1. venerdì 12 dicembre 2014 Culture e società 28
Incontro con Soufi Nawal, ideatrice di una rete di comunicazione a supporto dei migranti
LasperanzadiSoufi
Una ragazza cometante, con
una laurea in tasca e il desiderio
di essere utile al prossimo.
Nasce da qui una rete spontanea
fuori da ogni schemao regola,
per aiutare i migranti. Quando
sono ancora là, in mare.
di Franco A. Cavalleri
«Sono morta il 2 agosto del 2013, e an-che
il 24 agosto, e poi il 6 settembre, il 3
e 11 ottobre».No, non siamo in presenza
di un essere soprannaturale, o di qual-che
sciamano che affermi di essere in
grado di vincere la morte. Al contrario,
ci troviamo davanti a quella che si defi-nisce
“semplicemente una ragazza, un
essere umano”. È Soufi Nawal, ventise-ienne
italiana di origine marocchina.
Il mio numero su Facebook
Soufi è nata e cresciuta a Catania, dove
si è anche laureata in Scienze della co-municazione.
E di certo questa laurea
l’hamessa a profitto comenessun altro.
Perché facendo leva sui social media – e
in particolare su Facebook – ha saputo
costruire una vera e propria rete di co-municazione
e supporto a favore delle
centinaia di migliaia di persone che
ogni anno, a bordo di imbarcazioni di
fortuna spesso al limite della navigabi-lità,
attraversano il Mediterraneo, verso
la Sicilia, verso l’Italia, verso l’Europa.
Verso la speranza. «Perché chi viaggia
su quei barconi – ci tiene a precisare
Soufi – non è un disperato. A spingerli è
la speranza. Una grande speranza».
La sua rete l’ha costruita al di fuori di
ogni regola e schema, partendo dal bas-so.
Bottom-up, verrebbe definita nei
manuali.Unarete spontanea, nata gior-no
per giorno attraverso il lavoro e l’ab-negazione
sua e di chi le sta intorno. E
di chi del sostegno di questa rete ne ha
bisogno per non naufragare – nel vero
senso della parola.
«Ho cominciato a scrivere il mio nume-ro
di cellulare su Facebook, e da quelle
pagine è passato via via a tutte le perso-ne
che si imbarcano su quei barconi»,
racconta. «Hanno tutti il mio numero,
se lo passano di mano in mano, di bar-cone
in barcone. Mi chiamano dai bar-coni,
“siamo in mezzo al mare, stiamo
andando alla deriva, abbiamo bisogno
di aiuto, per favore avvisa la Capitane-ria
di porto...”». Lei avvisa.
La prima volta è stato un trauma. «Dal-la
Capitaneria mi hanno detto: “Lei è
L’angelo dei migranti
stata denunciata per favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina”».
Tante persone che mi hanno
chiamata dai barconi non sono
arrivate: non ho mai dovuto
insegnar loro dove andare a
mangiare, dove in bagno
Unadenuncia finita nel nulla, figlia pro-babilmente
di incomprensioni e di un
eccesso di burocrazia. Oggi, Soufi Na-wal
è addirittura consulente del Co-mando
generale italiano. Il suo compito
è fare da trait d’union con le persone sui
barconi, parlare con loro, farsi dire dove
si trovano. Un lavoro che svolge con
grande passione. Non senza farsi qual-che
domanda sull’organizzazione delle
istituzione italiane: «Perché al Coman-do
generale non hanno un interprete di
arabo? Centoquarantamila persone
sono arrivate in Italia solo nel 2013: tut-te
parlavano arabo, solo alcune inglese.
E quando lo parlano, sono in grado di
dare solo informazioni basilari. Che
cosa serve far sapere in quelle telefona-te?
La posizione, solo la posizione: lati-tudine,
longitudine. Ma bisogna urlare
per far capire che non serve dire “le
donne stanno male, i bambini piango-no”:
siete a bordo di un barcone impro-babile
inmezzo al mare, cosa volete che
facciano? Bisogna insegnare loro a leg-gere
la posizione sul cellulare che han-no
in mano, che è dotato di gps».
Viaggio della speranza, diceva prima.
Per un futuro migliore, una nuova vita.
«Per la filosofia del mare, scendere a
terra è come nascere una seconda vol-ta.
Hai bisogno di imparare di nuovo
tutto: dov’è un bar, dove si compra il
pane, dov’è il tabacchino, tutto. Anche
dove c’è un bagno. E devi imparare che
magari hai mangiato un panino che
costamezzo euro e devi spenderne uno
per andare in bagno, alla stazione di
Catania».
La speranza. La tristezza...
