' uno scivolo, un toboga. Perchè se si usano dosi crescenti di flessibilità, una volta
peggiorate le condizioni di lavoro e salariali bisognerà andare oltre e prendere atto che certi prodotti
cinesi continueranno a costare meno dei nostri, in quanto i lavoratori in quel paese non solo sono
pagati meno, ma usufruiscono anche di minori diritti politici e democratici. A quel punto comincerà
a prendere corpo l'idea che per ridurre la disoccupazione è indispensabile una contemporanea
diminuzione del "sovraccarico di democrazia">>, Pierre Carniti, in <<Avvenire>> 27.2.97, p. 19.
12
12. passaggio dalle economie di penuria a quelle di abbondanza ciò è spesso
vero fino a un certo punto e fino alla disponibilità di un determinato insieme
di prodotti moderni (es. alloggio, lavatrice, televisione, automobile). Oltre un
certo grado di equipaggiamento e una certa velocità di rinnovo delle cose,
emerge però una contraddizione: spesso i beni ci arricchiscono, ma sempre
ci costano tempo. Il tempo, non il denaro, almeno per buona parte della
classe media nelle società industriali, è la merce rara di fine secolo.
Si è calcolato che una famiglia della tribù Navajo nel Nord America
conosce 236 oggetti, ma una famiglia tedesca ne possiede in media 10.000.
Questi oggetti richiedono tempo: occorre sceglierli, comprarli, usarli, pulirli,
sistemarli, ripararli, sostituirli. Assieme alla dovizia di oggetti crescono quindi
anche lo stress e la fretta e diminuisce il tempo a disposizione per goderli.
La scarsità del tempo diventa così la nemesi della ricchezza. La
soddisfazione immateriale legata al possesso dei beni tende a diminuire con
l'aumentare del loro numero, perchè la soddisfazione materiale e quella
immateriale non possono essere massimizzate allo stesso tempo. Il numero
dei prodotti cresce, ma il giorno, nel suo modo conservatore è sempre fatto
di ventiquattrore.
Ne risulta che l'opposto della vita semplice non è tanto la vita ricca,
quanto piuttosto la vita frammentata. La questione della semplicità ha quindi
a che fare con l'estetica della condotta di vita, con l'ars vivendi, oltre che
con la morale. Proprio come l'arte di dipingere non consiste nell'usare un
massimo numero di colori, ma nel saperne comporre un certo numero in
modo riuscito.
Diverse culture e religioni hanno messo in luce che c'è un legame
nascosto tra sufficienza e soddisfazione. Henry David Thoreau (1817-1862)
doveva averlo ben colto quanto nella sua capanna sulle rive del laghetto
Walden, vicino a Boston, annotò nel suo diario "Un uomo è ricco in
proporzione alle cose che può permettersi di lasciar stare" 31
.
31
WUPPERTAL INSTITUT, Zukunftsfähiges Deutschland, op. cit. p. 224.
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