«Tante delle persone che mi hanno
chiamata dai barconi poi non sono arri-vate:
non le ho mai conosciute, non ho
mai dovuto insegnar loro dove andare a
mangiare, dove andare in bagno».
LA STORIA
Legale,
illegale,
giusto
Molti le chiedono: “Ma è tutto legale
quello che fai?”. La sua risposta è degna
di quella passione istintiva, al limite
dell’ingenuità, che guida i giovani come
lei quando si infervorano, si innamora-no
di un ideale. «Perché abbiamo arre-stato
Eichmann e tanti gerarchi nazisti,
dopo la Seconda guerra? Dopo tutto,
quello che avevano fatto era perfetta-mente
legale. Ci sono persone che con
la scusa della legalità sono in grado di
fare di tutto. Qualunque cosa».
Anche lei. Ma per salvare vite. Per aiu-tarle
a nascere una seconda volta. E lo
ha dimostrato.
Fare qualcosa
Catanese, figlia di genitori di origine
marocchina,manata in Italia. SoufiNa-wal
è figlia del suo tempo. È il simbolo
di tutti quei giovani che stanno trasfor-mando
un mondo rimasto per tanto,
troppo tempo, ingessato, prigioniero di
schemi, di procedure, di protocolli.
Cresciuta con la povertà in testa, con
l’idea, che diventava sempre più gran-de,
di fare qualcosa. La sua è la testimo-nianza
di come si possa affrontare
qualcosa di drammatico anche con
mezzi ridottissimi, quasi nulli.
Innovativa. Difatti, l’abbiamo incontra-ta
a Como, in occasione di TEDxLake,
l’appuntamento nell’ambito di quella
serie di eventi in cui i giovani si incon-trano,
si scambiano idee, trovano nuo-ve
ispirazioni e stimoli. Si preparano a
cambiare il mondo. Tra i diversi perso-naggi
chiamati sul palco del TEDxLake,
non poteva mancare lei, Soufi Nawal,
quanto mai scomoda, quanto mai inno-vativa.
“Vi racconto quello che batte nel cuore”,
il suo esordio sul palcoscenico del Tea-tro
Sociale a Como. Con il cuore ha co-struito
una rete di supporto al di fuori
di ogni schema. Dal basso, in modo
completamente istintivo, quasi casuale.
Senza business plan, senza mentors e
tutors. Non è una Ong, e neppure lavora
con le Ong. Non la si può nemmeno de-finire
una organizzazione. È una pagi-na
su Facebook.Èun numero di cellula-re.
È lei. Semplicemente lei, Soufi Na-wal.
Una ragazza. Un essere umano.
LE BREVI
‘Tacet’, con Padre Pozzi
intorno al silenzio
Lunedì 15 dicembre all’Auditorio del-l’Università
della Svizzera italiana a Lu-gano,
si terrà una conferenza in occasio-ne
della traduzione in francese di ‘Tacet’,
di Giovanni Pozzi. All’incontro, previsto
alle 17.30 e convocato dall’Istituto di stu-di
italiani e dall’Associazione Biblioteca
Salita dei Frati, interverranno Ricciarda
Belgiojoso, Linda Bisello, Corrado Bolo-gna,
François Dupuigrenet e Carlo Osso-la.
Presiederà Lorenzo Cantoni.
Americanness a Lugano
‘900presente’ continua con il secondo
concerto della stagione: ‘Americanness’,
in programma domenica 14 dicembre
alle 17.30 all’Auditorio Stelio Molo, in via
Canevascini 5 a Lugano. Verranno ripro-poste
le opere di alcuni autori che hanno
contribuito a creare l’affascinante im-maginario
dell’America di inizio ’900: da
Charles Ives a Carl Ruggles, passando
per Aaron Copland e George Gershwin.
Golden Globe per pochi
Il film ‘Bridman’, di Alejandro Gonzalez
Inarritu, ha ottenuto ben sette nomina-tion
per la 72esima edizione dei Golden
Globes, che si svolgerà l’11 gennaio 2015.
Seguono a ruota, con cinque nomina-tion,
‘The Imitation Game’ e ‘Boyhood’.
L’Alibi di LorenaDozio
domenica al SanMaterno
La danzatrice luganese Lorena Dozio si
esibirà domenica 14 dicembre a Loso-ne.
‘Alibi’, lo spettacolo previsto alle 17 al
Teatro San Materno, la vedrà danzare
sulle note della musica live di Daniel
Zea. Sarà una vera e propria “danza-combattimento”,
in cui al corpo verrà ri-servata
una posizione centrale in quan-to
punto di equilibrio fra la dimensione
orizzontale e quella verticale, fra l’aria e
la terra. Così, si legge nel comunicato
stampa, “Lorena Dozio avanza sulla
scena cercando il contatto con il terre-no,
lottando con forza animalesca con-tro
forze opposte che la schiacciano e la
portano a resistere”. Lo spettacolo pro-mette
di essere un’occasione unica per
gli amanti della danza come espressio-ne
artistica.
Nata a Lugano, Lorena Dozio si è diplo-mata
al Dams di Bologna per poi impe-gnarsi
artisticamente a Parigi. Si avvi-cina
alla musica grazie all’incontro con
Carlo Cicera eDaniel Zea; da questa col-laborazione
nasce il progetto coreogra-fico
‘Alibi’.
Fantaticino, storie e leggende
in scena al Teatro Foce
Il Ticino di un tempo, con le sue fiabe e
tradizioni, sarà rappresentato a teatro
con il progetto Fantaticino. ‘Storie e leg-gende
della Svizzera italiana’ è lo spet-tacolo
di Nicolas Joos previsto per saba-to
13 e domenica 14 dicembre al Foce di
Lugano, rispettivamente alle 20.30 e
alle 17.
I racconti, diffusi in un primo momento
da Rete Due e ora pronti anche come
spettacolo teatrale, esibiscono perso-naggi
fiabeschi “incontrati nei vari vil-laggi”,
mentre grazie alla rivisitazione
delle leggende si crea un canale privile-giato
per (ri)scoprire “i luoghi, i fatti, le
usanze, i mestieri e i costumi di un po-polo”.
Quello della Svizzera italiana, ap-punto,
terra d’incontro fra la mitologia
germanica (fiabe del ciclo nordico) e la
mitologia orientale e classica (favole
esopiche, novelle e fiabe mediterranee).
Uno spettacolo molto interessante che
vuole portare in scena l’identità di un
popolo attraverso la sua lingua e il suo
folklore. Non mancheranno inoltre ri-ferimenti
a luoghi e fatti precisi.
IL CASO
L’antiproibizionismo
fa subito fumo
di Claudio Lo Russo
In effetti era un po’ che non si accendeva
un dibattito se non stupefacente, alme-nountantino
pepato. Di quelli che fanno
opportunamente sorgere dubbi riguar-do
alla capacità di due esseri umani (ti-cinesi)
– di estrazione, cultura, convin-zioni
politiche, gusti culinari... – di con-frontare
le rispettive idee senza prender-si
reciprocamente a randellate.
Bene, ci ha pensato una conferenza in
programma oggi alle 18.30 alla Bibliote-ca
cantonale di Bellinzona, ‘Antiproibi-zionismo...
Parliamone!’. Intervengono:
Dick Marty, Franco Cavalli e Michel Ven-turelli.
Introduce Edoardo Cappelletti,
del Comitato giovanile per la regola-mentazione
delle droghe in Ticino.
Detta così, a prima vista può apparire
pacifica. Ma non lo è, almeno non per
Fiorenzo Dadò e Michele Guerra, gran-consiglieri
Ppd e Lega. Perché? Conside-rato
il punto di vista degli organizzato-ri
– le imperanti posizioni proibizioniste
“hanno dimostrato negli ultimi anni la
propria improduttività e…, in materia di
droghe, hanno anzi contribuito ad ag-gravare
la situazione” – a parlare della
questione sarebbero solo persone d’ac-cordo
con loro.
Beh, ospiti autorevoli per lo meno, dai
quali si dovrebbe cavare qualcosa di in-teressante,
secondogli organizzatori: in-somma,
Dick Marty e Cavalli, mica gli ul-timi
produttori di interrogazioni. No,
proprio perché autorevoli, che dibattito
è? Dadò, sul ‘Giornale del Popolo’, ha au-spicato
un “vero contraddittorio”, con il
“coinvolgimento di (altri, ndr) personag-gi
autorevoli”. Tanto più che a inviare gli
inviti è la Biblioteca, istituzione pubblica
pagata da tutti.
Non si è fatta attendere la risposta della
Gioventù comunista (all’origine del Co-mitato
per la regolamentazione), trami-te
comunicato stampa. Titolo: ‘Dadò-show:
fra teatrini e criminalità organiz-zata’.
Cioè, “il parlamentare pipidino do-vrebbe
finalmente dismettere le vesti da
moralizzatore del cantone e di riempi-pagine
dei giornali nei periodi di vacan-za”
e “fare uso della sua funzione per
chinarsidavverosu problematiche quali
il consumo e lo spaccio di droghe”.
Eh, ragazzi, relax. Qui è il casodiuncalu-met
in compagnia, senza particolari in-formazioni
sul contenuto. Si tratta pur
sempre di “problematiche sociali, sani-tarie
e legislative legate al mondo delle
sostanze stupefacenti”. Politica (ticine-se)
compresa, a tutti i livelli.